SIATE REALISTI, CHIEDETE
L’IMPOSSIBILE!
Premessa
Una delle frasi che più hanno caratterizzato il ’68, inteso come periodo che
va dal maggio del 1968 fino a metà degli anni ’70 del 1900, era “Siate
realisti, Chiedete l’Impossibile”!
Frase di rottura utilizzata da un movimento che aveva l’obiettivo di
sovvertire l’ordine costituito, non solo quello politico, quanto l’intero
ordine sociale.
Simboli di questa sovversione furono, la minigonna, i movimenti per la
liberazione della donna e tutti i movimenti che si proponevano di
disarticolare una struttura sociale basata sul patriarcato, sull’obbedienza
cieca dei figli e delle donne al padre-padrone, sulla triade Stato – Chiesa –
Famiglia.
Da questa ribellione sgorgarono vari rivoli di contestazione, i capelli lunghi,
la musica trasgressiva, i grandiosi raduni oceanici di musica, come
Woodstock o l’isola di Wight.
Cosa avevano in comune tutti questi movimenti? Erano espressioni di una
volontà di proporre un modello alternativo di società, più libera, più
solidale, più incentrata sull’individuo piuttosto che sulla collettività.
Per un mero errore di conoscenza e consapevolezza, questi movimenti
confluirono in una Sinistra che, all’epoca, facendo propri i miti comunisti
del Socialismo reale, difendeva alcuni dei regimi più totalitari che siano stati
ideati dalla cultura politica, quello dell’URSS, di Cuba e dei tanti regimi
comunisti che poco aveva da invidiare, per capacità di persecuzione e
negazione della libertà, ai regimi fascisti e nazisti.
Dalla contestazione alla proposta di Governo?
Fatta questa doverosa premessa, meraviglia il fatto che, nella sostanza,
questo slogan sia presente nei programmi politici della maggior parte dei i
partiti che si presenteranno alle prossime elezioni politiche.
Questi partiti, di fatto, si presentano come entità vergini, pur avendo
governato per molti anni, come il Centro destra (nelle sue varie
componenti), la Sinistra alternativa di MdP (che ha governato con Prodi,
Letta e, in parte, anche con Forza Italia quando si trattava di sostenere il
Governo Monti) e, alla fin fine, anche lo stesso Movimento 5 Stelle, che
vanta un record assoluto di malgoverno nei pochi anni e nelle poche realtà
dove è arrivato ad avere una maggioranza.
Non ho incluso il Partito Democratico, per una ragione specifica; è il partito
messo nel mirino da tutti i contendenti, imputando al suo vertice tutte le
colpe delle cose che non vanno in Italia, dimenticando che, alla fine, il PD a
trazione Renzi - Gentiloni, ha governato solo negli ultimi 4 anni di una
legislatura fra le più complicate, nata, nel 2013, senza una vera
maggioranza, incapace di esprimere un Presidente della repubblica e che,
alla fine, è riuscita a portare a casa buoni risultati, sia in ambito economico
che sociale (leggi sulle Unioni Civili, Testamento Biologico, Terzo settore
etc.).
Le fantasiose (e impossibili) proposte di Governo
Vediamo alcune delle fantasiose (impossibili e irragionevoli) proposte
politiche di alcune forze politiche:
Proposta Controindicazioni
Abolizione legge Fornero Aumento dei costi previdenziali e insostenibilità
sistema INPS
Riduzione imposte e Flat
Tax (eliminazione IRAP, no
spesometro, studi di
settore etc.)
Senza una radicale revisione della Spesa pubblica e un
adeguato sistema di compensazioni, questo sistema
determinerebbe minor gettito, da una parte e minor
equilibrio sociale, rinunciando a un minimo di
redistribuzione del reddito.
Stop Immigrazione Senza specificare come e perché, questo, come
vedremo, si tradurrebbe in un boomerang per la nostra
economia, oltre a essere irrealizzabile perché non si
può fermare un fenomeno epocale con i semplici
editti.
Rilancio degli Investimenti
Pubblici e Immobiliari
Anche qui non viene specificato quali costi potranno
essere tagliati per finanziare, non in deficit questi
investimenti pubblici e, soprattutto, quali saranno.
Per il settore immobiliare, ci sarebbe da capire come,
senza un’adeguata politica demografica, smaltire lo
stock di abitazioni private e pubbliche invendute e
inutilizzate
Ripristino Art. 18 Provvedimento inutile, visto che l’ex art. 18 non ha mai
tutelato, di fatto, nessuno ma solo creato inutile
allarme fra gli investitori, specie esteri.
Abolizione Jobs Act Senza specificare come e sostituendolo con cosa, in
particolare senza mettere in evidenza quali sarebbero
le eventuali storture da correggere, se non parlando di
aspetti marginali e di bandiera come i voucher, che,
peraltro, hanno funzionato facendo emergere parte
del sommerso esistente
Ius Soli Al contrario del Centro – destra, qui si propone
un’apertura senza controllo e una cultura
“dell’accoglienza” senza se e senza ma, con
conseguenze negative sulla tenuta democratica
dell’Italia.
Abolizione Tasse
Universitarie
Al di là del fatto che non si sa come potrebbe essere
finanziata, non se ne capisce la ragione, visto che
l’obiettivo dovrebbe essere quello di premiare gli
Atenei migliori e obbligarli a fare bene nel rispetto dei
vincoli di bilancio. Diversamente, vorrebbe dire
smantellare la logica dell’Autonomia delle Università
ripristinando logiche di dissipazione di risorse senza
controllo.
Rilancio investimenti
pubblici
Anche in questo caso sarebbe da spiegare come
reperire fondi e di quali investimenti si parla.
Reddito di Cittadinanza Che non è un vero Reddito di Cittadinanza ma che, in
pratica, non avrebbe coperture e sarebbe finanziato in
Deficit
No Grandi opere
pubbliche
Il No a TAV, TAP e a ogni opera pubblica o evento
internazionale è una caratteristica comune,
ovviamente fa parte di una concezione pauperistica e
luddista della realtà e della storia.
Eliminazione IRAP Dimenticando
a) Che è stata diminuita con le maggiori detrazioni del
costo del lavoro
b) Che è una imposta regionale e che, se abolita,
richiederà o taglio dei servizi regionali o maggiori
trasferimenti di fondi dallo Stato alle regioni
Revisione dei Trattati
Europei
Di per sé ipotesi non infondata, ma senza essere
esplicitato come e, soprattutto, cosa dovrebbe essere
rivisto.
Da qui alle prossime elezioni, verranno meglio esplicitati programmi e
proposte, però, a questo punto, direi che vale la pena di partire dai dati
esistenti e valutare se le cose, oggi, vanno veramente così male o se, alla
fine, quanto impostato dai governi degli ultimi anni comincia a dare i propri
frutti.
Vediamo, in dettaglio, alcuni numeri, tenendo conto dell’evoluzione non
degli ultimi anni, ma, dove possibile, dagli anni ’70 del 1900 a oggi.
Andamento del Debito Pubblico, del PIL e del rapporto
Debito/PIL dal 1970 al 2016
Anno Governi Inflazione Debito Rapporto debito/Pil Indice Valore
(milioni di euro) Rivalut. attuale
1970 Rumor, Colombo 5,10% 13.087 37,10% 17,559 229.795
1971 Colombo 5,00% 16.146 42,00% 16,723 270.010
1972 Andreotti 5,60% 20.108 47,70% 15,833 318.370
1973 Andreotti, Rumor 10,40% 25.780 50,60% 14,345 369.814
1974 Rumor, Moro 19,40% 32.404 50,20% 12,010 389.172
1975 Moro 17,20% 41.899 56,60% 10,250 429.465
1976 Moro, Andreotti 16,50% 52.318 56,20% 8,797 460.241
1977 Andreotti 18,10% 62.460 55,20% 7,449 465.265
1978 Andreotti 12,40% 79.092 59,40% 6,624 523.905
1979 Andreotti, Cossiga 15,70% 94.801 58,20% 5,724 542.641
1980 Cossiga, Forlani 21,10% 114.066 56,10% 4,725 538.962
1981 Forlani, Spadolini 18,70% 142.427 58,50% 3,980 566.859
1982 Spadolini, Fanfani 16,30% 181.568 63,10% 3,421 621.144
1983 Fanfani, Craxi 15,00% 232.386 69,40% 2,975 691.348
1984 Craxi 10,60% 286.744 74,90% 2,690 771.341
1985 Craxi 8,60% 347.593 80,90% 2,477 860.988
1986 Craxi 6,10% 404.336 85,10% 2,335 944.125
1987 Craxi, Fanfani, Goria 4,60% 463.083 89,10% 2,232 1.033.601
1988 Goria, De Mita 5,00% 524.528 90,80% 2,127 1.115.671
1989 De Mita, Andreotti 6,60% 591.619 93,30% 1,995 1.180.280
1990 Andreotti 6,10% 667.848 95,20% 1,880 1.255.554
1991 Andreotti 6,40% 755.011 98,60% 1,767 1.334.104
1992 Andreotti, Amato 5,40% 849.921 105,50% 1,676 1.424.468
1993 Amato, Ciampi 4,20% 959.714 115,70% 1,609 1.544.180
1994 Ciampi, Berlusconi 3,90% 1.069.415 121,80% 1,548 1.655.454
1995 Berlusconi, Dini 5,40% 1.151.539 116,90% 1,469 1.691.611
1996 Dini, Prodi 3,90% 1.213.535 116,30% 1,414 1.715.938
1997 Prodi 1,70% 1.239.879 113,80% 1,390 1.723.432
1998 Prodi, D'Alema 1,80% 1.258.223 110,80% 1,365 1.717.474
1999 D'Alema 1,60% 1.285.054 109,70% 1,344 1.727.113
2000 D'Alema, Amato 2,60% 1.302.548 105,10% 1,310 1.706.338
2001 Amato, Berlusconi 2,70% 1.360.285 104,70% 1,276 1.735.724
2002 Berlusconi 2,40% 1.371.679 101,90% 1,246 1.709.112
2003 Berlusconi 2,50% 1.397.460 100,50% 1,216 1.699.311
2004 Berlusconi 2,00% 1.449.657 100,10% 1,192 1.727.991
2005 Berlusconi 1,70% 1.518.640 101,90% 1,172 1.779.846
2006 Berlusconi, Prodi 2,00% 1.588.072 102,60% 1,149 1.824.695
2007 Prodi 1,70% 1.606.203 99,80% 1,130 1.815.009
2008 Prodi, Berlusconi 3,20% 1.671.401 102,40% 1,095 1.830.184
2009 Berlusconi 0,70% 1.770.190 112,50% 1,087 1.924.197
2010 Berlusconi 1,60% 1.851.742 115,40% 1,070 1.981.364
2011 Berlusconi-Monti 2,70% 1.907.910 116,50% 1,042 1.988.042
2012 Monti 3,00% 1.990.046 123,40% 1,011 2.011.937
2013 Monti-Letta 1,10% 2.070.180 129,00% 1,000 2.070.180
2014 Letta-Renzi 0,20% 2.137.240 131,80% 0,998 2.132.966
2015 Renzi -0,10% 2.172.850 131,50% 0,999 2.170.677
2016 Renzi-Gentiloni -0,10% 2.217.910 132,00% 1,000 2.217.910
Sono riportati sia i valori nominali che quelli attualizzati, dato che il valore
di 1 € nel 1970 equivale a 17,56 € del 2016. Da osservare che fra il 1994 e il
2014 il Debito Pubblico è costantemente aumentato, così come il rapporto
fra Debito Pubblico e PIL, passato dal 98% dell’ultimo Governo Andreotti
del 1992 al 131,80 del 2014 (governi Letta e Renzi).
Fra il 1994 e il 2014, però, i governi italiani, che hanno visto l’alternanza fra
Prodi e Berlusconi, hanno visto entrate straordinarie per Privatizzazioni pari
a oltre 127 miliardi di Euro, nonostante i quali il deficit non è stato
contenuto, se non nel 1997, quando il rapporto scese al 99,80%, per poi
risalire.
Le entrate da Privatizzazioni.
Fra il 1994 e il 2014 sono state effettuate le vendite di Assets detenuti dallo
Stato, in un’ottica di giusta Privatizzazione, che, però, non ha avuto
quell’incisività e capacità di impattare in maniera decisa sul debito
pubblico. Di seguito indichiamo le principali società privatizzate e, in
estrema sintesi, le relative entrate, dati che meriterebbero di essere
maggiormente dettagliati:
In 20 anni i governi che si sono succeduti hanno incassato 127 miliardi di
euro, ma smantellata l'industria
Anno Governi Rival. Debito val.2016 Società Privatizzate Importi
1994 Ciampi, Berlusconi 1,548 1.655.454 IMI+INA 2.933
1995 Berlusconi, Dini 1,469 1.691.611 IMI+INA+ENI 5.933
1996 Dini, Prodi 1,414 1.715.938 IMI+ENI 3.783
1997 Prodi 1,390 1.723.432 Telecom+ENI+SEAT 15.602
1998 Prodi, D'Alema 1,365 1.717.474 INA+ENI 4.950
1999 D'Alema 1,344 1.727.113 ENI+ENEL 19.550
2000 D'Alema, Amato 1,310 1.706.338 ENI+ENEL 7.625
2001 Amato, Berlusconi 1,276 1.735.724 INA+ENI+ENEL 9.325
2002 Berlusconi 1,246 1.709.112 Telecom+ENI+ENEL 9.125
2003 Berlusconi 1,216 1.699.311 ENI+ENEL+Tabacchi 9.925
2004 Berlusconi 1,192 1.727.991
2005 Berlusconi 1,172 1.779.846
2006 Berlusconi, Prodi 1,149 1.824.695
2007 Prodi 1,130 1.815.009
2008 Prodi, Berlusconi 1,095 1.830.184
2009 Berlusconi 1,087 1.924.197
2010 Berlusconi 1,070 1.981.364
2011 Berlusconi-Monti 1,042 1.988.042
2012 Monti 1,011 2.011.937 Altre cessioni nei 20 anni 28.248
2013 Monti-Letta 1,000 2.070.180 Totale cessione immobili 10.000
127.000
Dal suo processo di privatizzazione l’Italia ha incassato oltre 127 miliardi di
euro. Circa 10 dalle dismissioni immobiliari. In ogni caso un record.
Meglio di noi hanno fatto soltanto gli inglesi. Eppure non si è approfittato di
questa chance per riconvertire e modernizzare l’economia italiana, oggi
come allora legata a un’industria pesante ed energivora e agli stanziamenti
statali.
Il debito pubblico si è quasi triplicato e si sono PERSI QUASI 1 MILIONE DI
POSTI DI LAVORO NELL'INDUSTRIA.
Incalcolabile è il costo per i prepensionamenti, perché chi si è preso
l’argenteria non ha certo voluto la zavorra di lavoratori poco efficienti e
costosi.
Capitolo a parte le dismissioni immobiliari. Il patrimonio immobiliare dello
Stato, stando alle stime del demanio, vale 340 miliardi di euro. Di questi,
asset per almeno 70 miliardi (i monumenti o i parchi) sono inalienabili. Da
gestire meglio le concessioni: l’economista Edoardo Reviglio ha calcolato
che soltanto quelle marittime e portuali sono sottostimate e che
potrebbero rendere il 6% del loro valore a fronte dello 0,6% garantito.
Fonte:
http://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2013/11/22/privatizzazioni-
tentativi-e-risultati-dal-1992-al-2013/104506/
Per questo l’opposizione all’applicazione della c.d. Direttiva Bolkestein,
cavallo di battaglia di Lega e M5S appare una battaglia di retroguardia,
mentre sarebbe opportuno procedere a una seria attività di liberalizzazione
di servizi e licenze, utilizzando un adeguato periodo transitorio per non
danneggiare investimenti privati ma, al tempo stesso, garantendo entrate
pubbliche coerenti.
