Le ultime notizie dal mondo tech con i miei commenti - 03.06.2025
Apple continua a essere il vero colosso silenzioso del digitale. Solo nel 2024, l’ecosistema dell’App Store americano ha generato oltre 400 miliardi di dollari in vendite e pagamenti per gli sviluppatori. Triplicato rispetto al 2019. È un dato che spiega bene il motivo per cui ogni tentativo di regolamentare questi store trova resistenza: ci gira sopra mezzo PIL digitale. E infatti, proprio in Texas, è passata una nuova legge che obbliga Apple e Google a verificare l’età degli utenti che accedono agli app store. Tim Cook aveva provato a fermarla. Non ci è riuscito.
Nel frattempo, Meta ha annunciato di aver raggiunto un miliardo di utenti attivi al mese sulle sue funzioni di intelligenza artificiale. Un raddoppio netto in pochi mesi. Significa che queste tecnologie sono ormai parte della nostra vita quotidiana, anche quando non ce ne accorgiamo. L’AI è nel motore delle risposte rapide su WhatsApp, nei suggerimenti automatici su Facebook, nei contenuti generati per Instagram. E noi ci abituiamo, senza sapere bene cosa ci stiamo portando dietro.
X, l’ex Twitter, ha dovuto sospendere temporaneamente la crittografia dei messaggi privati. Una mossa che fa riflettere: in un’epoca in cui si parla ossessivamente di privacy e sicurezza, la piattaforma che dice di voler essere la più libera si trova a fare marcia indietro proprio su uno dei punti più sensibili. E non è un caso isolato: la corsa all’innovazione ha spesso il prezzo di una protezione che si allenta.
Telegram invece va nella direzione opposta, almeno dal punto di vista della potenza AI. Ha appena raggiunto un’intesa da 300 milioni di dollari con xAI, la startup di Elon Musk, per integrare il chatbot Grok direttamente nella piattaforma. Se l’accordo verrà confermato, più di un miliardo di persone potranno interagire con un’intelligenza artificiale direttamente in chat. Il risultato? Un altro pezzo della nostra comunicazione quotidiana sarà filtrato, modificato, suggerito o riscritto da un algoritmo.
Il New York Times, che fino a ieri era uno dei più forti oppositori dell’uso dei propri contenuti per addestrare modelli di AI, ha firmato un accordo con Amazon per concedere l’uso del proprio archivio editoriale. Articoli, ricette, sport. Tutto disponibile per allenare le intelligenze artificiali del colosso. È il primo accordo del genere per il Times. Ed è l’ennesimo segnale che la resistenza sta finendo. Anche chi difendeva i contenuti ora vuole monetizzarli.
I giganti cinesi della tecnologia stanno facendo scorte di chip Nvidia. Temono nuove restrizioni e vogliono assicurarsi di avere le risorse necessarie per far correre i propri modelli AI. È una corsa preventiva, ma molto concreta. Senza quei chip, i modelli rallentano, le performance crollano, l’innovazione si blocca. Per loro è una questione di sopravvivenza industriale.
Grammarly ha appena ottenuto un miliardo di dollari in finanziamenti da General Catalyst. Soldi destinati alle vendite e al marketing. Perché oggi non basta avere una buona tecnologia: bisogna saperla piazzare ovunque. E Grammarly, che una volta era solo un correttore grammaticale, adesso è diventata una piattaforma AI capace di scrivere, suggerire e persino creare toni di voce. La comunicazione è un business. E l’intelligenza artificiale lo sta riscrivendo da zero.
A dimostrare che la fusione tra tech e mobilità è sempre più concreta, Xiaomi ha presentato il suo nuovo SUV elettrico, il YU7, in 13 showroom di Pechino. È un diretto rivale del Tesla Model Y. E dimostra che il confine tra produttori di smartphone e produttori di auto si sta dissolvendo. I software sono diventati più importanti dei motori.
Poi c’è Tinder, che sta testando una nuova funzione per selezionare i match in base all’altezza. Solo per utenti Gold e Premium. Dietro una funzione apparentemente frivola si nasconde il vero cuore della questione: monetizzare ogni preferenza, ogni dettaglio personale, ogni desiderio. Il dating diventa algoritmo, e l’algoritmo diventa mercato.
Infine, dalla Texas rurale arriva una storia che sembra uscita da un futuro distopico. Alcuni residenti vicino alla Starbase, la sede dei lanci SpaceX di Elon Musk, hanno ricevuto notifiche secondo cui potrebbero perdere “il diritto a usare le loro proprietà”. Il motivo? Siamo in una zona di lancio. Dove gli interessi di una mega-azienda spaziale possono scavalcare quelli di chi ci vive. E dove il diritto di abitare viene dopo il diritto di decollare.
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3 mesil'ultima notizia è preoccupante, ora la proprietà privata passa in secondo ruolo rispetto agli interessi delle grandi aziende.