Non mi lamento

Non mi lamento

Qualche giorno fa ho incrociato per strada una mia vicina di casa. Una signora non più giovanissima, dai modi gentili che nell'ultimo periodo ha dovuto affrontare diverse fatiche, fra cui la malattia di suo marito che l'ha messa a dura prova.


Ci siamo salutate e le ho chiesto "come va?"

La sua risposta mi è rimasta nelle orecchie, nel cuore e nella mente per giorni, tanto che solo ora riesco a scriverne, ed è stata "non mi lamento" accompagnata da un sorriso dolce, di quelli appena accennati ma che illuminano gli occhi, la bocca e tutta la persona. Incontrare la sofferenza fa parte dell’esperienza umana. Ciò che possiamo fare e decidere qual è la nostra risposta.


NON MI LAMENTO è davvero una pratica salutare, una scelta di libertà in cui decidiamo come stare nella nostra esperienza.

Lamentarsi non fa bene, nonostante il farlo possa darci una certa soddisfazione. Infatti continuando questo comportamento il nostro cervello, orientato all'efficienza, tenderà a ripetere questa modalità, che può diventare un'attitudine, anche in futuro, innescando un circolo vizioso.

Lamentarsi è spesso collegato ad un pensiero ruminante che sovraccarica i nostri circuiti neuronali, ci affatica e diminuisce la capacità di creatività. In alcuni casi può diventare una vera ossessione.

Risulta inoltre, da ricerche della Stanford University, che grazie alla nostra capacità incarnata di scegliere comportamenti salutari, dopo mezz’ora in cui ascoltiamo le lamentele altrui, il nostro cervello va in modalità “off” reputando le lamentele un contenuto di scarso interesse e spegne letteralmente i neuroni quando le riceve.

Al di là delle prove scientifiche tutti abbiamo sperimentato quanto sia difficile stare vicino a persone che hanno una tendenza a lamentarsi, quanta energia ci richieda ascoltarle veramente e quanto spesso, proprio per questo motivo le persone con quest’attitudine rischiano di essere isolate, e subire la faticosa sensazione di non essere ascoltati.


Perché lamentarsi e ascoltare le lamentele fa male?

Una ricerca della Stanford University ha dimostrato che lamentarsi restringe l'ippocampo, la parte del cervello che fa parte del  sistema limbico avente un ruolo chiave nelle reazioni emotive, nelle risposte comportamentali, nei processi di memoria e nell'olfatto. Questa è anche la regione cerebrale attaccata dall’Alzhaimer.

Quando ci lamentiamo il nostro corpo rilascia cortisolo, percependo la lamentela come indizio di pericolo. Il cortisolo è anche detto ormone dello stress, il cui effetto è, per esempio, quello di aumentare la pressione sanguigna, dirottare il flusso sanguigno verso le parti del corpo deputate alle reazioni di attaggo/fuga. Il cortisolo extra rilasciato con la lamentazione, danneggia il sistema immunitario, rendendoci più vulnerabili.

Grazie al mirroring neuronale, secondo cui il nostro cervello tende ad imitare gli stati d’animo delle persone che frequentiamo e grazie al quale proviamo anche empatia, siamo esposti al rischio di subire i danni derivanti dal lamentarsi anche se non siamo noi a farlo, ma le persone che frequentiamo. Allo stesso modo del fumo passivo è importante imparare a sottrarsi dall’effetto dei “lamentatori accaniti”.

Ascoltare lamentele e lamentarci ci mantiene l’attenzione sulla critica, sul bicchiere mezzo vuoto, sulla preoccupazione; in questo modo il nostro cervello si orienterà in quella direzione ed anche in futuro la nostra mente tenderà a quegli stessi comportamenti. E’ come se i nostri neuroni si illuminassero indicando una via che sarà quella che tenderemo a percorrere con sempre maggiore naturalezza con sempre minore consapevolezza.


Cosa fare?

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Quando sentiamo il bisogno di lamentarci possiamo coltivare la gratitudine, spostando l’attenzione verso qualcosa di cui possiamo essere grati. Per esempio, anziché lamentarmi del caldo, posso essere grata del fatto di avere un ventilatore, di lavorare in un ufficio con l’aria condizionata. Essere grati, riduce del 23% l’ormone dello stress (il cortisolo sopra citato) come ha dimostrato una ricerca del Progetto Shamatha dell’Università della California. In questa ricerca è emerso che coltivare la gratitudine, migliora l’umore, le persone si sentono con più energia e meno ansiose.