Andamento del PIL e dell’Inflazione dal 1970 al 2016
Molte volte si sente dire che, a seguito dell’introduzione dell’Euro e
nonostante la politica di Austerity, il debito pubblico sarebbe aumentato di
mille miliardi.
In realtà, dal 2002 al 2016 il debito pubblico, in valori nominale, è
aumentato di circa 826 milioni di Euro, che diventano meno di 500 milioni
se consideriamo il valore attuale, come da tabella che segue:
Da tener conto del fatto che, dal 1973 (primo shock petrolifero) al 1988
l’inflazione viaggiava in doppia cifra, con un picco del 21,10% nel 1980,
mettendo a rischio la tenuta dell’economia italiana.
Giova ricordare come, fra il 1989 e il 1992 l’On. Paolo Cirino Pomicino, uno
dei più accesi avversari dei governi Renzi – Gentiloni, sia stato Ministro Del
Bilancio e della Programmazione Economica con il sesto governo
Andreotti, fino al Governo Amato, che dovette intervenire d’urgenza per
cercare di mettere un freno alla deriva economica, con l’uscita dallo SME e
la forte svalutazione della Lira.
Anno Governi
PIL a prezzi di
mercato
Inflazione Var %
Debito pubblico
nominale
Var % % Debito/PIL Indice PIL Debito
(Milioni Euro) Annua (Milioni Euro) Annua Rivalut. Valori Att. Val.Att.
1970 Rumor, Colombo 35.267,40 5,10% 3,14% 13.086,60 15,97% 37,11% 17,559 619.260,28 229.787,61
1971 Colombo 38.486,50 5,00% 9,13% 16.145,92 23,38% 41,95% 16,723 643.609,74 270.008,22
1972 Andreotti 42.154,70 5,60% 9,53% 20.107,86 24,54% 47,70% 15,833 667.435,37 318.367,75
1973 Andreotti, Rumor 50.911,20 10,40% 20,77% 25.780,29 28,21% 50,64% 14,345 730.321,16 369.818,26
1974 Rumor, Moro 64.586,00 19,40% 26,86% 32.403,78 25,69% 50,17% 12,010 775.677,86 389.169,40
1975 Moro 73.975,50 17,20% 14,54% 41.899,43 29,30% 56,64% 10,250 758.248,88 429.469,16
1976 Moro, Andreotti 93.078,50 16,50% 25,82% 52.317,52 24,86% 56,21% 8,797 818.811,56 460.237,22
1977 Andreotti 113.100,40 18,10% 21,51% 62.459,56 19,39% 55,22% 7,449 842.484,88 465.261,26
1978 Andreotti 133.047,80 12,40% 17,64% 79.091,78 26,63% 59,45% 6,624 881.308,63 523.903,95
1979 Andreotti, Cossiga 162.758,60 15,70% 22,33% 94.800,49 19,86% 58,25% 5,724 931.630,23 542.638,00
1980 Cossiga, Forlani 203.382,80 21,10% 24,96% 114.065,98 20,32% 56,08% 4,725 960.983,73 538.961,76
1981 Forlani, Spadolini 243.632,40 18,70% 19,79% 142.427,14 24,86% 58,46% 3,980 969.656,95 566.860,02
1982 Spadolini, Fanfani 287.552,30 16,30% 18,03% 181.567,83 27,48% 63,14% 3,421 983.716,42 621.143,55
1983 Fanfani, Craxi 334.832,90 15,00% 16,44% 232.385,48 27,99% 69,40% 2,975 996.127,88 691.346,80
1984 Craxi 382.830,70 10,60% 14,33% 286.744,39 23,39% 74,90% 2,690 1.029.814,58 771.342,41
1985 Craxi 429.648,80 8,60% 12,23% 347.592,62 21,22% 80,90% 2,477 1.064.240,08 860.986,92
1986 Craxi 475.030,70 6,10% 10,56% 404.335,88 16,32% 85,12% 2,335 1.109.196,68 944.124,28
1987 Craxi, Fanfani, Goria 519.650,60 4,60% 9,39% 463.083,44 14,53% 89,11% 2,232 1.159.860,14 1.033.602,24
1988 Goria, De Mita 577.455,10 5,00% 11,12% 524.528,44 13,27% 90,83% 2,127 1.228.247,00 1.115.671,99
1989 De Mita, Andreotti 634.021,20 6,60% 9,80% 591.618,70 12,79% 93,31% 1,995 1.264.872,29 1.180.279,31
1990 Andreotti 701.352,00 6,10% 10,62% 667.847,73 12,88% 95,22% 1,880 1.318.541,76 1.255.553,73
1991 Andreotti 765.806,10 6,40% 9,19% 755.010,88 13,05% 98,59% 1,767 1.353.179,38 1.334.104,22
1992 Andreotti, Amato 805.681,80 5,40% 5,21% 849.920,48 12,57% 105,49% 1,676 1.350.322,70 1.424.466,72
1993 Amato, Ciampi 829.758,10 4,20% 2,99% 959.713,46 12,92% 115,66% 1,609 1.335.080,78 1.544.178,96
1994 Ciampi, Berlusconi 877.708,10 3,90% 5,78% 1.069.415,10 11,43% 121,84% 1,548 1.358.692,14 1.655.454,57
1995 Berlusconi, Dini 985.342,30 5,40% 12,26% 1.151.488,82 7,67% 116,86% 1,469 1.447.467,84 1.691.537,08
1996 Dini, Prodi 1.043.466,70 3,90% 5,90% 1.213.508,31 5,39% 116,30% 1,414 1.475.461,91 1.715.900,75
1997 Prodi 1.090.273,40 1,70% 4,49% 1.238.169,57 2,03% 113,57% 1,390 1.515.480,03 1.721.055,70
1998 Prodi, D'Alema 1.135.930,90 1,80% 4,19% 1.254.386,00 1,31% 110,43% 1,365 1.550.545,68 1.712.236,89
1999 D'Alema 1.172.365,30 1,60% 3,21% 1.282.061,53 2,21% 109,36% 1,344 1.575.658,96 1.723.090,70
2000 D'Alema, Amato 1.239.758,80 2,60% 5,75% 1.300.340,73 1,43% 104,89% 1,310 1.624.084,03 1.703.446,36
2001 Amato, Berlusconi 1.299.411,80 2,70% 4,81% 1.358.333,19 4,46% 104,53% 1,276 1.658.049,46 1.733.233,15
2002(*) Berlusconi 1.346.360,20 2,40% 3,61% 1.368.511,75 0,75% 101,65% 1,246 1.677.564,81 1.705.165,64
2003 Berlusconi 1.391.312,80 2,50% 3,34% 1.393.495,30 1,83% 100,16% 1,216 1.691.836,36 1.694.490,28
2004 Berlusconi 1.449.016,00 2,00% 4,15% 1.444.603,56 3,67% 99,70% 1,192 1.727.227,07 1.721.967,44
2005 Berlusconi 1.490.409,40 1,70% 2,86% 1.518.556,00 5,12% 101,89% 1,172 1.746.759,82 1.779.747,63
2006 Berlusconi, Prodi 1.549.188,00 2,00% 3,94% 1.587.781,00 4,56% 102,49% 1,149 1.780.017,01 1.824.360,37
2007 Prodi 1.610.304,90 1,70% 3,95% 1.605.126,00 1,09% 99,68% 1,130 1.819.644,54 1.813.792,38
2008 Prodi, Berlusconi 1.632.933,40 3,20% 1,41% 1.670.993,00 4,10% 102,33% 1,095 1.788.062,07 1.829.737,34
2009 Berlusconi 1.573.655,10 0,70% -3,63% 1.769.226,00 5,88% 112,43% 1,087 1.710.563,09 1.923.148,66
2010 Berlusconi 1.605.694,40 1,60% 2,04% 1.851.217,00 4,63% 115,29% 1,070 1.718.093,01 1.980.802,19
2011 Berlusconi-Monti 1.638.857,30 2,70% 2,07% 1.907.612,00 3,05% 116,40% 1,042 1.707.689,31 1.987.731,70
2012 Monti 1.615.131,20 3,00% -1,45% 1.988.363,00 4,23% 123,11% 1,011 1.632.897,64 2.010.234,99
2013 Monti-Letta 1.609.462,20 1,10% -0,35% 2.068.722,00 4,04% 128,53% 1,000 1.609.462,20 2.068.722,00
2014 Letta-Renzi 1.616.253,60 0,20% 0,42% 2.134.906,00 3,20% 132,09% 0,998 1.613.021,09 2.130.636,19
2015 Renzi 1.627.881,00 -0,10% 0,72% 2.194.504,00 2,79% 134,81% 0,999 1.626.253,12 2.192.309,50
(*) Entrata in vigore dell'Euro
In valori attuali (2016) il PIL 2015 è tornato ai livelli del 2000
La crisi demografica italiana, fra denatalità e
immigrazione.
Prima di analizzare altri aspetti economici, in particolare quelli relativi
all’andamento dell’occupazione e della disoccupazione, è utile affrontare il
tema dell’andamento demografico dell’Italia, cercando di fare un po’ di
chiarezza su quanto viene detto e scritto a proposito “dell’invasione”
straniera.
La tabella che viene riportata prende il considerazione il trend della popolazione in Italia
dal 1970 al 2016, ultimi dati disponibili:
Popolazione Tasso di Tasso di Tasso di
1º gennaio natalità in ‰ fecondità[15] mortalità in ‰
1970 53.685.301 901.472 16,8 2,43 521.096 9,7 380,376
1971 53.958.400 906.182 16,8 2,41 522.654 9,7 383,528
1972 54.188.580 888.203 16,3 2,36 523.828 9,6 364,375
1973 54.574.113 874.546 16 2,34 547.487 10 327,059
1974 54.928.701 868.882 15,8 2,33 532.052 9,7 336,83
1975 55.293.037 827.852 14,9 2,21 554.346 10 273,506
1976 55.588.966 781.638 14 2,11 550.565 9,9 231,073
1977 55.847.553 741.103 13,2 1,98 546.694 9,8 194,409
1978 56.063.271 709.043 12,6 1,87 540.671 9,6 168,372
1979 56.247.019 670.221 11,9 1,76 538.352 9,6 131,869
1980 56.388.481 640.401 11,3 1,64 554.510 9,8 85,891
1981 56.479.287 623.103 11 1,59 545.291 9,7 77,812
1982 56.524.064 617.507 10,9 1,56 522.332 9,2 95,175
1983 56.563.031 600.218 10,6 1,51 553.568 9,8 46,65
1984 56.565.118 587.871 10,4 1,46 534.676 9,5 53,195
1985 56.588.319 577.345 10,2 1,42 547.436 9,7 29,909
1986 56.597.823 554.845 9,8 1,35 537.453 9,5 17,392
1987 56.594.488 552.329 9,8 1,33 524.999 9,3 27,33
1988 56.609.376 569.698 10,1 1,36 539.426 9,5 30,272
1989 56.649.201 560.688 9,8 1,33 525.960 9,3 34,728
1990 56.694.360 563.019 9,9 1,33 543.708 9,5 19,311
1991 56.744.119 562.787 9,9 1,31 553.833 9,8 8,954
1992 56.757.236 575.216 10,1 1,31 545.038 9,5 30,178
1993 56.960.300 552.587 9,6 1,27 555.043 9,7 -2,456
1994 57.138.489 536.665 9,3 1,22 557.513 9,7 -20,848
1995 57.268.578 526.064 9,1 1,18 555.203 9,6 -29,139
1996 57.332.996 536.740 9,3 1,19 557.756 9,7 -21,016
1997 57.460.977 540.048 9,3 1,21 564.679 9,8 -24,631
1998 57.563.354 532.843 9,2 1,21 576.911 10 -44,068
1999 57.612.615 537.242 9,3 1,22 571.356 9,9 -34,114
2000 57.679.895 543.039 9,4 1,24 560.241 9,6 -17,202
2001 56.915.744 535.282 9,3 1,25 548.254 9,6 -12,963
2002 56.987.507 538.198 9,4 1,26 557.393 9,7 -19,195
2003 57.130.506 544.063 9,4 1,29 586.468 10,2 -42,405
2004 57.495.900 562.599 9,7 1,33 546.658 9,4 15,941
2005 57.874.753 554.022 9,5 1,32 567.304 9,7 -13,282
2006 58.064.214 560.010 9,5 1,35 557.892 9,4 2,118
2007 58.223.744 563.933 9,5 1,36 570.801 9,6 -6,868
2008 58.652.875 576.659 9,6 1,42 585.126 9,8 -8,467
2009 59.000.586 568.857 9,5 1,41 591.663 9,8 -22,806
2010 59.190.143 561.944 9,3 1,41 587.488 9,7 -25,544
2011 59.364.690 546.585 9,2 1,44 593.402 10 -46,817
2012 59.394.207 534.186 9 1,42 612.883 10,3 -78,697
2013 59.685.227 514.308 8,6 1,39 600.744 10,1 -86,436
2014 60.782.668 502.596 8,3 1,37 598.364 9,8 -95,768
2015 60.795.612 485.780 8 1,35 647.571 10,7 -161,791
2016 60.665.551 473.438 7.8 1,34 615.261 10.0 -141,823
Anno Nascite Morti Saldo naturale
Dato che, molte volte, si afferma che gli italiani non fanno più figli a causa
della crisi economica, individuata come unica causa per giustificare la
progressiva denatalità, è necessario analizzare non il valore assoluto ma il
tasso di fecondità, indicatore statistico utilizzato in demografia, chiamato
anche più comunemente "numero medio di figli per donna"
Guardando questo dato, vediamo che questo indicatore è in costante calo
fin dagli anni ’70 del 1900, con un minimo pari a 1,18 del 1995, da quel
punto in poi il tasso di fertilità risale, anche grazie all’apporto degli
immigrati, con un nuovo massimo nel 2012 (1,42).
Fermo restando che reddito e disponibilità di servizi (scuole materne etc.)
costituiscono un fattore sicuramente importante, ricondurre il calo di
fertilità solo alla mera sfera economica può costituire un grave errore.
Probabilmente occorre fare una riflessione sul fatto che la popolazione,
maschile e femminile, invecchia e che, per questo, abbiamo bisogno di
energie giovani, cosa che non può essere determinata da politiche sui
bonus famiglia, utili certo, ma non risolutivi.
Se passiamo a analizzare la questione immigrazione, vediamo che, nel 2016,
gli abitanti italiani di origine straniera sono poco meno dell’8%, con una
forte predominanza di persone provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est
(Romania, Polonia, Bulgaria, Russia, Ucraina etc.) per circa 1,5 milioni di
persone pari al 31% della popolazione straniera, mentre provengono dai
paesi africani poco meno di 1 milione di persone, pari al 18% degli stranieri.
La tabella seguente riporta la situazione al 2015.
Da sottolineare che, secondo stime del Censis, avremmo il 20% di bambini
nati in meno nell’ultimo anno, una scuola pubblica con 35mila classi e
68mila insegnati in meno, saremmo senza 693mila lavoratori domestici e
449mila imprese.
Mentre, senza il contributo degli immigrati, sul fronte pensionistico all’INPS
mancherebbero circa 5 miliardi di Euro l’anno!
E’ evidente che una gestione organizzata del fenomeno immigratorio non
è solo inevitabile, visti i flussi migratori in atto non eliminabili con azioni
unilaterali o alzando muri, ma è nell’interesse nazionale e solo una cieca
miopia propagandistica può pensare che la soluzione sia chiudere le porte.
