ISSN 1977-0944 doi:10.3000/19770944.C_2011.376.ita |
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Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
54o anno |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri |
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Comitato economico e sociale europeo |
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474a sessione plenaria del 21 e 22 settembre 2011 |
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2011/C 376/03 |
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2011/C 376/06 |
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2011/C 376/07 |
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III Atti preparatori |
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COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO |
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474a sessione plenaria del 21 e 22 settembre 2011 |
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2011/C 376/09 |
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2011/C 376/10 |
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2011/C 376/12 |
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2011/C 376/13 |
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2011/C 376/14 |
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2011/C 376/15 |
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2011/C 376/16 |
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2011/C 376/17 |
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2011/C 376/18 |
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2011/C 376/19 |
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2011/C 376/20 |
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2011/C 376/21 |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri
PARERI
Comitato economico e sociale europeo
474a sessione plenaria del 21 e 22 settembre 2011
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La promozione delle energie rinnovabili e la politica europea di vicinato: il caso della regione euromediterranea» (parere esplorativo)
2011/C 376/01
Relatore: COULON
Correlatore: BUFFETAUT
La Commissione europea, in data 28 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:
La promozione delle energie rinnovabili e la politica europea di vicinato: il caso della regione euromediterranea
(parere esplorativo).
La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 164 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni: trasformare la cacofonia in armonia
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) auspica con tutte le sue forze il ritorno della pace nei paesi mediterranei e un futuro di stabilità nella regione euromediterranea.
1.2 I recenti avvenimenti nei paesi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente sono la conferma che non è più possibile un atteggiamento improntato al laissez-faire, ma che è necessario costruire un avvenire più sostenibile al centro del quale ci siano il benessere delle persone e lo sviluppo sociale.
1.3 In tale contesto, è assolutamente necessario che la promozione delle energie rinnovabili, e in particolare dell'energia solare, sia improntata ad una cooperazione regionale volta all'idea di co-sviluppo.
1.4 Il Comitato accoglie favorevolmente le iniziative regionali per lo sviluppo su vasta scala delle energie rinnovabili nel Mediterraneo (PSM, Dii, Medgrid, ecc.) e ne chiede un'attuazione rapida, concreta e coordinata.
1.5 Oltre a queste iniziative, il CESE chiede di creare un Green New Deal («New Deal verde») per la regione incentrato sulla moderazione dei consumi energetici, avviando un cambiamento radicale dei nostri modelli di consumo e di produzione.
1.6 La regione mediterranea dispone di un notevole potenziale di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, che dipende in parte dagli incentivi alle tecnologie e in parte dai nuovi modelli di comportamento che occorre promuovere. Migliorare l'efficienza energetica è un complemento indispensabile allo sviluppo delle energie rinnovabili.
1.7 La realizzazione concreta di un sistema energetico a basso tenore di anidride carbonica non è responsabilità soltanto del settore energetico di ciascun paese. Essa ha bisogno di una solidarietà regionale forte e di finanziamenti consistenti, nell'ambito di una strategia che sia a vantaggio sia della sponda settentrionale che di quella meridionale.
1.8 Tenuto conto delle differenze tra i vari paesi mediterranei in termini di disponibilità di risorse, fabbisogni e livello di emissioni di gas ad effetto serra, le responsabilità che i paesi terzi del Mediterraneo, di fatto, condividono vanno però opportunamente differenziate. Quello che ci serve è quindi una prospettiva regionale articolata in una serie di strategie nazionali solide e adeguate.
1.9 È necessario elaborare, nei paesi della sponda meridionale, programmi a livello nazionale (in materia di legislazione, incentivi fiscali e regole) al fine di creare condizioni che favoriscano la promozione delle energie rinnovabili. Tra detti programmi dovrebbe figurare un piano a lungo termine destinato a sopprimere in modo duraturo sovvenzioni dannose per le fonti fossili di energia.
1.10 Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione che ripensa il suo approccio nei confronti del Mediterraneo e promuove una cooperazione strutturata e rafforzata, nell'ambito della quale le energie rinnovabili costituiscono un elemento chiave (1).
1.11 Il CESE tuttavia ritiene che questa volontà di cooperare debba tradursi quanto prima in azioni e programmi e insiste affinché un eventuale dialogo in materia comprenda sin dall'inizio un capitolo sugli aspetti sociali.
1.12 Il CESE ribadisce l'appello, lanciato nel parere del 15 marzo 2011 sul tema Approvvigionamento energetico: di quale politica di vicinato abbiamo bisogno per garantire all'UE la sicurezza dell'approvvigionamento? (2) a favore dell'estensione della Comunità dell'energia (Comunità dell'energia dell'Europa sudorientale comprendente i paesi dei Balcani) ai paesi della sponda meridionale del Mediterraneo e di una missione specifica d'appoggio allo sviluppo dell'efficienza energetica, delle energie rinnovabili, dell'interconnessione delle reti e della loro interoperabilità.
1.13 La nuova comunità dovrebbe integrare, a cominciare dai paesi del Magreb, alcuni elementi appropriati della legislazione dell'UE. Essa inoltre dovrà avere come obiettivo la promozione di una nuova carta dell'energia e di un nuovo protocollo sull'efficienza energetica e sullo sviluppo delle energie rinnovabili.
1.14 In tale contesto, il CESE ricorda anche l'importanza di creare un forum sociale analogo a quello istituito per la Comunità dell'energia dell'Europa sudorientale. Lo sviluppo delle energie rinnovabili non dovrebbe limitarsi alla definizione di progetti esclusivamente industriali.
1.15 Il Comitato sostiene che l'assistenza tecnica strutturata per formare competenze locali in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica, che sia in grado di contribuire allo sviluppo di tali energie, rappresenti una necessità, come pure la cooperazione Sud-Sud. Si dovrebbe procedere in primo luogo all'individuazione dei bisogni di formazione nelle tecnologie relative alle energie rinnovabili per elaborare in seguito un piano d'azione euromediterraneo appropriato.
1.16 Il CESE raccomanda vivamente di assicurare un maggiore sostegno alle attività di ricerca e sviluppo, al fine di migliorare la redditività economica dei progetti nel campo delle energie rinnovabili. I trasferimenti di tecnologie potrebbero essere realizzati nel quadro di una piattaforma regionale comune di ricerca e sviluppo che includa le università e i centri di ricerca.
1.17 In questo spirito, il CESE raccomanda la creazione di un programma Erasmus mediterraneo dell'energia che consenta agli studenti di tutta l'area interessata (sponde Nord, Sud, Ovest ed Est) di formarsi nelle tecniche utilizzate nel settore delle energie rinnovabili e sostenibili.
1.18 È necessario dotarsi di nuovi mezzi per sostenere e incentivare le energie rinnovabili in modo da garantire l'equilibrio finanziario dei progetti, inclusi quelli previsti all'articolo 9 della direttiva europea sulle energie rinnovabili (3).
1.19 Il Comitato appoggia il progetto di creare una Banca euromediterranea per gli investimenti, e condivide quanto affermato al riguardo nelle recenti comunicazioni del Parlamento europeo e dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo (UpM).
1.20 Il CESE ritiene necessaria la concezione di meccanismi innovativi e appropriati per sostenere le energie rinnovabili. L'individuazione di tali meccanismi dovrebbe avvenire in un quadro euromediterraneo e dar luogo all'avvio di progetti pilota con il sostegno della Banca euromediterranea per gli investimenti, al fine di avanzare verso un New Green Deal.
1.21 È inoltre essenziale promuovere, nel quadro dei negoziati commerciali, la liberalizzazione del commercio di beni e servizi favorevoli alle energie rinnovabili.
1.22 I piani d'azione della politica europea di vicinato costituiscono uno strumento essenziale per favorire la realizzazione di obiettivi energetici nazionali e regionali nell'ambito delle relazioni bilaterali.
1.23 Il CESE sottolinea inoltre che la nuova direttiva sul sistema per lo scambio delle quote di emissione (ETS Emissione Trading System) (4), concernente il finanziamento del mercato del anidride carbonica, rischia di comportare la perdita di una serie di finanziamenti per i progetti lanciati nel Sud del Mediterraneo qualora la Commissione non si impegni, come prevede la direttiva, ad avviare dei negoziati con i paesi terzi.
1.24 È giocoforza constatare che l'avvio del Piano solare mediterraneo (PSM) costituisce un elemento catalizzatore di molte iniziative per lo sviluppo delle energie rinnovabili nella regione, esito che va accolto con soddisfazione. Senza un buon coordinamento tra queste diverse iniziative e tra le istituzioni che le gestiscono e le sostengono, però, si corre il rischio che i risultati siano inferiori alle attese. Attraverso programmi d'assistenza tecnica a favore dei paesi del Sud e a sostegno di tali diverse iniziative, l'UE può contribuire a un'applicazione effettiva e coordinata delle energie rinnovabili nella regione e trasformare l'attuale cacofonia in armonia.
1.25 Per quanto concerne le reti energetiche, la produzione decentrata di energia solare rappresenterebbe una soluzione efficace ed economicamente valida nelle zone isolate che non dispongono di reti. Si tratta di un approccio particolarmente utile nei territori estesi a bassa densità di popolazione.
1.26 Sarebbe opportuno creare a livello dell'UE uno strumento di garanzia dal rischio politico nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo (ad esempio attraverso l'emissione di obbligazioni garantite dall'UE). È inoltre opportuno assicurare che in futuro gli Stati membri si impegnino ad acquistare una quota minima di energia elettrica ai paesi del Sud.
1.27 È essenziale sensibilizzare tutti gli attori, compresa la società civile, nei confronti di tutte le iniziative. I programmi nazionali per la promozione delle energie rinnovabili dovrebbero includere campagne di sensibilizzazione sull'efficienza energetica e sulle energie rinnovabili. Le reti sociali e le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione possono costituire un importante sostegno a favore di questa mobilitazione.
2. Introduzione
2.1 La regione mediterranea registra da decenni una forte crescita, sia economica che sociale, e una sempre più rapida urbanizzazione, soprattutto lungo le coste - due tendenze destinate a confermarsi. La compresenza di questi fattori fa del Mediterraneo un ecosistema fragile e soggetto a degrado (5).
2.2 Nel settore dell'energia, la regione è caratterizzata da due tipi di disparità importanti e manifesti: disuguaglianze tra paesi del Nord del Mediterraneo, più ricchi e più forti consumatori di energia rispetto a quelli del Sud; e disuguaglianze per quanto riguarda le risorse energetiche disponibili.
2.3 Nonostante i progressi realizzati, le linee di forza oggi osservabili nell'area mediterranea nel settore dell'energia non sono sostenibili. È necessario invertire la tendenza mediante una strategia concordata per evitare un futuro caratterizzato da un livello elevato di emissioni di anidride carbonica e da sprechi energetici. Sarà così possibile creare occupazione in nuovi settori promettenti quali l'efficienza energetica, l'ecoedilizia, l'accesso ai servizi di base e le industrie e tecnologie legate alle energie rinnovabili.
2.4 Se si possono già citare alcuni esempi di buone pratiche applicate con successo, ad esempio l'adozione di una normativa specifica sulle energie rinnovabili in Algeria o la realizzazione di progetti soprattutto nel campo delle energie solari ed eoliche in Egitto, Marocco e Tunisia, purtroppo si deve spesso constatare che gli sforzi oggi profusi per generalizzare e consolidare tali pratiche non sono ancora sufficienti.
2.5 Occorre però osservare che, dopo aver incontrato a lungo scetticismo o indifferenza nella regione del Mediterraneo, oggi il concetto di sviluppo energetico sostenibile inizia a poco a poco a farsi strada, più o meno concretamente, nell'azione delle imprese, degli enti locali, degli Stati o delle organizzazioni di cooperazione.
3. Le prospettive della regione mediterranea nel settore energetico: potenzialità e benefici delle energie rinnovabili e di una maggiore efficienza energetica
3.1 La dipendenza energetica nella regione mediterranea e nell'UE potrebbe registrare un incremento sostanziale. Nel 2007 il tasso di dipendenza energetica della regione era del 42 %. Secondo gli studi dell'Osservatorio mediterraneo dell'energia (OME), entro il 2030 il tasso dovrebbe stabilizzarsi e persino diminuire fino al 40 % (40 % per il petrolio, 30 % per il gas e 70 % per il carbone), mentre sarà molto più elevato per i paesi del Nord del Mediterraneo (97 %). Lo scenario alternativo preso in esame dall'Osservatorio mediterraneo dell'energia mostra tuttavia che sarebbe possibile ridurre queste differenze e il tasso di dipendenza regionale fino a portarlo al 18 % entro il 2030, ma che anche in questo caso permarrebbero notevoli disparità tra i paesi della regione. I rischi socioeconomici legati all'aumento dei costi di approvvigionamento e alle ricadute di tale rialzo sulla bolletta energetica degli Stati, delle famiglie e delle imprese sarebbero molto elevati.
3.2 Qualunque scenario si realizzi, le emissioni di CO2 dovute al consumo di combustibili fossili nella regione registreranno un incremento di almeno il 30 % rispetto al 1990. D'altra parte, nel 2030 le emissioni pro capite prodotte dai paesi del Mediterraneo meridionale ed orientale, pur rimanendo inferiori del 40 % a quelle dei paesi del Nord della regione, potrebbero ammontare a circa il 55 % delle emissioni totali, a fronte di una percentuale del 36 % nel 2007.
3.3 Occorre poi citare un rischio che si va facendo sempre più concreto, legato alla crescente carenza d'acqua nella regione. È pressoché inevitabile un maggiore ricorso alle tecniche di desalinizzazione, già molto utilizzate in diversi paesi, il che non farebbe che accentuare le tensioni legate all'interdipendenza tra l'acqua e l'energia.
3.4 L'aspirazione allo sviluppo economico e sociale è legittima, e l'energia è indispensabile per conseguire questo obiettivo. Il fattore «energia» potrebbe bastare a pregiudicare gravemente lo sviluppo socioeconomico, e non soltanto per i paesi più «vulnerabili».
3.5 Il nuovo paradigma energetico prevede quindi che il «sistema energetico» sia capace di integrare non solo il settore energetico (lato dell'offerta), ma anche il consumo di energia (lato della domanda), e di garantirne lo sviluppo in modo da realizzare un servizio energetico ottimale in termini di risorse, di costi economici e sociali e di protezione dell'ambiente a livello sia locale che globale. Questo mette in primo piano nuovi soggetti: imprese, collettività, famiglie, professionisti del settore edilizio, dei trasporti, della produzione industriale o agricola e del terziario.
3.6 La regione mediterranea dispone di un notevole potenziale di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Secondo varie stime attendibili, nei prossimi venti anni potrebbero essere realizzate economie dal lato dei consumi dell'ordine del 20 % (se i prezzi dell'energia continuano ad aumentare, la quota potrebbe essere persino più elevata).
3.7 Il miglioramento dell'efficienza energetica è un complemento indispensabile allo sviluppo delle energie rinnovabili. Va tenuto conto del fatto che l'efficienza energetica e il risparmio di energia dipendono innanzi tutto dall'azione dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori, nonché dalla loro disponibilità a modificare i loro comportamenti (6).
3.8 Numerosi ostacoli però impediscono lo sviluppo di questo potenziale: ostacoli di natura istituzionale e regolamentare, tecnica, finanziaria, ostacoli legati alla formazione e all'informazione, ecc. Non si può non constatare che le energie rinnovabili nella maggior parte dei casi sono meno competitive delle energie convenzionali, soprattutto nel contesto attuale in cui i costi esterni non vengono internalizzati.
3.9 Per colmare questo divario, è opportuno introdurre a livello nazionale programmi atti a creare condizioni favorevoli alla promozione delle energie rinnovabili e concernenti una legislazione nazionale a favore dello sviluppo di tali energie, incentivi fiscali e altre norme. Per lo stesso motivo, è inoltre opportuno adottare piani nazionali a lungo termine - che si inseriscono nel quadro dello sviluppo delle energie rinnovabili - volti a ridurre o addirittura ad eliminare in modo duraturo le sovvenzioni dannose per le fonti di energia fossili. Tali piani dovrebbero tener conto della situazione dei gruppi più vulnerabili della popolazione.
3.10 È inoltre necessario dotarsi di un quadro normativo chiaro e di nuovi mezzi per sostenere e incentivare le energie rinnovabili in modo da garantire l'equilibrio finanziario dei progetti, così come prevede l'articolo 9 della direttiva europea sulle energie rinnovabili.
3.11 Un aspetto fondamentale dello sviluppo delle energie rinnovabili è il sostegno alla produzione decentrata di elettricità, in particolare derivata da energia solare, attraverso la legislazione nonché grazie a finanziamenti e azioni di formazione adeguati.
3.12 Un ostacolo di rilievo è rappresentato inoltre dalla percezione che i diversi attori hanno delle energie rinnovabili. È essenziale uno sforzo di sensibilizzazione di tutti i soggetti interessati, compresa la società civile. I programmi nazionali per la promozione delle energie rinnovabili potrebbero includere campagne di sensibilizzazione incentrate sia sull'efficienza energetica sia sullo sviluppo di tali energie.
4. La questione dell'articolazione energia/ambiente/cooperazione nel Mediterraneo: la dimensione regionale
4.1 Tenuto conto delle differenze tra i vari paesi mediterranei, le responsabilità che questi paesi, di fatto, condividono vanno però opportunamente differenziate. Le responsabilità condivise riguardano la concezione di un futuro energetico sostenibile, la definizione dei suoi orientamenti fondamentali e lo sviluppo in partenariato delle basi comuni (risorse, meccanismi di finanziamento, scambi di buone pratiche, formazione, consolidamento delle capacità, trasferimento di tecnologie, ecc.), mentre le responsabilità differenziate si riferiscono all'attuazione concreta, che deve tener conto delle caratteristiche specifiche di ciascun paese (senza privilegiare in partenza determinate tecnologie). Quello che serve è quindi una prospettiva regionale articolata in una serie di strategie nazionali solide e adeguate.
4.2 La forte crescita tendenziale della domanda di energia nel Mediterraneo, la dimensione delle esigenze di sviluppo socioeconomico sostenibile, le preoccupazioni in materia di sicurezza degli approvvigionamenti e l'inevitabile transizione verso economie a basse emissioni di anidride carbonica per adattarsi ai cambiamenti climatici sono altrettanti fattori che non possono che accentuare la necessità e l'urgenza del cambiamento di scala nell'applicazione nella regione delle politiche complementari della moderazione dei consumi energetici.
4.3 Una simile sfida può essere affrontata soltanto per il tramite di una cooperazione euromediterranea imperniata su un nuovo modello di sistemi energetici compatibili con i principi dello sviluppo sostenibile, al fine di rispondere ai bisogni attuali senza compromettere la capacità di soddisfare quelli delle generazioni future. L'armonizzazione delle legislazioni e l'adozione di strumenti flessibili saranno elementi cruciali per la creazione di un mercato dell'energia verde competitivo a livello regionale.
4.4 Il CESE si compiace dell'accento posto dalla Commissione europea, nel contesto della politica europea di vicinato, sulle potenzialità di cooperazione in materia di produzione e gestione delle energie rinnovabili e condivide l'auspicio della Commissione stessa di rafforzare la cooperazione in campo energetico attraverso un dialogo più intenso con i paesi del Mediterraneo.
4.5 Il CESE tuttavia ritiene che questa volontà debba tradursi quanto prima in azioni e programmi volti a promuovere tale cooperazione e sottolinea che un eventuale dialogo in materia dovrebbe comprendere sin dall'inizio un capitolo sugli aspetti sociali per garantire che lo sviluppo delle energie rinnovabili si inserisca in un piano di sviluppo economico e sociale più ampio. Per rendere valido tale processo, dovrà essere attribuita maggiore importanza agli interlocutori sociali. È inoltre auspicabile il coinvolgimento della società civile in senso lato e dei mezzi di comunicazione al fine di garantire che gli sforzi volti a perseguire «interessi comuni specifici» tra i paesi del Nord e quelli del Sud vengano fatti propri dalle popolazioni di questi paesi.
4.6 Il CESE ribadisce l'appello lanciato nel parere del 15 marzo 2011 sul tema Approvvigionamento energetico: di quale politica di vicinato abbiamo bisogno per garantire all'UE la sicurezza dell'approvvigionamento? (7) e approva la proposta della Commissione di offrire ai paesi del Sud del Mediterraneo prospettive credibili d'integrazione progressiva e differenziata nel mercato interno dell'energia del'UE, o addirittura di creare una «Comunità euromediterranea dell'energia» o ancora di estendere il Trattato che istituisce la Comunità dell'energia ai paesi vicini che ancora non l'hanno siglato.
4.7 A giudizio del CESE, la nuova comunità dovrà avere come obiettivo la promozione di una nuova carta dell'energia e di un nuovo protocollo sull'efficienza energetica e sullo sviluppo delle energie rinnovabili. Ricorda in tale contesto l'importanza di creare un forum sociale analogo a quello istituito per la Comunità dell'energia dell'Europa sudorientale (comprendente i paesi dei Balcani).
4.8 Il CESE chiede di creare un Green New Deal («New Deal verde») per la regione incentrato sulla moderazione dei consumi energetici, avviando un cambiamento radicale dei nostri modelli di consumo e di produzione.
4.9 Il finanziamento rappresenta una questione di particolare importanza. È soprattutto necessario risolvere il problema del rischio politico al fine di favorire i finanziamenti privati. Nel contesto del Piano solare mediterraneo (PSM), ad esempio, occorre definire a livello dell'UE uno strumento di garanzia dal rischio politico (ad esempio mediante l'emissione di obbligazioni garantite dall'UE).
4.10 Il Comitato appoggia il progetto di creare una Banca euromediterranea per gli investimenti e condivide quanto affermato al riguardo nelle recenti comunicazioni del Parlamento europeo (8) e dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo (UpM) (9). Auspica fortemente che la nascita di questa banca euromediterranea sia dovuta all'iniziativa della Banca europea per gli investimenti, segnatamente in partenariato con istituti finanziari del Sud.
5. Gli aspetti relativi alla ricerca, al trasferimento di tecnologie, allo sviluppo delle capacità, alla formazione, al commercio e alla partecipazione della società civile
5.1 Il mutamento radicale del paradigma energetico, che dovrebbe portare a considerare prioritaria non più l'offerta bensì la domanda, modifica in profondità il rapporto del cittadino con i sistemi energetici. In tale contesto, il CESE invoca il lavoro in rete tra le università delle due sponde del Mediterraneo e auspica il sostegno ad iniziative che consentano lo scambio di esperienze e di buone pratiche tra tutti i soggetti interessati, seguendo l'esempio dell'Université Méditerranéenne d'été (Università mediterranea d'estate - UMET) sull'energia sostenibile nel Mediterraneo.
5.2 Il CESE raccomanda vivamente di assicurare un maggiore sostegno alle attività di ricerca e sviluppo, che, incoraggiando le innovazioni tecnologiche, possono generare notevoli aumenti di produttività, tali da portare la redditività economica dei progetti nel campo delle energie rinnovabili a livelli interessanti per gli investitori. È opportuno agevolare i trasferimenti di tecnologie tra le due sponde del Mediterraneo, magari nel quadro di una piattaforma regionale comune di ricerca e sviluppo che includa le università e i centri di ricerca ed integri i diversi aspetti inerenti alla realizzazione e all'esercizio degli impianti.
5.3 In questo spirito, il CESE raccomanda la creazione di un programma Erasmus mediterraneo dell'energia che consenta agli studenti di tutta l'area interessata (sponde Nord, Sud, Ovest ed Est) di formarsi nelle tecniche utilizzate nel settore delle energie rinnovabili e sostenibili.
5.4 Un insieme di ragioni convergenti ci inducono ad elaborare fin d'ora scenari alternativi e a mettere progressivamente al centro delle future strategie di sviluppo energetico sostenibile nel Mediterraneo il partenariato tra le imprese, i territori e la formazione.
5.5 Il CESE ritiene che l'assistenza tecnica strutturata per formare competenze locali in grado di contribuire allo sviluppo delle energie rinnovabili sia una necessità, così come lo è una cooperazione Sud-Sud. Si dovrebbe procedere in primo luogo all'individuazione dei bisogni di formazione per elaborare poi un piano d'azione euromediterraneo appropriato.
5.6 Lo sviluppo delle energie rinnovabili dovrebbe comportare la creazione di posti di lavoro dignitosi, ma avrà bisogno anche di azioni di formazione iniziale e permanente a livello regionale e interregionale. Per realizzare concretamente questo obiettivo, sarà necessaria una concertazione sociale organizzata.
5.7 Per promuovere le energie rinnovabili nel quadro dei negoziati commerciali in corso e di quelli futuri, è necessario liberalizzare il commercio di beni e servizi che promuovano tali energie.
5.8 Inoltre i Piani d'azione della politica europea di vicinato rappresentano uno strumento essenziale per favorire la realizzazione di obiettivi energetici nazionali e regionali nel quadro delle relazioni bilaterali. Il Comitato chiede alla Commissione di aggiornare i Piani d'azione mettendo maggiormente l'accento sulla componente di sviluppo delle energie rinnovabili. È pertanto necessario garantire la coerenza tra i diversi Piani d'azione per quanto concerne le energie rinnovabili.
5.9 È importante che la società civile (ONG, associazioni, organizzazioni di cittadini, sindacati, ecc.) sia coinvolta nei programmi di promozione delle energie rinnovabili, poiché il successo di tali programmi presuppone non solo una coscienza civica ma anche un'informazione quanto più ampia e diffusa, per mobilitare quanto più possibile l'opinione pubblica e l'insieme dei soggetti interessati.
6. Iniziative regionali per lo sviluppo delle energie rinnovabili
6.1 Il Piano solare mediterraneo: un catalizzatore di sviluppo sostenibile nella regione
6.1.1 Il Piano solare mediterraneo (PSM) si prefigge in primo luogo di soddisfare il fabbisogno energetico dei paesi del Sud del Mediterraneo e di provvedere al parziale trasferimento dell'energia elettrica prodotta in questi paesi verso gli Stati europei, offrendo così un notevole contributo alla redditività economico-finanziaria dei progetti. L'articolo 9 della direttiva UE sulle energie rinnovabili consente l'esportazione di energia elettrica verde verso l'Europa, subordinandola tuttavia all'esistenza di impianti di interconnessione e postulando l'applicazione di una specifica regolamentazione per evitare gli effetti opportunistici o di distorsione del mercato.
6.1.2 Sul piano quantitativo, il PSM prevede di installare entro il 2020 20 GW di capacità supplementari ricavate da fonti rinnovabili (sostanzialmente solare ed eolico), nonché lo sviluppo di reti elettriche e di interconnessioni lungo le direttrici Nord-Sud e Sud-Sud. In questa fase l'efficienza energetica e il trasferimento di tecnologie sono considerati soltanto delle misure di accompagnamento: una scelta infelice, visti il potenziale disponibile e le sfide da affrontare nella regione, come si è già avuto modo di sottolineare in precedenza. Rispetto alle proiezioni dell'Osservatorio mediterraneo dell'energia per il 2020, l'obiettivo fissato dal PSM richiederebbe uno sforzo supplementare di installazione di nuove capacità ricavate da fonti rinnovabili dell'ordine di 11 GW nell'ipotesi di uno statu quo, e di 1 solo GW nello scenario alternativo. In tale contesto è auspicabile che gli Stati membri si impegnino ad acquistare una quota minima garantita di energia elettrica ai paesi del Sud per incoraggiare il progetto.
6.1.3 Le sfide del PSM sono su due fronti: da un lato, occorre migliorare la redditività dei progetti facendo leva sul prezzo d'acquisto dell'energia elettrica, destinata sia al mercato interno che all'esportazione, e ricorrendo a prestiti agevolati, sovvenzioni o crediti di anidride carbonica; dall'altro lato, si deve assicurare il finanziamento dei progetti stessi, sia con fondi propri - che dovrebbero essere garantiti se la redditività è sufficiente e i rischi controllati - che con prestiti, concessi in un primo tempo da istituzioni finanziarie che operano a favore dello sviluppo (BEI, AFD, KfW, BERS, Banca mondiale, Banca africana di sviluppo e Banca islamica di sviluppo) e in seguito da banche commerciali.
6.1.4 L'iniziativa del PSM va al di là del quadro della cooperazione attuata sino ad oggi, poiché coinvolgerà gli Stati membri dell'UpM, la Commissione europea, le imprese, gli istituti di ricerca e le ONG del settore, oltre ad un gran numero di investitori pubblici e privati e di istituzioni finanziarie.
6.1.5 Il CESE chiede alla Commissione di lavorare a stretto contatto con il segretariato dell'UpM che ha ufficialmente il compito di realizzare il Piano solare mediterraneo, e in particolare il relativo Piano generale PSM. È importante definire un quadro di riferimento condiviso per favorire la realizzazione di tale Piano generale. Occorrerà soprattutto adottare un approccio comune su questioni chiave quali gli strumenti di finanziamento e il trasferimento di tecnologie.
6.2 Medgrid, un progetto di co-sviluppo per scambi di elettricità nel Mediterraneo
6.2.1 Come si è già detto, tra le sfide principali vi è la necessità di completare e rafforzare la rete di interconnessioni elettriche tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo, dato che la sola interconnessione esistente oggi è quella che unisce la Spagna al Marocco, dotata di una capacità di trasmissione di 1 400 MW. Secondo l'associazione Medelec (che riunisce le industrie del settore dell'energia elettrica nel Mediterraneo), la capacità di trasmissione massima della rete sulla base dei piani di investimento già esistenti sarebbe di circa 5 GW. Per raggiungere gli obiettivi del Piano solare mediterraneo, quindi, occorre uno sforzo importante per incrementare la potenza delle reti di interconnessione sia tra i paesi del Mediterraneo meridionale che tra questi e i paesi della sponda settentrionale.
6.2.2 L'impresa Medgrid ha l'obiettivo di definire lo schema direttivo della rete mediterranea per il 2020, promuovere i quadri istituzionali e regolamentari per gli scambi di elettricità, valutare i vantaggi degli investimenti nelle infrastrutture di rete, sviluppare una cooperazione tecnica e tecnologica con i paesi del Mediterraneo meridionale ed orientale e favorire le tecnologie avanzate di trasmissione.
6.3 Dii GmbH - Renewable energy bridging continents (Unire i continenti grazie all'energia rinnovabile)
6.3.1 Dii si è data un orizzonte temporale più lontano rispetto al Piano solare mediterraneo: il 2050. Il punto di partenza è l'ipotesi che il 15 % della domanda di elettricità dei paesi europei a quella data potrebbe essere soddisfatto con energia proveniente dalle centrali solari installate nel deserto dei paesi del Mediterraneo meridionale. Tuttavia, dal suo avvio nel 2009, Dii si è indirizzata verso un obiettivo di co-sviluppo incentrato sullo sviluppo delle energie rinnovabili in generale e non focalizzato esclusivamente sul solare e sull'esportazione di energia dal Sud al Nord. Di fatto, Dii si allinea sull'impostazione del PSM, ma in un orizzonte temporale più lungo e senza prefiggersi obiettivi quantificati.
6.4 Altre iniziative
6.4.1 Vanno messe in risalto anche altre iniziative, come il progetto di assistenza tecnica dell'UE Paving the way for the Mediterranean Solar Plan («Preparare il terreno per il Piano solare mediterraneo»), che mira allo sviluppo delle energie rinnovabili nella regione, i meccanismi di finanziamento europei per i paesi della sponda Sud del Mediterraneo, quali il Fondo d'investimento per la politica di vicinato (FIV) e il Fondo euromediterraneo di investimenti e partenariato (FEMIP), utilizzabili per finanziare progetti in materia di energie rinnovabili, nonché la comunicazione della Commissione intitolata Priorità per le infrastrutture energetiche per il 2020 e oltre - Piano per una rete energetica europea integrata (COM(2010) 677 definitivo), che pone l'accento sugli scambi di elettricità «verde» tra le sponde Nord e Sud del Mediterraneo e sulla necessità di rafforzare le interconnessioni in grado di favorire tali scambi. Parecchi paesi hanno inoltre lanciato piani nazionali, di cui costituiscono esempi il Piano solare marocchino e il Piano solare tunisino che comprendono un portafoglio di progetti nazionali di sviluppo delle energie rinnovabili.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) COM(2011) 200 definitivo e COM(2011) 303 definitivo.
(2) GU C 132 del 3.5.2011, pag. 15.
(3) GU L 140 del 5.6.2009, pagg. 16-62.
(4) GU L 140 del 5.6.2009, pagg. 63-87 (articolo 11 bis, paragrafo 5).
(5) Relazione informativa del CESE sul tema Il cambiamento climatico e il Mediterraneo: sfide ambientali ed energetiche, CESE 682/2009 del 1o ottobre 2009.
(6) GU C 318 del 29.10.2011, pag. 155.
(7) GU C 132 del 3.5.2011, pag. 15.
(8) Risoluzione del PE del 17 febbraio 2011 - P7_TC1-COD(2010)0101.
(9) Raccomandazione della commissione Politica, sicurezza e diritti umani dell'Assemblea parlamentare dell'UpM, Roma, 4 marzo 2011.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/7 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Le aree metropolitane e le città-regioni nella strategia Europa 2020» (parere d'iniziativa)
2011/C 376/02
Relatore: VAN IERSEL
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:
Le aree metropolitane e le città-regioni nella strategia Europa 2020.
La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli, 3 voti contrari e 1 astensione.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime soddisfazione per il fatto che le istituzioni europee - Consiglio, Commissione, Parlamento europeo e Comitato delle regioni - riconoscono sempre più gli sviluppi metropolitani in Europa nel quadro dell'Agenda territoriale 2020. Questa crescente priorità è in linea con le posizioni coerentemente espresse dal Comitato nel corso degli ultimi dieci anni.
1.2 Un'area metropolitana (AM) non è semplicemente una grande città. Il CESE la definisce piuttosto come una grande città o un gruppo policentrico di centri urbani. Entrambe le tipologie comprendono i comuni più piccoli e le zone rurali circostanti, e ogni AM deve raggiungere una massa critica di almeno 500 000 abitanti (o molti di più). Queste aree sono regioni funzionali che costituiscono importanti centri economici e mercati del lavoro. Di norma esse non corrispondono a precedenti entità amministrative, come province e distretti. Le aree metropolitane sono gli snodi principali della rete TEN-T e, nel contempo, possiedono esse stesse complesse reti di trasporti.
1.3 Il CESE raccomanda di adottare un approccio creativo alla rinascita urbana del XXI secolo al fine di dare vita ad aree metropolitane solide e competitive. Le tendenze a livello economico, sociale, ambientale e territoriale, così come le difficili prospettive finanziarie, impongono di definire con urgenza un'Agenda urbana dell'UE che sia coerente e strettamente legata alla strategia Europa 2020. Il punto di vista del CESE sull'Agenda urbana e sull'impatto di Europa 2020 viene presentato nelle sezioni 5 e 6 del presente parere.
1.4 Attualmente regna una grande confusione sul modo di affrontare la questione a livello UE e spesso anche a livello nazionale: ciò è dovuto in parte a problemi di governance e titolarità e in parte anche alla frammentazione degli approcci. Più in particolare, alcune tensioni nascono dalla presenza di punti di vista contrastanti sull'approccio da adottare - dall'alto verso il basso oppure dal basso verso l'alto -, nonché da problemi tra grandi città, da un lato, e comuni più piccoli e zone rurali (della fascia periurbana), dall'altro. Un problema importante sta nel fatto che gli sviluppi metropolitani spesso non coincidono con i confini amministrativi.
1.5 Il CESE ritiene che aree metropolitane equilibrate e solide, sostenute nel quadro di Europa 2020, potranno porsi all'avanguardia degli sviluppi futuri, ognuna con la propria identità e le proprie caratteristiche. Esse eserciteranno anche un impatto positivo per l'Europa a livello macroeconomico. Le politiche riguardanti gli sviluppi metropolitani devono andare di pari passo con l'obiettivo di ridurre le disparità regionali.
1.6 Il CESE raccomanda di creare un gruppo ad alto livello (GAL) o una task force sugli sviluppi metropolitani accanto al già costituito gruppo interservizi della Commissione sullo sviluppo urbano. Una task force di questo tipo dovrebbe essere interdisciplinare e riunire un'ampia gamma di rappresentanti degli Stati membri, delle aree metropolitane, dei soggetti interessati pubblici e privati e della società civile. Si dovrebbe garantire uno scambio strutturale tra professionisti e ricercatori, come avviene ad esempio nel quadro dell'Istituto della rete metropolitana europea (EMI: European Metropolitan network Institute), dell'iniziativa di programmazione congiunta Europa urbana e di Metrex.
1.7 L'obiettivo della task force dovrebbe essere quello di definire una visione di lungo periodo dell'Europa metropolitana al di là dei confini nazionali. Un'Agenda urbana europea 2050 coerente ed efficace dovrebbe sostituire gli approcci frammentati con un progetto generale e dovrebbe concentrarsi sul programma olistico della strategia Europa 2020, ossia una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
1.8 L'Agenda dovrebbe essere coadiuvata da un'analisi approfondita delle tendenze attuali (e future) basata sulle statistiche di Eurostat e sulle ricerche condotte da ESPON e da altre fonti ben definite.
1.9 Il Trattato di Lisbona e la strategia Europa 2020 comportano altresì un cambiamento nella governance. In questa fase il concetto di governance multilivello deve essere preso sul serio, e non restare lettera morta. Le aree metropolitane dovrebbero essere riconosciute come soggetti a pieno titolo dello sviluppo regionale. All'interno della Commissione, le questioni urbane e metropolitane dovrebbero essere meglio coordinate e presentate di conseguenza. La politica in materia di aree metropolitane è di fatto parte integrante della politica europea, nazionale (riguarda infatti le aree più importanti d'Europa e degli Stati membri), regionale e locale. Il soggetto che ne coordina gli aspetti principali dovrebbe essere l'area metropolitana.
1.10 Lo sviluppo metropolitano in Europa è già avviato. Il CESE è convinto che una piattaforma UE orientata al futuro - task force e gruppo interservizi - possa fungere da catalizzatore per indirizzare il dibattito sui processi in corso, definire approcci dal basso verso l'alto e viceversa, incoraggiare gli enti regionali/locali e la società civile a mettere a punto dei modelli adeguati, favorire le interconnessioni e sostenere le iniziative transfrontaliere.
1.11 Questo processo si sta intensificando. Nel presente parere il CESE presenta analisi, argomenti e proposte a sostegno di approcci auspicabili, e chiede alla Commissione e al Consiglio di tenerne conto al fine di rafforzare la dimensione urbana nel prossimo pacchetto legislativo per la politica di coesione, anche in rapporto alle riflessioni condotte dalla Commissione sul tema Città di domani.
2. Osservazioni analitiche
2.1 L'Unione europea intrattiene un rapporto difficile e complicato con le città e le aree metropolitane. Queste reciproche difficoltà nei rapporti tra l'UE, da un lato, e le città e le metropoli, dall'altro, sono dovute a molteplici ragioni, che vanno dall'assenza di una governance efficace a una notevole diversità di situazioni e sviluppi.
2.2 Antefatti a livello di Commissione e di Consiglio
2.2.1 Nel 1972 il Consiglio europeo definiva la politica regionale europea come un fattore essenziale di rafforzamento della Comunità. Il finanziamento di tale politica ebbe inizio con il sostegno alle regioni meno favorite, al fine di promuovere uno sviluppo equilibrato e armonioso dell'Europa. A partire dal 1986 l'eliminazione delle disparità regionali venne considerata come un importante obiettivo collaterale della creazione del mercato unico.
2.2.2 Negli anni '80 e '90 si è proceduto a rafforzare l'efficacia di queste politiche e programmi. Il Trattato sull'Unione europea del 1992 e, qualche anno dopo, i negoziati per l'allargamento dell'Unione hanno dato luogo a un considerevole aumento dei fondi strutturali.
2.2.3 Le città in quanto tali sono entrate nelle politiche UE in una fase successiva, benché all'inizio degli anni '90 fossero già state lanciate delle azioni pilota urbane. Inoltre, all'epoca non si facevano grandi differenze tra città grandi e piccole. La principale distinzione, su cui si incentravano le discussioni, è a lungo rimasta quella tra zone ricche e povere dell'UE, tra la cosiddetta «banana» dell'Europa occidentale e le altre regioni.
2.2.4 Nel 1998 la Commissione ha lanciato un'interessante iniziativa pubblicando la comunicazione Quadro d'azione per uno sviluppo urbano sostenibile nell'Unione europea. Tuttavia, tale documento ha prodotto effetti molto limitati sulle deliberazioni del Consiglio e sulle attività correnti.
2.2.5 Nel frattempo, le DG Politica regionale, Ricerca, Mobilità e trasporti, Energia e Occupazione lanciavano programmi e progetti nelle città. L'ORATE/ESPON (Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo) si è assunto il compito di elaborare studi mirati in merito agli sviluppi regionali e metropolitani con il sostegno del programma Interreg.
2.2.6 Dal 2004 il Consiglio si è interessato in modo più diretto alle questioni urbane. Da allora si svolgono due volte l'anno delle riunioni informali dei ministri responsabili dell'assetto territoriale e dello sviluppo del territorio, incentrate anche sulla dimensione urbana. Tuttavia, l'assenza di competenze ufficiali sancite dai Trattati limitava le possibilità della Commissione e del Consiglio di intraprendere azioni concrete.
2.2.7 Nel frattempo, nel corso delle riunioni ministeriali informali, è stata adottata tutta una serie di dichiarazioni. Molto importante al riguardo è la Carta di Lipsia del 2007, intesa a creare un'Agenda urbana. In essa venivano individuate una serie di questioni urbane, tra cui quelle relative alle grandi città, da affrontare nell'ambito di un quadro europeo comune nel rispetto del principio di sussidiarietà. La dichiarazione ha segnato l'inizio di un approccio più strutturato. Tra le misure destinate a dare seguito a tale dichiarazione, è opportuno menzionare le conclusioni della riunione ministeriale (1) sul contributo dell'architettura e della cultura allo sviluppo sostenibile. Questi obiettivi e argomenti sono stati ulteriormente sviluppati, in particolare nelle riunioni ministeriali informali di Marsiglia e Toledo (2). Le conclusioni e la dichiarazione di Gödöllő del maggio 2011 dimostrano che vi è un impulso crescente verso l'adozione di un approccio integrato e transettoriale per sviluppi metropolitani equilibrati (3).
2.2.8 Nonostante il fatto che le città figurino nelle comunicazioni della Commissione e nei programmi dell'UE, il quadro globale e i progressi dell'Agenda urbana sono poco soddisfacenti. Ciò è dovuto non soltanto alla mancanza di competenze formali, bensì anche all'assenza di obiettivi chiari e di azioni mirate. Ragioni politiche di carattere interno, così come il principio di sussidiarietà, impediscono agli Stati membri di discutere le questioni urbane a livello UE.
2.3 Precedenti posizioni del CESE
2.3.1 Nel 2004 il CESE ha lanciato una proposta (4) intesa a rafforzare l'attenzione dell'UE verso le aree metropolitane e le grandi città dotate di massa critica, principalmente per due ragioni: da un lato, poiché esse costituiscono, con i loro lati positivi e negativi, dei «laboratori dell'economia mondiale», dall'altro poiché tali agglomerati tendono a crescere. Negli ultimi dieci anni si è assistito a un rafforzamento di queste due tendenze, che di recente sono state pienamente riconosciute nelle riunioni informali dei ministri.
2.3.2 Il CESE ha osservato che, oltre all'impegno per la riduzione delle disparità regionali, occorre prestare un'analoga attenzione al rafforzamento delle aree metropolitane più avanzate, che vanno considerate come le punte di diamante degli sviluppi futuri.
2.3.3 Di norma le grandi conurbazioni, in Europa come nel resto del mondo, attirano attività di elevata qualità, imprese internazionali e centri di ricerca, servizi, sviluppi creativi di ogni genere e istituti di istruzione. La globalizzazione pone queste aree ancora più in primo piano, poiché i confini nazionali stanno diventando sempre meno netti: tramite i moderni mezzi di trasporto e i collegamenti digitali tali aree sono interconnesse a livello internazionale, e al tempo stesso offrono un terreno fertile per la concentrazione dei talenti.
2.3.4 È innegabile che nelle aree metropolitane e nelle città regioni, in quanto poli di attrazione per tutti i tipi di persone nell'UE e per gli immigrati, si concentra anche una quota notevole di disoccupati e lavoratori scarsamente qualificati: si tratta di fenomeni non facili da gestire che spesso sono all'origine di (gravi) problemi sociali, culturali ed economici. Anche le sfide di carattere ecologico sono molteplici ed evidenti.
2.3.5 Nel parere del 2008 il CESE ha descritto brevemente la situazione nei diversi Stati membri. Nonostante la tendenza alla devoluzione di poteri e la discussione, in Europa, dell'approccio e delle misure da adottare in materia di sviluppo metropolitano, ogni paese ha la propria agenda, che è strettamente collegata a specifiche vicende storiche e legislative. Pertanto il CESE ha raccomandato di creare un gruppo UE di alto livello incaricato di esaminare e definire un'agenda per le aree metropolitane (5) incentrata su una crescita competitiva, sostenibile e inclusiva. In quest'ottica, bisognerebbe incoraggiare le aree metropolitane a definire la propria agenda di Lisbona in cooperazione con i governi nazionali. Tale processo - comprendente anche l'individuazione delle migliori pratiche - andrebbe discusso a livello UE, e a questo proposito la Commissione dovrebbe impegnarsi attivamente e svolgere un ruolo di monitoraggio.
2.3.6 In questo momento tale approccio non è ancora stato attuato. Non si sa ancora chi sia responsabile di che cosa, in quale scenario e contesto.
3. Situazione attuale
3.1 Al giorno d'oggi, l'importanza delle aree metropolitane non può più essere messa in dubbio (6). Le tendenze a livello globale vengono analizzate anche dall'OCSE e dalla Banca mondiale. I centri di ricerca di tutta Europa basano le loro posizioni su premesse simili a quelle contenute nel presente parere. Vi è tuttavia ancora molta confusione su come affrontare la questione a livello UE, e spesso anche a livello nazionale. Questo è dovuto, in parte, a problemi relativi alla governance e alla titolarità e, in parte, anche alla frammentazione degli approcci adottati. Alcuni esempi:
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nelle grandi aree urbanizzate si manifesta spesso un divario tra, da un lato, i pianificatori urbani responsabili dell'assetto territoriale, delle infrastrutture, degli alloggi e dei servizi generali e, dall'altro, quei soggetti che promuovono lo sviluppo e il dinamismo economico, nonché la creazione di posti di lavoro: in altri termini, spesso non vi è una convergenza di vedute; |
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in misura sempre maggiore, le università e gli istituti di ricerca pubblicano utili studi analitici sugli agglomerati urbani, ma l'effettiva comunicazione con i poteri pubblici è ancora limitata; |
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le autorità a livello nazionale, regionale e locale sono di norma riluttanti a condividere i loro punti di vista con il settore privato, ad esempio i pianificatori immobiliari e gli investitori; |
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le città e le regioni, come pure i governi, si rivolgono principalmente a Bruxelles per ottenere sostegno finanziario e di solito trascurano la possibilità di discutere politiche a favore delle aree metropolitane o l'esigenza di valutare gli effetti della legislazione UE su di esse. |
3.2 L'impegno crescente della Commissione e del Consiglio dà luogo a un numero considerevole di programmi. Data la diversità degli approcci settoriali, questi programmi differiscono nella loro impostazione e sono di norma basati su definizioni divergenti delle varie questioni. Di conseguenza, questi approcci di solito limitano la visibilità, il che nuoce all'efficacia dei programmi per i terzi e gli utenti finali.
3.3 Indubbiamente la strategia di Lisbona ha contribuito a integrare lo sviluppo urbano nel più ampio quadro e negli obiettivi europei. Questa tendenza, però, si scontra spesso con una certa resistenza da parte degli Stati membri, che raramente sentono l'esigenza di un coinvolgimento «sovranazionale» nelle loro questioni urbane. Per questo motivo i finanziamenti europei destinati a realizzare progetti nelle città coinvolgono spesso anche l'amministrazione nazionale, invece di riguardare soltanto la Commissione e il livello locale senza interferenze dall'alto.
3.4 Benché si possano citare esempi positivi al riguardo, in generale negli Stati membri come pure a livello europeo si registra una certa confusione circa il tipo di approcci da adottare, dal basso verso l'alto o viceversa. Ciò induce le singole metropoli a condurre campagne di marketing individuali invece di adottare un approccio più strutturato.
3.5 Infine, il dibattito subisce spesso gli effetti negativi di tensioni controproducenti tra le zone rurali e le aree urbane (tra cui i comuni periurbani).
3.6 La realizzazione di un'efficace governance multilivello è in molti casi resa difficile dalla presenza di barriere storiche e culturali, che impediscono di dare una risposta costruttiva alle sfide reali.
3.7 In sintesi, gli Stati membri e gli agglomerati urbani spesso continuano a concentrarsi sulle loro attività correnti invece di aprirsi a strategie integrate o obiettivi a lungo termine. Il valore aggiunto dell'UE non è chiaramente definito, in parte poiché gli Stati membri non concordano sul mandato della Commissione né sul ruolo preciso del Consiglio (informale), e in parte poiché la Commissione non ha attualmente la competenza per rispondere ai diversi punti di vista degli Stati membri sul suo ruolo.
4. Un approccio proattivo per una rinascita urbana del XXI secolo
4.1 Nonostante la sempre maggiore attenzione dedicata dalle comunicazioni della Commissione e dai programmi UE alle città, il quadro generale continua ad essere frammentato. Le esigenze di carattere economico, sociale, territoriale e ambientale, così come le difficili prospettive finanziarie, impongono di definire un'Agenda urbana che sia coerente e funzionale. Un'iniziativa di questo tipo sosterrebbe le potenzialità economiche, sociali, culturali e tecnologiche - manifeste e latenti - dell'intero continente.
4.2 In alcuni precedenti pareri il CESE ha portato argomenti convincenti per la definizione di una tale agenda dell'UE in relazione al dibattito politico e accademico condotto a livello internazionale sulla promozione di una rinascita urbana del XXI secolo. Gli elementi determinanti del dibattito sulla dimensione metropolitana sono i seguenti:
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un cambiamento di paradigma verso le AM e le città regioni come conseguenza della globalizzazione, caratterizzata dalla creazione di reti e catene di valore internazionali nonché da confini nazionali sempre meno netti; |
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la transizione e riconversione delle regioni industriali verso nuove industrie manifatturiere e servizi specializzati, e gli effetti di questo processo sui bacini economici e sulle AM; |
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la specializzazione delle città come basi per la formazione di cluster in grado di attirare investimenti; |
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la prossimità tra università, centri di ricerca, personale qualificato, catene di valore sviluppate a livello regionale nell'industria e servizi altamente sviluppati; |
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la connettività internazionale insieme ad una mobilità interna e sistemi di trasporto intelligenti; |
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la città verde: le esigenze in materia di adattamento ai cambiamenti climatici, riduzione dei consumi energetici e rispetto dell'ambiente che impongono una gestione locale e regionale rafforzata e mirata come pure partenariati pubblico-privati; |
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l'esigenza diffusa di densità urbana invece che di espansione urbana incontrollata; |
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una migliore interazione tra le zone urbane e rurali; |
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la sostenibilità sociale, il cambiamento demografico, la qualità del lavoro a tutti i livelli della società sostenuti da un'adeguata istruzione e formazione nella regione; |
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l'urgenza di colmare i divari culturali, concentrandosi sulla creazione di opportunità per le minoranze che possano recare vantaggio alla società in generale, e |
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la necessità di migliorare la qualità della vita e degli alloggi, specialmente in rapporto alla migrazione; |
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l'enfasi sull'arte della pianificazione urbana, garantendo le condizioni per uno sviluppo ottimale delle AM nel loro insieme, il che presuppone il coinvolgimento di progettisti urbani e architetti; |
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garanzie di sicurezza interna ed esterna; |
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attività ricreative. |
4.3 Da ultimo, ma non meno importante: un'efficace governance delle aree metropolitane e delle città deve essere basata su una combinazione di approcci dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto. A livello di AM, bisogna assicurare il coinvolgimento di tutte le parti interessate: i risultati migliori si ottengono quando tutti livelli della società interessati assumono la titolarità delle azioni. Maggiore è l'interazione tra i livelli decisionali e attuativi (governance multilivello), migliori sono i risultati.
4.4 I soggetti eletti a livello regionale e locale sono fondamentali per assumere la titolarità di questi processi. Inoltre, si possono sviluppare nuove forme di democrazia partecipativa della società civile. Alcune tendenze individuate a livello dell'UE possono facilitare questi sviluppi.
4.5 Il Trattato sull'Unione europea riconosce espressamente la «coesione territoriale» come obiettivo generale accanto alla coesione economica e sociale (7). Tutti e tre gli aspetti sono citati come ambiti politici di competenza condivisa tra l'UE e gli Stati membri. Di conseguenza, le politiche riguardanti le regioni non vanno più considerate come di competenza esclusiva degli Stati membri in nome della «sussidiarietà». Questo punto di vista trova riscontro anche nelle disposizioni sulle reti transeuropee (8).
4.6 Inoltre, il principio di sussidiarietà si estende anche al livello regionale e locale, poiché il Trattato sottolinea espressamente l'autonomia locale e regionale (9). Questa enfasi rispecchia ampiamente la realtà, dato che il successo delle politiche riguardanti il mercato interno, l'industria, la R&S, l'energia, l'ambiente e la salute dipende ampiamente dalla loro attuazione nelle regioni, specialmente nelle AM.
5. L'Agenda urbana e lo sviluppo metropolitano
5.1 La società europea deve prepararsi per il futuro, e la coesione territoriale è uno degli strumenti di cui dispone. Il CESE ritiene che gli approcci olistici nei confronti delle AM - centri di gravità - e dei processi di sviluppo metropolitano siano compatibili con la struttura urbana unica dell'Europa e che essi promuovano la capacità di ripresa socioeconomica.
5.2 Lo sviluppo metropolitano dovrebbe comprendere un nuovo modo virtuale di considerare la mappa dell'Europa, che non dovrebbe più presentare esclusivamente un quadro di cooperazione tra Stati membri né tracciare distinzioni tra «piccolo» vs. «grande» oppure «rurale» vs. «urbano». La mappa dovrebbe mostrare invece gli sviluppi metropolitani - sia all'interno dei vari paesi che a livello transfrontaliero - come un adeguamento spaziale agli sviluppi della società, dell'economia e della tecnologia attuali e del prossimo futuro. A tale proposito un'agenda per lo sviluppo metropolitano dovrebbe contribuire a un adeguamento ottimale della società europea.
5.3 Il CESE ritiene che gli sviluppi metropolitani debbano dare un contributo efficace per eliminare la polarizzazione tra zone rurali e città. Si tratta di una questione ampiamente discussa, e molti sono gli argomenti a favore della promozione di un'interazione positiva tra le due tipologie di territorio. Bisogna mettere a punto degli strumenti nuovi per promuovere vantaggi reciproci. Un'interessante iniziativa di prossima realizzazione è URMA - cooperazione urbano-rurale nelle aree metropolitane - lanciata da Metrex, nel cui ambito saranno presentanti metodi e progetti concreti di miglioramento. Altri miglioramenti concreti possono essere ottenuti tramite un'adeguata attuazione del policentrismo, così come con la definizione di progetti basati su nuove forme di governance. Bisognerebbe inoltre dare ampia diffusione alle buone pratiche.
5.4 Oltre agli sviluppi menzionati dal CESE nel 2008, si può constatare un'intensificazione degli sforzi tesi a innescare sviluppi metropolitani. La maggior parte di essi sono dettati da ragioni economiche, ma anche le motivazioni territoriali, sociali e culturali possono svolgere un ruolo importante. Tra numerosi esempi e modelli diversi è opportuno segnalare i seguenti:
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la cooperazione tra le aree metropolitane tedesche si sta intensificando grazie all'iniziativa Initiativkreis Europäische Metropolregionen; |
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in Francia sono stati creati dei pôles métropolitaines («poli metropolitani») accanto ai pôles d'excellence («poli di eccellenza»); |
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Grand Paris (compreso il suo collegamento futuro con l'Oceano Atlantico e il Nord); |
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la prevista estensione della regione dell'Öresund e il rafforzamento della Grande Stoccolma; |
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l'intensificazione dei progetti nel Randstad olandese (intorno ad Amsterdam e alle future «città gemelle» Rotterdam-L'Aia); |
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la creazione delle aree metropolitane di Barcellona, Valenza e Bilbao; |
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l'esperienza dei LEP (Local Enterprise Partnership) in alcune delle più grandi città inglesi; |
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lo sviluppo metropolitano delle città regioni di Varsavia, Danzica e Katowice in Slesia; per le ultime due si prevedono notevoli impatti transfrontalieri (Mar Baltico e Repubblica ceca); |
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gli sviluppi metropolitani intorno a Praga e a Budapest; |
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l'emergere delle «città gemelle» Vienna - Bratislava; |
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l'ambizione metropolitana intorno alla città di Lipsia, caratterizzata da un denominatore culturale, «il decennio di Lutero», ossia il 500o anniversario della riforma luterana del 1517. |
5.5 Gli sviluppi metropolitani possono ricevere un notevole stimolo nel quadro delle macroregioni emergenti, come la regione del Baltico, la regione del Danubio e quella dell'Europa nordoccidentale (benché non ancora ufficialmente costituita, i testi in materia definiscono in questo modo la macroregione comprendente il Nord-Pas-de-Calais, il Belgio, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Renania settentrionale-Vestfalia).
5.6 Dal punto di vista europeo meritano un'attenzione particolare le iniziative transfrontaliere, che talvolta possono contare sul sostegno dei governi nazionali ma in molti casi ne sono prive. A questo proposito vale la pena menzionare l'iniziativa tedesca Initiativkreis Metropolitane Grenzregionen. Oltre ai modelli esistenti, come l'Öresund e la regione di Lilla-Courtrai, sono in via di attuazione tutta una serie di nuove iniziative. Alcuni esempi al riguardo sono l'Alto Reno (Oberrhein: Basilea, Strasburgo, Karlsruhe), il Basso Reno (Niederrhein: Renania-Palatinato, Lussemburgo, Nancy), Katowice, Savoia-Aosta, ecc. La città di Amburgo prevede di rafforzare i propri collegamenti con la regione dell'Öresund tramite una migliore connettività, e interessanti esempi di cooperazione sono forniti dallo sviluppo delle relazioni tra la città russa di Kaliningrad e l'area metropolitana polacca di Danzica.
5.7 Gli Stati membri più piccoli, come la Slovenia, possono trarre particolari vantaggi da iniziative transfrontaliere ben definite. Dal 2007 queste nuove iniziative transfrontaliere vengono promosse tramite lo strumento giuridico Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT).
5.8 Il CESE raccomanda che l'impiego del GECT non sia limitato alle regioni transfrontaliere confinanti. Le regioni metropolitane europee che intendono creare un'Europa più competitiva nei confronti di paesi terzi (come la Cina) dovrebbero essere incoraggiate a instaurare una cooperazione più stretta lungo determinate catene di valore, accompagnata da una «sovrastruttura» di cooperazione tradizionale nei settori della cultura, istruzione, amministrazione ecc., per far sì che la cooperazione economica sia meno vulnerabile alle crisi. Un esempio interessante sarebbe la costituzione di un GECT tra Amburgo e Tolosa, due città specializzate nell'industria aeronautica.
5.8.1 Il CESE raccomanda che i problemi incontrati da rappresentanti dei GECT esistenti e potenziali e dalle autorità di notifica, indicati nella relazione di monitoraggio del GECT 2010, siano affrontati nella revisione della direttiva GECT prevista per il 2011.
5.9 L'UE ha bisogno di un'analisi approfondita degli sviluppi metropolitani nel quadro dell'attuale situazione socioeconomica. Tale analisi richiede una carta geografica, economica, sociale e tecnologica aggiornata dell'Europa. ESPON può svolgere un ruolo importante in questo campo, mentre Eurostat continua a essere indispensabile per fornire dati affidabili. Inoltre, l'audit urbano e Urbact dovrebbero essere utilizzati in modo più efficace per garantire la diffusione dei risultati della ricerca e le esperienze concrete.
5.10 Il CESE ritiene necessario costituire, sulla base di Europa 2020, un gruppo di alto livello (GAL) o una task force sugli sviluppi metropolitani accanto al già esistente gruppo interservizi sullo sviluppo urbano. Tale gruppo dovrebbe essere interdisciplinare e comprendere un'ampia gamma di rappresentanti degli Stati membri, delle aree metropolitane, dei soggetti interessati pubblici e privati e della società civile.
5.11 L'obiettivo della task force dovrebbe essere la definizione di una visione di lungo periodo dell'Europa metropolitana, comprese le aree metropolitane transfrontaliere, come previsto anche dall'iniziativa di programmazione congiunta Europa urbana, con una prospettiva a lungo termine fino a Europa 2050.
5.12 Sulla base di fattori di sviluppo metropolitano come quelli indicati al punto 4.2, una piattaforma europea può fungere da catalizzatore per realizzare i seguenti obiettivi:
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definire denominatori comuni tra gli sviluppi metropolitani, nonostante la grande diversità tra le AM, e promuovere le migliori pratiche; |
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attuare Europa 2020, il suo approccio olistico e l'enfasi posta sul coinvolgimento del maggior numero possibile di soggetti interessati per realizzare gli obiettivi dell'UE in materia di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nelle AM; |
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discutere le sfide importanti e gli sviluppi sul piano della leadership e della gestione; |
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trarre vantaggio dalla condivisione delle conoscenze tra enti di ricerca e poteri pubblici; |
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elaborare risposte razionali nella prospettiva di un lungo periodo di restrizioni finanziarie che impone comunque un uso più efficace delle risorse disponibili; |
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mettere in atto il triangolo istruzione-ricerca-innovazione, che costituisce l'elemento trainante della «metropolizzazione» in tutta Europa; |
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discutere e avviare, nell'ambito del concetto di città sostenibile del futuro, progetti pilota intelligenti riguardanti la città vivibile, la città connessa, la città imprenditoriale e la città all'avanguardia; |
— |
misurare l'impatto, per le città, dell'agenda europea sul cambiamento climatico (energia, trasporti, edilizia) e formulare approcci auspicabili; |
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contribuire ad eliminare la polarizzazione tra aree rurali e città; |
— |
apportare un valore aggiunto ai dibattiti, sempre più intensi a livello nazionale, sugli sviluppi metropolitani e offrire alle regioni delle opportunità per aumentare la loro capacità di ripresa; |
— |
individuare l'importanza delle AM come regioni funzionali in un contesto più ampio (mondiale). |
5.13 Finora le possibilità di effettuare scambi strutturali di esperienze e di «trarre insegnamenti» sono rimaste limitate. Una task force dell'UE potrebbe svolgere un'importante funzione di stimolo e diffondere le migliori pratiche e le esperienze concrete. Queste ultime possono anche servire per definire politiche europee e concentrare il contributo dei fondi europei su progetti «basati sul territorio».
5.14 Esistono numerosi studi e analisi sugli sviluppi urbani in Europa. Un quadro europeo contribuirebbe a combattere la frammentazione e a rafforzare la cooperazione. I centri specializzati di ricerca e le università dovrebbero cooperare maggiormente in tutta Europa.
5.15 Un esempio di un progetto pilota europeo potrebbe essere la creazione di «laboratori viventi» artificiali (comunità di pratiche) su temi specifici, come ad esempio i cluster economici, il triangolo della conoscenza, lo sviluppo sostenibile, i partenariati pubblico-privato inclusivi, gli alloggi sociali, la leadership in materia di sviluppo territoriale (subnazionale), ecc. Ogni «laboratorio» sarebbe coordinato da un'AM e comprenderebbe una serie di soggetti interessati pubblici e privati.
5.16 Vi sarebbe anche spazio per iniziative basate sulla domanda, nel cui ambito le AM presenterebbero alcune sfide e problemi a livello UE. Si dovrebbero poi trovare, in tutta Europa, modi e mezzi per contribuire ad affrontarli in modo adeguato. In una fase successiva si potrebbero formulare delle raccomandazioni politiche e raccogliere le buone e le cattive pratiche.
5.17 Altre possibili iniziative sono: un sistema europeo di insegnamento per città e AM che garantisca dati affidabili su progetti futuri già realizzati altrove; una conferenza annuale sulla situazione in materia di sviluppi metropolitani; e, soprattutto, gli insegnamenti da trarre da esperienze urbane per completare il mercato unico.
5.18 Secondo il CESE, sviluppando metodi interattivi e una governance multilivello veramente efficace, nonché coinvolgendo le città e le AM nell'integrazione europea, si apriranno nuove importanti potenzialità ancora inesplorate e si diffonderanno probabilmente atteggiamenti di maggiore apertura.
6. Europa 2020: una base solida per un'Agenda urbana dell'UE
6.1 A giudizio del CESE, Europa 2020 fornisce degli strumenti efficaci per sviluppare potenzialità e promuovere uno spirito di apertura mentale. Grazie ad un'enfasi adeguata sugli sviluppi metropolitani, si creeranno condizioni socioeconomiche migliori e si aumenterà la visibilità nazionale ed internazionale.
6.2 Il CESE condivide il punto di vista del commissario Hahn, che riconosce le città e le AM come elementi cruciali della strategia Europa 2020. Nella riunione ministeriale informale sullo sviluppo urbano di Toledo (giugno 2010) Hahn ha infatti affermato che: «nell'affrontare le sfide della globalizzazione e i cambiamenti strutturali in rapido sviluppo, le città sono in prima fila nel creare innovazione e guidare il progresso economico».
6.3 Nel parere del 2008 il CESE ha raccomandato l'adozione di un'agenda per le aree metropolitane sulla base della strategia di Lisbona (10). In particolare, il programma olistico di Europa 2020, che aggiunge nuovi elementi alla strategia di Lisbona, offre speciali opportunità per le AM ma anche per migliorare la governance multilivello, che è un punto molto debole da diversi anni.
6.4 Nelle AM le linee di comunicazione sono più brevi che a livello nazionale. Pertanto, i processi decisionali e la pianificazione sono di norma più facili da realizzare. Le autorità e gli altri soggetti interessati - parti sociali e società civile, in particolare istituti di insegnamento a tutti i livelli, progettisti urbani, pianificatori immobiliari e investitori privati - agiscono di solito in modo più determinato. Alcuni esempi positivi dimostrano che la determinazione, la consapevolezza comune e perfino l'orgoglio sono importanti fattori di progresso nelle AM.
6.5 Vi è un numero crescente di tabelle di marcia determinate, ispirate da esempi riusciti. Nella maggior parte dei casi tali successi sono da ricondurre alla leadership di sindaci lungimiranti e ad una visione ampiamente condivisa. Tra gli esempi si possono citare: la «grande» Bilbao, Copenaghen-Malmö, Vienna e Birmingham.
6.6 Un'Agenda urbana porterebbe vantaggi reciproci: Europa 2020 può fornire una struttura utile per la definizione di tale agenda, mentre le AM di successo contribuiranno alla realizzazione di Europa 2020 (11). Gli elementi costitutivi sono indicati qui di seguito.
6.6.1 Europa 2020 richiede un coordinamento più efficace all'interno della Commissione e in stretta cooperazione con il Consiglio. La definizione delle politiche e i programmi dell'UE andrebbero razionalizzati. Il CESE raccomanda di raggruppare i progetti all'interno della Commissione. Un importante effetto collaterale sarà una maggiore visibilità delle azioni della Commissione e del coordinamento (europeo).
