Giorgio Armani e l’occhialeria: lo sguardo che ha ridefinito lo stile italiano
Giorgio Armani indossa il modello Icon

Giorgio Armani e l’occhialeria: lo sguardo che ha ridefinito lo stile italiano

Quando ho appreso della scomparsa di Giorgio Armani, è stato come se il tempo si fermasse per un istante. Non era soltanto la perdita di un gigante della moda, ma di un visionario che ha cambiato per sempre il modo in cui pensiamo agli occhiali. Un punto di riferimento per ha dedicato la propria vita professionale proprio a comprendere e valorizzare quel confine sottile tra funzione e bellezza che lui seppe attraversare con eleganza.

L’intuizione di Armani era chiara e potente: l’occhiale non è più solo un supporto visivo, ma un medium di comunicazione, un complemento indispensabile dell’identità. Da qui nacque la divisione Armani Occhiali, in quegli anni a cavallo tra la fine degli anni Ottanta, quando il panorama dell’eyewear era ancora legato alla tecnica più che allo stile. Il passo successivo, la collaborazione con Luxottica, guidata dal fondatore Leonardo Del Vecchio, rappresentò davvero una svolta. Quella fu la prima grande licenza di Luxottica e segnò l’entrata definitiva dell’eyewear nella sfera del lusso autentico.

Ricordo ancora quanto fosse rivoluzionario quel modello di business: l'Italia del settore ottico era abituata a operare con logiche quasi artigianali; quelle firme, invece, trasformavano un accessorio in un messaggio culturale. Non a caso, tra il 2003 e il 2012, la licenza passò a Safilo, azienda storica e radicata nella tradizione qualitativa italiana. Alla fine, il marchio tornò nelle mani di Luxottica, consolidando nel 2012 una partnership fino al 2037 e riaffermando l’importanza di avere in mano non solo il design, ma anche la distribuzione globale.

Questi passaggi raccontano più di numeri: raccontano un modo di pensare la produzione e la diffusione che unisce rispetto per l’artigianato, forza imprenditoriale e visione globale. E Armani, con quel suo editing rigoroso del lusso, fu capace di mantenere il destino del suo brand nelle sue mani—rifiutando investimenti esterni inutili. Una volta raccontò, con elegante freddezza, di un incontro con alcuni imprenditori della finanza che volevano investire nella sua azienda. Allora li ascoltò, poi guardò il loro banchiere silenzioso e disse: «Signori, il signor Armani non ha bisogno di noi. Andate». E quella fu la chiusura definitiva della conversazione.

Fin da subito, il DNA di Armani traspare in un modello come la montatura “Icon” in titanio o negli occhiali ovali in filo d’argento che lui indossava ogni giorno: simboli di una raffinatezza silenziosa, di un’eleganza misurata. Quegli occhiali erano meno un prodotto e più una dichiarazione di stile; e, in molti momenti della mia carriera, mi sono trovata a spiegare a clienti e colleghi che quell’approccio estetico era anche una filosofia del vivere e lavorare nel mondo dell’occhialeria.


Contenuto dell’articolo
Il modello Icon

Chi sceglieva un occhiale Armani lo faceva non per farsi notare, ma per comunicare una coerenza. Erano persone cosmopolite, professionali, sofisticate nella propria discrezione. Era, e rimane, un pubblico fedele—che riconosce nell’accessorio una firma personale.


Contenuto dell’articolo
Collezione Frames of Life (2012)

Il suo impatto sull’intero settore è stato profondo. Nel mio lavoro quotidiano, confronto spesso l’evoluzione dell’occhialeria con quella innovazione iniziale che abbiamo imparato a riconoscere come “lo stile Armani”. Da accessorio marginale, l’occhiale è diventato un protagonista della moda, un elemento imprescindibile delle collezioni. Armani diede un senso e una platea a questi strumenti che oggi fungono da ponte tra estetica, industria e cultura.


Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi