Troppo giovane per iniziare, troppo esperto per contare: il paradosso italiano alla prova dell’AI

Troppo giovane per iniziare, troppo esperto per contare: il paradosso italiano alla prova dell’AI

Da varie fonti giornalistiche Americane e non solo, sembrano delinearsi due tendenze sinuose e silenziose che in future potrebbero lambire le ns terre:

1) sempre più giovani faticano a trovare spazio, prima nel "tech" e poi a cascata altrove, perché “non hanno esperienza” e il loro sapere rischia di essere soppiantato dall’AI generativa;

2) dall’altro lato, professionisti esperti si sentono dire che la loro esperienza “non serve più”, anche per coprire licenziamenti mascherati già previsti.

In Italia questo paradosso alimentato dall'AI (e non solo), in futuro, potrebbe pesare doppio: oltre alla compressione dei ruoli junior, solo una quota ridotta di imprese ha adottato l’AI in modo strutturale, con un ritardo culturale e organizzativo che frena l’innovazione.

Secondo l' ISTAT, le imprese italiane (≥10 addetti) che usano AI sono il 8,2% nel 2024 (era 5% nel 2023): qualcosa come si vede sta cambiando. Molti white collar hanno già cominciato a usare ChatGPT: spesso come motore di ricerca evoluto o per compiti spot, ma progressivamente anche per analisi, sintesi, contenuti e automazioni leggere. È un uso ancora di base, ma utile a “rompere il ghiaccio” e a far emergere la domanda decisiva:

"Stiamo imparando a lavorare davvero con l’AI o ci limitiamo a interrogarla di tanto in tanto?"        

Il quadro italiano aggiunge due incognite: demografia e competenze.

Mancano profili ibridi capaci di unire il sapere tecnico, digitale e soft skill; i giovani sono meno numerosi e, non sempre, abbastanza curiosi da colmare il gap; molti senior, forti dell’esperienza, esitano a rimettersi in gioco. Il rischio è uno stallo a tre: pochi ingressi, poca trasformazione, poca spinta dall’alto.

Intanto i modelli di AI Generativa migliorano. Dalla famiglia GPT-3 a GPT-4 fino a GPT-5 si osservano trend netti: maggiore efficienza, minori allucinazioni, più chiarezza.

Questo non rende l’AI infallibile, ma la rende più utile se allenata bene. La modalità "Thinking" aiuta il ragionamento, mentre la modalità "Agente" – oggi tarata su task circoscritti come ricerche e report – anticipa un futuro in cui connettori digitali sicuri permetteranno di orchestrare software aziendali, automatizzare flussi e attivare processi. È la ‘cabina di regia’ personale: non un sostituto, ma un copilota affidabile da guidare, monitorare e responsabilizzare.

È un’evoluzione graduale, con un orizzonte di 3–5 anni. Proprio per questo serve un atteggiamento sano: ascolto, studio, sperimentazione, condivisione. Sapendo “giocare sul serio” e provando per 6–12 mesi con costanza, per arrivare alla consapevolezza evidente che il cambiamento è reale. Per le aziende significa aprire pipeline junior, finanziare formazione continua e progetti-pilota; per i giovani, spostare il focus dal titolo alla pratica; per i senior, trasformare l’esperienza in adattabilità attiva.

"Morale: l’AI non cancella il lavoro, ma le scuse."         

L’esperienza resta un valore se diventa palestra. Chi costruisce oggi la propria cabina di regia / sistema operativo ha già un vantaggio competitivo potenziale, potenziabile. In Italia la sfida è culturale prima che tecnica: serve fiducia, ma anche disciplina. Chi unirà curiosità e metodo renderà l’AI un compagno di viaggio, non un mito lontano

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