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Coltivare la consapevolezza per essere presenti a ciò che sta succedendo nel momento in cui accade, riconoscendo quando stiamo cadendo nella lamentela o quando ci stiamo esponendo a dosi massicce anche se passive. Lamentarsi può divenire un atto automatico ed inconsapevole.


Quando incontriamo la lamentela può essere utile farsi delle domande:

·      “ ma davvero?” siamo proprio sicuri che abbiamo un motivo davvero valido per lamentarci? La situazione in cui siamo è davvero così come la stiamo vedendo? Non ci sono altri modi con cui guardarla? Non ci sono degli aspetti che non stiamo considerando, nell’intento di confermare la nostra tesi? Potremmo guardare a quegli aspetti?

·      “cosa sto cercando?” quale bisogno c’è dietro quel moto al lamentarci? Di cosa abbiamo bisogno veramente? Cosa potremmo cambiare? Se la nostra migliore risposta è “non lo so, ma mi sento meglio lamentandomi” potremmo sorridere a noi stessi e provare a dedicarci gentilezza, senza giudicarci. Potremmo provare a dirci ciò che ci direbbe il nostro migliore amico, lasciare andare ciò che ci sta incollando al lamento e portare intenzionalmente la nostra attenzione su un altro oggetto. Se invece ciò che sta succedendo è davvero una situazione difficile, posso innanzitutto dedicarmi un po’ di auto-compassione: “è davvero difficile la situazione in cui mi sto trovando. Dove sento questa sofferenza nel corpo?” “Cosa posso fare per prendermi cura di me stessa/o? C’è un gesto, una piccola azione che posso dedicarmi per accogliere la fatica con meno sofferenza?” In questo modo non staremo più lamentandoci ma ci staremo prendendo cura di noi, in modo attivo.

·      “posso allargare lo sguardo all’intero panorama?” Posso fare del potenziale lamento un’azione di cambiamento? Per esempio, ieri sono andata a prendere un caffè in un bar che frequento ed in cui mi hanno portato un caffè davvero imbevibile. Mi è stato d’aiuto riflettere su quanti caffè ottimi mi erano stati serviti in quel locale in passato e questo mi ha aiutato a tradurre quella che poteva essere una lamentela fine a sé stessa in un’azione utile (per me e per loro) dicendo: “bevo sempre dei buonissimi caffè qui da voi. Ma questo è davvero cattivo, come mai?” Ciò che è successo è che mi è stato portato un nuovo caffè, buono, non mi sono arrabbiata e la barista non si è sentita attaccata, gli altri avventori che hanno ascoltato sanno che in quel locale possono aspettarsi un buon caffè. Una strategia win-win.

·      “quante lamentele “antiche” sto attirando?”. La lamentela agisce spesso come una calamita e attira ogni piccolo fastidio provato negli ultimi decenni ingigantendosi a vista d’occhio e facendoci perdere il focus. Poterci fare questa domanda con sincerità ci riporta con l’attenzione senza disperderla e non ci fa sentire sopraffatti. Evitiamo così anche allargare a tal punto il nostro scontento da non ricordare neppure più da cosa sia stato scatenato.

·      “quante cose felici mi sono successe oggi?” Abbiamo un’attenzione spesso allenata a vedere ciò che manca, che ci da tanti motivi per lamentarci ma non si accorge delle piccole o grandi cose che ci danno gioia. Alla gioia ci si allena, riportando alla mente tutto ciò che ci ha fatto sorridere, respirare, che ci ha fatto sentire pace nel cuore. Spesso diamo tutto ciò per scontato. Sono seduta sul mio terrazzo e vedo la luce della giornata lasciare spazio al buio.. e poter godere di questo momento non è per nulla scontato.. se me ne accorgo 😉


“NON MI LAMENTO” può essere davvero un’azione rivoluzionaria!!!



Silvia Polli

Avvocato presso Studio Legale

5 anni

Davvero una prospettiva utile!

Emilia Rio

C-Level HR Manager, Board Member, People Strategy Innovator

5 anni

Grazie per questa riflessione. Interessante e direi utile !

Lorenzo Arrigoni

ICT Specialist - RMM Specialist

5 anni

Rossella Elisio ora sappiamo che dobbiamo lamentarci a botte di 29 minuti...forse meglio 27. Non si sa mai, meglio anticipare un po'. Skerzo...un po di ironia. Io sono una persona fortunata, potrei esserlo di più, ma anche di meno. Non mi aspetto mai regali e se voglio star meglio economicamente lo faccio lavorando di più e sodo. E se mi cercano per darmi lavoro vuol dire che sono bravo (Io non pagherei mai un incapace. Ndr).Per il resto, ho un lavoro, una moglie e due figlie splendide. Non mi lamento...per farlo bisogna esserne capaci.

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