Essere o non essere, ovvero subappalto o fornitura con posa nel nuovo Codice dei Contratti: chi ha ragione?

Essere o non essere, ovvero subappalto o fornitura con posa nel nuovo Codice dei Contratti: chi ha ragione?

Chi ha ragione tra stazione appaltante e impresa nel voler/non voler equiparare al subappalto una fornitura con posa superiore al 2% ma inferiore a 100.000€ ai sensi dell'art. 105 del D.lgs. 50/2016?

Subappalto, contratti di fornitura con posa in opera, noli a caldo, limiti del 2% o dei 100mila euro…tutti coloro che si occupano di appalti pubblici di lavori, almeno una volta, hanno sofferto di emicrania a causa loro.

L’esperienza mi ha mostrato che alcuni – quelli dotati di più perseveranza – alla fine e non senza fatica sono riusciti a venirne a capo comprendendone significato e differenze e riuscendo così a risolvere i casi pratici che di volta in volta si presentano.

Altri, i più, hanno rinunciato ad una vera e propria comprensione e fatto atto di fede, salvo essere ciclicamente assaliti dal dubbio nel momento della prova come capita a tutti i credenti. Come dargli torto? Ognuno aveva elaborato la propria personale strategia di sopravvivenza nell’intricata selva della normativa dei lavori pubblici e, in particolare, dell’art. 118 del D.lgs. 163/2006 al quale si era perlomeno abituato, per quanto complicato fosse.

Ma nulla dura per sempre: il “163” è stato sostituito dal “50”, “il nuovo” ha rimpiazzato “il vecchio” e “il 105” ha preso il posto del “118” (nome che, per scherzo del destino, meglio si addiceva) provocando mancamenti e balzi sulla sedia per la riduzione della quota massima subappaltabile, ma anche nuovi grandi mal di testa a tutti gli uomini di buona volontà.

Questi infatti si trovano alle prese con la nuova, ancor più sibillina formulazione contenuta al comma 2 dell’art. 105 che recita: “(…) Per gli appalti di lavori non costituiscono comunque subappalto le forniture senza prestazione di manodopera, le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale non sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare (…)”.

La nuova norma pone, in alcuni casi pratici, problemi interpretativi ben maggiori rispetto al passato con i quali sono stato chiamato a confrontarmi ed illustro di seguito.

In particolare: chi ha ragione tra stazione appaltante e impresa nel voler/non voler equiparare al subappalto una fornitura con posa superiore al 2% ma inferiore a 100.000€?

Per rispondere, analizziamo la formulazione del comma 2 dell’art. 105. Che dire in primo luogo?

Innanzitutto che la frase è stata “rovesciata”, cosicché laddove nel vecchio codice un contratto di fornitura con posa in opera veniva trattato come subappalto solo al verificarsi di alcune condizioni, oggi un contratto di fornitura con posa viene sempre considerato subappalto “a meno che”. Una sorta di inversione dell’onere della prova dai riflessi esilaranti per cui, appunto, “non costituiscono comunque subappalto le forniture senza prestazione di manodopera”: vorrei anche vedere!

In secondo luogo si nota che vengono riproposte le due condizioni già contenute nel vecchio art. 118 riguardanti il valore economico del contratto di fornitura con posa/nolo a caldo (anche in questo caso espresso sia in forma percentuale che assoluta) e l’incidenza, su questo, del costo della manodopera. Solo che, come detto, se in precedenza si giocava al “facciamo che una mela è una pera se…”, oggi si gioca al “facciamo che una mela è sempre una pera a meno che…”.

Quali casi si possono verificare nella pratica?

Il più semplice è quello rappresentato da un contratto di fornitura con posa (o nolo a caldo) di valore sia inferiore al 2% che ai 100.000€. In questo caso, qualora il valore della manodopera stia sotto il 50% la fornitura con posa continua ad essere considerata tale e non viene assimilata al subappalto. Qualora invece l’incidenza del costo della manodopera superi il 50% la fornitura con posa viene equiparata al subappalto.  

Altro caso di semplice risoluzione è quello in cui l’importo del contratto di fornitura con posa è superiore al 2% e superiore a 100.000€: non venendo rispettata già la prima delle due condizioni per sfuggire all’equiparazione (quella relativa all’importo del contratto), indipendentemente dalla rilevanza della manodopera, la fornitura con posa viene trattata come subappalto.

Come detto, cosa succede però nel caso in cui il contratto di fornitura con posa superi il 2% rimanendo però al di sotto dei 100.000€ o, viceversa, sia inferiore al 2% ma superi i 100mila euro?