2015 % %Cum
Romania 1.151.395 22,91% 22,91%
Albania 467.687 9,31% 32,21%
Marocco 437.485 8,70% 40,92%
Cina 271.330 5,40% 46,32%
Ucraina 230.728 4,59% 50,91%
Filippine 165.900 3,30% 54,21%
India 150.456 2,99% 57,20%
Moldavia 142.266 2,83% 60,03%
Bangladesh 118.790 2,36% 62,39%
Egitto 109.871 2,19% 64,58%
Perù 103.714 2,06% 66,64%
Sri Lanka 102.316 2,04% 68,68%
Pakistan 101.784 2,03% 70,70%
Senegal 98.176 1,95% 72,66%
Polonia 97.986 1,95% 74,61%
Tunisia 95.645 1,90% 76,51%
Ecuador 87.427 1,74% 78,25%
Nigeria 77.264 1,54% 79,79%
Macedonia 73.512 1,46% 81,25%
Bulgaria 58.001 1,15% 82,40%
Ghana 48.637 0,97% 83,37%
Brasile 43.783 0,87% 84,24%
Kosovo 43.091 0,86% 85,10%
Serbia 42.264 0,84% 85,94%
Germania 36.661 0,73% 86,67%
Russia 35.791 0,71% 87,38%
Francia 28.634 0,57% 87,95%
Repubblica Dominicana 28.202 0,56% 88,51%
Bosnia-Erzegovina 27.199 0,54% 89,05%
Regno Unito 26.634 0,53% 89,58%
Costa d'Avorio 25.056 0,50% 90,08%
Spagna 22.593 0,45% 90,53%
Algeria 21.765 0,43% 90,97%
Cuba 20.662 0,41% 91,38%
Turchia 19.388 0,39% 91,76%
Colombia 18.777 0,37% 92,14%
Croazia 18.052 0,36% 92,49%
Burkina Faso 14.657 0,29% 92,79%
Stati Uniti 14.512 0,29% 93,07%
Bolivia 14.243 0,28% 93,36%
Georgia 14.045 0,28% 93,64%
El Salvador 13.007 0,26% 93,90%
Camerun 12.738 0,25% 94,15%
Totale Italia 5.026.153
Analisi dei dati relativi a occupazione, disoccupazione, CIG
Per avere un’idea più corretta dell’andamento dell’economia italiana, è utile esaminare l’andamento dell’occupazione in Italia dal 1970 al 2016, come riportato
nella seguente tabella:
Servizi
Industria
in senso
stretto
Costruzioni T o tale
Commercio
all’ingrosso e
al dettaglio,
riparazione di
autoveicoli e
motocicli,
trasporto e
magazzinaggio
, servizi di
alloggio e di
ristorazione
Servizi di
informazione e
comunicazione
Attività
finanziarie
e
assicurati
ve
Attività
immobiliari
Attività professionali,
scientifiche e tecniche,
amministrazione e
servizi di supporto
Amministrazione
pubblica e difesa,
assicurazione
sociale
obbligatoria,
istruzione, sanità e
assistenza sociale
Attività artistiche,
di intrattenimento
e divertimento,
riparazione di beni
per la casa e altri
servizi Altre attività di servizi T o tale Agri-coltura Indu-stria Ser-vizi
1970 4.008,20 5.689,70 1.970,40 7.660,10 3.932,40 707,70 3.623,00 8.263,10 19.931,40 20,1 38,4 41,5
1971 4.004,00 5.786,80 1.861,20 7.648,00 3.841,10 713,40 3.731,20 8.285,70 19.937,70 20,1 38,4 41,6
1972 3.680,20 5.752,70 1.883,60 7.636,30 3.990,50 734,80 3.844,40 8.569,70 19.886,20 18,5 38,4 43,1
1973 3.571,20 5.860,10 1.874,20 7.734,30 4.104,50 776,10 3.981,70 8.862,30 20.167,80 17,7 38,3 43,9
1974 3.458,00 6.057,10 1.833,20 7.890,30 4.246,30 814,80 4.071,70 9.132,80 20.481,10 16,9 38,5 44,6
1975 3.276,30 6.132,20 1.762,70 7.894,90 4.351,80 841,40 4.132,40 9.325,60 20.496,80 16,0 38,5 45,5
1976 3.237,40 6.155,50 1.689,40 7.844,90 4.479,60 876,90 4.265,40 9.621,90 20.704,20 15,6 37,9 46,5
1977 3.084,20 6.226,10 1.678,40 7.904,50 4.499,20 899,70 4.380,20 9.779,10 20.767,80 14,9 38,1 47,1
1978 3.031,20 6.246,50 1.643,30 7.889,80 4.532,40 960,70 4.422,60 9.915,70 20.836,70 14,5 37,9 47,6
1979 2.941,20 6.340,10 1.638,60 7.978,70 4.641,10 1.016,70 4.490,70 10.148,50 21.068,40 14,0 37,9 48,2
1980 2.856,60 6.429,10 1.709,90 8.139,00 4.742,80 1.068,80 4.565,80 10.377,40 21.373,00 13,4 38,1 48,6
1981 2.670,50 6.296,40 1.740,10 8.036,50 4.854,20 1.138,60 4.655,90 10.648,70 21.355,70 12,5 37,6 49,9
1982 2.488,60 6.184,70 1.727,60 7.912,30 5.008,60 1.219,70 4.770,20 10.998,50 21.399,40 11,6 37,0 51,4
1983 2.466,30 6.036,20 1.707,70 7.743,90 5.116,80 1.312,50 4.828,90 11.258,20 21.468,40 11,5 36,1 52,4
1984 2.311,10 5.802,90 1.601,30 7.404,20 5.286,20 1.415,60 5.050,10 11.751,90 21.467,20 10,8 34,5 54,7
1985 2.168,80 5.707,20 1.583,30 7.290,50 5.366,20 1.581,20 5.263,70 12.211,10 21.670,40 10,0 33,6 56,3
1986 2.091,80 5.678,80 1.553,20 7.232,00 5.447,50 1.676,10 5.372,10 12.495,70 21.819,50 9,6 33,1 57,3
1987 2.002,40 5.611,70 1.532,10 7.143,80 5.528,40 1.747,80 5.446,90 12.723,10 21.869,30 9,2 32,7 58,2
1988 1.871,30 5.691,20 1.510,30 7.201,50 5.544,50 1.868,10 5.618,60 13.031,20 22.104,00 8,5 32,6 59,0
1989 1.764,20 5.756,20 1.486,20 7.242,40 5.511,30 1.988,60 5.748,40 13.248,30 22.254,90 7,9 32,5 59,5
1990 1.689,90 5.820,10 1.511,40 7.331,50 5.561,20 2.091,80 5.935,10 13.588,10 22.609,50 7,5 32,4 60,1
1991 1.642,70 5.787,30 1.558,70 7.346,00 5.650,50 2.196,20 6.197,20 14.043,90 23.032,60 7,1 31,9 61,0
1992 1.579,40 5.585,60 1.593,00 7.178,60 5.624,50 2.252,50 6.230,50 14.107,50 22.865,50 6,9 31,4 61,7
1993 1.457,20 5.394,70 1.555,10 6.949,80 5.465,90 2.209,90 6.168,50 13.844,30 22.251,30 6,5 31,2 62,2
1994 1.374,70 5.306,80 1.504,30 6.811,10 5.354,40 2.188,10 6.156,60 13.699,10 21.884,90 6,3 31,1 62,6
1995 1.265,70 4.933,40 1.447,50 6.380,90 5.314,10 419,10 664,50 123,30 1.461,90 4.409,70 1.871,80 14.264,40 21.911,00 5,8 29,1 65,1
1996 1.213,50 4.876,70 1.437,20 6.313,90 5.360,40 437,60 651,70 127,40 1.554,30 4.427,30 1.958,10 14.516,80 22.044,20 5,5 28,6 65,9
1997 1.195,60 4.855,90 1.446,90 6.302,80 5.355,80 445,80 651,00 124,80 1.665,20 4.444,40 1.928,40 14.615,40 22.113,80 5,4 28,5 66,1
1998 1.138,70 4.940,30 1.429,50 6.369,80 5.393,70 469,40 658,00 126,80 1.765,20 4.468,40 1.946,40 14.827,90 22.336,40 5,1 28,5 66,4
1999 1.076,50 4.911,00 1.467,70 6.378,70 5.506,50 501,70 648,70 134,30 1.887,10 4.507,50 1.940,00 15.125,80 22.581,00 4,8 28,2 67,0
2000 1.064,60 4.882,70 1.507,30 6.390,00 5.656,30 539,30 647,00 140,90 2.054,80 4.561,70 1.966,70 15.566,70 23.021,30 4,6 27,8 67,6
2001 1.071,10 4.873,30 1.616,30 6.489,60 5.797,50 562,90 653,30 149,40 2.155,50 4.620,10 1.973,90 15.912,60 23.473,30 4,6 27,6 67,8
2002 1.047,40 4.897,70 1.656,10 6.553,80 5.847,50 588,90 655,50 158,60 2.270,40 4.664,30 2.081,00 16.266,20 23.867,40 4,4 27,5 68,2
2003 1.006,80 4.923,20 1.716,30 6.639,50 5.942,10 590,70 658,90 162,10 2.361,60 4.672,30 2.183,90 16.571,60 24.217,90 4,2 27,4 68,4
2004 1.015,00 4.868,80 1.774,80 6.643,60 5.952,30 583,00 667,70 162,00 2.436,40 4.665,80 2.238,80 16.706,00 24.364,60 4,2 27,3 68,6
2005 998,80 4.832,90 1.866,50 6.699,40 5.961,40 584,30 670,90 155,70 2.510,20 4.666,60 2.254,00 16.803,10 24.501,30 4,1 27,3 68,6
2006 1.017,10 4.883,00 1.894,80 6.777,80 6.117,30 605,20 687,10 165,90 2.570,60 4.693,00 2.349,80 17.188,90 24.983,80 4,1 27,1 68,8
2007 985,20 4.905,90 1.960,70 6.866,60 6.223,10 603,20 707,90 175,80 2.669,90 4.687,20 2.376,00 17.443,10 25.294,90 3,9 27,1 69,0
2008 963,40 4.855,80 1.966,10 6.821,90 6.254,20 603,50 710,30 174,40 2.724,80 4.700,30 2.396,40 17.563,90 25.349,20 3,8 26,9 69,3
2009 942,10 4.633,30 1.945,30 6.578,60 6.150,30 609,10 699,90 171,50 2.653,90 4.666,90 2.453,20 17.404,80 24.925,50 3,8 26,4 69,8
2010 959,50 4.470,20 1.911,90 6.382,10 6.133,10 597,30 690,30 177,40 2.700,60 4.636,00 2.489,40 17.424,10 24.765,70 3,9 25,8 70,4
2011 942,20 4.439,90 1.867,60 6.307,50 6.187,90 595,00 684,70 180,80 2.782,30 4.632,20 2.530,10 17.593,00 24.842,70 3,8 25,4 70,8
2012 918,70 4.369,60 1.778,50 6.148,10 6.209,70 591,30 681,90 185,80 2.825,20 4.595,90 2.608,20 17.698,00 24.764,80 3,7 24,8 71,5
2013 892,20 4.251,10 1.643,10 5.894,20 6.113,80 585,40 669,70 179,50 2.814,40 4.578,00 2.595,60 17.536,40 24.322,80 3,7 24,2 72,1
2014 893,30 4.205,10 1.569,50 5.774,60 6.111,70 586,10 660,20 179,00 2.877,40 4.602,00 2.662,20 17.678,60 24.346,50 3,7 23,7 72,6
2015 912,90 4.170,50 1.543,80 5.714,30 6.151,70 598,50 660,90 182,30 2.954,20 4.621,40 2.685,20 17.854,20 24.481,40 3,7 23,3 72,9
Fonte: Istat, Conti economici nazionali
(b) I totali potrebbero non coincidere con la somma delle singole voci a causa degli arrotondamenti.
Agricoltura,
silvicoltura
e pesca
Industria
T o tale
Composizioni percentuali
(a) Gli occupati presenti derivano dalle stime di contabilità nazionale e comprendono tutte le persone occupate, residenti e non residenti, che prestano la propria attività lavorativa presso unità produttive residenti. Tra questi sono considerati
anche i componenti permanenti delle convivenze, i militari di leva e i lavoratori residenti con meno di 15 anni, mentre sono esclusi i residenti che lavorano presso unità di produzione non residenti. I dati relativi agli occupati presenti non sono,
ANNI
15-24 25-64 65 e oltre Totale 15-64
Totale
15 anni
e oltre
15-24 25-74 Totale 15-74 15-24 25-64 65 e oltre
Totale 15
anni e oltre
1977 36,8 58,8 8,0 53,8 46,5 21,7 3,0 6,4 47,0 60,6 8,3 49,7
1978 35,9 59,3 7,7 53,9 46,4 22,9 3,0 6,6 46,6 61,2 8,0 49,7
1979 36,6 59,5 7,0 54,1 46,4 23,4 3,0 6,9 47,8 61,3 7,2 49,8
1980 36,8 60,2 6,9 54,6 46,7 23,4 3,0 6,9 48,0 62,0 7,2 50,1
1981 36,0 60,3 6,3 54,5 46,4 25,4 3,2 7,5 48,2 62,3 6,5 50,2
1982 35,0 60,0 5,6 54,0 46,0 27,3 3,6 8,2 48,1 62,2 5,8 50,1
1983 34,3 59,8 5,3 53,7 45,9 29,4 4,2 9,1 48,6 62,4 5,6 50,4
1984 32,7 60,0 5,4 53,4 45,8 31,9 4,3 9,6 48,1 62,7 5,7 50,7
1985 32,4 59,9 5,3 53,3 45,7 32,2 4,3 9,6 47,8 62,6 5,5 50,6
1986 33,1 59,6 5,5 53,3 45,6 31,5 4,8 9,9 48,3 62,7 5,7 50,6
1987 32,7 60,0 5,2 53,5 45,6 32,4 5,2 10,3 48,4 63,3 5,4 50,9
1988 32,9 60,2 4,9 53,8 45,6 31,0 5,4 10,1 47,7 63,7 5,1 50,7
1989 33,3 60,5 4,7 54,2 45,7 29,5 5,6 9,9 47,3 64,1 4,9 50,7
1990 33,5 61,0 4,7 54,8 46,0 27,4 5,2 9,0 46,1 64,4 4,9 50,6
1991 32,3 61,4 4,8 54,9 46,0 26,9 5,1 8,6 44,2 64,7 4,9 50,3
1992 31,4 60,9 4,7 54,4 45,4 26,8 5,4 8,7 42,9 64,4 4,8 49,8
1993 31,2 60,0 4,2 53,7 44,6 27,1 6,6 9,7 42,8 64,2 4,4 49,4
1994 29,7 59,0 3,9 52,8 43,6 28,7 7,5 10,6 41,6 63,9 4,0 48,8
1995 28,9 58,7 3,8 52,5 43,2 29,9 8,1 11,2 41,3 63,9 3,9 48,7
1996 28,7 58,9 3,8 52,9 43,3 29,9 8,3 11,2 40,9 64,3 3,9 48,7
1997 28,8 58,8 4,1 53,0 43,3 29,6 8,5 11,2 41,0 64,3 4,2 48,7
1998 29,5 59,3 3,7 53,7 43,6 29,2 8,7 11,3 41,6 65,0 3,8 49,1
1999 29,8 60,0 3,5 54,5 44,0 28,0 8,5 10,9 41,3 65,6 3,7 49,4
2000 30,8 60,8 3,4 55,5 44,6 26,2 7,9 10,0 41,7 66,1 3,5 49,6
2001 31,0 61,9 3,5 56,6 45,3 23,1 7,3 9,0 40,3 66,8 3,6 49,8
2002 30,8 62,7 3,5 57,4 45,8 22,0 6,9 8,5 39,4 67,4 3,7 50,0
2003 29,1 63,0 3,1 57,5 45,6 23,4 6,8 8,4 38,0 67,7 3,2 49,8
2004 27,3 63,3 3,2 57,6 45,5 23,5 6,5 8,0 35,7 67,7 3,2 49,5
2005 25,5 63,4 3,1 57,5 45,3 24,1 6,2 7,7 33,6 67,7 3,2 49,1
2006 25,3 64,4 3,2 58,3 45,8 21,8 5,5 6,8 32,3 68,2 3,3 49,1
2007 24,5 64,8 3,3 58,6 45,8 20,4 4,9 6,1 30,8 68,2 3,3 48,8
2008 24,2 64,9 3,3 58,6 45,8 21,2 5,6 6,7 30,7 68,8 3,4 49,1
2009 21,5 63,9 3,2 57,4 44,7 25,3 6,4 7,7 28,8 68,3 3,2 48,5
2010 20,2 63,4 3,1 56,8 44,2 27,9 6,9 8,4 28,1 68,2 3,2 48,2
2011 19,2 63,6 3,2 56,8 44,1 29,2 6,9 8,4 27,1 68,4 3,2 48,1
2012 18,5 63,5 3,4 56,6 43,9 35,3 8,9 10,7 28,6 69,8 3,4 49,1
2013 16,3 62,6 3,5 55,5 42,9 40,0 10,2 12,1 27,1 69,9 3,5 48,8
2014 15,6 62,9 3,7 55,7 42,8 42,7 10,6 12,7 27,1 70,6 3,7 49,1
2015 15,6 63,6 3,8 56,3 43,1 40,3 10,1 11,9 26,2 70,8 3,8 49,0
Fonte: Istat, Rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro (fino al 2003); Rilevazione sulle forze di lavoro (dal 2004)
Tavola 10.7 segue - Tassi di occupazione, di disoccupazione e di attività per classe di età e ripartizione
geografica - Anni 1977-2015
ITALIA (b)
(b) I dati dal 1977 al 2003 sono stati riscostruiti per essere coerenti con quelli degli anni successivi. L'intera serie di dati tiene conto delle revisioni della
popolazione nei periodi intercensuari.