6.6.2 Un approccio generale ben definito dovrebbe contribuire a compensare gli inevitabili tagli di bilancio che, nell'attuale crisi finanziaria, hanno colpito le città in tutti gli Stati membri.
6.6.3 Finora il principio di sussidiarietà ha ostacolato la realizzazione di un'Agenda urbana. A giudizio del CESE, Europa 2020 richiede un più stretto coordinamento tra l'UE e gli Stati membri, con un approccio più flessibile nei confronti della sussidiarietà e una distinzione meno netta tra le competenze dell'UE e degli Stati membri.
6.6.4 È essenziale che tale flessibilità crei le condizioni per coinvolgere gli enti regionali, locali e metropolitani come soggetti responsabili nel quadro dell'UE. Per anni si è lungamente discusso della governance multilivello senza ottenere grandi effetti tangibili. È ora tempo di passare dalle semplici dichiarazioni di principio alla realizzazione della governance multilivello e di rafforzare gli impegni interattivi operativi tra i soggetti pubblici e privati e la società civile.
6.6.5 Un'Agenda urbana nel quadro di Europa 2020 presupporrebbe anche un maggiore monitoraggio da parte della Commissione sulle questioni direttamente collegate alle città e alle AM. Ciò significa che le città e le AM, così come i soggetti interessati e la società civile, devono essere accettati come coprotagonisti dell'attuazione delle politiche e dei programmi dell'UE.
6.6.6 Allo stesso modo, Europa 2020 raccomanda di instaurare collegamenti più stretti tra i singoli Stati membri. Al riguardo si possono individuare due ambiti principali:
— |
gli Stati membri dovrebbero esaminare più da vicino le pratiche adottate e i risultati ottenuti dagli altri; |
— |
un collegamento più stretto tra gli Stati membri recherebbe vantaggio alle regioni frontaliere e favorirebbe le loro potenzialità in quanto AM. La conclusione di impegni bilaterali e trilaterali tra i governi nazionali sarebbe di grande utilità per approfondire la cooperazione transfrontaliera. |
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) GU C 319 del 13.12.2008, pag. 13.
(2) Tali dichiarazioni sono state adottate nel corso delle presidenze francese e spagnola, rispettivamente a Marsiglia nel 2008 e a Toledo nel 2010.
(3) Cfr. le conclusioni della presidenza ungherese e l'agenda territoriale dell'Unione europea 2020, approvate alla riunione ministeriale informale di Gödöllő il 19 maggio 2011.
(4) Parere di iniziativa del CESE sul tema Le aree metropolitane europee: implicazioni socioeconomiche per il futuro dell'Unione, GU C 302 del 7.12.2004, pag. 101. Nel 2007 il CESE ha esaminato una serie di questioni specifiche nel follow up di tale parere di iniziativa, intitolato Le aree metropolitane europee: implicazioni socioeconomiche per il futuro dell'Unione europea, GU C 168 del 20.7.2007, pag. 10.
(5) Parere esplorativo del CESE sul tema Per un'evoluzione equilibrata dell'ambiente urbano: sfide e opportunità, relatore: VAN IERSEL, GU C 77 del 31.3.2009, pag. 123.
(6) Al riguardo è opportuno citare le opere di Richard Florida (Cities and the creative class), Charles Landry (The Creative City) e Edward Glaeser (Triumph of the City).
(7) Cfr. articolo 3, paragrafo 3, del TUE.
(8) Cfr. artt. 170-172 del TFUE.
(9) Cfr. articolo 5, paragrafo 3, del TUE.
(10) Cfr. nota 5.
(11) Alcune osservazioni interessanti al riguardo si ritrovano nella relazione sull'Agenda urbana europea e il suo futuro nel quadro della politica di coesione, Parlamento europeo A7-0218/2011, relatore: Oldřich Vlasák, adottata nel giugno 2011.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/15 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Leader in quanto strumento di sviluppo locale» (parere di iniziativa)
2011/C 376/03
Relatore: Roman HAKEN
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:
Leader in quanto strumento di sviluppo locale.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli e 15 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Nel corso degli ultimi vent'anni il metodo Leader ha dimostrato la sua vitalità. Occorre pertanto prevedere un'ulteriore estensione di tale metodo come strumento comprovato di sviluppo, mantenendone i valori di base, come la partecipazione diretta della società civile tramite i suoi rappresentanti ai partenariati locali e una comunicazione costante con le popolazioni locali sulle priorità di sviluppo futuro.
1.2 Per i programmi operativi del periodo dopo il 2013 è opportuno prevedere un sostanziale rafforzamento dell'approccio di partenariato (in particolare dei partenariati intersettoriali locali e regionali nelle zone rurali ma anche, seppur separatamente, in quelle urbane), procedendo alla necessaria armonizzazione dei processi e dei partenariati, nonché sottoponendo i progetti a requisiti elevati in termini di valore aggiunto, utilità ed efficacia. I partenariati devono essere sempre realizzati secondo un approccio dal basso verso l'alto.
1.3 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda di applicare il metodo Leader e la sua estensione sotto forma di partenariati dal basso alle risorse provenienti da altri fondi europei per le zone rurali, e consiglia espressamente di utilizzare questo metodo, con un altro nome, anche nelle città per gestire in modo efficace le strategie e gli investimenti per lo sviluppo. I partenariati possono contribuire a collegare le attività degli enti locali, delle imprese, delle organizzazioni senza scopo di lucro e degli abitanti del luogo che vengono realizzate secondo i principi della sostenibilità. Ciò significherebbe, tuttavia, superare l'attuale mentalità «settoriale» tra il FEASR e i fondi strutturali, limitando la tendenza a una marcata separazione tra i fondi e, al tempo stesso, adottare regolamentazioni simili affinché i diversi fondi siano utilizzati con un sistema di monitoraggio e indicatori comuni.
1.4 Per il periodo dopo il 2013 il Comitato propone di:
a) |
elaborare un approccio globale in materia di sviluppo locale per le zone rurali, che riunisca in un unico bilancio risorse di fondi diversi e si basi sulla possibilità di ricorrere al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per la pesca e al Fondo sociale europeo, nonché ad altri fondi, seguendo una procedura semplificata e senza ulteriori oneri amministrativi; |
b) |
discutere e adottare una definizione uniforme delle zone rurali, e chiedere un approccio integrato per la definizione della strategia di sviluppo locale; |
c) |
impiegare l'approccio Leader come modello utile per creare partenariati dal basso; |
d) |
prevedere, in tutti i fondi, delle possibilità di finanziamento per la preparazione e l'attuazione di strategie di sviluppo integrate che utilizzino le capacità e le competenze dei partenariati locali; |
e) |
definire chiaramente e accuratamente il conflitto di interessi per i membri dei gruppi di azione locale, rispondendo così ad una parte importante delle critiche mosse all'attuazione del metodo Leader, al fine di accrescere la trasparenza, rafforzare il controllo pubblico e migliorare l'informazione dei cittadini; puntare a una maggiore informazione sulla realtà effettiva dei gruppi di azione locale, le attività da loro svolte, i risultati concreti da loro conseguiti nei diversi comuni, ecc.; preparare, per far ciò, conferenze, seminari, pubblicazioni, interventi nei mezzi d'informazione locali (radio, televisioni, stampa, ecc.). |
1.5 Un concetto essenziale del rapporto Barca (1) è il «modello di sviluppo territoriale (place-based)», che deve mettere in risalto un approccio territoriale integrato, eventualmente regionale, alla soluzione dei problemi. Questa strategia «territoriale» si prefigge di combattere il persistente sottoutilizzo delle potenzialità locali, ed è quindi pienamente in linea con lo spirito e gli obiettivi del metodo Leader: approccio «dal basso verso l'alto» basato sulle specificità dei problemi locali e gestito attraverso l'unione delle forze dei soggetti locali che, insieme, possono sfruttare meglio le potenzialità intrinseche della regione. Nei dibattiti viene spesso ricordato che il Trattato di Lisbona ha introdotto un nuovo concetto di sussidiarietà collegato al rafforzamento del ruolo dei soggetti regionali e locali.
1.6 Il Comitato raccomanda di ridurre sostanzialmente gli oneri amministrativi e burocratici in particolare nel caso dei piccoli progetti (ad esempio, riducendo il numero di documenti e relazioni da presentare) e di inserire il metodo Leader nel processo di semplificazione, il che consentirà di operare con maggiore flessibilità e di stimolare l'innovazione nelle regioni. Per quanto riguarda i progetti, il Comitato raccomanda di introdurre su ampia scala un sistema di finanziamento anticipato da parte dell'UE oppure un finanziamento permanente. Ciò aumenterà notevolmente la capacità di assorbimento sul territorio senza mettere a rischio i flussi di liquidità dei soggetti di piccole dimensioni, che sono gli autori, i destinatari finali e quindi anche i gestori dei progetti. Al tempo stesso, il CESE raccomanda di prevedere la possibilità di sostituire il cofinanziamento nazionale con un apporto proprio non finanziario (in natura), ad esempio sotto forma di lavoro volontario.
1.7 Nel passaggio a un volume più cospicuo di risorse, all'impiego di più fondi e alla trasposizione del metodo nelle città, il Comitato raccomanda di tornare, tramite la forma del «processo di apprendimento», alla fase in cui il metodo Leader era considerato come un laboratorio, facendo leva tuttavia sulle esperienze, indiscutibilmente positive, acquisite negli ultimi vent'anni nel corso dei quali si è cominciato ad attuare le iniziative comunitarie nelle zone rurali. Il Comitato raccomanda una maggiore flessibilità nell'impiego dell'approccio innovativo. Il risultato sarà uno sviluppo più rapido delle regioni.
2. Introduzione
2.1 Lo strumento Leader e le sue origini – storia e impatto
2.1.1 L'approccio Leader, lanciato come iniziativa comunitaria nel 1991, è stato oggetto di una lunga preparazione da parte della Commissione, articolata in diverse fasi: all'inizio vi è stata una fase «sperimentale» (Leader I), poi quella di «laboratorio» (Leader II) e, per finire, la fase di «maturità» (Leader +) fino al 2006. Nel periodo 2004-2006 l'approccio è stato attuato in via sperimentale nei nuovi Stati membri. Dall'inizio dell'attuale periodo di programmazione 2007 Leader costituisce uno dei quattro assi del secondo pilastro della politica agricola comune (PAC), come metodo di attuazione di tale politica. Attualmente Leader è finanziato attraverso il FEASR nel quadro dei programmi di sviluppo rurale degli Stati membri ed è cofinanziato da questi ultimi secondo il principio di gestione condivisa tra la Commissione e gli Stati membri. In totale, dal 1991, nelle diverse iniziative comunitarie avviate nel quadro di Leader e nell'attuale asse 4 del FEASR sono stati investiti 9,75 miliardi di euro. Oggi, nell'UE operano oltre 2 200 gruppi di azione locale. Nel corso degli ultimi 20 anni, i finanziamenti europei assegnati a Leader hanno contribuito a creare una rete unica di soggetti rurali in tutti i 27 Stati membri dell'UE.
2.1.2 Ha così avuto origine un metodo unico e innovativo di partenariato e cooperazione, che permette di finanziare progetti in modo trasparente persino nelle aree ultraperiferiche dell'UE-27, consentendo anche a tali regioni di accedere ai finanziamenti europei.
2.2 Situazione attuale nell'UE – i gruppi di azione locale (GAL)
2.2.1 Leader, come strumento di finanziamento e come metodo, è molto apprezzato nelle zone rurali, e non soltanto dai membri dei gruppi di azione locale, ma soprattutto dagli enti locali e dagli altri soggetti attivi sul territorio dei comuni rurali. In tutti i 27 Stati membri dell'UE sono stati creati dei gruppi di azione locale, e quelli in Bulgaria e Romania stanno per diventare operativi. Leader svolge una funzione importante nella strategia di preadesione dei paesi candidati e candidati potenziali all'adesione all'UE.
2.2.2 Finora, nell'UE-27 sono stati selezionati 2 192 gruppi di azione locale, finanziati grazie ad un bilancio complessivo proveniente dal FEASR pari a circa 5,5 miliardi di euro per il periodo 2007-2013.
2.2.3 Leader è divenuto l'elemento portante dell'intero asse 4 del FEASR per il periodo 2007-2013. Le spese totali per tale iniziativa, compreso il cofinanziamento da parte degli Stati e del settore privato, hanno raggiunto i 13,9 miliardi di euro dai bilanci pubblici e i 5 miliardi di euro dalle fonti private.
2.2.4 Nei nuovi Stati membri Leader è utilizzato in misura maggiore che nell'UE-15. In alcuni Stati i gruppi di azione locale coprono quasi l'intero territorio e costituiscono uno strumento efficace per la politica a favore delle zone e dei piccoli centri rurali. Questa struttura rappresenta un utile complemento dell'amministrazione pubblica locale.
2.2.5 I gruppi di azione locale hanno creato una capacità amministrativa che consente di distribuire, a livello locale, i finanziamenti dell'UE in modo trasparente.
2.2.6 Nell'attuale contesto di crisi economica è possibile, tramite questi flessibili «enti intermedi» locali, contribuire in modo efficace all'aumento dell'occupazione a livello locale.
2.3 Valutazione di Leader +
2.3.1 L'attuazione dell'iniziativa comunitaria Leader + è stata esaminata dalla Corte dei conti europea, che ha rivolto alla Commissione europea e agli Stati membri sei raccomandazioni di base nelle quali venivano sintetizzate le carenze riscontrate in tale metodo. La Commissione europea ha risposto a tali raccomandazioni, e la critica della Corte dei conti è stata presa in considerazione per la parte restante del periodo di programmazione in corso e per la definizione di Leader nel prossimo periodo di programmazione.
2.3.2 All'iniziativa comunitaria Leader + hanno partecipato 893 gruppi di azione locale dell'UE-15, più i 250 dei sei nuovi Stati membri che nel 2004 hanno cominciato ad attuare misure ispirate a Leader. Nel complesso a tale iniziativa comunitaria sono stati destinati 2,1 miliardi di euro.
2.3.3 Il metodo Leader ha portato alla creazione di partenariati pubblico-privati nelle regioni rurali. Grazie a tale metodo, inoltre, la capacità di assorbimento dei finanziamenti UE è notevolmente aumentata.
2.3.4 Nel periodo in corso, Leader + ha favorito l'aumento dei GAL fino al raggiungimento del numero attuale di oltre 2 200.
2.3.5 Nonostante le critiche mosse dalla Corte dei conti europea, l'applicazione del metodo Leader dà effettivamente dei risultati e tiene pienamente conto della politica dell'Unione europea in quanto è efficace, produce sviluppi positivi, è mirato, globale e trasparente. Per questo motivo esso ha un proprio ruolo nell'ambito della politica dell'Unione e dei programmi degli Stati membri in materia di sviluppo rurale e merita un sostegno maggiore, non soltanto nel quadro della politica agricola comune. Il metodo Leader favorisce la creazione di partenariati locali intersettoriali, opera come uno strumento di finanziamento locale nel rispetto del principio di sussidiarietà e promuove progetti che consentono di realizzare sviluppi conformi agli auspici delle popolazioni locali e che migliorano il livello di vita nelle zone rurali.
2.3.6 Il presente parere mira a suscitare un maggiore interesse verso il metodo Leader e a facilitare il ricorso strutturale ai gruppi di azione locale anche nel quadro di altri strumenti di finanziamento che non rientrano nel contesto dello sviluppo rurale. Inoltre si prefigge di contribuire a giustificare la necessità di mantenere perlomeno le risorse finanziarie destinate a Leader nel bilancio generale della PAC e quindi a far sì che Leader continui a svolgere un ruolo importante in questa politica.
2.3.7 Il metodo Leader può essere altresì utilizzato nei programmi che rientrano in altri fondi UE. Nelle zone rurali esso ha permesso anche di rafforzare la coesione delle comunità locali.
3. Raccomandazioni per le zone rurali
3.1 Il metodo Leader è in grado di accelerare lo sviluppo delle zone rurali e si è rivelato talmente efficace che dovrebbe essere esteso, nella misura del possibile, all'intero territorio rurale dell'UE. Il Comitato raccomanda che il metodo Leader sia mantenuto nella PAC e che, al tempo stesso, sia possibile, tramite questo metodo, utilizzare anche i finanziamenti per la politica di coesione e la politica ambientale. Ciò consentirebbe di adottare un approccio globale allo sviluppo rurale e di intervenire in modo più efficace per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile integrato delle zone rurali, migliorando altresì le relazioni e l'importante interazione tra città e campagna (2). Nel quadro del FEASR, il metodo Leader (ossia il «collegamento fra azioni di sviluppo dell'economia rurale») costituisce un utile collegamento tra le aree rurali e quelle urbane. Per quanto riguarda queste ultime, occorrerebbe modificare il principio alla base di tale approccio e separarlo dal metodo Leader, istituendo ad esempio un programma chiamato Leadev («Liaisons Entre Actions de Développement de l'Économie des Villes», ossia «collegamento fra azioni di sviluppo dell'economia urbana»).
3.2 Il Comitato propone che vengano impiegate più risorse finanziarie tramite il metodo Leader, e non soltanto quelle del futuro programma di sviluppo rurale. Il metodo Leader è anche utilizzato nel quadro del Fondo europeo per la pesca. Il Comitato propone che tutti gli altri programmi operativi che si prefiggono obiettivi nelle zone rurali e possono avere dei beneficiari in tali aree (piccoli comuni, scuole rurali, piccole, medie e microimprese, soggetti agricoli, organizzazioni senza scopo di lucro, ecc.) offrano la possibilità di partecipare al programma corrispondente tramite il metodo Leader attuato nel quadro del FEASR e destinino a tale scopo tra il 5 e il 25 % delle risorse. In questo modo si garantirà la quota di progetti integrati e innovativi realizzati con uno sforzo coordinato della comunità delle zone rurali.
3.3 Il Comitato propone di considerare il metodo Leader come un approccio innovativo dal basso e pertanto di limitare il più possibile i vincoli burocratici e tematici. Le popolazioni locali sanno di che cosa hanno più bisogno: è questo il principio fondamentale della sussidiarietà. Il Comitato propone di applicare il principio del controllo pubblico ai partenariati basandosi sull'iniziativa degli abitanti del posto.
3.4 Un importante valore aggiunto dei gruppi di azione locale e dei partenariati è legato alla capacità di sensibilizzare e coinvolgere gli abitanti del posto, facilitando le loro interazioni sul territorio. Questo valore non viene preso sufficientemente in considerazione nella valutazione dell'attuazione dell'iniziativa comunitaria Leader +, e pertanto il Comitato propone di dare maggiore risalto all'importanza delle attività svolte dai membri dei gruppi azione locale sul territorio. In questo modo si arriverà ad un approccio aperto alla formulazione di una strategia di sviluppo rurale, a un coordinamento a livello locale e alla partecipazione di tutte le parti interessate a uno sviluppo sostenibile e diversificato inteso a migliorare la qualità della vita. Il Comitato raccomanda inoltre che i partenariati conclusi volontariamente tra i comuni possano divenire membri dei gruppi di azione locale e presentare idee di progetti. Al tempo stesso, tuttavia, è evidente che Leader non può compensare le carenze delle entrate dei bilanci comunali e finanziare anche i servizi di interesse generale a livello locale nei vari Stati membri dell'UE.
3.5 La cooperazione interterritoriale e transnazionale tra i gruppi di azione locale è molto importante nell'attuazione del metodo Leader. Negli ultimi vent'anni non è stato riconosciuto appieno l'impatto estremamente positivo esercitato dal metodo Leader nell'attuazione della cooperazione e dei partenariati interregionali (tra più gruppi di azione locale) e internazionali. Nell'UE, i cui Stati membri presentano differenze profonde di livello di sviluppo e grande diversità tra le zone rurali (anche all'interno di uno stesso Stato), questa attività risulta estremamente utile e addirittura indispensabile per le campagne, ed è in grado di influenzarne lo sviluppo in modo decisivo.
4. Raccomandazioni per le zone urbane
4.1 Se è possibile utilizzare i metodi di partenariato in tutti i fondi UE, è possibile applicare separatamente il principio alla base del metodo Leader impiegato per le zone rurali anche negli agglomerati e nei quartieri urbani, in modo da creare dei «partenariati locali», iniziando ad esempio con un periodo transitorio seguito da una valutazione. Il Comitato raccomanda di dare a questo approccio di partenariato il nome appropriato di «programma per le zone urbane» e di includere questa possibilità in tutti i fondi di sviluppo gestiti dalle diverse DG. L'integrazione delle risorse ne aumenterà la disponibilità.
4.2 Il Comitato raccomanda di applicare il principio alla base del metodo Leader, in maniera separata e distinta dal metodo stesso, anche nelle zone periurbane. In queste ultime, le città contribuirebbero all'impiego di tale metodo, in modo da ridurre gradualmente la differenza di sviluppo tra zone rurali e zone urbane.
4.3 Il Comitato raccomanda inoltre di collegare e integrare le attività della precedente iniziativa comunitaria URBAN, del programma LIFE e di altri programmi con i principi alla base del metodo Leader, aumentando in questo modo il valore aggiunto complessivo.
4.4 Per la preparazione e realizzazione dei progetti appare molto opportuno che ai partenariati negli agglomerati urbani partecipino direttamente gli enti locali, oppure che tali enti siano consultati in merito alle singole attività. In questo modo si limiterebbero le eventuali contraddizioni tra i vari progetti e, al tempo stesso, si potrebbero realizzare delle sinergie tra i progetti attuati dall'ente e dal partenariato locale, eventualmente con il sostegno di progetti partner. Il metodo più adatto a creare sinergie è la messa a punto di piani integrati di sviluppo destinati a città, zone urbane e agglomerati urbani specifici.
4.5 Il metodo Leader potrebbe essere applicato alle zone urbane tramite la creazione di un partenariato per una zona urbana infraregionale determinata, come avviene attualmente nelle zone rurali, in funzione di criteri prestabiliti.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) http://ec.europa.eu/regional_policy/policy/future/barca_it.htm.
(2) Cfr.: http://ec.europa.eu/regional_policy/newsroom/pdf/pawel_samecki_orientation_paper.pdf (pag. 10).
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/19 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il futuro dei giovani agricoltori europei» (parere d'iniziativa)
2011/C 376/04
Relatore: Pedro NARRO
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2 del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:
Il futuro dei giovani agricoltori europei.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 giugno 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 22 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 136 voti favorevoli, nessun voto contrario e 6 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 I dati statistici indicano chiaramente una generale diminuzione del numero di giovani agricoltori e un processo di abbandono dell'attività agricola. Di fronte a questo fenomeno inarrestabile, in palese contraddizione con l'esigenza di affrontare la sfida alimentare, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) auspica che la politica a favore dei giovani agricoltori divenga un'autentica priorità per le istituzioni europee e nazionali.
1.2 Il CESE riconosce che la campagna offre nuove possibilità a favore dei giovani che vivono nelle zone rurali. L'attività svolta in campagna è sempre più complessa, tecnicizzata e richiede una maggiore preparazione. Se si tratta di dover concepire un'attività agricola basata sull'imprenditorialità, moderna e adeguata alle nuove tecnologie, i giovani sono avvantaggiati. Un settore agricolo più giovane, che disponga degli strumenti e di un quadro legislativo adeguato, è il più adatto ad affrontare la sfida della sicurezza alimentare, in quanto produce alimenti di qualità attraverso un uso razionale delle risorse naturali.
1.3 I principali problemi dei giovani agricoltori consistono nella difficoltà di accedere alla terra e al credito. Di fronte a tale situazione è urgente promuovere nuovi sistemi di accesso alla terra e garantire l'accesso al credito grazie a un sistema europeo di garanzia.
1.4 Il CESE propone di istituire un osservatorio europeo incaricato di analizzare e valutare i problemi relativi all'insediamento e alla trasmissione delle aziende, e in generale tutte le questioni connesse al ricambio generazionale nell'agricoltura.
1.5 Il sostegno ai giovani agricoltori non può limitarsi al solo ambito dello sviluppo rurale. Nell'attuale contesto di riforma della politica agricola comune bisognerebbe introdurre nel primo pilastro di tale politica una nuova voce di aiuti destinati specificamente ai giovani. Nel quadro del secondo pilastro della politica agricola comune, è necessario fare in modo che gli aiuti all'insediamento si convertano in una misura obbligatoria in tutta l'UE.
1.6 Uno dei compiti da svolgere in Europa consiste nel facilitare la trasmissione delle aziende ai giovani. Il CESE ritiene che tale politica verrebbe molto favorita da un miglioramento del regime pensionistico che consentirebbe agli agricoltori di uscire decorosamente dalla professione.
1.7 La formazione e le nuove tecnologie al servizio dei giovani agricoltori costituiscono la base per lo sviluppo di una mentalità imprenditoriale. Una formazione esclusivamente teorica e poco aggiornata non è sufficiente, i giovani meritano una consulenza costante e professionale, adattata alle reali esigenze della loro attività. Il CESE propone che venga creato un nuovo programma di scambio di giovani agricoltori Erasmus farmer, e che venga adattato il programma Leonardo; inoltre, nel contesto dell'invecchiamento del settore, chiede nuove misure per la partecipazione dei giovani alle cooperative e alle organizzazioni agricole. È opportuno promuovere la formazione e l'insegnamento specifici per i bambini delle zone rurali, ad esempio con campi estivi e attività di diverso tipo.
1.8 L'UE ha una grande responsabilità nei confronti dei giovani agricoltori. Risulta tuttavia necessario che gli Stati membri, nell'esercizio delle loro competenze, concedano vantaggi fiscali, riducano gli oneri burocratici, investano nelle infrastrutture e nei servizi pubblici in ambiente rurale, promuovano i circuiti di distribuzione corti, incentivino la diversificazione e, in definitiva, contribuiscano a rendere l'ambiente rurale un luogo attraente per vivere e lavorare.
2. I giovani agricoltori in Europa
2.1 Sono passati 10 anni da quando il CESE ha elaborato il suo ultimo parere sui giovani agricoltori (1). Sfortunatamente, le preoccupazioni espresse in tale parere si sono dimostrate fondate: non soltanto il numero di giovani agricoltori si è ridotto drasticamente, ma si verifica anche che coloro che, con grande fatica, sono rimasti occupati nel settore, devono far fronte, un decennio più tardi, a uno scenario caratterizzato piuttosto da ombre che da un barlume di luce alla fine del tunnel.
2.2 A livello europeo per ogni agricoltore al di sotto dei 35 anni di età ce ne sono nove che hanno più di 55 anni. In alcuni Stati membri, come il Portogallo, la Spagna, l'Italia, il Regno Unito o la Bulgaria, la proporzione di giovani agricoltori è realmente bassa (per ogni 20 agricoltori che hanno più di 55 anni ce n'è solo uno giovane). Tuttavia, paesi come la Polonia, l'Austria o la Germania presentano una situazione differente, un agricoltore giovane per ogni tre agricoltori di età superiore ai 55 anni. Queste differenze sono essenzialmente dovute al fatto che in alcuni paesi esistono quadri legislativi favorevoli, che hanno saputo promuovere il ricambio generazionale nell'ambiente rurale attraverso incentivi alla trasmissione di imprese.
2.3 L'analisi delle strutture agricole mostra, sebbene con intensità differenti, una riduzione sistematica del numero di agricoltori e un processo di invecchiamento molto superiore a quello che caratterizza altri settori economici. A partire dal 2000 si constata una diminuzione del 9 % del numero di agricoltori e una riduzione del 45 % del numero di agricoltori giovani.
2.4 La perdita di occupati non potrà essere compensata a lungo termine dall'aumento della produttività. In un contesto di considerevole volatilità dei prezzi delle materie prime, acquistano speciale importanza concetti strategici come la sicurezza e la sovranità alimentari (2), che sono stati affrontati in differenti occasioni nei pareri del CESE. La protezione dell'ambiente e altri beni pubblici rivestono un interesse globale e non possono essere importati. Per tale ragione la funzione degli agricoltori va al di là della semplice attività economica. Senza gli agricoltori, la strategia Europa 2020, basata su una crescita verde, intelligente e sostenibile, sarà una mera utopia.
2.5 Il carattere strategico dell'agricoltura non viene messo in discussione, tuttavia il processo di abbandono dell'attività agricola non sembra interrompersi. Appare urgente avviare, nel quadro della riforma della politica agricola comune, una profonda riflessione su quali orientamenti saranno necessari per conferire maggiore attrattiva all'agricoltura e rendere tale attività più redditizia. La situazione è ancor più critica nel settore dell'allevamento. Se i giovani non trovano un contesto favorevole per svolgere la professione dell'agricoltore, tutte le misure specifiche e animate da buone intenzioni in materia di insediamento, formazione, trasferimento di proprietà, trattamento fiscale, ecc. risulteranno inutili.
3. Le sfide dei giovani agricoltori in Europa
3.1 L'agricoltura europea si trova in una fase di cambiamento, a giudizio di molti si tratta di una transizione verso un nuovo modello agricolo. I giovani agricoltori dovranno raccogliere le nuove sfide e orientare la loro attività agricola verso gli obiettivi stabiliti. L'assenza di politiche stabili e a lungo termine ha generato una tale insicurezza e instabilità nel settore da condizionare la pianificazione economica degli agricoltori.
3.2 Gli agricoltori si trovano in una situazione paradossale, perché assumono rischi maggiori, investono somme superiori, affrontano costi di produzione più elevati, sono meglio qualificati e malgrado tutto ciò percepiscono per la loro produzione i prezzi più bassi che siano mai stati pagati. Il dibattito sugli strumenti e sulle politiche specifiche per i giovani agricoltori non può far passare in secondo piano il fatto che se non si riuscirà a garantire agli agricoltori una redditività minima e un prezzo giusto per i loro prodotti, l'attività agricola in Europa subirà un rallentamento. Il CESE raccomanda che, per permettere agli agricoltori di vivere del frutto del loro lavoro, sia istituita una regolamentazione dei mercati agricoli basata sulla trasparenza dei mercati dei prodotti agricoli e su un'organizzazione degli scambi di prodotti alimentari che consenta la sovranità alimentare, creando grandi regioni agricole di produzione e di scambio. Le norme dell'OMC non sono idonee per l'agricoltura e occorre immaginare degli organismi ad hoc, come raccomanda segnatamente il Momagri (Movimento per l'organizzazione mondiale dell'agricoltura).
3.3 Gli squilibri nella filiera alimentare dissuadono decisamente i giovani dall'entrare nell'attività agricola. La filiera alimentare è caratterizzata da enormi differenze tra i prezzi che percepisce l'agricoltore e quelli pagati dai consumatori, come pure dalla mancanza di trasparenza e da pratiche abusive (3).
3.4 L'UE è impegnata in un ambizioso processo di liberalizzazione degli scambi commerciali nel bacino del Mediterraneo, con il Mercosur, con il Canada e con altri interlocutori. I giovani agricoltori si chiedono come una produzione caratterizzata da standard qualitativi, ambientali e sociali elevati potrà convivere con importazioni a buon mercato di prodotti ben lontani dalle norme di produzione dell'UE. Questo processo promuove una concentrazione della produzione nelle zone più competitive e condanna all'abbandono una parte molto importante del territorio rurale (4).
3.5 La riforma della politica agricola comune rappresenta un'altra opportunità di orientare il sostegno verso le esigenze dei giovani agricoltori e di concentrare le misure di finanziamento verso la produzione di beni agricoli. Sostenere i giovani non significa emarginare i più anziani, bensì ricercare un quadro coerente di misure di sostegno che renda possibile l'attività agricola.
3.6 Tradizionalmente gli sforzi del legislatore europeo in materia di giovani agricoltori si sono concentrati sulla promozione dell'insediamento. È giunto il momento di affrontare nuove misure, che favoriscano l'attività dei giovani attraverso il primo e il secondo pilastro della PAC. Le priorità nella concessione degli aiuti si devono basare sul nuovo modello.
3.7 I poteri pubblici devono impegnarsi con decisione nell'attività rivolta a valorizzare e a promuovere il lavoro agricolo. Malgrado la vasta normativa europea in materia di etichettatura, di qualità e di promozione, si constata che viene in grande misura disconosciuto e ignorato cosa significa produrre alimenti sani e di qualità (5). I consumatori europei destinano all'alimentazione solo il 14 % del loro bilancio. Il CESE riconosce l'importante compito svolto dalle organizzazioni professionali agricole a livello nazionale ed europeo attraverso la divulgazione e la promozione, in forma pedagogica, dell'attività dell'agricoltore e del ruolo strategico del settore alimentare.
3.8 Occorre comunicare al consumatore in maniera coerente il tema europeo «dalla fattoria alla tavola» e la cosiddetta tracciabilità. La strategia di qualità dei prodotti è di primaria importanza tanto per la competitività delle aziende quanto per la salute dei consumatori, e dovrebbe quindi essere concretamente applicata anche ai prodotti di paesi terzi importati nell'Unione europea, al fine di contrastare e scoraggiare le pratiche commerciali sleali.
3.9 Il bilancio è sempre un elemento fondamentale di qualsiasi strategia, tuttavia il CESE osserva che numerose misure necessarie per contribuire alla redditività dell'agricoltura non richiedono fondi aggiuntivi bensì la volontà politica di puntare sul cambiamento e una strategia coerente a lungo termine che incrementi l'attrattiva dell'ambiente rurale (6).
4. Campi di azione
Sviluppo rurale - l'insediamento
4.1 Il dibattito europeo sul futuro dei giovani agricoltori e allevatori si è in genere incentrato sull'analisi delle politiche di insediamento. Le statistiche, per quanto ridotte e parziali, mostrano chiaramente che le priorità e l'intensità del sostegno riservato ai giovani variano considerevolmente in Europa. Mentre da un lato Stati membri come la Francia destinano all'insediamento di giovani circa il 10 % del bilancio dello sviluppo rurale, altri Stati membri, tra cui l'Olanda, Malta, l'Irlanda e la Slovacchia non prevedono, per differenti ragioni, misure rivolte a favorire l'insediamento. Nell'insieme dell'UE, durante il periodo di bilancio 2007-2013, il 3 % dei fondi di sviluppo rurale sarà destinato ai giovani. L'età media dei giovani che si insediano è di 28 anni. Il CESE ritiene che, dato il carattere strategico dell'insediamento per l'intera UE, sarebbe opportuno rendere obbligatoria questa misura nei piani di sviluppo rurale e definire una percentuale minima obbligatoria degli aiuti.
4.2 Il CESE ritiene che il regime UE per l'insediamento debba essere flessibile, in particolare per quanto riguarda le scadenze, al fine di favorire il suo recepimento. La complessità del sistema e il suo carattere estremamente burocratico comportano un rallentamento. In alcuni casi, gli Stati membri dovrebbero prevedere piani di insediamento diversi, di durata variabile e quindi con finanziamenti differenziati. In molti Stati membri l'obbligo di impegnarsi nell'insediamento per un periodo non inferiore a cinque anni rende più difficile la decisione dei giovani. Gli aiuti all'insediamento dovrebbero strutturarsi su livelli differenti, e sarebbe anzi opportuno differenziare il sostegno tra i giovani agricoltori che esercitano l'attività a tempo pieno e quelli che lavorano a tempo parziale. Il nuovo quadro legislativo dell'UE dovrebbe inoltre prendere in considerazione non solo i giovani che intraprenderanno l'attività a partire dal 2014 ma anche quelli entrati nel settore prima di tale data.
Il ruolo dei giovani nel primo pilastro della politica agricola comune
4.3 La riforma della politica comune in corso dovrebbe dedicare particolare attenzione alla situazione dei giovani agricoltori nel quadro di un nuovo modello di aiuti diretti. Il nuovo orientamento della Commissione in materia di pagamenti diretti dovrebbe favorire un sostegno prioritario ai giovani. Tale sostegno potrebbe articolarsi in una percentuale aggiuntiva di aiuti a determinati agricoltori prioritari, tra i quali i giovani. Un'altra opzione potrebbe basarsi sulla creazione di un premio specifico destinato ai giovani e non riferito alla superficie dell'azienda, bensì modulato in funzione di criteri come l'occupazione, il tipo di azienda o gli investimenti effettuati. Il CESE accoglie con favore la riflessione in corso sul concetto di agricoltore attivo in quanto destinatario degli aiuti, e segnala la necessità di affrontare il concetto di cooperazione attiva.
Il ruolo dei giovani agricoltori nel quadro del secondo pilastro della PAC
4.4 Il secondo pilastro della PAC, come il primo, deve contribuire essenzialmente a fornire sostegno e motivazione ai giovani agricoltori nell'esercizio della loro attività.
4.4.1 Le misure del secondo pilastro della PAC possono e devono creare le condizioni preliminari per garantire l'accesso dei giovani agricoltori, assicurando che vengano presi in considerazione tutti i richiedenti qualora le risorse di bilancio siano insufficienti.
4.4.2 Nel quadro del secondo pilastro vanno create le strutture di sostegno necessarie per i giovani agricoltori, tra cui un servizio di consulenza e un servizio di assistenza alle aziende di allevamento. Dato che il bestiame ha bisogno delle cure e del lavoro quotidiani degli allevatori, negli Stati membri andrebbero adottate le corrispondenti misure politiche e andrebbero create le organizzazioni che garantiscano che quando l'agricoltore è malato o è in vacanza qualcuno ne faccia le veci. L'esistenza di un servizio di assistenza alle aziende rappresenta un fattore essenziale per i giovani al momento di decidere se mantenere o meno l'azienda di famiglia. Attualmente i giovani non sono più disposti ad assumere la gestione di un'azienda agricola, in quanto sono consapevoli che per tutta la loro vita dovranno lavorare 365 giorni all'anno senza vacanze. Dato che in molti Stati membri non esiste ancora un servizio di assistenza con queste caratteristiche, andrebbero previste delle misure obbligatorie nel quadro del secondo pilastro della PAC che consentano la prestazione di tale servizio agli agricoltori delle aziende zootecniche quando sono malati (anche durante il congedo di maternità prima e dopo il parto), nonché nei giorni liberi e/o nel periodo delle vacanze annuali.
La formazione - nuove tecnologie
4.5 La formazione dei futuri agricoltori costituisce uno degli ingredienti basilari del successo dell'attività agricola. Tuttavia, mentre in alcuni paesi la formazione può considerarsi adeguata, in altri esistono differenze profondissime tra la formazione che offrono le amministrazioni e le esigenze reali degli agricoltori. Le organizzazioni agricole devono essere tenute in considerazione nel processo di formazione dei giovani. A questi ultimi va garantita una formazione di qualità, impartita da docenti altamente qualificati in base a tematiche aggiornate e orientate alle necessità dei giovani agricoltori. A volte i corsi di formazione si convertono in un processo burocratico per ottenere gli aiuti e non vengono adeguatamente sostenuti. La mancanza di motivazione che ne deriva costituisce un problema, in particolare se si tiene conto che sussistono le condizioni necessarie per far sì che la formazione sia uno strumento di grande utilità in mano ai giovani agricoltori. La formazione deve avere necessariamente una finalità pratica; il modello danese è riuscito a integrare con successo la formazione teorica e pratica nelle aziende agricole. Sono necessari tre anni e otto mesi per ottenere la «carta verde».
4.6 L'UE dovrebbe sostenere programmi di formazione europei diretti a quegli agricoltori o a quelle aziende che accolgano, almeno per un anno, giovani che abbiano compiuto la loro formazione agricola nel corso degli ultimi due anni. Il destinatario degli aiuti dovrebbe impegnarsi a elaborare un piano di formazione a beneficio del giovane il quale, a sua volta, potrebbe acquisire il controllo dell'azienda, e in ogni caso, durante il periodo di formazione, potrebbe contribuire all'azienda stessa grazie alle proprie conoscenze e a una mentalità nuova e più innovatrice. In definitiva si tratterebbe di sostenere e soddisfare le esigenze, spesso complementari, dei giovani e dei più anziani. Analogamente sarebbe opportuno che determinati programmi dell'UE, come Leonardo, il Settimo programma quadro di ricerca, il programma Youth on the move, ecc. sviluppassero linee specifiche a favore dei giovani agricoltori. Il CESE giudica necessario adeguare il programma Erasmus, destinato agli studenti e ai giovani imprenditori, affinché i giovani agricoltori possano parteciparvi e completare la loro formazione in altre aziende agricole o di allevamento dell'UE.
4.7 L'agricoltura ecologica costituisce un'alternativa interessante per coloro che entrano nel settore, ma non è la sola. La produzione integrata o l'agricoltura di conservazione dovrebbero anch'esse beneficiare di finanziamenti a livello europeo. La formazione deve rivolgersi a nuovi sistemi di produzione che migliorano i rendimenti e la gestione sostenibile delle risorse naturali. Anche le biotecnologie potrebbero comportare nuove opportunità per i giovani agricoltori europei (7).
L'unione fa la forza
4.8 Il coinvolgimento attivo dei giovani nelle organizzazioni agricole e nelle cooperative risulta indispensabile per dotare tali organizzazioni di nuove idee, per favorire l'innovazione e promuovere lo spirito imprenditoriale. In una situazione di concentrazione della domanda in un numero ridotto di grandi catene di distribuzione, è urgente dare un nuovo impulso alle cooperative, affinché migliorino la commercializzazione. Il CESE propone così la creazione di centrali di vendita gestite dagli agricoltori ai fini di un riequilibrio delle forze di fronte alle potenti centrali d'acquisto della grande distribuzione. Sotto tale profilo occorrerebbe promuovere la presenza di giovani negli organi di direzione delle cooperative e coinvolgerli nel processo decisionale, approfittando della loro formazione e della loro visione imprenditoriale. La principale cooperativa agricola francese, Terrena, dispone di vari comitati giovanili, la cui funzione è inserire i giovani nel complesso mondo del cooperativismo agricolo e fornire loro la necessaria formazione.
Altre politiche europee
4.9 L'UE deve utilizzare i fondi delle differenti politiche europee, innanzitutto per creare un quadro di vita attraente in campagna e in secondo luogo per facilitare il consolidamento di attività economiche che, come l'agricoltura, costituiscono l'ossatura del tessuto socioeconomico delle zone rurali. In tal modo i progetti dell'UE in materia di ambiente, ricerca o impresa, devono creare linee specifiche di sostegno ai giovani in generale e ai giovani agricoltori in particolare. Alcune esperienze positive dell'UE in questo campo devono essere riprese. Due esempi rappresentativi sono stati il programma di scambio di giovani agricoltori PEJA, che consentiva ai giovani agricoltori di tutta Europa di trascorrere un utile periodo di formazione in altre aziende dell'UE, e il programma pedagogico Tellus - frutto della collaborazione tra Consiglio europeo dei giovani agricoltori e la Commissione europea - finalizzato a far conoscere agli studenti la professione poco nota dell'agricoltore. Il ricambio generazionale nel settore deve costituire un obiettivo concreto dell'UE. In tale contesto, la creazione di un osservatorio europeo che analizzi la situazione dei giovani agricoltori e le loro esigenze potrebbe costituire una buona base per nuove iniziative legislative. Non si tratta di creare nuovi organi burocratici bensì di poter disporre di strumenti con funzioni chiare e precise, i quali forniscano, dopo averle analizzate, informazioni e statistiche adeguate in relazione al ricambio generazionale nell'ambiente rurale europeo.
Iniziative nazionali
4.10 Le politiche europee destinate ai giovani agricoltori devono essere accompagnate da specifiche iniziative adottate a livello nazionale. Le preoccupazioni principali dei giovani sono la successione nel controllo dell'azienda, l'accesso alla proprietà e il trattamento fiscale. È urgente promuovere misure efficaci per incentivare l'insediamento dell'agricoltore. Negli Stati membri si rileva tuttavia in maniera generale la presenza di una complessa burocrazia che ostacola il successo di molte delle misure.
4.11 Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi nell'elaborare un meccanismo che faciliti l'accesso dei giovani agricoltori alla terra, creando condizioni di maggiore sicurezza in vista dei forti investimenti necessari, i quali costituiscono uno dei principali ostacoli all'insediamento. Alcune iniziative nazionali indicano possibili percorsi. In Francia la società SAFER è stata incaricata di limitare la concentrazione delle parcelle e di favorire l'accesso alla terra da parte dei giovani.
Bruxelles, 22 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) GU C 36 dell'8.2.2002, pagg. 29-35 - Nuova economia, società della conoscenza e sviluppo rurale: le prospettive per i giovani agricoltori.
(2) GU C 54 del 19.2.2011, pagg. 20-23 - Sicurezza degli approvvigionamenti nei settori agricolo e alimentare nell'UE.
(3) GU C 48 del 15.2.2011, pagg. 145-149 - Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa.
(4) GU C 255 del 22.9.2010, pagg. 1-9 - Commercio e sicurezza alimentare.
(5) GU C 18 del 19.1.2011, pagg. 5-10 - Il modello agricolo comunitario: qualità della produzione e comunicazione ai consumatori come elementi di competitività.
(6) GU C 132 del 3.5.2011, pagg. 63-70 - La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio.
(7) GU C 100 del 30.4.2009, pagg. 44-52 - L'UE di fronte alla sfida alimentare mondiale.
ALLEGATO
al parere del Comitato economico e sociale europeo
I seguenti emendamenti, che hanno ricevuto più di un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:
Punto 3.2
Modificare come segue:
Gli agricoltori si trovano in una situazione paradossale, perché assumono rischi maggiori, investono somme superiori, affrontano costi di produzione più elevati, sono meglio qualificati e malgrado tutto ciò percepiscono per la loro produzione i prezzi più bassi che siano mai stati pagati. Il dibattito sugli strumenti e sulle politiche specifiche per i giovani agricoltori non può far passare in secondo piano il fatto che se gli agricoltori una redditività minima e un prezzo per i loro prodotti , l'attività agricola in Europa subirà un rallentamento.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
36 |
Voti contrari |
66 |
Astensioni |
27 |
Punto 4.7
Modificare come segue:
Il coinvolgimento attivo dei giovani nelle organizzazioni agricole e nelle cooperative risulta indispensabile per dotare tali organizzazioni di nuove idee, per favorire l'innovazione e promuovere lo spirito imprenditoriale. In una situazione di concentrazione della domanda in un numero ridotto di grandi catene di distribuzione, è urgente dare un nuovo impulso alle cooperative, affinché migliorino la commercializzazione. Sotto tale profilo occorrerebbe promuovere la presenza di giovani negli organi di direzione delle cooperative e coinvolgerli nel processo decisionale, approfittando della loro formazione e della loro visione imprenditoriale. La principale cooperativa agricola francese, Terrena, dispone di vari comitati giovanili, la cui funzione è inserire i giovani nel complesso mondo del cooperativismo agricolo e fornire loro la necessaria formazione.
Esito della votazione
Voti favorevoli |
47 |
Voti contrari |
60 |
Astensioni |
17 |
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/25 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sviluppo rurale e occupazione nei Balcani occidentali» (parere d'iniziativa)
2011/C 376/05
Relatore: Cveto STANTIČ
Nel corso della sessione plenaria, svoltasi il 19 e 20 gennaio 2011, il Comitato economico e sociale europeo, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:
Sviluppo rurale e occupazione nei Balcani occidentali.
La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 166 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 I dati sulle caratteristiche socioeconomiche delle zone rurali dell'UE non sono né coerenti né paragonabili con quelli riferiti alle zone corrispondenti dei Balcani occidentali (1). Ciò è in parte dovuto alla mancanza di una definizione comune di zone rurali. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene pertanto l'idea di armonizzare i criteri che definiscono le zone rurali a livello dell'UE, in modo da consentire una comparazione migliore tra tali zone, nonché tra le politiche e le misure ad esse applicate.
1.2 Le zone rurali dei Balcani occidentali sono confrontate a vari problemi strutturali e socioeconomici, le cui soluzioni si possono individuare nel quadro della politica dell'UE per lo sviluppo rurale e della politica agricola comune (PAC). Il CESE raccomanda vivamente ai paesi dei Balcani occidentali di avvalersi dell'esperienza dell'UE nell'elaborazione delle politiche di sviluppo rurale, tenendo conto delle problematiche e priorità specifiche nazionali.
1.3 Vastissime zone rurali dei Balcani occidentali rimangono spopolate e le loro risorse inutilizzate, mentre nei centri urbani si registra una concentrazione sproporzionata di popolazione e di attività economiche. Questa tendenza ha un impatto negativo sull'economia, sulla società, sull'assetto del territorio e sull'ambiente. Per stimolare una crescita economica sostenibile in tali zone occorre dunque definire e applicare specifiche misure locali.
1.4 Le economie rurali dei Balcani occidentali sono caratterizzate dalla prevalenza dell'agricoltura di sussistenza e di semisussistenza, da un alto tasso di disoccupazione, dalla disoccupazione nascosta e da una scarsa mobilità dei lavoratori. Gli unici vantaggi competitivi delle zone rurali sono il basso costo del lavoro e la buona qualità delle risorse naturali. Lo sviluppo dell'imprenditorialità è frenato da fattori quali l'inadeguatezza delle infrastrutture, la mancanza di manodopera qualificata, l'accesso limitato ai mercati e ai finanziamenti, il mancato sostegno agli investimenti e il basso potenziale imprenditoriale.
1.5 L'agricoltura estensiva continua a essere un elemento essenziale dell'economia rurale e un'importante fonte di occupazione nelle zone rurali dei Balcani occidentali. Occorre tuttavia modernizzarla e aumentarne la produttività, il che comporterà un'eccedenza di manodopera agricola. La chiave per ridurre i rischi per il reddito dei nuclei familiari nelle zone rurali è la diversificazione dell'economia rurale.
1.6 Le politiche di sviluppo rurale, che dovrebbero essere finalizzate a diversificare le economie rurali, sono ancora inadeguate e non in linea con la politica di sviluppo rurale dell'UE. Anche dove esistono politiche nazionali, l'instabilità politica e i frequenti cambiamenti di governo impediscono di assicurarne la continuità e ne ostacolano l'attuazione. Nella maggior parte dei paesi della regione sono disponibili dei fondi per lo sviluppo rurale ma, rispetto a quelli dell'UE, sono ancora poco consistenti.
1.7 Lo strumento di assistenza preadesione per lo sviluppo rurale (IPARD) rimane ancora la principale fonte di sostegno finanziario nelle zone rurali. La maggior parte dei paesi fanno fatica ad adottare l'attuale modello di sviluppo rurale dell'UE a causa della sua complessità e delle sue rigorose procedure di attuazione. Pertanto, l'UE dovrebbe valutare la possibilità di semplificare i principi e le procedure che governano la gestione e il controllo dell'IPARD, così da favorire un uso efficace dei finanziamenti e delle misure disponibili.
1.8 Le principali difficoltà d'accesso agli strumenti IPARD risultano essere l'insufficiente capacità amministrativa ed istituzionale a livello nazionale e locale e la limitata capacità dei potenziali beneficiari. I governi nazionali sono invitati ad intensificare i loro sforzi di potenziamento delle istituzioni e di rafforzamento delle capacità dei potenziali beneficiari.
1.9 Il CESE raccomanda inoltre di rendere più flessibile l'utilizzo degli aiuti di preadesione a favore dello sviluppo rurale, in particolare abolendo la distinzione tra paesi candidati e candidati potenziali per quanto riguardo l'accesso agli aiuti nel settore agricolo e in quello dello sviluppo rurale. Poiché la situazione varia da paese a paese, occorre attribuire più peso alle singole valutazioni della capacità amministrativa e di assorbimento.
1.10 Per combattere in modo più efficace la disoccupazione, la povertà e l'esclusione nelle zone rurali, è necessario migliorare il coordinamento tra le diverse politiche e i vari fondi disponibili. La politica regionale può appoggiare in modo decisivo e completare la politica di sviluppo rurale purché esse siano adeguatamente connesse e attuate con coerenza.
1.11 Occorre potenziare e coordinare meglio le seguenti politiche e misure nazionali:
— politiche d'inclusione attiva: migliorare l'accesso all'informazione e alla consulenza sulle prestazioni pubbliche;
— politiche del mercato del lavoro: intensificare le misure attive sul mercato del lavoro consentirebbe di aumentare il tasso di occupazione e ridurre le disparità regionali;
— istruzione e formazione: assicurare l'istruzione a tutti i livelli, lottare contro l'abbandono scolastico precoce, rafforzare le competenze e le qualifiche dei giovani, fornire formazione su misura allo scopo di ridurre lo squilibrio tra le competenze lavorative richieste e le competenze disponibili;
— politiche di sviluppo rurale: occorre prestare maggiore attenzione agli assi II e III poiché le misure contemplate dall'asse I esistono già nella maggior parte dei paesi (2).
1.12 La società civile svolge un ruolo minore nelle zone rurali a causa della scarsità di competenze imprenditoriali e organizzative, dei problemi demografici e dell'infrastruttura sociale di bassa qualità rispetto a quella delle città. Una possibile soluzione sarebbe creare delle reti di organizzazioni locali della società civile, onde raggiungere una massa critica di popolazione e di area geografica. In tal senso, l'approccio Leader (3) potrebbe essere uno strumento utile per migliorare la partecipazione della società civile.
1.13 Per migliorare la qualità di vita ed incoraggiare i giovani a restare nelle zone rurali è necessario diversificare maggiormente l'economia rurale. Per conseguire questi obiettivi, le principali sfide da raccogliere sono sempre le stesse: investire nelle infrastrutture rurali, integrare l'agricoltura basata sulla conoscenza con l'industria alimentare, sviluppare il capitale umano, creare un ambiente favorevole agli imprenditori e migliorare i servizi sociali. In questo contesto, anche il turismo rurale ed ecologico, basato su un ricco patrimonio culturale, storico e naturale, risulta essere un'ottima opportunità.
2. Introduzione e contesto
2.1 Definizione delle zone rurali
2.1.1 Una delle difficoltà nell'affrontare questo tema è dovuta all'assenza di una definizione comune delle zone rurali a livello dell'UE. Ogni Stato ha una definizione ufficiale differente che si avvale di criteri diversi, tra cui la densità di popolazione, l'importanza dell'agricoltura per l'economia, la perifericità, la difficoltà ad accedere ai servizi essenziali, ecc. Ai fini dei confronti internazionali si ricorre spesso alla definizione dell'OCSE di ruralità. Da qualche tempo anche i paesi dei Balcani occidentali adeguano le loro statistiche a questa metodologia.
2.1.2 Il CESE sostiene pertanto l'armonizzazione dei criteri che definiscono le zone rurali a livello dell'UE, in modo da consentire un migliore confronto e monitoraggio dell'efficacia delle diverse misure e politiche applicate.
2.2 Lo sviluppo rurale nell'UE in quanto componente importante della PAC e della sua futura riforma
2.2.1 Dal momento che circa il 60 % della popolazione dell'UE vive nelle zone rurali e ch'esse rappresentano il 90 % del territorio dell'Unione, lo sviluppo rurale è un settore d'intervento estremamente importante per l'UE. Il quadro di finanziamento per lo sviluppo rurale copre un'ampia serie di misure. L'attuale modello dell'UE si basa su quattro assi politici, lasciando una certa flessibilità agli Stati membri e ai governi regionali per adeguare le politiche alle loro esigenze specifiche.
2.2.2 Lo sviluppo territoriale equilibrato costituisce uno dei principali obiettivi della futura riforma della PAC. A questo proposito, il CESE è convinto che se la futura politica agricola europea e le politiche di sviluppo rurale sono orientate all'innovazione e alla competitività, esse potranno aprire nuove possibilità commerciali, creare più posti di lavoro e diversificare le fonti di reddito nelle zone rurali (4).
2.3 L'importanza delle politiche di sviluppo rurale per le economie nazionali dei Balcani occidentali
2.3.1 Considerata la superficie delle zone rurali, la percentuale della popolazione che vi abita (5) e la particolare importanza dell'agricoltura per le economie nazionali, appare evidente che lo sviluppo rurale deve anch'esso diventare un settore fondamentale d'intervento nei Balcani occidentali.
2.3.2 Le zone rurali dei Balcani occidentali devono affrontare una serie di sfide strutturali e socioeconomiche come i bassi livelli di reddito, la mancanza di opportunità di lavoro, il deterioramento della qualità di vita, i processi di spopolamento, ecc., che potrebbero essere affrontate con buoni risultati mediante appropriate politiche di sviluppo rurale, nell'ambito del complesso quadro dell'UE per lo sviluppo rurale.
3. Alcune caratteristiche comuni delle zone rurali dei Balcani occidentali – i fattori chiave del loro potenziale economico
3.1 I Balcani occidentali, grazie alla particolare ricchezza della loro flora e della loro fauna, sono una delle regioni d'Europa più ricche dal punto di vista della biodiversità. Questa regione include una grandissima varietà di habitat naturali: lagune e zone umide costiere, foreste mediterranee, praterie e pascoli di montagna, zone umide nei pressi di acque dolci e terreni di configurazione carsica.
3.2 Sia il calo della popolazione, soprattutto nelle regioni isolate e meno fertili, che l'invecchiamento demografico (ad eccezione di Albania e Kosovo) incidono molto negativamente sul mercato del lavoro rurale. In tutti i paesi della regione si delinea la stessa tendenza alla migrazione dalle zone rurali verso le aree urbane e costiere e verso l'estero. Coloro che si stabiliscono nelle zone rurali sono prevalentemente pensionati o rifugiati.
3.3 La struttura sfavorevole dell'istruzione, la mediocrità delle qualifiche e la mancanza di conoscenze e competenze della popolazione economicamente attiva costituiscono un grave ostacolo all'economia rurale futura. Il mercato del lavoro è caratterizzato da una bassa mobilità dei lavoratori e di conseguenza mancano opportunità di lavoro e di reddito alternative.
3.4 Nella maggior parte delle zone rurali l'attività principale rimane un'agricoltura poco intensiva, basata sul pascolo e sulle colture. Le quote di occupazione nel settore agricolo sono molto alte rispetto a quelle dei paesi dell'UE.
3.5 I nuclei famigliari nelle zone rurali, in particolare quelli che dispongono di redditi limitati, hanno anche un accesso limitato ai mercati agricoli, del lavoro e finanziari, nonché all'informazione e alla conoscenza. Di conseguenza, le loro possibilità di superare il rischio di povertà sono notevolmente ridotte.
3.6 La scarsa diversificazione delle attività economiche e dei redditi e il basso tasso di occupazione nel settore privato sono i principali problemi delle zone rurali. I servizi economici e le infrastrutture sociali sono limitati e poco sviluppati. Ciò ha un impatto negativo sulla qualità di vita della popolazione rurale nonché sulla competitività e sul tessuto sociale in queste zone.
4. L'agricoltura è ancora il motore principale dell'economia rurale nei Balcani occidentali
4.1 Nonostante dal 2000 la quota dell'agricoltura nell'economia sia in calo, nei Balcani occidentali essa continua a superare di gran lunga quella media dell'UE, sia in termini di valore aggiunto che di occupazione.
4.2 Le piccole dimensioni e la frammentazione delle aziende agricole private rimangono una caratteristica generale dell'agricoltura nella maggior parte degli Stati dei Balcani occidentali, soprattutto in quelli meridionali. La dimensione media di un'azienda agricola può variare da 1,2 ettari in Albania a poco meno di 4 ettari in Serbia. Vi sono ulteriori fattori che ostacolano lo sviluppo dell'agricoltura, ossia lo scarso sviluppo delle strutture di mercato, l'inadeguatezza delle infrastrutture, l'insufficienza della produzione destinata alla commercializzazione, la mancanza di conoscenze e competenze e il mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza alimentare.
4.3 La transizione economica, e in certi paesi addirittura la guerra, hanno provocato un calo della produzione agricola, la quale però dal 2000 ha ricominciato a crescere, soprattutto grazie agli investimenti nelle tecnologie di produzione. Tuttavia, nella maggior parte dei paesi, la produzione è ancora inferiore ai livelli precedenti alla transizione. Malgrado qualche lacuna, quasi tutti i Balcani occidentali dispongono di un potenziale naturale per l'agricoltura piuttosto elevato (manodopera relativamente poco costosa, risorse come l'acqua e la terra, condizioni climatiche e del suolo favorevoli per produzioni quali il tabacco, taluni ortofrutticoli, il vino, i cereali e la carne).
4.4 Nella parte settentrionale della penisola balcanica (nei bacini della Sava e del Danubio, nella pianura Pannonica) vi sono anche regioni agricole altamente produttive con economie ben integrate. In questa zona le condizioni del clima e del suolo sono favorevoli ad una produzione agricola a forte intensità di capitale. Vi sono inoltre un capitale umano adeguato, un'imprenditorialità sviluppata, un settore industriale sufficientemente diversificato e infrastrutture adeguate.
5. Raccogliere la sfida dello sviluppo rurale al di là dell'agricoltura
5.1 L'elevata percentuale di popolazione attiva nell'agricoltura non si riflette direttamente nel contributo che questa fornisce al PIL. Pertanto, le economie rurali future dovrebbero essere in grado di assorbire l'eccesso di manodopera agricola offrendo opportunità di lavoro alternative.
5.2 Lo sviluppo di industrie rurali è spesso risultato molto efficace nella creazione di nuove opportunità di lavoro e di reddito. Inoltre, l'esperienza acquisita ha dimostrato che gli investimenti nelle aziende agricole, la modernizzazione, la formazione e le misure ambientali hanno un effetto positivo sull'aumento dell'occupazione e sulla riduzione della disoccupazione nascosta in tali aziende. Tra i settori ad alto potenziale di crescita figurano: le industrie di trasformazione, i prodotti con indicazioni geografiche protette, i prodotti alimentari biologici, il turismo rurale, l'artigianato, i prodotti in legno, la produzione di energie rinnovabili ed infine una grande varietà di servizi sanitari e sociali.
5.3 Affinché il settore rurale si sviluppi più rapidamente, è fondamentale incrementare e migliorare le spese a favore dei servizi e dei beni pubblici. Ciò significa: sviluppare le infrastrutture stradali e di irrigazione, migliorare l'ambiente commerciale e l'efficacia della trasmissione delle informazioni, della conoscenza e delle tecnologie.
6. Le politiche agricole e di sviluppo rurale alla luce dell'adesione all'UE
6.1 Tutti i paesi della regione auspicano fortemente di aderire all'UE. Sotto questo aspetto, per essere competitivi nel mercato dell'UE, tutti questi paesi si trovano ad affrontare sfide simili nel quadro della trasformazione e della modernizzazione dei loro settori agroalimentari, estremamente frammentati.
6.2 L'ultima relazione della Commissione europea sui progressi compiuti (6) indica che in materia di agricoltura e di sviluppo rurale, la maggior parte dei paesi dei Balcani occidentali deve impegnarsi maggiormente per garantire un migliore allineamento con l'acquis agricolo dell'UE e con la politica per lo sviluppo rurale dell'Unione.
6.3 Rispetto a quelli dell'UE, i fondi nazionali di sostegno all'agricoltura nei Balcani occidentali sono tuttora relativamente modesti. In questa regione si applica un'ampia serie di misure e di meccanismi di sostegno. Negli ultimi anni, la spesa pubblica a favore dell'agricoltura è stata principalmente destinata al sostegno diretto dei produttori.
6.4 L'assistenza finanziaria dell'UE
6.4.1 Lo strumento di assistenza preadesione per lo sviluppo rurale, IPARD (7), è la quinta componente dello strumento di preadesione (IPA), ossia lo strumento generale dell'UE per la preparazione e l'assistenza all'allargamento. Soltanto i paesi candidati effettivi (cioè Croazia, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Montenegro e Turchia) possono beneficiare dei fondi IPARD.
6.4.2 Il CESE desidera attirare l'attenzione sugli ostacoli specifici che i paesi dei Balcani occidentali riscontrano nell'attuazione dei programmi per lo sviluppo rurale a titolo dell'assistenza preadesione. È difficile applicare le misure di investimento nel quadro dell'IPARD in quanto esse presuppongono l'esistenza di strutture locali complete per l'attuazione e il controllo (la gestione e la titolarità dell'IPARD sono completamente decentrate e le istituzioni dell'UE svolgono unicamente un ruolo di controllo ex post). Questo comporta un'alta percentuale di progetti respinti, nonché la necessità di ingenti investimenti nella fase preparatoria, sia da parte del paese che dei potenziali beneficiari.
6.4.3 Sarebbe opportuno semplificare i principi e le procedure che governano la gestione e il controllo dell'IPARD per incoraggiare i paesi dei Balcani occidentali ad utilizzare meglio le misure che inciderebbero direttamente sullo sviluppo rurale, tra cui quelle destinate al miglioramento delle infrastrutture rurali, alla diversificazione delle attività economiche e alla formazione (asse 3 dell'IPARD).
6.4.4 Tra le principali ragioni dei ritardi nel ricorso ai fondi comunitari figurano la scarsa capacità amministrativa e la carenza di istituzioni appropriate a livello nazionale e specialmente locale, fattori questi che ostacolano l'assorbimento dei fondi di preadesione. La mancanza di servizi generali adeguati (rilascio di licenze edilizie, catasto fondiario, servizi fitosanitari e veterinari ecc.) hanno ugualmente contribuito alla bassa quota di adesioni ai più recenti inviti a presentare progetti di sviluppo rurale.
6.4.5 Un ulteriore ostacolo a un migliore utilizzo dei fondi UE risulta essere l'insufficiente capacita dei potenziali beneficiari. Questa difficoltà si risolverebbe sviluppando servizi di divulgazione e di consulenza più efficaci.
6.4.6 La situazione varia da un paese all'altro e non è sempre legata all'avanzamento del processo di adesione o allo status di paese candidato. Pertanto il CESE raccomanderebbe di utilizzare in maniera più flessibile gli aiuti di preadesione per lo sviluppo rurale, in particolare abolendo la distinzione tra paesi candidati e candidati potenziali ai fini dell'accesso all'assistenza e attribuendo un peso maggiore alla valutazione della capacità amministrativa e di assorbimento dei singoli paesi.
7. I mercati del lavoro rurale nei Balcani occidentali
7.1 Nella maggior parte dei paesi dei Balcani occidentali, i mercati del lavoro rurale presentano le seguenti caratteristiche comuni:
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i lavoratori agricoli costituiscono una percentuale predominante del totale degli occupati, mentre la quota dei lavoratori dipendenti e autonomi (agricoltura esclusa) è molto inferiore alla media; |
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il lavoro a tempo parziale o stagionale è molto spesso l'unica fonte di reddito per la maggior parte della popolazione rurale; |
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l'invecchiamento della popolazione e il crescente abbandono scolastico si riflettono in una struttura inadeguata dell'istruzione e in una mancanza di qualificazioni e di conoscenze; |
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la carenza di opportunità lavorative al di fuori dell'agricoltura è causa di una forte dipendenza dal lavoro stagionale e di una elevata disoccupazione nascosta; |
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le categorie più vulnerabili, che rischiano di essere escluse dal mercato del lavoro sono: i giovani, le donne, gli anziani, le minoranze etniche (Rom) e i rifugiati di guerra. Gli appartenenti ad alcune di queste categorie non figurano sempre tra i disoccupati (disoccupazione nascosta); |
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i lavoratori rurali beneficiano raramente di diversi programmi per l'occupazione offerti dai governi. È necessario promuovere meglio tali programmi nonché fornire servizi di consulenza adeguati al riguardo. |
8. Strategie e azioni politiche in materia di sviluppo rurale e occupazione
8.1 Le principali caratteristiche delle attuali politiche rurali nazionali sono: la scarsa consapevolezza politica, la poca comprensione del concetto europeo di sviluppo rurale, la mancanza di un approccio integrato e di strutture di programmazione, l'assenza di coordinamento politico verticale e orizzontale e l'insufficiente cooperazione interministeriale nel campo dello sviluppo rurale.
