... e il cervello ti-tic ti-tic
Painting Alessia Magarini Montenero

... e il cervello ti-tic ti-tic

E il cervello ti-tic ti-tic... chi non ricorda il volto confortante dell'intelligenza di Gaber che dava voce ai pensieri che ci ingombrano la mente? Come mi piacerebbe sentirgli raccontare i nostri tempi: i social, i problemi mu s colo - scheletrici legati alla vita piegata sullo smartphone , non so... le monete virtuali, le sovranità nazionali come un ricordo scritto nei libri. 

Inevitabile quanto inutile rimpiangerlo, ma per sentirlo un po' più vivo lo cito parlando del ti-tic del cervello. Noi coach ci lavoriamo spesso. Secondo alcune discipline si chiama "dialogo interno", altrimenti voce interiore, grillo parlante o semplicemente pensieri. Non è importante ora dare un nome al fenomeno , ma di certo vale la pena soffermarsi sulla sua funzione. È come una v e cchia amica, questa mente, che parla parla parla, un'amica logorroica nella maggior parte dei casi, che non lascia repliche e che schiaccia ogni tentativo di confronto con i suoi monologhi. Sì, si scrive "dialogo interno", ma spesso si legge "monologo". A volte è critica, senza speranza, negativa fino a toglierti il respiro; altre volte gioiosa, frizzante, entusiasta, vede la poesia in ogni cosa, si innamora.

I compagni più fedeli, i pensieri avvinti come l’edera alla nostra esistenza vengono appresi anticamente. A volte, se stiamo attenti, possiamo anche accorgerci che non è neanche nostra la voce che sentiamo dentro di noi, quanto piuttosto di qualche persona cara o sicuramente di riferimento per la nostra crescita. Per esempio dentro di me ho la voce di mia zia che, nella sua serafica visione della vita, mi dice “sopra le nuvole c’è sempre il sole”. Una mia coachee (cliente in un percorso di coaching), dopo aver raggiunto un risultato incredibile avendo dato l’anima, commentava “ho solo fatto il mio dovere”, e se avesse potuto avrebbe riesumato suo padre per sentirlo dire direttamente dalla sua viva voce. Il dialogo interno svela gli imprinting che abbiamo ricevuto in momenti chiave nella nostra vita, quando avevamo bisogno di dare un nome ed un colore netto a tutto per orientarci nel mondo. A volte, però, quel colore ci entrava così dentro da imbrattarci l’anima. Ora che siamo adulti chiamiamo questi imprinting “convinzioni”. Talvolta sono potenzianti, altre volte meno. A volte consapevoli, altre volte meno. La bella notizia è che in molti casi è possibile fare un re-imprinting del pensiero, scegliendo consapevolmente convinzioni e visioni del mondo più ricche e che ci diano maggiori possibilità di scelta.

Per chi a questo risponde “ma la verità è che le cose stanno così. È oggettivo” beh… ehm… vabbè…in questo caso… “com’è il tempo lì da te? Lo guardi Sanremo stasera? Io ci provo, poi se mi annoia cambio…”

Come sistemi complessi al nostro interno abbiamo tante forze, spesso in contrapposizione tra loro, come fossero parti di noi con istanze, desideri e caratteristiche autonome. In coaching si impara ad instaurare un vero dialogo tra le parti e quel monologo, frutto di una momentanea prevaricazione di una parte sull’altra, perde la sua forza assolutistica. Perché la prevaricazione del pensiero depotenziante (“non sarò mai all’altezza”) non funziona tanto quanto la dittatura del pensiero positivo (“sono in pace, sono calmo, tutto va per il meglio”)… certo, dovendo scegliere tra le due… la seconda aiuta di più, almeno nel breve periodo. Lungi da me, quindi, proporre una selezione delle voci interiori! Non propongo né lavoro ad una censura del negativo per esaltare il positivo. Tutto quello che ci diciamo, sia anche doloroso, impietoso ha un suo senso e serve a qualcosa. E quindi: come soddisfare quel qualcosa in un modo più funzionale e benefico? Per fare un esempio: il passaggio da “vorrei, ma” a “voglio e quindi” può essere fatto in modo efficace e duraturo solo ascoltando i timori e le convinzioni che si nascondono in quel condizionale e nel suo sposo, il “ma”.

Dunque! Se le facessimo parlare queste parti interne? Se imparassimo dalle istanze di ciascuna per trovare strade nuove, modi nuovi ed integrati di approcciarsi a noi stessi, prima ancora che al mondo? Questo è un lavoro essenziale nel coaching. E come è emozionante vedere il coachee che, dopo qualche sessione, si interrompe parlando per sorridere consapevole e benevolo verso se stesso. Ormai riconosce i propri dialoghi interni e “ristruttura” autonomamente le voci ed il pensiero per procedere con più slancio. Sono quelli i momenti in cui devo trattenere le lacrime della commozione. 

Serenella Panaro

PCC Business & Career Transition Coach | Somatic Coach ICF | Career & Business Sustainability Mentor | Embodied Leadership Developer | Career Positioning & Professional Brand |CV & LinkedIn Consultant

5 anni

Quello che descrivi Benedetta è sì commovente. E' ciò che il coaching fa accadere dentro di noi. Una presa di consapevolezza e di benevolenza con tutte le parti di noi. Esseri complessi e bellissimi come siamo. Grazie del tuo stimolo di riflessione.

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