ANNI
Tasso di occupazione Tasso di disoccupazione Tasso di attività
Dall’analisi della Tabella, possiamo vedere che, fra il 1977 e il 2016, quindi in 33 anni, il
tasso di occupazione nella fascia tra i 15 e i 64 anni, quello di norma più esaminato, è
aumentato del 3,5%, passando da 58,8 a 63,6 mentre nel 2008, anno di inizio della crisi,
era salito al 64,9.
Per avere un’idea più precisa dell’andamento di questo indicatore, è utile avere come
riferimento il 1984, anno in cui si è registrato la punta massima di spesa sociale “allegra”
e del massimo disavanzo primario e il 2008, ultimo anno prima della crisi.
In questo caso la differenza è del 6,7%, un guadagno ottenuto quasi tutto dal 1996 in poi,
con le leggi Treu e Biagi e con l’immigrazione.
Dall’analisi della tabella osserviamo che la disoccupazione è andata calando in modo quasi
inversamente proporzionale all’aumento dell’occupazione, così che nel totale abbiamo un
tasso di attività totale simile, risultato però di importanti variazioni, che possiamo
riassumere così:
– Una diminuzione dell’occupazione dei 15-24enni, dovuta a un maggiore impegno
scolastico e universitario, che diventa un ancora maggiore calo della disoccupazione nella
stessa fascia, e quindi un crollo del 15% circa del tasso di attività di questi giovani.
– Una diminuzione del tasso di occupazione e di attività degli ultra 65-enni, in generale
occupati nell’agricoltura.
– Un aumento dell’occupazione di circa il 6% nella fascia della stragrande maggioranza
della popolazione lavorativa, ovvero tra i 25 e i 64 anni, che ha visto un corrispettivo
aumento limitato della disoccupazione, solo un 1-2%, e quindi un aumento del tasso di
attività anch’esso del 6%.
Riportiamo alcune analisi grafiche rielaborate da YouTrend
(http://www.youtrend.it/2013/05/17/loccupazione-in-italia-dal-1977/)
Questi grafici si basano sui dati che l’ISTAT ha pubblicato riassumendo il trend
dell’occupazione in Italia dal 1977 ad oggi attraverso le fasi dell’economia.
Ricordiamo, per una migliore comprensione dei numeri, che dal 1977 al 1992 circa
l’economia è stata attraversata da una espansione del PIL anche se, soprattutto fino al
1984, accompagnata da un forte aumento della spesa pubblica e del debito, cui si è
cercato di porre rimedio con un aumento dell’imposizione fiscale.
Nel 1992 l’insostenibilità del debito, anche con la complicità dell’aumento dei tassi
d’interessi tedeschi dovuti alla riunificazione, portarono a una svalutazione, conseguenti
politiche di austerità e una recessione; a ciò hanno fatto seguito un certo rigore che ha
portato all’entrata nell’euro, il crollo dei tassi di cui non si è approfittato negli anni, pur di
bassa crescita, fino alla attuale crisi che parte dal 2009.
Fino al 1998, nonostante siano stati anni di crescita del PIL (tranne il 1993) il tasso di
occupazione è rimasto sostanzialmente lo stesso con alti e bassi intorno al 51-54%, a livelli
anche più bassi di quanto lo siano ora, in piena crisi.
Solo a partire dal 1998, in seguito alla legge Treu prima e alla legge Biagi dopo, risulta
conveniente assumere nuove persone, con contratti più favorevoli alle imprese, che
contribuiscono alla diminuzione della disoccupazione e dell’inattività.
Dai governi Amato e Ciampi in poi, con la firma degli accordi di Maastricht, lo Stato non ha
più potuto riversare spesa pubblica facile sotto le varie forme di pensioni, assunzioni nel
settore pubblico o aumenti nei rinnovi contrattuali nello stesso campo, cosa che
permetteva a molti inattivi di essere mantenuti dal familiare occupato o con pensione.
Andamento della CIG (Ordinaria e Straordinaria)
Nelle analisi politiche dei dati economici si parla del PIL, del Debito pubblico e
dell’occupazione, ma raramente si considera l’andamento delle ore di CIG richieste dalle
aziende e erogate dall’INPS.
Se analizziamo l’andamento delle ore di CIG richieste dalle aziende dal 2005 all’ottobre del
2017, vediamo che, a fronte di un picco di quasi 1,2 miliardi di ore richieste nel 2010, a
ottobre 2017 si è scesi a circa 300 milioni, andamento quasi fisiologico, se consideriamo
che il minimo si è avuto, durante il periodo oggetto di analisi, nel 2007, anno ante crisi, con
circa 190 milioni di ore richieste:
Italia
Ordinaria Straordinaria In deroga Totale
Mesi Operai impiegati Totale Operai impiegati Totale Operai impiegati Totale Operai impiegati Totale
Anno 2005 127.391.302 15.089.820 142.481.122 67.672.072 23.050.623 90.722.695 11.834.072 1.967.981 13.802.053 206.897.446 40.108.424 247.005.870
Anno 2006 88.063.519 8.545.390 96.608.909 87.087.617 24.801.580 111.889.197 20.364.316 3.785.998 24.150.314 195.515.452 37.132.968 232.648.420
Anno 2007 65.019.277 5.634.292 70.653.569 69.668.831 18.968.614 88.637.445 21.697.805 3.364.548 25.062.353 156.385.913 27.967.454 184.353.367
Anno 2008 103.855.079 9.230.191 113.085.270 67.889.250 19.261.934 87.151.184 24.729.280 3.381.907 28.111.187 196.473.609 31.874.032 228.347.641
Anno 2009 477.262.652 99.450.133 576.712.785 155.985.218 60.740.165 216.725.383 99.363.351 23.596.526 122.959.877 732.611.221 183.786.824 916.398.045
Anno 2010 280.705.379 61.129.955 341.835.334 361.545.942 124.183.500 485.729.442 281.513.204 89.811.267 371.324.471 923.764.525 275.124.722 1.198.889.247
Anno 2011 195.160.622 34.614.319 229.774.941 296.759.015 122.083.554 418.842.569 235.087.775 91.784.637 326.872.412 727.007.412 248.482.510 975.489.922
Anno 2012 281.946.180 58.070.959 340.017.139 277.120.194 123.910.095 401.030.289 266.172.910 107.390.439 373.563.349 825.239.284 289.371.493 1.114.610.777
Anno 2013 286.022.427 70.663.573 356.686.000 315.677.626 148.398.548 464.076.174 201.003.647 79.842.577 280.846.224 802.703.700 298.904.698 1.101.608.398
Anno 2014 202.937.099 50.628.662 253.565.761 346.887.997 182.334.561 529.222.558 166.577.230 69.420.196 235.997.426 716.402.326 302.383.419 1.018.785.745
Anno 2015 149.833.610 33.989.669 183.823.279 254.101.221 146.264.182 400.365.403 70.518.661 27.950.072 98.468.733 474.453.492 208.203.923 682.657.415
Anno 2016 113.343.226 24.235.610 137.578.836 259.590.048 127.437.557 387.027.605 42.684.347 14.501.190 57.185.537 415.617.621 166.174.357 581.791.978
Gennaio-ottobre 2017 302.777.647
Se prendiamo in esame un periodo più ampio, dal 1980 all’ottobre del 2017, abbiamo il
seguente andamento:
Analisi del numero dei dipendenti pubblici in Italia
Pochi fanno presente che, per ridurre il deficit pubblico, vi è stata una sostanziale
razionalizzazione all’interno della macchina burocratica dello stato, che ha comportato, fra
il 2007 e il 2014, a una riduzione del numero dei dipendenti pubblici di ben 176 mila unità,
passando da 3,4 milioni a 3,2 milioni di addetti.
Il totale della forza lavoro impiegata nelle amministrazioni pubbliche nel 2014 è solo in
apparenza in aumento rispetto al precedente anno.
L’incremento è infatti frutto dell’ingresso nella rilevazione degli enti appartenenti alla lista
S13 che, con i loro 34.300 dipendenti circa, mascherano l’andamento dell’occupazione nel
pubblico impiego come considerato fino ad oggi.
Senza questi enti il conto si arresta poco sotto quota 3.219.000, con una riduzione rispetto
all’anno precedente di circa 14.000 unità, senza interrompere il trend in riduzione che
prosegue ormai dal 2008. (Fonte MEF – Ragioneria Generale dello Stato)
Ciò significa che l’incremento di occupazione, al di là delle polemiche sulla metodologia di
rilevazione, che non risulta modificata negli anni, deriva da occupazione aggiuntiva nel
settore privato, mentre il numero dei dipendenti pubblici resta invariato se non in fase di
diminuzione, con un’accentuata controtendenza in alcune regioni a statuto speciale….
Conclusioni
Per sintetizzare i dati sopra indicati, possiamo dire che:
1) fra il 1994 e il 2014 il Debito Pubblico è costantemente aumentato, così come il
rapporto fra Debito Pubblico e PIL, passato dal 98% dell’ultimo Governo Andreotti del
1992 al 131,80 del 2014 (governi Letta e Renzi).
2) Fra il 1994 e il 2014, però, i governi italiani, che hanno visto l’alternanza fra Prodi e
Berlusconi, hanno visto entrate straordinarie per Privatizzazioni pari a oltre 127 miliardi di
Euro, nonostante i quali il deficit non è stato contenuto, se non nel 1997, quando il
rapporto scese al 99,80%, per poi risalire.
3) In 20 anni i governi che si sono succeduti (Prodi, Berlusconi etc.) hanno incassato
127 miliardi di euro, ma hanno contribuito a smantellare parte dell’industria italiana. Il
debito pubblico si è quasi triplicato e si sono PERSI QUASI 1 MILIONE DI POSTI DI LAVORO
NELL'INDUSTRIA.
4) Incalcolabile è il costo per i prepensionamenti, perché chi si è preso l’argenteria
non ha certo voluto la zavorra di lavoratori poco efficienti e costosi.
5) Capitolo a parte le dismissioni immobiliari. Il patrimonio immobiliare dello Stato,
stando alle stime del demanio, vale 340 miliardi di euro. Di questi, asset per almeno 70
miliardi (i monumenti o i parchi) sono inalienabili. Sarebbe sicuramente opportuno gestire
meglio le concessioni demaniali.
6) Andamento demografico dell’Italia, cercando di fare un po’ di chiarezza su quanto
viene detto e scritto a proposito “dell’invasione” straniera. Non è vero che gli italiani non
fanno più figli a causa della crisi economica, individuata come unica causa per giustificare
la progressiva denatalità. Se analizziamo il tasso di fecondità, vediamo che questo
indicatore è in costante calo fin dagli anni ’70 del 1900, con un minimo pari a 1,18 del
1995, da quel punto in poi il tasso di fertilità risale, anche grazie all’apporto degli
immigrati, con un nuovo massimo nel 2012 (1,42).Fermo restando che reddito e
disponibilità di servizi (scuole materne etc.) costituiscono un fattore sicuramente
importante, ricondurre il calo di fertilità solo alla mera sfera economica può costituire un
grave errore.
7) Se passiamo a analizzare la questione immigrazione, vediamo che, nel 2016, gli
abitanti italiani di origine straniera sono poco meno dell’8%, con una forte predominanza
di persone provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est, circa 1,5 milioni di persone pari al
31% della popolazione straniera, mentre provengono dai paesi africani poco meno di 1
milione di persone, pari al 18% degli stranieri.
8) Da sottolineare che, secondo stime del Censis, avremmo il 20% di bambini nati in
meno nell’ultimo anno, una scuola pubblica con 35mila classi e 68mila insegnati in meno,
saremmo senza 693mila lavoratori domestici e 449mila imprese. Senza il contributo degli
immigrati, sul fronte pensionistico all’INPS mancherebbero circa 5 miliardi di Euro l’anno!
9) Una gestione organizzata del fenomeno immigratorio non è solo inevitabile, visti i
flussi migratori in atto, ma è nell’interesse nazionale! Solo una cieca miopia
propagandistica può pensare che la soluzione sia chiudere le porte.
10) Analisi dei dati relativi a occupazione, disoccupazione, CIG : è utile esaminare
l’andamento dell’occupazione in Italia dal 1970 al 2016, se ci concentriamo sui dati dal
1977 al 2016 vediamo che, in 33 anni, il tasso di occupazione nella fascia tra i 15 e i 64
anni, quello di norma più esaminato, è aumentato del 3,5%, passando da 58,8 a 63,6
mentre nel 2008, anno di inizio della crisi, era salito al 64,9.
11) Nelle analisi politiche dei dati economici si parla del PIL, del Debito pubblico e
dell’occupazione, ma raramente si considera l’andamento delle ore di CIG richieste dalle
aziende e erogate dall’INPS.
12) Se analizziamo l’andamento delle ore di CIG richieste dalle aziende dal 2005
all’ottobre del 2017, vediamo che, a fronte di un picco di quasi 1,2 miliardi di ore richieste
nel 2010, a ottobre 2017 si è scesi a circa 300 milioni, andamento quasi fisiologico, se
consideriamo che il minimo si è avuto, durante il periodo oggetto di analisi, nel 2007, anno
ante crisi, con circa 190 milioni di ore richieste.