8.2 Le politiche nazionali di sviluppo rurale non tengono adeguatamente in considerazione né una serie di problemi fondamentali, né le opportunità di sviluppo. Gli incentivi a favore delle aziende agricole biologiche, delle risorse genetiche, della silvicoltura, del turismo e di altri settori sono insufficienti, e non viene affrontata neppure la questione delle zone svantaggiate e dell'agricoltura di semisussistenza.
8.3 Le politiche di sviluppo rurale, in combinazione con politiche regionali e programmi operativi settoriali appropriati, possono contribuire sensibilmente a migliorare l'occupazione e l'inclusione sociale nelle zone rurali. Una buona politica regionale può fornire un importante supporto complementare al fine di rafforzare le regioni rurali più povere.
8.4 In confronto a quella dell'UE, la politica regionale applicata a livello nazionale da quasi tutti i paesi in questione presenta un ritardo ancora maggiore rispetto alla politica in materia di sviluppo rurale. Occorre dunque applicare un approccio più coerente e coordinare meglio le politiche e i fondi disponibili, raggruppando le diverse risorse (fondi nazionali, fondi dell'UE, fondi di donatori).
8.5 A causa dell'instabilità politica e dei frequenti cambiamenti di governo, la maggior parte dei paesi della regione deve far fronte ad una discontinuità nell'attuazione delle varie politiche e misure in materia di sviluppo rurale.
9. Il ruolo delle organizzazioni della società civile nello sviluppo rurale
9.1 Il parere del CESE sul tema La società civile nelle zone rurali (8) mette in evidenza diverse problematiche e sfide connesse allo sviluppo delle organizzazione della società civile nelle zone rurali, ponendo l'accento sui nuovi Stati membri. Tra queste sfide figurano gli ostacoli all'accesso alla conoscenza e all'informazione, l'assenza di competenze imprenditoriali, i problemi demografici e una qualità delle infrastrutture sociali inferiore rispetto a quella delle città.
9.2 Numerosi pareri del CESE affrontano la questione dello status e del ruolo della società civile nei Balcani occidentali nel contesto delle sfide cui essa deve fare fronte (9). Sebbene singoli paesi presentino problematiche specifiche in materia di normativa, di finanziamento pubblico e di status fiscale delle organizzazioni della società civile, di dialogo civile e sociale, la regione nel suo insieme, e in particolare le zone rurali, presentano alcuni problemi comuni:
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in generale la società civile non ha una solida tradizione; |
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il finanziamento pubblico delle organizzazioni della società civile nella maggior parte dei casi è insufficiente e manca di trasparenza; |
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la nuova assistenza tecnica finanziata dall'UE a favore delle organizzazioni della società civile nei Balcani occidentali (10) è stata messa a punto, ma non produce ancora i risultati auspicati; |
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in generale, è necessario potenziare le capacità e sviluppare le conoscenze e competenze specifiche in vari settori; |
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a livello regionale e locale, generalmente, gli enti locali non comprendono i vantaggi del lavoro in partenariato con la società civile; |
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il divario campagna-città: la maggior parte delle organizzazioni della società civile si concentrano nella capitale o in due o tre altre città, lasciando così le campagne all'oscuro del ruolo della società civile e delle sue attività; |
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la maggior parte delle organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni degli agricoltori, risente divisioni e, invece di beneficiare di un clima di cooperazione, soffre di una concorrenza controproducente. Questa situazione impedisce loro di creare gruppi di pressione efficaci. |
9.3 Tra le forme tradizionali di organizzazioni della società civile nelle zone rurali dei Balcani occidentali figurano i gruppi religiosi, le associazioni di minoranze nazionali, le associazioni di pompieri, di cacciatori, di pescatori, le organizzazioni culturali o artistiche, i circoli sportivi, le associazioni femminili e altre associazioni. La loro distribuzione geografica non è uniforme, ma i gruppi minoritari religiosi ed etnici sono i meglio organizzati e proteggono bene i propri interessi.
9.4 Non sempre i soggetti decisionali riconoscono adeguatamente la possibilità di coinvolgere più attivamente queste organizzazioni nei programmi finalizzati a preservare il patrimonio culturale immateriale e l'ambiente. Il loro influsso sulle iniziative di sviluppo è minore e non si estende oltre lo stretto campo della comunità locale (villaggio); una rete a livello più alto non esiste.
9.5 Nel quadro di progetti finanziati da donatori sono state create nuove forme di organizzazioni della società civile, principalmente orientate al trasferimento di informazioni e conoscenza nell'ambito della politica di adesione, dell'agricoltura, dell'ambiente, della protezione dei diritti dell'uomo e di altri settori analoghi. Con la riduzione dei fondi dei donatori molte di queste organizzazioni sono scomparse.
9.6 Il ruolo delle organizzazioni degli agricoltori: durante la transizione, il vecchio sistema delle cooperative dell'epoca comunista è praticamente crollato. In seguito, numerosi progetti di donatori, essenzialmente destinati a modernizzare la produzione agricola, hanno favorito se non addirittura condizionato i processi associativi degli agricoltori. Oggigiorno, l'impatto reale delle varie associazioni degli agricoltori e produttori sulle politiche agricole e di sviluppo rurale è relativamente basso. Quasi tutte queste associazioni svolgono tuttavia un ruolo di rilievo per quanto riguarda il trasferimento della conoscenza, i vari servizi di consulenza e la promozione dei prodotti agricoli.
9.7 L'approccio Leader in materia di sviluppo rurale mostra come il collegamento in rete e la promozione del dialogo sociale a livello locale possono contribuire a migliorare la partecipazione della società civile alla preparazione e all'attuazione delle strategie di sviluppo locale. Il suo approccio di partenariato dal basso verso l'alto, con il coinvolgimento di diversi attori locali, ha ottenuto risultati incoraggianti in molti paesi dell'UE ed è considerato uno strumento utile per stimolare l'occupazione nelle zone rurali.
10. Sfide e problemi da affrontare per garantire un'economia rurale più diversificata
10.1 Un'agricoltura diversificata e basata sulla conoscenza
10.1.1 L'intensificazione e il progresso tecnologico nell'agricoltura offrono nuove opportunità di lavoro in numerose attività indotte quali i trasporti, gli imballaggi, i locali di immagazzinamento, la vendita e la manutenzione di attrezzature meccaniche, il controllo della qualità, ecc.
10.1.2 La diversificazione nel settore agricolo in base al valore aggiunto dei prodotti (agricoltura biologica, alimenti di qualità e produzione di carne, prodotti con indicazioni geografiche protette, prodotti alimentari tradizionali fatti in casa, ecc.) può anch'essa apportare nuove opportunità in vista di uno sviluppo futuro e ridurre la disoccupazione nascosta.
10.2 Investire nelle infrastrutture rurali
Infrastrutture di qualità, come strade, reti idriche ed elettriche, servizi d'informazione e di telecomunicazione, possono stimolare lo sviluppo di attività economiche sia agricole che non agricole. Contemporaneamente, tali infrastrutture di qualità migliorano le condizioni di vita dei nuclei famigliari rurali, aumentando il loro accesso ai servizi sociali tra cui la sanità e l'istruzione.
10.3 Costruire il capitale umano
Una manodopera rurale meglio istruita e con una maggiore capacità di adeguamento avrà più possibilità di trovare lavoro al di fuori del settore agricolo. È molto importante garantire che i programmi di formazione professionale corrispondano ai bisogni dei programmi di diversificazione rurale. I programmi di formazione permanente, di qualificazione preliminare e di potenziamento delle conoscenze e delle competenze manageriali rivestono un'importanza particolare.
10.4 Creare un clima favorevole alle imprese
10.4.1 La promozione dello spirito imprenditoriale e la costituzione più rapida di piccole e medie imprese nelle zone rurali permetterebbero inoltre di diversificare le attività economiche e di prevenire l'emigrazione giovanile. Tra gli elementi d'ostacolo ai nuovi investimenti e alle nuove imprese figurano: regimi fiscali poco attraenti, procedure inadeguate di registrazione delle imprese, infrastrutture mediocri e assenza di giovani qualificati.
10.4.2 L'accesso a finanziamenti su misura per le necessità della popolazione rurale continua a costituire un problema specifico. Occorre incoraggiare le banche e le altre istituzioni finanziarie ad agevolare i prestiti all'agricoltura. Ciò è importante anche alla luce delle norme di cofinanziamento per i fondi IPARD.
10.5 Creare servizi di divulgazione e di consulenza più efficaci
La divulgazione e i servizi di consulenza dovrebbero puntare a un trasferimento delle conoscenze e delle informazioni più innovativo, basato sulla domanda, piuttosto che fornire consulenza tecnica agli agricoltori. I servizi moderni di divulgazione dovrebbero rispondere alle esigenze di una popolazione rurale più ampia (consumatori, imprenditori, agricoltori, persone meno abbienti ecc.) e contribuire inoltre all'adozione di nuovi principi politici e di norme da parte della popolazione rurale.
10.6 Rilanciare le cooperative migliorando il quadro istituzionale, rafforzando le loro risorse umane e i loro programmi di supporto
Le cooperative sono delle organizzazioni tradizionali della società rurale che hanno il potenziale per svolgere un ruolo di rilievo nello sviluppo del capitale sociale nelle zone rurali. Possono creare nuove opportunità lavorative, generare redditi supplementari e permettere ai cittadini di partecipare attivamente allo sviluppo delle proprie comunità.
Lo sviluppo di imprese sociali può inoltre creare nuove opportunità di lavoro, in particolare per le donne, i giovani e i gruppi più vulnerabili.
10.7 Incoraggiare gli approcci dal basso verso l'alto (tra cui il programma Leader)
È necessario creare un migliore collegamento e coordinamento tra i diversi attori rurali, in senso sia verticale (organi governativi ai diversi livelli, nazionale, regionale e locale), che orizzontale (imprenditori, associazioni professionali, agricoltori, ecc.). L'attuazione delle politiche di sviluppo locale dovrebbe prevedere un migliore coordinamento delle istituzioni competenti e un processo decisionale dal basso verso l'alto.
10.8 Turismo e agriturismo
10.8.1 Il turismo rurale può essere una sfida significativa in termini di sviluppo per le zone rurali. La regione dei Balcani occidentali offre un patrimonio naturale, culturale e storico ben conservato, nonché prodotti alimentari di qualità e una relativa vicinanza ai mercati turistici dell'UE. L'ecoturismo e le nuove tendenze di sviluppo sostenibile che promuovono un ambiente e uno stile di vita sani (compresi i «prodotti ecologici» e gli alimenti biologici quali le carni bovine, le piante medicinali, i frutti di bosco, i funghi, ecc.) si inseriscono perfettamente nel patrimonio culturale e naturale della regione.
10.8.2 Tuttavia, gli agroturisti moderni e attivi sono alla ricerca di servizi di alta qualità, di comodi alloggi e di una vasta gamma di attività ricreative e culturali. Vi sono ancora molti ostacoli allo sviluppo del turismo rurale: la mediocrità delle infrastrutture, la mancanza di marchi per i prodotti regionali (souvenir), la recettività limitata, la modesta qualità degli alloggi, l'insufficienza delle indicazioni turistiche, la gestione inadeguata delle destinazioni turistiche, ecc.
10.9 Anche i progetti transfrontalieri potrebbero servire a sfruttare meglio, in futuro, il potenziale di sviluppo locale (infrastrutture stradali comuni, reti energetiche, strutture turistiche, marchi locali, ecc.).
10.10 Le energie rinnovabili – una potenziale fonte di occupazione e di reddito
La maggior parte dei nuovi impianti di produzione di energie rinnovabili si situeranno in zone rurali, ad esempio le colture energetiche, gli impianti di produzione di biogas, la produzione di biocarburanti, di pellet e di mattonelle combustibili, gli impianti eolici, ecc. Non occorrerà soltanto costruire tali stabilimenti ma anche assicurarne la manutenzione e revisione per tutta la durata del loro funzionamento, il che garantirà occupazione e redditi supplementari.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Kosovo (ai sensi della risoluzione 1244/99 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite), Montenegro e Serbia.
(2) Asse 1 - migliorare la competitività dell'agricoltura, Asse 2 - sostenere la gestione dell'ambiente e del territorio, Asse 3 - incoraggiare la diversificazione delle attività economiche e migliorare la qualità di vita nelle zone rurali, e Asse 4 - approccio dell'iniziativa Leader.
(3) Un programma dell'UE dall'acronimo in francese per Liaison Entre Actions de Développement de l'Economie Rurale - ossia Collegamento fra azioni di sviluppo dell'economia rurale.
(4) Parere CESE GU C 132 del 3.5.2011, pag. 63, Futuro della PAC, punto 3.3.4.
(5) La superficie totale dei paesi dei Balcani occidentali è di 264 462 km2 (pari al 6 % della superficie dell'UE). La popolazione è di 26,3 milioni di abitanti di cui il 50 % vive in zone rurali. La densità media di popolazione è di 89,2 abitanti per km2 ed è nettamente inferiore a quella dell'UE (ossia 114,4).
(6) Relazioni della Commissione europea sui progressi compiuti, novembre 2010: http://ec.europa.eu/enlargement/press_corner/key-documents/reports_nov_2010_it.htm.
(7) IPARD, Strumento di preadesione - Sviluppo rurale, comprende 9 misure a titolo di 3 assi prioritari: 1 - miglioramento dell'efficienza del mercato e attuazione delle norme dell'UE, 2 - azioni preparatorie per l'attuazione di misure agroambientali e del programma Leader, 3 - sviluppo dell'economia rurale mediante i fondi stanziati per il periodo 2007-2013 pari a circa 1 miliardo di euro; i fondi totali IPA superano i 10 miliardi di euro per lo stesso periodo.
(8) Parere del GU C 175 del 28.7.2009, pag. 37, La società civile nelle zone rurali.
(9) Pareri GU C 18 del 19.1.2011, pag. 11, GU C 317 del 23.12.2009, pag. 15, GU C 224 del 30.8.2008, pag. 130, GU C 204 del 9.8.2008, pag. 120, GU C 27 del 3.2.2009, pag. 140, GU C 44 del 16.2.2008, pag. 121.
(10) Strumento per la società civile.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/32 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Promuovere la rappresentatività delle società civili nella regione euromediterranea» (parere d'iniziativa)
2011/C 376/06
Relatore: DIMITRIADIS
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 giugno 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:
Promuovere la rappresentatività delle società civili nella regione euro mediterranea.
La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 163 voti favorevoli, 6 voti contrari e 17 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Alla fine del 2010 i paesi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente sono entrati in una fase di trasformazioni politiche senza precedenti e di portata storica, sulla scia di violenti movimenti popolari caratterizzati da un'intensa partecipazione di tutti gli strati sociali e di numerose organizzazioni della società civile.
1.2 A questo proposito il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condanna nel modo più assoluto l'uso della forza contro le proteste popolari, rilevato in taluni paesi del Mediterraneo meridionale e orientale (in particolare Libia e Siria), e chiede agli organismi europei e internazionali di adottare tutti i provvedimenti necessari per porre fine alle violazioni dei diritti dell'uomo, tra cui i diritti sindacali.
1.3 Le politiche europee dei periodi precedenti alla rivolta araba si caratterizzavano per la mancanza di immaginazione, di conoscenza delle peculiarità delle società locali e per l'ignoranza dei loro costumi, usanze, tradizioni e abitudini. Inoltre, gli organi dell'UE non si sono avvalsi dell'aiuto dei servizi del CESE e del CdR, che avrebbero potuto offrire all'UE degli importanti canali per esercitare un'influenza sulle organizzazioni locali della società civile o sugli enti territoriali.
1.4 Per consentire l'emergere, nella regione mediterranea, della nuova società potenziale riflessa in nuce nella vivacità della società civile, è necessaria una risposta differenziata, flessibile e intelligente da parte dell'UE. Il CESE accoglie quindi con favore la revisione e l'aggiornamento della politica europea di vicinato (PEV), e in particolare il risalto dato ai principi di condizionalità e differenziazione nonché alle misure intese a sostenere la società civile (1).
1.5 L'Unione europea, primo donatore nella regione, deve insistere non solo sull'inclusione di clausole di tutela delle libertà democratiche e dei diritti individuali negli accordi bilaterali, ma anche - e ciò è di fondamentale importanza - sull'attuazione di tali clausole. Su questo ultimo punto, in passato, la politica UE si è rivelata inadeguata. Inoltre, il CESE chiede che nella valutazione della governance di un paese si tenga conto di criteri comparativi relativi al trattamento della società civile (quadro legislativo, potenziamento delle capacità, dialogo ecc.), ai diritti umani, nonché ai diritti economici, sociali e culturali.
1.6 Il CESE esorta la Commissione europea a sostenere le istituzioni giudiziarie locali e a sviluppare programmi di istruzione e formazione per giudici e avvocati. Un'amministrazione trasparente della giustizia è un presupposto della democrazia.
1.7 Il CESE ritiene essenziali lo sviluppo subregionale e l'intensificazione della cooperazione Sud-Sud con il sostegno dell'UE. Sollecita pertanto la Commissione a dare avvio ai necessari processi e a presentare quanto prima proposte concrete in materia, basandosi sull'esperienza maturata nei paesi europei e in altre regioni del mondo.
1.8 Il CESE è anche favorevole a ridefinire il ruolo e i compiti dell'UpM. Per essere utile, questo organismo regionale dovrà essere dotato, come inizialmente previsto, di programmi concreti e trasparenti rivolti a beneficiari/destinatari ben precisi, anche con la partecipazione delle società civili locali, e dovrà coordinare le diverse politiche e finanziamenti europei regionali in collaborazione con il settore pubblico, quello privato e le istituzioni finanziarie a livello locale. Dovrà inoltre fornire un meccanismo permanente per la partecipazione della società civile alle sue iniziative. Il CESE invita a stabilire immediatamente quali saranno il ruolo, i compiti, l'organizzazione e il sistema di finanziamento di questo organismo.
1.9 Nei processi che hanno condotto agli attuali sconvolgimenti storici, un ruolo di primissimo piano è stato svolto dalle donne e dai giovani, che hanno contribuito efficacemente a stimolare e a mobilitare le società locali con l'aiuto dei più moderni media sociali. È importante mantenere vivo lo slancio di queste due componenti della società, e garantire loro non solo il pieno godimento dei diritti politici, civili, economici e sociali, ma anche una partecipazione attiva alla vita sociale in tutti i suoi aspetti.
1.10 Il CESE raccomanda di rendere più efficaci i progetti finanziati dall'UE e di migliorare l'assistenza prestata, in modo da compiere maggiori progressi in futuro. La complessità delle procedure di finanziamento dell'UE esclude dal circuito molti degli attori non statali dotati di maggiori potenzialità, ma anche più bisognosi di sostegno e attualmente privi delle competenze necessarie per richiedere i fondi. Uno degli obiettivi dell'iniziativa dovrebbe essere quello di aiutare tali organizzazioni a ottenere i fondi, ad esempio tramite formazioni impartite dalle delegazioni dell'UE.
1.11 Il CESE concorda, in linea di principio, con le politiche della Commissione in materia di immigrazione, asilo e libera circolazione delle persone. Ritiene tuttavia che si debbano adottare provvedimenti severi per reprimere l'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani: in tale ambito dovrebbero rientrare anche delle misure intese a promuovere lo sviluppo regionale e la coesione sociale nei paesi partner.
1.12 Il CESE chiede agli Stati membri di dare prova di solidarietà nei confronti degli Stati mediterranei dell'UE che subiscono le maggiori pressioni migratorie.
1.13 Il CESE è dell'avviso che l'ondata di immigrazione che interessa gli Stati membri dell'UE si potrà ridurre soltanto sostenendo concretamente le società dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente con specifici programmi di assistenza economica e sociale volti rafforzare la competitività delle loro economie e a favorire, in modo particolare, l'agricoltura e le piccole e medie imprese (PMI) locali, lo sviluppo regionale, la coesione sociale e l'apertura delle regioni periferiche.
1.14 Il CESE ritiene inoltre che, nelle economie dei paesi partner meridionali, il settore agricolo - e lo sviluppo rurale in generale - svolgano un ruolo essenziale nell'offrire soluzioni per lo sviluppo locale e nel creare occupazione per la giovane forza lavoro di questi paesi. Tale settore è anche essenziale per risolvere la crisi alimentare in atto, e dovrebbe quindi figurare tra le priorità. Nel frattempo, il settore delle energie rinnovabili offre grandi potenzialità ed è in grado di produrre notevoli benefici in termini di occupazione, sviluppo sociale e mitigazione dei cambiamenti climatici su entrambe le sponde del Mediterraneo.
1.15 Il CESE ritiene che il dialogo sociale tra i datori di lavoro e i lavoratori nella regione mediterranea vada rafforzato e che i gruppi Datori di lavoro e Lavoratori, all'interno del CESE stesso, possano contribuire al raggiungimento di questo obiettivo. Inoltre, il CESE chiede che venga promosso il dialogo sociale strutturato tramite un forum sociale. Il CESE continuerà a cooperare strettamente con l'OIL per promuovere il dialogo sociale nella regione.
1.16 Il CESE si rallegra che la Commissione preveda di destinare risorse supplementari, pari a oltre 1 miliardo di euro fino al 2013, per affrontare le esigenze urgenti della regione. Al tempo stesso chiede alla Commissione di collegare tali risorse a un quadro politico e sociale ben definito, che promuova i principi democratici, le libertà politiche e sindacali, lo sviluppo dell'istruzione e dell'apprendimento permanente, la protezione dell'ambiente nonché l'ampliamento e l'approfondimento della cooperazione politica con gli Stati mediterranei dell'UE.
1.17 Sottolinea che in questo processo le parti sociali, le organizzazioni della società civile e i consigli economici e sociali degli Stati membri possono svolgere un ruolo fondamentale in termini di condivisione delle loro esperienze e conoscenze, diffusione delle informazioni, analisi comparativa e trasferimento di know-how e risorse amministrative. Il CESE è pronto a intraprendere, in collaborazione con la Commissione e l'Alto rappresentante/vicepresidente, progetti specifici di sostegno e rafforzamento della società civile.
1.18 In quanto organo rappresentativo della società civile a livello UE, il CESE può partecipare attivamente al nuovo quadro europeo per la cooperazione con le società del Mediterraneo, in particolare:
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documentando la situazione della società civile nella regione tramite un dialogo costante, aperto e democratico con una vasta gamma di attori, |
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aiutando questi paesi a definire criteri e processi specifici per riconoscere un'organizzazione in quanto entità autenticamente rappresentativa di un settore della società, |
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sostenendo l'impegno delle organizzazioni indipendenti e rappresentative della società civile per rafforzare la capacità amministrativa tramite la sua esperienza in un'ampia gamma di settori, tra cui il dialogo sociale e i diritti economici e sociali, |
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mettendo al servizio dei consigli economici e sociali locali la sua esperienza e le sue conoscenze in materia di democrazia partecipativa, |
— |
partecipando ai programmi della Commissione per il rafforzamento delle organizzazioni socioeconomiche. |
1.19 Il CESE reputa essenziale collaborare con le altre istituzioni dell'UE per sostenere le organizzazioni della società civile che stanno emergendo nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Il CESE adeguerà la sua rete di consigli economici e sociali (CES) e istituzioni analoghe euromediterranei, e continuerà a promuovere, attraverso di essa, la cooperazione regionale, applicando in questo modo i principi di condizionalità e differenziazione definiti nella PEV riveduta.
2. Gli insegnamenti del passato
2.1 Un'analisi critica delle passate attività dell'Unione europea
2.1.1 La totale assenza, con alcune eccezioni, di un contesto democratico ha obbligato l'UE ad adattare pragmaticamente - non sempre in modo difendibile - le proprie politiche e ad accettare come interlocutori figure che non si possono assolutamente definire rappresentanti democratici dei loro popoli.
2.1.2 Il CESE, vincolato dalle politiche e dalle posizioni ufficiali adottate dagli altri organi dell'UE nei confronti dei governi in carica in Africa settentrionale e in Medio Oriente, nonché dalle politiche e dagli orientamenti economici del processo di Barcellona, e dotato di un bilancio estremamente limitato, ha assunto una posizione pragmatica rispetto a questi paesi, cooperando con consigli economici e sociali e organizzazioni ufficiali non sempre dotate di sufficiente legittimità democratica e adeguatamente rappresentative della società civile.
2.1.3 Per l'intera durata del processo di Barcellona, l'UE ha comunicato e cooperato assai poco con organizzazioni della società civile che non avessero l'approvazione dei governi, e in questo modo ha perso l'occasione di influenzare gli sviluppi politici e sociali. Ciononostante, l'UE rimane l'unico grande blocco politico al quale le società locali abbiano guardato nella speranza di pervenire a una pace duratura e di instaurare e consolidare le libertà democratiche e il sostegno alle economie locali.
2.1.4 Quanto ai responsabili politici degli Stati membri dell'UE, prima della rivolta araba le loro posizioni nei confronti dei paesi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente, seppur pragmatiche, erano frammentate e divergenti. Per questo motivo essi non sono stati in grado di comprendere le importanti dinamiche in atto a livello politico, economico e sociale, e sono stati colti di sorpresa dall'intensità e dalla portata degli eventi che hanno dato luogo a questi cambiamenti imprevisti.
2.1.5 Alla luce di queste esperienze, è necessario che l'UE dialoghi con le società locali, tragga insegnamento dal passato, impari a conoscere gli usi, i costumi, le tradizioni locali e la cultura delle singole società (ciascun paese è molto diverso dagli altri) e cooperi con esse al fine di sostenere i governi che emergeranno grazie a procedure autenticamente libere e democratiche.
3. Situazione attuale e prospettive
3.1 Il CESE ritiene che si debbano affrontare con urgenza una serie di problemi che affliggono i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Si tratta di annosi motivi di scontento che si sono andati esasperando nel corso del tempo: lo sfruttamento delle infrastrutture manifatturiere (mezzi di produzione) da parte di taluni gruppi che avevano contatti e interessi in comune con i precedenti regimi, privi di legittimità democratica, la distribuzione ineguale della ricchezza e del benessere, l'esplosione dei prezzi dei generi alimentari di base, che hanno finito per diventare inaccessibili ai comuni cittadini, la protezione dei diritti individuali e dei diritti sociali e sindacali, nonché la domanda di protezione economica e sociale e di istruzione.
3.2 La situazione politica attuale nella maggior parte dei paesi mediterranei del Nord Africa e del Medio Oriente è caratterizzata dai seguenti elementi:
i. |
la speranza di veder nascere regimi democratici, |
ii. |
il bisogno di assistenza per rilanciare le economie, |
iii. |
le prime indicazioni dell'attività di un certo numero di organizzazioni della società civile e organismi socioeconomici liberi - già esistenti o di nuova creazione, |
iv. |
la necessità di un sostegno internazionale coordinato e ben organizzato, sia da parte dell'UE (che con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona dispone dei meccanismi necessari per condurre una politica estera comune) con l'Alto rappresentante/vicepresidente della Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna, sia di altre organizzazioni internazionali (ONU, OIL, FMI, BEI, ecc.). Sarebbe molto utile sviluppare dei contatti con gli istituti di ricerca specializzati nella regione euromediterranea, ad esempio l'Istituto di prospettiva economica del mondo mediterraneo (Ipemed) e il Forum euromediterraneo degli istituti di scienze economiche (Femise). |
Il CESE è convinto che l'UE debba parlare con una sola voce.
3.3 Un denominatore comune di tutta la regione del Mediterraneo meridionale è la necessità di instaurare e consolidare la democrazia, di rafforzare il progresso economico e sociale e di formare e dare occupazione alle nuove generazioni.
3.4 Buona parte dei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente è posta di fronte alla sfida di una popolazione prevalentemente composta di giovani, il che comporta la necessità urgente di trovare una soluzione per questa componente altamente produttiva delle loro società, incrementando l'occupazione attraverso adeguati programmi di istruzione e formazione e rafforzando nel contempo i diritti civili e la parità tra i sessi.
3.5 L'instaurarsi dei valori e dei processi democratici sarà possibile soltanto adottando i principi di una democrazia rappresentativa basata su elezioni libere e partiti politici indipendenti nonché appoggiando e rafforzando le organizzazioni socioeconomiche e della società civile, che devono poter operare in condizioni di sicurezza, libertà e indipendenza.
3.6 Il CESE chiede agli Stati membri di dare prova di solidarietà nei confronti degli Stati mediterranei dell'UE che subiscono le maggiori pressioni migratorie:
a) |
attraverso la cooperazione nel quadro di Frontex; |
b) |
adottando misure economiche specifiche e sostenendole; |
c) |
aiutando i paesi partner della regione ad alleviare le sofferenze umane nei paesi e nelle regioni interessate. |
3.7 Il CESE accoglie con favore la nomina, da parte del Consiglio dei ministri dell'UE, del diplomatico spagnolo Bernardino León Gross come rappresentante speciale dell'UE per il Mediterraneo meridionale, in risposta agli avvenimenti della rivolta araba. La sua nomina è un chiaro segnale della volontà dell'UE di mantenere l'iniziativa nella regione. Il CESE invita il rappresentante speciale a collaborare strettamente con la società civile, che sta svolgendo un ruolo di primo piano nella regione, e a utilizzare a tal fine tutti i canali a disposizione dell'UE.
4. Nuove politiche europee di vicinato
4.1 Il CESE accoglie con favore le due comunicazioni congiunte elaborate dalla Commissione e dal Servizio europeo per l'azione esterna (2), nelle quali si valutano i progressi finora realizzati nelle relazioni euromediterranee e si fa un primo esame delle opportunità e delle prospettive venutesi a creare con la rivolta araba. Il Comitato desidera formulare le seguenti osservazioni:
4.1.1 |
l'UE non deve assolutamente rimanere uno spettatore passivo degli avvenimenti. |
4.1.2 |
Il CESE ha esaminato attentamente le comunicazioni congiunte della Commissione europea e dell'Alto rappresentante. Esso sottoscrive tutte le misure di sviluppo proposte nel testo, osservando al tempo stesso che l'UE ha sprecato molto tempo, dopo l'avvio del processo di Barcellona nel 1995, prima di valutare e riprogrammare le sue azioni. |
4.1.3 |
L'UE deve attuare senza indugio un nuovo «partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa» nel Mediterraneo. |
4.1.4 |
Nel quadro di tale partenariato occorre adottare un approccio diverso per ciascun paese, che rispecchi gli sviluppi politici e sociali. I paesi più avanzati devono avere accesso a finanziamenti più ingenti ed essere in grado di intensificare la cooperazione politica ed economica con l'UE. Le relazioni con tutti i paesi devono fondarsi su una serie di principi espliciti (democrazia, protezione dei diritti individuali, ecc.) e su incentivi specifici connessi a determinati obiettivi politici (lotta alla corruzione, indipendenza del potere giudiziario e dei mezzi di informazione, ecc.). Vanno inoltre introdotte salvaguardie specifiche che consentano di ridurre o di sospendere i finanziamenti qualora gli impegni o le scadenze non siano rispettati. |
4.1.5 |
Lo svolgimento di elezioni libere e regolari è una condizione preliminare irrinunciabile per l'istituzione del partenariato. |
4.1.6 |
Il sostegno dei cittadini e della società civile rappresenta un requisito fondamentale per la stabilità dei nuovi governi democratici, la salvaguardia dei diritti economici e sociali, la protezione dell'ambiente e lo sviluppo sociale ed economico. Grazie all'esperienza maturata nelle attività realizzate in tutto il mondo e alle competenze dei suoi membri, il CESE è pronto a contribuire a questi sforzi attraverso misure specifiche di assistenza da adottare in collaborazione con la Commissione, il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni. |
4.1.7 |
La rivolta araba è stata possibile grazie al contributo decisivo apportato dai giovani e dalle donne alle manifestazioni di protesta, e pertanto occorre dare particolare risalto alla garanzia dei loro diritti e al rafforzamento del loro ruolo nei nuovi Stati democratici. A questo fine il CESE invita tutti i paesi della regione euromediterranea a ratificare la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna. |
4.1.8 |
Un elemento essenziale per il radicamento della democrazia e la salvaguardia dei diritti sindacali sarà l'esistenza di un dialogo sociale aperto tra datori di lavoro e lavoratori, che costituisce una condizione per mantenere la stabilità economica e sociale. |
4.1.9 |
La lotta alla corruzione, il buon governo e la creazione di una pubblica amministrazione efficiente sono condizioni necessarie e sufficienti per assicurare la prosperità economica e attrarre gli investimenti diretti esteri (IDE), che sono fondamentali per la stabilità dei nuovi governi democratici e la creazione di nuovi posti di lavoro. |
4.1.10 |
La creazione di partenariati per la mobilità e le infrastrutture nei paesi del Mediterraneo in materia di frontiere, migrazioni e asilo rafforzerà la sicurezza nella regione. |
4.1.11 |
La nascita di nuove PMI nei paesi del Mediterraneo è un'importante condizione per la crescita economica e la creazione di occupazione nell'ambito di un quadro normativo sano e di un ambiente finanziario costruttivo. A questo fine, un contributo importante dovrà venire dal Fondo euromediterraneo di investimenti e partenariato (FEMIP) e dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI). |
4.1.12 |
Uno dei problemi sociali più pressanti nei paesi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente è l'analfabetismo, e occorre agire in modo vigoroso per porvi rimedio. L'Unione europea può e deve fornire il suo sostegno. Dovrebbe inoltre promuovere la formazione imprenditoriale e lo sviluppo delle competenze. |
4.1.13 |
Il CESE appoggia l'idea di creare un Fondo europeo per la democrazia. Tale fondo servirebbe a sostenere i processi democratici in atto nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo attraverso misure mirate quali l'appoggio alla creazione di partiti politici e all'emergere di mezzi di comunicazione liberi, e in particolare al rafforzamento della società civile (associazioni di imprese e di lavoratori, ONG, agricoltori, organizzazioni delle donne e altri soggetti sociali). Sulla base della propria esperienza, il CESE ritiene indispensabile un processo specifico per sostenere la società civile, come ad esempio lo strumento per la società civile proposto nel quadro dello strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI), e invita ad aumentare i finanziamenti ad esso destinati. Il CESE è assolutamente disposto a partecipare a tale strumento al fianco degli altri organi dell'UE e a mettere a disposizione le proprie conoscenze e competenze. Inoltre, invita la Commissione a riconoscere lo speciale ruolo che possono svolgere le organizzazioni socioprofessionali nello strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) e particolarmente nel previsto fondo per la società civile. |
4.1.14 |
Il CESE concorda con le istituzioni dell'UE sul fatto che da molto tempo la regione del Mediterraneo vive in uno stato di costante tensione a causa del conflitto israelo-palestinese, che blocca qualsiasi tentativo di dialogo o di azione comune, e invita l'Alto rappresentante/vicepresidente a continuare ad adoperarsi per trovare una soluzione accettabile a entrambe le parti. L'UE deve esprimersi con una sola voce su questo tema estremamente sensibile. |
4.1.15 |
Il CESE appoggia la proposta della Commissione di introdurre facilitazioni per l'ottenimento dei visti per determinati partner della regione e, a tempo debito, la liberalizzazione dei visti per i paesi che collaborano più strettamente con l'UE in materie quali la mobilità, l'asilo, le procedure di rimpatrio e la lotta all'immigrazione illegale e alla tratta di esseri umani. |
4.1.16 |
Il CESE ritiene che il rispetto delle libertà sia civili che religiose sia un diritto umano fondamentale, che deve essere pienamente tutelato in una regione caratterizzata dalla diversità religiosa e politica. Invita i paesi che non hanno ancora ratificato le convenzioni universali e regionali esistenti e gli accordi sulle libertà politiche, civili e culturali e sui diritti economici e sociali, che sono basati sulla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, a farlo senza indugio. |
4.1.17 |
I media della regione euromediterranea svolgono una funzione essenziale nel trasmettere e diffondere l'esito delle trasformazioni in atto. Il sostegno UE deve essere focalizzato sulle iniziative intese a migliorare la professionalità e l'indipendenza dei media esistenti e a favorire condizioni propizie al pluralismo e alla libertà dei media. |
5. Intensificare la cooperazione dell'UE con la società civile della regione mediterranea
5.1 A seguito della rivolta araba tutte le istituzioni europee, colte di sorpresa dagli eventi, e quindi incapaci di trovare rapidamente strategie di risposta diverse dalla mera assistenza umanitaria, hanno convenuto che in futuro l'UE dovrà concentrarsi in particolare sulle organizzazioni della società civile e su altre associazioni sociali e professionali indipendenti.
5.2 Le due comunicazioni della Commissione e dell'Alto rappresentante/vicepresidente già contengono capitoli specifici dedicati alle misure necessarie a sostenere la società civile attraverso la politica europea di vicinato (PEV) e l'Unione per il Mediterraneo (UpM).
6. Il ruolo della Commissione
6.1 È necessario prestare assistenza ai paesi della sponda Sud del Mediterraneo affinché possano creare e consolidare meccanismi per promuovere l'organizzazione e un funzionamento adeguato della società civile e delle organizzazioni socioeconomiche (legislazione, adozione di regole di funzionamento, rafforzamento delle istituzioni, instaurazione di un dialogo democratico aperto e inclusivo, ecc.).
6.2 È fondamentale collaborare con gli Stati membri, nonché ridefinire il ruolo e il compito dell'UpM (3) e organizzare la partecipazione attiva ai suoi programmi da parte delle organizzazioni riconosciute della società civile.
7. Lo specifico ruolo del CESE
7.1 In quanto organo rappresentativo della società civile europea, il CESE può partecipare attivamente al nuovo quadro europeo per la cooperazione con le società del Mediterraneo nei modi seguenti:
— |
documentando la situazione della società civile nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo tramite un dialogo costante, aperto e democratico con una vasta gamma di attori, |
— |
aiutando questi paesi a definire criteri e processi specifici per riconoscere un'organizzazione in quanto entità autenticamente rappresentativa di un settore della società che opera in modo democratico e indipendente cooperando al tempo stesso con altri organismi, |
— |
sostenendo gli sforzi delle organizzazioni della società civile indipendenti e rappresentative per rafforzare la capacità amministrativa tramite la sua consulenza in settori quali il dialogo sociale, i diritti economici e sociali, la formazione professionale, la buona governance, l'uguaglianza sul mercato del lavoro, lo sviluppo sostenibile, la coesione sociale, la protezione dei consumatori, le cooperative, le PMI, la capacità di difesa dei diritti della popolazione, le migrazioni, lo sviluppo rurale, i diritti delle donne, |
— |
mettendo al servizio dei consigli economici e sociali locali la sua esperienza e le sue conoscenze in materia di democrazia partecipativa, |
— |
partecipando ai programmi della Commissione per il rafforzamento delle organizzazioni socioeconomiche. |
7.2 Il CESE ritiene che il dialogo sociale tra i datori di lavoro e i lavoratori nella regione del Mediterraneo vada rafforzato e che i gruppi Datori di lavoro e Lavoratori, all'interno del CESE stesso, potrebbero contribuire al raggiungimento di questo obiettivo creando una rete di comunicazione con i soggetti interessati. Inoltre, il CESE chiede che venga promosso il dialogo sociale strutturato tramite un forum sociale.
7.3 Il CESE reputa essenziale collaborare con le altre istituzioni dell'UE per sostenere le organizzazioni della società civile che stanno emergendo nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo, in particolare quelle direttamente coinvolte nelle sollevazioni all'origine delle rivoluzioni, in modo che ottengano il riconoscimento politico e il sostegno finanziario di cui hanno bisogno per continuare a svolgere il loro ruolo nei processi democratici.
7.4 Il CESE ha già avviato una serie di missioni in paesi di questa regione (Tunisia e Marocco). Sta inoltre preparando un simposio con le ONG della regione euromediterranea (settembre 2011) e il suo vertice annuale (che si svolgerà nel novembre 2011 a Istanbul), al quale è prevista un'ampia partecipazione della società civile. Ha inoltre formulato diverse raccomandazioni nei suoi pareri e risoluzioni sulla cooperazione euromediterranea (4), nonché nella sua dichiarazione finale al vertice euromediterraneo dei consigli economici e sociali e istituzioni analoghe, svoltosi a Roma nel 2010. Tale dichiarazione contiene una serie di raccomandazioni su recenti questioni che rivestono interesse per la società civile euromediterranea, tra cui la costituzione, nel quadro dell'architettura istituzionale dell'Unione per il Mediterraneo, di un'assemblea dei consigli economici e sociali e istituzioni analoghe. Le altre questioni all'ordine del giorno erano il lavoro dignitoso e lo sviluppo sostenibile nella regione mediterranea, la formazione professionale come motore della competitività e della creazione di posti di lavoro, la creazione di una società più equa nella regione euromediterranea e le politiche agricole dei paesi dell'Unione per il Mediterraneo. Il CESE lavora inoltre in stretta collaborazione con i consigli economici e sociali degli Stati membri dell'UE della regione mediterranea.
7.5 Il CESE adeguerà la sua rete di consigli economici e sociali (CES) e istituzioni analoghe euromediterranei, e continuerà anche a promuovere la cooperazione regionale attraverso tale rete, che può fungere da forum per gli scambi tra partner della società civile del Nord e del Sud.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Comunicazione congiunta al Consiglio europeo, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale (COM(2011) 200 definitivo, dell'8 marzo 2011) e Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento (COM(2011) 303 definitivo, del 25 maggio 2011).
(2) Cfr. nota 1.
(3) Si veda la risoluzione del Comitato delle regioni del 12 maggio 2011Gestire l'impatto e le conseguenze delle rivoluzioni nel bacino del Mediterraneo (GU C 192 dell'1.7.2011, pag. 1).
(4) Risoluzione del CESE sul tema La situazione nei paesi della sponda meridionale del Mediterraneo (GU C 132 del 3.5.2011, pag. 1); parere sul tema Lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) (GU C 182 del 4.8.2009, pag. 13) e parere sul tema La libertà di associazione nei paesi del partenariato euromediterraneo (GU C 211 del 19.8.2008, pag. 77).
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/38 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Cielo unico europeo II» (parere d'iniziativa)
2011/C 376/07
Relatore: KRAWCZYK
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:
Cielo unico europeo II.
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 giugno 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 152 voti favorevoli e 1 astensione.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il sistema europeo di gestione del traffico aereo (Air Traffic Management - ATM) soffre da decenni di frammentazione e carenze. Con la creazione di un Cielo unico europeo (Single European Sky - SES) si possono migliorare la sicurezza e l'efficienza dei voli, riducendo sensibilmente le emissioni di CO2 per volo e attenuando notevolmente altri impatti ambientali (le emissioni di CO2 prodotte dal trasporto aereo potrebbero diminuire del 12 % per volo), con significativi risparmi sui costi.
1.2 La creazione di un Cielo unico europeo è indispensabile anche per assicurare la competitività dell'industria aeronautica dell'UE sul mercato mondiale. È fondamentale che la Commissione europea svolga un ruolo di primo piano nell'attuazione del pacchetto SES II. Soltanto una guida forte e indiscussa da parte della Commissione permetterà di superare i diversi ostacoli e problemi politici incontrati negli anni precedenti.
1.3 La corretta attuazione del sistema di prestazioni basato su obiettivi realistici ma ambiziosi in materia di sicurezza, efficacia dei costi, capacità/ritardi ed efficienza dei voli, è il requisito più importante per la realizzazione del Cielo unico europeo. Il CESE teme tuttavia che l'attuale livello di impegno degli Stati membri dell'UE a favore del Cielo unico europeo non sia sufficiente.
1.4 I blocchi funzionali di spazio aereo (Functional Airspace Blocks - FAB) devono essere sviluppati in funzione delle esigenze operative e tenendo conto dei seguenti fattori: sicurezza, capacità dello spazio aereo, obiettivi di miglioramento dell'efficacia dei costi e miglioramenti ambientali attraverso una maggiore efficienza dei voli. La Commissione europea dovrebbe definire e monitorare attentamente i parametri prestazionali che devono essere rispettati dalle diverse iniziative FAB, avvalendosi del sistema di prestazioni del SES II.
1.5 Il CESE ritiene che Eurocontrol potrebbe essere coinvolto nel potenziamento delle funzioni della rete ATM europea, come la definizione di una rete delle rotte, la gestione dei flussi centrali e la gestione di risorse scarse, ma soltanto a tre condizioni: che ciò avvenga nel rispetto del diritto dell'UE, che si completi con successo la riforma di Eurocontrol e che si razionalizzi ulteriormente la struttura dei costi di questo organismo. Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di nominare Eurocontrol «gestore della rete» europea.
1.6 Il CESE ritiene che gli obiettivi in materia di sicurezza e prestazioni, unitamente all'interoperabilità con i sistemi ATM non UE (come l'iniziativa statunitense NextGen), dovrebbero continuare a fungere da forza trainante per il programma di ricerca sulla gestione del traffico aereo nel Cielo unico europeo (SESAR). Il CESE ritiene pertanto che, riguardo all'introduzione del SESAR, sia necessario affrontare le sfide di seguito indicate:
— |
assicurarsi che i miglioramenti delle infrastrutture vengano introdotti in modo sincronizzato a terra e sugli aeromobili; |
— |
assicurare risorse finanziarie tempestive e adeguate per l'introduzione del SESAR; |
— |
definire la corretta gestione per l'introduzione del SESAR. |
1.7 Le norme sulla sicurezza da sole non bastano a garantire la sicurezza, che infatti dipende anche da altri fattori, come le capacità umane, una cultura della sicurezza, le competenze, la formazione e la gestione delle risorse umane, in particolare la gestione di squadra (team resource management - TRM). In tale contesto, è importante:
— |
riconoscere le prestazioni umane in termini di gestione proattiva dei rischi per la sicurezza; |
— |
assicurare un adeguato livello di competenze e di formazione degli operatori professionali; |
— |
promuovere la partecipazione delle parti sociali nell'attuazione del Cielo unico europeo a tutti i livelli; e |
— |
sviluppare una solida cultura della sicurezza, che integri una trasmissione delle informazioni aperta e una «cultura giusta» e che serva da base per le prestazioni in materia di sicurezza. |
1.8 Il CESE osserva che il pacchetto SES II ha esteso le competenze del sistema dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) alla regolamentazione della sicurezza dell'ATM a livello UE, garantendo in tal modo lo sviluppo di una strategia integrata in materia di regolamentazione e controllo della sicurezza dell'ATM nell'UE, sulla base del concetto gate-to-gate.
2. Introduzione
2.1 Con la creazione di un Cielo unico europeo si possono migliorare la sicurezza e l'efficienza dei voli, riducendo sensibilmente le emissioni di CO2 per volo e attenuando notevolmente altri impatti ambientali (le emissioni di CO2 prodotte dal trasporto aereo potrebbero diminuire del 12 % per volo), con significativi risparmi sui costi.
2.2 La creazione di un Cielo unico europeo è indispensabile anche per assicurare la competitività dell'industria aeronautica dell'UE sul mercato mondiale. Inoltre, l'attuale sistema ATM non sarà in grado di far fronte alla domanda di traffico prevista da qui al 2030 (secondo le ultime previsioni a lungo termine di Eurocontrol, il traffico aumenterà fino a raggiungere 16,9 milioni di voli entro il 2030, superando di 1,8 volte il livello attuale).
2.3 Il primo pacchetto sul Cielo unico europeo (SES I) fu adottato nel 2004. In quel periodo, il problema principale nella gestione del traffico era rappresentato dalla congestione dello spazio aereo e dai conseguenti ritardi; per tale motivo, l'attenzione principale del SES I fu rivolta a questi aspetti e al tema della sicurezza.
2.4 Nel corso degli ultimi anni la situazione del sistema ATM è alquanto cambiata e, sebbene la sicurezza e la capacità restino due obiettivi centrali, il quadro risulta ora più differenziato, con una maggiore attenzione rivolta all'ambiente (efficienza dei voli) e all'efficacia dei costi. È stato inoltre modificato l'approccio normativo a seguito della richiesta degli Stati membri e delle parti interessate di adottare misure di carattere meno prescrittivo («legiferare meglio»).
2.5 Nonostante che alcuni degli obiettivi del SES siano stati realizzati, le difficoltà incontrate dagli Stati membri nella realizzazione di alcuni obiettivi della sua prima versione (SES I) e l'esigenza di aggiornare determinati obiettivi, ad esempio in materia di ambiente e prestazioni, hanno indotto a varare un secondo pacchetto Cielo unico europeo (SES II), adottato dal legislatore UE nel 2009 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 14 novembre 2009. Il nuovo pacchetto fornisce gli strumenti essenziali, il quadro giuridico e le componenti fondamentali per l'attuazione di un Cielo unico europeo a partire dal 2012.
2.6 Inoltre, come integrazione di tipo tecnico e operativo alle riforme istituzionali previste dal SES II, è stato varato il programma SESAR.
2.7 Tuttavia sussistono ancora gravi problemi. Per risolverli, sono necessari importanti miglioramenti sotto il profilo operativo accompagnati da una costante azione politica, in modo da assicurare una rapida attuazione del pacchetto SES II e quindi degli ambiziosi obiettivi di prestazione da esso indicati, con l'obiettivo finale di colmare il divario esistente, proprio dal punto di vista delle prestazioni, tra il sistema ATM dell'UE e sistemi ATM di terzi.
2.8 Il CESE nei suoi precedenti pareri ha sottolineato la necessità di un Cielo unico europeo (cfr. in particolare il parere TEN/354-355 sul miglioramento del funzionamento e della sostenibilità del sistema aeronautico europeo attraverso il Cielo unico europeo II). Il presente parere di iniziativa intende fornire uno scenario di alto livello per l'attuazione del pacchetto SES II e del programma SESAR, e prende in esame i seguenti aspetti:
— |
attuazione del sistema di prestazioni del SES II con ambiziosi obiettivi di prestazione, |
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attuazione dei FAB, basati sui suddetti ambiziosi obiettivi di prestazione, |
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potenziamento della funzione della rete ATM, sulla base della riforma di Eurocontrol, |
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riforma di Eurocontrol, a sostegno del SES e con una base di costi ridotta, |
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introduzione del SESAR, come elemento tecnico e operativo del SES, con un finanziamento pubblico a sostegno della fase di attuazione, |
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ruolo dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) come unico ente di regolamentazione della sicurezza, con norme di sicurezza fondate sui principi vigenti in materia e sulle norme esistenti. |
Il principio dei fattori umani, unitamente alla necessità di un dialogo sociale con il personale a contatto con il pubblico e di adeguate consultazioni con tutte le parti interessate, è un elemento di primo piano su cui dovrebbero basarsi tutti gli aspetti sopramenzionati.
3. Attuazione del sistema di prestazioni del SES II con ambiziosi obiettivi prestazionali
3.1 La corretta attuazione del sistema di prestazioni basato su ambiziosi obiettivi in materia di sicurezza, efficacia dei costi, capacità/ritardi ed efficienza dei voli, è un requisito importante per la realizzazione del Cielo unico europeo. Per raccoglierne rapidamente i benefici, occorrerà un impegno politico costante. In tale contesto, il CESE ribadisce l'importanza del rispetto, da parte degli Stati membri dell'UE, dell'impegno ad accelerare l'attuazione di un Cielo unico europeo, assunto in sede di Consiglio Trasporti nel maggio 2010, ma esprime anche la preoccupazione che il loro livello di impegno in tal senso sia attualmente piuttosto scarso.
3.2 Il CESE reputa indispensabile garantire coerenza tra gli obiettivi prestazionali a livello dell'UE e gli obiettivi relativi ai FAB a livello nazionale. A tal fine, occorrerà mettere a punto un sistema per la risoluzione delle incoerenze tra detti obiettivi. In pratica, ciò significa che coloro che faranno registrare le prestazioni peggiori avranno bisogno di fissare obiettivi più ambiziosi di quanti avranno al contrario conseguito i risultati migliori. Per stabilire gli obiettivi dettagliati per i singoli fornitori di servizi di gestione del traffico aereo, dovrebbero essere utilizzate le relazioni della commissione per la valutazione delle attività di Eurocontrol sull'analisi comparativa delle prestazioni. Per garantire un approccio equilibrato, in tema di sicurezza occorrerebbe definire e attuare, unitamente ad altri obiettivi prestazionali, anche obiettivi metrici. Al riguardo non è ammissibile alcun compromesso quanto ai livelli di sicurezza, che dovrebbero anzi continuare ad essere innalzati.
3.3 Il CESE sottolinea l'importanza di salvaguardare l'indipendenza delle autorità nazionali di vigilanza (National Supervisory Authorities - NSA) dai fornitori di servizi di navigazione aerea (Air Navigation Service Providers - ANSP) nonché dalle interferenze politiche: si tratta di un requisito indispensabile per garantire una piena ed effettiva attuazione. Tali autorità dovrebbero quindi disporre di risorse adeguate, e la Commissione europea dovrebbe vigilare attentamente sull'applicazione rigorosa dei suddetti principi, avvalendosi degli strumenti disponibili nel pacchetto SES II. Inoltre, le autorità nazionali di vigilanza dovrebbero coordinarsi più efficacemente utilizzando in maniera intensiva la piattaforma ufficiale delle NSA e, se del caso, dovrebbe essere previsto un loro potenziamento nell'ambito dei FAB, per assicurare economie di scala e impedire un aumento dei costi di vigilanza. In tale contesto, potrebbe essere rafforzato anche il ruolo del coordinatore dei FAB.
3.4 Il sistema di prestazioni dovrebbe riguardare sia le tariffe di rotta che quelle presso i terminal. Ciò è indispensabile per assicurare benefici significativi alle compagnie aeree e ai passeggeri, sulla base del concetto gate-to-gate. Con la messa a punto di una chiara tabella di marcia, si ridurrebbero i costi diretti e indiretti del sistema ATM dell'UE nel lungo termine, e di conseguenza anche i costi del controllo del traffico aereo (Air Traffic Control - ATC) addebitati agli utenti dello spazio aereo, che interessano tanto i passeggeri quanto i clienti del comparto merci.
3.5 Il CESE ritiene che il sistema di prestazioni del SES II dovrebbe essere collegato a un meccanismo di incentivi ben sviluppato. L'incentivo maggiore consisterà nell'abolizione del sistema di recupero del costo totale nel quadro dell'ATM, come già convenuto tramite il pacchetto SES II, e nella sua sostituzione con un sistema a costi fissi.
3.6 Le funzioni di rete - come l'unità centrale di gestione dei flussi (Central Flow Management Unit - CFMU) e il servizio centrale delle tariffe di rotta (Central Route Charges Office - CRCO) di Eurocontrol - dovrebbero anch'esse basarsi su chiari obiettivi prestazionali ma includere pure delle garanzie per assicurare che l'organo UE di valutazione delle prestazioni sia assolutamente indipendente da tali funzioni di rete.
4. Attuazione dei blocchi funzionali di spazio aereo (FAB), basati sui suddetti ambiziosi obiettivi di prestazione
4.1 La scelta di un numero minimo di FAB, basati principalmente sui requisiti del flusso di traffico e sulla capacità e l'efficacia dei costi, continua a costituire un obiettivo. Per tutti i FAB dovrebbero valere le stesse misure e procedure di sicurezza. I FAB sono uno strumento essenziale per consentire ai singoli ANSP di raggiungere gli ambiziosi obiettivi di prestazione dal 2012 in poi.
4.2 I FAB devono essere sviluppati in funzione delle esigenze operative e tenendo conto dei seguenti fattori: sicurezza, capacità dello spazio aereo, obiettivi di miglioramento dell'efficacia dei costi e miglioramenti ambientali attraverso una maggiore efficienza dei voli. Il conseguimento di questi obiettivi richiede un impegno politico e una vigilanza ai massimi livelli. La Commissione europea dovrebbe definire e monitorare attentamente i parametri prestazionali che devono essere rispettati dalle diverse iniziative FAB, avvalendosi del sistema di prestazioni del SES II.
4.3 I FAB devono assicurare la graduale integrazione tecnica del sistema ATM europeo, attualmente frammentato, seguendo una tabella di marcia che preveda obiettivi precisi. A tal fine, tra i FAB devono essere garantiti un coordinamento e una cooperazione improntati alla chiarezza.
4.4 Per modificare le prassi di lavoro, è essenziale poter contare su delle buone relazioni industriali, che possono essere garantite soltanto con un'adeguata e continua consultazione nel vero senso della parola. Per poter compiere progressi, è indispensabile avviare un dialogo sociale efficace in modo da evitare problemi in futuro. Il fattore umano è una risorsa fondamentale, e i cambiamenti nelle prassi di lavoro, se non adeguatamente gestiti, possono generare tensioni a livello aziendale.
4.5 Secondo le norme del SES, gli ANSP hanno l'obbligo di predisporre, per tutti i servizi forniti, piani di emergenza da attuare nel caso in cui si verifichino eventi suscettibili di compromettere gravemente o impedire l'erogazione di tali servizi. Gli ANSP devono orientarsi verso soluzioni più efficienti ed efficaci in termini di costi, valutando innanzitutto le soluzioni di ripiego nell'ambito delle infrastrutture nazionali esistenti - ossia altri Centri di controllo di area (Area Control Centres - ACC) o strutture militari - e anticipare le disposizioni relative allo sviluppo dei FAB per far fronte a tali emergenze.
4.6 La cooperazione tra fornitori di servizi civili e militari è essenziale, per poter assicurare l'ulteriore sviluppo del SES e l'eliminazione delle principali strozzature di capacità nel cuore dell'Europa. Gli Stati membri e la Commissione europea devono perseguire una cooperazione civile-militare nel quadro dei FAB, che sappia conciliare le esigenze civili e quelle militari in maniera pragmatica e non politica. Dato che sono coinvolti anche gli Stati Uniti e altri paesi terzi, è essenziale garantire un più stretto coordinamento con la NATO. La riassegnazione di alcune aree di addestramento militare, lontane dai principali flussi di traffico civili, come auspicato per alcuni FAB, è accolta con favore dal CESE e dovrebbe essere vivamente incoraggiata da tutte le iniziative relative ai FAB. Inoltre, l'attuazione di una rete ATM delle rotte notturne, prevista per alcuni FAB, dovrebbe essere estesa all'insieme dei FAB, come strumento di miglioramento dell'efficienza dei voli notturni, quando le zone di addestramento militari non vengono utilizzate.
4.7 Il CESE ritiene indispensabile anche estendere il principio dei FAB e del Cielo unico europeo oltre i confini dell'UE, e in particolare verso i paesi vicini all'Europa. A tal fine sarà necessario rafforzare la cooperazione a livello internazionale.
4.8 L'impegno politico è essenziale per assicurare che i FAB apportino benefici concreti agli utenti finali. La Commissione europea e il coordinatore dei FAB dell'UE dovrebbero continuare a ricordare agli Stati membri il loro dovere di compiere passi concreti per dare attuazione al SES e ai FAB.
5. Designazione di un gestore della rete europea incaricato di svolgere le funzioni della rete ATM
5.1 Il CESE conviene sul fatto che rafforzare le funzioni della rete ATM europea, come la definizione di una rete delle rotte, la gestione dei flussi centrali e la gestione di risorse scarse (frequenze radio e codici dei transponder) sia un aspetto essenziale del pacchetto SES II.
5.2 Il CESE ritiene che Eurocontrol potrebbe essere coinvolto nello svolgimento di tali funzioni, ma soltanto a tre condizioni: che ciò avvenga nel rispetto del diritto dell'UE, che si completi con successo la riforma di Eurocontrol e che si razionalizzi ulteriormente la struttura dei costi di tale organismo. Tutto ciò richiederà il pieno impegno politico di tutti gli Stati membri di Eurocontrol a perseguire fino in fondo la suddetta riforma. Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di nominare Eurocontrol «gestore della rete» europea.
5.3 Il CESE chiede pertanto alla Commissione europea di assicurarsi che, nel conferire il mandato a Eurocontrol, ci si attenga scrupolosamente a questo criterio essenziale.
5.4 Il CESE esprime preoccupazione per il previsto aumento dei ritardi nelle operazioni di controllo del traffico aereo durante l'estate 2011. Il Comitato incoraggia Eurocontrol a collaborare, in qualità di gestore della rete SES, con gli ANSP e gli utenti dello spazio aereo nella ricerca di soluzioni a breve termine per attenuare l'impatto sul traffico aereo e sui passeggeri.
5.5 Infine, il CESE ricorda che le eruzioni del vulcano Eyjafjallajökull avvenute in Islanda nel 2010 hanno provocato a più riprese la chiusura dello spazio aereo, con forti ripercussioni per l'industria del trasporto aereo e per i passeggeri. L'impatto in termini di costi, per l'industria aeronautica e l'economia dell'UE nel suo insieme, è stato enorme. In seguito a questi eventi, è stata riconosciuta la necessità di rivedere le procedure utilizzate in Europa, che, secondo il CESE, dovrebbero essere allineate con le migliori pratiche adottate in altri paesi del mondo come gli Stati Uniti. In particolare, l'Europa è l'unica regione del mondo nella quale la responsabilità per la gestione dei potenziali rischi derivanti dalle ceneri vulcaniche non ricade sulle compagnie aeree. La recente esercitazione dell'ICAO (Organizzazione per l'aviazione civile internazionale) sulle ceneri vulcaniche (aprile 2011) ha evidenziato che, sebbene siano stati compiuti alcuni progressi, c'è bisogno di un orientamento più solido per evitare un altro approccio frammentato. Il CESE invita l'AESA a fornire istruzioni chiare a tutti gli Stati membri dell'UE affinché rivedano la loro politica.
6. Riforma di Eurocontrol a sostegno del SES e con una base di costi ridotta
6.1 Il CESE esprime soddisfazione per i notevoli progressi compiuti da Eurocontrol, sotto la guida del suo direttore generale, per quanto riguarda la sua ristrutturazione e trasformazione in un'organizzazione più snella a sostegno del SES. Questo processo in atto, che dovrebbe essere accelerato, richiederà il pieno impegno di tutti gli Stati membri di Eurocontrol.
6.2 Il CESE si congratula con Eurocontrol per aver creato al suo interno un «pilastro» del SES, per fornire sostegno tecnico a tale iniziativa. Occorre assicurare la piena trasparenza sulle diverse funzioni di Eurocontrol, le risorse necessarie e le relative modalità di finanziamento. È evidente che le compagnie aeree non dovrebbero sostenere i costi di funzioni pubbliche come ad esempio il pilastro del SES. Ciò richiederà un ulteriore sforzo per definire i corretti principi di gestione per Eurocontrol, permettendo la piena realizzazione degli obiettivi del SES.
6.3 Il CESE sottolinea inoltre l'importanza di mantenere un approccio paneuropeo che vada oltre i confini dell'UE. La Commissione europea dovrebbe quindi estendere lo Spazio aereo comune europeo a tutti i paesi confinanti con l'Unione europea.
7. Introduzione del SESAR, come elemento tecnico e operativo del SES, con un finanziamento pubblico a sostegno della fase di attuazione
7.1 Il programma SESAR è stato adottato come complemento di tipo tecnico e operativo al SES II. La Commissione europea si attende che il SESAR consenta di «sviluppare un futuro sistema europeo di ATM per il 2020 e oltre, in grado di conseguire i seguenti miglioramenti rispetto alle prestazioni attuali:
— |
consentire di triplicare i movimenti del traffico aereo, riducendo al tempo stesso i ritardi, |
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moltiplicare per 10 il livello di sicurezza, |
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permettere una riduzione del 10 % dell'impatto ambientale dei voli, e |
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ridurre almeno della metà il costo dei servizi ATM agli utilizzatori dello spazio aereo». |
7.2 Il CESE ritiene che questi obiettivi, unitamente all'interoperabilità con i sistemi ATM non UE (come l'iniziativa statunitense NextGen), dovrebbero continuare a fungere da forza trainante per il programma SESAR. Il CESE accoglie con favore il memorandum di cooperazione firmato tra SESAR e NextGen a Budapest il 3 marzo 2011, come passo avanti verso una migliore sincronizzazione dei due più importanti progetti di sviluppo nei sistemi mondiali di ATM.
7.3 Il CESE ritiene indispensabile continuare a coinvolgere il personale a contatto con il pubblico nello sviluppo del SESAR. A questo proposito considera essenziale che il personale venga addestrato a utilizzare le nuove tecnologie e istruito sui nuovi concetti operativi.
7.4 Il CESE sottolinea che, malgrado i benefici a più lungo termine per gli utilizzatori dello spazio aereo, i cittadini dell'UE e l'ambiente, l'introduzione del SESAR incontra numerose e complesse difficoltà. È essenziale garantire un'attuazione tempestiva ed efficace di questo programma. Oltre a un forte impegno dell'industria, occorrerà un ampio sostegno politico e finanziario sotto forma di partenariato pubblico-privato. L'introduzione del SESAR dovrebbe quindi essere parte integrante della strategia Europa 2020, in modo da assicurare una forte governance economica basata su un chiaro modello di gestione e una reciproca cooperazione e armonizzazione con il sistema statunitense NextGen.
7.5 Il CESE ritiene pertanto che, riguardo all'introduzione del SESAR, sia necessario affrontare le sfide di seguito indicate:
7.5.1 assicurarsi che i miglioramenti delle infrastrutture vengano introdotti in modo sincronizzato a terra e sugli aeromobili.
— |
Aggiornare il piano direttore stabilendo una tabella di marcia chiara, in base alla quale la Commissione, gli Stati membri, gli ANSP e gli utilizzatori dello spazio aereo si impegnino ad assicurare una maggiore coerenza con il quadro del SES, compresi i FAB. Occorre urgentemente dare la priorità, nell'ambito dell'impresa comune per la realizzazione del sistema SESAR, alla revisione del lavoro svolto finora, e individuare i modi in cui ciascun partecipante principale al SES potrà contribuire agli obiettivi prestazionali a livello nazionale, di FAB e UE. |
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Le tecnologie SESAR dovrebbero essere utilizzate seguendo un modello di gestione positivo e ben definito comprendente uno studio di sicurezza credibile e un'analisi costi-benefici positiva e credibile, in base alla quale verranno concordati e definiti i necessari miglioramenti prestazionali. Se non sarà possibile dimostrare che le tecnologie contribuiscono agli obiettivi a livello UE (compresi quelli in materia di sicurezza) o rendono possibile una transizione sicura e tempestiva, l'attività dovrà essere interrotta. |
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La realizzazione del piano direttore richiederà il pieno impegno di tutti gli Stati membri dell'UE. |
7.5.2 Assicurare risorse finanziarie tempestive e adeguate per l'introduzione di SESAR.
7.5.2.1 L'attuazione del SESAR genererà un importante valore economico, ambientale e strategico per l'Europa nel suo insieme. Un ritardo di dieci anni nell'attuazione del SESAR rappresenta un impatto diretto negativo in termini di PIL di oltre 150 miliardi di euro per l'UE-27 e una perdita di efficienza energetica di oltre 150 milioni di tonnellate di CO2.
7.5.2.2 L'introduzione del SESAR, tuttavia, richiede investimenti complessivi superiori a 30 miliardi di euro, e il finanziamento iniziale e l'installazione delle attrezzature SESAR (a bordo e a terra) rappresentano un'importante sfida per il raggiungimento, nei tempi più brevi possibili, dei livelli prestazionali attesi dall'applicazione delle nuove tecnologie.
7.5.2.3 Le difficoltà nel finanziamento dell'attuazione del SESAR derivano dalla parziale assenza di collegamento tra investimenti e benefici durante la fase di transizione: una compagnia aerea che investe in un nuovo equipaggiamento di bordo non percepirà alcun beneficio prima che gli ANSP abbiano effettuato i relativi investimenti. D'altro canto, per un ANSP (che, per garantire benefici concreti, dovrà investire in un contesto difficile in termini di prestazioni) l'attività commerciale potrebbe non risultare positiva fino a quando non sarà stato equipaggiato un numero significativo di aeromobili. Infine, vi potrebbero essere alcuni cambiamenti positivi per l'insieme della rete e per l'attività commerciale, che richiederebbero tuttavia degli investimenti da parte di alcuni operatori per i quali essi continuerebbero a rappresentare un costo netto. In questo caso dovrebbero essere resi disponibili i finanziamenti.
