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Life Coaching e
Paternità Spirituale
nel monachesimo benedettino:
un dialogo possibile
Tracce di pensiero…
PERCHÉ UN APPROCCIO SPIRITUALE NEL COACHING MODERNO
•  Nel nostro mondo occidentale, all’inizio del Terzo Millennio, la paternità sia
fisica che spirituale soffre momenti di crisi, ed il vuoto creatosi non sempre
viene colmato in modo adeguato, con possibili pericolose conseguenze.  
•  E in questa dinamica di relazione “la paternità spirituale” non significa
nient’altro che l’esperienza del superamento della propria individualità
nell’incontro con un “tu” che porta il nome antichissimo di “padre”, perché
in tale superamento questi diventa colui che genera il suo essere persona.
•  E’ possibile rintracciare nei moderni metodi di Coaching alcune importanti
affinità con quello che nel monachesimo prendeva il nome di paternità
spirituale, affiancamento spirituale, pur con tutte le differenti profondità e
ampiezze di vedute delle due situazioni.
LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI
•  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in
modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a
ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la
propria esistenza in pienezza.
Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi:
1.  LA REGOLARITÀ: le sessioni di incontro nel mondo monastico si
effettuavano una volta a settimana. Un cammino di Coaching deve
avere dei momenti di incontro chiari e prestabiliti.
1
LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI
•  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in
modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a
ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la
propria esistenza in pienezza.
Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi:
1.  LA TRASPARENZA: il discepolo deve aprire il cuore e la mente al
padre spirituale, così come il coachee deve essere chiaro e trasparente
nel parlare del suo futuro desiderato e del suo presente percepito.
2
LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI
•  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in
modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a
ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la
propria esistenza in pienezza.
Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi:
1.  LE PAROLE FORTI: le domande potenti/efficaci, l’uso attento e
virtuoso delle parole sono una delle caratteristiche del Coach, così
come lo erano dei Padri della tradizione .
3
LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI
•  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in
modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a
ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la
propria esistenza in pienezza.
Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi:
1.  L’ACCOGLIENZA: il padre spirituale riceveva molte persone e non si
limitava a determinate categorie, ma accoglieva anche gli stranieri. Il
coach fa dell’accoglienza uno dei 4 pilastri del suo metodo.
4
“EUDAIMONIA” O FIORITURA DELL’ESSERE UMANO
•  Sia la paternità spirituale che il Coaching hanno come scopo finale quello di fare
in modo che il discepolo/coachee possa vivere in pienezza la propria esistenza.
•  La psicologia positiva parla di “eudaimonia” (fioritura) come metafora della
vita: ovvero della capacità di essere in grado di far fiorire e mettere a frutto le
potenzialità che ogni persona scopre dentro di sé.
•  Nella tradizione monastica benedettina, riecheggia sempre la domanda
fondamentale che San Benedetto, nella sua “Regola” pone:
“C’è un uomo che vuole vita e desidera giorni felici? Se tu rispondi Io…”
e la risposta a questa domanda era rappresentata con l’immagine del giardino.
•  Se un cammino spirituale non porta a gesti concreti rimane sterile e qui sorge
spontaneo il legame con il piano di azione nel Coaching…
LE VIRTÙ/COMPETENZE DEL PADRE SPIRITUALE/COACH
•  Vi sono alcune virtù presenti nella tradizione monastica e nella figura del
Padre Spirituale che ben si adattano, o sarebbe meglio dire, che sono
all’origine di alcune competenze del coach moderno. Fra queste alcune in
particolare:
1.  L’OBBEDIENZA: sembrerà strano, ma proprio questa è una delle
capacità migliori che la tradizione monastica ha unito alla figura del
Padre Spirituale. Questo perché, dal punto di vista etimologico, la
parola Obbedienza significa “Ob-Audire”, quindi mettersi in ascolto. un
Ciò che possiamo rintracciare nel concetto di alleanza tra coach e
coachee: il coach è colui che va dove il suo coachee si trova e non dove il
coachee dovrebbe essere o ci piacerebbe che fosse.
	
  
1
1.  L’ASCOLTO: è una delle parole più care a tutta la tradizione monastica.
Nell’antichità l’ascolto era formato di tre momenti:
- Sentire;
- Meditare;
- Mettere in pratica.
Tra il sentire e il mettere in pratica occorre prendersi del tempo, affinché
ciò che abbiamo udito possa rivelarsi in tutta la sua pienezza e
permetterci di prendere la decisione migliore. Nel percorso del
Coaching avere la pazienza e rispettare i tempi dell’altro è saper
ascoltare in profondità ciò che l’altro dice e la sua modalità di dire le
cose.