13) Pochi fanno presente che, per ridurre il deficit pubblico, vi è stata una sostanziale
razionalizzazione all’interno della macchina burocratica dello stato, che ha comportato, fra
il 2007 e il 2014, a una riduzione del numero dei dipendenti pubblici di ben 176 mila unità,
passando da 3,4 milioni a 3,2 milioni di addetti. Ciò significa che l’incremento di
occupazione, al di là delle polemiche sulla metodologia di rilevazione, che non risulta
modificata negli anni, deriva da occupazione aggiuntiva nel settore privato, mentre il
numero dei dipendenti pubblici resta invariato se non in fase di diminuzione, con
un’accentuata controtendenza in alcune regioni a statuto speciale….

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Sintesi analisi economica 1970_2017

  • 1. SIATE REALISTI, CHIEDETE L’IMPOSSIBILE! Premessa Una delle frasi che più hanno caratterizzato il ’68, inteso come periodo che va dal maggio del 1968 fino a metà degli anni ’70 del 1900, era “Siate realisti, Chiedete l’Impossibile”! Frase di rottura utilizzata da un movimento che aveva l’obiettivo di sovvertire l’ordine costituito, non solo quello politico, quanto l’intero ordine sociale. Simboli di questa sovversione furono, la minigonna, i movimenti per la liberazione della donna e tutti i movimenti che si proponevano di disarticolare una struttura sociale basata sul patriarcato, sull’obbedienza cieca dei figli e delle donne al padre-padrone, sulla triade Stato – Chiesa – Famiglia. Da questa ribellione sgorgarono vari rivoli di contestazione, i capelli lunghi, la musica trasgressiva, i grandiosi raduni oceanici di musica, come Woodstock o l’isola di Wight. Cosa avevano in comune tutti questi movimenti? Erano espressioni di una volontà di proporre un modello alternativo di società, più libera, più solidale, più incentrata sull’individuo piuttosto che sulla collettività. Per un mero errore di conoscenza e consapevolezza, questi movimenti confluirono in una Sinistra che, all’epoca, facendo propri i miti comunisti del Socialismo reale, difendeva alcuni dei regimi più totalitari che siano stati ideati dalla cultura politica, quello dell’URSS, di Cuba e dei tanti regimi comunisti che poco aveva da invidiare, per capacità di persecuzione e negazione della libertà, ai regimi fascisti e nazisti. Dalla contestazione alla proposta di Governo? Fatta questa doverosa premessa, meraviglia il fatto che, nella sostanza, questo slogan sia presente nei programmi politici della maggior parte dei i partiti che si presenteranno alle prossime elezioni politiche.
  • 2. Questi partiti, di fatto, si presentano come entità vergini, pur avendo governato per molti anni, come il Centro destra (nelle sue varie componenti), la Sinistra alternativa di MdP (che ha governato con Prodi, Letta e, in parte, anche con Forza Italia quando si trattava di sostenere il Governo Monti) e, alla fin fine, anche lo stesso Movimento 5 Stelle, che vanta un record assoluto di malgoverno nei pochi anni e nelle poche realtà dove è arrivato ad avere una maggioranza. Non ho incluso il Partito Democratico, per una ragione specifica; è il partito messo nel mirino da tutti i contendenti, imputando al suo vertice tutte le colpe delle cose che non vanno in Italia, dimenticando che, alla fine, il PD a trazione Renzi - Gentiloni, ha governato solo negli ultimi 4 anni di una legislatura fra le più complicate, nata, nel 2013, senza una vera maggioranza, incapace di esprimere un Presidente della repubblica e che, alla fine, è riuscita a portare a casa buoni risultati, sia in ambito economico che sociale (leggi sulle Unioni Civili, Testamento Biologico, Terzo settore etc.). Le fantasiose (e impossibili) proposte di Governo Vediamo alcune delle fantasiose (impossibili e irragionevoli) proposte politiche di alcune forze politiche: Proposta Controindicazioni Abolizione legge Fornero Aumento dei costi previdenziali e insostenibilità sistema INPS Riduzione imposte e Flat Tax (eliminazione IRAP, no spesometro, studi di settore etc.) Senza una radicale revisione della Spesa pubblica e un adeguato sistema di compensazioni, questo sistema determinerebbe minor gettito, da una parte e minor equilibrio sociale, rinunciando a un minimo di redistribuzione del reddito. Stop Immigrazione Senza specificare come e perché, questo, come vedremo, si tradurrebbe in un boomerang per la nostra economia, oltre a essere irrealizzabile perché non si può fermare un fenomeno epocale con i semplici editti. Rilancio degli Investimenti Pubblici e Immobiliari Anche qui non viene specificato quali costi potranno essere tagliati per finanziare, non in deficit questi investimenti pubblici e, soprattutto, quali saranno. Per il settore immobiliare, ci sarebbe da capire come, senza un’adeguata politica demografica, smaltire lo stock di abitazioni private e pubbliche invendute e inutilizzate Ripristino Art. 18 Provvedimento inutile, visto che l’ex art. 18 non ha mai tutelato, di fatto, nessuno ma solo creato inutile allarme fra gli investitori, specie esteri.
  • 3. Abolizione Jobs Act Senza specificare come e sostituendolo con cosa, in particolare senza mettere in evidenza quali sarebbero le eventuali storture da correggere, se non parlando di aspetti marginali e di bandiera come i voucher, che, peraltro, hanno funzionato facendo emergere parte del sommerso esistente Ius Soli Al contrario del Centro – destra, qui si propone un’apertura senza controllo e una cultura “dell’accoglienza” senza se e senza ma, con conseguenze negative sulla tenuta democratica dell’Italia. Abolizione Tasse Universitarie Al di là del fatto che non si sa come potrebbe essere finanziata, non se ne capisce la ragione, visto che l’obiettivo dovrebbe essere quello di premiare gli Atenei migliori e obbligarli a fare bene nel rispetto dei vincoli di bilancio. Diversamente, vorrebbe dire smantellare la logica dell’Autonomia delle Università ripristinando logiche di dissipazione di risorse senza controllo. Rilancio investimenti pubblici Anche in questo caso sarebbe da spiegare come reperire fondi e di quali investimenti si parla. Reddito di Cittadinanza Che non è un vero Reddito di Cittadinanza ma che, in pratica, non avrebbe coperture e sarebbe finanziato in Deficit No Grandi opere pubbliche Il No a TAV, TAP e a ogni opera pubblica o evento internazionale è una caratteristica comune, ovviamente fa parte di una concezione pauperistica e luddista della realtà e della storia. Eliminazione IRAP Dimenticando a) Che è stata diminuita con le maggiori detrazioni del costo del lavoro b) Che è una imposta regionale e che, se abolita, richiederà o taglio dei servizi regionali o maggiori trasferimenti di fondi dallo Stato alle regioni Revisione dei Trattati Europei Di per sé ipotesi non infondata, ma senza essere esplicitato come e, soprattutto, cosa dovrebbe essere rivisto. Da qui alle prossime elezioni, verranno meglio esplicitati programmi e proposte, però, a questo punto, direi che vale la pena di partire dai dati esistenti e valutare se le cose, oggi, vanno veramente così male o se, alla fine, quanto impostato dai governi degli ultimi anni comincia a dare i propri frutti. Vediamo, in dettaglio, alcuni numeri, tenendo conto dell’evoluzione non degli ultimi anni, ma, dove possibile, dagli anni ’70 del 1900 a oggi.
  • 4. Andamento del Debito Pubblico, del PIL e del rapporto Debito/PIL dal 1970 al 2016 Anno Governi Inflazione Debito Rapporto debito/Pil Indice Valore (milioni di euro) Rivalut. attuale 1970 Rumor, Colombo 5,10% 13.087 37,10% 17,559 229.795 1971 Colombo 5,00% 16.146 42,00% 16,723 270.010 1972 Andreotti 5,60% 20.108 47,70% 15,833 318.370 1973 Andreotti, Rumor 10,40% 25.780 50,60% 14,345 369.814 1974 Rumor, Moro 19,40% 32.404 50,20% 12,010 389.172 1975 Moro 17,20% 41.899 56,60% 10,250 429.465 1976 Moro, Andreotti 16,50% 52.318 56,20% 8,797 460.241 1977 Andreotti 18,10% 62.460 55,20% 7,449 465.265 1978 Andreotti 12,40% 79.092 59,40% 6,624 523.905 1979 Andreotti, Cossiga 15,70% 94.801 58,20% 5,724 542.641 1980 Cossiga, Forlani 21,10% 114.066 56,10% 4,725 538.962 1981 Forlani, Spadolini 18,70% 142.427 58,50% 3,980 566.859 1982 Spadolini, Fanfani 16,30% 181.568 63,10% 3,421 621.144 1983 Fanfani, Craxi 15,00% 232.386 69,40% 2,975 691.348 1984 Craxi 10,60% 286.744 74,90% 2,690 771.341 1985 Craxi 8,60% 347.593 80,90% 2,477 860.988 1986 Craxi 6,10% 404.336 85,10% 2,335 944.125 1987 Craxi, Fanfani, Goria 4,60% 463.083 89,10% 2,232 1.033.601 1988 Goria, De Mita 5,00% 524.528 90,80% 2,127 1.115.671 1989 De Mita, Andreotti 6,60% 591.619 93,30% 1,995 1.180.280 1990 Andreotti 6,10% 667.848 95,20% 1,880 1.255.554 1991 Andreotti 6,40% 755.011 98,60% 1,767 1.334.104 1992 Andreotti, Amato 5,40% 849.921 105,50% 1,676 1.424.468 1993 Amato, Ciampi 4,20% 959.714 115,70% 1,609 1.544.180 1994 Ciampi, Berlusconi 3,90% 1.069.415 121,80% 1,548 1.655.454 1995 Berlusconi, Dini 5,40% 1.151.539 116,90% 1,469 1.691.611 1996 Dini, Prodi 3,90% 1.213.535 116,30% 1,414 1.715.938 1997 Prodi 1,70% 1.239.879 113,80% 1,390 1.723.432 1998 Prodi, D'Alema 1,80% 1.258.223 110,80% 1,365 1.717.474 1999 D'Alema 1,60% 1.285.054 109,70% 1,344 1.727.113 2000 D'Alema, Amato 2,60% 1.302.548 105,10% 1,310 1.706.338 2001 Amato, Berlusconi 2,70% 1.360.285 104,70% 1,276 1.735.724 2002 Berlusconi 2,40% 1.371.679 101,90% 1,246 1.709.112 2003 Berlusconi 2,50% 1.397.460 100,50% 1,216 1.699.311 2004 Berlusconi 2,00% 1.449.657 100,10% 1,192 1.727.991 2005 Berlusconi 1,70% 1.518.640 101,90% 1,172 1.779.846 2006 Berlusconi, Prodi 2,00% 1.588.072 102,60% 1,149 1.824.695 2007 Prodi 1,70% 1.606.203 99,80% 1,130 1.815.009 2008 Prodi, Berlusconi 3,20% 1.671.401 102,40% 1,095 1.830.184 2009 Berlusconi 0,70% 1.770.190 112,50% 1,087 1.924.197 2010 Berlusconi 1,60% 1.851.742 115,40% 1,070 1.981.364 2011 Berlusconi-Monti 2,70% 1.907.910 116,50% 1,042 1.988.042 2012 Monti 3,00% 1.990.046 123,40% 1,011 2.011.937 2013 Monti-Letta 1,10% 2.070.180 129,00% 1,000 2.070.180 2014 Letta-Renzi 0,20% 2.137.240 131,80% 0,998 2.132.966 2015 Renzi -0,10% 2.172.850 131,50% 0,999 2.170.677 2016 Renzi-Gentiloni -0,10% 2.217.910 132,00% 1,000 2.217.910
  • 5. Sono riportati sia i valori nominali che quelli attualizzati, dato che il valore di 1 € nel 1970 equivale a 17,56 € del 2016. Da osservare che fra il 1994 e il 2014 il Debito Pubblico è costantemente aumentato, così come il rapporto fra Debito Pubblico e PIL, passato dal 98% dell’ultimo Governo Andreotti del 1992 al 131,80 del 2014 (governi Letta e Renzi). Fra il 1994 e il 2014, però, i governi italiani, che hanno visto l’alternanza fra Prodi e Berlusconi, hanno visto entrate straordinarie per Privatizzazioni pari a oltre 127 miliardi di Euro, nonostante i quali il deficit non è stato contenuto, se non nel 1997, quando il rapporto scese al 99,80%, per poi risalire. Le entrate da Privatizzazioni. Fra il 1994 e il 2014 sono state effettuate le vendite di Assets detenuti dallo Stato, in un’ottica di giusta Privatizzazione, che, però, non ha avuto quell’incisività e capacità di impattare in maniera decisa sul debito pubblico. Di seguito indichiamo le principali società privatizzate e, in estrema sintesi, le relative entrate, dati che meriterebbero di essere maggiormente dettagliati: In 20 anni i governi che si sono succeduti hanno incassato 127 miliardi di euro, ma smantellata l'industria Anno Governi Rival. Debito val.2016 Società Privatizzate Importi 1994 Ciampi, Berlusconi 1,548 1.655.454 IMI+INA 2.933 1995 Berlusconi, Dini 1,469 1.691.611 IMI+INA+ENI 5.933 1996 Dini, Prodi 1,414 1.715.938 IMI+ENI 3.783 1997 Prodi 1,390 1.723.432 Telecom+ENI+SEAT 15.602 1998 Prodi, D'Alema 1,365 1.717.474 INA+ENI 4.950 1999 D'Alema 1,344 1.727.113 ENI+ENEL 19.550 2000 D'Alema, Amato 1,310 1.706.338 ENI+ENEL 7.625 2001 Amato, Berlusconi 1,276 1.735.724 INA+ENI+ENEL 9.325 2002 Berlusconi 1,246 1.709.112 Telecom+ENI+ENEL 9.125 2003 Berlusconi 1,216 1.699.311 ENI+ENEL+Tabacchi 9.925 2004 Berlusconi 1,192 1.727.991 2005 Berlusconi 1,172 1.779.846 2006 Berlusconi, Prodi 1,149 1.824.695 2007 Prodi 1,130 1.815.009 2008 Prodi, Berlusconi 1,095 1.830.184 2009 Berlusconi 1,087 1.924.197 2010 Berlusconi 1,070 1.981.364 2011 Berlusconi-Monti 1,042 1.988.042 2012 Monti 1,011 2.011.937 Altre cessioni nei 20 anni 28.248 2013 Monti-Letta 1,000 2.070.180 Totale cessione immobili 10.000 127.000