7.5.2.4 I fondi resi disponibili dall'UE per sostenere l'introduzione del SESAR verrebbero quindi utilizzati per garantire un'adozione rapida e sincronizzata della tecnologia SESAR da parte degli operatori (ANSP, utilizzatori dello spazio aereo, aeroporti). Inoltre, per assicurare la continuità degli investimenti in R&S e innovazione per il periodo 2014-2020, saranno necessari fondi aggiuntivi nel campo dell'ATM, in linea con quelli disponibili per l'attuale fase di R&S.
7.5.2.5 Per raggiungere il ritmo necessario per conseguire gli obiettivi di prestazione in materia di ATM, si stima che l'introduzione del SESAR richiederà fondi UE per circa 3 miliardi di euro, un importo che verrà finanziato combinando diversi strumenti finanziari attualmente in discussione, come le risorse proprie dell'industria, i project bond europei, le garanzie, i prestiti della BEI, ecc. Per il periodo 2014-2020 si può concludere che:
senza un'effettiva allocazione delle risorse UE a sostegno del SESAR, è improbabile che il programma venga attuato in tempo.
7.5.3 Definire la corretta gestione per l'introduzione del SESAR.
— |
Definizione di un'entità indipendente per l'attuazione del SESAR, che integri il finanziamento e l'introduzione in un quadro unico di gestione. |
— |
Tale entità dovrebbe essere promossa dall'industria ed avere una struttura di gestione composta da utilizzatori dello spazio aereo, aeroporti ed ANSP, in quanto principali soggetti che assumono i rischi relativi agli investimenti. Altre parti interessate del settore dell'aviazione dovrebbero essere debitamente consultate. |
— |
Durante tutta la fase di attuazione del SESAR i rappresentanti dei lavoratori del settore del trasporto aereo dovrebbero essere debitamente consultati. |
— |
Il ruolo dei produttori (di attrezzature) nella fase di introduzione consiste principalmente nel vendere attrezzature compatibili con il SESAR alle compagnie aeree, agli aeroporti e agli ANSP. A differenza che nell'attuale gestione dell'impresa comune per la realizzazione del sistema SESAR, i produttori non dovrebbero quindi essere coinvolti nella gestione dell'introduzione del SESAR, per evitare conflitti di interesse. |
— |
Assicurare il coordinamento a livello europeo per l'introduzione sincronizzata delle tecnologie SES in conformità agli obiettivi vincolanti a livello della rete. Nell'esercizio di questa funzione potrebbe formulare raccomandazioni in materia di finanziamenti. |
7.6 Infine, il CESE osserva che la riuscita del SESAR dipenderà dal fatto che i problemi politici e istituzionali descritti nei precedenti paragrafi vengano risolti senza ulteriori ritardi e siano resi disponibili i fondi pubblici necessari per la sua attuazione.
8. Un unico ente di regolamentazione della sicurezza dell'UE basato sul sistema dell'AESA
8.1 Il CESE osserva che il pacchetto SES II ha esteso le competenze del sistema dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) alla regolamentazione della sicurezza dell'ATM a livello UE, garantendo in tal modo lo sviluppo di una strategia integrata in materia di regolamentazione e controllo della sicurezza dell'ATM nell'UE sulla base del concetto gate-to-gate.
8.2 L'esercizio di rigorose funzioni di controllo da parte dell'AESA (ad esempio in materia di verifica delle prestazioni delle NSA per assicurare il rispetto dei requisiti comuni da parte degli ANSP) favorirà la realizzazione degli obiettivi del SES.
8.3 Il CESE, se da un lato condivide tale impostazione, dall'altro ritiene indispensabile seguire da vicino l'esercizio concreto di queste nuove competenze dell'AESA. È importante che le norme AESA in materia di sicurezza dell'ATM si basino sulle norme esistenti del SES: l'AESA dovrebbe evitare di cercare di «reinventare la ruota» attraverso norme onerose che non avrebbero alcuna giustificazione in termini di sicurezza.
8.4 Secondo il CESE, a breve termine le risorse e le competenze di Eurocontrol dovrebbero essere utilizzate come sostegno tecnico alle attività dell'AESA in materia di regolamentazione della sicurezza dell'ATM.
8.5 Infine, il CESE desidera ribadire l'importanza di una cultura giusta, come già anticipato nel suo parere TEN/416 in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di inchieste e prevenzione di incidenti e inconvenienti nel settore dell'aviazione civile. Nell'interesse della sicurezza aerea, è indispensabile fornire un quadro giuridico nell'ambito del quale tutte le parti coinvolte in incidenti e inconvenienti possano condividere le informazioni ed esprimersi liberamente e a titolo confidenziale. Il CESE pone l'accento sulla necessità di compiere maggiori sforzi a livello europeo per assicurare che tutti gli Stati membri modifichino i rispettivi ordinamenti penali nazionali, in modo da garantire l'applicazione di una cultura giusta. In particolare sottolinea l'importanza di elaborare una carta dell'UE sulla cultura giusta.
9. Sicurezza e fattori umani
Le norme sulla sicurezza da sole non bastano a garantire la sicurezza. che infatti dipende anche da altri fattori, come le capacità umane, una cultura della sicurezza, le competenze, la formazione e la gestione delle risorse umane, e in particolare il TRM.
In questo contesto è importante:
— |
riconoscere le prestazioni umane, specialmente gli effetti dell'affaticamento, in termini di gestione proattiva dei rischi per la sicurezza; |
— |
assicurare un adeguato livello di competenze e di formazione degli operatori professionali; |
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promuovere la partecipazione delle parti sociali nell'attuazione del Cielo unico europeo a tutti i livelli; e |
— |
sviluppare una solida cultura della sicurezza, che integri una trasmissione delle informazioni aperta e una «cultura giusta» e che serva da base per le prestazioni in materia di sicurezza. |
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
III Atti preparatori
COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO
474a sessione plenaria del 21 e 22 settembre 2011
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/44 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L'Europa, prima destinazione turistica mondiale — un nuovo quadro politico per il turismo europeo
COM(2010) 352 definitivo
2011/C 376/08
Relatore: GKOFAS
La Commissione europea, in data 30 giugno 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L'Europa, prima destinazione turistica mondiale — un nuovo quadro politico per il turismo europeo
COM(2010) 352 definitivo.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 121 voti favorevoli, 14 voti contrari e 8 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la comunicazione della Commissione relativa alla proposta presentata al Parlamento europeo L'Europa, prima destinazione turistica mondiale - un nuovo quadro politico per il turismo europeo e sottolinea che, malgrado alcune importanti lacune, essa contiene molti elementi positivi da realizzare. Presenta tuttavia le seguenti proposte per rafforzare e arricchire questa iniziativa. |
1.2 |
Dato che in Europa il settore turistico comprende diversi soggetti (amministrazioni, istituzioni, enti, interlocutori sociali), diversi ambiti (locale, regionale, nazionale, europeo) e diversi comparti (trasporti, alloggi, offerta di servizi complementari, ecc.), alle iniziative previste dovrebbero partecipare tutti i protagonisti. Per tale motivo, il CESE rinnova la proposta di creare una Agenzia europea del turismo che, grazie ad un effettivo monitoraggio dei dati a sostegno e rinforzo delle misure illustrate, faccia convergere gli sforzi volti ad avanzare concretamente verso una politica europea globale in materia di turismo che tenga contro della diversità e del pluralismo dell'identità europea quale destinazione turistica. |
1.3 |
Il CESE ritiene opportuno sottolineare e adottare le seguenti misure al fine di far fronte alle sfide esposte nella comunicazione della Commissione, nonché di realizzare le azioni concrete previste:
|
1.4 |
A livello degli Stati membri occorre lanciare un'analisi dell'impatto dei cambiamenti climatici sul turismo e adottare misure efficaci di adattamento in linea con le implicazioni, in termini di competitività, delle previsioni relative ai cambiamenti climatici. |
1.5 |
Occorre sviluppare ulteriormente alcune tipologie specifiche di turismo, ossia il turismo sociale, culturale, gastronomico, rurale, sportivo, sanitario, senza barriere, congressuale, religioso, ecc., nel quadro di una politica europea volta a diversificare l'offerta e a concentrarsi su nuovi mercati emergenti. |
1.6 |
Il CESE ritiene che i progetti di portata europea, quale l'iniziativa Calypso, abbiano dimostrato l'efficacia della cooperazione tra le istituzioni europee e i diversi livelli di governo, come pure gli interlocutori sociali e gli organismi del settore, e abbiano prodotto effetti socioeconomici positivi. Invita pertanto la Commissione e il Parlamento europeo a continuare ad impegnarsi, soprattutto attraverso misure di bilancio, in questo tipo di iniziative. |
1.7 |
Ferma restando l'esigenza di sicurezza, l'obbligo di visto può creare problemi concreti ai turisti provenienti dai paesi non-Schengen. In alcuni casi questo dipende dall'applicazione di procedure eccessivamente burocratiche da parte dei singoli Stati membri. Il CESE invita la Commissione ad adottare misure specifiche per superare questo ostacolo. |
1.8 |
Il CESE esorta i governi nazionali a introdurre una certificazione comune europea per la formazione professionale turistica, che sia riconosciuta in tutti gli Stati membri dell'UE. Il CESE reputa necessario che la formazione impartita in tale ambito non soltanto venga riconosciuta in tutta l'UE, ma sia anche di alto livello per formare dei veri professionisti del settore, in linea con gli orientamenti formulati dalla Commissione europea e dal Cedefop. È necessario prestare particolare attenzione ai risultati del processo di apprendimento e alla loro certificazione, ma anche riqualificare i diplomi di formazione turistica a livello universitario, laddove possibile. La strategia Europa 2020 deve tenere conto anche del settore turistico, con uno specifico riferimento alle nuove competenze necessarie per i nuovi lavori, ad altre iniziative previste, come il riconoscimento dell'esperienza professionale e della formazione formale e non formale, e all'impatto che il comunicato di Bruges sulla formazione professionale, adottato dai ministri dell'Istruzione dell'UE e dalle parti sociali, dovrebbe avere sul settore turistico. |
1.9 |
Il CESE sottolinea che in materia di turismo non esiste una soluzione universale per tutte le situazioni e riconosce che le singole destinazioni hanno esigenze differenti e attirano nicchie di mercato diverse. Il quadro politico per il turismo deve quindi tenere conto delle esigenze specifiche, ad esempio, delle regioni periferiche, continentali, costiere, rurali, insulari, aride, ecc. |
1.10 |
L'obiettivo è creare, mettere a punto e attuare una programmazione strategica per una politica europea comune del turismo a livello regionale, in modo da favorire la competitività sostenibile e la qualità in questo campo, nonché un livello elevato di protezione dei consumatori, integrando al tempo stesso l'azione degli Stati membri. Ciononostante, data la grande diversità degli Stati membri, ciascun paese dovrà presentare una programmazione strategica delle proprie politiche turistiche nazionali che preveda azioni specifiche per ciascuna regione, da realizzare in una prospettiva almeno decennale. |
1.11 |
Il CESE invita i governi nazionali ad adeguare le tasse comunali e a cercare di ridurre l'IVA a carico dei prodotti turistici di carattere sociale, in modo da renderli più attraenti al fine ultimo di sviluppare e di garantire un accesso migliore ai servizi turistici. È necessario assicurare l'esistenza di infrastrutture e servizi locali che offrano prestazioni turistiche di qualità, migliorando sia la qualità di vita dei residenti che le condizioni di soggiorno dei turisti. |
1.12 |
L'UE ha bisogno di una strategia di comunicazione che tuteli l'immagine positiva dell'Europa e del settore turistico, e risolva il problema della pubblicità negativa. |
1.13 |
Occorre inoltre adottare misure intese ad evitare la disoccupazione strutturale nelle imprese turistiche, al fine di migliorare sia la qualità e la stabilità dell'occupazione che la redditività delle imprese. |
1.14 |
La Commissione dovrà intensificare gli sforzi che ha già in atto per comunicare il significato autentico del turismo di qualità in tutte le sue dimensioni, ossia un'esperienza che prevede sia il riposo fisico sia la rigenerazione intellettuale tramite il contatto con modelli di cultura e civiltà. La programmazione dovrà avvenire a livello regionale, mentre la promozione e la comunicazione dovranno interessare i livelli regionale, nazionale e UE. |
1.15 |
Il CESE rileva la mancanza di un riferimento chiaro a un quadro giuridico relativo ai diritti dei consumatori nel settore del turismo e l'assenza di qualsiasi giustificazione per l'inammissibile rinvio della revisione della direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990, inizialmente annunciata per la fine del 2010, poi prevista dal programma di lavoro della Commissione per l'inizio del 2011 e a tutt'oggi non realizzata. |
1.16 |
Il CESE apprezza l'impulso dato dalla Commissione, dal Parlamento europeo e dalle parti sociali europee alla definizione di una politica europea del turismo. Su questa falsariga, esso prosegue il proprio impegno e collaborerà all'obiettivo e ai valori che sta via via proponendo nei propri pareri al fine di realizzare un modello turistico europeo. |
2. Introduzione
2.1 |
La nuova politica per il turismo individua tre obiettivi principali che sono alla base del nuovo quadro, ossia:
Sostenendo questi tre pilastri tramite strutture e risorse sufficienti, si garantirà una base adeguata per attuare una politica estremamente solida e proficua in materia di turismo. |
2.2 |
La Commissione individua una serie di sfide che il settore turistico europeo deve affrontare e che sono emerse o si sono aggravate negli ultimi anni. Tuttavia, le principali sfide rimaste invariate nel corso degli anni sono: la stagionalità del settore, il fatto che il turismo non sia considerato, nella pratica, come un'importante industria in crescita; le condizioni di lavoro precarie dei lavoratori del settore; la disoccupazione strutturale nelle imprese turistiche; la mancanza di accesso delle PMI a finanziamenti adeguati che consentano loro di adattarsi al processo costante di trasformazione e sviluppo dell'industria turistica, e infine l'innovazione nel settore. È indispensabile che la Commissione affronti le suddette sfide. In numerosi pareri il CESE ha sottolineato l'importanza di raccogliere tali sfide, indicando le misure da adottare (1). |
2.3 |
Il turismo è un'attività economica di rilievo, con un impatto particolarmente positivo sulla crescita economica, lo sviluppo sostenibile e l'occupazione in Europa. Esso rappresenta un elemento importante della vita dei cittadini europei. |
2.4 |
Dal 2008 la domanda di servizi turistici ha subito influssi negativi. Tuttavia, se vuole restare la prima destinazione turistica al mondo e trarre vantaggio dalla ricchezza e dalla diversità delle regioni che la compongono, l'Europa deve elaborare una politica turistica comune. |
2.5 |
Se la Commissione intende favorire un nuovo quadro d'azione per accrescere la competitività del turismo nell'UE e la capacità di quest'ultima di svilupparsi in modo sostenibile, il CESE ritiene che le sue proposte debbano essere più concrete, pur riconoscendo che ciascun paese ha interesse a sviluppare il proprio modello e potenziale turistico. Dato il carattere transnazionale del settore turistico, è evidente la necessità di creare un quadro politico per il turismo a livello dell'UE, che dia però ancora piena libertà agli Stati membri di sviluppare le loro specifiche politiche nazionali. Deve risultare chiaro che ciò che accade in una regione dell'UE può avere conseguenze per il turismo di un altro Stato membro. |
2.6 |
I paesi dell'Europa meridionale, ad esempio, pur non essendo direttamente interessati dalla chiusura dello spazio aereo europeo dovuta alla nuvola di cenere vulcanica nella primavera 2010, hanno comunque registrato un calo dell'attività turistica per via di pubblicazioni di tono negativo che hanno creato un clima sfavorevole alla scelta di tali paesi come destinazione turistica. |
2.7 |
Il CESE ritiene inoltre che un quadro politico per il turismo europeo non possa non essere basato su un chiaro quadro giuridico di diritti e obblighi per le diverse parti interessate, che la comunicazione ignora completamente e nella cui definizione assume una particolare rilevanza la revisione della direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990, inizialmente annunciata per la fine del 2010, poi prevista per l'inizio del 2011 dal programma di lavoro della Commissione e a tutt'oggi non realizzata, sebbene tale direttiva sia ormai totalmente obsoleta. Questo ritardo lascia i consumatori gravemente scoperti, mina la loro fiducia e ostacola lo sviluppo del turismo, in quanto la revisione è un elemento essenziale del quadro giuridico necessario per dare concretezza alle nuove competenze che il Trattato assegna all'UE in questo settore. |
3. Osservazioni specifiche
3.1 |
L'Unione europea deve dare un contributo e favorire la definizione di una politica dinamica intesa ad accelerare la crescita e a creare le condizioni per migliorare il suo potere di attrattiva turistica. Lo sviluppo di una programmazione comune che preveda azioni concrete non deve più essere di competenza della Commissione, ma va affidato a un altro organo, mediante una politica che non proponga discorsi fumosi o riesumi idee ormai vecchie; a tale organo parteciperanno e aderiranno tutti gli operatori turistici, come le federazioni di imprenditori e di organismi privati collegati alle figure professionali di questo settore, le organizzazioni sindacali dei lavoratori, le regioni e gli uffici nazionali del turismo. A tal fine potrebbe svolgere un ruolo importante un'Agenzia europea del turismo, già proposta dal CESE in pareri precedenti. |
3.2 |
Si ritiene essenziale che la Commissione, come pure le altre istituzioni dell'UE, applichi il principio della legislazione intelligente e che tutte le proposte legislative dell'UE comprendano un'adeguata valutazione di impatto delle misure proposte che interessano il settore turistico. Nel quadro di azione proposto per il turismo non viene fatto alcun riferimento alla necessità di effettuare adeguate valutazioni di impatto per esaminare, ogni volta che una proposta UE viene pubblicata, le possibili conseguenze per il settore. Ciò riveste particolare importanza in una serie di casi, quali ad esempio la proposta di etichettatura per i prodotti alimentari e la legislazione relativa ai diritti dei passeggeri e dei consumatori. |
3.3 |
Il turismo non dovrebbe essere visto come una politica a sé stante, bensì come una tematica orizzontale che subisce l'influsso delle varie altre politiche dell'UE, in particolare quelle in materia di trasporti, istruzione, occupazione, ricerca e innovazione, cambiamenti climatici, mercato unico, sicurezza, consumatori, ecc. Di conseguenza, la politica turistica non è in realtà una competenza esclusiva della DG Imprese, ma un tema che va affrontato in modo trasversale in tutte le altre politiche dell'UE. |
3.4 |
La promozione e lo sviluppo dei servizi turistici nell'intera UE, realizzati nella loro forma attuale, mancano di coordinamento e di organizzazione, il che crea problemi ai cittadini che desiderano viaggiare. Spostarsi ricorrendo ai mezzi di trasporto pubblici sull'intero territorio dell'UE è un'impresa ardua e richiede il coordinamento dei diversi orari di treni, traghetti, autobus, ecc., con il risultato che è impossibile anche solo garantire un soggiorno senza problemi. |
3.5 |
L'industria del turismo deve far fronte a una concorrenza mondiale sempre più agguerrita da parte dei paesi emergenti o in via di sviluppo, che attirano un numero sempre maggiore di turisti. Per reagire a questa concorrenza, l'Europa deve proporre una politica turistica sostenibile e dare risalto ai tanti vantaggi che è in grado di offrire, come la sicurezza in fatto di:
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3.6 |
I turisti nell'UE danno spesso per scontata la possibilità che hanno di godere di cose elementari, come bere l'acqua ovunque e mangiare senza timori di avvelenamento, oppure camminare per le strade e viaggiare senza dover essere accompagnati. Per questo dobbiamo promuovere tutti i vantaggi basilari che l'UE offre ai turisti. Gli aspetti di cui sopra andrebbero particolarmente evidenziati, in quanto danno ai turisti un senso di sicurezza e non si ritrovano in quasi nessun'altra delle principali destinazioni turistiche al mondo, mentre costituiscono un vantaggio comparativo nella scelta e nella promozione di una destinazione. |
3.7 |
L'Europa deve sviluppare e consolidare la propria immagine sui mercati mondiali, nonché rafforzare la cooperazione con la Cina, la Russia, l'India, il Brasile, il Giappone e gli Stati Uniti, nonché con i paesi del Mediterraneo. A tal fine va però incoraggiato lo sviluppo dell'imprenditorialità e dell'innovazione, così come va migliorata la qualità dell'offerta di prodotti, in modo tale che i servizi e le strutture dell'UE tengano testa alla concorrenza internazionale. Bisogna limitare la stagionalità e le grandi oscillazioni della domanda rafforzando e differenziando l'offerta di servizi turistici. L'UE deve migliorare e completare, con attestati di formazione professionale comuni riconosciuti sul suo intero territorio, le competenze professionali di tutti coloro che operano nell'industria del turismo, riservando particolare attenzione ai risultati dell'apprendimento e alla relativa certificazione. La necessità di attestazioni comuni e riconosciute gioverà non soltanto alle imprese, ma anche ai lavoratori in tutta l'UE. |
3.8 |
I metodi attuali di raccolta e di analisi dei dati statistici sono inadeguati. La carenza di dati conduce a decisioni lacunose o errate nella programmazione delle linee guida. A questo proposito la comunicazione evidenzia l'importanza di migliorare le statistiche e le analisi relative al turismo. La Commissione giudica essenziale procedere in tal senso per disporre, a livello europeo, di una migliore base di conoscenze socioeconomiche sul turismo. La raccolta strutturata di dati statistici non soltanto consentirà di informare e di effettuare scelte razionali, ma incoraggerà anche la collaborazione interdisciplinare tra studiosi e ricercatori e lo scambio di opinioni e di esperienze. È necessario migliorare i metodi statistici e i relativi risultati, fermo restando che la raccolta di tali dati non deve imporre ulteriori oneri amministrativi (burocrazia) alle imprese. |
3.9 |
Oltre la metà degli Stati membri dell'UE fa ricorso al conto satellite del turismo, uno strumento che si è dimostrato estremamente efficace. La Commissione dovrebbe trovare il modo di incoraggiare e sostenere i rimanenti Stati membri ad adottare questo metodo, che servirà anche a effettuare un confronto dettagliato tra i risultati ottenuti. Quest'ultimo aspetto è fondamentale, dati i notevoli cambiamenti in atto nelle tendenze e nei modelli comportamentali in materia di turismo in Europa. |
3.10 |
La diversificazione rappresenta la chiave del turismo europeo. Le esperienze diverse offerte da ciascun paese contribuiscono ad attirare i turisti, orientandoli nella scelta della loro destinazione. La diversità del patrimonio culturale, dell'ambiente naturale, della gastronomia, della produzione vinicola e della storia offre ai visitatori un'esperienza diversa per ciascun paese. È importante tutelare queste diversità, che rappresentano un importante fattore promozionale dell'Europa di fronte al resto del mondo. |
3.11 |
Dato che le piccole e medie imprese (PMI) costituiscono la maggioranza delle imprese impegnate in questo settore, è necessario sfruttare il loro dinamismo e assisterle economicamente nello sviluppo della loro attività, in considerazione del loro contributo alla conservazione del patrimonio culturale e allo sviluppo delle comunità locali. Sono proprio le PMI che assorbono la disoccupazione primaria (migranti economici, persone prive di formazione) e la ridimensionano in misura significativa, impiegando una buona parte della popolazione attiva, e che inoltre riducono l'esclusione sociale. Il settore privato deve dare il proprio contributo in ambiti quali il marketing turistico e il sostegno all'occupazione, favorendo al tempo stesso la creazione di reti tra le imprese turistiche. |
3.12 |
La politica del turismo è caratterizzata dalla sua natura trasversale. Essa influisce in particolare sulla politica dei trasporti (diritti e sicurezza dei passeggeri e qualità dei trasporti), sugli aiuti di Stato, sul mercato interno (libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi connessi al turismo, promozione della qualità dei servizi, sviluppo del commercio elettronico) e sulla fiscalità, spesso con risultati negativi (ostacoli di natura fiscale al corretto funzionamento del mercato interno, trattamento fiscale delle PMI del settore turistico, agevolazioni fiscali). Il settore dovrà quindi essere sostenuto mediante una politica economica specifica, mentre le imprese turistiche, dal canto loro, dovranno impegnarsi ad investire come pure a sostenere e incrementare l'occupazione. |
3.13 |
Il CESE ritiene che si debba promuovere un meccanismo di perfezionamento e rafforzamento degli scambi turistici tra Stati membri, che permetta ad alcuni gruppi specifici, come i giovani (affinando il coordinamento delle vacanze scolastiche), gli anziani, le persone con mobilità ridotta e le famiglie a basso reddito, di viaggiare soprattutto durante la bassa stagione. I paesi le cui economie non sono orientate al turismo dovranno favorire quelli che invece puntano su questo settore, promuovendo le destinazioni intraeuropee tra i propri cittadini. Le compagnie aeree europee dovranno rendersi conto che non favoriscono il turismo e il mercato interno quando offrono ai cittadini del Nord Europa biglietti per paesi asiatici a tariffe spesso più vantaggiose di quelli per destinazioni dell'Europa sudorientale. |
3.14 |
Il CESE ritiene necessario elaborare una specifica politica comune, di impronta innovatrice, e offrire un prodotto turistico appositamente concepito per gli anziani e i pensionati che - stando alle previsioni - costituiranno il 20 % della popolazione nel 2020, e per le persone con disabilità, esigenze specifiche e a mobilità ridotta, secondo stime recenti pari a 127 milioni, allo scopo di attirare questi gruppi di popolazione. Per far fronte alle esigenze di tali gruppi è necessaria una formazione specialistica. Dal momento che a questa fascia della popolazione spesso appartengono anche persone che, oltre a rappresentare un potenziale di mercato particolarmente significativo, dispongono di potere d'acquisto, di cultura e di tempo libero, l'UE dovrà promuovere in particolare la politica comune loro destinata, al fine di aiutarli ad acquisire dei diritti nel settore turistico perché possano profittare, senza discriminazioni di sorta, dell'attività turistica. Tale impegno va però accompagnato anche da sforzi da parte del settore privato, in modo da garantire la presenza delle infrastrutture adeguate per rispondere alle esigenze di questo mercato. |
3.15 |
Il CESE ritiene necessario incoraggiare la cooperazione su scala internazionale e soprattutto sui mercati rilevanti per l'UE. Vanno creati i presupposti per una procedura semplificata di rilascio di un visto europeo comune, allo scopo di attirare turisti provenienti da paesi che non appartengono allo spazio Schengen. I turisti dovranno avere la possibilità di spostarsi tra i paesi dell'UE, e i regolamenti e le direttive andranno semplificati in questo senso. |
3.16 |
Va garantita a livello regionale una maggiore visibilità turistica, rafforzando e promuovendo, in quanto prodotto turistico europeo, gli itinerari culturali, la creazione culturale contemporanea, i siti naturali protetti, tutelando e valorizzando gli edifici e le imprese tradizionali, il turismo legato al benessere e alla salute (compreso il turismo termale), il turismo d'istruzione, quello enogastronomico, storico o religioso, il turismo rurale o che valorizza il mare, mettendo in risalto e preservando le tradizioni culturali e la gastronomia (ristoranti tradizionali e aziende strettamente legate alla storia locale), e non da ultimo il patrimonio culturale subacqueo. Non sempre è necessario aumentare la ricettività alberghiera, mentre occorre investire nel miglioramento della qualità dei servizi e delle infrastrutture degli stabilimenti, innovando tramite nuove offerte quali centri termali, di benessere, ecc. Nella comunicazione della Commissione non vi è alcun riferimento alle modalità di attuazione delle azioni di cui sopra e, in particolare, non sono indicate le priorità, né - naturalmente - il piano con cui dovrebbero essere realizzate da ciascuno Stato membro, tenendo conto delle regioni, al fine di dar vita a una politica europea del turismo. Inoltre non è previsto uno sforzo pubblicitario comune, che sarebbe invece necessario. |
3.17 |
Il CESE condivide l'idea di creare un marchio del patrimonio culturale europeo a cui propone di associare un marchio del patrimonio gastronomico europeo, in modo che sia possibile valutare, attribuire «stelle» e certificare i luoghi di ristorazione secondo un sistema comune armonizzato, ricorrendo - in base a criteri appropriati - ai vari programmi nazionali ed europei in parallelo ad altre azioni come le giornate europee del patrimonio e il premio dell'Unione europea per il patrimonio culturale. Il CESE propone inoltre di armonizzare il sistema di assegnazione delle «stelle» e la certificazione degli alberghi nell'UE. Il CESE invita la Commissione a mantenere in vita il Forum del turismo europeo, quale occasione di incontro e di analisi per tutti i professionisti del settore, i responsabili nazionali, regionali e locali e le parti sociali, allo scopo di promuovere un'identità turistica europea che tenga conto della diversità e della pluralità. |
3.18 |
Il quadro in esame propone altresì lo sviluppo di un marchio europeo per il turismo di qualità e di un'apposita etichetta. Tale iniziativa presuppone un miglioramento degli standard del settore che andrebbe incoraggiato. Tuttavia, l'etichettatura di qualità va anche favorita tramite adeguati meccanismi di finanziamento che consentano agli operatori turistici di perfezionare la loro offerta di prodotti e investire nel miglioramento delle loro proprietà e del livello dei servizi, nonché nella formazione e riqualificazione del personale. |
3.19 |
La correlazione tra gastronomia, ristorazione e turismo fornisce un'alternativa chiara per un turismo di qualità, in cui il turista è a contatto diretto con la cultura culinaria offerta da ciascuno Stato membro ed è quindi in grado di valutare il servizio ottenuto. I turisti che percorrono l'Europa mossi da interessi gastronomici sono in continuo aumento. La cucina diventa così uno strumento di promozione dei prodotti europei e dei piaceri della tavola. È indispensabile promuovere gli alimenti e le bevande, le ricette e le «strade della gastronomia e del vino», favorendo le collaborazioni coordinate che offrono forme alternative di valore aggiunto per consolidare il rapporto tra alimentazione e turismo. |
3.20 |
La formazione dei lavoratori del settore turistico costituisce di certo un investimento molto cospicuo per il turismo europeo, in particolare per le PMI. L'introduzione di nuove tecnologie e di nuovi metodi di lavoro ha dato luogo a una domanda di personale qualificato. L'estensione dei programmi UE di perfezionamento e formazione ai lavoratori del settore turistico, così come si è fatto per altri ambiti, costituisce un'azione positiva destinata a facilitare l'adattamento ai nuovi dati tecnologici che caratterizzano il settore. Occorre istituire un certificato europeo di formazione professionale, che sia fondato su «requisiti» comuni sotto forma di risultati dell'apprendimento e possa essere utilizzato (con procedure di certificazione a livello nazionale o locale) in modo autonomo e indipendente pur facendo riferimento alle qualifiche nazionali esistenti. Per il settore turistico, il conseguimento di una formazione professionale certificata dovrebbe diventare obbligatorio. Il CESE ritiene che la spinta fornita dal comunicato di Bruges sulla formazione professionale nell'UE sia importante per la formazione nel settore turistico. La presenza di condizioni di lavoro stabili e di qualità farà sì che tale settore diventi particolarmente attraente. |
3.21 |
La programmazione formativa e lo sviluppo di competenze comportamentali dovranno obbligatoriamente comprendere l'apprendimento delle lingue straniere per il personale impiegato nel settore turistico, tenendo conto delle specificità culturali e prevedendo il rilascio di certificati di formazione professionale in linea con gli orientamenti elaborati dalla Commissione e dal Cedefop. Particolare attenzione dovrà essere riservata alle professioni turistiche in diretto rapporto con il patrimonio culturale, come ad esempio le guide, che dovranno essere provviste di diploma e dimostrare la loro capacità di dare risalto alla qualità del patrimonio culturale mediante un'attestazione rilasciata dalle autorità locali, grazie alla conoscenza dei principali monumenti del territorio in cui operano, anche se si tratta di un'attività limitata nel tempo, e grazie all'indispensabile conoscenza della lingua locale e di quella delle persone che accompagnano, come previsto dal Comitato europeo di normalizzazione (EN 13809-2003) fino al 1975, nonché dalle direttive 1975/368/CEE e 1992/51/CEE. Un'analoga certificazione dovrà riguardare tutte le categorie professionali del settore turistico, come camerieri, cuochi, istruttori, ecc., che vengono a contatto con i turisti. |
3.22 |
Il CESE ritiene che si debba prendere in seria considerazione il fatto che la politica del «tutto compreso», attuata da numerose aziende in tanti Stati membri, finisce per produrre risultati diametralmente opposti a quelli attesi. È purtroppo evidente l'aggravarsi dei problemi per le PMI situate in zone prossime a club che adottano la formula «tutto compreso» o grandi complessi alberghieri. |
3.23 |
L'agguerrita concorrenza tra i grandi tour operator stranieri, da un lato, e gli alberghi che offrono «pacchetti» per riempire le stanze disponibili, dall'altro, ha innescato il declino della qualità dei servizi offerti, il che si traduce anche nel discredito, all'estero, di determinate mete turistiche. Di fronte a queste pressioni, le PMI sono costrette ad operare sotto costo e vanno in perdita o in fallimento. |
3.24 |
Il sistema del «tutto compreso» non va rifiutato in blocco, in quanto può rispondere alle esigenze di un certo segmento del mercato turistico, ma, al pari degli altri prodotti turistici, va applicato conformemente al diritto, in condizioni di leale concorrenza con le altre offerte, in modo controllato e sulla base di fondi propri, escludendo gli aiuti di Stato. È necessaria una distribuzione per quanto possibile ampia delle entrate prodotte dal turismo, perché vi sia sviluppo anche «intorno» agli alberghi di lusso. Il visitatore deve poter stabilire - in base alle proprie disponibilità finanziarie - quanto consumerà all'interno o all'esterno dell'albergo. Tuttavia, questo è uno dei pochi segmenti di mercato che ha registrato una crescita malgrado il calo delle attività dei tour operator tradizionali negli ultimi anni. Mentre non si deve mai transigere sulla qualità, è però importante tenere presente che intere località turistiche hanno saputo sviluppare con successo questo mercato nel corso degli anni. È quindi necessario adottare una definizione chiara del mercato «tutto compreso» che rispecchi un prodotto di qualità, in modo da escludere i prodotti e i servizi di livello inferiore che vengono spacciati per pacchetti «tutto compreso». |
3.25 |
La stagionalità del turismo, derivante da una domanda eccessivamente concentrata nei mesi di luglio e agosto, limita le potenzialità di sviluppo del settore e i loro effetti sull'economia nel suo complesso; tale fenomeno incide di conseguenza sui flussi di entrate e comporta un utilizzo non ottimale delle infrastrutture esistenti e del personale. Le azioni che valorizzano l'occupabilità del personale e la redditività delle infrastrutture in bassa stagione favoriranno la creazione di un potenziale umano più attivo e produttivo, mentre il coordinamento effettuato per consentire l'utilizzo delle infrastrutture a determinati gruppi sociali o alle scuole, anche nei periodi «morti», servirà ad allungare di molto la stagione turistica, con tutti i vantaggi che ciò comporta. Una migliore distribuzione, nel corso dell'anno, delle vacanze dei lavoratori dipendenti tramite il ricorso ad incentivi appropriati contribuirà notevolmente ad attenuare la stagionalità. Grazie ad un maggiore utilizzo delle infrastrutture turistiche esistenti e del personale in bassa stagione, le imprese potrebbero sfruttare meglio le loro infrastrutture e aumentare la produttività, potendo contare su una manodopera più stabile e più motivata. Il CESE apprezza il fatto che un primo passo in questa direzione sia stato compiuto con l'iniziativa Calypso e invita la Commissione e il Parlamento europeo a dare impulso, in particolare attraverso impegni di bilancio, allo sviluppo di tale iniziativa, in considerazione delle sue ripercussioni sociali sul turismo europeo. |
3.26 |
Il CESE ritiene che il turismo sia un elemento importante per l'ambiente e abbia tutte le ragioni per proteggerlo e valorizzarlo. Il turismo non distrugge i paesaggi, non esaurisce le risorse né modifica i cicli naturali, ma ha bisogno di una programmazione adeguata e dell'attuazione di una politica razionale in questo campo. È proprio il turismo, infatti, che ha messo in luce e valorizzato intere zone prima considerate «da evitare», come i Docks di Londra, la spiaggia di Barcellona nei pressi del porto e altre ancora, offrendo al tempo stesso lavoro a milioni di cittadini dell'UE. |
3.27 |
In un'ottica più a lungo termine, la sfida dei cambiamenti climatici è giustamente riconosciuta dalla Commissione come il fattore scatenante di una profonda ristrutturazione dei modelli di viaggio e soggiorno. Gli operatori del settore già vedono profilarsi una trasformazione profonda nel modo in cui i prodotti turistici vengono sviluppati, presentati e commercializzati, trasformazione che prevede il ricorso a pratiche più ecologiche nel settore. A livello degli Stati membri occorre lanciare un'analisi dell'impatto dei cambiamenti climatici sul turismo e adottare misure efficaci di adattamento in linea con le implicazioni, in termini di competitività, delle previsioni relative ai cambiamenti climatici. |
3.28 |
Le azioni previste dalla Commissione per diversificare il prodotto turistico tengono conto della dinamica propria di tale settore, in quanto industria direttamente legata alla persona e alle sue molteplici esigenze. Il sostegno del turismo alternativo tramite una promozione più sistematica condurrà automaticamente a una migliore valorizzazione delle caratteristiche naturali locali e dei vantaggi comparativi di ciascuna regione. |
3.29 |
L'UE deve altresì affrontare delle problematiche che riguardano la società, come pure la coesione territoriale e la sua protezione. |
3.30 |
Per concludere, le azioni volte a rafforzare la mobilitazione delle risorse finanziarie dell'UE a favore dello sviluppo del turismo consentiranno di sfruttare le potenzialità del settore dando la priorità alle regioni che sono interessate dal fenomeno della deindustrializzazione dell'economia e offrono prospettive in campo turistico. |
3.31 |
Il turismo marittimo e costiero riveste particolare importanza in quanto catalizzatore dello sviluppo economico. Sarà necessario realizzare delle azioni volte a promuoverne lo sviluppo nell'ambito della politica marittima integrata dell'UE. La diversificazione delle attività economiche a favore del turismo è una priorità per molte zone costiere in cui il declino delle attività economiche legate in particolare alla pesca, alla costruzione navale, all'agricoltura e all'industria mineraria ha determinato una diminuzione dei redditi e un aumento della disoccupazione. Le imprese turistiche, soprattutto se piccole o micro, in molti casi operano nei pressi delle zone costiere o in regioni turistiche dalle caratteristiche analoghe, incarnando non soltanto la «componente» imprenditoriale e sociale, ma anche una dimensione storica di lunga data che spesso, in alcuni paesi dell'UE, supera il mezzo secolo; di conseguenza esse costituiscono anche un patrimonio culturale per gli abitanti di queste regioni. Per tale ragione, pur nel rispetto della regolamentazione dell'UE e con l'intento di preservare il patrimonio culturale, la qualità e la storia di ciascuna regione in cui queste imprese familiari sono state fondate, è possibile ipotizzare alcune iniziative per mantenere le imprese dove esse esistono. |
3.32 |
L'UE deve fare attenzione ai contenuti delle pubblicazioni riguardanti i suoi Stati membri, in quanto essi possono trasmettere al potenziale visitatore extraeuropeo un'immagine negativa e un senso di incertezza quanto all'opportunità di visitarli, con notevoli conseguenze negative per la loro promozione turistica. L'UE deve costituire un gruppo specifico per la gestione della comunicazione di crisi riguardo al turismo europeo e imporre agli Stati membri di costituire e far funzionare un gruppo analogo per ciascun paese. |
3.33 |
La politica europea e le politiche nazionali in materia di turismo dovranno tener conto di tutti questi cambiamenti strutturali adottando misure intese a evitare la disoccupazione strutturale, ma anche garantendo una ripartizione efficace degli investimenti destinati al turismo. |
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) GU C 32 del 5.2.2004, pag. 1.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/51 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Riesame dello «Small Business Act» per l'Europa
COM(2011) 78 definitivo
2011/C 376/09
Relatore: LANNOO
La Commissione europea, in data 23 febbraio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Riesame dello «Small Business Act» per l'Europa
COM(2011) 78 definitivo.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 155 voti favorevoli, 3 voti contrari e 11 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace che molte delle misure da esso stesso proposte siano state riprese nel riesame dello SBA. Riconosce inoltre che da alcuni anni le PMI (1) e le microimprese vengono prese maggiormente in considerazione nell'elaborazione dei testi dell'UE. Si rende altresì conto del sostegno apportato dal Parlamento e dagli Stati membri affinché le esigenze di tali imprese vengano considerate in modo più adeguato. Lo SBA rappresenta una svolta importante nella mentalità europea in quanto opta per lo sviluppo di una governance basata sul partenariato tra i poteri pubblici, gli enti territoriali, i partner economici e sociali e infine le organizzazioni rappresentative delle PMI e delle microimprese.
1.2 Il riesame dello Small Business Act per l'Europa (SBA) rappresenta una nuova tappa decisiva nel riconoscimento politico delle PMI e soprattutto delle microimprese. Il CESE invita innanzi tutto la Commissione, il Parlamento e il Consiglio nonché gli Stati membri e le regioni a porre il principio fondamentale «Pensare anzitutto in piccolo» al centro delle decisioni europee, nazionali e territoriali. Raccomanda inoltre agli Stati membri e alle regioni di adottare tale principio come base delle loro politiche a favore delle PMI nonché delle loro politiche economiche e industriali. Ritiene infine che lo SBA dovrebbe assumere un carattere maggiormente vincolante, soprattutto per le istituzioni dell'UE.
1.3 Il riesame dello SBA conferma la crescente importanza attribuita alle PMI. Tuttavia l'attuazione dello SBA e del suo principio Think small first («Pensare anzitutto in piccolo») è diversa da Stato membro a Stato membro, o addirittura inesistente. Lo stesso avviene nel quadro del processo legislativo e decisionale dell'UE.
1.4 Il CESE ritiene che la creazione di un rappresentante delle PMI (SME Envoy) a livello nazionale dovrebbe aiutare gli Stati membri ad attuare lo SBA e raccomanda di nominare un rappresentante delle PMI anche a livello regionale.
1.5 Il CESE si compiace delle proposte contenute nel Quadro finanziario pluriennale volte a creare un programma «Competitività delle PMI» nonché misure destinate alle PMI nei principali programmi post 2013. Nota tuttavia che la Commissione, e in particolare la DG Imprese e industria, non dispone di adeguate risorse umane per assicurare l'applicazione efficace dello SBA. Chiede alle istituzioni europee di adottare il programma «Competitività delle PMI» destinandolo soprattutto alle piccole e microimprese, e le invita ad assegnare a tale programma le risorse umane e finanziarie necessarie.
1.6 Occorre poi passare alla fase Act small first (Agire anzitutto in piccolo). Lo SBA non avrà il successo sperato senza la creazione di una vera e propria « governance di partenariato multiattore e multilivello ». È necessario garantire che gli interlocutori economici e sociali e tutti i soggetti pubblici e privati rappresentativi siano coinvolti nelle riflessioni politiche e nel processo legislativo sin dalle loro fasi iniziali. Il CESE chiede pertanto che le organizzazioni rappresentative delle diverse categorie di PMI prendano parte concretamente al processo legislativo e decisionale a tutti i livelli.
1.7 Il CESE infine invita la Commissione ad avviare senza indugio una concertazione con le organizzazioni europee rappresentative delle diverse categorie di PMI, allo scopo di definire le misure operative da adottare in via prioritaria. È necessario che il CESE favorisca detta concertazione tra i poteri pubblici e gli interlocutori economici e sociali negli Stati membri e nelle regioni.
2. Osservazioni generali
2.1 Un approccio alle realtà interne alla categoria delle PMI che resta ancora troppo globale
2.1.1 Lo slogan Think small first viene sempre tradotto facendo soprattutto riferimento alle PMI, mentre il 92 % delle imprese sono microimprese che operano su mercati molto diversi. Si tratta di importanti datori di lavoro che devono rappresentare l'obiettivo privilegiato dello SBA e delle politiche dell'UE. Le microimprese hanno tuttavia maggiori difficoltà ad applicare le politiche e le misure legislative dell'UE. Esse meritano dunque più attenzione, nonché un approccio adeguato e semplificato.
2.1.2 Le misure che deriveranno dallo SBA devono tenere conto delle realtà delle piccole imprese, come ad esempio la polivalenza dell'imprenditore, la trasmissione delle competenze e l'integrazione in un ambiente di prossimità. Bisogna anche tenere conto del fatto che, per quanto riguarda la messa in conformità alle molteplici disposizioni dell'UE, le PMI possono contare su un numero molto limitato di persone, contrariamente alle grandi imprese, che dispongono di numerosi dipendenti specializzati nei loro servizi.
2.1.3 Lo SBA riveduto intende prendere in considerazione le realtà delle diverse categorie di PMI, in funzione delle dimensioni, delle caratteristiche proprie e della struttura di tali imprese (produzione, commercio, libere professioni, ecc.), come pure le loro modalità operative in funzione dei diversi mercati. Il CESE ritiene che si debba prestare particolare attenzione alle imprese familiari e a quelle individuali, a livello sia europeo sia nazionale e regionale. Esorta quindi la Commissione e gli Stati membri ad adottare delle misure specificamente mirate sul piano regolamentare, amministrativo, fiscale e in materia di formazione.
2.1.4 Dato che tuttavia le attuali valutazioni d'impatto restano orientate verso le PMI in generale, è difficile ottenere informazioni precise circa gli effetti, le limitazioni e i benefici delle politiche e dei programmi dell'UE destinati a ciascuna di queste categorie. Per colmare tali lacune, la realizzazione di analisi e di studi mirati su dette categorie dovrebbe diventare prioritaria in tutti i programmi UE.
2.1.5 Le politiche e i programmi dell'UE, nonché le azioni dello SBA, sono chiamati a sostenere lo sviluppo e la competitività di tutte le imprese, non solo quelle a forte potenziale. È inoltre necessario fornire un appoggio al 95 % delle piccole e microimprese che operano sui mercati di prossimità e che, quali che siano le loro dimensioni, offrono anch'esse grosse opportunità di sviluppo e di occupazione al loro livello. Tuttavia, i metodi statistici attuali basati sul livello del fatturato compromettono il ruolo sociale e culturale di queste piccole imprese, in particolare a livello regionale e locale. Il CESE chiede che la Commissione ne tenga conto nelle sue analisi ed elabori gli indicatori pertinenti necessari.
2.1.6 Il CESE si compiace che lo SBA faccia riferimento alla dimensione internazionale delle PMI. Tuttavia, sottolinea che per la maggior parte delle piccole imprese l'internazionalizzazione è spesso una conseguenza del loro stesso sviluppo e non un fine di per sé. L'Unione europea dovrebbe inoltre accompagnarle più attivamente in queste attività, sostenendo le iniziative negli Stati membri e rilanciando il programma di cooperazione Interprise.
2.2 Le grandi politiche dell'UE tengono veramente conto dello SBA?
2.2.1 Nonostante i riferimenti all'interno di testi specifici, quali la strategia Europa 2020 e le sue diverse iniziative faro, nell'elaborazione delle grandi politiche dell'UE non viene in realtà tenuto conto dello SBA né dei suoi principi. Le piccole e microimprese sembrano essere ancora ignorate o sottovalutate nel quadro del processo legislativo; gli esempi che seguono ne sono una riprova.
2.2.2 Nell'ambito della politica dell'innovazione, viene quindi attribuita la priorità alle imprese a forte crescita. Questa visione ristretta non corrisponde alla realtà dell'innovazione in seno alle piccole imprese, dove sono invece necessari servizi di accompagnamento e strumenti adatti alle loro caratteristiche specifiche.
È anche il caso della politica energetica. Nel suo parere sulla politica energetica, le PMI e le microimprese (2), il CESE ha sottolineato che questa politica essenziale per il futuro dell'UE non si era mai concentrata sulla questione della sua attuazione da parte delle piccole e microimprese.
Infine, le valutazioni d'impatto relative alle misure destinate alla realizzazione del mercato interno non tengono adeguatamente conto della realtà delle piccole imprese e dei problemi che possono incontrare nel commercio transfrontaliero o nelle loro attività locali e di prossimità.
2.2.3 Il CESE raccomanda che tutte le proposte politiche collegate alle priorità dell'UE si fondino sul principio pensare anzitutto in piccolo. Invita le istituzioni europee a tenere conto degli interessi delle piccole e microimprese durante l'attuazione delle iniziative faro della strategia Europa 2020 e delle priorità dell'atto sul mercato unico.
2.2.4 A questo proposito il CESE si rallegra del fatto che nella comunicazione della Commissione sulle dodici leve per stimolare il mercato unico figuri, come prima azione chiave, la semplificazione dell'accesso delle PMI ai fondi di venture capital; queste disposizioni fanno parte della soluzione del problema più urgente per tali imprese, ossia il finanziamento. Il CESE chiede che tale iniziativa chiave non sia concepita in modo isolato, ma sia integrata da altre misure previste nella revisione dello Small Business Act.
2.3 Gli assenti dello SBA: l'accompagnamento delle piccole imprese e il ruolo delle organizzazioni imprenditoriali
2.3.1 Lo SBA fa riferimento alla necessità di accompagnamento delle piccole imprese. Il CESE ha spesso insistito sulla necessità di rafforzare le misure di accompagnamento e di consulenza alle piccole imprese, tramite servizi adatti, erogati secondo modalità diverse da organismi pubblici o privati. Sottolinea inoltre il ruolo essenziale delle organizzazioni imprenditoriali intermedie che fanno da tramite tra gli organi decisionali politici e le imprese e che svolgono questo ruolo di consulenza tanto verso le imprese quanto verso gli organi decisionali politici.
2.3.2 Il CESE ritiene che il sostegno a questo accompagnamento attraverso le diverse organizzazioni delle PMI e il miglioramento del dialogo tra queste ultime e gli organi decisionali politici a tutti i livelli siano due delle condizioni chiave per la competitività delle piccole imprese. Il più delle volte, tali organizzazioni sono le sole ad intervenire direttamente presso ogni singola impresa, in modo individuale e tenendo conto delle esigenze specifiche. È grazie ad esse che le imprese, anche quelle più piccole, sono in grado di applicare le misure legislative e di beneficiare di finanziamenti, in particolare quelli dell'UE, e che gli organi decisionali possono conoscere le loro reali esigenze al fine di adeguare le loro politiche.
2.3.3 Il CESE raccomanda quindi:
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che i programmi europei siano più facilmente accessibili per le organizzazioni delle PMI, in modo da consentire la realizzazione di azioni collettive; |
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che le legislazioni UE siano sostenute da strumenti di assistenza tecnica in grado di consentire alle organizzazioni di piccole imprese di svolgere le loro attività di informazione, accompagnamento e formazione; |
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che il ruolo di «sportello unico» svolto da tali organizzazioni venga valutato e potenziato, soprattutto per quanto concerne l'informazione, l'adeguamento e l'accesso ai programmi europei. |
2.3.4 Dinanzi ai tagli di bilancio e a causa della necessità di concentrare le risorse su determinate priorità, il CESE ritiene che il sostegno alla consulenza, all'accompagnamento, all'informazione e alla formazione delle PMI, in particolare delle piccole e microimprese, sia una delle priorità essenziali. Chiede pertanto che i programmi dell'UE privilegino tale sostegno e forniscano tutto l'appoggio necessario alle organizzazioni intermedie che rappresentano tutte le categorie di PMI.
3. Osservazioni specifiche
3.1 L'accesso ai finanziamenti
3.1.1 L'aggravamento della crisi economica ha reso sempre più difficile l'accesso delle PMI ai finanziamenti. In tali condizioni, gli organismi che prestano alle PMI garanzie sui loro scoperti bancari e controgaranzie sono diventati fondamentali. Il CESE auspica che la Commissione europea riconosca l'importanza del ruolo svolto da tali organismi in quanto strumento essenziale per agevolare le microimprese e le PMI nell'accesso ai finanziamenti.
3.1.2 Gli strumenti finanziari UE devono essere rivolti all'insieme delle PMI, comprese le più piccole. Il CESE raccomanda il rafforzamento dei meccanismi «di garanzia», affinché continuino ad essere rivolti all'insieme delle attività delle PMI. Si tratta in particolare della garanzia PMI che si è già dimostrata valida e che dovrebbe diventare il primo pilastro del programma di azione PMI post 2013. Il CESE chiede infine di facilitare l'accesso degli organismi finanziari non bancari, come gli organismi di garanzia o di reciproca garanzia, a questi strumenti finanziari.
3.1.3 Il CESE ritiene che le misure del Comitato di Basilea (Basilea III) consentiranno il necessario risanamento delle pratiche bancarie. Esprime tuttavia preoccupazione per l'impatto di tali misure, che rischia di rendere difficile l'accesso delle piccole imprese ai finanziamenti bancari e dunque di ridurre drasticamente le risorse finanziarie delle PMI e dell'economia reale in genere. Invita le istituzioni dell'UE, in particolare nel quadro delle future norme sull'adeguatezza dei fondi propri (CDR IV), a fare in modo che le nuove esigenze imposte alle banche non abbiano ripercussioni sul finanziamento delle PMI. Chiede inoltre di adottare delle misure che consentano alle banche, soprattutto le banche di prossimità e le cooperative di credito, nonché agli enti creditizi che offrono servizi di garanzia bancaria, di continuare a svolgere la loro funzione di finanziamento dell'economia reale.
3.1.4 Le diverse formule di capitale di rischio potrebbero essere interessanti per le imprese innovatrici o di altro tipo, a condizione che siano adeguate alle loro esigenze e realtà specifiche. L'Unione europea deve facilitare la creazione di un mercato del capitale di rischio che funzioni in modo fluido. Tali formule non possono tuttavia sostituire altri strumenti quali la garanzia. Le piccole imprese devono poter scegliere gli strumenti più adatti.
3.2 Verso una regolamentazione intelligente
3.2.1 Il CESE sottolinea che l'introduzione dei Test PMI nelle analisi d'impatto, le cui valutazioni includono ora anche gli effetti sociali e ambientali, rappresentano un'evoluzione particolarmente positiva. Invita dunque la Commissione a rafforzare questi test coinvolgendo maggiormente le piccole imprese e le microimprese. Oltre alla necessità che le analisi e i test siano condotti da organismi totalmente indipendenti, il CESE chiede che le organizzazioni di PMI vengano consultate per la preparazione delle analisi e che esse beneficino di un «diritto di risposta» prima della pubblicazione definitiva di tale analisi.
3.2.2 Nell'auspicare la riduzione degli oneri amministrativi per le PMI, il CESE raccomanda di integrare il principio Only Once («una sola volta») con quello One in, one out, in base al quale all'introduzione di un nuovo onere amministrativo deve sempre accompagnarsi l'abolizione di un altro già esistente. Tale principio dovrebbe essere applicato sia a livello europeo che a livello locale.
3.2.3 La volontà dello SBA rinnovato di applicare più efficacemente i principi Pensare anzitutto in piccolo e Only Once è lodevole: tutto dipende ora dalla sua effettiva applicazione a livello nazionale e in seno all'insieme delle direzioni generali della Commissione europea. Il CESE pertanto attribuisce una particolare importanza a:
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la realizzazione di analisi d'impatto di qualità, che tengano conto della diversità delle PMI in modo autonomo; |
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il ruolo del rappresentante PMI della Commissione, intermediario tra la Commissione europea e il mondo delle PMI incaricato di esaminare tutte le politiche che potrebbero concernere le piccole imprese, far valere il loro punto di vista e, se necessario, opporsi alle decisioni che potrebbero danneggiarle. |
3.2.4 La priorità dovrebbe essere attribuita alla proporzionalità nell'attuazione delle misure, affinché le piccole imprese si trovino a dover svolgere solo le formalità strettamente necessarie. Se gli organi decisionali dell'UE applicano rigorosamente il principio fondamentale Pensare anzitutto in piccolo, al quale hanno deciso di aderire, non dovrebbero essere previste esenzioni.
3.2.5 Riconoscere le differenze tra le microimprese non deve necessariamente portare alla generalizzazione dell'esenzione di tali imprese da talune formalità. Le esenzioni che dovessero rivelarsi necessarie, dovrebbero essere negoziate con i rappresentanti delle imprese interessate. In caso contrario, si corre il rischio di operare una classificazione negativa tra le imprese che applicano le norme e quelle che non lo fanno.
3.2.6 Il CESE raccomanda quindi quanto segue:
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applicare i principi Pensare anzitutto in piccolo e Only once in tutti i capitoli della strategia Europa 2020; |
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concepire fin dall'inizio le legislazioni in collaborazione con i rappresentanti delle piccole imprese interessate; |
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applicare sistematicamente il principio di proporzionalità durante l'attuazione di queste legislazioni; |
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evitare le sovraregolamentazioni nazionali e regionali durante il recepimento o l'applicazione dei testi; |
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coinvolgere il rappresentante PMI della Commissione nei lavori del Comitato per la valutazione d'impatto, incaricato di verificare la qualità delle analisi d'impatto. |
3.3 Accesso agli appalti
3.3.1 Lo SBA riconosce la necessità di facilitare l'accesso delle PMI agli appalti pubblici. Per incoraggiare la partecipazione di tali imprese agli appalti, non basta semplificare le procedure, occorre anche creare politiche favorevoli alle PMI negli Stati membri, il che per ora avviene solo in alcuni paesi.
3.3.2 Per il CESE è urgente che venga totalmente applicato il «Codice europeo di buone pratiche» (3) sugli appalti pubblici. Chiede pertanto alla Commissione di incoraggiare gli Stati membri ad adottare politiche favorevoli al fine di facilitare e rendere più efficace l'accesso delle PMI e delle microimprese agli appalti pubblici.
3.4 Lo spirito imprenditoriale e la creazione di posti di lavoro
3.4.1 Le imprese di piccole dimensioni presentano, al loro interno, relazioni sociali del tutto particolari e sentono soprattutto l'esigenza di manodopera qualificata. Il CESE riconosce inoltre che i lavoratori svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo delle PMI poiché possono essere una fonte d'innovazione e poiché condividono la realizzazione degli obiettivi dell'impresa. Ricorda altresì che le piccole imprese sono luoghi privilegiati di apprendimento e di formazione professionale e svolgono una funzione cruciale nell'acquisizione di competenze e nella valorizzazione delle conoscenze.
3.4.2 Il CESE si rammarica del fatto che i problemi del mercato del lavoro e dell'occupazione e la questione delle competenze di lavoratori e dirigenti siano quasi totalmente assenti dallo SBA, poiché si tratta di aspetti che incidono sulle capacità di sviluppo delle imprese e sul loro potenziale di creazione di posti di lavoro.
3.4.3 Il CESE sostiene gli sforzi della Commissione tesi a rafforzare l'imprenditorialità femminile e raccomanda di condividere guide di buone pratiche che comprendano sia azioni intraprese dagli Stati membri che azioni condotte dalle organizzazioni di PMI.
4. Come poter assicurare che lo SBA e le sue priorità siano prese in considerazione?
4.1 Garantire la governance di partenariato: la regola della governance multiattore e multilivello
4.1.1 La comunicazione sottolinea l'importanza di una solida governance e precisa che le grandi misure prioritarie dello SBA «avranno un effetto solo se si baseranno su una forte governance delle PMI». Le politiche, i programmi e le legislazioni dell'UE avranno efficacia solo se verranno concepiti e attuati di concerto con le organizzazioni intermedie rappresentative a tutti i livelli. Una delle priorità essenziali dello SBA riveduto deve consistere nel garantire questo partenariato nel processo legislativo e/o decisionale a livello europeo, nazionale e regionale.
4.1.2 Il CESE ritiene che se da un lato i panel PMI riveduti della rete Impresa Europa (Enterprise Europe Network) possono risultare ottime fonti di informazione, dall'altro lato essi non possono sostituirsi alle esperienze e alle competenze delle organizzazioni che rappresentano le PMI. La proposta di programma «Competitività delle PMI» del Quadro finanziario pluriennale non prevede alcuna disposizione per tali organizzazioni e mette l'accento esclusivamente sulla rete Impresa Europa; purtroppo però in diversi Stati membri non tutte le organizzazioni rappresentative delle diverse categorie di PMI fanno parte di tale rete. La rete dovrebbe formare oggetto di una valutazione approfondita e dovrebbero esserne migliorate la metodologia e le norme di funzionamento al fine di consentire una più ampia partecipazione delle organizzazioni delle diverse categorie di PMI presenti negli Stati membri.
4.2 Passare dalla fase del Think small first a quella dell'Act small first
4.2.1 Il CESE invita le istituzioni dell'UE a intraprendere le seguenti azioni:
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accordarsi tra loro sull'obbligo di integrare lo SBA e il relativo principio Think small first nelle loro decisioni in maniera più vincolante, il che incoraggerebbe le autorità nazionali e territoriali ad agire in maniera identica; |
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affermare un principio di precauzione, sotto l'autorità del rappresentante delle PMI, ispirandosi al sistema di Office of advocacy esistente nello SBA americano; tale sistema assicura che qualsiasi norma concernente le PMI non sia contraria agli interessi di queste imprese. |
4.3 Gli strumenti necessari
4.3.1 Il successo dello SBA rinnovato e della sua efficacia dipenderanno dalle risorse umane e finanziarie che saranno destinate alla sua attuazione. Il CESE si compiace del nuovo programma «Competitività delle PMI» proposto, le cui priorità dovrebbero essere le seguenti:
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controllo e valutazione dell'applicazione dei principi dello SBA in tutti i programmi e le legislazioni dell'UE, nonché negli Stati membri; |
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inserimento di un meccanismo di advocacy unit, per rafforzare l'efficacia delle valutazioni d'impatto tramite lo studio dei potenziali effetti delle future legislazioni sulle piccole e microimprese; |
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adozione di strumenti di competitività, di standardizzazione, di informazione e di cooperazione definiti in base al principio Pensare anzitutto in piccolo; |
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messa a disposizione di strumenti finanziari dedicati allo sviluppo delle PMI, e in particolare della garanzia PMI; |
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sostegno alle attività di accompagnamento e di consulenza delle organizzazioni di PMI e rafforzamento della governance di partenariato con le organizzazioni rappresentative; |
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analisi statistica ed economica delle diverse categorie di PMI tenendo conto della loro eterogeneità, realizzazione di studi e ricerche mirati su queste ultime, e diffusione di buone pratiche degli Stati membri e delle regioni a loro favore. |
4.3.2 Il CESE esprime preoccupazione per il numero ristretto di persone che all'interno delle istituzioni europee lavorano attualmente per le PMI e lo SBA. Risorse umane adeguate, corrispondenti alle ambizioni dello SBA devono essere quindi destinate soprattutto alla DG Imprese e industria, per l'attuazione di questo programma a favore delle PMI e in particolare per il suo monitoraggio.
4.3.3 Il CESE accoglie con favore la creazione dei rappresentanti delle PMI a livello nazionale il cui compito è di facilitare la realizzazione delle priorità dello SBA negli Stati membri e di fare in modo che le PMI e le microimprese abbiano voce in capitolo nelle politiche e nelle legislazioni nazionali. Tuttavia, ritiene che l'efficacia del dispositivo dipenderà dalla capacità dei rappresentanti delle PMI di influire sulle scelte politiche e sulle legislazioni nazionali nonché dalla qualità della cooperazione con le diverse organizzazioni di PMI.
4.3.4 Il CESE sottolinea l'importanza del gruppo consultivo in quanto organo di concertazione tra Commissione, Stati membri e organizzazioni europee di PMI. Questo gruppo consultivo potrebbe diventare un'istanza di concertazione sulle proposte legislative e i programmi operativi di tutte le direzioni generali della Commissione che si occupano di piccole e microimprese. Il CESE infine approva la nomina, da parte di diverse regioni, di un rappresentante regionale delle PMI e chiede di incoraggiare questo tipo di iniziative.
5. Misure politiche
5.1 Il CESE rivolge un invito alla Commissione perché gli presenti ogni anno il punto della situazione in un documento:
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che sottolinei l'attuazione dello SBA in seno ai suoi servizi, negli Stati membri e nelle regioni; |
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che analizzi la considerazione dei principi dello SBA nei testi dell'UE adottati dal Parlamento e dal Consiglio; |
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che tracci un bilancio sulla situazione e sui progressi conseguiti dinanzi al gruppo consultivo. |
Questo documento dovrebbe essere altresì trasmesso al Consiglio, al Parlamento e al Comitato delle regioni.
5.2 Il CESE chiede infine al Consiglio di prevedere ogni anno un consiglio Competitività speciale per le PMI, le microimprese e lo SBA.
5.3 Il CESE si rifà al principio del Vertice sociale tripartito per la crescita e l'occupazione, creato con decisione del Consiglio del 6 marzo 2003, e propone al Consiglio d'instaurare un Dialogo economico da tenersi due volte l'anno in occasione di una riunione del Consiglio Competitività. Al Dialogo parteciperebbero le organizzazioni europee rappresentative delle PMI, i ministri responsabili dell'Industria e delle PMI della Troika, gli Stati membri, la Commissione e il CESE in quanto rappresentante della società civile con l'obiettivo di coinvolgere i rappresentanti delle PMI e il mondo politico al più alto livello perché contribuiscano all'attuazione della strategia Europa 2020 da parte delle PMI.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Raccomandazionedella Commissione relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (2003/361/CE), GU L 124/36 del 20.5.2003.
(2) GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 118.
(3) http://ec.europa.eu/internal_market/publicprocurement/docs/sme_code_of_best_practices_it.pdf.
ALLEGATO
al Parere del Comitato economico e sociale europeo
Il seguente emendamento è stato respinto nel corso del dibattito, ma ha ottenuto più di un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno):
Punto 1.7 (nuovo)
Aggiungere un nuovo punto dopo l'attuale punto 1.6:
Esito della votazione
Voti contrari |
: |
66 |
Voti favorevoli |
: |
57 |
Astensioni |
: |
36 |
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/58 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali nelle Isole Canarie
COM(2011) 259 definitivo — 2011/0111 (CNS)
2011/C 376/10
Relatore generale: Bernardo HERNÁNDEZ BATALLER
Il Consiglio, in data 16 giugno 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Consiglio recante sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali nelle Isole Canarie
COM(2011) 259 definitivo — 2011/0111 (CNS).
L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 20 settembre 2011, ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.
Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 474a sessione plenaria dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 22 settembre), ha nominato relatore generale Bernardo HERNÁNDEZ BATALLER e ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli e 5 voti contrari.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) approva la proposta per la sua pertinenza socioeconomica e per la chiara legittimità dell'Unione europea ad adottare un provvedimento del genere, che tiene conto dell'esclusività delle sue competenze in materia doganale.
1.2 Inoltre, la proposta concerne solo un numero limitato di prodotti e beni che già godono di alcuni privilegi tariffari conformemente al disposto del regolamento (CE) n. 704/2002 del Consiglio, del 25 marzo 2002, prodotti ai quali ne vengono aggiunti solamente altri quattro (la gomma e taluni derivanti dei polimeri).
1.3 L'imposizione di controlli alla destinazione finale, conformemente al Codice doganale comunitario e alle sue misure di applicazione, è una procedura abituale in tale contesto e non comporta oneri amministrativi aggiuntivi di rilievo per le autorità regionali e locali o per gli operatori economici.
1.4 Il mantenimento della sospensione dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni dei prodotti industriali è giudicato vantaggioso per l'economia delle Isole Canarie, che ha subito le conseguenze della crisi in misura maggiore rispetto ad altre regioni dell'UE e della Spagna.
