Questione di Reputation
Che si debba acquistare un telefono, un libro o un oggetto per la casa, ciò che avviene comunemente è interrogare Google con una semplice query di ricerca. Ad esempio, per un cellulare: “miglior cellulare del momento”, “cellulare ultimo modello” o ancora “miglior telefono rapporto qualità prezzo”.
Ciò che ci restituisce il motore di ricerca è ciò che in effetti vogliamo sapere: cosa pensa chi l’ha acquistato, l’ha provato o lo possiede da tempo. Le recensioni sono il sale degli acquisti di prodotti o servizi e anzi, quando queste non sono presenti, guardiamo la cosa con sospetto. Avremmo preferito che ci fosse qualcuno a rassicurarci dicendo: “Tranquillo, l’ho preso anch’io”.
Anche per le aziende è così: i candidati si comportano in questo modo di fronte a un annuncio di lavoro. Leggono con attenzione i dettagli sulla posizione aperta, la RAL, la tipologia di contratto ma conta – e viene considerato sempre più importante - quel che si dice dell’ambiente di lavoro, dei responsabili, dei carichi di lavoro, di come avviene la gestione e l’organizzazione delle attività, il clima aziendale e di tutto ciò che un job posting non riesce a raccontare. In sostanza, per un match perfetto, i risultati delle ricerche - che avvengono sia online che offline - dovrebbero fare il paio almeno con le aspettative dei candidati per poi superarle positivamente.
Per questo, sarà cruciale per un’azienda avere una reputazione forte e positiva come condizione imprescindibile, reputazione che non può riguardare solo ed esclusivamente l’azienda intesa come venditrice di prodotti o servizi. Così come il candidato, alle prese con le attività di social recruiting in cui i selezionatori si occuperanno anche di captare eventuali “dissonanze” online rispetto al CV in loro possesso, anche l’azienda deve costruire e mantenere una buona reputazione online rispetto all’ambiente di lavoro. Avere una buona reputazione online per testimoniare un ambiente di lavoro stimolante e premiante, ad esempio, permetterà all’azienda di ottenere un vantaggio competitivo rispetto ai propri competitor per attrarre potenziali candidati.
Proprio la crescente importanza dell’Employer Branding connessa alla reputazione di una azienda, si deve anche al fatto che le persone alla ricerca di lavoro sono diventate sempre più esigenti, rigorose ed informate, attente a tutte quelle informazioni sul brand dell’impresa che rappresentano proprio la sua affidabilità. E bisogna considerare che in un contesto economico come quello odierno, caratterizzato da forti turbolenze del mercato, i potenziali dipendenti cercano un posto di lavoro che trasmetta serietà, stabilità e sicurezza ma anche determinati valori ed una cultura aziendale che faccia il paio con i loro desiderata. E non va tralasciato che una buona strategia di Employer Branding contribuisce a rafforzare l’immagine positiva che i clienti hanno di un’azienda, quindi non solo quella percepita dai potenziali candidati, con conseguenze positive anche sulle vendite.
Com’è ovvio, la reputazione indica la qualità di una azienda e non è un indicatore fisso: muta, in positivo o in negativo, in seguito a diversi fattori, chiamati indicatori di reputazione tra cui: innovazione, gestione delle attività, gestione del personale e della clientela, stabilità finanziaria, responsabilità sociale, qualità dei prodotti e/o dei servizi, competitività globale, sicurezza generale dell’azienda.
Il rischio reputazionale, inoltre, è una particolare categoria di rischio che si concretizza con eventi di diversa tipologia e che deve essere assolutamente considerato. Il web, ad esempio, può impattare sulla reputazione aziendale anche dopo lungo tempo qualora informazioni di tenore negativo rimangano nei motori di ricerca anche dopo anni, influendo sulle opinioni di potenziali clienti. Un vecchio articolo potrebbe non scomparire del tutto dal web, o addirittura riemergere nella prima pagina di Google, facendo più danni della grandine. Non ci sarà da stupirsi se nel futuro vedremo un aumento di figure come i Personal-privacy-trainer, ovvero soggetti abili nell’identificare e ripulire il web da determinate news. Le cattive recensioni, inoltre, hanno un impatto devastante sulle aziende, molto di più di quanto si possa pensare. Si pensi ai meccanismi che regolano i principali siti di recensione e la misura in cui queste possono essere determinanti per la scelta e il successo di un prodotto. Infine, i social possono essere la causa diretta oppure il catalizzatore del rischio reputazionale. Ad esempio, quando i manager dell’azienda pubblicano commenti controversi on-line, le loro affermazioni influenzano l’intera attività dell’azienda, non solo la reputazione del singolo dirigente. E, oltre al politically uncorrect, anche alcune campagne marketing sviluppate senza la dovuta sensibilità provocano reazioni del pubblico impreviste e avverse, per le piccole aziende ma ancor più per le grandi.
Ecco che trovano spazio nuove strategie e leve per vincere le sfide principali che la Reputation Economy impone: una tra tutte - ma va studiata al meglio e non bisogna dare per scontato che sia valida per tutte le aziende - è proprio trasformare i dipendenti in ambasciatori della reputazione verso l’esterno e verso l’interno, per attrarre ma anche trattenere i talenti migliori, soprattutto in un mercato costantemente alla ricerca di nuove competenze, dove la crescente competizione per i talenti tra “agili” start up e “grandi” aziende, è capace di annullare ogni differenza rispetto a dimensioni e capacità di investimenti.
E come scriveva Warren Buffet: “Ci vogliono 20 anni per costruirsi una reputazione e cinque minuti per perderla”.
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4 anniCiao Stefania molto interessante l’articolo ...mi viene in mente una parola e cioè ‘posizionamento strategico’ . Alla fine tutte le aziende devono ben posizionarsi e per fare questo il punto di partenza è una corretta e calibrata valutazione dei propri punti di forza e debolezza...se la valutazione iniziale viene fatta correttamente e di conseguenza anche il posizionamento, verranno attratti i giusti candidati che diventeranno volontariamente Brand Ambassador contribuendo a costruire e mantenere la reputazione aziendale :) Ma forse tutto questo è sempre esistito... è il cuore del marketing , la comunicazione (che però non deve prescindere dalla sostanza)