“SONO IN SMART WORKING. POSSIAMO SENTIRCI IN UN ALTRO MOMENTO?”
Non commento mai post a sfondo politico. Neppure commento quelli di sapore calcistico. È una regola che mi sono imposto sin da subito per evitare di finire “bannato” (ché questo mi accadrebbe se prendessi posizione, maledetta mancanza di rispetto per il mainstream...).
Sulla scia di questa scelta m’ero ripromesso di non accodarmi neppure alla selva di post, ormai a senso unico, tutti concentrati su questo malanno di stagione il cui (criminale) risalto politico e mediatico ha causato (e causerà) un immenso danno all’economia, alle imprese e alla libertà delle singole persone e delle famiglie.
Anche il Coronavirus è politica: anzi, è soprattutto politica (oltre che un immenso laboratorio psichiatrico). Ma stavolta proprio non resisto, devo fare un'eccezione. In particolare, mi spinge a scrivere l’esaltazione dello smart working (SW) che leggo ormai ad ogni piè sospinto sui giornali e nei post qui su LinkedIn, spesso opera di consulenti specializzati che, secondo me, hanno sbagliato strategia e non hanno capito il momento.
Il vostro “alleato” Coronavirus, mentre si diffonde e diffonde anche lo SW, sta affossando proprio quest’ultimo: più se ne fa adesso (e non è neppure SW, ma spesso solo un generale e banalissimo: “Tutti a casa!”), meno se ne farà domani, quando con la primavera i raffreddori passeranno (poveretti, però, quelli che avranno la rinite allergica: verranno fustigati in sala mensa ed additati come untori; strascichi della psicosi collettiva).
Lo SW “ai tempi del colera” (G. G. Màrquez) a me sembra, in molti casi, una “cagata pazzesca” (U. Fantozzi). Chi sta bene vada a lavorare, chi ha la febbre stia a casa (regola aurea, valida da sempre nelle aziende ed in qualunque stagione). La criminale psicosi causata da allarmismi inutili (o utili per altri fini) si combatte al posto di lavoro.
Macché: ecco allora i post di aziendone “supersmart” con “superbrand” che mostrano con orgoglio uffici vuoti (“smart-no-working”?) premessa indispensabile per vincere qualcuno dei tanti premi che, vedrete, saranno assegnati in futuro alle imprese che avranno potuto vantare il 100% dei dipendenti “in remoto” durante la sedicente pandemia (uffici che, sia detto per inciso, evidenziano dalle loro nitide fotografie un’impostazione ordinaria del lavoro del tutto tradizionale e non certo “smart”: anzi, direi fordista).
In questo desolante contesto, mi è piaciuta l’onestà intellettuale (sia pure involontaria) di un manager (un dirigente: si vergogni) che, chiamato da me al telefono per questioni di lavoro, mi ha risposto così, con il tono di voce di chi sia stato disturbato il 15 agosto sulla spiaggia: “Sono in smart working. Possiamo sentirci in un altro momento?”. Si sentiva in ferie, lui. Qui ci sarebbe stata bene una risposta alla Sergio Marchionne, con un suo: "In smart working da cosa?".
Del resto, non so voi, ma se prima ad un’email rispondevano in tempi ragionevoli, oggi passano giorni e giorni per poi ricevere risposte del tipo (e non da aziende in "zona rossa"): “Mi scusi se non le ho risposto prima, ma come sa siamo tutti in emergenza” (no, non lo so: il Coronavirus colpisce anche le dita? Infetta le tastiere? E’ forse anche un virus informatico che blocca i PC?...). Lo smart working non dovrebbe rendere possibile la continuità aziendale?
Persino le “call” sono a rischio: me n’è appena saltata una, fissata da giorni, perché: “Sa…qui siamo proprio tutti sottosopra” (una multinazionale…?!): eppure il virus mica si propaga via telefono, o no? Alle telefonate non si applica l’ultima trovata del pathology-marketing: il droplet. Si applicherà nelle riunioni vis-à-vis (dotarsi di stanza enorme, anche se si è solo in quattro o trovarsi direttamente nel piazzale aziendale come se fosse un’esercitazione anti-incendio).
Ovviamente ci sono tante aziende che, con serietà e lungimiranza, avendo adottato prassi di (vero) SW e da tempo (ossia, ante “pandemia”), hanno potuto rapidamente riorganizzarsi facendo fronte alla psicosi (anche se così pur sempre contribuendo, inevitabilmente ed involontariamente, ad alimentarla). Sono le aziende i cui lavoratori, ogni giorno - anche in questi giorni - tengono fede alla (ed onorano la) loro condizione: lavorano.
Ed altrettanto ovviamente non sono come quel “dirigente” tutti gli smart worker “comandati” dell’epoca attuale, ma il sospetto che qualche decina di migliaia di persone se la stia più o meno spassando in maniera “smart” e poco “working” io ce l’ho. Ho, però, anche una speranza: vuoi vedere che con tutto questo (spesso finto) smart working nasceranno più bambini? Sai com’è...
HR Tech Strategist | AI & Change Management
5 anniSemplicemente il “dirigente” magari stava facendo una lavatrice, bastava chiamarlo 10 minuti dopo anziché scomodare Marquez per sostenere, nel 2020, che non si possano mandare email anche dal divano di casa
Group CFO | HR | M&A - aiuto le aziende a rendere i propri servizi amministrativi più efficienti anche nel cambiamento
5 anniLa mia azienda adotta da anni lo smartworking. In queste settimane si fanno meno riunioni de visu, quindi più lavoro a distanza , ma cooperazione e progetti stanno andando avanti spediti. Non siamo in vacanza...
Experienced Sales and Business Development manager in the Automotive and Material Manufacturing industries by global organizations.
5 anniAnche io mi ero imposto di non commentare, per cui mi limito ad un detto popolare: "Una rondine non fa primavera".
Change Management & Behavioral Science Advisor | Keynote Speaker on Decision Making & Future Thinking | Adjunct Professor | GAABS Member | Airplane Pilot for fun
5 anniEcco. L'atteggiamento paternalistico di invertire l'onere della prova rispetto a quella che possiamo definire "fiduciabilità" delle persone (ossia la dignità di fiducia) è esattamente ciò che sta alla base della resistenza allo smart working in Italia. Una cultura antimanageriale da estirpare brutalmente il prima possibile. Da professionista (dipendente!) che lavora smart 7/7 in una realtà organizzativa che implementa il VERO smart working e da consulente che supporta grandi aziende a implementarlo con successo al proprio interno posso confermare che l'unico, vero problema non sono "le persone che se la spassano", bensì la convinzione dei vari capetti "che in SW le persone se la spassino". "Tratta le tue persone come bambini e otterrai dei bambini. Trattale come adulti e otterrai degli adulti."
Coach ICF | Team & Group coach | Trainer | Team Leader | HR | EQ Assessor per l'Intelligenza Emotiva
5 anniCredo sia la Realtà a smentire o confermare l'efficacia dello SW e se applicabile o no in alcuni contesti. Dalle esperienze di questo post si evince che sia stato positivo. La mia domanda è: se il Coronavirus fosse stato semplicemente una spinta o un accelleratore al cambiamento causato da un'emergenza più o meno giustificata? 🤔