1.5 Il CESE ribadisce (1) che il mantenimento di regimi economici e fiscali specifici è uno strumento indispensabile per aiutare le regioni ultraperiferiche a superare le loro difficoltà strutturali.
2. Introduzione
2.1 Le Isole Canarie, con una superficie totale di circa 7 542 kmq, formano un arcipelago situato nell'Oceano Atlantico, a più di mille km di distanza dal punto più vicino della penisola iberica. Esse fanno parte, insieme all'arcipelago delle Azzorre, a Madera, alle isole Salvajes e alle isole di Capo Verde, della regione biogeografica denominata Macaronesia, e rientrano tra le cosiddette regioni «ultraperiferiche», vale a dire quelle caratterizzate, tra gli altri fattori, da una estrema lontananza ed insularità, in merito alle quali il CESE si è già espresso più volte (2).
2.1.1 La popolazione attuale è di 2 118 519 abitanti. Le isole più popolate sono Tenerife (906 854 abitanti) e Gran Canaria (845 676 abitanti) (3). Più dell'80 % della popolazione è dunque concentrata nelle due isole maggiori, il che comporta alcuni problemi sociali collegati con tassi elevati di disoccupazione e di emigrazione verso l'esterno.
2.1.2 A causa della loro lontananza, gli operatori economici di queste isole subiscono seri svantaggi economici e commerciali che si ripercuotono negativamente sulle tendenze demografiche, sull'occupazione e sull'evoluzione economica e sociale. In particolare, il settore industriale, quello edile e le industrie ad esso collegate sono stati severamente colpiti dalla crisi economica attuale che ha fatto aumentare la disoccupazione (superiore alla media nazionale spagnola), con il rischio che la situazione economica generale diventi ancora più vulnerabile per il carattere volubile del turismo internazionale, dal quale tali isole dipendono sempre di più.
2.1.3 Come il CESE ha già sottolineato (4), le isole soffrono svantaggi permanenti che le contraddistinguono chiaramente dalle regioni continentali. Detti svantaggi permanenti presentano caratteristiche comuni, anche se di diversa portata, più precisamente: isolamento rispetto al continente, elevati costi supplementari per i trasporti marittimi e aerei, le comunicazioni e le infrastrutture, a causa degli ostacoli naturali e climatici, limitata estensione dei terreni, limitate risorse ittiche, poca disponibilità di risorse idriche, scarsità di fonti energetiche, inquinamento del mare e delle coste, problemi nella gestione dei rifiuti, diminuzione del numero di abitanti, in particolar modo dei giovani, erosione delle coste, penuria di manodopera specializzata, mancanza di un ambiente economico per le imprese e difficoltà di accesso all'istruzione e all'assistenza sanitaria, tra gli altri.
2.1.4 Il CESE si è già espresso (5) a proposito del concetto di «costi supplementari» delle regioni ultraperiferiche e ha elaborato un elenco non esaustivo che va dai costi per il trasporto di beni, materiali e persone, che risultano più cari, fino ai costi di stoccaggio, assunzione e avvio, anch'essi più elevati.
2.1.5 Il settore industriale delle Canarie produce principalmente per il mercato locale delle isole e ha enormi difficoltà a trovare clienti al di fuori delle isole stesse. Questa situazione difficile è dovuta principalmente ad una mancanza di mezzi di trasporto e ai costi elevati di acquisto e di distribuzione delle merci. Tutto ciò incide negativamente sui costi di fabbricazione dei prodotti finiti, che può portare ad un aumento dei costi di produzione rispetto a quelli sostenuti da imprese analoghe sul continente.
3. Le Isole Canarie e l'Unione europea
3.1 Le Isole Canarie sono entrate a far parte dell'Unione europea con l'adesione del Regno di Spagna nel 1986. L'Atto di adesione di Spagna e Portogallo ha riconosciuto la situazione economica e sociale particolarmente difficile dell'arcipelago. A causa dei suoi problemi specifici, all'inizio le Isole Canarie sono state escluse dal territorio doganale comunitario, dalla politica commerciale comune, dalla PAC e dalla politica comune della pesca.
3.2 Al fine di assicurare l'integrazione di tali isole, l'Unione ha dovuto riconoscere i loro problemi specifici e le relative implicazioni. Negli ultimi anni, sono state varate misure che, grazie ad un approccio comprensivo che tiene conto della situazione di insularità e di ultraperifericità, hanno ridotto progressivamente il livello e la portata di tali deroghe. Le Canarie fanno dunque pienamente parte del territorio doganale comunitario dal 31 dicembre 2000, data in cui la tariffa doganale comune è stata introdotta nella sua totalità (6).
3.3 Questo ha portato all'adozione del regolamento (CE) n. 1911/91 del Consiglio, relativo all'applicazione delle disposizioni del diritto comunitario alle Isole Canarie (7), che è stato oggetto di diverse modifiche. In applicazione di tale regolamento sono state elaborate misure specifiche attraverso la decisione 91/314/CEE che istituisce un programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all'insularità delle Isole Canarie (Poseican) (8). Tale programma ha consentito di modulare alcune politiche comuni e di adottare determinate misure specifiche a favore delle Canarie.
3.4 Il regolamento (CE) n. 704/2002 del Consiglio, del 25 marzo 2002, sospende temporaneamente i dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali e disciplina l'apertura e le modalità di gestione di contingenti tariffari comunitari autonomi sulle importazioni di alcuni prodotti della pesca nelle Isole Canarie. Ai sensi di tale regolamento, la sospensione dei dazi della tariffa doganale comune per taluni beni strumentali ad uso commerciale e industriale terminerà il 31 dicembre 2011. È per tale motivo che, prima che il regolamento (CE) n. 704/2002 giunga a scadenza, la Commissione presenta la proposta oggetto del presente parere.
3.5 Inoltre, l'articolo 349 del TFUE riconosce alle Isole Canarie lo status di regione ultraperiferica e, tenuto conto della loro situazione socioeconomica strutturale, aggravata dalla loro grande distanza, dall'insularità, dalla superficie ridotta, dalla topografia e dal clima difficili, dalla dipendenza economica da alcuni prodotti, fattori la cui persistenza e il cui cumulo recano grave danno al loro sviluppo, dà facoltà al Consiglio, su proposta della Commissione, di adottare misure specifiche, tra cui quelle concernenti la politica doganale, commerciale e fiscale, le zone franche, la politica agricola e della pesca, le condizioni di approvvigionamento di materie prime e beni di consumo essenziali, gli aiuti di Stato e le condizioni di accesso ai fondi strutturali e ai programmi orizzontali dell'Unione.
4. La proposta di regolamento del Consiglio
4.1 Il TFUE permette di adottare misure specifiche per aiutare le regioni ultraperiferiche dell'Unione a superare gli svantaggi economici di cui soffrono a causa della loro situazione geografica. Il prolungarsi della crisi economica e finanziaria ha inasprito i problemi delle Isole Canarie in materia di creazione di posti di lavoro e di perdita della competitività.
4.2 Di conseguenza, il governo spagnolo ha richiesto di prolungare, mediante proposta di regolamento del Consiglio, l'attuale regime di sospensione tariffaria sulle importazioni di taluni prodotti in queste isole. Vengono inoltre sospesi i dazi della tariffa doganale comune relativi a quattro nuovi prodotti.
4.3 Obiettivo della proposta è la coerenza con le altre politiche dell'Unione, in particolare nell'ambito del commercio internazionale, della concorrenza, delle imprese, dello sviluppo e delle relazioni esterne. Si tratta di misure solitamente adottate a scadenza periodica per rafforzare gli operatori economici.
4.3.1 La proposta consente agli operatori economici locali delle Isole Canarie di importare in franchigia doganale talune materie prime, pezzi di ricambio, componenti e beni strumentali usufruendo della sospensione temporanea dei dazi corrispondenti.
4.3.1.1 Più precisamente, dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2021 sono sospesi integralmente i dazi della tariffa doganale comune applicabili alle importazioni nelle Isole Canarie dei beni strumentali ad uso commerciale o industriale di cui all'allegato della proposta di regolamento.
4.3.1.2 Tali merci sono utilizzate per un periodo di almeno 24 mesi a decorrere dall'immissione in libera pratica da parte degli operatori economici stabiliti nelle Isole Canarie.
4.3.1.3 Sempre dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2021 sono sospesi integralmente i dazi della tariffa doganale comune applicabili alle importazioni nelle Isole Canarie delle materie prime, dei pezzi di ricambio e dei componenti che corrispondono ai codici NC elencati nell'allegato II aggiornato e destinati alla trasformazione industriale e alla manutenzione nelle Isole Canarie.
4.3.2 Al fine di evitare abusi o modifiche dei flussi commerciali tradizionali, è previsto che i prodotti che usufruiscono della sospensione dei dazi siano sottoposti a meccanismi di cooperazione e a controlli della destinazione finale.
4.3.3 Al fine di beneficiare della sospensione dei dazi le materie prime, i pezzi di ricambio e i componenti devono essere destinati alla trasformazione industriale e alla manutenzione nelle Isole Canarie.
4.3.4 Inoltre, i beni strumentali dovranno essere utilizzati dalle imprese locali delle isole per un periodo minimo di due anni, prima di poter essere venduti liberamente ad imprese stabilite nel resto del territorio doganale dell'Unione europea.
4.3.4.1 Affinché gli investitori dispongano di prospettive a lungo termine e gli operatori economici possano raggiungere un adeguato livello di attività industriali e commerciali, si prevede di prolungare integralmente per un periodo di dieci anni la sospensione dei dazi della tariffa doganale comune applicabili a taluni prodotti elencati nell'allegato II e III del regolamento (CE) n. 704/2002.
4.3.4.2 Al fine di garantire che soltanto gli operatori economici stabiliti sul territorio delle Isole Canarie si avvalgano delle misure tariffarie previste, le sospensioni devono essere subordinate alla destinazione finale dei prodotti, conformemente al Codice doganale comunitario. In caso di deviazioni degli scambi, le competenze di esecuzione devono essere conferite alla Commissione, attribuendole la facoltà di revocare la sospensione in via temporanea.
5. Osservazioni generali
5.1 Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di modifica del regolamento e ritiene che le misure particolari previste possano essere adottate senza mettere a repentaglio l'integrità e la coerenza dell'ordinamento giuridico dell'Unione, inclusi il mercato interno e le politiche comuni.
5.2 Queste motivazioni di carattere giuridico ed economico sono confermate da altre circostanze, ad esempio il fatto che il gruppo di lavoro Economia tariffaria della Commissione non abbia opposto alcuna obiezione alla futura adozione delle misure in questione e il fatto che la loro elaborazione non abbia avuto bisogno di una valutazione d'impatto, dato il loro carattere universale.
5.3 La Commissione basa la proposta di regolamento sull'articolo 349 del TFUE, anche se il contenuto delle misure fa integralmente riferimento alla politica doganale, competenza esclusiva dell'UE. Di conseguenza, prevedere la trasmissione della proposta ai parlamenti nazionali risulta essere una misura troppo formalistica, che forse deriva da una lettura in senso troppo ampio dell'articolo 2, primo paragrafo del Protocollo n. 1 allegato al TUE e al TFUE (relativo al ruolo dei parlamenti nazionali nell'UE).
5.4 Questo comporterà con ogni probabilità un rallentamento della procedura di adozione del regolamento e forse farà sorgere polemiche o controversie di carattere interno che spesso compromettono l'interesse generale dell'UE o la corretta realizzazione di alcuni obiettivi specifici, ad esempio la difesa dei territori e delle regioni ultraperiferiche dalle loro condizioni economiche sfavorevoli.
5.5 Sarebbe inoltre opportuno delimitare quantitativamente e qualitativamente il concetto di «deviazione degli scambi» che potrebbe dare alla Commissione la facoltà di adottare, mediante misure di esecuzione, la revoca delle esenzioni tariffarie.
5.6 Questo risulta indispensabile soprattutto se si considera che la valutazione dell'aspetto quantitativo di tale deviazione rende necessarie analisi economiche di mercato assai complesse volte a determinare l'equilibrio reale tra le importazioni di determinati prodotti e le esigenze dettate dalla domanda di questi stessi prodotti sui mercati insulari.
5.7 Analogamente, sarebbe opportuno chiarire la natura giuridica degli atti che prevedono una decisione definitiva circa il mantenimento o la soppressione della revoca del regime di sospensione, una volta trascorso il limite di 12 mesi di cui all'articolo 4, paragrafo 1 della proposta di regolamento.
5.8 Siccome spetta al Consiglio adottare, mediante procedura legislativa speciale, il regolamento di sospensione temporanea oggetto del presente parere, è logico che sia sempre il Consiglio ad adottare tale decisione definitiva, limitando in tal modo la competenza delegata della Commissione all'eventuale adozione degli atti relativi alla citata sospensione temporanea per un periodo massimo di 12 mesi.
5.9 Per il CESE la proposta contribuisce a garantire la coesione economica, sociale e territoriale e dà alle Isole Canarie l'opportunità di competere su un piede di parità con tutto il territorio dell'UE, compensando gli svantaggi permanenti di carattere geografico, naturale, economico, sociale e strutturale che le caratterizzano.
5.10 La prevista sospensione dei dazi è conforme al principio di proporzionalità, data l'intensità degli svantaggi di cui soffrono le Isole Canarie in termini di livello di accessibilità, situazione demografica e, eventualmente, produttività. Il CESE ritiene che tale sospensione debba compensare i costi aggiuntivi legati alla situazione particolare di dette isole e non costituisca un fattore di distorsione del mercato bensì un elemento di equilibrio.
6. Osservazioni specifiche
6.1 Dato che non è possibile ridurre il deficit di accessibilità al continente europeo, per compensare gli svantaggi strutturali delle Isole Canarie è stato creato un regime economico e fiscale differenziato che ha reso più dinamica l'economia di tali isole.
6.2 Il mercato delle Isole Canarie e le imprese che vi operano presentano dimensioni che non consentono di portare avanti politiche volte alla creazione di sinergie tra i servizi di materie prime, vuoi per i processi produttivi, per i trasporti, per la commercializzazione ai fini del soddisfacimento dei consumi interni o per la capacità di esportazione. In tal modo le imprese delle Canarie vengono private della possibilità di mettere insieme valore aggiunto in maniera sostenibile oppure attraverso costi marginali legati alla domanda (traendo beneficio dalle economie di scala).
6.3 Tutti questi fattori di insularità e i cosiddetti «costi aggiuntivi» fanno sì che il settore industriale risulti meno competitivo rispetto ad altri mercati che in un ambiente quanto mai globalizzato risultano sempre più importanti per le possibilità di delocalizzazione. L'economia delle Canarie deve pertanto subire le conseguenze del declino di un settore che crea posti di lavoro stabili e maggiormente qualificati, e nell'ambito del quale è possibile sviluppare più facilmente processi innovativi.
6.4 I meccanismi fiscali e tariffari hanno cercato di compensare i «costi aggiuntivi» che il settore industriale è obbligato a sostenere a causa della «ultraperifericità». Un recente studio valuta a 5 988 273 924 euro i «costi aggiuntivi» della ultraperifericità delle Canarie, dei quali il 25 % è a carico dell'industria.
6.5 Per il settore industriale delle Canarie, il 32 % dei costi aggiuntivi è dovuto alla cosiddetta «capacità produttiva superflua», vale a dire i costi aggiuntivi determinati dalla mancata utilizzazione dei vantaggi legati alle economie di scala. Questo è dovuto al fatto che le imprese delle Isole Canarie dispongono di un mercato locale limitato e hanno difficoltà ad accedere ai mercati esterni, dato che un 25 % dei costi aggiuntivi è rappresentato dai trasporti e un 28 % dall'energia.
Bruxelles, 22 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Cfr. GU C 211 del 19.8.2008, pag. 72.
(2) Cfr. GU C 221 del 17.9.2002, pag. 37.
(3) Dati dell'Istituto spagnolo di statistica.
(4) Cfr. GU C 268 del 19.9.2000, pag. 32.
(5) Cfr. GU C 211 del 19.8.2008, pag. 72.
(6) Atto di adesione, Protocollo n. 2.
(7) Cfr. GU L 171 del 29.6.1991, pag. 1.
(8) Cfr. GU L 171 del 29.6.1991, pag. 5.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/62 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che attribuisce all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) una serie di compiti inerenti alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui la convocazione di rappresentanti del settore pubblico e privato in un Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria
COM(2011) 288 definitivo — 2011/0135 (COD)
2011/C 376/11
Relatore: McDONOGH
Il Consiglio, in data 15 giugno 2011, e il Parlamento europeo, in data 7 giugno 2011, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 118, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che attribuisce all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) una serie di compiti inerenti alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui la convocazione di rappresentanti del settore pubblico e privato in un Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria
COM(2011) 288 definitivo — 2011/0135 (COD).
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 152 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.
1. Osservazioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la proposta di regolamento, presentata dalla Commissione, intesa a potenziare l'Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria, affidandone le competenze all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (UAMI). L'Osservatorio svolge un lavoro essenziale per il sistema europeo di protezione della proprietà intellettuale e ha bisogno di maggiori risorse per portare avanti il suo compito. |
1.2 |
Il CESE sta elaborando un parere a parte sulla recente comunicazione della Commissione che propone una strategia per il mercato unico della proprietà intellettuale (1). I diritti di proprietà intellettuale sono un importante fattore di innovazione tecnologica e commerciale, da cui l'Europa dipenderà per la ripresa economica e la crescita futura (2). La natura della gestione dei diritti di proprietà intellettuale è anche essenziale per l'affermazione della cultura europea e per la qualità di vita di cui godono i cittadini europei. |
1.3 |
Il CESE non ritiene che la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva possa essere attuata senza creare un vero e proprio mercato unico della proprietà intellettuale. Per molti anni il CESE ha chiesto che venissero armonizzate le disposizioni europee e nazionali intese a promuovere l'innovazione, la creatività e il benessere dei cittadini, sostenendo iniziative intese a rendere accessibili al massimo di persone opere, beni e servizi (3). |
1.4 |
Il Comitato è in linea di massima d’accordo con la proposta di regolamento, grazie alla quale si affidano all'UAMI le funzioni e le attività relative alla gestione dell'Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria, tra le quali quelle concernenti i diritti d'autore e i diritti connessi, e i brevetti. Il CESE ritiene che la proposta di affidare tali compiti all'UAMI, agenzia dell'UE già esistente, consentirebbe all'Osservatorio di trarre vantaggio dalle competenze, delle risorse e dei finanziamenti di cui già dispone l'UAMI in materia di proprietà intellettuale e di diventare operativo in breve tempo. Il Comitato si compiace inoltre che questo rappresenti, in termini di bilancio, una soluzione efficace dal punto di vista dei costi. |
1.5 |
In linea di principio, il CESE è d'accordo con la proposta di estendere il numero dei compiti affidati all'UAMI in relazione all'Osservatorio per includervi la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e delle agenzie preposte alla tutela circa l'importanza dei diritti di proprietà intellettuale e il modo migliore di proteggerli, la ricerca sulla contraffazione e la regolamentazione dei diritti di proprietà intellettuale, e il miglioramento dello scambio d'informazioni online per promuovere la tutela di tali diritti. |
1.6 |
Il CESE è fermamente convinto di dover figurare nell'elenco, di cui all'articolo 4 della proposta di regolamento, delle organizzazioni convocate alle riunioni dell'Osservatorio. |
1.7 |
Il Comitato chiede con insistenza di essere citato nell'articolo 8 del regolamento, insieme al Consiglio e al Parlamento europeo, tra i destinatari della relazione di valutazione dell'applicazione del regolamento. |
1.8 |
Gli uffici nazionali per la proprietà intellettuale svolgono un ruolo essenziale nell'applicazione dei diritti di proprietà intellettuale. Il CESE si compiace del giudizio della Commissione secondo cui tali uffici sono considerati come facenti parte del novero degli «esperti delle pubbliche amministrazioni, organismi e organizzazioni che operano nel campo della tutela dei diritti di proprietà intellettuale» che, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, sono convocati alle riunioni dell'Osservatorio. |
1.9 |
Una risoluzione tempestiva, equa e coerente delle dispute riguardanti accuse di contraffazione o pirateria accrescerebbe la fiducia nella legislazione in materia di diritti di proprietà intellettuale e creerebbe condizioni di applicazione migliori. Il CESE invita pertanto la Commissione a incaricare specificamente l'UAMI, nell'articolo 2 della proposta, di contribuire a una conoscenza e una comprensione migliori delle buone prassi in materia di risoluzione delle dispute sui diritti di proprietà intellettuale, dedicando particolare attenzione alla pertinente giurisprudenza degli Stati membri. Non si dovrà tuttavia ostacolare il ricorso ai tribunali competenti. |
1.10 |
Il CESE attende di pronunciarsi più estesamente, a tempo debito, sulla gestione dei diritti collettivi nell'UE. Nondimeno l'UAMI potrebbe contribuire a un significativo miglioramento delle condizioni di applicazione del diritto d'autore raccogliendo informazioni sulle varie prassi in uso presso gli uffici competenti di tutta l'UE. Il CESE invita la Commissione a menzionare tale questione nell'articolo 2 del regolamento. |
2. Contesto
2.1 |
I diritti di proprietà intellettuale, che comprendono i brevetti, i marchi, i disegni e le indicazioni geografiche nonché i diritti d'autore (copyright) e i diritti connessi (per artisti, produttori ed emittenti) costituiscono un caposaldo dell'economia dell'UE e un fattore essenziale della sua crescita ulteriore. |
2.2 |
Nel 2009, il valore dei 10 marchi top nei paesi UE ammontava a quasi il 9 % del PIL medio. Nel 2006 i settori creativi basati sui diritti d'autore, come i programmi per computer, la pubblicazione di libri e di periodici, la musica e i film, hanno contribuito nella misura del 3,3 % alla formazione del prodotto interno lordo dell'UE. In tali settori operano circa 1 400 000 piccole e medie imprese, che danno lavoro a 8 500 000 persone. Nel periodo 1996-2006 l'occupazione nell'economia della conoscenza è aumentata del 24 %, contro il 6 % degli altri settori. |
2.3 |
Vari studi pubblicati dal settore e da organizzazioni internazionali confermano l'aumento costante del commercio di prodotti pirata o contraffatti e giungono alla conclusione che questo fenomeno:
|
2.4 |
Nel 2009 il Consiglio (9) e la Commissione (10), hanno istituito l'Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria (di seguito «l'Osservatorio»), con l'obiettivo di migliorare la conoscenza delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale. |
2.5 |
L'Osservatorio è un centro di esperti che raccolgono, monitorano e trasmettono informazioni e dati relativi alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale. Esso agisce anche come piattaforma per la cooperazione tra i rappresentanti degli uffici nazionali e le parti interessate ai fini dello scambio di idee e competenze sulle migliori pratiche, dello sviluppo di strategie comuni di protezione e dell'elaborazione di raccomandazioni ai responsabili politici. |
2.6 |
Nonostante si senta sempre più il bisogno di affidare un ruolo maggiore all'Osservatorio, non è possibile estenderne l'ambito di competenze e svilupparne le attività operative. Entrambi questi aspetti richiedono infatti un'infrastruttura sostenibile in termini di risorse umane, finanziamenti e impianti IT nonché l'accesso alle necessarie conoscenze in materia. |
2.7 |
La Commissione ha proposto una nuova strategia globale in materia di diritti di proprietà intellettuale (11) nel quadro del programma generale rivolto a promuovere la crescita sostenibile e l'occupazione nel mercato unico e ad accrescere la competitività dell'Europa sul piano mondiale. Detta strategia è complementare alla strategia Europa 2020, all'Atto per il mercato unico (12) e all'agenda digitale per l'Europa, e ne costituisce un elemento importante. |
2.8 |
In una recente comunicazione, sulla quale il CESE sta elaborando un parere a parte, la Commissione prevede la creazione di un mercato unico della proprietà intellettuale (13). Tra i primi risultati di questa strategia relativa ai diritti di proprietà intellettuale figura la proposta di regolamento volta a potenziare l'Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria, affidandone i compiti all'Ufficio per l'armonizzazione del mercato interno (UAMI). Questo consentirà all'Osservatorio di allargare l'ambito delle sue attività e di approfittare delle competenze dell'UAMI in materia di proprietà intellettuale e dei notevoli risultati conseguiti per quanto concerne i marchi e i modelli. |
2.9 |
L'articolo 2 del regolamento proposto comprende una lista esauriente di compiti ed attività da affidare all'UAMI, tra cui il rafforzamento della capacità di applicazione nell'UE, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sull'impatto delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e la promozione di un clima generale adeguato per un'effettiva applicazione. |
2.10 |
La Commissione ha condotto una valutazione d'impatto delle varie opzioni per incrementare la capacità dell'Osservatorio di soddisfare le esigenze della nuova strategia in materia di diritti di proprietà intellettuale (14). La Commissione giunge alla conclusione che trasferire le competenze dell'Osservatorio all'UAMI è l'opzione migliore in quanto l'UAMI dispone di finanziamenti e di strutture adeguate e sarà in grado di realizzare gli obiettivi dell'Osservatorio non appena il regolamento di base sarà stato modificato. |
3. Osservazioni
3.1 |
Il CESE riunisce i vari interessi economici e sociali e i differenti soggetti della società civile dell'UE. Attraverso la sintesi delle molteplici prospettive ed esperienze dei suoi membri, questa istituzione unica nel suo genere svolge un ruolo essenziale nella concezione e nella formulazione delle politiche. Inoltre il CESE attribuisce grande importanza alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, e ha lavorato assiduamente, negli anni, per contribuire a dare forma alla politica europea in materia. Esso è pertanto molto sorpreso e deluso della propria esclusione dall'elenco delle organizzazioni convocate alle riunioni dell'Osservatorio in base all'articolo 4 della proposta di regolamento. Tale omissione dovrebbe essere rettificata per garantire che il CESE possa contribuire ai lavori dell'Osservatorio e alle conoscenze che questo sviluppa. |
3.2 |
L'Osservatorio dovrebbe comprendere rappresentanti delle varie organizzazioni della società civile, comprese quelle dei datori di lavoro, quelle sindacali, quelle degli autori e quelle dei consumatori. |
3.3 |
Il CESE è inoltre fermamente convinto di dover figurare, accanto al Consiglio e al Parlamento, tra i destinatari della relazione di valutazione sull'applicazione del regolamento, di cui all'articolo 8 del regolamento stesso. |
3.4 |
Tra i danni causati da un'inadeguata gestione e protezione dei diritti di proprietà intellettuale figura il finanziamento delle reti criminali e terroristiche. Il riciclaggio di denaro sporco e la contraffazione sono reati contro cui occorre lottare con impegno. Tra le attività dell'Osservatorio dovrebbe rientrare l'elaborazione di studi sulla natura e la portata dei comportamenti illeciti. |
3.5 |
Una protezione coerente dei diritti di proprietà intellettuale implica la necessità di promuovere e di potenziare una vera e propria cooperazione amministrativa al fine di combattere la contraffazione e la pirateria, attraverso un autentico partenariato volto a realizzare un mercato interno senza frontiere. A tal fine, è opportuno creare una rete efficiente di punti di contatto su tutto il territorio dell'UE. |
3.6 |
I cittadini e le imprese di tutti gli Stati membri devono sapere a quale organizzazione rivolgersi per informazioni e sostegno in materia di applicazione dei diritti di proprietà intellettuale. L'Osservatorio dovrebbe far conoscere gli uffici nazionali per la proprietà intellettuale come punti di contatto primari per l'applicazione della relativa legislazione in ciascuno Stato membro. |
3.7 |
Nel rispetto del principio di sussidiarietà, gli Stati membri dovrebbero includere gli uffici nazionali per la proprietà intellettuale tra le organizzazioni convocate alle riunioni dell'Osservatorio a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, della proposta. Il loro coinvolgimento rafforzerebbe l'esperienza pratica dell'Osservatorio e la capacità di applicazione in tutta l'Europa. |
3.8 |
Tutti gli enti preposti alla tutela di diritti di proprietà intellettuale e gli uffici nazionali responsabili dei diritti di proprietà industriale dovranno inoltre disporre di una rete elettronica che consenta un efficace scambio d'informazioni sulle violazioni di tali diritti. La creazione di detta rete dovrebbe figurare tra le priorità dell'Osservatorio. |
3.9 |
Le controversie in materia di titolarità dei diritti di proprietà intellettuale e le accuse di contraffazione e di pirateria sono spesso difficili da risolvere. A norma dell'articolo 2, paragrafo 2, della proposta di regolamento, l'UAMI potrebbe comparare la giurisprudenza relativa a dispute in materia di diritti di proprietà intellettuale e contribuire a risolvere le controversie nell'UE senza ostacolare il ricorso ai giudici competenti. |
3.10 |
L'UAMI dovrebbe in particolare offrire un sostegno mirato alle piccole e medie imprese e alle piccole e medie industrie, che spesso sono vittime della contraffazione, affinché siano maggiormente consapevoli dei loro diritti. Per garantire il successo della strategia Europa 2020, occorre concentrarsi maggiormente sulla promozione delle imprese recentemente avviate (start-up) e delle PMI. |
3.11 |
Il regolamento sull'attribuzione all'UAMI di alcuni compiti connessi ai diritti di proprietà intellettuale è inteso tra l'altro a migliorare in tutta l'UE le condizioni di applicazione dei diritti di proprietà intellettuale e a raccogliere informazioni pertinenti, compresa la giurisprudenza, che possano contribuire al raggiungimento di tale obiettivo. A questo proposito, è importante che l'UAMI raccolga delle informazioni sulle pratiche delle società di riscossione e la giurisprudenza pertinente relativa a controversie in questo campo, nell'ottica di accrescere la comprensione e la consapevolezza dei problemi derivanti da una normativa inadeguata. |
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) COM(2011) 287 definitivo - Un mercato unico dei diritti di proprietà intellettuale.
(2) Cfr. la strategia Europa 2020 (COM(2010) 2020 definitivo), l'Analisi annuale della crescita 2011 (COM(2011) 11 definitivo, Un'Agenda digitale europea (COM(2010) 245 definitivo), L'Atto per il mercato unico (COM(2011) 206 definitivo) e L'Unione dell'innovazione (COM(2010) 546 definitivo).
(3) Cfr. GU C 116 del 28.4.1999, pag. 35; GU C 155 del 29.5.2001, pag. 80; GU C 221 del 7.8.2001, pag. 20; GU C 32 del 2.2.2004, pag. 15; GU C 108 del 30.4.2004, pag. 23; GU C 324 del 30.12.2006, pag. 7; GU C 256 del 27.10.2007, pag. 3; GU C 182 del 4.8.2009, pag. 36; GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 8; GU C 228 del 22.9.2009, pag. 52; GU C 306 del 16.12.2009, pag. 7; GU C 18 del 19.1.2011, pag. 105; GU C 54 del 19.2.2011, pag. 58.
(4) TERA Consultants, Costruire un'economia digitale: marzo 2010, http://www.iccwbo.org/bascap/id35360/index.html.
(5) Commissione europea, direzione generale della Fiscalità e dell’unione doganale, «Relazione sull’azione delle dogane UE per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale» del 2009
http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/customs/customs_controls/counterfeit_piracy/statistics/statistics_2009.pdf.
(6) Technopolis (2007), Gli effetti della contraffazione sulle PMI europee
http://ec.europa.eu/enterprise/enterprise_policy/industry/doc/Counterfeiting_Main%20Report_Final.pdf.
(7) Frontier Economics, (maggio 2009), L'impatto della contraffazione sui governi e sui consumatori
http://www.iccwbo.org/uploadedFiles/BASCAP/Pages/Impact%20of%20Counterfeiting%20on%20Governments%20and%20Consumers%20-%20final%20doc.pdf-%20Final%20doc.pdf
(8) Unicri, La contraffazione: un fenomeno globale, 2008, http://counterfeiting.unicri.it/report2008.php.
(9) Risoluzione del Consiglio del 25.9.2008 (GU C 253 del 4.10.2008, pag. 1).
(10) Comunicazione della Commissione dell'11 settembre 2009Migliorare la tutela dei diritti di proprietà intellettuale nel mercato interno – COM(2009) 467 definitivo.
(11) COM(2011) 287 definitivo - Un mercato unico dei diritti di proprietà intellettuale.
(12) COM(2011) 206 definitivo - L'Atto per il mercato unico – Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia «Insieme per una nuova crescita».
(13) COM(2011) 287 definitivo.
(14) SEC(2011) 612 definitivo - Valutazione d'impatto che accompagna la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che attribuisce all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno ….
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/66 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio su taluni usi consentiti di opere orfane
COM(2011) 289 definitivo — 2011/0136 (COD)
2011/C 376/12
Relatore: McDONOGH
Il Consiglio, in data 15 giugno 2011, e il Parlamento europeo, in data 7 giugno 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio su taluni usi consentiti di opere orfane
COM(2011) 289 definitivo — 2011/0136 (COD).
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 131 voti favorevoli e 3 astensioni.
1. Osservazioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta della Commissione riguardante l'uso delle opere orfane. Se l'iniziativa sarà portata a compimento con buoni risultati, ne risulterà favorito lo sviluppo di biblioteche digitali quali Europeana (1) e altre istituzioni pubbliche che svolgono i compiti d'interesse generale di cui all'articolo 1, paragrafo 1, della proposta di direttiva e grazie a cui i cittadini possono accedere alla varietà e alla ricchezza del patrimonio culturale europeo.
1.2 Il CESE sta elaborando un parere a parte in merito alla recente comunicazione della Commissione (2) che propone una strategia relativa ad un mercato unico della proprietà intellettuale. I diritti di proprietà intellettuale sono un importante fattore di innovazione tecnologica e commerciale, da cui l'Europa dipenderà per la ripresa economica e la crescita futura (3). La natura della gestione dei diritti di proprietà intellettuale è anche essenziale per l'affermazione della cultura europea e per la qualità di vita di cui godono i cittadini europei.
1.3 Il CESE non ritiene che la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva possa essere attuata senza creare un vero e proprio mercato unico della proprietà intellettuale. Per molti anni il CESE ha chiesto che venissero armonizzate le disposizioni europee e nazionali intese a promuovere l'innovazione, la creatività e il benessere dei cittadini, sostenendo iniziative intese a rendere accessibili al massimo numero possibile di persone opere, beni e servizi (4).
1.4 Il Comitato apprezza in linea generale la proposta di direttiva intesa a creare un quadro giuridico che garantisca legalmente l'accesso transfrontaliero alle opere orfane (5). Nel parere sul tema Un'agenda digitale per l'Europa (6), il CESE sostiene fermamente azioni quali l'attuazione di questo quadro, che affronterebbe i problemi della frammentazione culturale ed economica nel mercato interno.
1.5 Il CESE sostiene fortemente la digitalizzazione e l'ampia diffusione del patrimonio culturale europeo (7). Esso ritiene che la disponibilità online di tale materiale sia una componente essenziale per lo sviluppo dell'economia della conoscenza in Europa, e che sia indispensabile per offrire ai cittadini una vita culturale ricca e diversificata. Si compiace pertanto del fatto che la Commissione proponga adesso una direttiva che riguarda lo specifico problema delle opere orfane.
1.6 Il CESE riconosce che è necessaria una direttiva, perché pochissimi Stati membri hanno attuato una normativa sulle opere orfane, e le eventuali disposizioni nazionali esistenti limitano l'accesso ai cittadini residenti nei rispettivi territori.
1.7 Il Comitato concorda in linea di principio con l'approccio basato su quattro pilastri, che viene proposto nella direttiva.
— |
stabilire le regole per individuare le opere orfane attraverso una ricerca diligente del titolare dei diritti d'autore; |
— |
riconoscere l'opera come orfana quando la ricerca non individua un titolare dei diritti d'autore; |
— |
stabilire gli usi autorizzati delle opere orfane, compresa la loro diffusione in tutti gli Stati membri; |
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garantire il riconoscimento reciproco dello status di opera orfana tra tutti gli Stati membri. |
1.8 Per facilitare una ricerca efficiente dei titolari dei diritti d'autore e un'ampia diffusione delle opere orfane, è essenziale che siano disponibili, per ogni settore, banche dati on line e registri dei diritti simili agli strumenti che esistono nel settore dell'editoria (8). Il CESE invita la Commissione a facilitare il lavoro delle organizzazioni rappresentative nello sviluppo di tali strumenti.
1.9 Il CESE ritiene che gli Sati membri dovrebbero tenere un registro delle banche dati esistenti a livello nazionale e ufficialmente autorizzate a registrare i risultati della ricerca diligente condotta sul loro territorio conformemente al disposto dell'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva. Un registro del genere permetterebbe agli istituti degli altri paesi europei di sapere che si tratta di fonti considerate ufficialmente affidabili.
1.10 Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione sull'importanza che la musica tradizionale, la storia tramandata oralmente e le opere fotografiche e cinematografiche assumono per il patrimonio culturale dell'UE e chiede che tali registrazioni ed immagini contenute negli archivi delle varie istituzioni elencate all'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva abbiano pari trattamento in sede di identificazione e pubblicazione di opere orfane. Il Comitato fa osservare che l'articolo 11 della direttiva prevede l'eventualità di includere, nell'ambito di applicazione della direttiva, materiale protetto attualmente non contemplato, in particolare fonogrammi e singole fotografie, e sollecita la Commissione a procedere quanto prima alla loro inclusione.
1.11 Il CESE accoglie con favore anche il proposito espresso dalla Commissione, di promuovere un protocollo di intesa tra biblioteche, editori, autori e società di gestione collettiva per facilitare l'adozione di soluzioni in materia di autorizzazione a digitalizzare e a mettere a disposizione libri fuori commercio (9).
2. Contesto
2.1 La Commissione ha proposto una strategia in materia di diritti di proprietà intellettuale (10) nel quadro del programma generale rivolto a promuovere la crescita sostenibile e l'occupazione nel mercato unico e ad accrescere la competitività dell'Europa a livello globale. Detta strategia è complementare alla strategia Europa 2020, all'Atto per il mercato unico (11) e all'agenda digitale per l'Europa, e ne costituisce un elemento importante.
2.2 In una recente comunicazione, sulla quale il CESE sta elaborando un parere a parte, la Commissione prevede la creazione di un mercato unico della proprietà intellettuale (12). Tra i primi risultati di questa strategia relativa ai diritti di proprietà intellettuale figura la proposta di direttiva riguardante una più semplice autorizzazione all'uso delle opere orfane, che consentirà in ogni Stato membro l'accesso on line a un gran numero di opere culturali. Ciò faciliterà lo sviluppo di biblioteche digitali europee, per la conservazione e la diffusione del ricco patrimonio culturale e intellettuale europeo.
2.3 La digitalizzazione e la diffusione delle opere orfane comportano una specifica sfida culturale ed economica. Data l'assenza di un titolare dei diritti noto, gli utenti non possono ottenere la necessaria autorizzazione, ad esempio per trasferire un libro al formato digitale. Le opere orfane costituiscono una quota significativa delle raccolte degli istituti culturali europei. Ad esempio la British Library stima che, delle sue opere tutelate da diritti d'autore, il cui numero ammonta a 150 milioni, il 40 % è costituito da opere orfane.
2.4 Nell'ottica di favorire i progetti di digitalizzazione su vasta scala previsti dall'agenda digitale europea, la Commissione propone adesso una direttiva rivolta a introdurre in tutti gli Stati membri regole comuni riguardanti le opere orfane.
2.5 La Commissione ha eseguito una valutazione di impatto e considerato sei opzioni differenti per l'iniziativa relativa alle opere orfane (13). Essa giunge alla conclusione che l'approccio migliore dovrebbe basarsi sul riconoscimento reciproco, da parte degli Stati membri, dello status delle opere orfane. Ciò garantirebbe alle biblioteche e ad altri beneficiari di cui all'articolo 1, paragrafo 1, della proposta di direttiva un certo grado di certezza del diritto in relazione alla classificazione di una determinata opera come orfana. Il riconoscimento reciproco farebbe sì inoltre che le opere orfane contenute in una biblioteca digitale siano accessibili ai cittadini di tutta Europa.
2.6 La direttiva si fonda su quattro pilastri:
i. |
affinché un'opera sia classificata come orfana, biblioteche, istituti di istruzione, musei, archivi, istituti per il patrimonio cinematografico e emittenti di servizio pubblico devono eseguire previamente, nello Stato membro in cui l'opera è stata pubblicata per la prima volta, una diligente ricerca, conformemente ai requisiti specificati nella proposta di direttiva; |
ii. |
le opere riconosciute come orfane attraverso tale diligente ricerca saranno considerate tali in tutta l'UE, evitando così che sia necessario eseguire ricerche multiple; |
iii. |
su tale base, sarà possibile offrire l'accesso on line, per ragioni culturali e di istruzione, alle opere orfane, senza previa autorizzazione, salvo il caso in cui il titolare dei diritti di proprietà intellettuale ponga termine allo status di opera orfana. Ove ciò avvenga, i titolari di diritti che reclamano la proprietà intellettuale dell'opera hanno diritto a una compensazione, in funzione del tipo di opera e dell'utilizzazione che ne è stata fatta; |
iv. |
sarà garantito il riconoscimento reciproco dello status di opera orfana tra tutti gli Stati membri. |
3. Considerazioni del CESE
3.1 Il CESE considera importante che le iniziative in materia di diritti di proprietà intellettuale creino un equilibrio tra i diritti dei creatori e dei titolari e gli interessi degli utilizzatori e dei consumatori finali, questo affinché le opere siano accessibili al maggior numero possibile di persone in tutti gli Stati membri.
3.2 Per facilitare la ricerca dei diritti di proprietà intellettuale, la Commissione potrebbe pubblicare e aggiornare regolarmente l'elenco delle istituzioni responsabili della gestione delle opere orfane, menzionate nell'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva.
3.3 Tali istituzioni hanno inoltre bisogno di sapere che le fonti autorizzate a registrare i risultati di una ricerca diligente effettuata in un altro paese dell'UE vengono ufficialmente considerate affidabili. Per tale motivo, gli Stati membri dovrebbero tenere un registro delle banche dati esistenti a livello nazionale e ufficialmente autorizzate a registrare i risultati delle ricerche diligenti condotte sul loro territorio, così come prevede l'articolo 3, paragrafo 4, della proposta di direttiva.
3.4 Il Comitato fa osservare che l'articolo 11 della proposta di direttiva prevede l'eventualità di includere, nell'ambito di applicazione della direttiva, materiale protetto attualmente non contemplato, in particolare fonogrammi e singole fotografie. Nonostante questa disposizione di riesame, è opportuno raccomandare sin da ora una rapida pubblicazione di questo materiale culturale.
3.4.1 La musica tradizionale e la storia tramandata oralmente sono molto importanti per il patrimonio culturale europeo e in tutta l'UE sono presenti archivi molto ricchi di documenti registrati, che si tratti sia di emittenti di servizio pubblico sia delle altre istituzioni elencate all'articolo 1, paragrafo 1. Per tutto questo materiale sonoro e audiovisivo dovrebbero valere le stesse regole in materia di ricerca, classificazione e uso cui sono soggette le altre opere elencate all'articolo 1, paragrafo 2, della proposta di direttiva.
3.4.2 Allo stesso modo, il materiale fotografico e cinematografico rappresenta una fonte particolarmente ricca d'informazione che consente di conoscere e comprendere la civiltà europea. Qualora si tratti di opere che possono essere considerate orfane, è necessario portare avanti ogni sforzo per tirar fuori questo materiale degli archivi nascosti delle pubbliche istituzioni.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) La piattaforma Europeana consente al pubblico di avere accesso alle risorse digitali di musei, biblioteche, archivi e collezioni audiovisive in Europa. Il progetto, finanziato dalla Commissione europea, è stato lanciato nel 2008 allo scopo di rendere accessibile ai cittadini il patrimonio culturale e scientifico europeo. Cfr.: www.europeana.eu.
(2) COM(2011) 287 definitivo - Un mercato unico dei diritti di proprietà intellettuale.
(3) Cfr. la strategia Europa 2020 (COM(2010) 2020 definitivo), l'Analisi annuale della crescita 2011 (COM(2011) 11 definitivo, Un'Agenda digitale europea (COM(2010) 245 definitivo), L'Atto per il mercato unico (COM(2011) 206 definitivo) e L'Unione dell'innovazione (COM(2010) 546 definitivo).
(4) Cfr: GU C 116 del 28.4.1999, pag. 35; GU C 155 del 29.5.2001, pag. 80; GU C 221 del 7.8.2001, pag. 20; GU C 32 del 2.2.2004, pag. 15; GU C 108 del 30.4.2004, pag. 23; GU C 324 del 30.12.2006, pag. 7; GU C 256 del 27.10.2007, pag. 3; GU C 182 del 4.8.2009, pag. 36; GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 8; GU C 228 del 22.9.2009, pag. 52; GU C 306 del 16.12.2009, pag. 7; GU C 18 del 19.1.2011, pag. 105; GU C 54 del 19.2.2011, pag. 58.
(5) Le cosiddette opere «orfane» sono opere quali libri, giornali o articoli di riviste che continuano ad essere protette dai diritti d'autore ma i cui titolari non possono essere individuati al fine di ottenere la licenza. Tra esse figurano opere cinematografiche o audiovisive. Le opere orfane fanno parte delle collezioni di proprietà delle biblioteche europee.
(6) GU C 54 del 19.2.2011, pag. 58.
(7) Cfr. GU C 324 del 30.12.2006, pag. 7; GU C 182 del 4.8.2009, pag. 36; GU C 228 del 22.9.2009, pag. 52; GU C 18 del 19.1.2011, pag. 105; GU C 54 del 19.2.2011, pag. 58.
(8) Arrow (Accessible Registries of Rights Information and Orphan Works towards Europeana ("Registri accessibili delle informazioni sui diritti d'autore e delle opere orfane a favore di Europeana)) è un progetto di associazione che raccoglie le biblioteche nazionali europee, gli editori e gli organi di gestione collettiva e che rappresenta anche gli scrittori attraverso le loro principali associazioni europee e organizzazioni nazionali, cfr.: www.arrow-net.eu.
(9) Cfr. IP/11/360, Bruxelles, 24 maggio 2011.
(10) COM(2011) 287 definitivo - Un mercato unico dei diritti di proprietà intellettuale.
(11) COM(2011) 206 definitivo - L'Atto per il mercato unico – Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia «Insieme per una nuova crescita».
(12) COM(2011) 287 definitivo.
(13) SEC(2011) 615 definitivo - Valutazione d'impatto relativa all'accesso transfrontaliero online alle opere orfane.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/69 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla normalizzazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/105/CE e 2009/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
COM(2011) 315 definitivo — 2011/0150 (COD)
2011/C 376/13
Relatore: PEZZINI
Il Consiglio, in data 24 giugno 2011 e il Parlamento europeo in data 23 giugno 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla normalizzazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/105/CE e 2009/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
COM(2011) 315 definitivo — 2011/0150 (COD).
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 121 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia l'iniziativa della Commissione tesa a rivedere il sistema europeo di normalizzazione, per preservarne i numerosi elementi di successo, correggerne i difetti e per puntare al giusto equilibrio tra le dimensioni: internazionale, europea e nazionale, assicurando livelli d'eccellenza qualitativi sul piano mondiale.
1.2 Il Comitato è convinto della necessità di creare un quadro legislativo e regolamentare comunitario, flessibile e dinamico, per ottimizzare il valore aggiunto della normalizzazione tecnica europea, tesa a sostenere la competitività, l'innovazione e la crescita.
1.3 Il Comitato ribadisce l'importanza della normalizzazione europea per il funzionamento e il consolidamento del mercato interno, specie nei settori della salute, della sicurezza, della tutela dell'ambiente, dei consumatori e dell'interoperabilità, settori che, oggi, fanno sempre più riferimento alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC).
1.4 Il Comitato ritiene fondamentale adeguare ritmi e tempi di elaborazione delle norme ed ampliare il campo d'azione ai settori dei servizi e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, sempre con un'attenzione particolare agli obiettivi di qualità, sicurezza e volumi di produzione delle norme, utilizzando piattaforme Internet di consultazione e di scambio di informazioni on line.
1.5 Secondo il CESE, le specifiche adottate da forum e/o consorzi industriali internazionali nel settore TIC dovrebbero essere accettate solo dopo un processo di asseverazione compiuto dagli organismi di normalizzazione europei (OEN), con la partecipazione dei rappresentanti di PMI, consumatori, operatori dell'ambiente, lavoratori e organismi che esprimano forti interessi sociali.
1.6 Il CESE plaude alla semplificazione dei sistemi di finanziamento concesso, con un'adeguata base giuridica, agli OEN, agli organismi di normalizzazione nazionali e agli altri organismi incaricati di svolgere le attività di normalizzazione in collaborazione, nonché agli organismi europei di rappresentanza delle parti interessate.
1.7 Il CESE raccomanda di predisporre un documento comune di programmazione, che consenta di garantire la coerenza, il coordinamento e la rispondenza agli obiettivi futuri del mercato. In quest'ottica occorrerebbe che tutte le parti interessate alla programmazione annuale partecipassero alla preparazione dei programmi di lavoro da parte degli OEN, delle altre strutture di sviluppo di specifiche tecniche settoriali (TIC), dei servizi della Commissione competenti, e degli organismi nazionali di normalizzazione.
1.8 Il Comitato sottolinea altresì l'importanza di disporre, in tempi rapidi, di norme tecniche aggiornate nel settore dei servizi che continuerà a svilupparsi come un elemento portante e innovativo dell'economia per il 2020. Al tempo stesso osserva che bisogna tenere conto del carattere specifico dei servizi e che non si può copiare direttamente il modello di normalizzazione dei beni. Nello sviluppare ulteriormente le norme del settore dei servizi occorre prendere in considerazione le esigenze del mercato e della società.
1.9 Il CESE ritiene importante assicurare un quadro stabile di programmazione pluriennale del finanziamento del sistema europeo di normalizzazione, ed è preoccupato che gli stanziamenti di bilancio destinati a tale azione siano proposti dalla Commissione solo per il 2013.
1.10 Il Comitato raccomanda la massima interazione tra i processi di normalizzazione tecnica e i programmi europei di ricerca e innovazione, per consentire la rapida applicazione di nuove tecnologie e i conseguenti vantaggi concorrenziali all'economia europea, sul mercato globale.
1.11 Il CESE raccomanda uno stretto legame tra gli organismi europei di normalizzazione (OEN) e gli uffici brevetti, che tutelano i diritti di proprietà intellettuale (IPR).
1.12 Il Comitato chiede che la nuova regolamentazione preveda espressamente il rafforzamento della posizione europea nel contesto della normalizzazione internazionale, per agevolare gli scambi e accrescere la competitività europea.
2. Introduzione
2.1 Il Comitato ha sempre ribadito il ruolo essenziale della normalizzazione tecnica, nel sostegno:
— |
alla qualità dei prodotti e dei servizi europei, |
— |
alla loro competitività sul mercato interno e su quello globale, |
— |
alla tutela del consumatore, |
— |
al miglioramento degli standard sociali e ambientali. |
2.2 Il Comitato si è sempre espresso a favore di «un uso più esteso della normalizzazione europea nelle politiche e nella legislazione dell'Unione, per potenziare, in linea con i bisogni sia della società che delle imprese, l'espansione della normalizzazione tecnica in nuove aree quali: i servizi, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i trasporti, la protezione dei consumatori e il rispetto dell'ambiente» (1).
2.3 Il Comitato ha anche avuto modo di sottolineare che «la normalizzazione europea è essenziale per il funzionamento e il consolidamento del mercato interno, in particolare grazie alle direttive nuovo approccio, nei settori …» (2).
2.4 Nel suo recente parere Verso un atto per il mercato unico, il Comitato ha ribadito che «le norme costituiscono gli elementi portanti nell'architettura del mercato unico». Al tempo stesso il Comitato ha sottolineato «l'importanza di coinvolgere maggiormente in tale processo i consumatori e le PMI, garantendo inoltre in modo costante e sostenibile l'eliminazione dei fattori di costo che ne limitano la partecipazione. Le norme non dovrebbero essere dettate soltanto da determinati operatori di mercato. Le norme UE devono svolgere un ruolo ben maggiore negli scambi mondiali e andrebbero per questo promosse nei prossimi negoziati commerciali a livello bilaterale e multilaterale» (3).
2.5 La normalizzazione tecnica gioca un ruolo di importanza fondamentale nel funzionamento del mercato interno e nella competitività internazionale di prodotti e servizi, quale strumento strategico per assicurare la qualità dei beni e dei servizi, l'interoperatività delle reti e dei sistemi, un livello elevato di protezione del consumatore e dell'ambiente nonché maggiori livelli di innovazione e di inclusione sociale.
2.6 Perché tale ruolo sia pienamente efficace occorre, tra l'altro, che:
— |
il processo di normalizzazione tecnica europeo sappia rispondere in tempi brevi alle necessità del legislatore - su mandato della Commissione - e di un mondo produttivo in rapido cambiamento, in cui la durata di vita e i cicli di sviluppo dei prodotti sono sempre più contenuti, e vi è la necessità di essere più rapidi e flessibili, per rispondere alle sfide future; |
— |
le norme tecniche sappiano seguire i ritmi sostenuti dello sviluppo tecnologico, pena la loro inutilità, e siano in grado di coprire settori sempre più ampi - specie delle tecnologie dell'informazione e dei servizi - assicurando la quantità, la velocità e la qualità nell'elaborazione delle norme stesse, anche tramite piattaforme Internet di consultazione; |
— |
il processo di elaborazione e applicazione delle norme sappia adeguarsi alle esigenze delle piccole e medie imprese e non viceversa, assicurando livelli elevati di rappresentanza e partecipazione alle attività di normalizzazione, specie a livello europeo, nel rispetto degli equilibri tra delegazioni nazionali, dato che, generalmente, la relazione tra le PMI e le norme tecniche è difficile e complessa; |
— |
vengano assicurati livelli più elevati e allargati di legittimazione e di consenso attraverso un processo di cooperazione su base volontaria, aperta e trasparente dove industria, PMI, autorità pubbliche e le altre parti interessate della società civile possano agire di concerto con pari possibilità d'accesso: le norme si riferiscono, spesso, alla sicurezza e al benessere dei cittadini, all'efficienza delle reti, all'ambiente e ad altri settori di importanza pubblica. Quindi tali settori devono avere una rappresentanza e un'influenza adeguate; |
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il sistema europeo di normalizzazione sappia rispondere alle esigenze di garantire piena interoperabilità ecompatibilità alle applicazioni e ai servizi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), attraverso norme di riferimento europee asseverate; |
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il sistema europeo di normalizzazione possa beneficiare di adeguati sostegni finanziari semplificati, per assicurare la piena partecipazione di tutti i soggetti interessati alla elaborazione delle norme, con l'inserimento automatico della dimensione normativa nei programmi di ricerca e d'innovazione pubblica, per sostenere lo sviluppo della strategia Europa 2020; |
— |
vengano integrate, una volta assicurato il livello di trasparenza, apertura e partecipazione equilibrata di tutti gli interessati, le produzioni di norme di forum e consorzi TIC riconosciuti a livello mondiale e verificati dagli organismi europei di normalizzazione OEN – CEN, Cenelec, ETSI (4), affinché sia possibile farvi riferimento nella legislazione europea, in materia di appalti; |
— |
il sistema di scambio di informazioni tra tutti gli organismi e strutture di normalizzazione in Europa sia adeguatamente rafforzato e venga garantito un equo accesso alle norme a tutti gli interessati. |
2.7 Sul piano dei sostegni finanziari, occorre ricordare che la decisione n. 1673/2006/CE - in merito alla quale il Comitato aveva avuto modo di pronunciarsi - già istituisce le regole riguardanti il contributo dell'UE al finanziamento della normalizzazione europea, al fine di garantire che le norme europee ed altri prodotti della normalizzazione europea siano elaborati e riveduti a sostegno degli obiettivi, della legislazione e delle politiche dell'Unione: le stesse disposizioni dovrebbero applicarsi agli organismi che, pur non essendo riconosciuti come organismi europei di normalizzazione nell'ambito del presente regolamento, hanno ricevuto mandato per svolgere lavori preliminari a sostegno della normalizzazione europea.
2.8 Tenuto conto dell'ampiezza dell'area d'intervento della normalizzazione europea a sostegno delle politiche e della legislazione dell'Unione e dei vari tipi di attività di normalizzazione, è necessario prevedere diverse modalità di finanziamento.
3. Le proposte della Commissione
3.1 La proposta è volta a soddisfare le seguenti necessità:
— |
per garantire un significativo sostegno del mercato unico di beni e servizi e impedire la creazione di ostacoli agli scambi all'interno dell'UE, l'adozione di norme europee da parte degli OEN dovrebbe riguardare sia i beni che i servizi e continuare a beneficiare del cofinanziamento comunitario; il processo di elaborazione delle norme europee dovrebbe divenire più rapido e tenere il passo con cicli di sviluppo dei prodotti e di servizi sempre più veloci; |
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essendo la norma il risultato del consenso raggiunto da chi ha partecipato alla sua elaborazione, il processo di normalizzazione deve essere legittimato grazie al coinvolgimento di gruppi della società civile interessati, quali le parti sociali, le piccole e medie imprese, i consumatori, gli ambientalisti; |
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per poter disporre di norme atte a garantire l'interoperabilità tra servizi e applicazioni nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, le norme TIC dovrebbero poter essere riconosciute formalmente anche se elaborate, al di fuori degli organismi europei di normalizzazione OEN, da forum e consorzi specializzati. |
3.2 A tal fine, la proposta prevede - oltre alla modifica delle direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE, 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/105/CE e 2009/23/CE - la revisione e la fusione, in particolare, di direttive e di decisioni.
3.3 La nuova normativa proposta - attraverso lo strumento del regolamento per assicurare applicazione uniforme - mirerebbe a:
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maggiore trasparenza e cooperazione tra organismi nazionali di normalizzazione ONN, organismi europei-OEN e Commissione; |
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riconoscimento dell'uso di standard ICT (hardware, software and information technology services) anche se sviluppati da altri organismi, se coerenti con i principi TBT/OMC (Barriere tecniche al commercio/Organizzazione mondiale del commercio) e con la necessità di un'interoperabilità europea; |
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pianificazione annuale di priorità di normalizzazione UE e di mandati della Commissione; |
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rappresentanza potenziata di PMI con sostegno finanziario UE, ma anche di consumatori, ambientalisti e rappresentanti di interessi sociali, anche per attività ancillari/preparatorie; |
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misure per accelerare la velocità di elaborazione di norme tecniche europee su richiesta della Commissione, con sostegni finanziari a processi OEN di ricerca attiva del consenso; |
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le misure incentivanti riguardano anche la promozione di norme tecniche europee a livello internazionale e di programmi di assistenza e cooperazione tecnica con paesi terzi; |
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la promozione della normalizzazione europea e internazionale include facilitazioni alle imprese per la trasposizione nelle lingue ufficiali dell'UE, per più coesione e accesso; |
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potenziamento delle attività di normalizzazione nei servizi a supporto di un mercato interno competitivo, evitando norme nazionali multiple, su mandato della Commissione; |
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riduzione di carichi amministrativi, con forfait standard senza verifiche di costi effettivi; |
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introduzione di un Sistema di Performance, basato su indicatori e obiettivi di risultato e d'impatto, concordati per più efficienza e velocità di risultati e del processo per ottenerli; |
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relazione annuale alla Commissione da parte degli OEN, specie su aspetti finanziari, di trasparenza, velocità, semplificazione, capacità di coinvolgimento e qualità del processo. |
4. Osservazioni generali
4.1 Il Comitato sostiene le finalità della proposta della Commissione, poiché un processo europeo di normalizzazione rapido, efficace e partecipato rappresenta non solo un elemento portante dell'architettura del mercato unico, che costituisce il fulcro dell'integrazione europea e della strategia Europa 2020, intesa a realizzarla, ma anche e soprattutto un elemento fondante della competitività dell'economia europea ed uno strumento propulsivo dell'innovazione.
4.2 A parere del CESE occorre incoraggiare gli organismi di normalizzazione a valutare, nei programmi di lavoro, le loro politiche in tema di diritti di proprietà intellettuale (IPR) con una maggiore attenzione verso la promozione dell'innovazione e più stretti rapporti con gli uffici brevetti, specie quello europeo di Monaco di Baviera, affinché le questioni di proprietà intellettuale vengano considerate sin dal loro nascere assicurando una qualità maggiore sia dei brevetti che delle norme stesse.
4.3 Il CESE plaude quindi all'intenzione della Commissione di rivedere il sistema europeo di normalizzazione, per preservarne i numerosi elementi di successo e correggerne i difetti e puntare al giusto equilibrio tra la dimensione europea e quella nazionale e per rispondere alle nuove esigenze e aspettative delle imprese, dei consumatori, delle parti sociali e della società europea nel suo insieme.
4.4 Il Comitato ritiene fondamentale adeguare ritmi e tempi di elaborazione delle norme ed ampliare il campo d'azione ai settori dei servizi e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, a condizione che tali azioni salvaguardino gli obiettivi di qualità delle norme e che l'allargamento a strutture d'elaborazione delle norme, al di fuori degli OEN, avvenga con le stesse garanzie di trasparenza e di partecipazione alle quali questi ultimi sono tenuti.
4.4.1 A tal fine, il Comitato ritiene indispensabile che gli OEN e la Commissione assicurino un controllo preventivo, che asseveri che le specifiche adottate da forum e/o consorzi industriali internazionali, da utilizzare come riferimenti negli appalti pubblici, siano state elaborate in modo neutrale, equo e trasparente, con una appropriata partecipazione dei rappresentanti delle piccole e medie imprese, dei consumatori, degli ambientalisti, dei lavoratori e degli organismi che esprimono importanti interessi sociali.
4.4.2 Il CESE raccomanda che tale necessaria accresciuta partecipazione non appesantisca procedure e tempi di elaborazione consensuale delle norme, che anzi dovrebbero essere notevolmente snelliti grazie al ricorso a piattaforme Internet di consultazione e di elaborazione e scambi d'informazione on line (5).
4.5 Parimenti, il Comitato chiede che sia prevista, dal regolamento, l'elaborazione di foresight pluriennali sulla normalizzazione in Europa, al fine di dare una risposta più efficace e coordinata alle politiche globali, necessarie per affrontare le questioni del cambiamento climatico, dello sviluppo delle Smart Grids, delle energie rinnovabili e del loro raccordo, oltre alle pressanti sfide ambientali e sociali.
4.6 Il CESE ritiene che, per promuovere e agevolare l'effettiva partecipazione al processo di normalizzazione di tutte le parti interessate sia a livello europeo che nazionale, debba favorire la promozione di programmi di formazione e prevedere le misure necessarie per consentire agli organismi nazionali di normalizzazione più deboli, che attualmente non gestiscono segreterie di comitati tecnici, di assumere un ruolo più attivo nel processo di normalizzazione.
4.7 La predisposizione di programmi annuali di lavoro da parte degli OEN, delle altre strutture di sviluppo di specifiche tecniche nel settore (TIC), dei servizi della Commissione competenti, e degli organismi nazionali di normalizzazione, può essere una misura efficace per assicurare ritmi, tempi e volumi di produzione di norme di qualità, a condizione che venga assicurato un quadro di coerenza e coordinamento ed una effettiva partecipazione di tutte le parti interessate alla programmazione annuale.
4.8 Il CESE plaude alla semplificazione dei sistemi di finanziamento concesso, con una adeguata base giuridica, agli organismi di normalizzazione europei, agli organismi di normalizzazione nazionali e agli altri organismi incaricati di svolgere le attività di normalizzazione in collaborazione, nonché agli organismi europei di rappresentanza delle parti interessate di cui all'allegato III.
4.8.1 Il CESE è preoccupato che gli stanziamenti di bilancio destinati a tale azione siano proposti dalla Commissione solo per il 2013, e ritiene importante assicurare un quadro stabile di programmazione pluriennale di finanziamenti, che parta il più presto possibile.
4.9 Per quanto concerne la produzione di norme europee armonizzate, che garantiscono che i prodotti soddisfino le prescrizioni fondamentali stabilite dalla legislazione dell'UE, «in assenza di norme armonizzate, le imprese non possono avvalersi della norma pertinente per conferire una presunzione di conformità e devono dimostrare di rispettare i requisiti fondamentali nel rispetto della procedura di valutazione della conformità stabilita dalla legislazione UE applicabile. In entrambi i casi le imprese non riescono a risparmiare i costi sostenuti a causa della frammentazione del mercato interno o delle procedure di valutazione della conformità (6)».
4.9.1 A questo proposito, il Comitato ritiene che debbano esserne maggiormente incentivati la produzione e l'uso su base volontaria per garantire livelli sempre più elevati di sicurezza dei prodotti.
4.10 Il Comitato ritiene che il regolamento proposto debba contenere disposizioni che incentivino la trasposizione a livello internazionale delle norme tecniche adottate dal sistema europeo di normalizzazione e rafforzino il ruolo degli organismi di normalizzazione nazionali ed europei nell'ambito dei loro omologhi internazionali. Un risultato, questo, che potrebbe essere raggiunto mediante iniziative europee coordinate volte a rafforzare la competitività internazionale e l'innovazione.
5. Osservazioni particolari
5.1 Secondo il Comitato, sarebbe stato opportuno indicare, nell'allegato 1, anche gli organismi nazionali di normalizzazione riconosciuti.
5.2 Occorre tener distinte le «specifiche tecniche» dalle norme formali: il CESE propone di aggiungere al considerando 19, «norme e specifiche tecniche» pertinenti e di modificare la dizione «norme» in «specifiche tecniche» ai considerando 20 e 22.
5.3 All'articolo 2, occorre precisare «una specifica tecnica, approvata da un organismo riconosciuto ad attività normativa, per applicazione…» e aggiungere un nuovo punto 9: (9) «Organismo nazionale di formazione» un organismo riportato nell'allegato I.
5.4 All'articolo 3, il CESE ritiene che gli ONN debbano poter esprimere obiezioni anche se non possono opporsi ai programmi di lavoro europei e propone quindi di modificare il punto 5 come segue: «Gli organismi di normalizzazione nazionali non si oppongono a che un soggetto di normalizzazione del loro programma di lavoro sia trattato a livello europeo secondo le norme definite dagli organismi europei di normalizzazione e non intraprendano alcuna azione che possa pregiudicare una decisione in merito».
5.4.1 Il CESE propone inoltre di aggiungere un nuovo punto 6, come segue: «Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie affinché, durante l'elaborazione di una norma europea di cui all'articolo 7, i loro organismi di normalizzazione non intraprendano alcuna azione che possa recare pregiudizio all'armonizzazione prevista e, in particolare, nel settore in questione essi non pubblichino una norma nazionale nuova o riveduta che non sia interamente conforme a una norma europea già esistente».
5.5 All'articolo 7, il CESE propone di aggiungere dopo il punto 3, un nuovo punto 3.1 come segue: «Nel caso di richiesta di norma armonizzata, essa deve essere formalizzata con un mandato tra la Commissione e il pertinente organismo di normalizzazione europea».
5.5.1 Il CESE reputa che la proposta di concedere agli OEN soltanto un mese di tempo per rispondere alle richieste della Commissione potrebbe comportare il rischio di limitare la consultazione dei soggetti direttamente interessati, e raccomanda pertanto di portare questo termine a 3 mesi.
5.6 All'articolo 9, il CESE propone di modificare il sottotitolo: «Riconoscimento per gli appalti pubblici di specifiche tecniche nel settore delle TIC» ed aggiungere all'inizio dell'articolo: «Nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, la Commissione può…».
