Il gioco delle idee
Brainstorming, moodboard, mappe metaprogettuali, strumenti utili che tutti conosciamo, probabile eredità del periodo accademico che adesso rivanghiamo con nostalgia ripensando a tutte quelle birrette. Per quanto la linea di pensiero più attuale legata alla comunicazione visiva metta in campo la sovranità del processo a discapito dell'intuizione –ed è bello e giusto che sia così– se si lavora in agenzia il mito dell'idea creativa ancora vive. Lontano dal suggerire un metodo e rischiare così di sminuire la bellezza dell'intuizione pura, ecco qualche pillola priva di controindicazioni per tentare l'approccio a un'idea tutta nuova.
1 · Stiamo al gioco
Il gioco è centrale nelle prime fasi del progetto. Eppure l'unico modo di giocare previsto per un adulto è farlo attraverso la competizione. Il gioco fine a se stesso, libero da vincoli e obiettivi, oltre ad essere piacevole, lascia spazio a idee fuori dai nostri schemi. Il gioco crea gioia, vitale per il problem solving ma anche nelle relazioni personali e professionali. Lasciare spazio al gioco durante il brain storming permette al resto del team di esprimersi senza paura.
2 · Sharing is scaring
Se giocando arriviamo a formulare concetti non azzeccatissimi, stiamo sereni, nessuno ci giudica. Anche le idee meno compiute sono importanti, ce lo racconta ampiamente Tim Brown, boss di IDEO. Le idee monche servono a originare una serie consequenziale di pensieri ai quali altrimenti non avremmo avuto accesso. Concediamoci di abbandonare un attimo l'obiettivo, pensiamo liberi, qualcun altro verrà presto a ricordarci quali sono i KPI del cliente.
3 · Creiamo universi paralleli
Pare il sia segreto di Elon Musk, quello che lancia le cabrio elettriche su Marte e nel tempo libero produce lanciafiamme. Si chiama “learning transfer”, è la capacità di rubare nozioni da mondi a noi sconosciuti e riportarle in uno contesto famigliare. Individuare analogie e creare connessioni fra scenari diversi apre enormi ventagli creativi. È come viaggiare nel tempo, ma meno pericoloso. Ecco perchè si parla della fine degli specialisti e della nascita degli expert-generalist, nuova tendenza nella formazione dei profili professionali, figure in grado di gestire grandi quantità di informazioni di tipo diverso, trovare punti di contatto, individuare direzioni. (Ma questo è un altro discorso)
4 · Scaliamo la parete
Questa è semplice. Liberiamoci del digitale un secondo appena e troviamo uno spazio fisico per i nostri concetti, la parete principale della sala creativi sarà nostra amica e complice. L'esercizio può essere più astratto se lavoriamo con parole chiave oppure più pratico se lavoriamo con una selezione di reference visive. Fissiamo tutto al muro. Creiamo raggruppamenti. Cerchiamo possibili connessioni fra concetti e forme. Troviamo un nuovo ordine logico, nuovi insiemi. Ripartiamo da capo in un flusso a feedback continuo. Il punto è visualizzare subito i concetti, toccare le idee, trascinarle nel mondo fisico. Si usa all'interno di processi progettuali partecipativi e altamente reattivi, come il Design Sprint, di cui tral'altro loro sono dei master.
5 · Il terzo comodo
Mettiamo qualcuno fra noi e la nostra idea, il triangolo potrebbe essere divertente. Raccontare a una persona esterna la soluzione individuata in risposta al nostro brief ci richiede uno sforzo di razionalizzazione. Proviamo ad esprimere con senso compiuto il nostro groviglio di pensieri, una volta esposti ad alta voce potrebbero suonare meno geniali. Trasmettere con chiarezza un concetto a qualcun altro può renderlo più chiaro anche a noi di ritorno. Mi riferisco a quel momento del film in cui l'eroe riassume l'inestricabile situazione al suo aiutante e improssisamente viene baciato dall'intuizione, «eureka!», ora possiamo tirare un sospiro di sollievo.
6 · Credevamo fosse quella giusta
Un meticoloso lavoro di analisi lungo come questa ed altre vite ci ha portato a credere che la direzione fosse corretta, la soluzione chiara e unica. Salvo poi tentare di applicarla e scoprire inaspettatamente la formula fisica del buco nell'acqua. Trascorrere una giornata di scarico rigenera i pensieri, interrompe i loop. Il recupero è importante quanto l'esercizio.
7 · Non si tratta di noi
Tendiamo ad essere egoriferiti, immaginiamo che si parli sempre di noi e non è quasi mai così. Questo non ci rende brutte persone, ci meritiamo comunque un bel regalo a Natale, ma serve uno sforzo di lucidità. Quando si lavora per target molto specifici facciamo attenzione a non scivolare nella tentazione di sovrapporci al target stesso. Il nostro lavoro è dedicato ad altri, non si tratta di fare qualcosa per noi, non ci deve rispecchiare, non ci deve piacere per forza. Anzi, se non ci piace probabilmente funziona meglio.
8 · Cambiamo aria
Secondo lo stesso principio per il quale mettere in discussione i nostri riferimenti lascia spazio a nuove ipotesi, quindi nuove soluzioni, pensare in un ambiente diverso da quello quotidiano può smuovere le cose. Abitare uno spazio nuovo favorisce modalità diverse di espressione e interazione, la discussione è portata a muoversi con tempi, riferimenti, sensazioni, input diversi. L'ambiente plasma il pensiero, l'architettura riflette la mentalità. Più banalmente, guardarsi attorno e non trovare i soliti oggetti è probabile che non ci ricondurrà alle solite idee.
9 · Torniamo dentro il box
Per pensare out of the box dobbiamo prima di tutto individuare qual è il nostro perimetro, fisico, mentale, concettuale. Una volta trovato il pensiero fuori dal box non dimentichiamoci di portarlo dentro, valutiamone la compiutezza e l'applicabilità. Abbiamo tutti le stesse informazioni, trovare canali davvero nuovi è molto difficile, quindi dipende cosa riusciamo a generare di innovativo a partire dalla stessa base.
Out of the box non è necessariamente fuori da noi stessi, ma fuori dalle nostre abitudini.