Si può semplificare una mela?

Si può semplificare una mela?

Viviamo una vita frenetica, ricca di ogni tipo di informazione. Volendo, possiamo avere accesso a informazioni e nozioni in pochi secondi, a un livello di dettaglio e di varietà di argomenti impensabile fino a pochi decenni fa. Questo è meraviglioso, e offre enormi opportunità, ma le troppe informazioni, spesso, rischiano di essere deleterie, di distrarre, di creare un “caos cognitivo” in cui focalizzare le informazioni utili diventa complicato come cercare la luce di una candela in un capannone pieno di riflettori.

E allora, inevitabilmente, si semplifica, si cerca di togliere il superfluo, di avere solo il succo e niente fronzoli. La semplificazione è meravigliosa, permette di affrontare problematiche complesse suddividendole, è la chiave per destreggiarsi nel mare di stimoli, input e informazioni senza esserne travolti, ma è molto più difficile di quanto sembri, e spesso, per superficialità, si corre il rischio di togliere troppo, di esagerare nelle semplificazioni, pervasi da un abbaglio d’ego si pensa di non aver bisogno della maggior parte di un concetto, e si toglie troppo, tendendo a semplificare troppo, sminuendo il concetto stesso.

Se chi ti fornisce l’informazione è consapevole e professionale (oltre che in gamba) avrà già estrapolato tutto l’essenziale del concetto, per facilitarti la vita e darti solo cose utili. Se però non sei in grado di riconoscere che la semplificazione è già stata fatta, cerchi di togliere ancora, e a volte non è possibile senza alterare l’informazione stessa.

È come voler sbucciare pesantemente una mela già sbucciata: ti ritroverai con un torsolo di mela, che è spazzatura e non con una succosa e invitante mela, che è cibo.

Così ci si ritrova con capitani d’azienda che, dovendo fare i conti con le nuove metodologie e tecnologie che prepotentemente vanno a invadere anche il loro settore che credevano invece impermeabile a tutte queste cose a cui fino a ora non hanno dato peso, si informano e semplificano, semplificano, semplificano. Alla fine capiscono qualcosa che non è nemmeno l’ombra del concetto. E tocca sentire frasi come “Si, l’IoT alla fine è la sensoristica” oppure “Agile significa in pratica che io (capo) non dovrò più dirvi cosa fare, ma ognuno si gestisce e poi mi fa un rapporto”. Oppure, ancora, “l’IA è il machine learning, cioè tu fai vedere 100 volte le cose al computer e poi lui le ripete” e “La realtà aumentata è la realtà virtuale con il visore”. A sentire queste cose da chi ha il compito di guidare e ispirare altre persone, mi vengono i capelli bianchi. Non si tratta di mancanza di conoscenza o di incapacità tecnica, si tratta della presunzione che sia necessario buttare alle ortiche l’80% di quello che gli altri ti riportano, considerandolo automaticamente inutile, con risultati che vanno, però, dal ridicolo alla fake news.

C’è un incredibile bisogno di condividere certi concetti, certe conoscenze che inevitabilmente entreranno a far parte della vita, lavorativa e non, e per il bene di tutti. E di cercare di farlo nella forma che sia fruibile anche a chi non si è mai avvicinato a queste sfere di competenza. Continuerò a cercare di offrire mele a tutti, anche solo per missione, cercherò di offrirle già colte, al giusto grado di maturazione, lavate, magari anche sbucciate. Chi non tiene conto di questo lavoro preliminare, non sa gustare nemmeno la mela.

Stefano Pollini

Politiche del lavoro e formazione per disoccupati, occupati, imprese.

5 anni

"Se però non sei in grado di riconoscere che la semplificazione è già stata fatta, cerchi di togliere ancora, e a volte non è possibile senza alterare l’informazione stessa. È come voler sbucciare pesantemente una mela già sbucciata! " Bellissima immagine!

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