IMPUT E OUTPUT
Gli input sono i dati che il programma riceve in ingresso mentre gli output sono i dati che il
programma trasmette verso un soggetto terzo. Anche i dati salvati su disco rigido sono
output dato che vengono inviati al gestore delle periferiche che provvede a memorizzarli
nella memoria magnetica. Anche l'utente utilizza dispositivi di I/O infatti, per esempio
il mouse, la tastiera, il gamepad e il microfono sono dispositivi di Input mentre il monitor,
la stampante e le casse audio sono dispositivi di Output.
Oltre a dispositivi di carattere fisico i programmi e il sistema operativo hanno dei dispositivi
di I/O che sono a loro volta dei componenti software. Questi consentono la comunicazione
tra processi e quindi consentono agli applicativi di scambiarsi dati e di sincronizzarsi se
necessario.
In elettronica questo termine viene usato per designare dei pin dei circuiti integrati (ed in
particolar modo dei microprocessori) che hanno funzioni sia di ingressi che di uscite.
Dati di input
Nei primi elaboratori il più semplice dato di input era il bit, che conteneva un'informazione
binaria: zero oppure uno. Era fornito con l'impostazione di un interruttore (switch) o un
pulsante. Successivamente diventava un carattere quando all'elaboratore veniva connessa
una tastiera; la pressione del singolo tasto veniva convertita in una serie di bit (inizialmente
5 (codice Baudot), poi 7 e 8 (codice ASCII). Altro passo in avanti fu l'avvento delle schede
perforate che permettevano di introdurre 80 caratteri alla volta. Prima delle schede perforate
i dati di input erano indifferentemente istruzioni o dati di lavoro. Con l'avvento delle schede
perforate si iniziò a distinguere le istruzioni dai dati di lavoro, soprattutto per il fatto che le
istruzioni (di fatto il programma) erano (quasi sempre) le stesse, mentre i dati di lavoro, per
loro natura, cambiavano ad ogni elaborazione. Nacque quindi il termine libreria dei
programmi, ad indicare la residenza di questo specifico tipo di input. La residenza era
un nastro magnetico, poi un disco magnetico.
Dati di output
Agli inizi erano dati elementari forniti dall'elaboratore mediante l'accensione o meno di mini
lampadine (i led non esistevano) organizzate in file orizzontali sul pannello di controllo
dell'elaboratore. Erano in pratica file di bit, da interpretare in esadecimale oppure ottale,
secondo la casa costruttrice dell'elaboratore.
Un rapido passo avanti fu l'adozione della consolle (sorta di telescrivente), come unità di
input e di output, con la quale iniziò l'era del colloquio uomo-macchina.
Il salto di qualità fu l'avvento delle stampatrici (poi pian piano denominate stampanti), che,
a differenza della consolle, che pure stampava, erano in grado di produrre volumi notevoli
di output stampato, nei classici formati a striscia continua, in pacchi da 1000 o duemila
fogli.
Questo per quanto riguarda l'output finale, quello che è immediatamente interpretabile
dall'essere umano.
Non va dimenticato infatti che esisteva (ed esiste), l'output interno, ad esempio destinato
alla memorizzazione stabile su nastri o dischi magnetici, ed anche l'output intermedio,
destinato a diventare input in successive elaborazioni.
Con l'avvento del monitor video e successivamente delle interfacce grafiche è nato l'output
visuale diretto, prima solo testo, poi grafica ed immagine fissa, ed infine immagine in
movimento.
Con gli sviluppi delle tecniche audio (di per sé più antiche dell'informatica) è arrivato anche
l'output sonoro (da non confondere con i beep del cicalino montato sui primi personal
computer).

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Imput e output

  • 1. IMPUT E OUTPUT Gli input sono i dati che il programma riceve in ingresso mentre gli output sono i dati che il programma trasmette verso un soggetto terzo. Anche i dati salvati su disco rigido sono output dato che vengono inviati al gestore delle periferiche che provvede a memorizzarli nella memoria magnetica. Anche l'utente utilizza dispositivi di I/O infatti, per esempio il mouse, la tastiera, il gamepad e il microfono sono dispositivi di Input mentre il monitor, la stampante e le casse audio sono dispositivi di Output. Oltre a dispositivi di carattere fisico i programmi e il sistema operativo hanno dei dispositivi di I/O che sono a loro volta dei componenti software. Questi consentono la comunicazione tra processi e quindi consentono agli applicativi di scambiarsi dati e di sincronizzarsi se necessario. In elettronica questo termine viene usato per designare dei pin dei circuiti integrati (ed in particolar modo dei microprocessori) che hanno funzioni sia di ingressi che di uscite. Dati di input Nei primi elaboratori il più semplice dato di input era il bit, che conteneva un'informazione binaria: zero oppure uno. Era fornito con l'impostazione di un interruttore (switch) o un pulsante. Successivamente diventava un carattere quando all'elaboratore veniva connessa una tastiera; la pressione del singolo tasto veniva convertita in una serie di bit (inizialmente 5 (codice Baudot), poi 7 e 8 (codice ASCII). Altro passo in avanti fu l'avvento delle schede perforate che permettevano di introdurre 80 caratteri alla volta. Prima delle schede perforate i dati di input erano indifferentemente istruzioni o dati di lavoro. Con l'avvento delle schede perforate si iniziò a distinguere le istruzioni dai dati di lavoro, soprattutto per il fatto che le istruzioni (di fatto il programma) erano (quasi sempre) le stesse, mentre i dati di lavoro, per loro natura, cambiavano ad ogni elaborazione. Nacque quindi il termine libreria dei programmi, ad indicare la residenza di questo specifico tipo di input. La residenza era un nastro magnetico, poi un disco magnetico. Dati di output
  • 2. Agli inizi erano dati elementari forniti dall'elaboratore mediante l'accensione o meno di mini lampadine (i led non esistevano) organizzate in file orizzontali sul pannello di controllo dell'elaboratore. Erano in pratica file di bit, da interpretare in esadecimale oppure ottale, secondo la casa costruttrice dell'elaboratore. Un rapido passo avanti fu l'adozione della consolle (sorta di telescrivente), come unità di input e di output, con la quale iniziò l'era del colloquio uomo-macchina. Il salto di qualità fu l'avvento delle stampatrici (poi pian piano denominate stampanti), che, a differenza della consolle, che pure stampava, erano in grado di produrre volumi notevoli di output stampato, nei classici formati a striscia continua, in pacchi da 1000 o duemila fogli. Questo per quanto riguarda l'output finale, quello che è immediatamente interpretabile dall'essere umano. Non va dimenticato infatti che esisteva (ed esiste), l'output interno, ad esempio destinato alla memorizzazione stabile su nastri o dischi magnetici, ed anche l'output intermedio, destinato a diventare input in successive elaborazioni. Con l'avvento del monitor video e successivamente delle interfacce grafiche è nato l'output visuale diretto, prima solo testo, poi grafica ed immagine fissa, ed infine immagine in movimento. Con gli sviluppi delle tecniche audio (di per sé più antiche dell'informatica) è arrivato anche l'output sonoro (da non confondere con i beep del cicalino montato sui primi personal computer).