#MAGA e il #licenziamento dei manager over 50

#MAGA e il #licenziamento dei manager over 50

Negli oltre dieci anni in cui ho aiutato i manager a ricollocarsi dopo un “licenziamento”, le situazioni che mi hanno maggiormente coinvolto sono state quelle dei professionisti ancora perfettamente produttivi per competenze e motivazione  che venivano lasciati a casa (soprattutto dalle multinazionali) perché avevano superato i cinquant’anni.

Questa “politica” di tagli al personale di alto livello, che alcuni opinionisti hanno correttamente definito come “capitalismo estrattivo” delle risorse umane (cioè quel modello economico in cui il valore delle persone è sfruttato intensivamente e rapidamente, fino a esaurimento, senza preoccuparsi della loro sostenibilità professionale, emotiva o sociale), viene il più delle volte motivato da:

  • riduzione dei costi (gli stipendi di questi manager sono significativamente i più alti);
  • "svecchiamento" aziendale (si cerca un’immagine più giovane e flessibile):
  • transizione verso modelli più tech-oriented dove si cerca " sangue nuovo " con competenze digitali;
  • esternalizzazione e delocalizzazione in paesi dove il costo del lavoro è minore.

Le conseguenze di queste politiche, negli ultimi 10-15 anni, sono state:

  • piani di esodo incentivato (es. prepensionamenti mascherati);
  • riorganizzazioni aziendali dopo acquisizioni o fusioni;
  • sostituzione con figure più giovani o meno costose.

Per la gran parte dei manager licenziati per motivi anagrafici, la loro ricollocazione ha spesso significato l’accettazione di posizioni a più bassa retribuzione in aziende di minori dimensioni, oppure l’apertura di “partite Iva” per avviare collaborazioni da Temporary Manager o Fractional Manager, da consulente, ecc. e comunque quasi sempre con una significativa interruzione della loro brillante carriera manageriale.

Durante la campagna elettorale di Trump ci è stata presentata la logica sottostante alla sua politica (e retorica) MAGA, motivata da alcuni obiettivi strategici per l’economia americana:

  • protezione dei lavoratori americani, soprattutto dell’industria manifatturiera;
  • ritorno alla "gloria" economica americana del passato;
  • ostilità verso la globalizzazione e le multinazionali che "truffano" il lavoratore medio:
  • riduzione delle tasse e deregulation per favorire l’imprenditoria nazionale o investimenti esteri in territorio americano.

Noi europei in queste settimane siamo oggettivamente preoccupati dall’impatto dei “dazi” americani sulle nostre esportazioni (preoccupazione più che legittima), ma tra le due politiche (cioè quella delle multinazionali che stanno decimando la popolazione degli over 50 e quella MAGA di Trump) ci sono molti punti di contatto:

  • i dirigenti over 50 americani, improvvisamente esclusi e “scaricati” dal sistema produttivo, una volta fedeli al sistema corporativo e ai politici ‘centristi’, sviluppano un senso di rabbia, tradimento o sfiducia verso il mercato globale;
  • il messaggio MAGA parla proprio a questo tipo di sentimenti: “una certa America ti ha dimenticato, noi no”.

Anche se apparentemente il messaggio MAGA è più rivolto ai lavoratori manuali e agli operai, il disagio del manager americano licenziato (che ha votato Trump) ha molti punti in comune con il manager europeo, soprattutto con la sua sensazione che il proprio status, la propria sicurezza e la propria identità professionale siano stati distrutti dalla globalizzazione.

Possiamo quindi sintetizzare che il dirigente over 50 che perde il lavoro per "motivi finanziari" sia una vittima della stessa logica neoliberista alla base della protesta contenuta nella retorica MAGA. Pur essendo due mondi sociali diversi (classe operaia vs élite manageriale), entrambi condividono quel senso di perdita, insicurezza e disillusione che può portarli a cercare risposte anomale verso il sistema democratico occidentale, come la crescita dei populismi, l’abbandono della partecipazione al voto, la disaffezione al lavoro dei più giovani, ecc.

 Il licenziamento di un manager over 50 nei paesi europei, con la conseguente perdita  delle  sue competenze professionali per il sistema produttivo, è un aspetto da riconsiderare nelle politiche del lavoro anche in Europa, per evitare che questo fenomeno, apparentemente legato al solo mondo produttivo, possa impattare anche sugli equilibri socio-politici delle nostre democrazie.

 

 

Manlio Vendittelli

Architetto, ordinario di urbanistica, esperto in filosofia dei sistemi, pianificazione ecologica, economia circolare.

5 mesi

Molto interessante: una chiave di lettura acuta che permette di analizzare il mercato del lavoro come un unicum, anche se con le sue specificità.

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