5 cose che ho imparato scrivendo una newsletter per un anno
Il 17 aprile di un anno fa, in pieno lockdown, decidevo di dare un calcio al mio perenne procrastinare e lanciavo quella che sarebbe diventata la mia fedele compagna degli ultimi 12 mesi: una personal newsletter. La scelta era ricaduta su questo strumento per molti ancora abbastanza inconsueto, ma che stava prendendo sempre più piede. Oggi la situazione è abbastanza cambiata e, come ha ben scritto Pietro Minto nella sua "Link Molto Belli", le newsletter ora altro non sono che "gli ex brutti anatroccoli del Content diventati cigni strafighi che fanno le penne in motorino." Solo che io un anno fa ancora non lo sapevo. Quello che mi era chiaro però era che scrivere un blog, come mi avevano consigliato per anni gli amici, non faceva per me.
Ho trascorso così diversi giorni a studiare i vari mailer a disposizione, capirne i pro e i contro, ipotizzare un logo adatto al progetto, costruire la struttura fondante della newsletter e, infine, a capire se ero davvero pronta a lanciarmi in una simile avventura. La risposta è stata semplice quanto chiara: no. Ero convinta che sarebbe stato un flop annunciato, data soprattutto la natura stessa della personal newsletter che ruota esclusivamente intorno alla voce e alla sensibilità unica della persona che la scrive e nella quale deve ritrovarsi a sua volta il lettore. Allo stesso tempo però, volevo dare una chance a It's Friday I'm (not) in Love, il format tra l'ironico e il serio che avevo lanciato cinque anni fa sul mio profilo Facebook ad uso e consumo esclusivo dei miei amici, in cui raccontavo di questa mia generazione di trentenni precari anche e soprattutto dal punto di vista sentimentale.
Mi frenava il fatto di essere una signora nessuno (lo sono ancora oggi sia chiaro) che non aveva alcun titolo per avere un canale di comunicazione di questo tipo che, al contrario, ho sempre associato a professionisti più o meno noti e autorevoli nel loro campo. Ma soprattutto temevo di non avere davvero nulla di troppo interessante da scrivere. Per di più ogni venerdì. Alla fine mi sono lanciata, dandomi una deadline: un anno. Un anno per vedere se davvero sarei stata capace di portare avanti un simile impegno in modo soddisfacente. Oggi non solo sono contenta della scelta fatta, ma sono stati diversi gli insegnamenti che ho tratto da questo primo anno come editor di una newsletter:
- Dedizione costante "no matter what": ogni venerdì per 12 mesi, ad eccezione di due settimane di pausa ad agosto, ho regolarmente scritto il mio issue settimanale, per un totale di 50 uscite. Non lo nego, ci sono stati giorni di profondo sconforto e pigrizia, perché credevo davvero di non avere nulla di interessante da scrivere. Chiaramente in piena pandemia una newsletter che racconta soprattutto di relazioni, dell'essere single, di società e di cultura a 360° non trova spesso argomenti nuovi dei quali poter discutere. Ma alla fine le parole sono comunque sempre arrivate a destinazione
- Attenzione alla content curation: ogni issue della newsletter si compone anche di una sezione in cui consiglio i long-form e gli articoli della settimana da non perdere. La maggior parte sono soprattutto in inglese, mia "prima lingua" quando si tratta di leggere la stampa e i magazine online. Questo ha comportato un doppio sforzo: trovare non solo articoli sempre interessanti e differenti, quanto invogliare il lettore a ritagliarsi del tempo per leggere spesso in una lingua straniera. Questa scelta editoriale mi ha quindi insegnato quanto il lavoro di content curation sia dunque nevralgico per la buona riuscita di una newsletter. Bisogna allenare l'occhio al dettaglio, mantenere una certa attenzione e sensibilità verso i temi di attualità e infine avere voglia di rischiare, inserendo anche pezzi di nicchia sia per argomento, per testata che per taglio editoriale. Spesso sono stati proprio quest'ultimi a regalarmi le maggiori soddisfazioni in termini di "click" e di interazione con i lettori