5.7 All'articolo 16, il CESE propone di aggiungere un punto a1) come segue:
«a1) |
aggiornare l'elenco degli organismi nazionali di normalizzazione di cui all'allegato I sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri di cui all'art. 21» |
e di sostituire il punto b) come segue:
«b) |
adeguare “agli sviluppi tecnici” i criteri per il riconoscimento “delle specifiche tecniche” nel settore delle TIC negli appalti pubblici» |
5.8 All'articolo 17, il CESE propone di aggiungere al punto 2:
La delega di cui all'articolo 16 è conferita alla Commissione per una durata indeterminata a decorrere dal 1o gennaio 2013. «La Commissione redigerà un report su quanto fatto in materia di poteri delegati da presentare congiuntamente al report previsto all'art. 19, par. 3».
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) GU C 110 del 9.5.2006, pag. 14.
(2) Cfr. nota 1.
(3) GU C 132 del 3 maggio 2011, pag. 47.
(4) ETSI European Telecommunications Standards Institute (Istituto europeo per la normalizzazione nelle telecomunicazioni) è un'organizzazione indipendente e senza fini di lucro per la normalizzazione nel settore delle telecomunicazioni.
(5) Come avviene in sede ISO e in sede IEC, le specifiche tecniche sono dei risultati in merito ai quali non vi è il consenso necessario per convertirli in norme internazionali.
(6) COM(2011) 315 definitivo, relazione, punto 1 e considerando 18 e 36.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/74 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione — Strategia per un'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
COM(2010) 573 definitivo
2011/C 376/14
Relatrice: BISCHOFF
Correlatore: PÎRVULESCU
La Commissione europea, in data 19 ottobre 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione — Strategia per un'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
COM(2010) 573 definitivo.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 158 voti favorevoli, 3 voti contrari e 4 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE):
1.1 |
ritiene che la Commissione dovrebbe rafforzare la cultura dei diritti fondamentali a livello UE, in particolare con un monitoraggio volto a garantire che le sue proposte e l'intero processo legislativo, così come gli atti che essa adotta, siano conformi alla Carta e vengano rispettati negli Stati membri. Dal momento che si sono verificati casi di grave violazione della Carta stessa, è urgente stabilire una strategia di monitoraggio e reazione rapida; |
1.2 |
sottolinea l'obbligo giuridicamente vincolante di promuovere i diritti fondamentali, il quale deve diventare uno degli elementi più importanti della strategia di attuazione, fra l'altro mediante nuove iniziative mirate; evidenzia il carattere dinamico dei diritti fondamentali, che sono il faro delle nostre società e l'elemento caratterizzante dell'Unione europea (1); |
1.3 |
ritiene che i diritti sociali fondamentali siano «indivisibili» dai diritti civili e politici e richiedano quindi un'attenzione strategica particolare; ritiene inoltre che i testi contenuti nei documenti pertinenti siano già ora vincolanti e debbano essere promossi; |
1.4 |
sottolinea la necessità di garantire la parità, in particolare quella uomo-donna, e di occuparsi in modo specifico di tutte le categorie vulnerabili; |
1.5 |
sottolinea che gli obblighi della Carta si applicano a tutte le istituzioni, le agenzie e gli organi dell'UE; |
1.6 |
rivolge un pressante invito agli Stati membri a costruire una cultura dei diritti fondamentali orientata verso la loro protezione e promozione a tutti i livelli di governo e in tutti i settori politici e legislativi, nonché a individuare ed esaminare l'impatto specifico sui diritti fondamentali durante il processo di recepimento; |
1.7 |
esprime profonda preoccupazione per il diffondersi di atteggiamenti politici che possono condurre, e in alcuni casi effettivamente conducono, a un arretramento per quanto riguarda la promozione e protezione dei diritti fondamentali; |
1.8 |
incoraggia con forza la Commissione ad agire in modo efficace in quanto custode dei Trattati e a ricorrere alla procedura d'infrazione senza farsi fermare da eventuali considerazioni politiche; |
1.9 |
propone nuove misure e attività di promozione per aumentare l'efficacia di una strategia di attuazione dei diritti fondamentali; |
1.10 |
invita tutte le istituzioni, le agenzie e gli altri organi dell'UE coinvolti nell'attuazione dei diritti fondamentali, in particolare la Commissione, nonché gli Stati membri, a imprimere un forte slancio all'aspetto partecipativo della società civile. |
2. Presentazione e contesto
2.1 La comunicazione intende stabilire la strategia della Commissione per l'attuazione della Carta nel nuovo contesto giuridico instauratosi con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. La politica della Commissione persegue l'obiettivo di rendere i diritti fondamentali sanciti dalla Carta i più efficaci possibile.
2.2 La prima parte della comunicazione si concentra sul fatto che l'Unione europea si adopera per comportarsi in modo irreprensibile ed esemplare al riguardo, e che la Carta quindi dovrebbe servire da bussola per le politiche dell'Unione e la loro attuazione da parte degli Stati membri in ogni fase della loro attività.
2.2.1 Anzitutto, la Commissione deve rafforzare la cultura dei diritti fondamentali al proprio interno, in particolare con un monitoraggio volto a garantire che le sue proposte legislative e gli atti che essa adotta siano conformi alla Carta. Inoltre, la Commissione deve assicurare che ogni atto del processo legislativo rispetti le disposizioni della Carta: ciò significa che qualunque modifica apportata da uno dei colegislatori deve essere conforme alla Carta, e che lo stesso deve valere per il dialogo interistituzionale.
2.2.2 Infine, occorre garantire che gli Stati membri rispettino la Carta quando danno applicazione al diritto dell'Unione europea.
2.3 La seconda parte della comunicazione illustra la necessità di informare meglio i cittadini. Per raggiungere quest'obiettivo servono misure di comunicazione mirate e adeguate alle diverse situazioni specifiche.
2.4 La terza parte del documento riguarda la relazione annuale sull'applicazione della Carta, la prima delle quali è già stata adottata dalla Commissione (2). Tale relazione ha due obiettivi: da una parte, fare il punto sui progressi ottenuti in modo trasparente, continuo e coerente, dall'altra creare l'opportunità per uno scambio annuale di punti di vista col Parlamento europeo e il Consiglio.
3. Osservazioni generali
3.1 Il CESE attribuisce la massima importanza ai diritti fondamentali. Esso accoglie con favore il fatto che la Commissione abbia pubblicato la comunicazione Strategia per un'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e ritiene che quest'approccio sia un contributo importante al concetto della cittadinanza dell'UE per tutti coloro che vivono nell'Unione europea.
3.1.1 I principi contenuti nella strategia sono molto importanti, e il CESE rivolge un'attenzione specifica a quelli di efficacia, universalità, indivisibilità, visibilità e prevedibilità. Il CESE è tuttavia dell'opinione che diversi aspetti importanti siano stati trascurati o non discussi in modo sufficientemente dettagliato e che, pertanto, la loro trattazione andrebbe migliorata.
3.1.2 Ciononostante, occorre sottolineare una serie di altri principi. Come indicato nei precedenti pareri, «il CESE intende garantire una coerenza generale e assicurare la protezione dei diritti fondamentali, la parità di trattamento e la non discriminazione, indipendentemente dalla categoria professionale dei lavoratori immigrati» (3). Inoltre, il diritto dell'UE non deve «costituire misure che comportino la diminuzione del livello già ottenuto di realizzazione dei principi» (4). Occorre prevedere tutte le misure possibili per convincere i governi di Polonia, Regno Unito e Repubblica ceca a ritirare le clausole di non partecipazione (opt-out) e ad impegnarsi per un'applicazione generale della Carta.
3.1.3 Il Comitato accoglie con favore i diversi elementi aggiuntivi contenuti nella strategia e quelli relativi agli atti legislativi. In particolare, sostiene il carattere «esemplare» dell'UE nel settore dei diritti fondamentali, anche per quanto riguarda le sue politiche esterne, in particolare quelle in materia commerciale. In generale, l'UE dovrebbe non soltanto essere un esempio, ma anche promuovere attivamente la democrazia e i diritti umani - civili, politici, economici e sociali - e fare uso del proprio peso internazionale per portare avanti tali diritti.
3.1.4 Il CESE apprezza l'impegno assunto dalla Commissione e dalle altre istituzioni dell'UE di rivedere a fondo le loro procedure legislative e di lavoro, in particolare per quanto riguarda la valutazione d'impatto e gli organi competenti, così da garantire che i documenti da loro prodotti siano conformi ai principi e al contenuto specifico della Carta. Tuttavia, se si vuole garantire un'effettiva protezione e promozione dei diritti fondamentali, è cruciale rivolgere la dovuta attenzione all'attuazione e agli atteggiamenti proattivi da parte degli Stati membri. Per quanto riguarda la clausola sociale orizzontale (articolo 9 del TFUE) e i diritti sociali fondamentali, la valutazione d'impatto viene analizzata in modo più dettagliato in un altro parere del CESE (5).
3.2 Nuovi pericoli: crisi e mancanze in materia di sicurezza
3.2.1 La strategia della Commissione non risponde alle minacce all'effettiva attuazione dei diritti fondamentali che risultano da una vasta gamma di nuovi e rilevanti pericoli. La strategia, pertanto, deve tener conto di questi sviluppi ed elaborare una risposta coerente ed esaustiva.
3.2.2 In proposito, il CESE ha già sottolineato che «In un contesto di crisi finanziaria ed economica come quello attuale, è importante consolidare i legami di solidarietà tra gli Stati, gli attori economici e i cittadini e rispettare la dignità e i diritti di questi ultimi» (6). «D'altronde il CESE nutre qualche dubbio, in questo periodo di crisi, sulle risorse di bilancio di cui dispongono gli Stati membri dell'Unione e sul volume di queste risorse che essi sono pronti a mobilitare, a livello sia nazionale che europeo, per rendere effettiva la protezione dei diritti umani […]» (7).
3.2.3 Nel suo recente parere sulla politica antiterrorismo dell'UE, un settore in cui sono in gioco numerosi diritti fondamentali (dignità umana, difesa dalla tortura, protezione dei dati, non respingimento), il CESE ha individuato le difficoltà pratiche che incontra l'integrazione del principio dei diritti fondamentali nel processo di formulazione e concezione delle politiche. Il CESE accoglie con favore il fatto che il rispetto dei diritti fondamentali sia stato trasformato in una priorità trasversale in questo settore tanto delicato. Tuttavia, l'impegno della Commissione per il rispetto dei diritti fondamentali dovrebbe essere accompagnato da un analogo impegno da parte dei governi nazionali, in particolare quando applicano il diritto dell'UE. Inoltre, la tutela dei diritti fondamentali non deve limitarsi alla concezione ed elaborazione degli strumenti, ma dovrebbe comprendere anche la loro attuazione (8).
3.3 Una nuova dimensione cruciale: l'obbligo giuridicamente vincolante di promuovere i diritti fondamentali
3.3.1 La Commissione deve ora lavorare non soltanto a come proteggere al meglio i diritti fondamentali nel corso delle sue attività, ma anche a come promuovere al meglio tali diritti mediante iniziative apposite.
3.3.2 L'articolo 51, paragrafo 1, della Carta stabilisce anche l'obbligo di promuovere l'applicazione dei diritti fondamentali. A giudizio del CESE, questo elemento è della massima importanza: il Comitato infatti osserva che la Commissione per alcuni versi fa riferimento alla promozione dei diritti fondamentali, ma non sottolinea l'importanza strategica di tale obbligo. La strategia dovrebbe attribuire a tale aspetto almeno lo stesso livello di orientamento strategico che dà all'obbligo di rispettare i diritti fondamentali.
3.4 I diritti sociali fondamentali sono indivisibili dai diritti civili e politici, e richiedono quindi un'attenzione strategica particolare.
3.4.1 Il CESE ricorda l'importanza della natura indivisibile dei diritti fondamentali espressa nella comunicazione e sottolineata in diversi pareri (9), e allo stesso tempo nota la mancanza di un approccio strategico in materia di diritti sociali fondamentali.
3.4.2 Data l'enorme importanza dei diritti sociali fondamentali (10) e la lunga storia del loro sviluppo all'interno dell'UE, il CESE ritiene che questo stato di cose sia inaccettabile. L'elaborazione del documento giuridicamente vincolante che cominciava con la «Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori» (1989) e conteneva i contributi del CESE (11) si è svolta anche in riferimento alla Carta sociale europea (CSE), integrata dal Trattato di Amsterdam nella legislazione primaria dell'UE (12). Ciò dimostra che i diritti sociali fondamentali, in particolare nella loro forma più «innovativa» contenuta nel titolo sulla solidarietà della Carta (la solidarietà è riconosciuta come uno dei valori dell'Unione), richiedono un'attenzione speciale e strategica.
3.4.3 Il CESE ha anche già sottolineato il ruolo specifico dei servizi pubblici nel garantire l'effettiva applicazione dei diritti fondamentali (13). Inoltre, il Comitato sottolinea l'importanza dei diritti e dei principi di «terza generazione» inclusi nella Carta, in particolare la tutela dell'ambiente e la protezione dei consumatori. Questi diritti e principi dovrebbero essere osservati e promossi in modo coerente, anche al momento di concepire e attuare la politica esterna e commerciale.
3.4.4 Per quanto riguarda il principio dell'uguale valore dei diritti sociali fondamentali rispetto alle libertà economiche, il CESE è dell'opinione che il diritto primario in particolare debba garantire tale approccio. Il CESE rammenta che già il terzo considerando del Preambolo e conseguentemente l'articolo 151 del TFUE hanno come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro «che consenta la loro parificazione nel progresso». Esso inoltre chiede con forza che sia incluso un «Protocollo sul progresso sociale» nei Trattati, allo scopo di sancire il principio dell'uguale valore dei diritti sociali fondamentali rispetto alle libertà economiche, sottolineando così in modo chiaro che né le libertà economiche né le norme in materia di concorrenza possono prevalere sui diritti sociali fondamentali, nonché allo scopo di definire chiaramente l'impatto che ha l'obiettivo dell'Unione di realizzare il progresso sociale (14).
3.5 La parità, in particolare quella uomo-donna, deve essere garantita, e occorre rivolgere un'attenzione specifica a tutte le categorie vulnerabili.
3.5.1 Così come tutti i diritti (sociali) fondamentali devono avere una trattazione specifica, è anche importante esaminare e garantire la loro applicazione e promozione rispetto ai principi di non discriminazione e di parità. Ciò vale in particolare per quanto attiene alla parità uomo-donna, già riconosciuta fra gli obiettivi dell'Unione e all'articolo 23 della Carta. Occorre inoltre adottare il mainstreaming delle questioni di genere in tutte le attività.
3.5.2 La protezione dei diritti fondamentali dovrebbe rivolgersi in modo specifico alle categorie vulnerabili. Il CESE attira l'attenzione sul suo ultimo parere in materia (15) e sottolinea la necessità di proteggere il lavoro e i diritti sociali, in particolare il diritto di sciopero (16). Inoltre, il Comitato mette in evidenza l'importanza del Forum europeo dell'integrazione.
3.5.3 Il CESE considera i diritti umani come universali e indivisibili, e ritiene che debbano essere protetti e garantiti per tutti, non solo per i cittadini dell'UE. Una «Europa dei diritti e della giustizia» non può limitarsi ai soli cittadini degli Stati membri dell'UE, e deve invece tutelare chiunque viva sul territorio dell'Unione. Altrimenti, l'ambito personale dello Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia sarebbe incompatibile con valori e principi quali la non discriminazione, la parità di trattamento e la solidarietà, sui quali è fondata l'Unione europea (17). L'UE deve prendere l'iniziativa nella tutela dei diritti fondamentali di ogni individuo, indipendentemente dalla sua nazionalità.
3.5.4 Occorre affermare il carattere dinamico dei diritti fondamentali, i quali dovrebbero beneficiare di mezzi di protezione nuovi, rispondenti agli sviluppi della società. Come già affermato, il CESE ritiene ad esempio che la società digitale, pur restando nell'ambito dell'articolo 8 della Convezione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e degli articoli 7 e 8 della Carta, abbia delle esigenze di protezione specifiche che potrebbero essere coperte da nuovi testi (18).
3.5.5 Le minoranze etniche, in particolar modo i Rom, sono sempre più spesso obiettivo di interventi dei governi e azioni di polizia. La reazione della Commissione alle misure di alcuni Stati membri, segnalate nella relazione 2010, è stata tempestiva ma non è risultata efficace: vi sono state espulsioni collettive di Rom, nonostante la Carta vieti espressamente iniziative del genere. L'UE deve fare in modo che gli Stati membri smettano di perseguire questo tipo di politiche.
3.6 Occorre migliorare l'importanza strategica degli atti non legislativi.
3.6.1 La comunicazione contiene ben pochi riferimenti agli atti non legislativi. Dato l'ampio ambito di applicazione delle attività politiche e finanziarie dell'UE, in particolare per quanto riguarda la Commissione, questo importante aspetto richiede un approccio strategico volto all'osservanza degli obblighi previsti dalla Carta in questi settori, anche in ambiti delicati come il commercio coi paesi terzi. La strategia dovrebbe anche riguardare le possibili omissioni o condotte scorrette.
3.7 A livello UE, gli obblighi della Carta si applicano a tutte le istituzioni, le agenzie e gli altri organi, ciascuno dei quali ha un'area specifica di competenza.
3.7.1 Il CESE apprezza il fatto che in più passi la comunicazione faccia riferimento alle istituzioni dell'Unione. Tuttavia, quest'aspetto non è tenuto in considerazione in modo sistematico. Va osservato che secondo l'articolo 13, paragrafo 1, del TUE «L'Unione dispone di un quadro istituzionale che mira a promuoverne i valori, perseguirne gli obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati membri, garantire la coerenza, l'efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni». La Commissione, in quanto custode dei Trattati, deve garantire un approccio coerente ed efficace. D'altra parte, il CESE ritiene che il suo ruolo specifico in materia di protezione dei diritti fondamentali sia quello di essere il custode dei valori dell'Unione.
3.7.2 Fra i compiti della Commissione c'è anche quello di sorvegliare in modo specifico e di garantire che tutte le agenzie e gli organi ad essa subordinati rispettino e promuovano i diritti fondamentali. Ciò è vero in particolare per l'OLAF, Frontex ecc. Il CESE ha espresso preoccupazione su quest'ultimo caso nei suoi recenti pareri: il Comitato osserva con preoccupazione una serie di pratiche seguite dai governi degli Stati membri e dall'agenzia Frontex per quanto riguarda l'espulsione di persone che potrebbero necessitare di protezione internazionale (19). Tali operazioni, che sono aumentate in frequenza e vastità, dovrebbero essere effettuate in condizioni di assoluta trasparenza e responsabilità. Il Comitato raccomanda che Frontex e l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo lavorino insieme per contrastare efficacemente ogni violazione dei diritti umani. Espellere le persone verso paesi o aree in cui la loro sicurezza è a rischio è una chiara violazione del principio di non respingimento. Inoltre, il CESE ha anche suggerito che il personale di Frontex riceva una formazione speciale volta a garantire un livello più elevato di protezione dei diritti fondamentali (20).
3.7.3 Tutte le altre istituzioni dovranno ancora dedicare una parte importante delle proprie attività allo sviluppo di una strategia coerente ed efficace per il rispetto e la promozione dei diritti fondamentali, nonché pensare a migliorare i testi già adottati (21), in linea col presente parere. In particolare, il Consiglio deve prendere sul serio il proprio ruolo specifico di piattaforma degli Stati membri per la protezione e promozione dei diritti fondamentali.
3.8 A livello degli Stati membri
3.8.1 Poiché i diritti fondamentali sono una premessa e un impegno centrale ai fini dell'adesione all'UE, agli Stati membri spetta un ruolo importante nell'applicazione di tali diritti. Il CESE pertanto apprezza l'intenzione della Commissione di portare avanti una strategia di prevenzione, garantendo nel contempo il rispetto della Carta da parte degli Stati membri al momento in cui danno attuazione al diritto dell'UE. Sarà necessario costruire una cultura dei diritti fondamentali orientata verso la loro protezione e promozione a tutti i livelli di governo e in tutti i settori politici e legislativi, nonché individuare ed esaminare l'impatto specifico sui diritti fondamentali durante il processo di recepimento. Tuttavia, per evitare di creare false aspettative, va sottolineato che gli Stati membri, per quanto in generale siano vincolati a gradi diversi dagli importanti atti internazionali di difesa dei diritti che hanno ratificato, sono obbligati a proteggere e promuovere i diritti e i principi contenuti nella Carta solo nella misura in cui danno attuazione al diritto dell'UE.
3.8.2 Il CESE incoraggia con forza la Commissione ad agire in modo efficace in quanto custode dei Trattati e a ricorrere alla procedura d'infrazione senza farsi fermare da eventuali considerazioni politiche. Per quanto riguarda la protezione dei diritti fondamentali, la procedura attuale è troppo lenta e completamente inadeguata. Data l'importanza di questo settore e i possibili rischi per la vita, la sicurezza, il benessere e la dignità degli individui, l'azione dell'UE dev'essere rapida, tempestiva e risolutiva, e utilizzare senza indugio tutti i poteri che le sono istituzionalmente riconosciuti.
3.8.3 Il CESE sconsiglia con forza la Commissione dal dare la priorità, nei procedimenti d'infrazione, ai casi che sollevano questioni di principio o che hanno un impatto negativo particolarmente esteso per i cittadini dell'UE. Tutti i diritti contenuti nella Carta, in particolare quelli sociali, sono di pari importanza e nessuna istituzione, compresa la Commissione europea, ha il diritto o è in grado di privilegiarne alcuni.
3.8.4 A giudizio del CESE, le clausole di non partecipazione (opt-out) per i singoli Stati membri sono inaccettabili, dal momento che questo tipo di esenzioni può portare a situazioni in cui la protezione dei diritti dei cittadini e dei lavoratori sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE e il rispetto di questi diritti all'interno dell'Unione europea potrebbero essere seriamente compromessi. La Commissione e tutte le altre istituzioni dell'UE dovrebbero esaminare la possibilità di incoraggiare i paesi che continuano ad avvalersi dell'opt-out dalla Carta ad accettare pienamente tutti gli obblighi che risultano da questo strumento e a riferire annualmente sulle misure adottate al riguardo e sulle misure varate dagli Stati membri interessati per dare effettiva attuazione ai diritti fondamentali sanciti nella Carta.
3.9 Il ruolo degli altri obblighi internazionali è sottovalutato.
3.9.1 La comunicazione opera una serie di riferimenti ad altri obblighi internazionali. Una volta di più, ciò non è stato fatto in modo esaustivo: occorre pertanto un approccio strategico, come richiesto in particolare dall'articolo 53 della Carta, che stabilisce un livello minimo di protezione in connessione con le convenzioni dell'ONU, la Carta sociale europea rivista e, in particolar modo, la Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali (CEDU), come indicato all'articolo 52, paragrafo 3. In via di principio, lo stesso si applica alla giurisprudenza di altri organi internazionali, in particolare la CEDU, come livello minimo di protezione.
3.10 Ulteriori misure
3.10.1 Il CESE ha sottolineato l'importanza di misure di attuazione efficaci (22). Il ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea deve essere rafforzato per quanto riguarda il monitoraggio sull'attuazione dei diritti sanciti dalla Carta, anche rispetto ai protocolli pertinenti. In particolare, la sua giurisprudenza deve essere resa pubblica, anche per quanto riguarda i protocolli stessi.
3.10.2 Ai fini di una tutela efficace dei diritti umani occorre che tutte le norme dello Stato di diritto siano rispettate in modo completo in tutti gli Stati membri, e che questo aspetto sia incluso nella relazione periodica. Si tratta fra l'altro, e soprattutto, di sottoporre le competenze dei tribunali, le norme giuridiche e le misure della pubblica amministrazione a una giurisdizione sovraordinata, affinché questa accerti un'eventuale violazione dei diritti fondamentali o dei diritti umani. Allo stesso modo, occorre garantire il diritto dei cittadini di denunciare le violazioni dei diritti fondamentali davanti ai tribunali nazionali ed europei.
3.10.3 Le strutture competenti devono ricevere tutte le risorse necessarie. Ciò vale anzitutto per il CESE, la Commissione e tutte le altre istituzioni dell'UE. La comunicazione non è specifica in termini di misure atte a rafforzare le capacità istituzionali. La dinamica secondo cui l'azione dell'UE protegge i diritti fondamentali e rafforza il processo legislativo e politico richiede tempo e risorse significative (ad es. per la formazione del personale). Dalla comunicazione si evince che al momento non vi è un piano concreto per la transizione. Il CESE attira l'attenzione sul fatto che, senza un impegno chiaro e forte verso il rafforzamento delle capacità, la maggior parte degli obiettivi di questa politica sarà fortemente compromessa, almeno nel breve periodo. Ciò è vero per la stessa Commissione (23) e per l'Agenzia dei diritti fondamentali (24). Pertanto, l'Agenzia in particolare dovrebbe essere rafforzata e coinvolta in tutte le misure volte a creare sinergie. Inoltre, occorre prevedere una partecipazione attiva per i comitati nazionali dei diritti umani, i difensori civici e gli altri difensori dei diritti umani.
3.11 Attività promozionali
3.11.1 L'Unione dovrebbe cercare di rafforzare il quadro giuridico per i diritti sociali fondamentali. Ciò richiederà che l'UE aderisca alla Carta sociale europea rivista e ai suoi protocolli. L'Unione dovrebbe raccomandare agli Stati membri di ratificare tutti gli strumenti che riguardano i diritti (sociali) fondamentali (compresi i protocolli di modifica e quelli aggiuntivi od opzionali). Ove la ratifica da parte dell'UE non appaia possibile, occorre esplorare e utilizzare tutti i mezzi atti a renderne il contenuto giuridicamente vincolante.
3.11.2 Mainstreaming significa che ogni unità amministrativa dovrà non solo scrutinare regolarmente le attività (soprattutto quelle legislative), ma anche introdurre una o due misure promozionali concrete all'anno. Inoltre, la «check-list diritti fondamentali» dovrebbe essere ulteriormente elaborata, tenendo conto in particolare dell'obbligo di «promozione» e del mainstreaming della dimensione di genere, nonché dello sviluppo sostenibile.
3.11.3 La Commissione dovrebbe dare il via a più progetti. Tali progetti dovrebbero anche riguardare la protezione dei difensori dei diritti umani. Occorre migliorare la cooperazione sia interna sia esterna. Il CESE richiama l'attenzione sul suo parere che «chiede che ai diritti economici, sociali e culturali si riconosca maggiore importanza nelle politiche dell'Unione europea (UE) attraverso l'utilizzo degli strumenti geografici e tematici disponibili, tra i quali si evidenzia, come elemento complementare, lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR)» (25), il quale garantisce che il dialogo sociale sia riconosciuto come una priorità. Inoltre, la Commissione dovrebbe chiedere alle altre organizzazioni internazionali consigli riguardanti la protezione e promozione dei diritti umani.
3.11.4 Il CESE è preoccupato per il basso livello di conoscenza della Carta e dei diritti fondamentali da parte dei cittadini: occorre un maggiore sforzo per rafforzarne la visibilità. La Carta è uno strumento di cruciale importanza e i suoi contenuti dovrebbero essere pubblicizzati e rappresentare un punto di riferimento per la grande maggioranza degli europei. Il CESE raccomanda che la Commissione intensifichi gli sforzi per raccogliere questa sfida. Al riguardo, la comunicazione coi cittadini dovrebbe concentrarsi non tanto sulla pubblicazione di relazioni, ma piuttosto su misure attive volte a garantire che la Carta divenga un riferimento per tutti gli europei.
3.11.5 Il CESE accoglie con favore le attività volte alla formazione specifica di tutte le categorie interessate, in particolare il personale giuridico - anche da parte degli Stati membri - e ad una migliore informazione dei cittadini, ma questo è solo uno degli aspetti della necessaria strategia di comunicazione. È fondamentale saper comunicare direttamente con la popolazione, soprattutto tenendo conto delle esperienze di Solvit, in cui la Commissione cerca attivamente informazioni, anche dalle parti interessate. Lo stesso approccio deve essere adottato per quanto riguarda i diritti fondamentali in generale e quelli sociali in particolare.
3.12 Lo «stress check»
3.12.1 L'efficacia dei diritti fondamentali deve essere dimostrata nella pratica, in particolare in questi tempi di crisi economica o dove vi sia una forte pressione politica. Il CESE è preoccupato soprattutto per il diffondersi di atteggiamenti politici che possono condurre, e in alcuni casi effettivamente conducono, a gravi violazioni e a un arretramento nella promozione e protezione dei diritti fondamentali.
3.12.2 La Corte di giustizia si è occupata di importanti questioni riguardanti i diritti fondamentali annullando alcuni strumenti di legislazione secondaria, in particolare rispetto alla non discriminazione (26) e alla protezione dei dati (27), oppure vietando le norme nazionali che impongono pene carcerarie ai «cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare» (28).
3.12.3 Inoltre, il CESE nota con preoccupazione l'espulsione di massa del popolo Rom, il trattamento dei cittadini nordafricani senza documenti, le restrizioni alla libertà d'espressione in particolare sui mezzi d'informazione ecc. Tutta la legislazione che consente di escludere o restringere i diritti (sociali) fondamentali (ad es. il diritto a un limite massimo per l'orario di lavoro) deve fare l'oggetto di una trattazione specifica.
3.12.4 La crisi finanziaria ed economica sta mettendo una notevole pressione sui diritti sociali fondamentali. Tutti gli accordi, i piani di ripresa e le altre misure dell'UE e/o degli Stati membri non possono in alcun modo violare i diritti (sociali) fondamentali, come il diritto all'informazione e alla consultazione, la contrattazione collettiva e l'azione collettiva con piena autonomia delle parti sociali, nonché i servizi pubblici e sociali, ma dovrebbero piuttosto rispettare e promuovere tali diritti.
3.13 Società civile: l'aspetto partecipativo deve essere fortemente rafforzato.
3.13.1 In linea generale, la strategia si riferisce alla necessità di tener conto del parere delle parti interessate. In diversi pareri, il CESE ha sottolineato questo importante aspetto nel settore dei diritti fondamentali (29). Il termine «parti interessate» sembra abbastanza ampio da comprendere tutte le entità. Per il CESE, tuttavia, è della massima importanza che il suo ruolo di organo consultivo sia tenuto esplicitamente in considerazione. Lo stesso si applica alle parti sociali a livello dell'UE (articolo 152 del TFUE).
3.13.2 La società civile in generale e i singoli individui in particolare sono i soggetti più toccati dall'attuazione dei diritti fondamentali, e le parti interessate devono ottenere un ruolo visibile, per cui devono essere coinvolte regolarmente, pienamente ed efficacemente nel processo.
3.13.3 In particolare, il CESE dovrebbe essere coinvolto e consultato regolarmente e tempestivamente, soprattutto per quanto riguarda la relazione annuale che dovrà essere presentata dalla Commissione. Come custode dei valori dell'UE e rappresentante della società civile organizzata, il Comitato è nella posizione migliore per fungere da collegamento con la società civile.
3.13.4 Il CESE pubblicherà annualmente un parere sull'applicazione della Carta dei diritti fondamentali (dedicando un'attenzione particolare ai diritti sociali fondamentali), delle clausole sociali orizzontali (articoli 8, 9 e 10 del TFUE) e delle altre disposizioni di politica sociale del Trattato di Lisbona (in particolare gli articoli 145-166 e 168 del TFUE), nonché del diritto derivato e degli altri provvedimenti di natura giuridica e politica dal punto di vista dell'attuazione e promozione degli obiettivi e delle finalità stabiliti. In questo contesto, il CESE valuterà in che misura gli strumenti sopra citati contribuiscano allo sviluppo dei diritti fondamentali e della politica sociale dell'UE. Il parere conterrà, se del caso, anche raccomandazioni sui provvedimenti concreti che possono consentire di realizzare meglio gli obiettivi e le finalità stabiliti.
Prima di ogni parere, verrà organizzata un'audizione in cui, oltre alle parti sociali e ai rappresentanti di diversi interessi, potranno presentare le proprie opinioni e relazioni specifiche anche altre grandi organizzazioni rappresentative della società civile attive nel settore sociale. Il parere annuale del CESE sarà presentato e spiegato ai rappresentanti delle istituzioni dell'UE, in particolare del Consiglio europeo, del Consiglio, del Parlamento e della Commissione, della Corte di giustizia e della Banca centrale europea.
Inoltre si organizzeranno convegni per vigilare sull'efficacia dell'applicazione della Carta, in modo anche da rafforzare ulteriormente i contatti con l'Agenzia dei diritti fondamentali.
3.13.5 La relazione annuale è uno strumento utile per valutare i progressi delle politiche, e dovrebbe essere resa facilmente accessibile. Il CESE incoraggia la Commissione e l'Agenzia dei diritti fondamentali a cogliere l'opportunità per coinvolgere la società civile nella stesura della relazione, e ad essere aperte ad analisi indipendenti della protezione dei diritti fondamentali a livello UE e oltre i confini dell'Unione. Il Comitato, in quanto rappresentante della società civile organizzata, è pronto a facilitare il processo e a contribuire all'analisi annuale. La relazione annuale deve tener conto delle situazioni che, per varie ragioni, non diventano oggetto di petizioni o cause in tribunale. Al riguardo, la relazione dovrebbe accogliere con favore i contributi delle diverse organizzazioni che lavorano nel settore dei diritti fondamentali, nonché basarsi su tali contributi.
3.13.6 Pur riconoscendone l'importanza, il CESE ha la sensazione che nella prima relazione annuale manchi un'enfasi coerente su tutti i diritti fondamentali sanciti dalla Carta. La relazione evidenzia una serie di settori cruciali nella sezione sugli sviluppi più importanti, ma i criteri di scelta restano poco chiari. Quest'indicazione selettiva non aiuta a individuare le eventuali lacune dell'attuazione e, il che è ancor più preoccupante, può segnalare che alcuni diritti fondamentali stanno ricevendo più attenzione di altri.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Parere CESE sul tema Le relazioni transatlantiche e la promozione internazionale del modello sociale europeo, GU C 51 del 17.2.2011, pag. 20.
(2) COM(2011) 160 definitivo, adottato il 30 marzo 2011.
(3) Parere del CESE sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29, punto 4.2.3.
(4) Parere del CESE sul tema Verso una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, GU C 367 del 20.12.2000, pag. 26, punto 3.1.3.
(5) Parere del CESE sul tema Rafforzare la coesione e il coordinamento dell'UE in campo sociale (non ancora pubblicato in GU).
(6) Parere del CESE sul tema Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80, punto 4.2.4.2.
(7) Parere del CESE sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29, punto 4.3.4.
(8) Parere del CESE sul tema La politica antiterrorismo dell'UE (GU C 218 del 23.7.2011, pag. 91) - SOC/388, punti 4.5.1-4.5.2.
(9) Parere del CESE sul tema Verso una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, GU C 367 del 20.12.2000, pag. 26, punto 3.1.1; parere del CESE sull'Agenzia dei diritti fondamentali, GU C 88 dell'11.4.2006, pag. 37, punto 2.1; parere del CESE sul tema Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80, punto 3.5.
(10) Parere del CESE sul tema Verso una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, GU C 367 del 20.12.2000, pag. 26, punto 3.1.3.
(11) Parere del CES sui diritti sociali fondamentali comunitari, GU C 126 del 23.5.1989, pag. 4.
(12) Quinto considerando del TUE e articolo 151, primo comma, del TFUE.
(13) Parere del CESE sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29, punto 4.3.4.
(14) Pareri del CESE sull'Agenda sociale, GU C 182 del 4.8.2009, pag. 65, e sul tema La dimensione sociale del mercato interno, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 90.
(15) Parere del CESE sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29.
(16) Parere del CESE sul tema Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80, punto 4.1.9.
(17) Parere del CESE sul tema Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80, punto 3.5.
(18) Parere del CESE sul tema Migliorare l'alfabetizzazione, le competenze e l'inclusione digitali, GU C 318 de 29.10 2010, pag. 9, punto 7.
(19) Parere del CESE sul tema Il valore aggiunto di un regime comune europeo di asilo, tanto per i richiedenti asilo quanto per gli Stati membri dell'Unione europea, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 17, punto 4.19.
(20) Parere del CESE in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, GU C 18 del 19.1.2011, pag. 85, punto 4.2.1.9.
(21) Risoluzione del Parlamento europeo del 15 dicembre 2010; conclusioni del Consiglio del 24 e 25 febbraio 2011.
(22) Parere del CESE sul tema Verso una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, GU C 367 del 20.12.2000, pag. 26, punti 3.1.4 e 3.3.3.
(23) Parere del CESE sul tema Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80, punto 1.4; parere del CESE sul tema Il rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche e nella legislazione europea in materia di immigrazione, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29, punto 2.15.
(24) Parere del CESE sul tema Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80, punto 3.7; parere del CESE sull'Agenzia europea per i diritti fondamentali, GU C 88 dell'11.4.2006, pag. 37.
(25) Parere del CESE sul tema Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) (parere d'iniziativa), punti 1.1 e 1.2.
(26) Sentenza della Corte (grande sezione) 1o marzo 2011 - Causa C-236/09 - Association belge des Consommateurs Test-Achats ASBL (Presa in considerazione del sesso dell’assicurato quale fattore per la valutazione dei rischi assicurativi).
(27) Sentenza della Corte (grande sezione) 9 novembre 2010 - Cause C-92/09 e C-93/09 - Volker und Markus Schecke (Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali - Pubblicazione delle informazioni relative ai beneficiari di aiuti agricoli).
(28) Sentenza della Corte (prima sezione) 28 aprile 2011 - Causa C-61/11 PPU - El Dridi (Normativa nazionale che prevede la reclusione per i cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare in caso di inottemperanza all’ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro).
(29) Parere del CESE sul tema Verso una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, GU C 367 del 20.12.2000, pag. 26, punto 3.4; parere del CESE sul tema Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 80, punto 4.3.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/81 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia europea sulla disabilità 2010-2020: un rinnovato impegno per un'Europa senza barriere
COM(2010) 636 definitivo
2011/C 376/15
Relatore: VARDAKASTANIS
La Commissione europea, in data 13 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia europea sulla disabilità 2010-2020: un rinnovato impegno per un'Europa senza barriere
COM(2010) 636 definitivo.
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli, nessun voto contrario e 5 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la strategia europea sulla disabilità 2010-2020 (di seguito «la strategia») in quanto strumento di politica attiva per attuare la Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità (di seguito «la Convenzione») e tenere fede agli impegni derivanti dalla sua firma. Si tratta di una conferma formale della Convenzione da parte dell'UE, che ne riconosce il carattere giuridicamente vincolante. Il CESE invita l'UE a compiere gli altrettanto importanti passi successivi, ossia ratificare il Protocollo opzionale e garantire la conformità alla Convenzione delle norme derivate attuali e future. Ritiene che la Convenzione stabilisca un quadro chiaro per consentire ai disabili di contribuire alla realizzazione delle proprie potenzialità se vengono loro garantiti la partecipazione e il coinvolgimento.
1.2 Il CESE propone di collegare l'attuazione della strategia sulla disabilità a quella della strategia Europa 2020. Gli Stati membri dovrebbero inserire nei loro programmi nazionali di riforma degli obiettivi riguardanti specificamente i disabili per misurare la povertà, i tassi di occupazione e l'istruzione.
1.3 Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di proporre una direttiva antidiscriminazione (1) sulla base dell'articolo 19 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) (2). Invita gli Stati membri e il Parlamento europeo ad adottare, previa modifica degli articoli sul riconoscimento della disabilità, che vanno resi conformi alla Convenzione, una normativa europea incisiva e adeguata che estenda la protezione dei diritti delle persone con disabilità ad altre sfere oltre a quella dell'occupazione.
1.4 Il CESE sottolinea il valore aggiunto della consultazione e del coinvolgimento attivo delle organizzazioni dei disabili nel definire e nell'attuare la legislazione e le politiche che li riguardano, conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, della Convenzione e all'articolo 11 del Trattato sull'Unione europea (TUE). Evidenzia che anche le parti sociali possono svolgere un ruolo importante e che esse dovrebbero tenere maggiormente conto della disabilità nelle contrattazioni. Esorta ad attuare l'accordo quadro sui mercati del lavoro inclusivi, concluso dalle parti sociali europee il 25 marzo 2010, e chiede agli Stati membri di adottare specifiche misure finanziarie per promuovere la contrattazione collettiva sulle questioni relative alla disabilità. Fa osservare che le politiche per l'occupazione dei disabili devono puntare soprattutto su un approccio che copra l'intero arco della vita lavorativa (lifestreaming), in particolare sulla formazione permanente, il reclutamento, la continuità dell'occupazione e il reinserimento lavorativo, mantenendo un'applicazione positiva della legislazione sugli aiuti di Stato. Inoltre, apprezza e incoraggia le azioni congiunte tra sindacati e associazioni, come ad esempio la conferenza organizzata dalla Conferenza europea dei sindacati (CES) e dal Forum europeo dei disabili (EDF).
1.5 Il CESE ritiene che per realizzare un'Europa senza barriere sia necessario adottare un atto europeo sull'accessibilità, vale a dire una normativa incisiva, appropriata e vincolante che assicuri ai disabili la libertà di circolazione e l'accesso ai beni, ai servizi e all'ambiente edificato, individuando adeguati ed efficaci meccanismi di applicazione e monitoraggio a livello sia europeo che nazionale.
1.6 L'integrazione sistematica dell'accessibilità nelle politiche europee contribuirà alla competitività e alla ripresa economica dell'UE creando nuovi mercati per i prodotti e i servizi di assistenza e nuovi posti di lavoro a questi legati. Il CESE giudica positivamente la proposta, contenuta nella strategia, di assicurare entro il 2015 la piena accessibilità dei siti web del settore pubblico e di quelli che forniscono servizi di base ai cittadini.
1.7 Il CESE ritiene che una Carta europea della mobilità sarebbe uno strumento concreto ed efficace per favorire la libera circolazione dei disabili consentendo loro di accedere ai servizi in tutta l'UE. L'attuazione della strategia dovrebbe portare all'adozione e all'utilizzo di tale Carta in tutti gli Stati membri.
1.8 Il CESE invita al rispetto della dignità umana e dell'uguaglianza nella definizione delle politiche dell'UE. Chiede inoltre che venga fatta opera di sensibilizzazione in tutta la società, anche a livello familiare, sulle persone con disabilità e sul rispetto dei loro diritti e della loro dignità e che si combattano gli stereotipi di cui i disabili sono oggetto sul lavoro, nell'istruzione e in altri campi. Crede nel valore aggiunto di un'azione europea per superare le disparità che i disabili devono affrontare nei diversi Stati membri, anche incoraggiando tutti i media a promuovere la consapevolezza delle capacità e del contributo dato dai disabili. Raccomanda di elaborare degli indicatori di disabilità che consentano di raccogliere dati omogenei su tutti gli aspetti della vita di un individuo e di effettuare un monitoraggio numerico dei cittadini disabili con l'obiettivo di realizzare gli obiettivi di Europa 2020 in materia di riduzione del tasso di abbandono scolastico, della povertà e della disoccupazione.
1.9 Il CESE giudica necessario creare un comitato europeo sulla disabilità che fornisca una governance strutturata della strategia e un meccanismo più solido ed efficiente di coordinamento e monitoraggio dell'attuazione della Convenzione a livello europeo e nazionale, ai sensi dell'articolo. 33, paragrafo 1, della Convenzione stessa. Dal canto suo, anche il CESE procederà a una valutazione costante dell'attuazione di quest'ultima.
1.10 Il CESE denuncia l'impatto negativo della crisi finanziaria sulla vita dei disabili e sulla loro capacità di esercitare i loro diritti. Sollecita a sostenere i disabili nei periodi di crisi e mette in guardia contro eventuali tagli alla spesa sociale dovuti all'adozione di misure di austerità. Raccomanda di utilizzare i fondi strutturali e altri strumenti finanziari per erogare tale sostegno e per finanziare l'attuazione della strategia e della Convenzione. Sono inoltre necessari meccanismi aggiuntivi, ad esempio nel quadro dei fondi strutturali, come l'assegnazione diretta dei finanziamenti (ringfencing) alle azioni rivolte ai disabili e ad altre categorie vulnerabili. La futura politica di coesione deve essere conforme alla Convenzione, e occorre applicare effettivamente l'articolo 16 del regolamento attuale.
1.11 Il CESE sostiene che tutti gli individui, comprese le persone con disabilità psicosociali, le persone che hanno bisogno di un maggiore sostegno, i minori e le donne disabili, dovrebbero godere pienamente di tutti i diritti dell'uomo e di tutte le libertà fondamentali al pari degli altri esseri umani. Riconosce e promuove il diritto a una vita autonoma e sottolinea la necessità di sostenere il passaggio dall'assistenza in istituto all'assistenza nella comunità.
1.12 Il CESE raccomanda che il futuro quadro finanziario pluriennale 2014-2020 riconosca il valore giuridico della strategia e della Convenzione nell'UE e preveda finanziamenti per la loro attuazione e integrazione sistematica nelle politiche europee. Il quadro finanziario pluriennale deve contribuire all'obiettivo di fondo di promuovere i diritti fondamentali e l'inclusione delle persone con disabilità e dovrebbe investire nella promozione della non discriminazione e dell'accessibilità.
2. Introduzione
2.1 La comunicazione in esame, adottata dalla Commissione europea nel novembre 2010, rappresenta uno strumento politico fondamentale per i disabili. La strategia europea sulla disabilità in essa contenuta individua otto ambiti d'azione principali - accessibilità, partecipazione, uguaglianza, occupazione, istruzione e formazione, protezione sociale, salute e azioni esterne - e per ciascuno di essi indica le azioni chiave da lanciare nel periodo 2010-2015, al termine del quale si procederà alla revisione della strategia e alla definizione di nuove iniziative. La strategia è intesa a promuovere l'attuazione della Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità e a definire i meccanismi necessari per applicare tale Convenzione alla politica dell'UE, anche all'interno delle istituzioni europee. Essa identifica inoltre il sostegno necessario ai finanziamenti, alla ricerca, alla sensibilizzazione, alle statistiche e alla raccolta di dati. La comunicazione è accompagnata da due importanti documenti: l'elenco delle azioni concrete previste per il periodo 2010-2015 (3) e un documento di lavoro (4) che spiega il rapporto tra la strategia e la Convenzione.
2.2 Il CESE chiede che, per dare un'efficace attuazione alla Convenzione, si proceda al riesame e allo sviluppo della legislazione europea.
2.3 È dell'avviso che le politiche dell'UE debbano rispecchiare il cambiamento radicale introdotto dalla Convenzione con il passaggio da un approccio di tipo medico a uno basato invece sui diritti umani, e si impegna ad applicare alla disabilità i principi del modello sociale.
2.4 Raccomanda di adottare la definizione della Convenzione secondo cui per persone con disabilità si intendono «coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di uguaglianza con gli altri» (5).
2.5 È fermamente convinto che ogni essere umano ha diritto alla vita e sottolinea che ai disabili questo diritto spetta tanto quanto agli altri.
2.6 Denuncia le difficili condizioni in cui vivono le persone con disabilità, vittime di discriminazioni multiple in ragione del sesso, la razza, il colore della pelle, l'origine etnica o l'estrazione sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le tendenze politiche o altre idee, l'appartenenza a una minoranza nazionale, le condizioni economiche, la nascita, l'età, l'orientamento sessuale o qualsiasi altro aspetto.
2.7 Prende atto del fatto che i disabili rappresentano all'incirca il 16 % della popolazione dell'UE, pari a 80 milioni di persone. Costituiscono inoltre un sesto della sua popolazione attiva. Il 75 % di loro necessita di un sostegno intensivo e non ha accesso all'occupazione. Il 38 % dei disabili di età compresa fra i 16 e i 34 anni guadagna il 36 % in meno rispetto alle persone non affette da disabilità (6).
2.8 Il CESE rinnova il suo impegno a promuovere l'uguaglianza e l'inclusione dei disabili, come già indicato in precedenti pareri (7), sia attraverso l'attuazione della strategia e della Convenzione che tramite le azioni esterne dell'UE.
2.9 Chiede inoltre misure efficaci per combattere l'abbandono scolastico precoce, considerando che i disabili hanno due volte meno probabilità rispetto agli altri studenti di arrivare all'istruzione superiore.
2.10 Il CESE sollecita a rivedere la direttiva 2000/78/CE del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro per allinearla alla Convenzione. In realtà, in base alla Convenzione, nell'applicazione e nel recepimento della direttiva il rifiuto di soluzioni ragionevoli per i disabili è da considerarsi una forma di discriminazione. Il CESE chiede agli Stati membri di attuare correttamente la direttiva e alla Commissione europea di monitorarne adeguatamente l'applicazione.
2.11 Il CESE sostiene il ricorso ai fondi strutturali per favorire la ripresa economica e la coesione sociale (8). Bisognerà fare in modo che nella futura regolamentazione venga mantenuto il carattere trasversale dei principi di non discriminazione e accessibilità e sia riconosciuto il valore aggiunto della partecipazione delle organizzazioni dei disabili a ogni fase del processo (elaborazione, attuazione, gestione, valutazione e monitoraggio). Nell'ambito di tale regolamentazione si dovranno rafforzare i criteri relativi alle disposizioni in materia di non discriminazione e accessibilità. Va inoltre rafforzato l'articolo 16, e la sua attuazione e applicazione devono essere garantite dalla Commissione europea e dagli Stati membri.
2.12 Occorre altresì esaminare l'introduzione di appropriati meccanismi di assistenza finanziaria (9), come ad esempio l'assegnazione diretta dei finanziamenti (ringfencing) a misure destinate ai disabili (10) e ad altre categorie vulnerabili in modo da focalizzare la politica di coesione su priorità pertinenti (11). Il CESE ha già raccomandato di destinare i fondi a specifici obiettivi di inclusione sociale (12). Inoltre, per garantire l'assistenza necessaria ad attuare i principi della Convenzione e la strategia, occorre inserire l'inclusione sociale dei disabili nel suo insieme tra le categorie di spesa.
2.13 Il CESE afferma che i minori disabili dovrebbero godere pienamente di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali su un piano di parità con gli altri, e ricorda la Convenzione sui diritti del fanciullo e gli obblighi che ne derivano.
2.14 Sollecita il passaggio dall'assistenza in istituto all'assistenza nella comunità, onde rispettare il diritto dei disabili all'autonomia. I finanziamenti europei non dovrebbero essere utilizzati per costruire o ristrutturare gli istituti, bensì per finanziare il processo di transizione da un tipo di assistenza all'altro, compresa la trasformazione degli istituti in servizi a livello delle comunità. Il CESE sottolinea inoltre la necessità di promuovere un tenore di vita adeguato e l'invecchiamento attivo.
3. Valutazione della strategia europea sulla disabilità 2010-2020
3.1 Il CESE ritiene che la strategia in esame rifletta almeno parzialmente gli obiettivi della Convenzione e che gli ambiti di azione in essa definiti siano pertinenti e vadano rafforzati alla luce della Convenzione.
3.2 Si rammarica che nella strategia non sia stata data una dimensione trasversale alla parità di genere. Chiede che vengano forniti dati disaggregati per genere in materia di disabilità, e che le statistiche sui generi comprendano anche le donne disabili. Raccomanda di tenere conto della dimensione di genere nel bilancio degli strumenti finanziari UE relativi alla disabilità e di integrarla sistematicamente nell'attuazione della strategia.
3.3 Il CESE apprezza il fatto che la strategia si proponga di rimediare alla mancanza di dati relativi alla disabilità e invita a elaborare indicatori per misurare i tassi di occupazione e di povertà dei disabili e il loro accesso all'istruzione.
3.4 Pur riconoscendo l'importanza della prevenzione, affrontata nella parte del documento relativa alla salute, il CESE riterrebbe auspicabile che la strategia si concentrasse sull'affermazione dei diritti delle persone con disabilità, anziché mescolare questo aspetto alla prevenzione.
3.5 Il CESE giudica positivamente il forte impegno della strategia a favore dell'accessibilità e il suo impatto positivo sulla società (ad esempio gli anziani e le persone a mobilità ridotta). Per le imprese, essere accessibili significherà avere più clienti (15 % dei consumatori). Nuovi prodotti creano nuovi mercati e sono una fonte di crescita economica sostenibile (13). Il CESE rammenta inoltre la risoluzione del Consiglio dell'UE nella quale si afferma che «l'accessibilità rappresenta una pietra miliare di una società inclusiva basata sulla non discriminazione» (14).
3.6 Il CESE invita a utilizzare i fondi strutturali per fornire alla strategia un adeguato sostegno finanziario. In particolare, propone di usare più efficacemente il Fondo sociale europeo (FSE) per promuovere l'integrazione nel mercato del lavoro e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per realizzare un elevato livello di accessibilità in Europa.
3.7 Ritiene che la strategia dovrebbe promuovere maggiormente l'autonomia delle persone con disabilità tramite l'assistenza nella comunità e la deistituzionalizzazione. Si dovrebbero investire dei fondi europei per promuovere questo tipo di assistenza e garantire che sia di un livello adeguato.
3.8 Il CESE fa presente (13) che l'inserimento attivo deve essere collegato con il mercato del lavoro, assicurare un livello di reddito sufficiente e garantire l'accesso a servizi sociali di qualità: ciò si tradurrebbe in un miglioramento del tenore di vita anche per coloro che sono lontani dal mercato del lavoro (15).
3.9 È del parere che l'UE, in quanto primo donatore mondiale di aiuti esterni, dovrebbe dare l'esempio promovendo l'integrazione sistematica delle questioni relative alla disabilità nelle sue attività di cooperazione.
3.10 Il CESE promuove un mercato unico inclusivo e chiede l'inserimento di clausole sociali obbligatorie negli appalti pubblici, in particolar modo per favorire l'accessibilità, tramite un atto europeo sull'accessibilità ambizioso e giuridicamente vincolante, nonché per promuovere l'occupazione, la non discriminazione e la qualità dei servizi sociali. Accoglie con favore il mandato europeo di normazione M 473 (16) e chiede l'adozione di standard di accessibilità obbligatori a sostegno della legislazione nei pubblici acquisti, sul modello di quella americana in materia di accessibilità (17). Pur riconoscendo l'importanza del dialogo tra istituzioni, industria e società civile nella definizione di tali standard (18), è dell'avviso che, visto il limitato successo ottenuto da tale dialogo nella pratica, in futuro occorrerà ricorrere a un meccanismo più strutturato e giuridicamente vincolante.
3.11 Il CESE incoraggia il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e il Comitato delle regioni a porsi obiettivi ambiziosi nella protezione dei diritti dei disabili e a garantire una corretta attuazione della Convenzione nell'Unione europea.
4. Attuazione e governance
4.1 Il CESE chiede una governance strutturata della strategia tramite la creazione di un comitato europeo sulla disabilità, in quanto modo concreto per rafforzare il già esistente gruppo di alto livello sulla disabilità. Tale comitato fungerebbe inoltre da meccanismo di coordinamento per l'attuazione e il monitoraggio della Convenzione ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 1, della Convenzione stessa.
4.2 Il CESE ritiene altresì necessario creare dei comitati nazionali sulla disabilità per garantire il coordinamento tra la strategia e la Convenzione a livello nazionale. Tali comitati dovrebbero assicurare il coinvolgimento delle organizzazioni dei disabili nel processo di coordinamento e fungere da interfaccia con i punti di contatto nazionali e gli attori europei interessati.
4.3 Il CESE è dell'avviso che la composizione del comitato europeo sulla disabilità debba garantire la partecipazione di rappresentanti dei disabili e la consultazione del CESE, di altri soggetti interessati e delle organizzazioni dei disabili.
4.4 Si impegna ad assumere un ruolo guida nella promozione della Convenzione in quanto primo trattato internazionale in materia di diritti umani ratificato dall'UE. Promuove l'attuazione della strategia e della Convenzione sul piano interno. Farà altresì opera di sensibilizzazione organizzando eventi, come ad esempio un convegno ad alto livello in cooperazione con le altre istituzioni dell'UE e le organizzazioni rappresentative dei disabili.
4.5 Invita a tenere in debita considerazione l'articolo 33, paragrafi 1 e 2, della Convenzione, che vanno attuati senza inutili ritardi agendo in cooperazione con le organizzazioni di rappresentanza dei disabili. Sottolinea l'importanza di porre il punto di contatto nazionale sotto la diretta responsabilità del Segretario generale della Commissione e di garantire la piena indipendenza e il pluralismo del meccanismo di monitoraggio.
4.6 Ricorda l'obbligo di coinvolgere le persone con disabilità e le loro organizzazioni di rappresentanza nell'attuazione e nel monitoraggio della Convenzione, compresa la strategia, conformemente all'articolo 33, paragrafo 3, della Convenzione e all'articolo 11 del TUE.
4.7 Ritiene importante monitorare l'attuazione delle azioni nazionali da realizzare nel quadro della strategia entro il 2015, facendo in modo che gli Stati membri presentino delle relazioni periodiche sullo stato di avanzamento dei lavori. La Commissione europea dovrebbe inoltre riferire sui risultati conseguiti a livello europeo. L'attuazione della strategia europea sulla disabilità dovrebbe essere collegata a quella della strategia Europa 2020. Gli Stati membri dovrebbero inserire, nei loro programmi nazionali di riforma, degli obiettivi riguardanti specificamente i disabili per misurare la povertà, i tassi di occupazione e l'istruzione.
4.8 I programmi di finanziamento della Commissione europea che in futuro subentreranno a Progress dovrebbero sostenere la partecipazione delle organizzazioni dei disabili che rappresentano sia disabilità multiple che specifiche menomazioni. Ciò faciliterà l'attuazione della Convenzione.
4.9 Il CESE invita i soggetti interessati - ad es. sindacati, datori di lavoro, fornitori di servizi, operatori dell'economia sociale e organizzazioni di rappresentanza dei disabili - a impegnarsi attivamente nell'applicazione della strategia nell'ambito delle loro competenze e ruoli.
4.10 Ritiene che un ruolo chiave nel migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate e le loro opportunità di accedere all'occupazione, ai beni e ai servizi spetti agli operatori dell'economia sociale.
4.11 Invita i sindacati e gli imprenditori a inserire clausole specifiche in materia di disabilità nella contrattazione collettiva al fine di promuovere mercati del lavoro inclusivi e l'attuazione della strategia. Gli Stati membri dovrebbero adottare specifiche misure finanziare per sostenere le contrattazioni.
4.12 Il CESE reputa che la strategia dovrebbe promuovere la cooperazione tra le organizzazioni nazionali di rappresentanza dei disabili e i consigli economici e sociali nazionali per favorire la diffusione della strategia stessa negli Stati membri.
4.13 Invita infine a integrare in tutti gli ambiti di azione della strategia i bisogni delle persone che necessitano di un sostegno intensivo e di quelle affette da disabilità psicosociali.
5. Revisione della strategia europea sulla disabilità nel 2015 e nuovo quadro post 2020
5.1 Il CESE propugna un attento riesame della strategia e la definizione di una serie di azioni ambiziose per il dopo 2015 dirette a lottare contro la discriminazione e a garantire l'uguaglianza nell'UE.
5.2 Esorta a riesaminare la legislazione UE esistente e a inserire sistematicamente i principi della Convenzione nelle nuove normative e politiche europee.
5.3 Promuove un riesame globale della strategia entro il 2013 per garantirne la conformità alle disposizioni della Convenzione e trattare aspetti come, tra l'altro, il diritto alla vita e il riconoscimento dinanzi alla legge.
5.4 È del parere che l'obiettivo fondamentale della strategia debba essere l'uguaglianza dei disabili in materia di occupazione, istruzione, libertà di circolazione e altri ambiti rilevanti della loro vita.
5.5 Ribadisce la necessità di essere consultato prima della presentazione dei rapporti di attuazione dell'UE al comitato dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità.
5.6 Ricorda l'importanza di disporre di dati omogenei per sviluppare le politiche e dare un'adeguata valutazione della strategia. Esorta quindi a mettere a punto indicatori specifici per la disabilità a livello europeo.
Prime proposte per un nuovo elenco di azioni post 2015
5.7 Il CESE intende monitorare da vicino l'attuazione dell'atto europeo sull'accessibilità negli Stati membri una volta che la proposta legislativa della Commissione sia stata adottata, sotto forma di normativa vincolante, dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Invita a elaborare un piano concreto per rendere accessibili ai disabili tutte le istituzioni dell'UE (infrastrutture, procedure di assunzione, riunioni, siti web e informazioni).
5.8 Sottolinea l'importanza di modificare gli articoli della proposta di direttiva antidiscriminazione relativi alla disabilità per renderli conformi alla Convenzione ed esorta gli Stati membri ad adottare coerentemente una normativa europea efficace che estenda la protezione dei diritti dei disabili anche al di là del settore dell'occupazione.
5.9 È dell'avviso che il nuovo elenco di azioni per il periodo post 2015 dovrebbe comprendere delle misure intese ad affrontare la situazione specifica delle persone affette da disabilità psicosociali, delle donne, delle ragazze, dei minori e degli anziani con disabilità nonché delle persone che necessitano di un sostegno intensivo.
5.10 Sottolinea la necessità di assicurare che i disabili godano pienamente della libertà di circolazione. Propugna l'adozione di una Carta europea della mobilità basata sul mutuo riconoscimento delle prestazioni in natura relative alla disabilità in tutti gli Stati membri dell'UE in quanto strumento per consentire ai disabili di circolare liberamente nell'UE al pari degli altri cittadini. La Carta europea della mobilità, analogamente alla tessera di parcheggio per disabili, dovrebbe inoltre puntare a garantire l'accesso a varie prestazioni offerte da molte istituzioni pubbliche e private, ad esempio ai trasporti pubblici, ai musei, ecc. Il CESE attende proposte concrete per eliminare gli ostacoli alla trasferibilità degli assegni di invalidità e dei servizi di sostegno specifici (ad esempio l'assistenza pubblica e la tecnologia assistiva).
5.11 Il CESE propone la creazione di un Osservatorio della disabilità per analizzare la situazione dei disabili nell'UE, scambiare buone pratiche e sostenere lo sviluppo delle politiche.
5.12 Invita a elaborare un quadro europeo di qualità giuridicamente vincolante per i servizi ai disabili a livello delle comunità e ad attuarlo negli Stati membri.
5.13 Sottolinea che il sistema scolastico classico dovrebbe essere inclusivo. Suggerisce di insegnare la lingua dei segni fin dalle scuole primarie, assumere insegnanti competenti nell'uso del Braille e adottare altri sistemi appropriati per sostenere gli allievi con disabilità.
5.14 Chiede che venga sviluppato un sistema europeo comune di valutazione della disabilità basato sui diritti umani (19).
5.15 Propone di promuovere il pari riconoscimento dei disabili di fronte alla legge. La Corte di giustizia europea e i tribunali nazionali devono essere accessibili e adottare tutti i provvedimenti necessari per combattere la discriminazione.
5.16 Il CESE ricorda che il diritto di voto è un diritto umano inalienabile riconosciuto dalla Convenzione a tutti i disabili. Rammenta inoltre a tutte le istituzioni interessate che i soli requisiti che determinano il diritto di una persona all'elettorato attivo e passivo sono quelli dell'età e della cittadinanza. Respinge in modo chiaro e fermo l'idea di limitare il diritto di elettorato attivo e passivo dei disabili, tramite provvedimento giudiziario o di altro tipo. Invita le istituzioni dell'UE e gli Stati membri ad abolire le leggi discriminatorie sulla tutela per consentire a tutti i disabili di esercitare i loro diritti politici in condizioni di parità con gli altri. Osserva che è indispensabile trovare una soluzione ragionevole in materia di procedure, attrezzature e materiali elettorali onde garantire il diritto a partecipare alle elezioni politiche nazionali e a quelle del Parlamento europeo.
5.17 Chiede che venga documentata l'efficacia degli strumenti politici esistenti per il miglioramento della condizione dei disabili e propone, a questo fine, di finanziare progetti, studi e ricerche a livello UE.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) COM(2008) 426 definitivo.
(2) Articolo 19, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea: «Fatte salve le altre disposizioni dei trattati e nell'ambito delle competenze da essi conferite all'Unione, il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale».
(3) SEC(2010) 1324 definitivo.
(4) SEC(2010) 1323 definitivo.
(5) Art. 1 della Convenzione: http://www.un.org/disabilities/default.asp?id=261.
(6) http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/statistics/themes.
(7) GU C 354 del 28.12.2010, pagg. 8-15.
(8) GU C 132 del 3.5.2011, pagg. 8-14.
(9) Ibidem.
(10) COM(2010) 636 definitivo.
(11) GU C 234 del 22.9.2005, pagg. 27-31; GU C 162 del 25.6.2008, pagg. 92-95; GU C 354 del 28.12.2010, pagg. 8-15; COM(2010) 636 definitivo.
(12) GU C 120 del 16.5.2008, pagg. 73-81, punto 4.5.2.
(13) GU C 354 del 28.12.2010, pagg. 8-15.
(14) Risoluzione del Consiglio 2008/C-75/01.
(15) Eurofound.
(16) M/473 - mandato di normazione al CEN, al Cenelec e all'ETSI di inserire la «progettazione per tutti» nelle pertinenti iniziative di normazione.
(17) GU C 354 del 28.12.2010, pagg. 8-15. L'ADA (Americans with Disabilities Act) è un quadro legislativo che vieta la discriminazione dei disabili in materia di occupazione, trasporti, alloggi popolari, comunicazioni e attività governative. Esso stabilisce inoltre i requisiti per il servizio telefonico ponte [un servizio che consente di utilizzare il telefono a chi è audioleso o ha problemi di parola, NdT].
(18) Si vedano gli standard già in via di attuazione nel quadro dei mandati 376 e 420 e il seguente link:
http://cms.horus.be/files/99909/MediaArchive/M420%20Mandate%20Access%20Built%20Environment.pdf.
(19) Sistema comune di valutazione della disabilità basato sui diritti sanciti dalla Convenzione dell'ONU tramite la revisione della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF).
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/87 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi
COM(2011) 126 definitivo — 2011/0059 (CNS)
e alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate
COM(2011) 127 definitivo — 2011/0060 (CNS)
2011/C 376/16
Relatore: PEZZINI
Il Consiglio, in data 26 aprile 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
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Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi COM(2011) 126 definitivo - 2011/0059 (CNS) e alla: |
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Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate COM(2011) 127 definitivo - 2011/0060 (CNS). |
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali e cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 agosto 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 156 voti favorevoli, 3 voti contrari e 6 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide la necessità, espressa dalla Commissione, di eliminare le incertezze e le discriminazioni sui diritti di proprietà delle coppie internazionali e ritiene opportuno adottare un pacchetto legislativo composto da due regolamenti distinti per il regime tra coniugi e per le unioni registrate.
1.2 Il Comitato ritiene capisaldi di qualsiasi regolamentazione in materia la certezza del diritto, la prevedibilità, la semplificazione e un rapido accesso alla giustizia, a soluzioni eque, a costi accessibili e a tempi contenuti, nel rispetto delle sole eccezioni di ordine pubblico.
1.3 Il CESE ritiene fondamentale che qualsiasi regolamentazione prevista tuteli in modo chiaro e trasparente non solo i diritti relativi ai regimi patrimoniali dei coniugi e delle unioni registrate, bensì anche gli interessi e i diritti dei terzi. A tal proposito, la scelta delle leggi applicabili e delle competenze giurisdizionali dovrebbe essere obbligatoriamente effettuata al momento dell'unione.
1.4 Il CESE si chiede in proposito se non sia possibile addivenire, in materia, alla realizzazione di un regime europeo aggiuntivo opzionale, il cosiddetto «28° regime», che tuteli in egual modo le coppie internazionali, nei loro regimi e negli effetti patrimoniali.
