BUSSO’
L'ha lasciata dicendole che non hanno gli stessi obiettivi, gli stessi desideri. Seguono, dice, da cinque anni percorsi paralleli in cui l'unico spazio comune è quello fisico, che diventa un luogo da abitare per ritrovarsi. In cui ci si può permettere il lusso del silenzio. Il silenzio che non pesa ma, al contrario, alleggerisce dall'obbligo che sentiamo di dover essere sempre perfetti e consapevoli e presenti a noi stessi. Ma che non basta, evidentemente. Condizione necessaria ma non sufficiente, pensa la mia mente che da qualche parte nasconde scampoli di matematica e li usa per definire situazioni, per dare forma a sentimenti da contenere per comprenderli.
Percorsi paralleli che lui, dislessico e con una licenza media tirata per i capelli, non sa definire per indicare strade che non si incontreranno mai, ma che nella sua mente sono ben chiari, nella descrizione di un disagio che lei, laureata con onore, non sa chiamare.
Non vuole chiamare.
E la guardo piangere e asciugarsi gli occhi con le mani sottili e curate e per fortuna non si trucca, altrimenti sembrerebbe un panda. Glielo dico scherzando e ride. Trovare un lato buono nelle cose, sempre. Che in questo caso non è che non si sciolga il mascara, ma che rida mentre piange.
"Dimmi cosa devo fare" mi dice. E la guardo e penso che non le voglio neanche rispondere. Non le voglio dire tutte quelle cose retoriche tipo "la risposta è dentro di te" ("solo che è sbagliata" è un dettaglio) e nemmeno "guardati dentro", "prenditi tempo" ...e tutte quella roba che basta andare su YouTube e cercare un guru.
Vorrei chiederle come mai tutta questa sorpresa. E questo smarrimento. Quanto c'è di dolore tuo nel dolore che vedi in lui? E quanto di tuo in quella incapacità di affrontare tutto che gli attribuivi?
La sofferenza nostra che si fonde con quella dell'altro. Liquida come le emozioni che non distinguiamo. Con la rabbia che diventa senso di colpa che diventa rimpianto che diventa disperazione che diventa...all'infinito, mi suggerisce di nuovo il piccolo Pitagora che oggi vive dentro di me.
Quelle strade che percepiamo parallele, le seguiamo guidati dall'istinto o ascoltiamo un navigatore? E le vogliamo asfaltate, o ci avventuriamo anche sullo sterrato? E le salite, come le affrontiamo?
E queste lacrime che piangi disperata, sono perchè hai perduto lui, o perchè non trovi più te stessa, che non ti riconosci in questa dimensione dove sei troppo libera e la libertà l'hai sempre percepita come solitudine e non sei mai stata sfidanzata e non conosci la bellezza di stare con te?
E neanche questo autunno timido che si veste ancora di estate ti solleva. Neanche questa luna gigante che non ha bisogno di stelle per fare luce a chi deve ricominciare il cammino.
Invece, è la luna l'unica cosa che ti serve.
Consulente per il cambiamento e per la trasformazione dei conflitti | Dialoghi Intergenerazionali | Team Interculturali | Rubrica Donne Pioniere | Passaggi generazionali | Rubrica Z-Y Pionieri
4 anniBel racconto. Grazie cara Simonetta 🌹👏👏
archivista in pensione, volontaria a tempo pieno🌺
4 anniCarissima Simonetta Molinaro, come sempre una bella storia. Io consiglierei a questa giovane donna di tagliare ciò che fa soffrire. Un abbraccio, buona domenica 💛
WAKAN LIVES , Composer,bass player ,guitars,keyboard drum player, creator of soundtracks. multiinstrumentist .Founder of Wakan lives project
4 anniSimonetta Molinaro .....fammi entrare le disse .... Lui rispose di no ! 🙏🙏🐻🐻🐻🐻
Software Engineer
4 anniMi piace molto questa racconto da Simonetta Pitagorica. Accendi sempre tante lampadine. Zuper!
Non so più come descrivere le tue storie. Sei fantastica.