La formulazione letterale della norma (“(…) non sono subappalto le forniture con posa in opera se singolarmente di importo inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro (…)”), con l’utilizzo del connettore logico “o” porta a concludere che una fornitura sfugga all’equiparazione al subappalto al realizzarsi solo di una delle due citate condizioni relative al valore economico del contratto, o quella relativa al 2% o quella relativa ai 100.000€. Ne deriverebbe dunque che una fornitura con posa di importo superiore al 2% ma inferiore ai 100.000€ non debba essere equiparata al subappalto (sempre che venga soddisfatta anche la condizione riguardante la manodopera). Analogamente, non dovrebbe essere equiparata una fornitura di importo inferiore al 2% ma superiore ai 100.000€.

Possiamo esserne assolutamente certi?

Per rispondere alla domanda è utile ripartire dall’inizio, dall’art. 118, c. 11 del D.lgs. 163/2006 e s.m.i. che recitava “Ai fini del presente articolo è considerato subappalto qualsiasi contratto avete ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2% dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per centro dell’importo del contratto da affidare. (…)”.

L’idea di fondo del legislatore, quella volta, era traducibile più o meno in questi termini: “So benissimo la differenza che passa tra un contratto di compravendita, un contratto di appalto e un contratto di fornitura con posa in opera ma nella disciplina dei lavori pubblici voglio trattare come i subappalti anche le forniture con posa in opera. Ma non tutte: solo quelle il cui importo è superiore al 2% o a 100.000€ e se il costo della manodopera supera il 50% dell’importo del contratto”.

Cosa si faceva allora in pratica?

Primo, si doveva classificare adeguatamente il contratto come contratto di subappalto o come contratto di fornitura con posa in opera analizzandone la natura e la volontà delle parti (senza alcun riguardo all’importo del contratto) e già qui se ne vedevano di tutti i colori.

Una volta che il contratto era stato classificato come fornitura con posa in opera verificarne l’importo alla luce dell’importo del contratto principale. Gli esiti potevano essere diversi e, come mostrato in tabella, in 3 delle 8 combinazioni possibili la fornitura veniva equiparata al subappalto mentre nei restanti casi ciò non accadeva.

In particolare, se risultava che il contratto di fornitura con posa in opera era superiore al 2% del valore del contratto di appalto, indipendentemente dal suo ammontare, risultando soddisfatta la prima delle due condizioni bisognava andare a vedere la seconda e qualora l’incidenza del costo della manodopera sul valore del contratto di fornitura con posa fosse stato superiore al 50% allora la fornitura con posa doveva essere trattata come subappalto. In caso contrario, no.

Invece, se risultava che il contratto di fornitura con posa in opera (o di nolo a caldo) era inferiore al 2% del valore del contratto di appaltoallora bisognava andare a considerarne l’importo (e qui è il punto cruciale): se oltre ad essere inferiore al 2% era anche inferiore a 100.000€ allora senza nemmeno verificare l’incidenza del costo della manodopera sfuggiva all’equiparazione con il subappalto; se inferiore al 2% era però superiore a 100.000€ ecco che doveva verificarsi l’ammontare della manodopera e, a seconda dell’esito di tale ulteriore verifica, scattava o meno il regime del subappalto.

La motivazione che ha indotto il legislatore ad introdurre la doppia condizione, percentuale ed assoluta, relativa all’importo del contratto è evidente: si trattava di impedire che nei casi di contratti di appalto di importo estremamente rilevante per i quali il 2% poteva rappresentare un valore anche assai elevato, contratti di fornitura e posa di importo significativo sfuggissero all’ “equiparazione” al subappalto. In un contratto da 20 milioni di euro, infatti, il 2% è pari a 400.000€ e senza il tetto dei 100.000€ una fornitura con posa, ad esempio di 300.000€, non sarebbe stata assimilata al subappalto. L’introduzione di un limite assoluto serviva dunque ad assicurare che forniture con posa di importo minimo in termini relativi sull’importo del contratto principale, ma importanti in valore assoluto, venissero comunque assoggettate al regime del subappalto.

In altri termini, la condizione dei 100mila euro non era dunque alternativa a quella del 2% quanto piuttosto successiva e rafforzativa di quest’ultima.

Da qui bisogna partire per risolvere l’interpretazione della norma vigente oggi.