1.4.1 Oltretutto, ciò consentirebbe più facilmente il ricorso all'arbitrato, rendendo validi gli accordi extragiudiziali.
1.5 Il Comitato ribadisce l'importanza di assicurare l'immediata esecutività delle decisioni, senza l'attivazione di ulteriori procedure, anche se semplificate, al fine di ridurre gli oneri per i cittadini in termini di tempi e di costi e gli aggravi amministrativi per i sistemi giudiziari.
1.6 Il CESE raccomanda l'attivazione di un sistema di informazione e formazione delle autorità giudiziarie competenti, nonché degli operatori del diritto e dei cittadini, attraverso la creazione di un portale web interattivo in tutte le lingue ufficiali e la predisposizione di sistemi di interscambio di professionalità e di competenze.
1.7 Il CESE chiede che venga realizzata una rete europea di punti nazionali di assistenza tecnico-giuridica gratuita, facenti capo all'Agenzia per i diritti fondamentali, affinché venga assicurato l'esercizio consapevole e avvertito dei propri diritti da parte di tutte le coppie.
1.8 Il CESE sottolinea l'importanza di concentrare davanti ad un'unica autorità giurisdizionale i vari procedimenti di successione, divorzio, separazione personale e liquidazione del regime patrimoniale.
1.9 Il Comitato, infine, raccomanda con forza che venga assicurata piena coerenza tra le regolamentazioni in essere, in via di modifica o in fieri, per assicurare un quadro omogeneo, semplificato e accessibile a tutti i cittadini europei in materia di regimi patrimoniali.
2. Il quadro legislativo esistente
2.1 Per il CESE è di importanza essenziale garantire che i cittadini possano circolare liberamente tra tutti gli Stati membri, affinché possano vivere, creare una famiglia, acquisire una proprietà nell'Unione europea, senza inconvenienti né incertezze.
2.2 I Trattati e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea garantiscono i diritti di libertà di circolazione e di soggiorno, di accesso alla giustizia e il rispetto dei diritti fondamentali, in particolare: il diritto di proprietà, l'uguaglianza di tutti davanti alla legge, il principio di non discriminazione, il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, secondo le leggi nazionali, il diritto a un giudice imparziale.
2.3 La maggiore mobilità dei cittadini all'interno dell'UE ha provocato un aumento dei matrimoni e delle unioni «internazionali», in cui i coniugi hanno cittadinanza diversa oppure risiedono in Stati membri diversi o in uno Stato membro di cui non sono cittadini.
2.4 Il CESE è cosciente dell'importanza di un esercizio efficace di tali diritti, in uno spazio senza frontiere interne, quale che sia la forma delle unioni tra cittadini di Stati membri differenti e la possibilità di una loro presenza in uno Stato membro di cui non hanno la nazionalità. A questa presenza si accompagna spesso il possesso di beni mobili e/o immobili situati sul territorio di più paesi dell'UE.
2.5 In Europa attualmente le coppie internazionali sono circa 16 milioni. Nel 2007, su 2,4 milioni di nuovi matrimoni, il 13 % (310 000) presentava un elemento internazionale. Analogamente, nello stesso anno, su 211 000 unioni registrate nell'UE, 41 000 riguardavano coppie internazionali.
2.6 In cinque paesi il matrimonio può essere contratto da coppie dello stesso sesso (nei Paesi Bassi dal 2001, in Belgio dal 2003, in Spagna dal 2005, in Svezia dal 2009 e in Portogallo dal 2010) mentre «l'unione registrata» è un istituto giuridico più recente, riconosciuto in 14 Stati membri (1). In tutti questi 14 paesi è ammessa l'unione registrata di coppie dello stesso sesso, mentre l'unione registrata sia di persone dello stesso sesso che di sesso opposto è ammessa solo in Belgio, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
2.7 Consultato dalla Commissione nel 2006 sul Libro verde sui regolamenti dei conflitti in materia di regime matrimoniale, il CESE aveva accolto con favore (2), in linea generale, le modifiche al regolamento (CE) n. 2201/2003, che estendevano la competenza giurisdizionale e le norme applicabili in materia matrimoniale suggerendo che tali modifiche andassero a completare, su questi punti, un regolamento per il riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia di matrimonio e di custodia dei figli. Sulla competenza giurisdizionale e sulla legge applicabile in materia matrimoniale il CESE si era già pronunciato al momento della presentazione del Libro verde sul divorzio, in merito al quale aveva elaborato un parere molto dettagliato, al quale si rimanda (3).
2.8 Il Comitato si era anche interrogato sull'opportunità di trattare separatamente la questione della suddivisione dei beni comuni (immobili, mobili e altri diritti patrimoniali), estendendo alle coppie non sposate (suscettibili comunque di avere figli in comune) il campo di applicazione rationae personae delle norme che disciplinano tale suddivisione.
2.9 Sarebbe forse stato più logico trattare, da una parte, tutte le conseguenze della dissoluzione del vincolo matrimoniale e, dall'altra, disciplinare tutte le conseguenze della separazione delle coppie non sposate, che vivono sotto un regime di unione registrata, elaborando un quadro regolamentare unitario.
2.10 Ciò sarebbe probabilmente andato a vantaggio della chiarezza e della comprensione del diritto applicabile, e avrebbe facilitato il riconoscimento delle decisioni giudiziarie, che spesso disciplinano con un'unica sentenza definitiva tutte le condizioni e gli effetti del divorzio.
2.11 Il CESE, considerate le caratteristiche proprie del matrimonio e dell'unione registrata, e il fatto che vi possono essere differenze giuridiche tra queste due forme di unione, concorda sull'opportunità di avere due strumenti regolamentari distinti: uno relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi, l'altro alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate.
2.12 Il Comitato si interroga sull'opportunità di procedere allo studio di una formulazione integrata di uno strumento unificato sotto forma di regime europeo aggiuntivo opzionale («28° regime») (4), al quale le coppie - unite in matrimonio o in unioni registrate - possano, senza discriminazione alcuna, liberamente decidere di accedere. Una pista di orientamento al riguardo potrebbe essere offerta dall'accordo franco-tedesco per la creazione di un regime matrimoniale comune (5).
2.12.1 Gli aspetti patrimoniali dei matrimoni e delle unioni registrate sono spesso trattati in «modo non contenzioso». In tal caso, secondo il CESE, sarebbe opportuno inserire nel 28° regime, talune clausole concernenti la validità degli accordi extragiudiziali d'arbitrato (6), con notevoli benefici per i cittadini europei.
2.13 Entrambi gli strumenti dovrebbero, a parere del Comitato, assicurare:
— |
prevedibilità e certezza della legge applicabile grazie a norme chiare e uniformi, |
— |
coerenza in materia di cooperazione giudiziaria civile, in particolare di diritto di famiglia, |
— |
riconoscimento automatico delle decisioni ed esecuzione attraverso una procedura uniforme semplificata, garantendo la circolazione delle sentenze senza exequatur in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni, |
— |
armonizzazione delle norme sulla competenza determinando la legge applicabile con una stessa autorità giurisdizionale per tutti gli aspetti della situazione della coppia, che dovrebbe essere tenuta ad operare tale scelta, |
— |
definizione di un quadro giuridico coerentemente strutturato e facilmente accessibile, unificando e armonizzando la terminologia relativa a tutte le tematiche e a tutti i concetti e requisiti inerenti a norme analoghe per tutte le tematiche (es. pendenza di liti, clausole di competenza, ecc.). |
3. Proposte della Commissione
3.1 Nella Relazione 2010 sulla cittadinanza dell'Unione - Eliminare gli ostacoli all'esercizio dei diritti dei cittadini dell'Unione (7), la Commissione individua nell'incertezza sui diritti di proprietà delle coppie internazionali uno dei principali ostacoli con cui tuttora si scontrano i cittadini nell'esercizio quotidiano dei loro diritti.
3.2 Le proposte della Commissione si basano sull'articolo 81, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
3.3 Al Consiglio sono state presentate due iniziative della Commissione concernenti la legge applicabile ai diritti di proprietà delle coppie internazionali: la prima riguarda l'individuazione della competenza della legge applicabile ed il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi; la seconda riguarda le stesse problematiche per quanto attiene agli effetti patrimoniali delle unioni registrate.
3.4 Le proposte della Commissione intendono gettare ponti tra i diversi ordinamenti giuridici dell'UE, e facilitare la vita delle coppie internazionali, senza armonizzare né modificare il diritto sostanziale degli Stati membri in materia di matrimonio o unioni registrate, ma con l'obiettivo di:
— |
consentire alle coppie internazionali sposate di scegliere la legge applicabile ai loro beni comuni in caso di morte di un coniuge o divorzio, |
— |
aumentare la certezza del diritto per le unioni registrate con carattere internazionale assoggettando, come regola generale, i beni delle coppie legate da un'unione registrata alla legge del paese in cui l'unione è stata registrata, |
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aumentare la certezza del diritto per le coppie internazionali (sposate o legate da unione registrata) istituendo un insieme di norme coerenti per determinare l'autorità giurisdizionale competente e la legge applicabile in base a una gerarchia di criteri di collegamento oggettivi, |
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migliorare la prevedibilità per le coppie internazionali semplificando la procedura per riconoscere decisioni e atti in tutta l'UE con la possibilità per i cittadini di proporre dinanzi a un'unica autorità giurisdizionale varie domande giudiziali. |
3.5 Le proposte prevedono anche la creazione di una pagina web nell" European Judicial Network in civil and commercial matters sui registri esistenti in materia di regimi patrimoniali tra coniugi e di norme nazionali.
3.6 Le proposte richiedono l'approvazione unanime del Consiglio dei ministri UE previa consultazione del Parlamento europeo.
4. Osservazioni di carattere generale
4.1 Il CESE ritiene opportuno che la scelta per la determinazione delle norme applicabili alle coppie unite in matrimonio debba essere effettuata al momento del matrimonio stesso, evitando che possa venir scelta una legge con cui il matrimonio non presenti nessun collegamento legislativo, e prevedendo invece, per i matrimoni pre-esistenti, in caso di non scelta, un elenco di criteri di collegamento oggettivi, per la determinazione della legge applicabile, conformemente al sistema adottato nel recente regolamento «Roma III» (8).
4.1.1 Secondo il CESE, l'introduzione di norme che attribuiscono ai coniugi una limitata possibilità di scelta della legge applicabile rafforzerebbe la certezza del diritto e darebbe agli interessati un certo margine di scelta della legge applicabile ai loro beni, garantendo nel contempo la protezione degli interessi dei terzi.
4.1.2 Nel caso di unioni registrate, la scelta è quella della legge dello Stato nel quale avviene la registrazione.
4.1.3 Il CESE sottolinea la necessità di un adeguato e chiaro sistema di informazione in merito alla scelta della legge di cui al regolamento (UE) n. 1259/2010 e alla proposta contenuta nel COM(2011) 126 definitivo, onde consentire una matura coscienza da parte delle coppie circa il regime di divorzio e di regolamentazione dei rapporti patrimoniali.
4.1.4 Il Comitato pone come priorità la certezza del diritto ed esprime quindi preoccupazione sulla effettiva conciliabilità tra la scelta del regime giuridico applicabile alla regolamentazione del patrimonio da parte della coppia e l'effettiva ubicazione fisica del bene, qualora quest'ultimo sia posizionato in un paese diverso da quello concordato.
4.1.4.1 Secondo il Comitato, al fine di garantire la certezza giuridica e, contestualmente, il diritto dei coniugi alla conservazione del valore dei beni mobili e immobili di proprietà, sarebbe opportuno procedere ad una equa valutazione del patrimonio al momento del matrimonio e al momento stesso dell'atto di separazione o di divorzio.
4.1.4.2 Il CESE auspica che venga inserito in ogni atto riferito ai beni patrimoniali l'indicazione del regime vigente tra i coniugi: questo è particolarmente rilevante in presenza di quote e partecipazioni societarie, assicurazioni-vita, fondi pensione e quant'altro.
4.1.5 Il CESE si interroga sulla effettiva ricaduta verso i terzi, che può aversi nel caso di differenza tra la legge applicabile, scelta per i regimi patrimoniali, e quella di ubicazione effettiva del bene, anche al di fuori dell'UE.
4.2 Il Comitato ritiene importante eliminare i problemi legati al riconoscimento delle decisioni e degli atti, assicurando progressi in termini di economie e di rapidità del riconoscimento delle decisioni ed evitando possibilità di ricorso ad autorità giurisdizionali in diversi Stati membri.
4.3 Le norme sulla competenza relative alla liquidazione dei regimi patrimoniali estenderebbero la competenza dell'autorità giurisdizionale investita del divorzio o della successione alle questioni correlate alla liquidazione del regime patrimoniale. Ne deriverebbe una maggiore certezza del diritto per i cittadini, in quanto l'autorità giurisdizionale competente per il divorzio o la successione sarebbe competente anche per la liquidazione del regime patrimoniale.
4.3.1 Il Comitato si preoccupa circa le conseguenze dei tempi di adeguamento delle normative interne dei singoli Stati e la data di entrata in vigore dei regolamenti per i regimi patrimoniali.
4.4 Il CESE ritiene imprescindibile garantire la libera circolazione delle decisioni grazie al loro riconoscimento automatico in tutta l'Unione, e la loro esecuzione con una procedura uniforme semplificata nonché garantire la coerenza richiesta in materia di cooperazione giudiziaria civile.
4.5 Il CESE ritiene che l'obiettivo generale debba essere la definizione di un quadro giuridico coerentemente strutturato e facilmente accessibile; reputa che, a tal fine, debba essere unificata e armonizzata la terminologia relativa a tutte le tematiche e a tutti i concetti e i requisiti inerenti a norme analoghe per tutte le tematiche (per esempio litispendenza, clausole di competenza, residenza abituale, ecc.).
4.6 È altresì importante, a parere del Comitato, consentire il riconoscimento, l'esecuzione delle decisioni e la libera circolazione delle stesse senza exequatur nel mercato interno, conformemente alle modifiche proposte (9) alle norme in materia civile e commerciale ai sensi del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, senza eccezioni salvo quelle di ordine pubblico e di conformità alla Carta dei diritti fondamentali.
4.7 Il CESE è d'accordo sull'opportunità di concentrare davanti ad un'unica autorità giurisdizionale i vari procedimenti: procedimento di divorzio, di separazione personale e di liquidazione del regime patrimoniale tra coniugi. Le autorità giurisdizionali competenti sono le stesse che sono state individuate ai sensi del regolamento «Bruxelles II bis».
4.7.1 Il Comitato sottolinea l'importanza di evitare procedimenti paralleli e l'applicazione di leggi sostanziali diverse ai beni delle coppie sposate o registrate.
4.8 Il CESE ritiene di fondamentale importanza un'azione comunitaria di formazione dei componenti delle autorità pubbliche competenti in materia e degli operatori del diritto che saranno tenuti ad applicare il nuovo quadro normativo in materia di regimi patrimoniali tra coniugi e tra partner di unioni registrate.
4.9 Occorrerà dare ai coniugi e alle coppie registrate adeguata informazione circa gli effetti della legislazione scelta verso il patrimonio nei casi di trasferimento dello stesso, soprattutto nell'ipotesi di regimi diversi tra quello scelto e quello della effettiva ubicazione dei beni.
4.10 Conformemente alle conclusioni del Consiglio Giustizia e Affari interni del 24 e 25 febbraio 2011, «occorre tenere conto del rispetto dei diritti fondamentali anche nella redazione di atti giuridici che non rientrano nel processo legislativo» (10). Il Comitato ritiene che l'Agenzia per i diritti fondamentali possa e debba svolgere un ruolo attivo nell'assistenza tecnico-giuridica alle coppie per un esercizio efficace dei propri diritti.
5. Osservazioni particolari
5.1 Regolamentazioni proposte relative ai regimi patrimoniali tra coniugi
5.1.1 Il Comitato concorda sulla definizione di regime patrimoniale tra coniugi come comprensiva degli aspetti inerenti tanto alla gestione quotidiana dei beni dei coniugi, quanto alla liquidazione del regime patrimoniale, senza pregiudicare la natura dei diritti reali, la qualificazione dei beni e dei diritti e la determinazione delle prerogative dei titolari di tali diritti, fatte salve le sole eccezioni di ordine pubblico di cui alle legislazioni degli Stati membri.
5.1.2 Il Comitato è fortemente preoccupato di assicurare coerenza in materia di competenza tra i regimi applicabili ai sensi del regolamento n. 1259/2010 (divorzio o separazione), quelli applicabili ai sensi del regolamento n. 2201/2003 (matrimonio) e quelli previsti dalla proposta di regolamento relativa al regime patrimoniale tra i coniugi (vedi capo II, artt. 4 e 5, e capo III, artt. 15-18).
5.1.2.1 Secondo il CESE, una differenza di regime nei diversi casi - che verrebbe lasciata alla mera discrezionalità delle parti - potrebbe determinare eccessive complessità, ingenerando possibili conflitti di competenza e di effetti consequenziali, con notevoli aggravi in termini di tempi e di costi. Il Comitato ritiene che sia opportuno stabilire la competenza giurisdizionale al momento del matrimonio.
5.1.3 Il Comitato ritiene che il principio del mutuo riconoscimento in tema di libera circolazione delle decisioni, degli atti pubblici e delle trascrizioni giudiziarie in materia di regimi patrimoniali tra coniugi, debba escludere la previsione di eventuali procedure ulteriori quali quelle proposte. Qualsiasi tipo di procedura di exequatur (vedi regolamenti Bruxelles I e II) comporterebbe infatti un aggravio di costi e di tempi.
5.1.4 In entrambi i regolamenti, all'articolo 4 dovrebbe, secondo il CESE, essere esclusa la possibilità di subordinare all'accordo tra le parti la competenza delle autorità giurisdizionali competenti per scioglimento o annullamento, anche per gli effetti patrimoniali di tali atti.
5.2 Normative proposte per i regimi patrimoniali per coppie legate da unione registrata
5.2.1 Il CESE ritiene che sia indispensabile considerare le caratteristiche proprie dell'unione registrata al fine di determinare le conseguenze giuridiche per le coppie legate da unione registrata per quanto riguarda i soli aspetti patrimoniali dei partner tra loro e con terzi.
5.2.2 Per quanto riguarda la normativa di cui al capo III della proposta di regolamento n. 127/2011 (unioni registrate), il CESE teme che le previsioni indicate possano contrastare con le normative previste dai diritti dei luoghi in cui sono effettivamente ubicati i beni stessi.
5.2.3 Data la differenza esistente tra i regimi all'interno dei paesi che ammettono le unioni registrate, al fine di rafforzare le garanzie dei diritti dei componenti delle unioni registrate e quelle dei terzi, sarebbe opportuno procedere ad una armonizzazione dei sistemi informativi, delle procedure di pubblicità e di opponibilità dei diritti afferenti ai beni di proprietà delle coppie stesse, specie nei casi di ubicazione dei beni in paesi che non prevedono tale istituto.
5.3 Accesso all'informazione sui regimi patrimoniali esistenti negli Stati membri
5.3.1 Il CESE sottolinea l'importanza di garantire un adeguato accesso all'informazione da parte dei coniugi e dei partner delle unioni registrate, in primis, ma anche delle autorità giurisdizionali competenti e degli operatori del diritto, attraverso guide pratiche nelle lingue comunitarie e la creazione di un portale web in tutte le lingue ufficiali dell'Unione.
5.3.2 Il Comitato ritiene indispensabile un programma di formazione delle autorità giudiziarie, degli operatori e degli utenti del diritto, accompagnata da azioni di interscambio di esperienze per assicurare un'adeguata diffusa professionalità e conoscenza dei singoli sistemi giuridici nazionali pertinenti.
5.3.3 Il CESE auspica che venga realizzata una rete europea di punti di assistenza tecnico-giuridica nazionali, facenti capo all'Agenzia per i diritti fondamentali, per assicurare gratuitamente l'esercizio consapevole dei diritti dei coniugi e delle unioni registrate in materia di regimi patrimoniali.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica ceca, Slovenia, Svezia e Ungheria.
(2) GU C 325 del 30.12.2006, pag. 71.
(3) GU C 24 del 31.1.2006, pag. 20.
(4) GU C 21 del 21.1.2011, pag. 26.
(5) Vedi Francia – Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011.
(6) Proposta ministero della Giustizia italiano e, anche, Corte di giustizia europea, Sentenza West Tankers, AFF. C- 185/07, punto 26, sulla validità della clausola d'arbitrato.
(7) Adottata il 27 ottobre 2010.
(8) Vedi regolamento (UE) n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, GU L 343 del 29.12.2010, pag. 10.
(9) Vedi COM(2010) 748 definitivo.
(10) Vedi conclusioni del Consiglio sul ruolo svolto dal Consiglio dell'Unione europea per garantire l'attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, 24-25 febbraio 2011.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/92 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il piano d'azione europeo per l'eGovernment 2011-2015 — Valorizzare le TIC per promuovere un'amministrazione digitale intelligente, sostenibile e innovativa
COM(2010) 743 definitivo
e alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso l'interoperabilità dei servizi pubblici europei
COM(2010) 744 definitivo
2011/C 376/17
Relatore: HENCKS
La Commissione, in data 15 e 16 dicembre 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
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Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il piano d'azione europeo per l'eGovernment 2011-2015 — Valorizzare le TIC per promuovere un'amministrazione digitale intelligente, sostenibile e innovativa COM(2010) 743 definitivo e alla |
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Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso l'interoperabilità dei servizi pubblici europei COM(2010) 744 definitivo. |
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 161 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il piano d'azione in esame è stato elaborato su richiesta della conferenza ministeriale sull'eGovernment svoltasi a Malmö nel 2009, nel corso della quale i ministri dell'UE si sono impegnati a promuovere servizi pubblici transfrontalieri on line più accessibili, interattivi e personalizzati. A ciò si aggiungono gli impegni assunti nel quadro dell'agenda digitale e della strategia Europa 2020.
1.2 Dal momento che la Commissione non ha alcuna competenza in materia se non quella di proporre condizioni e azioni favorevoli a uno sviluppo armonioso delle transazioni transfrontaliere di servizi pubblici on line in Europa, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) desidera sottolineare che, in fin dei conti, è compito degli Stati membri garantire il rispetto degli impegni assunti a Malmö.
1.3 Per evitare eventuali confusioni con un altro tipo di servizi, il CESE propone di utilizzare l'espressione «servizi pubblici transfrontalieri di eGovernment europei» al posto di «servizi pubblici europei».
1.4 Il CESE sostiene il piano d'azione presentato dalla Commissione per promuovere un'amministrazione digitale sostenibile e innovativa, che apre la strada a servizi più personalizzati e interattivi e risponde meglio alle esigenze e alle aspettative degli utenti, chiamati a svolgere una funzione più attiva nella definizione dei servizi pubblici on line.
1.5 La promozione dell'eGovernment dovrà comportare una riorganizzazione dell'amministrazione e dei suoi rapporti con gli utenti, prevedendo in particolare l'assistenza a questi ultimi nell'espletare le procedure amministrative on line.
1.6 L'Unione e gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'inclusione di tutti i cittadini, compresi quelli svantaggiati, nella società digitale, conformemente alla strategia Europa 2020 e all'articolo 9 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
1.7 Per quanto riguarda l'interoperabilità, la firma elettronica e l'identificazione digitale, gli ostacoli derivano spesso dall'assenza di una base giuridica transfrontaliera, dalle differenze tra le normative nazionali e dal fatto che gli Stati membri optano per soluzioni reciprocamente incompatibili. È necessario garantire un'efficace governance multilaterale dei sistemi basata su risorse umane e mezzi adeguati.
1.8 In un quadro europeo di interoperabilità, il CESE sostiene lo sviluppo di una visione e di interfacce standard comuni, e si dichiara favorevole a una piattaforma per lo scambio di informazioni, esperienze e codici fondati su software gratuiti e aperti per consentire delle correzioni e delle modifiche e, soprattutto, su formati di dati aperti per l'interoperabilità. Le esperienze realizzate da determinate amministrazioni (ad esempio le dogane) andrebbero utilizzate per determinare l'interoperabilità tecnica, l'interoperabilità semantica e l'interoperabilità organizzativa dei sistemi prima di procedere alla loro interconnessione, poiché si tratta di fattori che garantiscono la realizzazione degli accordi e la stabilità del funzionamento, grazie alla definizione di norme comuni e di una base giuridica solida.
1.9 Oggi il concetto di interoperabilità è fondamentale, ma solamente per i servizi in cui risulta utile. La sua realizzazione è molto complessa e richiede l'integrazione di un gran numero di azioni e misure tecniche per garantire ai cittadini la sicurezza degli scambi. Si tratta peraltro di un concetto che si va evolvendo.
1.10 Prima di procedere allo scambio dei dati, occorre raccomandare alle amministrazioni degli Stati membri di effettuare una selezione affinché siano messi in linea soltanto i dati utili allo scambio, garantendo sin dal principio il rispetto dei testi esistenti.
1.11 È necessario proteggere i dati personali dei cittadini, delle imprese e delle organizzazioni associative, nonché rispettare il loro «diritto alla cancellazione dei dati». La sicurezza dei dati deve essere assicurata e garantita a livello europeo, fin dalla progettazione degli scambi a livello di server, software, memorizzazione, scambi, ecc. L'ipotesi che i dati vengano riutilizzati da terzi deve essere soggetta alle stesse norme e ai medesimi requisiti.
2. La promozione dell'eGovernment
2.1 Fin dal 1993 l'Unione europea è impegnata nel coordinamento delle azioni degli Stati membri intese ad agevolare la convergenza digitale e rispondere alle sfide della società dell'informazione (programmi IDA, IDA I, IDA II, IDABC, ISA) (1), allo scopo di creare uno spazio unico europeo che offra comunicazioni a banda larga sicure e a prezzi accessibili, nonché contenuti di qualità, diversificati e commisurati alle esigenze degli utenti.
2.2 L'Unione ha pertanto adottato gli orientamenti politici pertinenti in diverse comunicazioni e numerosi piani d'azione, alcuni dei quali si prefiggevano l'obiettivo di accelerare l'introduzione dell'eGovernment fondandosi su cinque priorità:
— |
un accesso generalizzato; |
— |
una maggiore efficacia; |
— |
servizi on line a impatto elevato; |
— |
creazione di strumenti chiave; |
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maggiore partecipazione ai processi decisionali democratici. |
2.3 Il nuovo piano d'azione costituisce parte integrante dell'agenda digitale. L'Unione e gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'inclusione di tutti i cittadini, compresi quelli svantaggiati, nella società digitale, conformemente alla strategia Europa 2020 e all'articolo 9 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
3. Le nuove iniziative della Commissione
3.1 In occasione della quinta conferenza ministeriale sull'eGovernment svoltasi a Malmö nel 2009, i ministri dell'UE si sono impegnati a promuovere la competitività europea grazie al risparmio di tempo e denaro che può essere realizzato mediante l'introduzione di servizi pubblici on line più accessibili, interattivi e personalizzati.
3.2 La Commissione propone quindi un nuovo piano d'azione per l'eGovernment, che mira a dare una risposta concreta alla richiesta della conferenza ministeriale di Malmö e contribuisce a realizzare due obiettivi fondamentali dell'agenda digitale europea, in base alla quale gli Stati membri dovranno allineare entro il 2013 i rispettivi quadri nazionali di interoperabilità con quelli applicabili in Europa, mentre le pubbliche amministrazioni dovranno promuovere l'eGovernment affinché, entro il 2015, il 50 % dei cittadini e l'80 % delle imprese utilizzino i servizi di eGovernment.
3.3 Le 40 misure previste dal piano d'azione 2011-2015 rientrano in quattro ambiti:
A. |
Responsabilizzazione degli utenti:
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B. |
Mercato interno:
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C. |
Efficienza ed efficacia delle amministrazioni pubbliche:
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D. |
Condizioni preliminari per lo sviluppo dell'eGovernment:
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3.4 In pratica, il piano d'azione prevede le seguenti misure:
— |
garantire la registrazione unica e sicura di determinate informazioni fornite all'amministrazione (evitando che le stesse informazioni debbano essere trasmesse più volte ad amministrazioni diverse); |
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diffondere in tutta l'UE l'utilizzo di sistemi di identificazione elettronica (eID) per agevolare alcune formalità di natura transnazionale, come la creazione di un'impresa in un altro Stato, il trasferimento o l'espatrio per motivi professionali, il trasferimento dei diritti pensionistici o l'iscrizione a un istituto scolastico o universitario in un altro paese; |
— |
permettere ai cittadini e alle imprese di seguire in tempo reale il trattamento del loro dossier da parte dell'amministrazione, attraverso una maggiore trasparenza e apertura; |
— |
fornire servizi personalizzati per rispondere in modo più efficace alle esigenze concrete degli utenti, garantendo ad esempio la trasmissione rapida e sicura di documenti e informazioni in formato digitale; |
— |
permettere il riutilizzo di dati da parte di terzi per agevolare la messa a punto di applicazioni e servizi pubblici nuovi. |
4. Osservazioni generali
Il CESE concorda sulla necessità assoluta di promuovere un eGovernment sostenibile e innovativo nonché un'interoperabilità transfrontaliera senza barriere.
4.1 In questo contesto rammenta che, nella fattispecie, il compito principale della Commissione consiste nel creare condizioni più favorevoli allo sviluppo di transazioni amministrative on line e, in particolare, delle precondizioni necessarie, quali l'interoperabilità, le firme digitali e l'identificazione elettronica, nonché nel coordinare le azioni degli Stati membri, considerato che ai governi degli Stati membri che si sono impegnati politicamente con la dichiarazione di Malmö spetta il ruolo principale nell'applicazione delle misure approvate.
4.2 Prima di tutto, il CESE desidera richiamare l'attenzione sul fatto che il concetto di «servizi pubblici europei» utilizzato dalla Commissione nella comunicazione sull'interoperabilità è inadeguato e fuorviante. Nel parere sul tema Servizi di interesse economico generale: come ripartire le responsabilità tra l'UE e gli Stati membri? (2) il CESE ha esaminato i servizi pubblici europei che non possono essere limitati al livello nazionale o locale e che potrebbero essere considerati servizi comunitari di interesse generale. I servizi transfrontalieri di eGovernment, pur presentando una certa dimensione europea nella misura in cui sono transfrontalieri, sono tuttavia di natura totalmente diversa rispetto a quelli che si potrebbero qualificare come servizi pubblici europei.
4.3 Il CESE sostiene la nuova strategia che prevede il passaggio da un approccio di natura essenzialmente universale a un approccio personalizzato che apre la strada a servizi pubblici più interattivi e risponde meglio alle aspettative e alle richieste degli utenti, fondandosi su una nuova generazione di servizi pubblici on line aperti, flessibili e senza soluzione di continuità a livello locale, regionale, nazionale ed europeo.
4.4 Il CESE si congratula con la Commissione per aver dato la possibilità agli utilizzatori (cittadini, imprese, ONG nonché le strutture ufficiali di dialogo riconosciute dalla Commissione) di svolgere, nel tempo, un ruolo più attivo nella definizione di servizi pubblici on line commisurati alle loro esigenze.
4.5 Il CESE sostiene quindi il nuovo piano d'azione presentato dalla Commissione che offre a tutte le parti interessate la possibilità di beneficiare di servizi pubblici più rapidi e di qualità più elevata e assisterà le amministrazioni pubbliche nel rivedere il loro approccio al servizio erogato e le loro procedure interne per rispondere meglio alle nuove esigenze di rapidità, disponibilità e semplicità.
4.6 Tuttavia il CESE non può sottrarsi all'impressione che - troppo spesso - gli utenti non siano veramente al centro delle preoccupazioni dell'amministrazione, e che l'eGovernment sia invece organizzato in funzione della struttura interna dell'amministrazione e non in funzione dei cittadini. Questo implica per gli utenti una serie di problemi di accessibilità, mancanza di visibilità e assenza di omogeneità dei simboli grafici.
4.7 Il CESE si rammarica che la Commissione non esamini la questione della protezione e della selezione dei dati. È necessario garantire la piena attuazione del relativo regolamento del 2001 per far sì che non si possa procedere allo scambio dei dati privati dei cittadini senza una garanzia assoluta della loro confidenzialità e del diritto all'oblio, e senza l'imposizione di requisiti che ne garantiscano l'osservanza. Il Comitato esprime le proprie riserve riguardo al riutilizzo dei dati da parte di terzi.
4.8 L'importanza degli aspetti tecnologici e informatici non va minimizzata poiché si tratta di fattori che condizionano il successo dell'interoperabilità e la sicurezza dei dati, in termini di interoperabilità tecnica, semantica e organizzativa. L'introduzione dell'eGovernment dovrà comportare una riorganizzazione dell'amministrazione e dei suoi rapporti con gli utenti. L'amministrazione on line produrrà risultati soddisfacenti per tutte le parti interessate solo se sarà concepita non come una finalità di per sé bensì come uno strumento di cambiamento che coniughi aspetti attinenti alla formazione, al monitoraggio individuale e collettivo e alla comunicazione. Non si tratta quindi di sostituire gli esseri umani con degli strumenti informatici, bensì di aumentare il tempo che le persone hanno a disposizione per svolgere funzioni a maggior valore aggiunto, vale a dire assistere i cittadini affinché si familiarizzino con l'eGovernment e apprendano a utilizzarlo (3). In effetti la Commissione prende atto che il ricorso ai servizi transfrontalieri di amministrazione digitale rimane piuttosto scarso e che, anche laddove sono proposti servizi di eGovernment, la maggioranza dei cittadini europei è riluttante ad avvalersene.
4.9 La promozione del ricorso all'eGovernment non potrà essere svincolata dai problemi in materia di connettività, competenze e inclusione digitale (3).
4.10 Anche se sono già disponibili numerosi servizi amministrativi on line, il cui livello di qualità tende a migliorare nel corso degli anni, il CESE esprime le proprie riserve sulla valutazione comparativa dell'amministrazione on line presentata dalla Commissione, che si limita all'esame di un numero insufficiente di servizi e non può pertanto essere rappresentativa. Vi si afferma, ad esempio, che in Portogallo si registra un tasso di disponibilità del 100 % di servizi on line, dato che è ben lontano dalla realtà. Occorre però notare che non tutti i servizi amministrativi richiederanno l'interoperabilità transfrontaliera.
4.11 È tuttavia importante evitare che il divario digitale si trasformi in divario amministrativo. Uno dei motivi alla base delle riserve dei cittadini nei confronti dell'utilizzo dell'amministrazione on line è indubbiamente la diffidenza riguardo alla sicurezza e alla riservatezza dei dati. Secondo il CESE, è pertanto essenziale instaurare un vero e proprio controllo democratico dei metodi e dell'uso dei dati, chiamando in causa il garante europeo della protezione dei dati (GEPD). In caso contrario, il Comitato non sarebbe favorevole al riutilizzo dei dati da parte di terzi proposto dalla Commissione nella speranza di veder emergere servizi amministrativi nuovi. A giudizio del CESE, è ormai indispensabile istituire un comitato consultivo sull'amministrazione on line che riunisca rappresentanti dell'UE, delle amministrazioni nazionali, delle parti sociali e degli utenti.
4.12 Il CESE rammenta in questo contesto l'estrema importanza di adottare un «codice» (nel senso di un insieme di norme vincolanti) dei diritti dell'utilizzatore del digitale, che andrà concordato con i rappresentanti della società civile.
4.13 Quanto agli appalti pubblici (che rappresentano il 18 % circa del PIL dell'UE in termini di beni, servizi e opere, e costituiscono uno dei 12 elementi chiave dell'atto per il mercato unico), nell'Unione la disponibilità di approvvigionamento elettronico si situa intorno al 60 %, quota che è ancora lontana dall'obiettivo del 100 % da realizzare entro il 2010 secondo il primo piano d'azione eGovernment per l'iniziativa i2010.
4.14 Nel parere (4) in merito al Libro verde sull'estensione dell'uso degli appalti elettronici nell'UE il CESE raccomanda di introdurre un meccanismo di monitoraggio dell'applicazione per analizzare, tra l'altro, i progressi compiuti, gli ostacoli incontrati e le azioni correttive adottate in fase di introduzione degli appalti elettronici negli Stati membri.
4.15 Nello stesso parere il CESE aggiunge che, nel garantire l'accompagnamento dell'applicazione degli appalti elettronici, gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a cercare soluzioni innovative per superare i problemi legati alle procedure aziendali e alla questione linguistica, mentre la Commissione europea, oltre ad assumere un ruolo di leader, dovrebbe fungere da «campione» adottando gli appalti elettronici al suo interno.
4.16 Se l'interoperabilità, la firma elettronica e l'identificazione digitale costituiscono strumenti efficaci per incentivare lo sviluppo dei servizi transfrontalieri di amministrazione digitale, esse si scontrano spesso con l'assenza di una base giuridica transfrontaliera e intersettoriale applicabile all'interoperabilità, con le differenze tra le normative nazionali e con la possibilità che gli Stati membri scelgano soluzioni reciprocamente incompatibili.
4.17 Per contrastare la carenza di infrastrutture, architetture e orientamenti comuni - che rischia di incoraggiare il moltiplicarsi di soluzioni non interoperabili-, sarà necessario sviluppare una visione e delle norme comuni.
4.18 Il Comitato sostiene la Commissione nello sforzo volto a promuovere l'interoperabilità nel settore dello scambio sicuro delle informazioni, dell'architettura dell'interoperabilità e della valutazione delle implicazioni prodotte dalla nuova legislazione UE in termini di TIC, il tutto nel quadro della strategia europea per l'interoperabilità (SEI) (EIS, European Interoperability Strategy).
4.19 Inoltre, il CESE approva l'applicazione del quadro europeo di interoperabilità (QEI) per definire, assieme alle organizzazioni che intendono collaborare all'erogazione congiunta di servizi pubblici on line, gli elementi comuni quali lessico, concetti, principi, orientamenti, norme, specifiche e pratiche, fermo restando che bisognerà promuovere il multilinguismo e che sarà essenziale aggiornare quotidianamente tali elementi.
4.20 Al momento di istituire dei servizi on line transfrontalieri, le pubbliche amministrazioni devono fondare gli accordi di interoperabilità su specifiche formali esistenti, oppure, in assenza di queste ultime, cooperare con le comunità che operano nello stesso ambito. Le pubbliche amministrazioni dovranno valutare e selezionare le specifiche formali adottando un approccio strutturato, trasparente e obiettivo.
4.21 Il CESE sostiene l'intento della Commissione di pubblicare a breve una comunicazione, destinata alle autorità pubbliche, che fornirà orientamenti sul legame tra la standardizzazione delle TIC e gli appalti pubblici. Questo sembra essere uno strumento efficace per garantire un maggiore accesso alle commesse pubbliche e semplificare le formalità amministrative che gravano su entrambe le parti.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) GU C 249 del 13.9.1993, pag. 6; GU C 214 del 10.7.1998, pag. 33; GU C 80 del 3.4.2002, pag. 21; GU C 80 del 30.3.2004, pag. 83; GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 36.
(2) GU C 128 del 18.5.2010, pag. 65.
(3) GU C 318 del 29.10.2011, pag. 9.
(4) GU C 318 del 29.10.2011, pag. 99.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/97 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse — Iniziativa faro nell'ambito della strategia Europa 2020
COM(2011) 21 definitivo
2011/C 376/18
Relatore: Lutz RIBBE
La Commissione, in data 26 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un'Europa efficiente nell''impiego delle risorse — Iniziativa faro nell'ambito della strategia Europa 2020.
COM(2011) 21 definitivo.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 22 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 120 voti favorevoli, 13 voti contrari e 10 astensioni.
1. Sintesi
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, ma ritiene che manchi di concretezza. Considerata la dimensione globale delle questioni ambientali fondamentali, esso richiama le proprie proposte per la conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile che si terrà nel 2012 nonché le proprie raccomandazioni in merito alla «tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050» (1).
1.2 Secondo il Comitato, riguardo alle 20 iniziative specifiche annunciate la Commissione deve precisare attentamente i seguenti aspetti:
— |
cosa si intende esattamente per «impiego efficiente delle risorse», |
— |
che risultati si possono già conseguire con le ottimizzazioni tecniche, e |
— |
in quali settori occorre realizzare i «cambiamenti di rilievo» annunciati, quale forma assumeranno a seconda dei casi e con l'aiuto di quali strumenti s'intende procedere, |
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quali modifiche del comportamento da parte di produttori e consumatori sono concretamente giudicate necessarie e come è possibile accelerarle. |
1.3 Non vi è dubbio che la strategia Europa 2020 debba porre le basi fondamentali per un'economia sostenibile e quindi efficiente nell'impiego delle risorse. Tuttavia, è opportuno distinguere i compiti della strategia per lo sviluppo sostenibile da quelli della strategia Europa 2020.
1.4 Il CESE ritiene immotivata l'inclusione dell'iniziativa per l'impiego efficiente delle risorse nel quadro della strategia Europa 2020. Tale iniziativa, a suo avviso, costituisce piuttosto una concretizzazione della strategia per lo sviluppo sostenibile adottata nel 2001 e riveduta nel 2006, già per il semplice motivo che l'orizzonte temporale si estende ben oltre il 2020. Più in generale, il CESE è favorevole al rilancio di quest'ultima strategia, che, a suo avviso, viene trascurata dalla Commissione.
2. Osservazioni preliminari
2.1 Poco prima che la Commissione chiedesse al CESE di elaborare questo parere sull'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, l'Ufficio di presidenza del Comitato aveva deciso di elaborare un parere di iniziativa sullo stato della strategia per lo sviluppo sostenibile dell'UE.
2.2 Gli organi competenti del CESE hanno deciso di far convergere questi due temi nell'oggetto del presente parere.
3. Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse - Iniziativa faro nell'ambito della strategia Europa 2020
3.1 La comunicazione Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, pubblicata dalla Commissione ed esaminata nel presente parere, è dedicata all'omonima iniziativa faro, una delle 7 nuove iniziative che la Commissione ha incluso nella strategia Europa 2020.
3.2 Nella comunicazione la Commissione spiega - e non è la prima volta - che l'attuale impiego intensivo delle risorse non soltanto degrada oltre misura l'ambiente del nostro pianeta, ma mette anche a repentaglio la sicurezza degli approvvigionamenti, tanto più che i paesi emergenti e in via di sviluppo aspirano a un livello di benessere analogo, basato però su modelli di produzione e di consumo non sostenibili.
3.3 Entro la fine del 2011, nel quadro dell'iniziativa faro in esame dovrebbero essere pubblicate in tutto 20 iniziative specifiche volte a contribuire alla creazione di un'Europa più efficace nell'impiego delle risorse. Un obiettivo che, secondo la Commissione, potrà essere conseguito soltanto «procedendo a potenziamenti tecnologici, cambiamenti di rilievo nei sistemi energetico, industriale, agricolo e dei trasporti e modifiche del comportamento da parte di produttori e consumatori».
3.4 La Commissione evidenzia che è necessario «sviluppare nuovi prodotti e servizi e trovare nuove vie per ridurre l'impiego delle risorse» e adottare a tal fine misure coordinate che abbiano un chiaro rilievo politico.
3.5 Occorrerebbe anzitutto «un'analisi comprensiva del perché alcune risorse non sono utilizzate con efficienza» per adottare poi «l'impostazione complessa e interconnessa necessaria mediante una combinazione di politiche che renda ottimali le sinergie e affronti il problema dei compromessi tra settori e politiche diversi».
3.6 Uno degli scopi essenziali dell'iniziativa faro in esame consiste nel «formare il consenso sulla visuale a lungo termine» che entro il 2050 permetta di giungere a un'economia a basse emissioni e a un sistema energetico e dei trasporti a basso impiego di carbonio per «scindere la crescita economica dall'impiego delle risorse».
4. Osservazioni generali sull'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse e sul suo rapporto con la strategia per lo sviluppo sostenibile
4.1 Il CESE accoglie con favore questa iniziativa della Commissione, ma ritiene che, benché tale iniziativa costituisca un elemento importante, se non addirittura centrale, della strategia per lo sviluppo sostenibile, non possa sostituirsi a quest'ultima.
4.2 Il Comitato concorda con la Commissione sul fatto che, nel quadro della strategia Europa 2020, occorra porre le basi per gli ulteriori sviluppi da realizzare entro il 2050 e oltre. Il Comitato si chiede tuttavia perché la Commissione abbini l'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse alla strategia Europa 2020, anziché presentarla, molto più utilmente, come la concretizzazione della strategia per lo sviluppo sostenibile. Il fatto stesso che la comunicazione della Commissione faccia più spesso riferimento all'orizzonte temporale 2050 piuttosto che all'anno 2020, indica che l'iniziativa in esame persegue un obiettivo a lungo termine.
4.3 La dichiarazione della Commissione secondo cui occorrono potenziamenti tecnologici, nonché cambiamenti di rilievo nei sistemi energetico, industriale, agricolo e dei trasporti ma anche nel comportamento di produttori e consumatori, corrisponde alla posizione già adottata dal CESE nel suo parere esplorativo del 28 aprile 2004 sul tema Valutazione della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile. All'epoca, tuttavia, il CESE aveva già segnalato che, per assicurare il successo della politica per lo sviluppo sostenibile, è indispensabile precisare il più concretamente possibile quali sono i cambiamenti necessari e in che modo bisogna effettuarli.
4.4 È proprio questo che manca nella comunicazione. Essa è un documento di piacevole lettura, ma manca di sufficiente concretezza. Il CESE ritiene pertanto che, nelle 20 iniziative specifiche ancora da presentare, sia indispensabile precisare attentamente quali sono i cambiamenti da apportare e in che modo, quali punti specifici saranno oggetto di resistenze e in che modo, e infine quali azioni concrete permetteranno di superare tali resistenze.
4.5 A questo proposito, il CESE ritiene molto utile l'impostazione descritta dalla Commissione in termini di
— |
miglioramento delle tecnologie («potenziamenti tecnologici»), |
— |
mutamenti profondi («cambiamenti di rilievo»), |
— |
modifiche del comportamento di produttori e consumatori. |
Di conseguenza, la Commissione dovrebbe precisare in ciascun caso quali risultati potranno essere ottenuti grazie al miglioramento delle tecnologie, fin dove deve spingersi tale miglioramento e cosa rende, in fin dei conti, necessario apportare cambiamenti di rilievo in determinati campi della vita e dell'economia.
4.6 Prima di far ciò, tuttavia, di fatto è necessario disporre dell'«analisi coerente» cui si è accennato sopra, un'analisi che spieghi perché oggi le risorse continuano ad essere gestite in modo così inefficiente. Una delle lacune della comunicazione è proprio il fatto di non effettuare tale analisi.
4.7 Il Comitato condivide solo in minima parte la tesi della Commissione secondo cui l'impiego inefficiente delle risorse è il risultato della mancanza di informazioni relative al suo vero costo per la società. Infatti, ad esempio, i costi del cambiamento climatico che si profila sono descritti in modo più che evidente nella cosiddetta relazione Stern, e quelli della perdita di biodiversità nello studio TEEB. Tuttavia, la situazione non è ancora cambiata in modo significativo.
4.8 L'attuale inefficienza è probabilmente riconducibile ai seguenti motivi:
a) |
manca ancora un vero consenso della società riguardo alla valutazione della situazione attuale («cosa significa efficiente o non efficiente, quanto sostenibile o non sostenibile è oggi il nostro modo di vita, quanto sostenibili o non sostenibili sono determinati settori dell'economia?»), |
b) |
vi è un alto grado di incertezza sul significato concreto di «sviluppo sostenibile», «economia verde» o «economia che impiega in modo efficiente le risorse». Non esiste un'affermazione o una definizione chiara di ciò che questi concetti significhino nei diversi settori di intervento, |
c) |
in funzione dei diversi interessi, esistono pareri del tutto discordi quanto ai cambiamenti concreti da apportare sia in termini quantitativi che qualitativi e quindi al modo in cui gli sviluppi futuri dovranno differire da quelli odierni nonché alle ripercussioni che avranno sulla vita quotidiana e sull'economia. |
4.9 La Commissione ha ragione quando, nella comunicazione in esame, scrive che l'economia non sostenibile oggi produce il benessere di cui godono molte persone (e da cui altre rimangono escluse), ma che a pagare pienamente le conseguenze negative di questa situazione saranno solo le generazioni future, che con esse dovranno fare i conti.
4.10 Riconoscere tutto ciò e trarne le dovute conseguenze risulta difficile sia per il mondo politico ed economico che per la società civile. Per di più, a questo si aggiunge anche il fatto che si stenta a immaginare come si possa garantire un «nuovo benessere» impiegando, ad esempio, soltanto un decimo delle risorse energetiche. Tali incertezze suscitano paure e insicurezze che occorre affrontare con molta sensibilità (2).
Ottimizzazioni tecniche, cambiamenti di rilievo e mutamenti comportamentali
4.11 Gi obiettivi quantitativi finora fissati dall'UE, ad esempio la riduzione delle emissioni di CO2 del 20 % entro il 2020, appaiono ben poca cosa in confronto a quelli riformulati nell'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse per l'impiego efficiente delle risorse (riduzione dell'80-95 % delle emissioni di CO2). Infatti, considerate da un lato le inefficienze tecniche del sistema attuale e dall'altro le nuove tecnologie, la riduzione del 20 % delle emissioni di gas a effetto serra è un obiettivo relativamente facile da realizzare con le necessarie ottimizzazioni tecniche. Tuttavia, anche l'attuazione di quest'ultimo obiettivo, ancora decisamente insufficiente, ha suscitato e continua a suscitare molteplici «avvertimenti», volti a mettere in guardia contro i pericoli che le misure e le ottimizzazioni tecniche potrebbero sin d'ora comportare per la «competitività dell'economia». Il risultato è che oggi non si attua in maniera sistematica neppure ciò che si potrebbe realizzare semplicemente attraverso le ottimizzazioni tecniche senza dover rinunciare al consumo. Non può esservi dubbio che la resistenza opposta nei confronti misure di più ampia portata (si pensi al concetto di «cambiamenti di rilievo») sarà ancora maggiore.
4.12 Il CESE ritiene sia necessario sottolineare molto chiaramente che, se è vero che le ottimizzazioni tecniche in termini di efficienza rivestono una grande importanza per il conseguimento degli obiettivi, anche le tecniche più efficienti in materia di impiego delle risorse non sono sempre e comunque sinonimo di sostenibilità. Per fare un esempio: l'industria automobilistica tedesca, che in fatto di emissioni è riuscita a impedire l'adozione dei rigorosi limiti (120 g CO2/km) previsti dalla Commissione, è fiera delle sue ultime innovazioni tecnologiche. L'Audi si vanta ad esempio del fatto che la nuova A7 (cilindrata 2 700 cc), con i suoi 180 CV, consumi «solo» 6,8 litri di gasolio ogni 100 km (emettendo 180 g CO2/km). Rispetto alle emissioni prodotte in passato dai veicoli di questa categoria, ciò rappresenta certamente un notevole progresso in termini di efficienza, ma tutto ciò non ha niente a che fare con la sostenibilità. Un'Audi A7 non è né sostenibile né efficiente nell'impiego delle risorse! Questa automobile non è l'espressione di una nuova «economia verde», ma piuttosto un buon esempio di come materie prime sempre più scarse possano essere utilizzate anche con tecnologie apparentemente efficienti, e dimostra quindi che occorre una politica di mobilità per le persone e le merci del tutto nuova.
4.13 Il CESE constata con rammarico che, nel quadro dell'iniziativa faro, la Commissione tratta soltanto marginalmente e in poche frasi la questione decisiva, ossia che l'attuale modello di benessere della società occidentale è eccessivamente basato sull'impiego di energie a basso costo e su un utilizzo e un ricambio di materiali, spesso non efficienti, sempre maggiori.
4.14 Questo aspetto dovrebbe essere trattato molto più in dettaglio dall'iniziativa faro in oggetto o, meglio ancora, da una strategia per lo sviluppo sostenibile rinnovata. La comunicazione della Commissione fa sì riferimento in diversi punti ad interessi contrastanti che ostacolano un utilizzo efficiente delle risorse, ma omette di descriverli in dettaglio e di precisare in che modo i responsabili politici dovrebbero gestirli.
4.15 Un buon esempio di quanto però sia difficile gestire tali interessi contrapposti è offerto dalla Germania, dove si è deciso di attuare un profondo cambiamento nel settore dell'energia senza mettere in discussione l'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2.
Cambiamenti di rilievo
4.16 Il grande compito che adesso ci attende è quello di delineare, sviluppare e realizzare i «cambiamenti di rilievo», la «nuova» economia e quindi una nuova competitività economica (anche su scala globale). I tempi in cui le energie e le materie prime costavano poco stanno per finire, a causa dello sfruttamento eccessivo di tali risorse, e abbiamo l'obbligo, anche nei confronti delle generazioni future, di imparare a condividere questi beni ambientali in via di esaurimento. La politica deve quindi insistere molto di più sul fatto che un'economia basata su energie a basso costo e sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, e per di più libera di esternalizzare i costi ambientali, a lungo termine non è assolutamente sostenibile. A livello sociopolitico non si può e non si deve favorire il mantenimento di un'economia di questo tipo; al contrario, occorre promuoverne il cambiamento.
4.17 In tal senso, l'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse può apportare un notevole contributo, ma da sola non è sufficiente in quanto non fornisce risposte in relazione ad altri aspetti dello sviluppo sostenibile. Per questo è stata sviluppata la strategia per lo sviluppo sostenibile, che ha il compito di delineare ed avviare i graduali cambiamenti della società e dell'economia europee nonché le condizioni di equità intergenerazionale e distributiva che devono accompagnarli.
4.18 L'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse non riesce nemmeno a definire il concetto di «impiego efficiente delle risorse». Questa è un'ulteriore lacuna sulla quale il CESE desidera richiamare l'attenzione. Sarebbe opportuno indicare chiaramente, per i singoli prodotti, processi e settori, lo stato della tecnica considerato efficiente in termini di impiego delle risorse secondo il principio «top runner». Introducendo sistemi di etichettatura in materia di efficienza energetica, ad esempio per i frigoriferi, la Commissione ha già compiuto dei primi passi in questa direzione.
4.19 Non vi è dubbio che, nella messa a punto di strutture che assicurino un impiego efficiente delle risorse, si renda necessario ricorrere a diversi strumenti. Uno di essi è la determinazione del prezzo dei prodotti, che, secondo la Commissione, è destinata a svolgere un ruolo di rilievo. La sua indicazione di «incentrarsi maggiormente sull'esigenza di “fissare i prezzi in rapporto ai costi” e di rendere i prezzi trasparenti in modo che riflettano il costo integrale che l'impiego delle risorse comporta» è dunque corretta, ma non è certo una novità del 2011. Come del resto non è una novità che il CESE abbia chiesto a più riprese l'adeguata «internalizzazione dei costi esterni». Tuttavia non si fa abbastanza, e questo non dipende soltanto dalla Commissione e dagli Stati membri, ma anche dalla resistenza di alcune parti del mondo economico che non traggono alcun vantaggio da tutto ciò, ma che al contrario subirebbero le conseguenze «negative» dei profondi cambiamenti richiesti. La politica dovrà riuscire a superare gradualmente tali resistenze.
4.20 Per conseguire questo obiettivo, sarebbe indispensabile indicare come si intende «fissare i prezzi in rapporto ai costi e rendere i prezzi trasparenti». Tuttavia, nella strategia in oggetto mancano indicazioni sufficienti al riguardo.
5. Interazioni tra il mondo politico e la società civile, l'impiego efficiente delle risorse, la strategia Europa 2020 e la sostenibilità: occorre una buona governance
5.1 Il mondo politico farebbe meglio ad interrogarsi sui motivi specifici della lentezza dei progressi finora compiuti in materia di sviluppo sostenibile, creazione di un'«economia verde» e transizione verso un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse. In proposito il CESE ha già indicato sopra alcune risposte.
5.2 Lentamente, molto lentamente si inizia a riconoscere che, per poter parlare davvero di uno sviluppo sostenibile, i cambiamenti del sistema economico attuale dovranno essere veramente «di rilievo». Il CESE accoglie con favore il fatto che nella comunicazione la Commissione fornisca alcune cifre concrete al riguardo, quali la riduzione a livello europeo delle emissioni di CO2 dell'80-95 % entro il 2050. Il Presidente della Commissione Barroso, citando per la prima volta questo obiettivo, ha parlato di una «nuova rivoluzione industriale» che si profila all'orizzonte e che è necessario realizzare.
5.3 In tale contesto, il CESE sottolinea nuovamente l'urgenza di avviare un dibattito di fondo sul «concetto di crescita». La Commissione e il Consiglio conoscono i pareri del Comitato sul tema Oltre il PIL. Questi pareri dimostrano chiaramente che la vecchia formula di economia politica secondo cui «crescita è sinonimo di benessere» oggi non è più valida.
5.4 Purtroppo, però, né l'iniziativa faro né la strategia Europa 2020 si occupano in misura sufficiente di questo aspetto. Al contrario: il contenuto di queste strategie può dare l'impressione che la «crescita» sia un valore in quanto tale.
5.5 Apprendiamo per esempio che la strategia «Europa 2020 deve essere incentrata su tre priorità:
— |
crescita intelligente - sviluppare un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione, |
— |
crescita sostenibile - promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva, |
— |
crescita inclusiva - promuovere un'economia con un alto tasso di occupazione, che favorisca la coesione economica, sociale e territoriale. |
Queste tre priorità, che si rafforzano a vicenda, delineano un quadro dell'economia di mercato sociale europea per il XXI secolo».
5.6 Il CESE si chiede quale segnale la Commissione e il Consiglio vogliano inviare utilizzando tali formulazioni. La società deve intendere che in precedenza vi era una crescita non basata sulla conoscenza e sull'innovazione? Un alto tasso di occupazione e la coesione sociale e territoriale non sono da sempre obiettivi dell'intervento politico? Oppure queste diverse «filosofie di crescita» conducono automaticamente allo sviluppo sostenibile? Se sì, allora perché la Commissione e il Consiglio europeo non utilizzano più il concetto di «sostenibilità»? Perché viene descritta la prospettiva di «un'economia sociale di mercato per il XXI secolo», e non piuttosto quella di «un'economia eco-sociale di mercato»?
5.7 La Commissione sa benissimo, per esempio, che una tutela coerente delle risorse può tra l'altro contribuire alla diminuzione, e non all'aumento, del prodotto interno lordo. Per esempio, una volta che tutte le lampadine tradizionali saranno state sostituite, grazie al divieto di vendita, da lampadine a basso consumo, che gli edifici saranno isolati in modo adeguato e che tutte le misure di risparmio energetico saranno state attuate, i consumi energetici diminuiranno drasticamente, e con essi anche il PIL. Per questo motivo, il CESE richiama nuovamente l'attenzione sui seguenti aspetti:
— |
occorre ridefinire il concetto di «crescita», e |
— |
occorre prendere atto che il PIL non è in indicatore in grado di misurare la felicità, il benessere, lo stato dell'ambiente, la salute o la giustizia sociale. |
La nuova «rivoluzione» industriale - una rivoluzione incentrata sulla responsabilità
5.8 Quando il Presidente della Commissione Barroso parla di una «nuova rivoluzione industriale», ha ragione soltanto per quanto concerne la radicalità dei possibili cambiamenti. Il futuro esige un nuovo modello di produzione e di consumo. Barroso è perfettamente consapevole del fatto che, a livello sociopolitico, il concetto di «rivoluzione» è totalmente fuori luogo e rischia di suscitare timori. Le rivoluzioni, infatti, nascono da maggioranze oppresse mosse dalla volontà di cambiare rapidamente e in maniera durevole una situazione inaccettabile imposta dal «potere costituito».
5.9 La situazione in cui si sviluppa il dibattito sullo sviluppo sostenibile e sull'impiego efficiente delle risorse è invece del tutto diversa: qui non si tratta, infatti, di una maggioranza oppressa che si ribella contro strutture di potere oppressive. Al contrario, si vive molto comodamente in una società che consuma ogni anno una quantità di petrolio pari a quella formatasi nel corso di circa 5 milioni di anni e che ogni anno causa l'estinzione di 10 000 specie in più rispetto a quelle che scomparirebbero con l'evoluzione naturale.
5.10 Eccoci dunque posti di fronte ad un compito e ad una domanda, ossia come sviluppare nelle generazioni attuali un senso di responsabilità collettivo nei confronti di quelle future e come esercitare una spinta in direzione di cambiamenti reali che potrebbero comportare delle rinunce.
5.11 In tale contesto è fondamentale che la società civile e l'economia siano fin dall'inizio sufficientemente coinvolte in questo processo. Era e rimane proprio questo il compito della strategia per lo sviluppo sostenibile dell'UE, adottata nel 2001 a Göteborg.
Lo stato della strategia per lo sviluppo sostenibile nell'UE
5.12 Il CESE segue da molti anni con grande attenzione e impegno questa strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile, adottata dal Consiglio europeo nel 2001. E sin dall'inizio ha esortato a prestare la massima attenzione proprio a questa strategia a lungo termine.
5.13 Il CESE ha sempre, e ripetutamente, chiesto che la strategia per lo sviluppo sostenibile fornisse ai cittadini, all'economia, alle associazioni e anche ai politici orientamenti univoci e quindi indicazioni qualitative e quantitative. Le decisioni da prendere a breve e a medio termine dovrebbero essere orientate alla sostenibilità, e in tutti gli ambiti di intervento dell'UE si dovrebbe tenere conto degli obiettivi di tale strategia.
5.14 Altrettanto ripetutamente il CESE ha dovuto rammaricarsi non soltanto della formulazione troppo vaga della strategia, ma anche della scarsa attenzione politica che le è stata dedicata.
5.15 Il CESE aveva anche accolto con soddisfazione lo speciale compito assegnatogli expressis verbis dal Consiglio europeo nella strategia riveduta del 2006: elaborare dei contributi alle relazioni biennali della Commissione sullo stato di avanzamento della strategia. Poiché, tuttavia, nel 2007 e nel 2009 i contributi elaborati dal CESE conformemente a tale richiesta non sono stati accolti dalla Commissione prima della pubblicazione delle relazioni, il CESE ha espresso anche a posteriori le proprie osservazioni e valutazioni.
5.16 In base alla cadenza biennale decisa dal Consiglio europeo, la prossima relazione sullo stato di avanzamento della strategia dovrebbe essere pubblicata quest'anno. Tuttavia, tutto lascia prevedere che ciò non avverrà. Finora, in ogni caso, la Commissione non ha chiesto contributi al CESE.
5.17 Nelle 51 pagine del programma di lavoro della Commissione per il 2011 (3) non vengono menzionate né la pubblicazione della suddetta relazione né in generale la strategia in materia di sostenibilità. Il CESE constata infatti con grande rammarico che tale programma di lavoro menziona un'incredibile quantità di strategie dell'UE, ma non quella relativa allo sviluppo sostenibile.
5.18 Sulla strategia per la sostenibilità è dunque calato un silenzio che il CESE considera eccessivo. Molte delle promesse politiche contenute in tale strategia, come la stesura di un elenco delle sovvenzioni dannose per l'ambiente, non sono state mantenute. L'attualità politica si limita alla strategia Europa 2020, la quale dal canto suo non stabilisce alcuna connessione concreta con la strategia per lo sviluppo sostenibile.
5.19 La quasi totale assenza di dibattito politico e di comunicazione sulla strategia per la sostenibilità costituisce un segnale estremamente negativo per la società civile. Il CESE si chiede il perché di questa situazione, e quale interpretazione ne debba dare la società. L'impressione che se ne trae, e che la Commissione non può ignorare, è che la moltitudine di crisi (4) in corso negli ultimi mesi ed anni abbia assorbito a tal punto e in modo così esclusivo l'attenzione politica da far sì che gli interventi a lungo termine passino completamente in secondo piano.
5.20 Tuttavia, un numero crescente di osservatori si chiede, a buon diritto secondo il CESE, se queste crisi che si ripresentano in settori tanto eterogenei non siano a) legate tra loro ed b) espressione o conseguenza di azioni non orientate alla sostenibilità.
5.21 La Relazione della presidenza sul riesame 2009 della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile (5) lascia chiaramente intendere che quanto meno il Consiglio è consapevole di tutto ciò. Già nella prima frase, infatti, il documento afferma che «Gli attuali sviluppi sono per molti aspetti non sostenibili; i limiti della capacità di carico del pianeta sono continuamente superati ed il capitale sociale ed economico è sotto pressione. Sebbene sia stata ripetutamente sottolineata la necessità di un cambiamento, i risultati sono limitati». La relazione difende la strategia per lo sviluppo sostenibile, che «costituisce una visione a lungo termine e un quadro politico di vasta portata che fornisce orientamenti per tutte le politiche e strategie dell'UE (…) La sfida è far sì che la strategia per lo sviluppo sostenibile abbia un'influenza reale sulle politiche dell'UE (…) per assicurare la coerenza tra obiettivi a breve e a lungo termine e tra diversi settori».
5.22 Il quadro politico generale che la strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile dovrebbe instaurare, e che non solo il CESE ma anche il Consiglio reputano necessario, esiste finora, nel migliore dei casi, soltanto come mera rivendicazione in vecchi documenti e in alcuni discorsi, ma non trova ancora riscontro nella realtà politica. Né l'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse né la strategia Europa 2020 sono in grado di rimediare a tale carenza.
5.23 Il CESE ritiene che si corra il grosso rischio che i cittadini perdano la visione d'insieme. Innanzitutto perché nel frattempo non è assolutamente chiaro quale strategia esista e sia vincolante, e inoltre perché i concetti adoperati generano confusione. Per esempio, nella strategia Europa 2020 si parla continuamente e nelle forme più varie di «crescita», mentre i concetti di «crescita sostenibile» o di «sviluppo sostenibile» non compaiono più.
5.24 Il CESE ritiene pertanto opportuno che la Commissione spieghi molto presto e con molta chiarezza quali reciproci legami intercorrono tra la strategia Europa 2020 e quella per lo sviluppo sostenibile. Esso ribadisce il proprio favore nei confronti di una strategia per lo sviluppo sostenibile rinnovata nonché di una strategia Europa 2020 intesa come elemento di estrema importanza ai fini dell'attuazione della riforma dei settori economici fondamentali.
Bruxelles, 22 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Pareri del CESE sul tema Rio+20: verso un’economia verde e una migliore governance - Contributo della società civile organizzata europea e Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 (cfr. pag. 110 della presente Gazzetta ufficiale).
(2) Già nel 2004, nel suo parere esplorativo sul tema Valutazione della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile (cfr. pagine 22-37 della GU C 117 del 30.4.2004), il CESE aveva richiamato l'attenzione proprio su questo punto e chiesto invano alla Commissione di attribuire ad esso un particolare rilievo.
(3) COM(2010) 623 definitivo del 27 ottobre 2010.
(4) Per citarne solo alcune: la crisi finanziaria/crisi dell'euro, la crisi energetica, la crisi climatica, la crisi della biodiversità, i problemi legati alla fame.