  • 6. Dal suo processo di privatizzazione l’Italia ha incassato oltre 127 miliardi di euro. Circa 10 dalle dismissioni immobiliari. In ogni caso un record. Meglio di noi hanno fatto soltanto gli inglesi. Eppure non si è approfittato di questa chance per riconvertire e modernizzare l’economia italiana, oggi come allora legata a un’industria pesante ed energivora e agli stanziamenti statali. Il debito pubblico si è quasi triplicato e si sono PERSI QUASI 1 MILIONE DI POSTI DI LAVORO NELL'INDUSTRIA. Incalcolabile è il costo per i prepensionamenti, perché chi si è preso l’argenteria non ha certo voluto la zavorra di lavoratori poco efficienti e costosi. Capitolo a parte le dismissioni immobiliari. Il patrimonio immobiliare dello Stato, stando alle stime del demanio, vale 340 miliardi di euro. Di questi, asset per almeno 70 miliardi (i monumenti o i parchi) sono inalienabili. Da gestire meglio le concessioni: l’economista Edoardo Reviglio ha calcolato che soltanto quelle marittime e portuali sono sottostimate e che potrebbero rendere il 6% del loro valore a fronte dello 0,6% garantito. Fonte: http://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2013/11/22/privatizzazioni- tentativi-e-risultati-dal-1992-al-2013/104506/ Per questo l’opposizione all’applicazione della c.d. Direttiva Bolkestein, cavallo di battaglia di Lega e M5S appare una battaglia di retroguardia, mentre sarebbe opportuno procedere a una seria attività di liberalizzazione di servizi e licenze, utilizzando un adeguato periodo transitorio per non danneggiare investimenti privati ma, al tempo stesso, garantendo entrate pubbliche coerenti. Andamento del PIL e dell’Inflazione dal 1970 al 2016 Molte volte si sente dire che, a seguito dell’introduzione dell’Euro e nonostante la politica di Austerity, il debito pubblico sarebbe aumentato di mille miliardi. In realtà, dal 2002 al 2016 il debito pubblico, in valori nominale, è aumentato di circa 826 milioni di Euro, che diventano meno di 500 milioni se consideriamo il valore attuale, come da tabella che segue:
  • 7. Da tener conto del fatto che, dal 1973 (primo shock petrolifero) al 1988 l’inflazione viaggiava in doppia cifra, con un picco del 21,10% nel 1980, mettendo a rischio la tenuta dell’economia italiana. Giova ricordare come, fra il 1989 e il 1992 l’On. Paolo Cirino Pomicino, uno dei più accesi avversari dei governi Renzi – Gentiloni, sia stato Ministro Del Bilancio e della Programmazione Economica con il sesto governo Andreotti, fino al Governo Amato, che dovette intervenire d’urgenza per cercare di mettere un freno alla deriva economica, con l’uscita dallo SME e la forte svalutazione della Lira. Anno Governi PIL a prezzi di mercato Inflazione Var % Debito pubblico nominale Var % % Debito/PIL Indice PIL Debito (Milioni Euro) Annua (Milioni Euro) Annua Rivalut. Valori Att. Val.Att. 1970 Rumor, Colombo 35.267,40 5,10% 3,14% 13.086,60 15,97% 37,11% 17,559 619.260,28 229.787,61 1971 Colombo 38.486,50 5,00% 9,13% 16.145,92 23,38% 41,95% 16,723 643.609,74 270.008,22 1972 Andreotti 42.154,70 5,60% 9,53% 20.107,86 24,54% 47,70% 15,833 667.435,37 318.367,75 1973 Andreotti, Rumor 50.911,20 10,40% 20,77% 25.780,29 28,21% 50,64% 14,345 730.321,16 369.818,26 1974 Rumor, Moro 64.586,00 19,40% 26,86% 32.403,78 25,69% 50,17% 12,010 775.677,86 389.169,40 1975 Moro 73.975,50 17,20% 14,54% 41.899,43 29,30% 56,64% 10,250 758.248,88 429.469,16 1976 Moro, Andreotti 93.078,50 16,50% 25,82% 52.317,52 24,86% 56,21% 8,797 818.811,56 460.237,22 1977 Andreotti 113.100,40 18,10% 21,51% 62.459,56 19,39% 55,22% 7,449 842.484,88 465.261,26 1978 Andreotti 133.047,80 12,40% 17,64% 79.091,78 26,63% 59,45% 6,624 881.308,63 523.903,95 1979 Andreotti, Cossiga 162.758,60 15,70% 22,33% 94.800,49 19,86% 58,25% 5,724 931.630,23 542.638,00 1980 Cossiga, Forlani 203.382,80 21,10% 24,96% 114.065,98 20,32% 56,08% 4,725 960.983,73 538.961,76 1981 Forlani, Spadolini 243.632,40 18,70% 19,79% 142.427,14 24,86% 58,46% 3,980 969.656,95 566.860,02 1982 Spadolini, Fanfani 287.552,30 16,30% 18,03% 181.567,83 27,48% 63,14% 3,421 983.716,42 621.143,55 1983 Fanfani, Craxi 334.832,90 15,00% 16,44% 232.385,48 27,99% 69,40% 2,975 996.127,88 691.346,80 1984 Craxi 382.830,70 10,60% 14,33% 286.744,39 23,39% 74,90% 2,690 1.029.814,58 771.342,41 1985 Craxi 429.648,80 8,60% 12,23% 347.592,62 21,22% 80,90% 2,477 1.064.240,08 860.986,92 1986 Craxi 475.030,70 6,10% 10,56% 404.335,88 16,32% 85,12% 2,335 1.109.196,68 944.124,28 1987 Craxi, Fanfani, Goria 519.650,60 4,60% 9,39% 463.083,44 14,53% 89,11% 2,232 1.159.860,14 1.033.602,24 1988 Goria, De Mita 577.455,10 5,00% 11,12% 524.528,44 13,27% 90,83% 2,127 1.228.247,00 1.115.671,99 1989 De Mita, Andreotti 634.021,20 6,60% 9,80% 591.618,70 12,79% 93,31% 1,995 1.264.872,29 1.180.279,31 1990 Andreotti 701.352,00 6,10% 10,62% 667.847,73 12,88% 95,22% 1,880 1.318.541,76 1.255.553,73 1991 Andreotti 765.806,10 6,40% 9,19% 755.010,88 13,05% 98,59% 1,767 1.353.179,38 1.334.104,22 1992 Andreotti, Amato 805.681,80 5,40% 5,21% 849.920,48 12,57% 105,49% 1,676 1.350.322,70 1.424.466,72 1993 Amato, Ciampi 829.758,10 4,20% 2,99% 959.713,46 12,92% 115,66% 1,609 1.335.080,78 1.544.178,96 1994 Ciampi, Berlusconi 877.708,10 3,90% 5,78% 1.069.415,10 11,43% 121,84% 1,548 1.358.692,14 1.655.454,57 1995 Berlusconi, Dini 985.342,30 5,40% 12,26% 1.151.488,82 7,67% 116,86% 1,469 1.447.467,84 1.691.537,08 1996 Dini, Prodi 1.043.466,70 3,90% 5,90% 1.213.508,31 5,39% 116,30% 1,414 1.475.461,91 1.715.900,75 1997 Prodi 1.090.273,40 1,70% 4,49% 1.238.169,57 2,03% 113,57% 1,390 1.515.480,03 1.721.055,70 1998 Prodi, D'Alema 1.135.930,90 1,80% 4,19% 1.254.386,00 1,31% 110,43% 1,365 1.550.545,68 1.712.236,89 1999 D'Alema 1.172.365,30 1,60% 3,21% 1.282.061,53 2,21% 109,36% 1,344 1.575.658,96 1.723.090,70 2000 D'Alema, Amato 1.239.758,80 2,60% 5,75% 1.300.340,73 1,43% 104,89% 1,310 1.624.084,03 1.703.446,36 2001 Amato, Berlusconi 1.299.411,80 2,70% 4,81% 1.358.333,19 4,46% 104,53% 1,276 1.658.049,46 1.733.233,15 2002(*) Berlusconi 1.346.360,20 2,40% 3,61% 1.368.511,75 0,75% 101,65% 1,246 1.677.564,81 1.705.165,64 2003 Berlusconi 1.391.312,80 2,50% 3,34% 1.393.495,30 1,83% 100,16% 1,216 1.691.836,36 1.694.490,28 2004 Berlusconi 1.449.016,00 2,00% 4,15% 1.444.603,56 3,67% 99,70% 1,192 1.727.227,07 1.721.967,44 2005 Berlusconi 1.490.409,40 1,70% 2,86% 1.518.556,00 5,12% 101,89% 1,172 1.746.759,82 1.779.747,63 2006 Berlusconi, Prodi 1.549.188,00 2,00% 3,94% 1.587.781,00 4,56% 102,49% 1,149 1.780.017,01 1.824.360,37 2007 Prodi 1.610.304,90 1,70% 3,95% 1.605.126,00 1,09% 99,68% 1,130 1.819.644,54 1.813.792,38 2008 Prodi, Berlusconi 1.632.933,40 3,20% 1,41% 1.670.993,00 4,10% 102,33% 1,095 1.788.062,07 1.829.737,34 2009 Berlusconi 1.573.655,10 0,70% -3,63% 1.769.226,00 5,88% 112,43% 1,087 1.710.563,09 1.923.148,66 2010 Berlusconi 1.605.694,40 1,60% 2,04% 1.851.217,00 4,63% 115,29% 1,070 1.718.093,01 1.980.802,19 2011 Berlusconi-Monti 1.638.857,30 2,70% 2,07% 1.907.612,00 3,05% 116,40% 1,042 1.707.689,31 1.987.731,70 2012 Monti 1.615.131,20 3,00% -1,45% 1.988.363,00 4,23% 123,11% 1,011 1.632.897,64 2.010.234,99 2013 Monti-Letta 1.609.462,20 1,10% -0,35% 2.068.722,00 4,04% 128,53% 1,000 1.609.462,20 2.068.722,00 2014 Letta-Renzi 1.616.253,60 0,20% 0,42% 2.134.906,00 3,20% 132,09% 0,998 1.613.021,09 2.130.636,19 2015 Renzi 1.627.881,00 -0,10% 0,72% 2.194.504,00 2,79% 134,81% 0,999 1.626.253,12 2.192.309,50 (*) Entrata in vigore dell'Euro In valori attuali (2016) il PIL 2015 è tornato ai livelli del 2000
  • 8. La crisi demografica italiana, fra denatalità e immigrazione. Prima di analizzare altri aspetti economici, in particolare quelli relativi all’andamento dell’occupazione e della disoccupazione, è utile affrontare il tema dell’andamento demografico dell’Italia, cercando di fare un po’ di chiarezza su quanto viene detto e scritto a proposito “dell’invasione” straniera. La tabella che viene riportata prende il considerazione il trend della popolazione in Italia dal 1970 al 2016, ultimi dati disponibili: Popolazione Tasso di Tasso di Tasso di 1º gennaio natalità in ‰ fecondità[15] mortalità in ‰ 1970 53.685.301 901.472 16,8 2,43 521.096 9,7 380,376 1971 53.958.400 906.182 16,8 2,41 522.654 9,7 383,528 1972 54.188.580 888.203 16,3 2,36 523.828 9,6 364,375 1973 54.574.113 874.546 16 2,34 547.487 10 327,059 1974 54.928.701 868.882 15,8 2,33 532.052 9,7 336,83 1975 55.293.037 827.852 14,9 2,21 554.346 10 273,506 1976 55.588.966 781.638 14 2,11 550.565 9,9 231,073 1977 55.847.553 741.103 13,2 1,98 546.694 9,8 194,409 1978 56.063.271 709.043 12,6 1,87 540.671 9,6 168,372 1979 56.247.019 670.221 11,9 1,76 538.352 9,6 131,869 1980 56.388.481 640.401 11,3 1,64 554.510 9,8 85,891 1981 56.479.287 623.103 11 1,59 545.291 9,7 77,812 1982 56.524.064 617.507 10,9 1,56 522.332 9,2 95,175 1983 56.563.031 600.218 10,6 1,51 553.568 9,8 46,65 1984 56.565.118 587.871 10,4 1,46 534.676 9,5 53,195 1985 56.588.319 577.345 10,2 1,42 547.436 9,7 29,909 1986 56.597.823 554.845 9,8 1,35 537.453 9,5 17,392 1987 56.594.488 552.329 9,8 1,33 524.999 9,3 27,33 1988 56.609.376 569.698 10,1 1,36 539.426 9,5 30,272 1989 56.649.201 560.688 9,8 1,33 525.960 9,3 34,728 1990 56.694.360 563.019 9,9 1,33 543.708 9,5 19,311 1991 56.744.119 562.787 9,9 1,31 553.833 9,8 8,954 1992 56.757.236 575.216 10,1 1,31 545.038 9,5 30,178 1993 56.960.300 552.587 9,6 1,27 555.043 9,7 -2,456 1994 57.138.489 536.665 9,3 1,22 557.513 9,7 -20,848 1995 57.268.578 526.064 9,1 1,18 555.203 9,6 -29,139 1996 57.332.996 536.740 9,3 1,19 557.756 9,7 -21,016 1997 57.460.977 540.048 9,3 1,21 564.679 9,8 -24,631 1998 57.563.354 532.843 9,2 1,21 576.911 10 -44,068 1999 57.612.615 537.242 9,3 1,22 571.356 9,9 -34,114 2000 57.679.895 543.039 9,4 1,24 560.241 9,6 -17,202 2001 56.915.744 535.282 9,3 1,25 548.254 9,6 -12,963 2002 56.987.507 538.198 9,4 1,26 557.393 9,7 -19,195 2003 57.130.506 544.063 9,4 1,29 586.468 10,2 -42,405 2004 57.495.900 562.599 9,7 1,33 546.658 9,4 15,941 2005 57.874.753 554.022 9,5 1,32 567.304 9,7 -13,282 2006 58.064.214 560.010 9,5 1,35 557.892 9,4 2,118 2007 58.223.744 563.933 9,5 1,36 570.801 9,6 -6,868 2008 58.652.875 576.659 9,6 1,42 585.126 9,8 -8,467 2009 59.000.586 568.857 9,5 1,41 591.663 9,8 -22,806 2010 59.190.143 561.944 9,3 1,41 587.488 9,7 -25,544 2011 59.364.690 546.585 9,2 1,44 593.402 10 -46,817 2012 59.394.207 534.186 9 1,42 612.883 10,3 -78,697 2013 59.685.227 514.308 8,6 1,39 600.744 10,1 -86,436 2014 60.782.668 502.596 8,3 1,37 598.364 9,8 -95,768 2015 60.795.612 485.780 8 1,35 647.571 10,7 -161,791 2016 60.665.551 473.438 7.8 1,34 615.261 10.0 -141,823 Anno Nascite Morti Saldo naturale
  • 9. Dato che, molte volte, si afferma che gli italiani non fanno più figli a causa della crisi economica, individuata come unica causa per giustificare la progressiva denatalità, è necessario analizzare non il valore assoluto ma il tasso di fecondità, indicatore statistico utilizzato in demografia, chiamato anche più comunemente "numero medio di figli per donna" Guardando questo dato, vediamo che questo indicatore è in costante calo fin dagli anni ’70 del 1900, con un minimo pari a 1,18 del 1995, da quel punto in poi il tasso di fertilità risale, anche grazie all’apporto degli immigrati, con un nuovo massimo nel 2012 (1,42). Fermo restando che reddito e disponibilità di servizi (scuole materne etc.) costituiscono un fattore sicuramente importante, ricondurre il calo di fertilità solo alla mera sfera economica può costituire un grave errore. Probabilmente occorre fare una riflessione sul fatto che la popolazione, maschile e femminile, invecchia e che, per questo, abbiamo bisogno di energie giovani, cosa che non può essere determinata da politiche sui bonus famiglia, utili certo, ma non risolutivi. Se passiamo a analizzare la questione immigrazione, vediamo che, nel 2016, gli abitanti italiani di origine straniera sono poco meno dell’8%, con una forte predominanza di persone provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est (Romania, Polonia, Bulgaria, Russia, Ucraina etc.) per circa 1,5 milioni di persone pari al 31% della popolazione straniera, mentre provengono dai paesi africani poco meno di 1 milione di persone, pari al 18% degli stranieri. La tabella seguente riporta la situazione al 2015. Da sottolineare che, secondo stime del Censis, avremmo il 20% di bambini nati in meno nell’ultimo anno, una scuola pubblica con 35mila classi e 68mila insegnati in meno, saremmo senza 693mila lavoratori domestici e 449mila imprese. Mentre, senza il contributo degli immigrati, sul fronte pensionistico all’INPS mancherebbero circa 5 miliardi di Euro l’anno!