Se ci fermassimo al dato letterale, come detto, questo porterebbe ad escludere di dover equiparare al subappalto una fornitura con posa di valore inferiore al 2% ma superiore ai 100.000€. Tuttavia, ciò implicherebbe che in appalti di dimensioni rilevanti, per i quali il 2% equivale ad una cifra importante, forniture con posa in opera di significato modesto in termini percentuali ma rilevanti in termini assoluti sfuggano all’equiparazione. Ma questo, per le ragioni esposte, non appare coerente con la reale volontà del legislatore che non può dirsi mutata, da questo punto di vista, nel D.lgs. 50/2016 rispetto al D.lgs. 163/2006, anzi.

Dunque, non resta che concludere che forniture con posa in opera di importo inferiore al 2% ma superiore a 100.000€, indipendentemente dall’importo della manodopera, vadano equiparate al subappalto.

Ad analoga conclusione si giunge per quelle di importo superiore al 2% ma inferiore ai 100.000 euro in virtù di quanto in precedenza affermato relativamente alla “prevalenza” della condizione espressa in termini percentuali rispetto a quella espressa in termini assoluti: non appena la condizione del 2% si realizza, quella dei 100.000€ decade.

L’esito è quello riportato in tabella: solo in 1 caso su 8 una fornitura con posa in opera non viene equiparata al subappalto, mentre in tutti gli altri casi viene trattata alla stregua di questo.

A conti fatti, dunque, il D.Lgs. 50/2016 non solo ha ridotto la quota parte subappaltabile di un’opera al 30% dell’importo complessivo dei lavori affidati, ma riconduce all’interno di questa un numero molto più elevato di subcontratti di natura diversa.

Limitazioni così stringenti confermano una volta di più la demonizzazione cui l’istituto del subappalto è sottoposto dal legislatore italiano in aperto contrasto con il quadro regolatorio comunitario ma soprattutto, sono assolutamente avulse dalla realtà – ivi comprese quelle distorsioni della stessa alle quali la norma pure vorrebbe porre rimedio - e complicano a dismisura la fase esecutiva delle opere, non contribuendo in alcun modo ad accrescerne la qualità.

Che poi, a conti, fatti, dovrebbe essere l’interesse primario.

Niko Sarris

Ideator of hybrid grass systems for intensive and safe play, reduced maintenace and positive environmental impact!

6 anni

La questione più complessa non è il calcolo dei valori che basterebbe il buon senso per capire se sussistono entrambe le condizioni (>2% o > 100mila e >50% di manodopera) si tratta di subappalto ma, l’abuso sulla definizione del termine “fornitura in opera” perché in realtà si tratta di subappalti illeciti nella maggior parte dei casi! Si può parlare di fornitura quando il bene è prefinito e la manodopera è di bassa rilevanza e serve solo a posarlo così come un serramento, un ponteggio, un armadio o un tavolo. Non lo sono invece i cavi elettrici, i quadri, l’erba sintetica, le piastrelle, i pavimenti in legno etc. che, di fatto, si trasformano in qualcosa altro con la posa in opera la quale diventa rilevante alla loro trasformazione, quindi si devono qualificare come lavori soggetti a subappalto. Ad esempio, i cavi ed i quadri elettrici faranno parte di un impianto; le piastrelle e l’erba sintetica sono integrate con altri materiali e manodopera specializzata per formare qualcosa di diverso, cioè un pavimento che ha una funzione diversa quindi diventano un bene diverso, mente il serramento o il ponteggio non muta la sua funzione! Perciò, prima si verifica a cosa serve un certo “bene” fornito e poi si può parlare se supera i limiti.

Gaetano Napoletano

Direttore tecnico di cantiere presso Gipa Costruzioni S.r.l

7 anni

Solo che all articolo 106 vi è attualmente una modifica che lo riporta al 118 del 163. Ovvero per essere subappalto devono verificarsi entrambe le condizioni, ovvero superiore al 2% o 100.000€ e incidenza della manodopera superiore al 50%

Francesca Di Liberti

Dirigente tecnico presso USR Friuli Venezia Giulia

8 anni

Purtroppo il Decreto Legislativo 50/16 ha fatto venire il mal di testa e anche il bruciore allo stomaco per appalti molto semplici. Si parla di semplificazione, ma in realtà possiamo affermare che "gli appalti non finiscono mai". Io gestisco un'istituzione scolastica. Tra manifestazioni di interesse, stand still vari, l'anno in corso è già passato...

Laura Gatto

Master Certified Coach e Terapeuta Olistico-Libero professionista

8 anni

Contenuto circostanziato, tecnico, pulito, ben scritto.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate