Affermarsi: prendere un impegno con il proprio diritto di esistere, convinti che la propria vita non appartenga ad altri.
Gestire la vita brillantemente. Far funzionare le cose perfettamente. Ritrovare la motivazione pienamente. Raggiungere una produttivitá alacremente. Amare indiscutibilmente. Invecchiare leggermente. E poi, colpevolizzarsi ferocemente, se non si fa abbastanza. ...E' tutto un problema di avverbi!
Tra le risorse personali l’autostima occupa un posto centrale, soprattutto perché in grado di ridimensionare il frastuono e l'urgenza di quegli avverbi, consentendoci di proseguire nella vita a testa alta, sicuri delle proprie risorse e capaci di dialogare con i propri limiti.
La stima di noi stessi è legata alla rappresentazione interna che di noi abbiamo. Una buona autostima nasce da un'immagine interna positiva, come persona degna di valore, percezione filtrata attraverso le nostre credenze, le nostre mappe di riferimento, i nostri modelli educativi, i nostri valori, l'ambiente in cui abbiamo vissuto, le persone che abbiamo incontrato, le esperienze che abbiamo accumulato.
L'autostima si fonda su un processo percettivo, che si sviluppa nell'osservare i genitori e nell'ascoltarli, imitando i loro comportamenti, ponendoli al centro del proprio interesse e del proprio vissuto. Il bambino vive e sente proprio sia l'orgoglio che la delusione che i genitori vivono nei suoi confronti ed attraverso questi atteggiamenti lentamente costruisce l'immagine di sé. Tuttavia, è errato pensare che un passato deprivante possa incidere nella vita di una persona senza la possibilità di essere riparato. Le diverse esperienze della vita influiscono sulla immagine di sé e possono contribuire a risollevare una bassa autostima.
La possibilità di modificare una percezione negativa di se stessi dipende solo da sé. Se in passato, da bambini, qualcuno ha deciso chi e come dovevamo essere, etichettandoci in un certo modo, magari rimandandoci scarso valore, oggi, da adulti, possiamo ridecidere chi vogliamo essere, abbandonando antiche svalutazioni, rivalutando le nostre risorse, affidandoci alle nostre abilità, amando i nostri lati più peculiari, sanando antiche ferite, scusando i nostri presunti fallimenti, esperienze della vita, più che errori imperdonabili, che hanno contribuito alla nostra crescita personale.
Imparare a guardarsi con occhi amorevoli è possibile, forse non immediato, ma realizzabile. Imparare a trattarsi con dedizione è via maestra per coloro che sono stanchi di trascinarsi nella vita sentendosi un "meno", stanchi di guardare famelici alla vita altrui, stanchi di elemosinare un "bravo/brava".
Aprire un dialogo con i propri fantasmi interni. Creare un dialogo con quel vissuto di sofferenza, perché nel negarlo esso persiste, scavando solchi che diventano baratro. Per risorgere è necessario quel dialogo, scomodo, doloroso, fonte di paura, magari, ma primo necessario step. Nel dialogo con i propri vissuti di disvalore e sfiducia c'è riappropriazione, legittimazione, possibilità di trasformazione, possibilità di lasciare andare.
Prendersi in carico con coraggio, dedizione, volontá e amorevole gentilezza: rimettere a fuoco frammenti della propria storia, per dare un senso ai propri vissuti di fatica interiore; allargare i confini personali, per lenire quel senso di disvalore, cosí ingombrante; trasformare la confusione interiore e fare ordine dentro di sé, per aprirsi a nuovi percorsi di vita.
Affermarsi significa, allora, prendere un impegno con il proprio diritto di esistere, convinti che la propria vita non appartenga ad altri, seppure con gli altri sia necessario un confronto.
Ed è così che passare in rassegna il percorso di costruzione del proprio essere, del proprio modo di porsi, di sentirsi e di farsi sentire dal mondo diventa cammino interiore che attiva intuito, creatività e conduce all'indipendenza, alla flessibilità, alla capacità di gestire i cambiamenti, al desiderio di ammettere e correggere gli errori. Rischiare diviene una opzione possibile, occasione per vivere nuovi successi, per misurarsi con la paura dell'insuccesso, per crearsi nuove prospettive.
Splendori, atrocità sono destinati a non permanere, in fondo, perché la vita è avvolta nell'impermanenza, insegnano le filosofie orientali. Ed é l'Anima colei che invita a proseguire nel proprio cammino di crescita personale, insegna Jung. L'Anima sostiene il principio di rinascita, perché oltre le paure, i traumi, il bisogno di certezze, c'è impermanenza, c'è possibilità di cambiamento. E l'essere umano non é votato alla staticitá, ma al cambiamento.
Dice un maestro zen: «Gli studiosi della vita devono sapere che essa non sopporta negligenze. Quanto più saremo consapevoli, tante più opzioni di scelta avremo. Avere in mente un fine positivo significa, di solito, orientarsi verso scelte positive».