  • 10. E’ evidente che una gestione organizzata del fenomeno immigratorio non è solo inevitabile, visti i flussi migratori in atto non eliminabili con azioni unilaterali o alzando muri, ma è nell’interesse nazionale e solo una cieca miopia propagandistica può pensare che la soluzione sia chiudere le porte. 2015 % %Cum Romania 1.151.395 22,91% 22,91% Albania 467.687 9,31% 32,21% Marocco 437.485 8,70% 40,92% Cina 271.330 5,40% 46,32% Ucraina 230.728 4,59% 50,91% Filippine 165.900 3,30% 54,21% India 150.456 2,99% 57,20% Moldavia 142.266 2,83% 60,03% Bangladesh 118.790 2,36% 62,39% Egitto 109.871 2,19% 64,58% Perù 103.714 2,06% 66,64% Sri Lanka 102.316 2,04% 68,68% Pakistan 101.784 2,03% 70,70% Senegal 98.176 1,95% 72,66% Polonia 97.986 1,95% 74,61% Tunisia 95.645 1,90% 76,51% Ecuador 87.427 1,74% 78,25% Nigeria 77.264 1,54% 79,79% Macedonia 73.512 1,46% 81,25% Bulgaria 58.001 1,15% 82,40% Ghana 48.637 0,97% 83,37% Brasile 43.783 0,87% 84,24% Kosovo 43.091 0,86% 85,10% Serbia 42.264 0,84% 85,94% Germania 36.661 0,73% 86,67% Russia 35.791 0,71% 87,38% Francia 28.634 0,57% 87,95% Repubblica Dominicana 28.202 0,56% 88,51% Bosnia-Erzegovina 27.199 0,54% 89,05% Regno Unito 26.634 0,53% 89,58% Costa d'Avorio 25.056 0,50% 90,08% Spagna 22.593 0,45% 90,53% Algeria 21.765 0,43% 90,97% Cuba 20.662 0,41% 91,38% Turchia 19.388 0,39% 91,76% Colombia 18.777 0,37% 92,14% Croazia 18.052 0,36% 92,49% Burkina Faso 14.657 0,29% 92,79% Stati Uniti 14.512 0,29% 93,07% Bolivia 14.243 0,28% 93,36% Georgia 14.045 0,28% 93,64% El Salvador 13.007 0,26% 93,90% Camerun 12.738 0,25% 94,15% Totale Italia 5.026.153
  • 11. Analisi dei dati relativi a occupazione, disoccupazione, CIG Per avere un’idea più corretta dell’andamento dell’economia italiana, è utile esaminare l’andamento dell’occupazione in Italia dal 1970 al 2016, come riportato nella seguente tabella: Servizi Industria in senso stretto Costruzioni T o tale Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli, trasporto e magazzinaggio , servizi di alloggio e di ristorazione Servizi di informazione e comunicazione Attività finanziarie e assicurati ve Attività immobiliari Attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto Amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, istruzione, sanità e assistenza sociale Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, riparazione di beni per la casa e altri servizi Altre attività di servizi T o tale Agri-coltura Indu-stria Ser-vizi 1970 4.008,20 5.689,70 1.970,40 7.660,10 3.932,40 707,70 3.623,00 8.263,10 19.931,40 20,1 38,4 41,5 1971 4.004,00 5.786,80 1.861,20 7.648,00 3.841,10 713,40 3.731,20 8.285,70 19.937,70 20,1 38,4 41,6 1972 3.680,20 5.752,70 1.883,60 7.636,30 3.990,50 734,80 3.844,40 8.569,70 19.886,20 18,5 38,4 43,1 1973 3.571,20 5.860,10 1.874,20 7.734,30 4.104,50 776,10 3.981,70 8.862,30 20.167,80 17,7 38,3 43,9 1974 3.458,00 6.057,10 1.833,20 7.890,30 4.246,30 814,80 4.071,70 9.132,80 20.481,10 16,9 38,5 44,6 1975 3.276,30 6.132,20 1.762,70 7.894,90 4.351,80 841,40 4.132,40 9.325,60 20.496,80 16,0 38,5 45,5 1976 3.237,40 6.155,50 1.689,40 7.844,90 4.479,60 876,90 4.265,40 9.621,90 20.704,20 15,6 37,9 46,5 1977 3.084,20 6.226,10 1.678,40 7.904,50 4.499,20 899,70 4.380,20 9.779,10 20.767,80 14,9 38,1 47,1 1978 3.031,20 6.246,50 1.643,30 7.889,80 4.532,40 960,70 4.422,60 9.915,70 20.836,70 14,5 37,9 47,6 1979 2.941,20 6.340,10 1.638,60 7.978,70 4.641,10 1.016,70 4.490,70 10.148,50 21.068,40 14,0 37,9 48,2 1980 2.856,60 6.429,10 1.709,90 8.139,00 4.742,80 1.068,80 4.565,80 10.377,40 21.373,00 13,4 38,1 48,6 1981 2.670,50 6.296,40 1.740,10 8.036,50 4.854,20 1.138,60 4.655,90 10.648,70 21.355,70 12,5 37,6 49,9 1982 2.488,60 6.184,70 1.727,60 7.912,30 5.008,60 1.219,70 4.770,20 10.998,50 21.399,40 11,6 37,0 51,4 1983 2.466,30 6.036,20 1.707,70 7.743,90 5.116,80 1.312,50 4.828,90 11.258,20 21.468,40 11,5 36,1 52,4 1984 2.311,10 5.802,90 1.601,30 7.404,20 5.286,20 1.415,60 5.050,10 11.751,90 21.467,20 10,8 34,5 54,7 1985 2.168,80 5.707,20 1.583,30 7.290,50 5.366,20 1.581,20 5.263,70 12.211,10 21.670,40 10,0 33,6 56,3 1986 2.091,80 5.678,80 1.553,20 7.232,00 5.447,50 1.676,10 5.372,10 12.495,70 21.819,50 9,6 33,1 57,3 1987 2.002,40 5.611,70 1.532,10 7.143,80 5.528,40 1.747,80 5.446,90 12.723,10 21.869,30 9,2 32,7 58,2 1988 1.871,30 5.691,20 1.510,30 7.201,50 5.544,50 1.868,10 5.618,60 13.031,20 22.104,00 8,5 32,6 59,0 1989 1.764,20 5.756,20 1.486,20 7.242,40 5.511,30 1.988,60 5.748,40 13.248,30 22.254,90 7,9 32,5 59,5 1990 1.689,90 5.820,10 1.511,40 7.331,50 5.561,20 2.091,80 5.935,10 13.588,10 22.609,50 7,5 32,4 60,1 1991 1.642,70 5.787,30 1.558,70 7.346,00 5.650,50 2.196,20 6.197,20 14.043,90 23.032,60 7,1 31,9 61,0 1992 1.579,40 5.585,60 1.593,00 7.178,60 5.624,50 2.252,50 6.230,50 14.107,50 22.865,50 6,9 31,4 61,7 1993 1.457,20 5.394,70 1.555,10 6.949,80 5.465,90 2.209,90 6.168,50 13.844,30 22.251,30 6,5 31,2 62,2 1994 1.374,70 5.306,80 1.504,30 6.811,10 5.354,40 2.188,10 6.156,60 13.699,10 21.884,90 6,3 31,1 62,6 1995 1.265,70 4.933,40 1.447,50 6.380,90 5.314,10 419,10 664,50 123,30 1.461,90 4.409,70 1.871,80 14.264,40 21.911,00 5,8 29,1 65,1 1996 1.213,50 4.876,70 1.437,20 6.313,90 5.360,40 437,60 651,70 127,40 1.554,30 4.427,30 1.958,10 14.516,80 22.044,20 5,5 28,6 65,9 1997 1.195,60 4.855,90 1.446,90 6.302,80 5.355,80 445,80 651,00 124,80 1.665,20 4.444,40 1.928,40 14.615,40 22.113,80 5,4 28,5 66,1 1998 1.138,70 4.940,30 1.429,50 6.369,80 5.393,70 469,40 658,00 126,80 1.765,20 4.468,40 1.946,40 14.827,90 22.336,40 5,1 28,5 66,4 1999 1.076,50 4.911,00 1.467,70 6.378,70 5.506,50 501,70 648,70 134,30 1.887,10 4.507,50 1.940,00 15.125,80 22.581,00 4,8 28,2 67,0 2000 1.064,60 4.882,70 1.507,30 6.390,00 5.656,30 539,30 647,00 140,90 2.054,80 4.561,70 1.966,70 15.566,70 23.021,30 4,6 27,8 67,6 2001 1.071,10 4.873,30 1.616,30 6.489,60 5.797,50 562,90 653,30 149,40 2.155,50 4.620,10 1.973,90 15.912,60 23.473,30 4,6 27,6 67,8 2002 1.047,40 4.897,70 1.656,10 6.553,80 5.847,50 588,90 655,50 158,60 2.270,40 4.664,30 2.081,00 16.266,20 23.867,40 4,4 27,5 68,2 2003 1.006,80 4.923,20 1.716,30 6.639,50 5.942,10 590,70 658,90 162,10 2.361,60 4.672,30 2.183,90 16.571,60 24.217,90 4,2 27,4 68,4 2004 1.015,00 4.868,80 1.774,80 6.643,60 5.952,30 583,00 667,70 162,00 2.436,40 4.665,80 2.238,80 16.706,00 24.364,60 4,2 27,3 68,6 2005 998,80 4.832,90 1.866,50 6.699,40 5.961,40 584,30 670,90 155,70 2.510,20 4.666,60 2.254,00 16.803,10 24.501,30 4,1 27,3 68,6 2006 1.017,10 4.883,00 1.894,80 6.777,80 6.117,30 605,20 687,10 165,90 2.570,60 4.693,00 2.349,80 17.188,90 24.983,80 4,1 27,1 68,8 2007 985,20 4.905,90 1.960,70 6.866,60 6.223,10 603,20 707,90 175,80 2.669,90 4.687,20 2.376,00 17.443,10 25.294,90 3,9 27,1 69,0 2008 963,40 4.855,80 1.966,10 6.821,90 6.254,20 603,50 710,30 174,40 2.724,80 4.700,30 2.396,40 17.563,90 25.349,20 3,8 26,9 69,3 2009 942,10 4.633,30 1.945,30 6.578,60 6.150,30 609,10 699,90 171,50 2.653,90 4.666,90 2.453,20 17.404,80 24.925,50 3,8 26,4 69,8 2010 959,50 4.470,20 1.911,90 6.382,10 6.133,10 597,30 690,30 177,40 2.700,60 4.636,00 2.489,40 17.424,10 24.765,70 3,9 25,8 70,4 2011 942,20 4.439,90 1.867,60 6.307,50 6.187,90 595,00 684,70 180,80 2.782,30 4.632,20 2.530,10 17.593,00 24.842,70 3,8 25,4 70,8 2012 918,70 4.369,60 1.778,50 6.148,10 6.209,70 591,30 681,90 185,80 2.825,20 4.595,90 2.608,20 17.698,00 24.764,80 3,7 24,8 71,5 2013 892,20 4.251,10 1.643,10 5.894,20 6.113,80 585,40 669,70 179,50 2.814,40 4.578,00 2.595,60 17.536,40 24.322,80 3,7 24,2 72,1 2014 893,30 4.205,10 1.569,50 5.774,60 6.111,70 586,10 660,20 179,00 2.877,40 4.602,00 2.662,20 17.678,60 24.346,50 3,7 23,7 72,6 2015 912,90 4.170,50 1.543,80 5.714,30 6.151,70 598,50 660,90 182,30 2.954,20 4.621,40 2.685,20 17.854,20 24.481,40 3,7 23,3 72,9 Fonte: Istat, Conti economici nazionali (b) I totali potrebbero non coincidere con la somma delle singole voci a causa degli arrotondamenti. Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria T o tale Composizioni percentuali (a) Gli occupati presenti derivano dalle stime di contabilità nazionale e comprendono tutte le persone occupate, residenti e non residenti, che prestano la propria attività lavorativa presso unità produttive residenti. Tra questi sono considerati anche i componenti permanenti delle convivenze, i militari di leva e i lavoratori residenti con meno di 15 anni, mentre sono esclusi i residenti che lavorano presso unità di produzione non residenti. I dati relativi agli occupati presenti non sono, ANNI
  • 12. 15-24 25-64 65 e oltre Totale 15-64 Totale 15 anni e oltre 15-24 25-74 Totale 15-74 15-24 25-64 65 e oltre Totale 15 anni e oltre 1977 36,8 58,8 8,0 53,8 46,5 21,7 3,0 6,4 47,0 60,6 8,3 49,7 1978 35,9 59,3 7,7 53,9 46,4 22,9 3,0 6,6 46,6 61,2 8,0 49,7 1979 36,6 59,5 7,0 54,1 46,4 23,4 3,0 6,9 47,8 61,3 7,2 49,8 1980 36,8 60,2 6,9 54,6 46,7 23,4 3,0 6,9 48,0 62,0 7,2 50,1 1981 36,0 60,3 6,3 54,5 46,4 25,4 3,2 7,5 48,2 62,3 6,5 50,2 1982 35,0 60,0 5,6 54,0 46,0 27,3 3,6 8,2 48,1 62,2 5,8 50,1 1983 34,3 59,8 5,3 53,7 45,9 29,4 4,2 9,1 48,6 62,4 5,6 50,4 1984 32,7 60,0 5,4 53,4 45,8 31,9 4,3 9,6 48,1 62,7 5,7 50,7 1985 32,4 59,9 5,3 53,3 45,7 32,2 4,3 9,6 47,8 62,6 5,5 50,6 1986 33,1 59,6 5,5 53,3 45,6 31,5 4,8 9,9 48,3 62,7 5,7 50,6 1987 32,7 60,0 5,2 53,5 45,6 32,4 5,2 10,3 48,4 63,3 5,4 50,9 1988 32,9 60,2 4,9 53,8 45,6 31,0 5,4 10,1 47,7 63,7 5,1 50,7 1989 33,3 60,5 4,7 54,2 45,7 29,5 5,6 9,9 47,3 64,1 4,9 50,7 1990 33,5 61,0 4,7 54,8 46,0 27,4 5,2 9,0 46,1 64,4 4,9 50,6 1991 32,3 61,4 4,8 54,9 46,0 26,9 5,1 8,6 44,2 64,7 4,9 50,3 1992 31,4 60,9 4,7 54,4 45,4 26,8 5,4 8,7 42,9 64,4 4,8 49,8 1993 31,2 60,0 4,2 53,7 44,6 27,1 6,6 9,7 42,8 64,2 4,4 49,4 1994 29,7 59,0 3,9 52,8 43,6 28,7 7,5 10,6 41,6 63,9 4,0 48,8 1995 28,9 58,7 3,8 52,5 43,2 29,9 8,1 11,2 41,3 63,9 3,9 48,7 1996 28,7 58,9 3,8 52,9 43,3 29,9 8,3 11,2 40,9 64,3 3,9 48,7 1997 28,8 58,8 4,1 53,0 43,3 29,6 8,5 11,2 41,0 64,3 4,2 48,7 1998 29,5 59,3 3,7 53,7 43,6 29,2 8,7 11,3 41,6 65,0 3,8 49,1 1999 29,8 60,0 3,5 54,5 44,0 28,0 8,5 10,9 41,3 65,6 3,7 49,4 2000 30,8 60,8 3,4 55,5 44,6 26,2 7,9 10,0 41,7 66,1 3,5 49,6 2001 31,0 61,9 3,5 56,6 45,3 23,1 7,3 9,0 40,3 66,8 3,6 49,8 2002 30,8 62,7 3,5 57,4 45,8 22,0 6,9 8,5 39,4 67,4 3,7 50,0 2003 29,1 63,0 3,1 57,5 45,6 23,4 6,8 8,4 38,0 67,7 3,2 49,8 2004 27,3 63,3 3,2 57,6 45,5 23,5 6,5 8,0 35,7 67,7 3,2 49,5 2005 25,5 63,4 3,1 57,5 45,3 24,1 6,2 7,7 33,6 67,7 3,2 49,1 2006 25,3 64,4 3,2 58,3 45,8 21,8 5,5 6,8 32,3 68,2 3,3 49,1 2007 24,5 64,8 3,3 58,6 45,8 20,4 4,9 6,1 30,8 68,2 3,3 48,8 2008 24,2 64,9 3,3 58,6 45,8 21,2 5,6 6,7 30,7 68,8 3,4 49,1 2009 21,5 63,9 3,2 57,4 44,7 25,3 6,4 7,7 28,8 68,3 3,2 48,5 2010 20,2 63,4 3,1 56,8 44,2 27,9 6,9 8,4 28,1 68,2 3,2 48,2 2011 19,2 63,6 3,2 56,8 44,1 29,2 6,9 8,4 27,1 68,4 3,2 48,1 2012 18,5 63,5 3,4 56,6 43,9 35,3 8,9 10,7 28,6 69,8 3,4 49,1 2013 16,3 62,6 3,5 55,5 42,9 40,0 10,2 12,1 27,1 69,9 3,5 48,8 2014 15,6 62,9 3,7 55,7 42,8 42,7 10,6 12,7 27,1 70,6 3,7 49,1 2015 15,6 63,6 3,8 56,3 43,1 40,3 10,1 11,9 26,2 70,8 3,8 49,0 Fonte: Istat, Rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro (fino al 2003); Rilevazione sulle forze di lavoro (dal 2004) Tavola 10.7 segue - Tassi di occupazione, di disoccupazione e di attività per classe di età e ripartizione geografica - Anni 1977-2015 ITALIA (b) (b) I dati dal 1977 al 2003 sono stati riscostruiti per essere coerenti con quelli degli anni successivi. L'intera serie di dati tiene conto delle revisioni della popolazione nei periodi intercensuari. ANNI Tasso di occupazione Tasso di disoccupazione Tasso di attività
