The Eye: un dialogo su moda e tessuti con Lucio Vanotti.
Per un mondo della moda più reale.

The Eye: un dialogo su moda e tessuti con Lucio Vanotti. Per un mondo della moda più reale.

Lucio Vanotti approda sulla piattaforma The Eye – Sogni e visioni tra stoffe e dintorni, come secondo ospite. Un nuovo appuntamento del progetto lanciato dal Lanificio F.lli Cerruti per creare un confronto e un momento di dialogo con designer e Fabric Maniac, così da dare nuovi punti di vista e prospettive sul mondo della moda e dei tessuti. Dopo la chiacchierata con Tiziano Guardini, eccomi di fronte a un altro talento della moda. Una bella occasione per confrontarsi e parlare di tessuti e di visioni.

Chi è, in breve, Lucio Vanotti? Bergamasco di origine, il suo percorso inizia al liceo artistico e poi dritto all’Istituto Marangoni. Lucio collabora con diversi studi di Milano fino al 2004, quando crea il suo primo marchio «February», attirando l’attenzione di alcuni compratori giapponesi. Nel 2012 inizia invece a produrre con il proprio brand, e da subito vende le sue collezioni non solo in Italia ma anche in Giappone, Corea e Cina. Nel 2016 ha l’onore di essere scelto da Re Giorgio come nuovo talento della fashion week maschile di gennaio e nel giugno dello stesso anno calca anche la passerella di Firenze, a Pitti Uomo, in un progetto («Pitti Italics») nato per valorizzare e far conoscere al mondo di critici e buyer internazionali le eccellenze sartoriali del nostro Paese. Poi nel 2019 apre a Milano la sua “Haus” e i suoi capi sono esposti a Firenze per la mostra “Romanzo breve di moda maschile”, che racconta i successi di Pitti Uomo dal 1989 al 2019, dove sono stati esposti anche dei capi del nostro Signor Nino.

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 Qual è stata la vera svolta nella sua carriera? L’occasione con Giorgio Armani ha segnato il suo percorso. Descrive la prima sfilata dentro all’Armani Teatro un evento “perfetto”. In quegli anni la sua linea creativa era già profondamente ispirata allo stile Armani, quindi tutto è quasi “magicamente sincronizzato”.

 Qual è il suo rapporto con i tessuti? “Feticista”; così lo descrive Lucio col sorriso sulle labbra. Sin da bambino ricorda benissimo quando era rimasto folgorato dall’esperienza col nonno in sartoria. Circondato da quei velluti a coste e da tutte quelle lane, aveva già intuito che in qualche modo la materia avrebbe segnato la sua vita. Il tessuto “va vissuto”, come dice Lucio, che ritiene sia imprescindibile un apprendimento anno dopo anno. Con la sua prima linea “February” aveva deciso, seguendo questa direzione, di affrontare una tipologia per ogni stagione: il primo era stato dedicato alle t-shirt, poi le felpe, giubbini tecnici e così via. Il processo di “alfabetizzazione tessile” è tutt’altro che veloce, servono tempo e pazienza, e soprattutto non si possono bruciare le tappe. Oggi nelle sue creazioni ama lavorare con materiali «che fanno parte della quotidianità della gente», come il cotone, la lana, il lino, tutti tessuti che hanno un rapporto intimo con il corpo e niente di artificiale. E spesso li declina in una tavolozza di colori naturali, il bianco, il nero, il blu navy e i colori terrosi.

“Il mio tessuto dei sogni? Una stoffa nera che porti alla bidimensionalità della forma. Che ci renda quasi un’ombra.”

 Quale sarà il “suo” tessuto del futuro? Bisogna distinguere fra futuro prossimo e futuro lontano. Lucio si immagina un futuro lontano senza materia, forse anche senza tessuto. Per quanto riguarda invece il futuro più vicino, forse il tessuto perfetto è già stato inventato. Guardando indietro agli ultimi cento anni, la vita dal punto di vista del costume non ha subito così tanti cambiamenti, quindi di fatto i grandi classici, i tessuti must-have sono già stati creati e forse la nostra missione è solo quella di tramandarli.

 Cosa significa, per lui, la parola sostenibilità? Per Lucio significa “poco ma bene”. Ridurre l’impatto ambientale delle produzioni è senza dubbio la direzione da seguire, ma il percorso parte proprio da noi quando acquistiamo. La via è quella di consumare meno e meglio. Usare fibre naturali può essere una soluzione, ma la caccia alle streghe contro le fibre artificiali è un atteggiamento insensato. Anche un poliestere può essere reinventato in modo intelligente. L’abbigliamento dovrebbe allontanarsi da quello che secondo Lucio è “il gioco della finanza fatto con i vestiti” e riavvicinarsi al prodotto, alla manifattura. Non è sufficiente creare campagne pubblicitarie milionarie per poi proporre prodotti mediocri, bisogna in qualche modo tornare alla realtà. Perché, in fondo, solo da un sano “feticismo” per il prodotto possono nascere le cose belle e durature. 

Trovi il video completo del dialogo con Lucio Vanotti sul canale IGTV del Lanificio F.lli Cerruti.

Siamo appena all’inizio del progetto The Eye; insieme al Lanificio F.lli Cerruti ho radunato un drappello di unici e splendidi Fabric Maniac, professionisti del settore e veri conoscitori dei tessuti con cui dialogherò nelle prossime settimane.


 

Giada Allocca

HR Director I Fashion, Luxury, Retail

5 anni

Bravo Simone!

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