L'impotenza
Molti di noi si sono trovati in varie tappe della propria vita a fare i conti con l’impotenza. Per impotenza intendo la comprensione del fatto che quello che vorremmo con tutto il cuore non si può avverare perché esiste un vincolo rilevante: non fa molta differenza che il vincolo sia di natura lavorativa, familiare, di salute, economico. Professionalmente mi trovo sempre più spesso a considerare situazioni dove la visione di sé idealizzata si scontra contro la dura realtà. E’ spietato, cinico, a volte traumatico il confronto con la realtà.
Alcune situazioni ci fanno sentire molto male, vorremmo poter comunicare al mondo che siamo dei professionisti eccellenti ma siamo forse soltanto uno dei tanti, vorremmo crescere di un gradino, avere una promozione, un aumento di stipendio ma l’azienda è in crisi; vorremmo avere del tempo per noi ma abbiamo dei genitori anziani da accudire, o dei figli piccoli a cui badare, sentiamo la mancanza di quei 30 anni spensierati, molti amici li abbiamo persi per strada.
Vorremmo che il nostro corpo non portasse i segni del tempo, che quella malattia non ci fosse mai stata, vorremmo essere sempre su di una parabola ascendente.
Vorremmo avere dei familiari comprensivi, disposti ad ascoltarci, dei fratelli con cui condividere qualche risata o confrontarci su qualche preoccupazione.
Nessuna di queste richieste sembra eclatante in sé, eppure, frequentemente, tutto questo non è possibile, per vari motivi riconducibili alle condizioni estemporanee del momento. Difficile ipotizzare di avere nello stesso istante di tempo una situazione sentimentale appagante, un lavoro stimolante e ben retribuito, condizioni di salute nostre e degli affetti eccellenti, delle relazioni accrescitive, stimoli intellettuali validi, realizzazione di un progetto esistenziale.
Sperimentare un senso di impotenza significa provare una sensazione di frustrazione psicologica dovuta all’impossibilità di influenzare o controllare alcuni ambiti della nostra vita.
Per qualcuno è dirompente realizzare che alcuni pezzi della nostra vita sono fuori dal nostro controllo.
Cosa c’è di così drammatico nel riconoscere che alcuni ambiti della nostra vita sfuggono al nostro controllo? L’elemento fortemente distorcente della società occidentale post-narcistica come raccontano eccelsamente Bauman o Cristopher Lasch sta nel fatto che la narrazione del successo è ascrivibile alla sola dimensione del singolo che ritiene, in maniera errata, di poter realizzare il proprio progetto semplicemente attraverso la dedizione e l’impegno.
La narrazione dei social è tutta in questa direzione, e questo confronto in molte persone genera disperazione, depressione e ansia. Qualcuno si dimentica anche di dire che dietro al fallimento è spesso sentita una colpa, un’incapacità, un non averci provato abbastanza, dato che in questa arena di self-made-man è scontato arrivare ad un exit di successo.
Oggi molte terapie hanno obiettivi decisamente realistici di confronto tra le reali possibilità dell’individuo e le aspettative irrealistiche che sottendono all’insoddisfazione esistenziale che viene presentata come mancato senso del vivere.
La sensazione di impotenza quindi diviene da una parte un aspetto da integrare nel vivere quotidiano, venendo a patti con visioni del proprio sé ideale spesso gonfiate; allo stesso tempo, situazioni di impotenza appresa per fallimenti ripetuti possono essere ri-significate per comprendere quale tendenza attualizzante si stia provando a manifestare e comprendere quale sia il nuovo passo evolutivo che rifiutiamo di considerare nelle ampie e nuove possibilità.
Psicoterapeuta individuale e di gruppo a orientamento psicoanalitico
1 annoGrazie Dottor Calegari! E grazie Egidio! Questo tema del costruire il proprio progetto sull'ideale anziché a partire dal sé reale mi ricorda tanti adolescenti e pre-adolescenti, e molte aspettative dei genitori rispetto ai figli. Relativamente poi al "Qualcuno si dimentica anche di dire che dietro al fallimento è spesso sentita una colpa, un’incapacità, un non averci provato abbastanza, dato che in questa arena di self-made-man è scontato arrivare ad un exit di successo" mi viene in mente tutta la retorica del "guerriero" che ce la fa, nella malattia, a sopravvivere, come fosse un merito, come se chi muore fosse una persona di minor successo. Come si fa con l'impotenza? A mio avviso con la cura e la cultura delle relazioni che curano.
Accenture Research Global Utilities Lead
1 annoCome si convive con l'impotenza? Accettando di far parte del genere umano.