  • 13. Dall’analisi della Tabella, possiamo vedere che, fra il 1977 e il 2016, quindi in 33 anni, il tasso di occupazione nella fascia tra i 15 e i 64 anni, quello di norma più esaminato, è aumentato del 3,5%, passando da 58,8 a 63,6 mentre nel 2008, anno di inizio della crisi, era salito al 64,9. Per avere un’idea più precisa dell’andamento di questo indicatore, è utile avere come riferimento il 1984, anno in cui si è registrato la punta massima di spesa sociale “allegra” e del massimo disavanzo primario e il 2008, ultimo anno prima della crisi. In questo caso la differenza è del 6,7%, un guadagno ottenuto quasi tutto dal 1996 in poi, con le leggi Treu e Biagi e con l’immigrazione. Dall’analisi della tabella osserviamo che la disoccupazione è andata calando in modo quasi inversamente proporzionale all’aumento dell’occupazione, così che nel totale abbiamo un tasso di attività totale simile, risultato però di importanti variazioni, che possiamo riassumere così: – Una diminuzione dell’occupazione dei 15-24enni, dovuta a un maggiore impegno scolastico e universitario, che diventa un ancora maggiore calo della disoccupazione nella stessa fascia, e quindi un crollo del 15% circa del tasso di attività di questi giovani. – Una diminuzione del tasso di occupazione e di attività degli ultra 65-enni, in generale occupati nell’agricoltura. – Un aumento dell’occupazione di circa il 6% nella fascia della stragrande maggioranza della popolazione lavorativa, ovvero tra i 25 e i 64 anni, che ha visto un corrispettivo aumento limitato della disoccupazione, solo un 1-2%, e quindi un aumento del tasso di attività anch’esso del 6%. Riportiamo alcune analisi grafiche rielaborate da YouTrend (http://www.youtrend.it/2013/05/17/loccupazione-in-italia-dal-1977/) Questi grafici si basano sui dati che l’ISTAT ha pubblicato riassumendo il trend dell’occupazione in Italia dal 1977 ad oggi attraverso le fasi dell’economia. Ricordiamo, per una migliore comprensione dei numeri, che dal 1977 al 1992 circa l’economia è stata attraversata da una espansione del PIL anche se, soprattutto fino al 1984, accompagnata da un forte aumento della spesa pubblica e del debito, cui si è cercato di porre rimedio con un aumento dell’imposizione fiscale. Nel 1992 l’insostenibilità del debito, anche con la complicità dell’aumento dei tassi d’interessi tedeschi dovuti alla riunificazione, portarono a una svalutazione, conseguenti politiche di austerità e una recessione; a ciò hanno fatto seguito un certo rigore che ha
  • 14. portato all’entrata nell’euro, il crollo dei tassi di cui non si è approfittato negli anni, pur di bassa crescita, fino alla attuale crisi che parte dal 2009. Fino al 1998, nonostante siano stati anni di crescita del PIL (tranne il 1993) il tasso di occupazione è rimasto sostanzialmente lo stesso con alti e bassi intorno al 51-54%, a livelli anche più bassi di quanto lo siano ora, in piena crisi. Solo a partire dal 1998, in seguito alla legge Treu prima e alla legge Biagi dopo, risulta conveniente assumere nuove persone, con contratti più favorevoli alle imprese, che contribuiscono alla diminuzione della disoccupazione e dell’inattività.
  • 15. Dai governi Amato e Ciampi in poi, con la firma degli accordi di Maastricht, lo Stato non ha più potuto riversare spesa pubblica facile sotto le varie forme di pensioni, assunzioni nel settore pubblico o aumenti nei rinnovi contrattuali nello stesso campo, cosa che permetteva a molti inattivi di essere mantenuti dal familiare occupato o con pensione. Andamento della CIG (Ordinaria e Straordinaria) Nelle analisi politiche dei dati economici si parla del PIL, del Debito pubblico e dell’occupazione, ma raramente si considera l’andamento delle ore di CIG richieste dalle aziende e erogate dall’INPS. Se analizziamo l’andamento delle ore di CIG richieste dalle aziende dal 2005 all’ottobre del 2017, vediamo che, a fronte di un picco di quasi 1,2 miliardi di ore richieste nel 2010, a ottobre 2017 si è scesi a circa 300 milioni, andamento quasi fisiologico, se consideriamo che il minimo si è avuto, durante il periodo oggetto di analisi, nel 2007, anno ante crisi, con circa 190 milioni di ore richieste: Italia Ordinaria Straordinaria In deroga Totale Mesi Operai impiegati Totale Operai impiegati Totale Operai impiegati Totale Operai impiegati Totale Anno 2005 127.391.302 15.089.820 142.481.122 67.672.072 23.050.623 90.722.695 11.834.072 1.967.981 13.802.053 206.897.446 40.108.424 247.005.870 Anno 2006 88.063.519 8.545.390 96.608.909 87.087.617 24.801.580 111.889.197 20.364.316 3.785.998 24.150.314 195.515.452 37.132.968 232.648.420 Anno 2007 65.019.277 5.634.292 70.653.569 69.668.831 18.968.614 88.637.445 21.697.805 3.364.548 25.062.353 156.385.913 27.967.454 184.353.367 Anno 2008 103.855.079 9.230.191 113.085.270 67.889.250 19.261.934 87.151.184 24.729.280 3.381.907 28.111.187 196.473.609 31.874.032 228.347.641 Anno 2009 477.262.652 99.450.133 576.712.785 155.985.218 60.740.165 216.725.383 99.363.351 23.596.526 122.959.877 732.611.221 183.786.824 916.398.045 Anno 2010 280.705.379 61.129.955 341.835.334 361.545.942 124.183.500 485.729.442 281.513.204 89.811.267 371.324.471 923.764.525 275.124.722 1.198.889.247 Anno 2011 195.160.622 34.614.319 229.774.941 296.759.015 122.083.554 418.842.569 235.087.775 91.784.637 326.872.412 727.007.412 248.482.510 975.489.922 Anno 2012 281.946.180 58.070.959 340.017.139 277.120.194 123.910.095 401.030.289 266.172.910 107.390.439 373.563.349 825.239.284 289.371.493 1.114.610.777 Anno 2013 286.022.427 70.663.573 356.686.000 315.677.626 148.398.548 464.076.174 201.003.647 79.842.577 280.846.224 802.703.700 298.904.698 1.101.608.398 Anno 2014 202.937.099 50.628.662 253.565.761 346.887.997 182.334.561 529.222.558 166.577.230 69.420.196 235.997.426 716.402.326 302.383.419 1.018.785.745 Anno 2015 149.833.610 33.989.669 183.823.279 254.101.221 146.264.182 400.365.403 70.518.661 27.950.072 98.468.733 474.453.492 208.203.923 682.657.415 Anno 2016 113.343.226 24.235.610 137.578.836 259.590.048 127.437.557 387.027.605 42.684.347 14.501.190 57.185.537 415.617.621 166.174.357 581.791.978 Gennaio-ottobre 2017 302.777.647
  • 16. Se prendiamo in esame un periodo più ampio, dal 1980 all’ottobre del 2017, abbiamo il seguente andamento:
  • 17. Analisi del numero dei dipendenti pubblici in Italia Pochi fanno presente che, per ridurre il deficit pubblico, vi è stata una sostanziale razionalizzazione all’interno della macchina burocratica dello stato, che ha comportato, fra il 2007 e il 2014, a una riduzione del numero dei dipendenti pubblici di ben 176 mila unità, passando da 3,4 milioni a 3,2 milioni di addetti. Il totale della forza lavoro impiegata nelle amministrazioni pubbliche nel 2014 è solo in apparenza in aumento rispetto al precedente anno. L’incremento è infatti frutto dell’ingresso nella rilevazione degli enti appartenenti alla lista S13 che, con i loro 34.300 dipendenti circa, mascherano l’andamento dell’occupazione nel pubblico impiego come considerato fino ad oggi. Senza questi enti il conto si arresta poco sotto quota 3.219.000, con una riduzione rispetto all’anno precedente di circa 14.000 unità, senza interrompere il trend in riduzione che prosegue ormai dal 2008. (Fonte MEF – Ragioneria Generale dello Stato) Ciò significa che l’incremento di occupazione, al di là delle polemiche sulla metodologia di rilevazione, che non risulta modificata negli anni, deriva da occupazione aggiuntiva nel settore privato, mentre il numero dei dipendenti pubblici resta invariato se non in fase di diminuzione, con un’accentuata controtendenza in alcune regioni a statuto speciale….
  • 18. Conclusioni Per sintetizzare i dati sopra indicati, possiamo dire che: 1) fra il 1994 e il 2014 il Debito Pubblico è costantemente aumentato, così come il rapporto fra Debito Pubblico e PIL, passato dal 98% dell’ultimo Governo Andreotti del 1992 al 131,80 del 2014 (governi Letta e Renzi). 2) Fra il 1994 e il 2014, però, i governi italiani, che hanno visto l’alternanza fra Prodi e Berlusconi, hanno visto entrate straordinarie per Privatizzazioni pari a oltre 127 miliardi di Euro, nonostante i quali il deficit non è stato contenuto, se non nel 1997, quando il rapporto scese al 99,80%, per poi risalire. 3) In 20 anni i governi che si sono succeduti (Prodi, Berlusconi etc.) hanno incassato 127 miliardi di euro, ma hanno contribuito a smantellare parte dell’industria italiana. Il debito pubblico si è quasi triplicato e si sono PERSI QUASI 1 MILIONE DI POSTI DI LAVORO NELL'INDUSTRIA. 4) Incalcolabile è il costo per i prepensionamenti, perché chi si è preso l’argenteria non ha certo voluto la zavorra di lavoratori poco efficienti e costosi. 5) Capitolo a parte le dismissioni immobiliari. Il patrimonio immobiliare dello Stato, stando alle stime del demanio, vale 340 miliardi di euro. Di questi, asset per almeno 70 miliardi (i monumenti o i parchi) sono inalienabili. Sarebbe sicuramente opportuno gestire meglio le concessioni demaniali. 6) Andamento demografico dell’Italia, cercando di fare un po’ di chiarezza su quanto viene detto e scritto a proposito “dell’invasione” straniera. Non è vero che gli italiani non fanno più figli a causa della crisi economica, individuata come unica causa per giustificare la progressiva denatalità. Se analizziamo il tasso di fecondità, vediamo che questo indicatore è in costante calo fin dagli anni ’70 del 1900, con un minimo pari a 1,18 del 1995, da quel punto in poi il tasso di fertilità risale, anche grazie all’apporto degli immigrati, con un nuovo massimo nel 2012 (1,42).Fermo restando che reddito e disponibilità di servizi (scuole materne etc.) costituiscono un fattore sicuramente importante, ricondurre il calo di fertilità solo alla mera sfera economica può costituire un grave errore. 7) Se passiamo a analizzare la questione immigrazione, vediamo che, nel 2016, gli abitanti italiani di origine straniera sono poco meno dell’8%, con una forte predominanza di persone provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est, circa 1,5 milioni di persone pari al 31% della popolazione straniera, mentre provengono dai paesi africani poco meno di 1 milione di persone, pari al 18% degli stranieri. 8) Da sottolineare che, secondo stime del Censis, avremmo il 20% di bambini nati in meno nell’ultimo anno, una scuola pubblica con 35mila classi e 68mila insegnati in meno,
  • 19. saremmo senza 693mila lavoratori domestici e 449mila imprese. Senza il contributo degli immigrati, sul fronte pensionistico all’INPS mancherebbero circa 5 miliardi di Euro l’anno! 9) Una gestione organizzata del fenomeno immigratorio non è solo inevitabile, visti i flussi migratori in atto, ma è nell’interesse nazionale! Solo una cieca miopia propagandistica può pensare che la soluzione sia chiudere le porte. 10) Analisi dei dati relativi a occupazione, disoccupazione, CIG : è utile esaminare l’andamento dell’occupazione in Italia dal 1970 al 2016, se ci concentriamo sui dati dal 1977 al 2016 vediamo che, in 33 anni, il tasso di occupazione nella fascia tra i 15 e i 64 anni, quello di norma più esaminato, è aumentato del 3,5%, passando da 58,8 a 63,6 mentre nel 2008, anno di inizio della crisi, era salito al 64,9. 11) Nelle analisi politiche dei dati economici si parla del PIL, del Debito pubblico e dell’occupazione, ma raramente si considera l’andamento delle ore di CIG richieste dalle aziende e erogate dall’INPS. 12) Se analizziamo l’andamento delle ore di CIG richieste dalle aziende dal 2005 all’ottobre del 2017, vediamo che, a fronte di un picco di quasi 1,2 miliardi di ore richieste nel 2010, a ottobre 2017 si è scesi a circa 300 milioni, andamento quasi fisiologico, se consideriamo che il minimo si è avuto, durante il periodo oggetto di analisi, nel 2007, anno ante crisi, con circa 190 milioni di ore richieste. 13) Pochi fanno presente che, per ridurre il deficit pubblico, vi è stata una sostanziale razionalizzazione all’interno della macchina burocratica dello stato, che ha comportato, fra il 2007 e il 2014, a una riduzione del numero dei dipendenti pubblici di ben 176 mila unità, passando da 3,4 milioni a 3,2 milioni di addetti. Ciò significa che l’incremento di occupazione, al di là delle polemiche sulla metodologia di rilevazione, che non risulta modificata negli anni, deriva da occupazione aggiuntiva nel settore privato, mentre il numero dei dipendenti pubblici resta invariato se non in fase di diminuzione, con un’accentuata controtendenza in alcune regioni a statuto speciale….