Sulla cultura dell'errore: riflessioni a margine del finale di Fleabag
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Sulla cultura dell'errore: riflessioni a margine del finale di Fleabag

Ieri sera, in totale modalità binge watching, ho iniziato e finito la prima serie di Fleabag, distribuita qui in Italia da Amazon Prime Video. Consigliata per chi ama alla follia il mondo British e il suo humor tagliente, recitata bene ma soprattutto scritta benissimo.

Senza spoilerare troppo trama e finale, in una delle ultime scene la protagonista si trova a fare i conti con la propria storia di fronte al bank officer che le ha già negato una volta - all'inizio della narrazione - un prestito per rilanciare la sua piccola attività.

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Il personaggio, definito e cresciuto "episode by episode" anche nel e attraverso il rapporto con Claire, la sorella maggiore dalla carriera luminosa e apparentemente perfetta, trova un momento di epifania nel riconoscimento dell'errore come momento che non può condannare una vita intera.

Un punto che trovo interessante nell'esame di una carriera professionale e del quale secondo me si parla troppo poco, soprattutto in un ambiente come questo virtuale di LinkedIn, dove tendiamo un po' tutti a raccontare in modo epico le nostre imprese lavorative tranne in quei momenti in cui parte lo share a catena dell'ennesimo articolo in cui "tizio di successo celebra i fallimenti che lo hanno portato fin qui".

La verità dura e cruda però è molto spesso diversa, non comprende la cultura dell'errore ed è fatta di processi di recruiting che prediligono percorsi lineari, volitivi il giusto, ma più che altro prevedibili e senza troppe curve o inaspettati cambiamenti di settore. Insomma, beati coloro che non sbagliano mai e sanno fin dall’inizio dove vogliono arrivare e come. Tutti gli altri possono mettersi di buona lena a scalare il K2 delle opportunità lavorative e della costruzione di sé, come persone e come professionisti.

Mi auguro che questo possa essere uno spunto di riflessione per tanti, soprattutto quando con ogni probabilità arriveranno le ondate di licenziamenti fin ora “freezzati” dagli aiuti statali post Covid e molte persone si troveranno con un improvviso “buco” sul CV, chiedendosi come potranno ricollocarsi e ricominciare, ognuno col suo percorso più o meno tortuoso, ognuno segnato dall’errore statistico di non aver previsto gli effetti di una devastante pandemia.

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