Se l’AI è così promettente… perché non la usa (quasi) nessuno?
Uno specchio che non riflette da solo
ChatGPT? Un motore di ricerca evoluto. Un traduttore. Un generatore di testi e immagini da social. Tutto vero. Ma anche tutto parziale.
Ciò che l’AI restituisce dipende da ciò che vede. E se non la si mette in condizione di capire, apprendere e testare… il risultato è deludente.
Ma allora perché, nonostante il potenziale, così poche persone riescono davvero a usarla bene?
Una frattura sottile (che pochi vedono)
Ogni giorno che passa si amplia una frattura silenziosa: da una parte, chi sperimenta, dialoga, costruisce (pochi); dall’altra, chi considera l’AI troppo passeggera, troppo complessa, o semplicemente fuori portata (la maggior parte di noi).
La tecnologia evolve, ma la cultura dell’adozione resta indietro.
ChatGPT non è magico. È un apprendista junior con potenziale (ma senza guida)
Ha velocità, flessibilità, capacità. Ma non conosce il contesto. Non sa nulla di chi ha davanti. Non ha intuito, né visione d’insieme.
E se non lo si allena passo dopo passo, non produce nulla di utile.
Il problema? Molti si aspettano un risultato immediato. Ma l’AI va trattata come un collaboratore inesperto: ha bisogno di tempo, feedback, correzione.
Il nodo principale: nessuno insegna come fare
Troppi parlano di “prompt magici”. Pochi spiegano un metodo concreto per allenare l’AI in modo efficace. La maggior parte delle persone non ha tempo, pazienza, guida. E così, dopo pochi tentativi, rinuncia.
Tuttavia, ogni persona, ogni team, ogni azienda ha caratteristiche uniche. Senza un metodo su misura, l’AI rimane un gadget.
Allenare la memoria richiede metodo (e costanza)
L’AI non “ricorda” da sola. Può apprendere solo se le si fornisce:
Senza questo, non affina né migliora. E anche dove l'utente sappia aggiornare la memoria persistente di GPT (come nelle versioni a pagamento), serve costruire una base di lavoro strutturata.
Mappare il proprio lavoro? Difficile. Ma necessario.
Chi ha il tempo (e la lucidità) per fermarsi e chiedersi:
Non lo fa quasi nessuno. Eppure da lì si parte. L’AI non può aiutare se non conosce i processi e i bisogni. Serve un dialogo biunivoco, fatto di domande, test, adattamenti.
Ma in azienda chi lo imposta? Chi lo guida?
Nelle PMI il problema è strutturale
Le grandi imprese investono (almeno in parte) su task force, formazione. Le PMI? Molto spesso senza saper nulla, delegano tutto alla buona volontà di pochi.
La classe manageriale non ha ancora abbracciato l’AI in modo strategico. E questo frena anche chi vorrebbe fare sperimentazione dal basso.
Il cambiamento c’è. Ma non si vede (ancora)
L’AI non fa rumore. Entra nei flussi, automatizza, semplifica. E gradualmente cambia tutto. Ma chi aspetta che l’AI “dimostri” il suo valore prima di agire… rischia di arrivare tardi. Soprattutto perché l’integrazione con software e hardware è già iniziata, e non aspetta chi è fermo.
Una riflessione (che forse fa male)
Se tra qualche mese un cliente ricevesse un documento creato da un collega che usa bene l’AI… e uno prodotto da chi non la usa affatto… quale preferirebbe?
La differenza sarà visibile? Oppure l’AI ben addestrata saprà replicare perfettamente stile, contenuto, valore?
La verità è che dipende da quanto la si allena, supervisiona, aggiorna. E da quanto è stata messa nelle condizioni di apprendere davvero.
Una provocazione finale
Se l’AI è così promettente… perché non la usa (quasi) nessuno? Forse perché richiede fatica, metodo, umiltà. E spesso, non siamo pronti a investire in noi stessi.
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2 mesiVenanzio F. concordo al 100%. Penso anche che cmq le persone devono capire cosa hanno davanti e sperimentare per arricchire la propria cultura e scorgere le potenzialità che grazie anche allo strato intermedio possono essere calate nella vita reale.
Founder @ YourAi | Eccellenza Organizzativa & AI per le PMI | Lean Six Sigma | Trasformazione Strategica e Resilienza Aziendale
2 mesiCredo che venga usata poco o nulla proprio perché se da un lato è facile percepirne il potenziale attraverso gli strumenti che i grossi player stanno mettendo a disposizione, dall' altro non è cosi banale calarlo nelle realtà aziendali, nelle organizzazioni e nei processi...nel quotidiano. C'è bisogno di uno strato intermedio (che noi stiamo cercando di realizzare con YourAi), uno strato orchestratore che sappia collegare persone, processi ad AI.