(5) Cfr. il documento 16818/09 del Consiglio, del 1o dicembre 2009.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/102 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Rio+20: verso un’economia verde e una migliore governance
COM(2011) 363 definitivo
Contributo della società civile organizzata europea
2011/C 376/19
Relatore: WILMS
La Commissione, in data 20 giugno 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Rio+20: verso un’economia verde e una migliore governance
COM(2011) 363 definitivo.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 22 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli, 2 voti contrari e 11 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile 2012 a Rio de Janeiro dovrà mandare un chiaro segnale alla comunità internazionale, presentando proposte concrete per la transizione ad un ordine economico fondato su una crescita economica qualitativa, che contribuisca a sradicare la povertà e l'ingiustizia sociale, conservando al tempo stesso le risorse naturali per le generazioni future. |
1.2 |
Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione (1) come importante punto di partenza per un'analisi congiunta e una posizione comune delle istituzioni dell'UE in preparazione della conferenza Rio+20. A tale proposito il CESE rinvia ai propri lavori in merito all'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse e alla Tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 (2). In questo contesto il Comitato desidera concentrarsi sulle seguenti priorità. |
1.3 |
Il CESE è convinto che la transizione verso un'economia sostenibile debba inserirsi in una strategia globale per lo sviluppo sostenibile e rispettare l'equità. Il CESE si rallegra del fatto che anche la Commissione ora consideri la dimensione sociale dello sviluppo sostenibile, e desidera che si ponga maggiormente l'accento su questo aspetto. In tale contesto acquistano un'importanza fondamentale: la coesione sociale, l'equità, anche tra le diverse generazioni, una giusta redistribuzione e soluzioni eque a problematiche sociali quali le crescenti disuguaglianze, il mancato accesso a tutta una serie di risorse, la povertà e la disoccupazione. |
1.4 |
Il CESE appoggia le raccomandazioni politiche dell'OIL sui posti di lavoro verdi e sottolinea in modo particolare la necessità di un coinvolgimento attivo delle parti sociali nel processo di modifica dell'ambiente lavorativo. Inoltre, il Comitato accoglie con particolare favore l'iniziativa delle Nazioni Unite per una piattaforma in materia sociale (Social Protection Floor Initiative) volta a fornire una serie di diritti sociali e di trasferimenti fondamentali, e a mettere a disposizione un livello essenziale di beni e di servizi sociali accessibili a tutti. |
1.5 |
Il CESE apprezza che la comunicazione delle Commissione sia stata presentata congiuntamente dai rispettivi commissari responsabili dell'Ambiente e dello Sviluppo, il che evidenzia chiaramente la connessione tra ambiente, sviluppo sostenibile e aiuti allo sviluppo. Il Comitato auspica vivamente che la nuova definizione della politica di aiuto allo sviluppo dell'UE si fondi sul concetto di sviluppo sostenibile e che ciò si rifletta anche nell'orientamento degli aiuti, compresa l'elaborazione di progetti locali di aiuto allo sviluppo. |
1.6 |
Il CESE esprime il più vivo rammarico per il fatto che un miliardo di persone soffra la fame nel mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo; una situazione questa, in piena contraddizione con la realizzazione del primo obiettivo di sviluppo del Millennio. Il CESE è convinto che tra le priorità dell'agenda globale in materia di sviluppo sostenibile debba figurare la garanzia di accesso alle risorse, all'alimentazione e all'energia. Per conseguire questo obiettivo è fondamentale che la società civile partecipi attivamente all'elaborazione delle politiche locali e nazionali. In questo ambito, nei paesi in via di sviluppo, va sottolineato in particolar modo il ruolo delle donne. |
1.7 |
Il CESE è convinto che per effettuare la transizione ad un «economia verde» siano necessarie misure politiche a livello internazionale, nazionale, regionale e locale, accompagnate da una serie di strumenti politici. In particolare, tra queste misure figurano quelle finalizzate a garantire che i prezzi di mercato rispecchino adeguatamente i costi ambientali, nonché una base imponibile più verde, che preveda l'imposizione sul consumo di risorse anziché sul fattore lavoro. Occorre definire i programmi di spesa pubblica in modo da incoraggiare gli investimenti in tecnologie e progetti sostenibili ed eliminare i sussidi dannosi all'ambiente, tenendo debito conto delle implicazioni sociali. Gli appalti pubblici devono essere utilizzati a favore dei prodotti e servizi maggiormente compatibili con l'ambiente. È opportuno adottare misure per migliorare la complementarità tra commercio mondiale e sviluppo sostenibile. |
1.8 |
Occorre definire parametri precisi per misurare i progressi compiuti verso una maggiore sostenibilità. È inoltre necessario sviluppare dei metodi per misurare il progresso economico al di là del PIL, in termini di miglioramento del benessere dei cittadini e della qualità di vita, tenendo conto della lotto contro la povertà, della creazione di condizioni di lavoro più dignitose e della tutela dell'ambiente naturale. Tenuto conto del parere Oltre il PIL: strumenti per misurare lo sviluppo sostenibile (3), il Comitato intende presentare, ancora prima della conferenza di Rio, la sua posizione sul modo in cui la società civile dovrebbe essere coinvolta nello sviluppo di questi indicatori. |
1.9 |
In tale ottica, la conferenza Rio+20 dovrà adottare un mandato per «un'economia verde». L'ONU perseguirà attivamente tale mandato, che comprenderà le sei priorità che seguono:
|
1.10 |
Le conclusioni del lavoro svolto in base al mandato summenzionato dovrebbero esser utilizzate a livello nazionale per elaborare piani d'azione e strategie in vista del passaggio ad un'economia verde, tenendo conto delle diverse specificità nazionali. |
1.11 |
Affinché la comunità internazionale compia i passi necessari per uno sviluppo sostenibile è urgente integrare e rafforzare maggiormente la governance in materia di sviluppo sostenibile e di ambiente a livello internazionale e delle Nazioni Unite. Bisognerà utilizzare la conferenza di Rio per predisporre un quadro istituzionale solido a livello delle Nazioni Unite. Il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) dovrebbe essere potenziato e ulteriormente sviluppato in termini istituzionali. Il CESE ritiene inoltre che l'idea di un Consiglio per lo sviluppo sostenibile, nel quale siedano i vertici politici degli Stati membri dell'ONU e che dipenda direttamente all'Assemblea generale, sia utile per far fronte alla sfida di garantire uno sviluppo sostenibile e il passaggio a sistemi produttivi ecologici. |
1.12 |
Per realizzare con successo la transizione verso un'economia sostenibile è necessario ch'essa sia accettata e sostenuta dalla società civile. Pertanto, il Comitato s'impegna espressamente al fine di coinvolgere attivamente i rappresentanti della società civile organizzata nei preparativi e nel seguito della conferenza Rio+20 e di garantire ch'essi possano esprimersi efficacemente nell'ambito dei negoziati della conferenza e dell'attuazione delle sue conclusioni. Occorre effettuare una valutazione critica delle forme di partecipazione in uso per determinare se sono in grado di svolgere efficacemente il loro ruolo. In vista della conferenza Rio+20, il CESE appoggia già attivamente questo processo organizzando delle conferenze con la società civile e delle consultazioni con i rappresentanti della società civile europea e di altre regioni del mondo. |
1.13 |
Occorre rafforzare la governance a favore di uno sviluppo sostenibile a livello nazionale, regionale e locale, nonché nell'ambito della gestione delle imprese. Ciò presuppone che la società civile partecipi attivamente e con delle garanzie istituzionali, attraverso processi democratici e l'istituzione di strutture di dialogo, ai temi e ai progetti rilevanti per un'economia più verde e per lo sviluppo sostenibile. Nel quadro del vertice di Rio, l'Europa dovrebbe alimentare i dibattiti con le sue esperienze positive nel campo della partecipazione del pubblico ai processi decisionali, dell'accesso pubblico alle informazioni in materia ambientale e dell'accesso alla giustizia sulla base della cosiddetta Convenzione di Aarhus, ed insistere sul consolidamento di strutture analoghe a livello mondiale. |
1.14 |
Nell'ottica di garantire che il perseguimento di una sostenibilità a lungo termine sia più efficace e giuridicamente legittimato, il CESE sostiene l'iniziativa del World Future Council di istituire, sia a livello dell'ONU che a livello nazionale, la figura del mediatore per le generazioni future. |
1.15 |
L'UE e i suoi Stati membri dovrebbero mettere ordine in casa propria per quanto riguarda le sfide connesse allo sviluppo sostenibile e alla transizione verso un'economia verde. Il CESE è convinto che a Rio+20 l'UE avrebbe una posizione negoziale più forte se fosse all'altezza della propria responsabilità storica e adottasse ambiziosi obiettivi in materia di sviluppo sostenibile. Sebbene in alcuni settori l'UE l'abbia già fatto, in altri rimane ancora molto da fare e in alcuni casi essa dovrà iniziare da zero. Il Comitato invita il Consiglio, la Commissione e il Parlamento europeo ad attuare pienamente e senza indugio tutti gli obiettivi di riduzione delle emissioni attuali fino al 2020 e a valutare la possibilità di rendere più severo l'obiettivo per il 2020, passando ad una riduzione del 25 %, che costituirebbe un'opzione efficace in termini di costi per raggiungere i futuri obiettivi, aprendo la via ad ulteriori accordi globali. Inoltre gli Stati membri dovrebbero attuare con urgenza tutte le misure necessarie per conseguire l'obiettivo di migliorare l'efficienza energetica del 20 % entro il 2020. In generale, l'UE dovrebbe integrare le implicazioni politiche della transizione verso un'economia verde e uno sviluppo più sostenibile nell'elaborazione del nuovo quadro finanziario pluriennale, nella definizione delle sue politiche principali quali la politica agricola, di coesione, commerciale e di sviluppo, ed infine nell'attuazione ulteriore della strategia Europa 2020. Una volta conclusa la conferenza Rio+20, l'UE dovrebbe rivedere la sua politica per lo sviluppo sostenibile. |
2. Contesto
2.1 |
Con risoluzione del 24 dicembre 2009 l'Assemblea generale dell'ONU ha deciso di tenere a Rio nel 2012 una conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile (UN Conference on Sustainable Development - UNCSD). |
2.2 |
Nel 2010, il CESE ha esaminato l'approccio dell'UE rispetto a questo importante evento e, nel settembre 2010, ha elaborato un primo parere su questo tema (4). Da allora hanno avuto luogo riunioni preparatorie a New York e altrove e la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM(2011) 363 definitivo) sulle eventuali linee guida dell'Unione in vista dei negoziati del vertice Rio+20. Sulla base di un'ampia consultazione con i rappresentanti della società civile organizzata, nel presente parere, il CESE sviluppa ulteriormente il suo punto di vista e ribadisce l'esigenza di integrare tutta una serie di elementi nella strategia negoziale dell'UE per il vertice di Rio. |
2.3 |
In base alla risoluzione dell'Assemblea generale, l'UNCSD 2012 avrà tre obiettivi:
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2.4 |
Situazione attuale: benché negli ultimi 20 anni siano stati compiuti dei progressi per quanto riguarda certi aspetti dello sviluppo sostenibile, in molti settori la situazione si aggrava.
|
2.5 |
Sfide nuove ed emergenti: la crescita della popolazione mondiale, le aspettative crescenti in termini di tenore di vita e l'aumento dei consumi di materie prime iniziano a creare tensioni negli approvvigionamenti alimentari, energetici e di altre risorse naturali, determinando prezzi più alti e gravi problemi sociali e politici. |
2.6 |
Una delle nuove sfide più importanti che il mondo dovrà affrontare nel prossimo secolo è mantenere o raggiungere un livello adeguato di sicurezza alimentare, energetica e delle risorse per tutti - generazioni attuali e future - in un mondo dove la popolazione aumenta e dove le risorse naturali sono limitate. Di conseguenza si rende necessaria una crescita economica qualitativa che contribuisca a sradicare la povertà e l'ingiustizia sociale conservando al tempo stesso le risorse naturali per le generazioni future. Tra i temi fondamentali sui quali il vertice mondiale del 2012 dovrebbe concentrarsi figura la realizzazione di strutture istituzionali per gestire tali sfide. |
2.7 |
Negli ultimi tre anni la crisi economica e finanziaria è stata al centro delle preoccupazioni dei responsabili politici e dei dipartimenti economici e finanziari. Tuttavia, queste pressanti problematiche di breve periodo non devono distogliere l'attenzione dai problemi citati dell'economia mondiale reale e dall'impellente necessità di orientare il funzionamento dell'economia mondiale nella direzione di una maggiore sostenibilità, equità e di un maggior rispetto dell'ambiente. La stessa transizione dovrebbe essere una grande fonte di nuovi investimenti e nuovi posti di lavoro, oltre a creare più equità, coesione, stabilità e resilienza. Essa può contribuire a risolvere le difficoltà economiche attuali. |
2.8 |
Il rinnovato impegno politico. Il vertice di Rio 2012 è un'occasione preziosa per inquadrare questa trasformazione e per determinare l'impegno politico di alto livello necessario affinché questo cambiamento diventi realtà. È fondamentale che i capi di governo affrontino queste problematiche, partecipino alla conferenza e ne garantiscano il successo. Inoltre, dato che la questione centrale è quella della trasformazione dell'economia globale, è necessario che alla conferenza partecipino anche i ministri delle Finanze, dell'Ambiente e dello Sviluppo. |
2.9 |
Lo sviluppo sostenibile si basa sulle iniziative e sulla partecipazione della società civile, rendendo così necessario il coinvolgimento attivo di quest'ultima sia nella preparazione che nel seguito dato al vertice, e nell'attuazione delle sue conclusioni. A livello nazionale ed internazionale occorre creare delle sedi di discussione per promuovere, tra le parti interessate della società civile, e tra questa e i responsabili politici, un dialogo sui temi della transizione verso un'economia verde e lo sviluppo sostenibile. |
2.10 |
In base alla risoluzione dell'Assemblea generale, i lavori dell'UNCSD 2012 verteranno in particolare su due temi:
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2.11 |
Un solo vertice non sarà sufficiente per giungere ad un accordo su tutto ciò che occorre fare per rendere più verde l'economia mondiale e promuovere in modo più efficace lo sviluppo sostenibile. Per questo motivo il Comitato è convinto che l'obiettivo prioritario della conferenza dovrebbe essere quello di costituire all'interno del sistema delle Nazioni Unite un quadro istituzionale solido per l'esecuzione delle decisioni della conferenza, la promozione a lungo termine dello sviluppo sostenibile nel mondo e l'attuazione di un programma d'azione per rendere più verde l'economia mondiale nei prossimi anni. |
3. Il quadro istituzionale: un nuovo Consiglio per lo sviluppo sostenibile
3.1 |
A livello internazionale, da 19 anni la responsabilità di monitorare i progressi compiuti in tutto il mondo in materia di sviluppo sostenibile spetta alla Commissione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile (CSS). Tuttavia, nella sua forma attuale, la CSS non è più produttiva. Sebbene abbia condotto alcune buone analisi dei problemi, non si è dimostrata in grado di darvi seguito con misure concrete. È necessario creare all'interno del sistema dell'ONU una struttura dotata di maggiori competenze per affrontare in modo più efficace le grandi questioni globali in materia di sostenibilità. |
3.2 |
Tra le diverse opzioni per rafforzare la struttura istituzionale all'interno dell'ONU, il CESE sostiene l'idea, che sta gradualmente prendendo forma, di un nuovo Consiglio per lo sviluppo sostenibile, che riferisca direttamente all'Assemblea generale e che integri e rafforzi i lavori attualmente svolti in modo separato dal Consiglio economico e sociale (Ecosoc) e dalla Commissione per lo sviluppo sostenibile. |
3.3 |
Di questo Consiglio dovrebbero essere membri tutti i paesi del mondo, rappresentati dalle loro massime autorità politiche. Il Consiglio dovrebbe favorire azioni globali su tutti gli aspetti dello sviluppo sostenibile, promuovere la transizione verso un'economia più verde e avviare azioni su questioni nuove e sempre più importanti quali la sicurezza alimentare ed energetica. |
3.4 |
Questo nuovo Consiglio dovrebbe stabilire uno stretto legame con la Banca mondiale e con il Fondo monetario internazionale (FMI), ai quali andrebbe affidata una nuova missione, ossia porre la promozione dello sviluppo sostenibile al centro del proprio lavoro. |
3.5 |
Il programma per l'ambiente (UNEP) e il programma di sviluppo (UNDP) delle Nazioni Unite dovrebbero essere potenziati affinché contribuiscano insieme in modo più incisivo alla dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile, e a quella relativa allo sviluppo. |
3.6 |
La governance nazionale. Oltre ad istituire strutture funzionali nel quadro dell'ONU, i leader politici dovrebbero sfruttare il vertice mondiale anche per infondere nuovo vigore nei propri meccanismi nazionali tesi a promuovere lo sviluppo sostenibile. |
3.7 |
Occorre altresì rilanciare e aggiornare le strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile, garantendo il pieno appoggio dell'economia e di tutti gli attori della società civile. Occorre parimenti dotare gli organi consultivi, quali i consigli per lo sviluppo sostenibile, di risorse adeguate affinché possano contribuire all'introduzione di nuove idee e a promuovere il progresso. |
3.8 |
La governance regionale, e locale. In tutto il mondo esistono ottimi esempi di ciò che riescono a fare gli enti regionali e locali. Il vertice dovrebbe dare risalto agli esempi migliori e fare in modo che i governi nazionali stabiliscano degli obiettivi vincolanti di ulteriori progressi per i rispettivi enti regionali e locali e li sostengano in questo processo. |
3.9 |
Il ruolo dell'economia e delle parti sociali. Basandosi sugli esempi migliori, è giunto il momento di promuovere in modo più ampio le migliori pratiche delle imprese in materia di sostenibilità, creando una convenzione quadro sulla responsabilità delle imprese in materia di sostenibilità, nonché una convenzione quadro sulla responsabilità, basata sulla norma ISO 26000. Al vertice dovrebbero essere avviati negoziati a questo fine. Le parti sociali dovrebbero partecipare pienamente a questo processo. |
3.10 |
Il ruolo della società civile. Il passaggio ad un'economia sostenibile può essere efficace solo se la società civile viene coinvolta attivamente nel processo. Ciò presuppone processi democratici e la messa a punto di strutture di dialogo tra la società civile e i responsabili politici. Occorre inoltre che in ciascun paese le informazioni sull'ambiente, sul progresso verso un'economia più verde e su altri aspetti dello sviluppo sostenibile siano rese più disponibili al fine di agevolare un dibattito pubblico meglio informato sulle questioni cruciali. In Europa, la convenzione del 1998 sull'accesso alle informazioni, sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali e sull'accesso alla giustizia in materia ambientale (Convenzione di Aarhus) ha permesso di ampliare e consolidare i diritti pubblici di accesso alle informazioni e di promuovere la partecipazione pubblica, nonché l'accesso alla giustizia. Il vertice dovrebbe incoraggiare le iniziative volte a stabilire convenzioni simili in tutte le regioni del mondo e il mandato del nuovo Consiglio per lo sviluppo sostenibile dovrebbe prevedere di perseguire tale obiettivo, all'interno di un quadro globale. |
3.11 |
Il mediatore per le generazioni future. Le esigenze delle generazioni future sono un elemento fondamentale dello sviluppo sostenibile ma non sono rappresentate nei processi decisionali pertinenti. Per rimediare a questa situazione e garantire che si tenga conto degli interessi a lungo termine in modo maggiore e giuridicamente legittimo, il CESE sostiene l'iniziativa del World Future Council (5) di istituire la figura del mediatore per le generazioni future sia a livello dell'ONU che a livello nazionale. |
4. L'economia verde
4.1 |
Attualmente l'economia globale non ha un funzionamento orientato a realizzare uno sviluppo sostenibile. Dal punto di vista ambientale essa favorisce un consumo eccessivo di risorse naturali, causa inquinamento dell'ambiente e non è in grado di contrastare il cambiamento climatico; mentre dal punto di vista sociale è responsabile di una disoccupazione e di una povertà diffuse, del prevalere di cattive condizioni di salute e della mancanza di istruzione. |
4.2 |
Rendere più verde l'economia significa orientare il suo funzionamento verso risultati più sostenibili. Occorre riesaminare gli altri obiettivi economici per misurarne il contributo allo sviluppo sostenibile. Tutti gli strumenti di gestione economica dovrebbero essere reimpostati in modo da orientare l'economia in direzione di una maggiore sostenibilità. |
4.3 |
Finora lo sviluppo economico considerava la crescita economica una condizione importante per aumentare il tenore di vita generale. Anche in futuro essa dovrà rimanere un obiettivo centrale, in particolare per i paesi in via di sviluppo, dove occorre ancora creare condizioni di vita decenti per tutti. Un'economia verde deve disaccoppiare la crescita economica dalla conseguenze negative per l'ambiente. Essa deve essere parte di una strategia di sviluppo sostenibile volta a conseguire una crescita economica di qualità che contribuisca a sradicare la povertà e l'ingiustizia sociale, conservando contemporaneamente gli ambienti naturali per le generazioni future. La riconversione verso un'economia verde deve tener conto dei principi chiave di equità, cooperazione e responsabilità comune ma differenziata. |
4.4 |
Il Comitato si rallegra del fatto che, nel quadro della transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, i colloqui internazionali sui cambiamenti climatici ora tengano conto degli aspetti sociali e del lavoro dignitoso, come previsto dall'accordo di Cancún nella sua visione comune a lungo termine per un'azione globale. Il CESE appoggia le raccomandazioni politiche dell'OIL sui posti di lavoro verdi e sottolinea in modo particolare la necessità di instaurare una cooperazione attiva tra le parti sociali nel processo di transizione dell'ambiente lavorativo. |
4.5 |
Tale compito di rendere l'economia più verde è molto complesso e va realizzato in molti campi diversi:
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4.6 |
La conferenza di Rio dovrà suscitare un nuovo impegno politico, diretto a promuovere lo sviluppo sostenibile e la transizione verso un'economia verde in tutto il mondo. I partecipanti dovranno elaborare dei principi per una transizione verso un'economia più ecocompatibile. Inoltre, dovranno dare mandato agli organi responsabili delle Nazioni Unite per sviluppare un programma di lavoro orientato all'azione e incentrato sugli aspetti fondamentali per il progresso dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo. |
4.7 |
Mandato agli organi delle Nazioni Unite per «un'economia verde». Il Comitato suggerisce che il mandato inerente ai futuri lavori degli organi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile includa i sei pilastri o elementi principali che seguono:
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4.8 |
L'Unione europea e i suoi Stati membri hanno acquisito una grande esperienza nell'applicazione di strumenti politici finalizzati a promuovere la sostenibilità. Proprio per questo l'UE dovrebbe far valere attivamente le sue esperienze a livello internazionale. |
4.9 |
La valutazione dei progressi verso un'economia più verde. È necessario stabilire dei parametri per misurare i progressi nel campo della sostenibilità. Occorre sviluppare metodi per misurare il progresso economico in termini di miglioramento del benessere dei cittadini e della qualità di vita, tenendo conto della lotta contro la povertà, creando condizioni di lavoro più dignitose e conservando l'ambiente naturale. In particolare, è necessario concordare dei metodi per misurare la pressione che le attività economiche comportano per i diversi tipi di capitale naturale nel suolo, nell'acqua, nell'aria e nei rispettivi ecosistemi. |
4.10 |
Il vertice dovrebbe stabilire un calendario per la messa a punto di un sistema per misurare i progressi in direzione di attività economiche verdi. |
4.11 |
Nel suo parere sul tema Oltre il PIL: strumenti per misurare lo sviluppo sostenibile (6) il Comitato aveva già riflettuto sui limiti del PIL, sulle eventuali modifiche ed aggiunte da apportarvi, nonché sulla necessità di elaborare nuovi criteri che permetterebbero di fissare degli indicatori complementari di benessere e di sostenibilità (economica, sociale ed ecologica). Ancora prima della conferenza di Rio+20, il CESE intende presentare la sua posizione in merito a come coinvolgere la società civile nello sviluppo di tali indicatori. |
4.12 |
Le misure normative. In Europa, gli standard di efficienza per molti prodotti e processi (in particolare quelli relativi all'efficienza energetica) sono stati spinti costantemente verso l'alto nel corso degli anni rafforzando progressivamente le norme minime. L'UE dovrebbe proporre un meccanismo simile per promuovere lo stesso processo a livello internazionale. Forse è anche opportuno sviluppare nuove iniziative internazionali in materia di gestione dei prodotti chimici e di regolamentazione delle conseguenze dello sviluppo di nuove tecnologie, tra cui le nanotecnologie. |
4.13 |
L'educazione alla sostenibilità e lo scambio di informazioni. Vi sono paesi, regioni, città, imprese, ecc. in cui sono già evidenti ottimi risultati della transizione in corso verso la sostenibilità. |
4.14 |
L'Europa ha svolto un ruolo attivo nel promuovere l'educazione alla sostenibilità e nella diffusione dell'informazione relativa alle buone pratiche e alle nuove iniziative in questo ambito. Le conseguenti esperienze dovrebbero alimentare un dibattito internazionale sugli strumenti a favore di un'economia verde. |
4.15 |
Le misure fiscali. Il vertice dovrebbe imprimere un maggiore impulso agli sforzi nazionali e internazionali per rendere più verde la base imponibile, eliminando i sussidi perversi e configurando la politica fiscale in modo tale da favorire l'occupazione e ridurre al minimo l'inquinamento e il consumo di combustibili fossili e di altre risorse naturali. È giunto inoltre il momento di lanciare una nuova iniziativa a favore di una tassa sulle transazioni finanziarie, concordata a livello globale, e di utilizzarne il gettito per finanziare investimenti nel campo dello sviluppo sostenibile. |
4.16 |
Investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo. Gli organi competenti delle Nazioni Unite dovrebbero essere incaricati di individuare i settori di ricerca e sviluppo di tecnologie e strumenti a favore di un'economia verde nei quali, attraverso una cooperazione internazionale, sarebbe utile raggruppare gli sforzi in materia di ricerca e sviluppo. È importante adottare rapidamente in tutto il mondo le nuove tecnologie più verdi. Gli organi competenti dell'ONU dovranno specificamente individuare le barriere al trasferimento rapido di tali tecnologie e mettere a punto dei modi per superarle. |
4.17 |
I programmi di appalti pubblici possono costituire uno strumento efficace per spingere i produttori in direzione di prodotti e servizi più verdi. L'Europa possiede esperienza nel campo dell'attuazione degli appalti pubblici «verdi» nel rispetto dei principi del libero scambio in un quadro europeo. Agli organi responsabili dell'ONU dovrebbe essere affidato l'incarico specifico di promuovere in tutto il mondo le buone pratiche in questo campo. |
4.18 |
I flussi di investimento. Una nuova intesa globale. Secondo autorevoli stime, nei prossimi 40 anni, l'investimento globale necessario per effettuare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio nel solo settore dell'energia ammonterà a migliaia di miliardi di euro. Anche altri elementi della transizione verso la sostenibilità richiederanno ingenti somme. Gli organi competenti dell'ONU dovrebbero essere incaricati di offrire una sede per monitorare i principali flussi di investimento globali ed indicare in che modo occorre aumentarli o modificarli per sostenere la transizione verso la sostenibilità. |
4.19 |
La capacità di realizzare tale transizione varia notevolmente da un paese all'altro in termini di risorse naturali, economiche e umane. Una delle sfide più importanti per il vertice di Rio 2012 è come dare maggiore concretezza e ampiezza a un'intesa globale per mobilitare risorse pubbliche e private destinate allo sviluppo delle capacità, al trasferimento di tecnologia e a programmi di investimento sostenibili per aiutare i paesi meno sviluppati e altri paesi in via di sviluppo a tenere il passo in modo equo con la transizione verso la sostenibilità. Agli organi responsabili dell'ONU dovrebbe essere affidato l'incarico di monitorare il progresso in termini di impegni finanziari e di altro genere, assunti per assistere i paesi in via di sviluppo nella transizione verso la sostenibilità. |
5. Gli obiettivi nei settori chiave
5.1 |
Il concetto di «economia più verde» avrà un impatto su tutti i principali settori economici. In ciascun settore occorrerà incoraggiare un uso più efficiente dell'energia e di tutte le altre risorse naturali, ridurre l'impatto dell'inquinamento e della produzione di rifiuti, riservare maggiore attenzione all'ambiente e alla biodiversità, nonché garantire parità di opportunità ed equità. |
5.2 |
Gli obiettivi di sviluppo internazionali ruotano intorno all'attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Il Comitato ritiene che, in occasione della revisione di tali obiettivi nel 2015, occorrerà stabilire nuovi obiettivi di sviluppo internazionali per il prossimo periodo, ponendo maggiormente l'accento sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Questo dovrebbe essere l'obiettivo generale adottato dal vertice di Rio, che in tal senso dovrebbe dare un mandato al nuovo Consiglio per lo sviluppo sostenibile affinché ne assicuri il conseguimento con la presentazione di proposte specifiche nei settori chiave. I punti che seguono passano brevemente in rassegna le priorità in alcuni settori cruciali. |
5.3 |
L'energia. Rendere verde il settore energetico rappresenta la singola sfida più importante nel quadro del progetto per un'economia più verde. |
5.4 |
Al fine di garantire la transizione verso un'economia più verde occorre una trasformazione radicale del settore energetico, che incoraggi l'abbandono dei combustibili fossili e favorisca fonti di energia a emissioni zero o a basse emissioni di carbonio quali le energie rinnovabili. Nel contempo, per gestire meglio tale transizione in termini di costi e di efficienza, tutti i settori devono compiere un notevole sforzo per utilizzare l'energia più efficientemente limitando o riducendo l'incremento della domanda energetica totale a livello globale. |
5.5 |
L'accesso a servizi energetici puliti, abbordabili e moderni è indispensabile per promuovere uno sviluppo economico e sociale sostenibile e conseguire gli obiettivi del Millennio in materia di sviluppo. Secondo l'agenzia internazionale per l'energia, nel mondo oltre 1,4 miliardi di persone non hanno accesso all'elettricità. Un altro miliardo di persone ha unicamente accesso a reti energetiche inaffidabili. Recentemente, l'Assemblea delle Nazioni Unite ha proclamato il 2012 «Anno internazionale delle energie rinnovabili per tutti» offrendo finalmente l'opportunità, assolutamente necessaria, di attirare maggiormente l'attenzione internazionale sulla povertà energetica nonché sulle soluzioni a prezzi abbordabili e sui modelli aziendali già esistenti applicabili a livello mondiale. Il CESE ha partecipato attivamente al dibattito sullo sviluppo e l'energia sostenibili e continuerà ad apportare ulteriori contributi a questo tema importante anche in futuro. |
5.6 |
Molte persone non dispongono ancora di un accesso sufficiente all'energia (povertà energetica). Il passaggio a forme di approvvigionamento energetico più verdi deve avere come obiettivo prioritario la fornitura di energia a prezzi accessibili per le fasce più povere della popolazione. |
5.7 |
L'agricoltura, la biodiversità e l'ambiente naturale. Il CESE esprime il più vivo rammarico per il fatto che un miliardo di persone soffra la fame nel mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo; una situazione questa, in piena contraddizione con la realizzazione del primo obiettivo di sviluppo del Millennio. |
5.8 |
Il CESE invita la comunità internazionale a riconoscere il diritto all'alimentazione a livello internazionale e nazionale, a migliorare i diritti di proprietà e di accesso al suolo e all'acqua, nonché a contenere il fenomeno dell'accaparramento delle terre nei paesi in via di sviluppo (land grabbing) da parte di attori pubblici e investitori privati. |
5.9 |
In molte regioni del mondo il settore agricolo deve essere sottoposto ad un'approfondita revisione dal punto di vista dell'economia verde, del mantenimento della sicurezza alimentare per tutti, della conservazione del capitale naturale del suolo e delle sue risorse di biodiversità, ed infine della promozione dell'uso efficiente delle risorse in questo settore. In particolare, occorre gestire e conservare meglio le risorse idriche e stabilire nuovi obiettivi in materia. |
5.10 |
Il CESE ritiene che la chiave per un'agricoltura sostenibile stia in una produzione alimentare quantitativamente sufficiente, qualitativamente buona e regionalmente differenziata, che venga realizzata su tutto il territorio e sia rispettosa della natura, che salvaguardi e tuteli l'ambiente rurale, preservi la differenziazione e la distintività delle produzioni e promuova sia i paesaggi culturali, così vari e ricchi di specie diverse, che le aree rurali (7). Sebbene in tutto il mondo occorra un aumento della biodiversità, ciò a cui si assiste è ancora una sparizione di specie viventi. La silvicoltura, l'attività mineraria, l'industria e, non da ultimo, la crescita demografica minacciano la biodiversità. |
5.11 |
Occorre introdurre delle misure efficaci per migliorare il funzionamento dei mercati agricoli e renderli più trasparenti. È necessario combattere la volatilità e l'aumento inaccettabile del prezzo dei prodotti alimentari. L'utilizzo di materie prime rinnovabili per produrre energia non può avvenire a scapito dell'approvvigionamento mondiale di prodotti alimentari. La sicurezza dell'approvvigionamento alimentare deve essere garantita costituendo riserve a livello regionale. Bisogna anche puntare ad utilizzare in misura maggiore la biomassa residua proveniente dall'agricoltura e dalla produzione alimentare. |
5.12 |
È necessario garantire i diritti dei lavoratori nel settore agricolo applicando le convenzioni dell'OIL esistenti. La partecipazione attiva della società civile all'attuazione di progetti in materia di sostenibilità a livello regionale e locale è indispensabile e in questo contesto va sottolineato in particolare il ruolo delle donne nei paesi in via di sviluppo. |
5.13 |
L'ambiente marino. L'ambiente marino è caratterizzato dall'inquinamento, dall'eccesso di pesca e dall'eccessivo sfruttamento delle altre risorse marine. Il vertice dovrebbe affidare agli organi responsabili dell'ONU l'incarico di avviare un nuovo processo internazionale teso a rafforzare e a coordinare i meccanismi esistenti nel campo della tutela dell'ambiente marino e a preservare gli stock ittici e altre risorse marine in modo più efficace rispetto alla normativa attuale. |
6. Dar prova di responsabilità
6.1 |
Per essere credibile nel suo ruolo a favore della sostenibilità, l'UE deve inoltre fare la sua parte sotto questo aspetto. |
6.2 |
Gli Stati membri e l'UE collettivamente devono:
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Piano d'azione
Il Comitato economico e sociale europeo ha deciso di seguire attivamente il processo che porterà alla conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile 2012 a Rio. Nel contesto dell'elaborazione del presente parere sono già state organizzate due audizioni il 23 marzo e il 7 luglio 2011.
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Una volta adottato il parere, il relatore si adopererà affinché la posizione del CESE alimenti il dialogo istituzionale in vista dell'elaborazione di una posizione comune dell'UE. |
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Sulla base del parere adottato, il CESE svilupperà ulteriormente il dialogo con la società civile organizzata europea. Sono previsti incontri con il gruppo di coordinamento, con i rappresentanti dei consigli economici e sociali nazionali, nonché con altre organizzazioni e reti della società civile che anche loro stanno definendo la propria posizione in vista della conferenza Rio+20. All'inizio del 2012, il CESE ha previsto di organizzare un grande convegno che costituirà un altro punto di riferimento all'interno di questo processo di dialogo con la società civile. |
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Oltre al dialogo intraeuropeo, il CESE esamina il tema della conferenza Rio+20 nel quadro delle sue relazioni con i rappresentanti della società civile organizzata di altre regioni del mondo, in particolare del Brasile che ospiterà la conferenza, della Cina e del Sud Africa. Il relatore parteciperà attivamente a questo dialogo allo scopo di definire dei punti chiave comuni negli obiettivi della società civile organizzata delle diverse regioni del mondo e presentare tali posizioni nel mese di giugno 2012 a Rio de Janeiro. Il relatore rappresenterà il CESE nel quadro delle discussioni concernenti la conferenza Rio+20 che si svolgeranno all'interno dell'Associazione internazionale dei consigli economici e sociali e istituzioni analoghe (Aicesis). Inoltre, per l'anno prossimo a Rio è prevista, a margine della conferenza, una serie di riunioni con i nostri partner internazionali. |
Bruxelles, 22 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) COM(2011) 363 definitivo.
(2) Cfr. pag. 110 della presente Gazzetta ufficiale.
(3) GU C 100 del 30.4.2009, pag. 53.
(4) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Verso un vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile nel 2012, GU C 48 del 15.2.2011, pag. 65.
(5) http://www.futurejustice.org/action-the-campaign/?section=full#21.
(6) GU C 100 del 30.4.2009, pag. 53.
(7) Parere del Comitato economico e sociale sul tema La riforma della politica agricola comune nel 2013, GU C 354 del 28.12.2010, pag. 35.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/110 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050
COM(2011) 112 definitivo
2011/C 376/20
Relatore: ADAMS
Correlatore: ZBOŘIL
La Commissione europea, in data 8 marzo 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050
COM(2011) 112 definitivo.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 settembre 2011.
Alla sua 474a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 22 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 119 voti favorevoli, 3 voti contrari e 2 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore, in quanto visione che delinea una strategia futura, la tabella di marcia elaborata dalla Commissione verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 e sollecita tutte le istituzioni europee a tenerne debito conto quale guida per la messa a punto delle azioni e della politica necessarie per conseguire gli obiettivi 2050. In questo contesto il Comitato rimanda ai suoi lavori sull'Iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse e alle sue proposte per la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile in programma nel 2012 (1).
1.2 Il CESE sollecita il Consiglio, la Commissione e il Parlamento ad assicurare la piena realizzazione entro il 2020 di tutti gli obiettivi oggi in vigore relativamente alle emissioni di carbonio e a considerare nuovamente la possibilità di rendere più severo l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra per il 2020, passando a una riduzione del 25 %, basata sui progressi consolidati dei negoziati della COP 17 e sullo sviluppo economico atteso dell'Unione, quale prima tappa per arrivare alla riduzione concordata dell'80-95 % entro il 2050.
1.3 Il CESE sollecita l'UE ad adottare obiettivi indicativi per le riduzioni di emissioni di gas a effetto serra del 40 % entro il 2030 e del 60 % entro il 2040, e di dare un seguito a questa iniziativa con l'applicazione di politiche giuridicamente vincolanti che consentano di raggiungere tali risultati. Detti obiettivi indicativi a lungo termine sono necessari come parametri di riferimento per offrire prevedibilità e stabilità agli investitori e ai decisori.
1.4 Il CESE raccomanda alla Commissione di presentare un nuovo pacchetto globale di misure inteso a incentivare i nuovi e ingenti investimenti necessari al conseguimento di questi nuovi obiettivi. Il pacchetto dovrebbe prevedere il potenziamento del sistema di scambio delle quote di emissioni (ETS) in quanto strumento di ottimizzazione dei costi utile per orientare le decisioni in materia di investimenti, nonché ulteriori misure volte a:
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promuovere l'efficienza energetica in tutti i settori; |
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accrescere la consapevolezza dei consumatori e la loro capacità di utilizzare il loro potere d'acquisto per privilegiare le merci e i servizi a basse emissioni di carbonio; |
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sostenere gli investimenti nelle infrastrutture necessarie; |
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promuovere la formazione e lo sviluppo di capacità nei settori chiave. |
1.5 Il CESE insiste sull'esigenza di una politica industriale attiva e di un coordinamento delle attività di R&S per accompagnare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. Sostiene inoltre la proposta di tabelle di marcia che servano da visione strategica per orientare il processo di transizione, soprattutto per quanto riguarda la produzione di elettricità, i trasporti, la costruzione e l'edilizia abitativa, l'agricoltura e la gestione dei rifiuti.
1.6 È indispensabile la piena partecipazione della società civile mediante un dialogo strutturato e permanente sui distinti piani strategici.
2. La tabella di marcia
2.1 La tabella di marcia 2050 suggerisce prospettive d'azione che consentirebbero all'UE di conseguire l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 % rispetto ai livelli del 1990, obiettivo ribadito dal Consiglio nel febbraio 2011.
2.2 Per raggiungere tale obiettivo, la tabella di marcia propone di programmare un abbattimento dell'80 % delle emissioni interne di gas a effetto serra entro il 2050 (sottintendendo che l'obiettivo più ambizioso del 95 % sarebbe realizzato mediante l'acquisto, a titolo compensativo, dei diritti di emissione sul mercato globale del carbonio). L'opzione più efficace in termini di costi consisterebbe nel realizzare, entro il 2030 e il 2040, riduzioni interne delle emissioni rispettivamente del 40 e del 60 % rispetto ai livelli del 1990; a tale proposito, le riduzioni del 25 % nel 2020 sono considerate parte di questa evoluzione progressiva.
2.3 Nel settore dell'energia elettrica, la tabella di marcia propone che entro il 2050 le tecnologie a basse emissioni di carbonio soddisfino quasi il 100 % della domanda di elettricità. Ciò richiederà notevoli investimenti nelle energie rinnovabili e nello sviluppo di nuovi sistemi di reti intelligenti in tutta Europa, grazie soprattutto a un potenziamento dell'ETS.
2.4 Nel settore dei trasporti, è prevista una riduzione del 60 % delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050. La tabella di marcia raccomanda che i biocarburanti vengano ulteriormente perfezionati, soprattutto quelli per l'aviazione e per gli automezzi pesanti; osserva tuttavia anche il collegamento emerso tra lo sviluppo dei biocarburanti e alcuni problemi di sicurezza alimentare e di natura ambientale, sottolineando l'importanza di mettere a punto biocarburanti di seconda e terza generazione maggiormente sostenibili.
2.5 Per quanto concerne l'ambiente edificato, la tabella di marcia sottolinea l'importanza di applicare rapidamente standard prossimi allo zero per le emissioni di carbonio prodotte dai nuovi edifici e pone in risalto la sfida di migliorare le prestazioni energetiche del patrimonio edilizio esistente.
2.6 Per quanto concerne l'industria, sono previsti ulteriori incrementi nel campo dell'efficienza energetica e il passaggio a modi di produzione a minore intensità energetica. Saranno necessarie soluzioni mirate per i vari settori industriali e un'ulteriore serie di tabelle di marcia specifiche ai diversi comparti. È importante garantire che le misure di riduzione delle emissioni di carbonio non inducano semplicemente le industrie ad alta intensità energetica ad operare una rilocalizzazione delle emissioni di carbonio nelle regioni del mondo in cui le norme sono meno rigide (carbon leakage).
2.7 Nel settore agricolo e forestale sono necessarie un'accresciuta efficienza energetica e pratiche volte a migliorare la capacità dei terreni coltivati di catturare e mantenere il carbonio. Si mette inoltre l'accento sulla biomassa come potenziale fonte sostenibile di energia, a condizione che si provveda a valutarne adeguatamente tutti i possibili effetti. In generale occorre trovare soluzioni per conciliare la crescente domanda di prodotti alimentari o di biomassa con gli obiettivi della politica sul clima.
2.8 Per raggiungere tutti questi obiettivi saranno necessari ulteriori investimenti pubblici e privati pari a circa 270 miliardi di euro l'anno per i prossimi 40 anni, che corrispondono all'1,5 % del PIL dell'UE o all'8 % degli attuali livelli d'investimento europeo, ben inferiori ai livelli d'investimento già raggiunti da alcune economie emergenti seriamente impegnate nella realizzazione di un'economia a basse emissioni di carbonio.
2.9 Le ulteriori risorse pubbliche necessarie a finanziarie tali investimenti potrebbero provenire dal prossimo ciclo di vendita all'asta dei permessi di scambio delle quote di emissione. Tutti i programmi di investimento pubblico dovrebbero inoltre essere usati più sistematicamente per mobilizzare finanziamenti aggiuntivi da parte del settore privato.
2.10 Tra gli altri vantaggi del passaggio a una economia a basse emissioni di carbonio figurano la riduzione della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, il miglioramento della sicurezza energetica, la creazione di nuovi posti di lavoro e il miglioramento della qualità dell'aria e della salute.
2.11 La comunicazione non propone nuove politiche e misure specifiche, ma indica un numero di settori che richiedono nuove strategie o iniziative politiche a livello UE e nazionale al fine di garantire la necessaria transizione nei prossimi 40 anni. La tabella di marcia per il 2050 segna un cambiamento importante, con il passaggio da nuovi obiettivi vincolanti verso delle misure. Essa apre un dibattito: gli Stati membri decideranno se saranno fissati nuovi obiettivi o no. Ci attende una decisione politica cruciale: obiettivi fissati dall'alto o una politica dell'innovazione che parta del basso.
3. Osservazioni generali
3.1 La tabella di marcia 2050 fa affidamento su specifici modelli economici per mostrare quali sono le opzioni più efficaci in termini di costi per raggiungere gli obiettivi 2050 in materia di riduzioni dei gas a effetto serra. Per poter essere assolutamente sicuri del metodo, devono essere messe a disposizione maggiori informazioni riguardo alla costruzione di questi modelli economici, ai dati in essi utilizzati e ai test di sensibilità condotti. Nonostante ciò, il metodo appare in ogni caso sufficientemente valido per avvalorare la conclusione principale, ossia che è necessario incrementare notevolmente i livelli degli investimenti per poter realizzare un'economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050.
3.2 In particolare, il Comitato concorda pienamente con la conclusione della comunicazione sulla tabella di marcia secondo cui compiere già dei progressi in una fase precoce è di cruciale importanza sotto il profilo del rapporto costi-efficacia. I progressi fin dalla primissima fase, infatti, possono accelerare l'introduzione di nuove tecnologie, ridurne i prezzi ed evitare nuovi investimenti costosi e inutili in impianti a forte produzione di carbonio dalla vita breve, oltre ad imprimere all'economia lo slancio idoneo per realizzare i necessari cambiamenti.
3.3 Una tabella di marcia è utile soltanto nella misura in cui serve ad orientare l'azione. La prova fondamentale per questa tabella di marcia è vedere fino a che punto essa può diventare parte integrante del processo di elaborazione delle politiche e decisionale condotto dai principali attori europei, vale a dire i governi, il comparto energetico ed altri settori industriali fondamentali, nonché fino che a punto può incidere sulle scelte individuali dei consumatori.
3.4 I cambiamenti politici, economici e tecnologici in futuro richiederanno una certa flessibilità nell'attuazione della specifica strategia scelta, che però non andrebbe usata come pretesto per eventuali indecisioni e ritardi. La tabella di marcia dovrebbe creare un consenso tra tutte le parti in gioco in merito alla natura e al ritmo dei progressi da compiere, nonché riguardo all'estensione della portata degli investimenti richiesti. Dovrebbero essere considerati prioritari soprattutto gli investimenti volti a migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico in Europa, date la precarietà e l'incertezza che nel prossimo futuro caratterizzeranno gran parte delle fonti presso cui oggi ci riforniamo di energia.
3.5 La tabella di marcia dovrebbe altresì contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica in generale, e i consumatori in particolare, circa la necessità di operare una transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, come pure sul ruolo che ognuno dovrà svolgere in questo processo. È fondamentale che questo avvenga tramite una «transizione giusta», vale a dire equa per tutti e in grado di accompagnare ciascuno di noi nel processo di adeguamento ai cambiamenti richiesti.
3.6 Diversi altri paesi (tra cui la Cina, gli Stati Uniti, la Corea del Sud, ecc.) si stanno impegnando a fondo per sviluppare e adottare tecnologie a basse emissioni di carbonio allo scopo di acquisire una leadership tecnologica e un vantaggio competitivo in questo nuovo comparto industriale in crescita. È essenziale che l'UE assuma iniziative di eguale portata se non vuole restare indietro nella corsa - alla quale partecipano molti temibili concorrenti - per la leadership nel settore delle tecnologie più ecologiche e a basse emissioni di carbonio.
3.7 Gli attuali «obiettivi 20-20-20», che prevedono di incrementare la quota di energie rinnovabili e l'efficienza energetica nonché di ridurre le emissioni di carbonio entro il 2020, fissano già un traguardo che l'Unione deve raggiungere entro tale data; è quindi fondamentale che tutti questi obiettivi vengano conseguiti. Il CESE sollecita pertanto di nuovo il Consiglio, il Parlamento e la Commissione, a riconsiderare urgentemente la possibilità di rendere più severo l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2020, passando a una riduzione almeno del 25 %, basata sui progressi consolidati dei negoziati della COP 17 e sullo sviluppo economico atteso dell'Unione, quale prima tappa per arrivare alla riduzione dell'80 % stabilita per il 2050.
3.8 Naturalmente sarebbe auspicabile che una simile iniziativa fosse accompagnata da progressi compiuti in direzione di un accordo generale su una nuova serie di obiettivi, accordo raggiungibile nell'ambito del processo dei negoziati internazionali sul cambiamento climatico. Tuttavia, il mancato conseguimento di tale accordo globale non dovrebbe essere un motivo valido per rimandare a domani le ulteriori iniziative che l'UE deve necessariamente adottare adesso nei settori in cui è chiamata ad intervenire se intende davvero arrivare al traguardo a lungo termine (2020) che si è prefissa, migliorare la propria sicurezza di approvvigionamento energetico e mantenere la propria posizione competitiva nella corsa per le tecnologie verdi.
3.9 Il CESE sollecita altresì l'UE ad adottare rapidamente obiettivi indicativi per le riduzioni di gas a effetto serra pari al 40 % entro il 2030 e al 60 % entro il 2040, allo scopo di fornire una serie di orientamenti prevedibili per chi prende le decisioni in materia di investimenti nel comparto energetico e in altri settori chiave.
3.10 Nuovi investimenti per 270 miliardi di euro l'anno sono ovviamente una cifra importante, ma il fatto di rappresentare solo l'1,5 % del PIL dell'UE li rende possibili - a condizione che gli indicatori fiscali ed altri parametri essenziali vengano adeguatamente fissati e mantenuti. Il CESE è decisamente d'accordo sull'opportunità di un quadro stabile e prevedibile che fornisca una garanzia adeguata al tipo di investimenti necessari in futuro.
3.11 Gli obiettivi della tabella di marcia richiederanno sia una «domanda del mercato» (vale a dire un mercato UE dell'energia integrato e competitivo, le necessarie infrastrutture di rete e la fissazione del prezzo del carbonio) sia una «spinta tecnologica» (vale a dire un sostegno alla R&S, alla dimostrazione e alla diffusione tempestiva, come evidenziato nel piano SET (2)). Il sostegno alla diffusione tempestiva e su ampia scala di nuove tecnologie rivoluzionarie a basse emissioni di carbonio è particolarmente importante al fine di accelerare la curva di apprendimento e il tasso di utilizzo. Gli impegni di bilancio stabiliti in precedenza per questo settore d'intervento devono essere mantenuti.
3.12 I finanziamenti ponte sono particolarmente importanti al fine di garantire che le nuove tecnologie dotate di un elevato valore aggiunto europeo e di tassi di profitto economici positivi a lungo termine non finiscano poi per essere abbandonate già nelle prime fasi di sviluppo. L'UE dovrebbe:
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fornire un sostegno finanziario alle tecnologie del piano SET tramite combinazioni mirate di sovvenzioni e prestiti, |
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armonizzare le norme in materia di appalti con gli obiettivi di tale piano, |
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garantire un funzionamento coerente dei fondi di coesione e strutturali allo scopo di offrire un sostegno agli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio sia nei progetti infrastrutturali che in altri tipi di progetti. |
3.13 La tabella di marcia mette in risalto il ruolo del sistema di scambio delle quote di emissioni di carbonio ETS (European Trading System) quale strumento atto a realizzare i cambiamenti e gli investimenti necessari. L'ETS era inteso a instaurare delle tendenze a livello mondiale e ad essere integrato in un sistema internazionale cap-and-trade (tetto massimo e scambio) che avrebbe stabilito un tetto massimo per le emissioni mondiali in costante diminuzione, in linea con l'obiettivo di limitare a 2 gradi il riscaldamento climatico. In questo modo, si sarebbe riusciti a fissare un prezzo mondiale per lo scambio di emissioni in un mercato globale che, una volta che fosse ben consolidato, avrebbe potuto rappresentare esso stesso un formidabile strumento per produrre la necessaria spostamento degli investimenti verso le tecnologie a basse emissioni di carbonio del futuro. L'attuale sistema europeo di scambio di quote di emissioni, però, opera in modo del tutto autonomo e, di conseguenza, non riesce a incentivare in misura sufficiente una massiccia crescita di nuovi investimenti in tecnologie più ecologiche neppure su scala soltanto europea.
3.14 Il CESE propone quindi che la Commissione prenda oggi in considerazione l'idea di presentare un nuovo pacchetto globale di misure inteso a produrre il rapido spostamento delle priorità in materia di investimenti che si rende necessario. Nel pacchetto di misure dovrebbero figurare certamente la riforma e il rafforzamento dell'ETS (concepito ormai come una misura su scala europea piuttosto che come precursore di un sistema mondiale) con l'obiettivo specifico di raccogliere finanziamenti considerevoli per sostenere la R&S nonché la diffusione di nuove tecnologie e delle relative infrastrutture. Il pacchetto dovrebbe tuttavia comprendere anche una serie di misure fiscali, regolamentari e orientate verso il consumatore.
3.15 Un pacchetto globale di misure
a)
Il CESE raccomanda di attuare una revisione dell'ETS ad ampio raggio, privilegiando le seguenti quattro aree:
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occorre individuare modalità per incentivare la capacità del sistema di sostenere l'innovazione e l'utilizzo di nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio, come indicato nel piano SET, utilizzando gli introiti provenienti dalla vendita all'asta delle quote per sostenere la R&S e ricorrendo alla dimostrazione e alla diffusione tempestiva di queste tecnologie; |
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si dovrebbe affrontare il potenziale problema della rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (soprattutto quelle prodotte dalle industrie ad alta intensità di CO2) al di fuori dell'UE. Di fronte alla mancata creazione di un mercato globale del carbonio, potrebbe ora essere giustificata una compensazione degli adeguamenti dei prezzi alle frontiere. Fintanto che non esiste tale mercato, la Commissione dovrebbe adottare ulteriori misure per garantire la competitività delle imprese che realmente subiscono le conseguenze della rilocalizzazione delle emissioni di carbonio; |
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la copertura dei settori da parte dell'ETS dovrebbe essere rivista. (In alcuni pareri precedenti il CESE aveva accolto favorevolmente l'estensione dell'ETS al settore dell'aviazione e aveva sollecitato l'applicazione di tale sistema anche a quello marittimo); |
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gli strumenti di compensazione internazionali intesi a favorire la riduzione delle emissioni in modo efficiente sul piano dei costi nei paesi in via di sviluppo dovrebbero essere resi più severi ed estesi (senza servire da scusa per diminuire gli sforzi volti a raggiungere gli obiettivi interni di riduzione). |
b)
Alcuni settori, come quello dell'efficienza energetica, non sono molto sensibili agli indicatori dei prezzi. Sono pertanto necessarie misure più severe a livello europeo per imporre e applicare standard più elevati in materia di efficienza energetica per l'edilizia abitativa ed altri tipi di costruzione, per le automobili ed altri veicoli, per i prodotti di consumo di vario genere. Il CESE esorta quindi a dare risolutamente seguito alle disposizioni della direttiva sull'efficienza energetica (COM(2011) 109 definitivo), dopo aver effettuato una valutazione d'impatto esaustiva.
c)
I consumatori vanno motivati a contribuire in modo proattivo alla realizzazione di una società a basse emissioni di carbonio mediante i loro acquisti di beni e servizi ecocompatibili, in particolare:
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rendendo più credibili le iniziative di etichettatura ecologica e uniformando gli standard che le regolamentano, |
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incentivando l'offerta di prodotti di consumo efficienti e sostenibili, |
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rafforzando il mercato interno dell'energia nell'intera Unione europea. |
I consumatori devono essere convinti del loro ruolo in un futuro caratterizzato da un livello minore di emissioni di CO2. Si dovrebbe inoltre incoraggiare la conclusione di partenariati di cooperazione con il settore pubblico.
d)
Le infrastrutture per sostenere le nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio e per garantire l'interoperabilità, come le nuove reti intelligenti per l'approvvigionamento di energia elettrica, richiederanno investimenti consistenti su base europea per garantire la coerenza delle specifiche tecniche e per ottimizzare la distribuzione di elettricità. Il CESE raccomanda alla Commissione di effettuare uno studio di follow-up sulle opzioni disponibili per lo sviluppo di infrastrutture su scala europea a sostegno della transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, nonché sugli investimenti e le strutture istituzionali correlati.
e)
È molto importante analizzare e valutare in anticipo l'impatto sociale dell'espansione e della contrazione su tutti i settori interessati dalla transizione verso regimi a più basse emissioni di carbonio; occorre altresì adottare strumenti e misure settoriali completi per costruire le necessarie competenze e capacità e per offrire riqualificazione od altra assistenza a coloro che stanno abbandonando la vecchia economia tradizionale: in questo modo, sarà possibile avviare un processo di ristrutturazione socialmente equo.
f)
Riforme fiscali «neutre», volte ad aumentare il livello di tassazione sui combustibili ad emissioni di carbonio (e su altre risorse naturali) e nel contempo a promuovere l'occupazione e il miglioramento della sicurezza sociale hanno un ruolo essenziale da svolgere nel guidare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. Il clima politico attuale non è probabilmente ancora maturo per rilanciare la proposta, già avanzata in passato, di introdurre una tassa sul CO2 (carbon tax) a livello dell'UE, ma occorre adoperarsi per incoraggiare l'adozione di una riforma di questo tipo nei singoli Stati membri. Il Comitato accoglie inoltre con favore la recente proposta di applicare una tassa sulle transazioni finanziarie e invita a destinarne il gettito alla promozione di investimenti orientati verso un'economia a basse emissioni di carbonio.
4. Osservazioni su settori specifici
4.1 Produzione di elettricità: i costi delle energie da fonti rinnovabili hanno registrato una costante diminuzione negli ultimi anni: oggi occorre quindi intensificare gli investimenti per portarne i costi a livelli competitivi e accessibili. Al tempo stesso, è necessario mantenere un carico di base sufficiente oppure sviluppare sistemi di stoccaggio e di distribuzione dell'energia per superare i problemi dovuti all'intermittenza della fornitura di energia elettrica dal vento e dal fotovoltaico.
4.2 L'elaborazione del concetto di reti intelligenti su scala europea è anch'esso essenziale al fine di consentire una maggiore integrazione delle fonti rinnovabili. La capacità attuale della rete elettrica europea di assorbire fonti rinnovabili intermittenti è limitata e il sistema deve mantenere una fornitura adeguata di carico di base proveniente da fonti non rinnovabili (incluso il nucleare). I sistemi integrati di reti intelligenti dovranno subire anch'essi un profondo sviluppo (tra l'altro per gestire la domanda delle utenze industriali e domestiche) e bisognerà potenziare la capacità di stoccare su larga scala risorse di energia elettrica facilmente accessibili (batterie, stoccaggio idroelettrico, ecc.). Se il nucleare e i combustibili fossili, insieme alla cattura e allo stoccaggio del carbonio, continueranno a far parte della soluzione prevista, la questione di queste due fonti di energia deve essere apertamente affrontata e risolta, probabilmente caso per caso oppure a livello di ciascuno Stato membro. Il CESE confida nella tabella di marcia per l'energia 2050 per un'analisi più dettagliata di queste scelte e si aspetta un più stretto coordinamento della produzione e della trasmissione di energia in tutta l'Unione europea.
4.3 Investire nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio può significare accelerare il tasso d'investimento oltre un livello vantaggioso agli occhi del mercato. Ciò richiederà finanziamenti pubblici in particolare per le fasi di dimostrazione e di applicazione iniziale. L'ulteriore sviluppo del piano SET è essenziale per un'economia a basse emissioni di carbonio.
4.4 Settore dei trasporti: il CESE approva il punto di vista espresso nella comunicazione circa la necessità di una transizione nei trasporti. Occorre ottimizzare le prestazioni in termini di emissioni di carbonio di tutte le tecnologie esistenti e promuovere nuove tecnologie come l'elettrificazione del trasporto su strada. Vanno inoltre incentivati i biocarburanti di terza generazione che riducono le emissioni del parco di veicoli commerciali disponibile e consentono un traffico pesante senza carburanti fossili. Si deve altresì incoraggiare il trasferimento modale verso trasporti pubblici efficienti e verso modi di trasporto non motorizzati. L'UE e gli Stati membri devono adottare politiche fiscali e di spesa pubblica, come pure strumenti di regolamentazione, in grado di favorire questi cambiamenti. L'Unione deve inoltre avere una decisa funzione di coordinamento e di incentivazione, provvedendo a definire obiettivi e calendari di attuazione per alcuni degli specifici cambiamenti che occorre introdurre.
4.5 Quanto alle automobili e ad altri automezzi stradali, gli standard di emissione si sono mostrati particolarmente efficaci nel ridurre le emissioni. Standard di emissione giuridicamente vincolanti forniscono la massima certezza possibile per l'industria automobilistica e i suoi fornitori. In pareri precedenti il CESE aveva evocato la necessità di standard sempre più rigorosi in materia di consumo di carburante per il trasporto su strada e raccomandato di procedere più rapidamente in questo ambito (3). Il CESE reitera queste raccomandazioni.
4.6 Il CESE rileva che le possibilità di miglioramento dell'efficienza dei motori a combustione interna presentano dei limiti fisici e suggerisce alla Commissione di utilizzare la prospettiva a lungo termine della tabella di marcia per le basse emissioni di carbonio e l'assoluta necessità di ridurre le emissioni prodotte dai veicoli stradali per condurre un'azione volta ad accelerare lo sviluppo e la diffusione di veicoli a idrogeno (prodotto in modo sostenibile) o elettricità (prodotta secondo metodologie più pulite) con emissioni di carbonio pari a zero.
4.7 Il CESE continua a chiedersi fino a che punto si possa o si debba contare sullo sviluppo dei biocarburanti; ritiene pertanto che la Commissione faccia bene a prevedere una limitazione dell'uso di tali carburanti a determinate nicchie del settore dei trasporti che risultano difficili da elettrificare e in cui tali biocarburanti possano essere realmente impiegati per ridurre le emissioni del parco veicoli disponibile. In questo contesto rientrano anche gli sforzi per garantire lo sviluppo di biocarburanti di seconda e terza generazione più efficienti in termini di emissioni di carbonio.
4.8 Ambiente edificato: la promozione di alloggi abitativi e di altri edifici a basse emissioni di carbonio ha fatto passi avanti troppo lenti. Nel settore abitativo il tasso di sostituzione è molto basso; pertanto la sfida fondamentale in questo caso sarà quella di definire e di attuare programmi di ampio respiro volti a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici esistenti. Il CESE raccomanda alla Commissione di procedere al più presto nelle seguenti direzioni:
— |
imporre norme su emissioni di carbonio pari a zero, non appena l'introduzione di un tale vincolo sarà fattibile, per tutti i nuovi edifici - pubblici e privati - non solo per uso abitativo; tali norme saranno modulate a seconda delle variazioni climatiche nei diversi paesi; |
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imporre obiettivi quantitativi e definire programmi volti ad incrementare le prestazioni energetiche di tutti i tipi di edifici esistenti, nella misura in cui ciò sia fattibile. |
4.9 Industria: la tabella di marcia 2050 deve in questo caso illustrare chiaramente le implicazioni politiche del percorso proposto per l'industria europea in considerazione dell'impatto potenziale sulla competitività e sull'occupazione. Gli attuali obiettivi dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione completa che si concentri su un settore alla volta. In alcuni processi industriali (come la produzione di acciaio o di cemento, ecc.) le emissioni di carbonio fanne parte integrante dei processi chimici e ciò potrebbe rappresentare un ostacolo fondamentale alla riduzione delle quantità di gas a effetto serra in questi settori, a meno che non sia possibile un'introduzione massiccia di nuovi prodotti o di nuovi metodi per la cattura del carbonio. Come conseguenza, è necessario condurre analisi ed elaborare tabelle di marcia specifiche per ciascun settore industriale, stabilendo in che modo esso possa ridurre ulteriormente le sue emissioni di gas a effetto serra.
4.10 Il CESE chiede alla Commissione di specificare se la tabella di marcia preveda di analizzare ed eventualmente di ridurre le emissioni di carbonio incorporato (o esternalizzato). Le emissioni mondiali derivanti dalla produzione di merci esportate sono aumentate, passando da 4,3 miliardi di tonnellate di CO2 nel 1990 (20 % delle emissioni globali) a 7,8 miliardi di tonnellate nel 2008 (26 %). Le evidenti riduzioni delle emissioni di carbonio negli Stati membri possono essere controbilanciate dall'importazione di prodotti che in precedenza venivano fabbricati all'interno dell'UE. Per operare efficacemente i necessari controlli in questo campo risultano necessarie misure fiscali o di sorveglianza alle frontiere, nonché una modifica nei modelli di consumo interno - due settori, questi, estremamente sensibili.
4.11 Settore agroforestale: il CESE è d'accordo con la Commissione quando questa afferma che nella futura revisione della PAC si dovrebbe dedicare particolare attenzione alla promozione di pratiche agricole efficienti sul piano energetico e a basse emissioni di carbonio, traendo vantaggio dalla riduzione del 20 % ottenuta (1990-2006), e che andrebbe incoraggiata e incentivata una gestione agroforestale volta a massimizzare la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Si dovrebbe offrire sostegno agli agricoltori che partecipano alle catene di approvvigionamento brevi e su scala locale. Questo settore presenta forti potenzialità di riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dai combustibili fossili e dai materiali non rinnovabili. Nel settore dell'agricoltura, tuttavia, appare evidente la presenza di obiettivi contrastanti, ossia da una parte la necessità di incrementare la produzione, dall'altra l'esigenza di catturare maggiori quantitativi di biossido di carbonio nei suoli e nella biomassa. Non è chiaro come possa essere risolta questa antinomia. Secondo il CESE, la crescente domanda mondiale di prodotti alimentari che causano l'emissione di un'elevata quantità di CO2 e il maggior ricorso alla biomassa vanno in una direzione diametralmente opposta alle speranze di ridurre l'impiego di fertilizzanti, aumentare il sequestro di CO2, evitare il dissodamento di aree verdi ecc., e le misure proposte non risolvono questa contraddizione fondamentale.
4.12 Rifiuti: la strategia europea per lo smaltimento dei rifiuti seguita a dare la priorità alla diminuzione dei rifiuti, all'incentivazione del riutilizzo o del riciclo e alla minimizzazione dell'inquinamento e del degrado del suolo. Oltre ad invitarla ad intraprendere una valutazione dei diversi metodi di smaltimento, il CESE raccomanda alla Commissione di rivolgere attenzione anche al contributo che la gestione e il trattamento dei rifiuti possono apportare alla realizzazione di un'economia più sostenibile e a basse emissioni di carbonio, esplorando in particolare le possibilità di impiegare i rifiuti come combustibili rinnovabili e per la produzione di energia tramite il recupero dei gas di discarica (metano).
Bruxelles, 22 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Pareri del CESE sul tema Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse - Iniziativa faro nell'ambito della strategia Europa 2020 e Rio+20: verso un’economia verde e una migliore governance - Contributo della società civile organizzata europea (cfr. pag. 102 della presente Gazzetta ufficiale).
(2) Piano strategico per le tecnologie energetiche. Cfr. http://ec.europa.eu/energy/technology/set_plan/set_plan_en.htm.
(3) GU C 44 del 16.2.2008; pagg. 53-56.
22.12.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 376/116 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1927/2006 che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione
COM(2011) 336 definitivo — 2011/0147 (COD)
2011/C 376/21
Il Consiglio, in data 14 luglio 2011 e il Parlamento europeo, in data 19 luglio 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175, terzo comma del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1927/2006 che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione
COM(2011) 336 definitivo — 2011/0147 (COD).
Poiché la proposta in oggetto si limita a estendere una deroga temporanea introdotta dal regolamento (CE) n. 546/2009, sul quale il Comitato si è già pronunciato nel parere CESE 627/2009, adottato il 24 marzo 2009 (1), il Comitato, nel corso della 474a sessione plenaria dei giorni 21 e 22 settembre 2011 (seduta del 21 settembre) ha deciso, con 160 voti favorevoli, 2 voti contrari e 12 astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia, ma di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.
Bruxelles, 21 settembre 2011
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1927/2006 che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, COM(2008) 867 definitivo - 2008/0267 (COD) - GU C 228 del 22.9.2009, pag. 103.