[È mercoledì] Questi add-on che non vi abbiamo mai chiesto

[È mercoledì] Questi add-on che non vi abbiamo mai chiesto

Oggi il venerdì più famoso del marketing (così, per tirarmela un po’) che però tu leggi al mercoledì su Linkedin riprende le normali trasmissioni con un rant sul vezzo del marketing di mettere add-on di prodotto inutili e/o dannosi, e include una matrice strategica per capire se siamo colpevoli oppure no.

Ma prima, lo sponsor.


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Questi add-on che non vi abbiamo mai chiesto

Non so se vi è mai capitato. Cercate uno scaldabagno (non ho ancora capito bene come si chiama un ventilatore con una resistenza elettrica, in pratica) e subito vi propongono quello con timer, regolazione automatica della temperatura, velocità della ventola da zero a cento, indicatore LED dell’umidità con app incorporata, e telecomando. Lì per lì il nerd che è in voi pensa: “Che figata! E costa solo 19,99 euro!”. Ma se avete una certa età e/o consapevolezza, sapete che il 99% di quelle robe non le userai mai. Il telecomando – chi ha tempo di imparare un telecomando, oggi? –, l’app di solito è solo in cinese mandarino ed è inutilizzabile, la regolazione automatica della temperatura fa solo sì che a ore random della giornata il coso parta improvvisamente da solo facendo prendere uno spavento a umani e gatti presenti. Ah, ma aveva tante feature!

Il problema ora è che non trovi più quel modello base che ha solo un bottone di acceso/spento e una manopola su freddo, caldino, caldo. Si è estinto.

Non è che ci sia questa domanda di mercato per l’innovazione, in realtà. È che queste cose costano così poco che il marketing è alla disperata ricerca di una scusa – una qualsiasi scusa – per aumentarne il prezzo. E di solito, siccome checché se ne dica l’innovazione è tech-driven e non customer-driven, si aggiungono funzionalità che nessuno usa. (E anche perché la minoranza rumorosa è quella dei geek e dei superuser, che però a spanne non superano mai il 10% del totale del target).

Ma c’è di più: alcune funzionalità sono inutili e servono solo a giustificare qualche euro in più. Alcune invece sono anche dannose, e fanno pure incavolare chi le compra (o è forzato a tenersele). Perché incasinano l’interfaccia, disturbano il “job to be done” precedente che funzionava così bene e che eravamo così contenti di pagare.

C’è da dire che sulle aggiunte, gli add-on, qualcuno ci ha fatto fortuna, magari abbassando prima il prezzo “base”, poi rendendolo impossibile da attivare. Ryanair, sei tu: guadagni il 50% e più su tutto ciò che non è biglietto di viaggio. Ma hai ragione, chi ti ammazza, siamo costretti a usarti e così sia, non è questione di add-on strategy, ma di monopolio sul low-cost.

Ho voluto dunque creare una matrice a favore dei/delle giovani product manager quale io sono stato, per capire se introdurre un add-on e tenere conto dei disastri del passato.

[tono serioso on]

La logica richiede di:

  • identificare per ogni caso studio la soddisfazione d’uso finale o il fastidio apportato dall’introduzione (es. survey, NPS, recensioni, retention, engagement);
  • valutare oggettivamente la willingness to pay (ad esempio, dati di rinnovo, tasso di acquisto add-on, casi di protesta per il prezzo, churn post-aumento).

Poi si posiziona il singolo caso sul quadrante.

Contenuto dell’articolo

Per esempio:

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Non servono sempre dashboard futuristiche né ricerche complicatissime per capire dove finirà il nostro add-on. Per capire quanta insoddisfazione generi (l’"orrore") e dove sta la disponibilità reale dei clienti a tirare fuori la carta (“willing to pay”), a volte bastano poche mosse “artigianali”.

L’Orrore: come si cattura? Chiedete alla fine di un acquisto o di un’esperienza: “C’è qualcosa che ti ha infastidito? Cosa non rifaresti?”. Monitora i segnali rapidi: guarda le recensioni negative, le rinunce immediate agli add-on, i commenti arrabbiati sulle email o sui social. L’orrore si misura a caldo.

Willing to Pay: “per questo servizio, quanto saresti disposto a pagare?” Non credetegli. Conta solo chi paga l’upsell, chi lo rifiuta, chi abbandona il carrello ecc.

(In questo momento mi è venuto in mente il programma IoSi Plus Collection di Nexi che continuo a rifiutare – e mi fa imprecare ogni volta – da almeno dieci anni. Ma Substack non ha le tabelle, shame on you, e quindi non posso aggiornare la mia matrice.)

L’uso della matrice degli add-on è chiaro, mi pare: io comincerei a eliminare tutto quello che fa danno palese di immagine e soddisfazione, poi quello che nessuno compra. Perché non è mai nessuno, sarebbe troppo facile: la scelta è sempre tra rinunciare a quei pochi euro da pochi e la (in)soddisfazione non misurabile di tanti. Lì si vede la mano ferma, quella del marketing vero.


[Taglio], una volta ogni 15 giorni circa

[Taglio] è un format audio di meno di 30 minuti, in uscita due volte al mese, che combina rassegna di marketing, miei commenti fuori dal coro e formazione applicata per chi lavora in azienda. Il nome è un mantra personale: nel dubbio, taglio. Dopo un numero zero con articoli da Economist, HBR, BasicArts e Engage-Human Highway, è arrivato lunedì il secondo episodio (si parla di ristoranti vegani, di rebranding disastrosi, di traffico rubato dalla AI e di podcast video). Si ascolta qui.

Giorgio Marandola

Consulting and Training in Digital Marketing and Innovation. Design Thinking Professional. Investor. Founder of SEVRA STUDIO.

3 giorni

Fuori dal tech e da settori tech-driven, assistiamo inermi alla "nascita" del carpaccio di bresaola, che altro poi non è che bresaola, ma costa di più, nonostante la stagionatura ridotta.

Davide Lugli

Data decides.

1 settimana

L'immagine è orribilmente cinese, la vera innovazione (per me) è sempre e solo minimalista.

Humberto Alves Venturi

#educacaofinanceira #fe #co-cidadania #empreendedor

1 settimana

Bom dia, desejo uma boa 4ª feira e sucesso👍.

Simone Ridolfi

Communicating the ultimate AI for Mobility and Logistics

1 settimana

Un tempo il prezzo si giustificava con la qualità: materiali migliori, design più curato, durata nel tempo. Il classico esempio era il giubbino: “lo paghi di più, ma ti dura una vita”. È stato questo il motore del Made in Italy e la fortuna dei grandi brand, che oggi però vivono ancora di rendita sulla percezione costruita in passato. Oggi, invece, nulla sembra durare (non è percezione, tutti abbiamo oggetti di larga distribuzione pre-2000 che ancora funzionano), ma i prezzi restano alti, spesso più alti, in un mercato in cui, con la produzione cinese, trovi prodotti tecnologici a pochi euro. Paradossalmente, uno schermo che ti mostra la temperatura dell’ambiente costa meno di un cavo fatto con un diametro maggiore per resistere di più [ ? più domanda che affermazione]. Forse un giorno torneremo al marketing della qualità. Chissà. #MakeQualityGreatAgain

Daniele Croci

Marketing Manager @ Radicalbit | PhD | B2B & SaaS Marketing | AI & MLOps | Cultural Studies

1 settimana

Il fenomeno è particolarmente evidente nel settore automotive, dove si arriva al parossismo. Schermi touch che rendono difficile (e quindi pericoloso, se sei al volante) svolgere operazioni per cui un pulsante andava benissimo

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