2.  LA DISCREZIONE: essa è la madre di tutte le virtù ed è la capacità di
avere la giusta misura verso se stessi e gli altri; essa nasce da una
grande umiltà, cioè dalla capacità di stare con i piedi per terra (humus) e
riconoscersi come semplici creature, e si alimenta con l’obbedienza (ob-
audire), cioè con la grande capacità di ascoltare in profondità se stessi e
gli altri, e quindi agire secondo quanto abbiamo ascoltato.
	
  
2
3
LA REGOLA, OVVERO IL PIANO D’AZIONE DEL DISCEPOLO
•  Dalla visione positiva dello scopo della vita (desiderare giorni felici),
dell’essere umano e dei suoi desideri, nasce poi l’esigenza di dare
concretezza al cammino, per “Ritornare al Paradiso”, un’espressione che
può certamente fuorviare o farci pensare a qualcosa che riguardi solo coloro
che hanno fede e sono inseriti in un percorso religioso.
Per meglio spiegare cosa può intendere parto da due citazioni, sempre della
“Regola” di San Benedetto, cap 58:
“Se darà sicure prove di voler perseverare nella sua stabilità, dopo due mesi gli si
legga per intero questa Regola e gli si dica: "Ecco la legge sotto la quale vuoi
militare; se ti senti di poterla osservare, entra; altrimenti, va' pure via liberamente".
•  Siamo all’interno del capitolo dedicato ai novizi, a coloro che iniziano il
cammino spirituale. Due verbi sono importanti: volere (ecco la legge sotto
la quale vuoi militare) e potere (poterla osservare).
Ogni volta che una persona riesce a mettere in pratica ciò che vuole/
desidera sperimenta già la condizione del paradiso.
Il padre spirituale/coach credo si debba affiancare al discepolo/coachee per
renderlo una persona di successo, cioè una persona che fa succedere/
accadere qualcosa.
Il metodo è tracciato, è chiaro, semplice. Non resta che metterlo
risolutamente in pratica.
A cura di:
Padre Natale Brescianini osb.cam
Priore dell’Eremo di Monte Giove a Fano,
coach iscritto alla AICP e formatore di Askesis

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Askesis | Life Coaching e Paternità Spirituale nel monachesimo benedettino: un dialogo possibile

  • 1. Life Coaching e Paternità Spirituale nel monachesimo benedettino: un dialogo possibile Tracce di pensiero…
  • 2. PERCHÉ UN APPROCCIO SPIRITUALE NEL COACHING MODERNO •  Nel nostro mondo occidentale, all’inizio del Terzo Millennio, la paternità sia fisica che spirituale soffre momenti di crisi, ed il vuoto creatosi non sempre viene colmato in modo adeguato, con possibili pericolose conseguenze.   •  E in questa dinamica di relazione “la paternità spirituale” non significa nient’altro che l’esperienza del superamento della propria individualità nell’incontro con un “tu” che porta il nome antichissimo di “padre”, perché in tale superamento questi diventa colui che genera il suo essere persona. •  E’ possibile rintracciare nei moderni metodi di Coaching alcune importanti affinità con quello che nel monachesimo prendeva il nome di paternità spirituale, affiancamento spirituale, pur con tutte le differenti profondità e ampiezze di vedute delle due situazioni.
