Troppe informazioni, poca conoscenza: il paradosso che frena la crescita delle PMI
Ogni giorno le aziende producono un’enorme quantità di dati. Sono ovunque: nei file salvati in condivisione, nelle email scambiate tra reparti, nei sistemi gestionali e nei fogli Excel dei singoli reparti.
Ci troviamo davanti al paradosso delle PMI moderne: sappiamo tutto… ma non riusciamo ad usare niente.
In teoria, l’informazione è lì, disponibile. In pratica, però, accedervi al momento giusto è tutt’altro che semplice.
È come se la conoscenza fosse prigioniera in una rete di strumenti non comunicanti, memorie parziali e versioni sovrapposte.
Un patrimonio che esiste, ma che nessuno riesce a usare davvero quando serve. Così, anche nelle aziende più strutturate, il rischio è sempre lo stesso: rallentare per cercare ciò che si ha già.
O, peggio, rifare ciò che è già stato fatto.
Se la conoscenza non circola, tutto si inceppa
Non servono grandi eventi per generare inefficienza. Basta che un documento venga salvato nel posto sbagliato.
Che un’informazione importante resti nella testa di una sola persona.
Che un nuovo collaboratore debba “scoprirsi da solo” come funzionano certe attività, perché nessuno le ha mai scritte davvero.
Sono piccoli intoppi che, sommati, costano tempo, attenzione, a volte anche soldi.
E che portano chi guida l’azienda a fare una scelta involontaria ma pericolosa: accentrare tutto, pur di non rischiare che le cose sfuggano di mano.
Ma se ogni decisione passa sempre e comunque dal vertice, non si costruisce autonomia. Si costruisce dipendenza. E a lungo andare, questo modello si paga.
Quando manca un sistema, anche la delega fa paura
Molti imprenditori non hanno problemi a fidarsi delle persone, ma fanno fatica a fidarsi del processo.
Perché di fatto, un processo vero, strutturato, condiviso… non c’è.
Ciascuno lavora con i propri strumenti, i propri nomi di file, le proprie logiche.
E anche con la migliore delle intenzioni, il risultato è sempre lo stesso: informazioni sparse, ridondanze, confusione.
In questo contesto, ogni tentativo di delegare diventa un atto di coraggio. Perché non è solo questione di “mollare il controllo”: è questione di sapere che, se qualcosa non va, ci sarà una base solida su cui tornare.
Una traccia chiara da seguire. Un luogo affidabile dove trovare ciò che serve.
Se tutto questo manca, ogni errore rischia di essere attribuito alla persona, anziché al sistema.
E il risultato è che, per evitare problemi, si fa tutto da soli. Ma così, il tempo per pensare alla crescita sparisce.
Il vero costo? Non è quello che vedi nel bilancio
Quello che pesa davvero, spesso, non è scritto da nessuna parte. È il tempo perso a rifare un lavoro già fatto. È l’energia spesa per recuperare un’informazione già esistente.
È il senso di frustrazione che cresce ogni volta che si ha la sensazione di essere disallineati, pur lavorando tutti per lo stesso obiettivo.
Certo, esistono strumenti per migliorare tutto questo. Ma senza un sistema che dia coerenza e accesso a quella conoscenza, ogni strumento è solo un contenitore in più.
Il Knowledge Management non è un’opzione marginale.
È il fondamento silenzioso che permette a un’organizzazione di funzionare con coerenza, velocità e visione.
Non è un software da acquistare: è un modo diverso di pensare alla conoscenza in azienda.
Serve per trasformare ciò che sai in qualcosa che puoi usare. Serve per far emergere quello che già esiste, ma è nascosto, frammentato, dimenticato. Serve per costruire continuità, invece di ricominciare ogni volta da capo.
Non si tratta di complicare le cose. Si tratta di alleggerirle.