- Essere onesti, sempre: una personal newsletter presuppone un patto con il lettore che si basa, come ogni relazione, sull'onestà. Quando ho deciso di raccontarmi senza filtri, sapevo che dovevo mettere sul piatto tutto, altrimenti un simile progetto sarebbe stato non solo falso ma anche inutile. Per me e per chi, dandomi fiducia, si era iscritto. È stato spesso difficile mantenere un così alto grado di trasparenza, ma allo stesso tempo è stato forse l'aspetto maggiormente apprezzato dai lettori. In questi 12 mesi ho ricevuto diversi messaggi da persone che mi hanno ringraziato per aver dato voce ai loro pensieri, per aver messo nero su bianco tante riflessioni che spesso fanno paura (soprattutto in una società che ci spinge così tanto a rincorrere la perfezione personale e professionale) e per essersi sentiti un po' meno soli in queste giornate forzatamente solitarie. Sono state proprio queste parole a convincermi che la scelta editoriale del #nofilter sia stata quella più giusta. Almeno per me
- Non avere aspettative (o mantenerle molto basse): a differenza delle newsletter tematiche, utili fonti di approfondimento per il proprio lavoro, che aumentano in termini di iscritti in modo abbastanza rapido, quelle personali sono per loro stessa natura più complicate da far crescere. Perché? Come detto inizialmente sono progetti totalmente incentrati sull'autore e non direttamente sul lettore. Di conseguenza sono spesso le più difficili da rendere quanto più ampiamente rilevanti per un pubblico che vada al di là dei propri amici e conoscenti. Va da sé quindi, che la dimensione della propria audience è determinante per la crescita della newsletter, ed è uno dei motivi per i quali ero inizialmente scettica sul lanciarmi in un simile progetto non essendo né una firma nota del giornalismo e del web, né una rampante Founder di qualcosa, né un'influencer capace di convertire i suoi migliaia di follower in iscritti. Questo però mi ha portato allo stesso tempo ad apprezzare maggiormente ogni piccolo obiettivo raggiunto e ogni nuovo iscritto arrivato in modo totalmente spontaneo, magari su consiglio di una persona già iscritta (a mio avviso il passaparola rimane lo strumento più incisivo per crescere e per creare un pubblico realmente interessato)
- Aver cura del tempo (altrui): bisogna tenere a mente che esiste una profonda differenza tra il rapporto che si instaura ad esempio con un follower e quello con un iscritto alla newsletter. Nel primo caso si interagisce sulla stessa piattaforma condividendo contenuti rapidi e veloci e dove il tempo da dedicare agli stessi è anche abbastanza contenuto. Allo stesso modo l'immediatezza dei social consente di stabilire un legame con la propria audience in tempi molto rapidi, spesso catturando l'attenzione con una manciata di stories e post. Al contrario la newsletter presuppone da parte del lettore una soglia di attenzione più alta, così come di una quantità di tempo maggiore. Ho imparato che una newsletter deve saper entrare in punta di piedi nella vita digital e non del lettore, ma allo stesso tempo deve avere una forza incisiva tale da convincerlo a darti una chance di apertura e lettura ogni settimana. È una sorta di caccia alla sua attenzione che non finisce mai perché, complici i vari impegni personali, spesso è un attimo che la newsletter viene "dimenticata" anche a distanza di diversi giorni dall'invio. Bisogna quindi avere cura del tempo che ci viene dato quando qualcuno decide, non solo di iscriversi, quanto di leggere con assiduità la nostra newsletter. Invogliandolo ogni volta, come se fosse la prima, a seguirci.
Ps. se il venerdì hai voglia di sentirti un po' meno Robert Smith qui puoi leggere le ultime uscite di It's Friday I'm (not) in love e iscriverti alla newsletter.
Knowledge Manager at Glovo
4 anniCome già ti scrissi tempo fa, complimenti per il coraggio e grazie per l'impegno che metti ogni settimana nel trovare contenuti nuovi e stimolanti, mai banali. In un anno di isolamento, la lettura del venerdì sera l'ho sempre vissuta come un bel momento di condivisione!
Expansion Manager presso iubenda - part of team.blue
4 anniIl mio appuntamento fisso del venerdì notte! Sembra ieri che leggevo la prima newsletter e invece è già passato un anno!
Data Humanist • Insight Researcher • Cultural Strategist • Trend Forecaster • Futurist
4 anni❤️
Journalist | Head of Content | Media Specialist • Food & Beverage + Mediterraneo = Racconto "nel bere e nel mare"
4 anniÈ sempre un piacere leggerti! Quindi, avanti così! 😉 E grazie di cuore per avermi inserito in quest'elenco di "maestri" delle newsletter 🙏
Marketing & Communications Lead, giornalista e autrice
4 anniora mi iscrivo