  • 3. LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI •  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la propria esistenza in pienezza. Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi: 1.  LA REGOLARITÀ: le sessioni di incontro nel mondo monastico si effettuavano una volta a settimana. Un cammino di Coaching deve avere dei momenti di incontro chiari e prestabiliti. 1
  • 4. LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI •  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la propria esistenza in pienezza. Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi: 1.  LA TRASPARENZA: il discepolo deve aprire il cuore e la mente al padre spirituale, così come il coachee deve essere chiaro e trasparente nel parlare del suo futuro desiderato e del suo presente percepito. 2
  • 5. LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI •  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la propria esistenza in pienezza. Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi: 1.  LE PAROLE FORTI: le domande potenti/efficaci, l’uso attento e virtuoso delle parole sono una delle caratteristiche del Coach, così come lo erano dei Padri della tradizione . 3
  • 6. LO SCOPO ED IL FINE DEI DUE METODI •  Lo scopo ultimo dei due metodi è quello appunto di generare vita, di fare in modo che la persona in relazione con il padre spirituale o il coach riesca a ritrovare in sé le giuste risposte, per sentirsi realmente se stessa e vivere la propria esistenza in pienezza. Alcune caratteristiche del percorso che accomuna i due metodi: 1.  L’ACCOGLIENZA: il padre spirituale riceveva molte persone e non si limitava a determinate categorie, ma accoglieva anche gli stranieri. Il coach fa dell’accoglienza uno dei 4 pilastri del suo metodo. 4
  • 7. “EUDAIMONIA” O FIORITURA DELL’ESSERE UMANO •  Sia la paternità spirituale che il Coaching hanno come scopo finale quello di fare in modo che il discepolo/coachee possa vivere in pienezza la propria esistenza. •  La psicologia positiva parla di “eudaimonia” (fioritura) come metafora della vita: ovvero della capacità di essere in grado di far fiorire e mettere a frutto le potenzialità che ogni persona scopre dentro di sé. •  Nella tradizione monastica benedettina, riecheggia sempre la domanda fondamentale che San Benedetto, nella sua “Regola” pone: “C’è un uomo che vuole vita e desidera giorni felici? Se tu rispondi Io…” e la risposta a questa domanda era rappresentata con l’immagine del giardino. •  Se un cammino spirituale non porta a gesti concreti rimane sterile e qui sorge spontaneo il legame con il piano di azione nel Coaching…
  • 8. LE VIRTÙ/COMPETENZE DEL PADRE SPIRITUALE/COACH •  Vi sono alcune virtù presenti nella tradizione monastica e nella figura del Padre Spirituale che ben si adattano, o sarebbe meglio dire, che sono all’origine di alcune competenze del coach moderno. Fra queste alcune in particolare: 1.  L’OBBEDIENZA: sembrerà strano, ma proprio questa è una delle capacità migliori che la tradizione monastica ha unito alla figura del Padre Spirituale. Questo perché, dal punto di vista etimologico, la parola Obbedienza significa “Ob-Audire”, quindi mettersi in ascolto. un Ciò che possiamo rintracciare nel concetto di alleanza tra coach e coachee: il coach è colui che va dove il suo coachee si trova e non dove il coachee dovrebbe essere o ci piacerebbe che fosse.   1
  • 9. 1.  L’ASCOLTO: è una delle parole più care a tutta la tradizione monastica. Nell’antichità l’ascolto era formato di tre momenti: - Sentire; - Meditare; - Mettere in pratica. Tra il sentire e il mettere in pratica occorre prendersi del tempo, affinché ciò che abbiamo udito possa rivelarsi in tutta la sua pienezza e permetterci di prendere la decisione migliore. Nel percorso del Coaching avere la pazienza e rispettare i tempi dell’altro è saper ascoltare in profondità ciò che l’altro dice e la sua modalità di dire le cose. 2.  LA DISCREZIONE: essa è la madre di tutte le virtù ed è la capacità di avere la giusta misura verso se stessi e gli altri; essa nasce da una grande umiltà, cioè dalla capacità di stare con i piedi per terra (humus) e riconoscersi come semplici creature, e si alimenta con l’obbedienza (ob- audire), cioè con la grande capacità di ascoltare in profondità se stessi e gli altri, e quindi agire secondo quanto abbiamo ascoltato.   2 3
  • 10. LA REGOLA, OVVERO IL PIANO D’AZIONE DEL DISCEPOLO •  Dalla visione positiva dello scopo della vita (desiderare giorni felici), dell’essere umano e dei suoi desideri, nasce poi l’esigenza di dare concretezza al cammino, per “Ritornare al Paradiso”, un’espressione che può certamente fuorviare o farci pensare a qualcosa che riguardi solo coloro che hanno fede e sono inseriti in un percorso religioso. Per meglio spiegare cosa può intendere parto da due citazioni, sempre della “Regola” di San Benedetto, cap 58: “Se darà sicure prove di voler perseverare nella sua stabilità, dopo due mesi gli si legga per intero questa Regola e gli si dica: "Ecco la legge sotto la quale vuoi militare; se ti senti di poterla osservare, entra; altrimenti, va' pure via liberamente".
  • 11. •  Siamo all’interno del capitolo dedicato ai novizi, a coloro che iniziano il cammino spirituale. Due verbi sono importanti: volere (ecco la legge sotto la quale vuoi militare) e potere (poterla osservare). Ogni volta che una persona riesce a mettere in pratica ciò che vuole/ desidera sperimenta già la condizione del paradiso. Il padre spirituale/coach credo si debba affiancare al discepolo/coachee per renderlo una persona di successo, cioè una persona che fa succedere/ accadere qualcosa. Il metodo è tracciato, è chiaro, semplice. Non resta che metterlo risolutamente in pratica.
  • 12. A cura di: Padre Natale Brescianini osb.cam Priore dell’Eremo di Monte Giove a Fano, coach iscritto alla AICP e formatore di Askesis