Perché quando ogni informazione ha un posto, e ogni persona sa dove trovarla, il lavoro diventa più fluido, più veloce, più sicuro.
E questo vale anche – soprattutto – per chi deve prendere decisioni.
Verso un’organizzazione che lavora in armonia, non in emergenza
Il Knowledge Management non è solo un investimento in efficienza. È una scelta culturale. È decidere che la conoscenza non appartiene a chi la detiene, ma all’azienda. È smettere di correre dietro ai problemi, e iniziare a costruire le condizioni per evitarli.
Chi lo adotta non cerca solo ordine. Cerca lucidità.
Cerca uno spazio in cui sia possibile fare bene il proprio lavoro senza dover continuamente recuperare, spiegare, ricominciare.
È in quello spazio che si crea valore.
È lì che un’impresa può davvero crescere.
Ci vediamo nel prossimo articolo!
Jole @Trasformo il tuo sapere in superpotere@
PMO, IT Manager, Digital Trasformation
4 mesi“Troppe informazioni, poca conoscenza”… quanto è vero. È una dinamica che incontro spesso nelle aziende in cui lavoro: dati ovunque, file condivisi, strumenti digitali sempre nuovi, ma quando si tratta di capire davvero, spesso cala il silenzio. Siamo sommersi da report, alert e dashboard, ma manca la capacità di fermarsi, interpretare, collegare. La tecnologia ci ha dato accesso a tutto, ma non spesso non hanno insegnato a pensare meglio. Il risultato? Decisioni veloci, "informate", ma non sempre intelligenti. La conoscenza non è quantità, è contesto, è tempo, è confronto. Grazie per aver raccontato questo paradosso con lucidità e umanità. E poi, diciamolo, noi lo vediamo, e anche tanti tra le persone che hanno commentato lo vedono. Ma fuori da questa bolla, spesso non lo sanno nemmeno. Non sanno che questo approccio può essere un freno o peggio, un danno per l’azienda. Succede ancora troppo spesso in realtà "vecchie", dove i giovani non vengono ascoltati, dove si segue il "si è sempre fatto così", e dove ci sono imprenditori più ciechi che visionari. Ecco perché serve parlarne, con onestà e un po’ di coraggio. Grazie 🙏
BRAVO Consulente per la telefonia e internet aziendale= TESORO.
4 mesiGrazie della condivisione, Jole. Quotidianamente frequento Piccole Imprese dove già la prima sensazione che emanano il titolare o il suo delegato, confermano molta confusione e impreparazione. Imbarazzante! 🤔
Epistemologa convertita alla valorizzazione locale sulla via dell'Alto Tirreno Cosentino
4 mesianalisi estremamente lucida, il KM infatti è prima di tutto l'organizzazione in protocolli e procedure strutturati del modo in cui è più facile sviluppare i processi ed è quindi una rivoluzione di pensiero e di atteggiamento nel lavoro. Se qualcosa va male la domanda non sarà più "chi ha sbagliato", ma "cosa non ha funzionato nella procedura in atto"? Questa trasformazione del problem setting permette di affrontare due tipi di problematiche: l'ottimizzazione del lavoro e il miglioramento del clima generale del lavoro perché, come tu sempre sostieni, il KM permette un maggiore welfare aziendale.
Founder @ YourAi | Eccellenza Organizzativa & AI per le PMI | Lean Six Sigma | Trasformazione Strategica e Resilienza Aziendale
4 mesiLa dispersione di conoscenza è inversamente proporzionale al livello di standardizzazione dei processi aziendali. Da processi sani, strutturati, documentati nascono informazioni digeribile da tutti, informazioni che entreranno senza sforzi nel patrimonio conoscitivo aziendale. Il caos invece genera altro caos.
Art Direction for visual communication: creative strategies, branding, graphic design, web and social media campaigns
4 mesiTutte le aziende ne avrebbero bisogno è troppo poche sanno che esisterebbe là soluzione al problema , brava jole!