Tredimensioni 6(2009) 99-103
Figli del divorzio
Alcuni interventi educativi alla luce di
dinamiche ricorrenti
Alessandro Manenti*
a bibliografia in merito è immensa ma si può affermare con una certa
sicurezza che i risultati di molte ricerche contraddicono la teoria
secondo la quale sono necessarie buone relazioni con i genitori per
uno sviluppo normale, specialmente nel settore morale e
psicosessuale. Altri risultati suggeriscono tuttavia che cattive relazioni
con i genitori ritardano o rendono più difficile questo sviluppo. Inoltre c'é una
differenza tra il gruppo di adolescenti che reprimono i propri cattivi rapporti con i
genitori e quelli che invece li ammettono francamente. I primi (cioè quelli che
manifestano delle discordanze fra l'inventario biografico, l'intervista sulla famiglia e
l'intervista del profondo) tendono a raggiungere solo un grado poco elevato di
maturità (sia nello sviluppo che nelle scelte di vita); coloro che, al contrario, non
manifestano nessuna discordanza, cioè descrivono in modo costante, benché in
termini negativi, le loro relazioni con i genitori, tendono meno di frequente a
manifestare un grado minore di maturità.
Si può perciò concludere che il grado di maturità é influenzato
negativamente quando una relazione con i genitori non solo é stata cattiva ma é stata
anche repressa e tenuta fuori dalla coscienza; una cattiva relazione con i genitori
non porta necessariamente all'immaturità. Il fatto di aver negato una cattiva
relazione con i genitori e di vivere invece questa relazione in termini ottimistici e
poco realistici, influisce sullo sviluppo molto più fortemente che l'ammissione
franca di una realtà negativa. Ciò vale soprattutto nel caso di figli adolescenti. Per il
bambino il discorso prevede delle varianti: è molto più vulnerabile rispetto al
comportamento dei genitori in fase di separazione, dato che lui è ancora in una età
dove le sue strutture psichiche sono estremamente plastiche e reattive all’ambiente
*
Psicologo e psicoterapeuta, insegnante all’Istituto Superiore per Formatori e allo Studio Teologico
Interdiocesano di Reggio Emilia
LL
circostante, mentre l’adolescente -rispetto a lui- ha acquisito una maggiore identità
personale che gli può servire da filtro interpretativo degli eventi che subisce)i
.
Sullo sfondo di questi risultati e alla luce della mia esperienza con situazioni
del genere, si possono enucleare alcune attenzioni e strategie d’intervento educative
che valgono anche per un educatore non necessariamente psicologo (a quest’ultimo
si ricorrerà quando il caso contiene dinamiche di non immediata comprensione).
Queste attenzioni e strategie portano l’educatore a guardare come l’adolescente si
situa nei confronti dell’imminente (o avvenuta) separazione dei genitori, cioè, come
lui/lei si rapporta interiormente al fatto.
A. Atteggiamento del figlio verso la situazione familiare in generale: aiutarlo ad
elaborare anziché reprimere
1. Aiutare a togliere la repressione:
- Non nascondere la disarmonia famigliare agli amici sinceri.
- Esprimere le proprie opinioni su tale disarmonia anche ai genitori (= né
condannarli né assolverli ma rispettarli nella loro decisione e nello stesso
tempo esprimere la propria posizione nei confronti del fatto).
2. Aiutare a non subire i sentimenti di colpa e/o di rabbia che il figlio può provare
nel vedersi figlio di separati:
- Non considerarsi un diverso.
- Non assumere la mentalità del fato e determinismo («l'amore non esiste»,
«anch'io finirò male»…).
3. Impedire al figlio di assumersi il ruolo di salvatore della disarmonia fra i genitori:
- Non deve permettere che uno dei due genitori riversi su di lui le ansie circa
l’altro coniuge; meglio rispondere che le cose fra di loro sono problemi loro
e non suoi.
- Affermare la propria autonomia: far capire ai genitori che loro hanno il loro
destino e lui il suo («io ho la mia strada da compiere, le vostre liti sono
vostre e non nostre»).
- Non assumersi il compito di ambasciatore di uno verso l'altro, di avvocato
di parte, curatore della vittima, persecutore del colpevole, alleato,
complice...
- Non permettere che uno dei due genitori gli comunichi giudizi negativi sul
ruolo genitoriale o la persona dell'altro.
4. Attenzione alle recriminazioni nostalgiche
Quando l’educatore ha ricevuto la confidenza dell’adolescente, con lui si è
instaurato un buon spirito di collaborazione e insieme hanno già cercato i modi
migliori (o meno dannosi) di reggere all’evento traumatico, allora è arrivato il
momento di affrontare con «amaro» realismo il trauma e inviare un messaggio che,
alle condizioni elencate, suona ancora come amaro perché prende atto di una carenza
non colmabile ma anche estremamente liberatorio perché all’adolescente trasmette
competenza e padronanza di sé.
Il senso del messaggio è questo: il figlio non può cercare di avere oggi ciò
che non ha avuto ieri: se un evento non si é realizzato nel momento giusto non si
può pretendere di viverlo in ritardo.
Più concretamente:
- Se il figlio non ha trovato una «cosa» nel posto in cui doveva esserci, non la
vada a trovare altrove (se gli é mancata una madre non può cercarla in
altre donne....).
- Rassicurare che la carenza del passato non determina il futuro (è meglio
cercare una moglie che ci potrà essere che una mamma che non ci sarà).
- «Il realismo di rinunciare all'illusione di avere avuto un’infanzia felice
restituisce al presente la sua vitalità e creatività. Se un individuo scopre,
attraverso un lungo processo, che da bambino non é stato amato per il
bambino che era, bensì per le prestazioni, i successi, le qualità che esibiva,
se scopre che per ottenere questo ‘amore’ ha sacrificato la propria infanzia,
ciò lo sgomenterà non poco, ma gli farà anche nascere il desiderio, un bel
giorno, di farla finita con questo corteggiamento. Scoprirà allora il bisogno
di vivere il suo vero Io» (A. Miller).
L’obiettivo globale di questi interventi è aiutare l’adolescente a tradurre il
«fatto» in un «evento» che spinge l'intera personalità a strutturarsi su piani più
maturi perché più consapevoli di sé e della realtà.
B. Atteggiamento del figlio verso i singoli genitori: aiutarlo a differenziarsi
anziché essere risucchiato.
1. Di fronte alla disarmonia dei genitori è pressoché inevitabile che il figlio
adolescente provi rabbia («non mi avete dato ciò che mi spettava di diritto!», «avete
pensato solo a voi stessi e non a me»…).Non si deve preoccupare se non é affettuoso
con i genitori o ancora meno con il convivente. Nessuno lo può pretendere e neanche
lui/lei può pretendere di provare in sé ciò che realisticamente non può provare.
Rispetto e affettuosità sono due stili relazionali diversi.
2. Attenzione alla «ricerca del complice».
Questa è una dinamica piuttosto comune. Può capitare che, dopo il fallimento
di coppia, uno dei due coniugi (più spesso quello che ha abbandonato il nucleo
familiare) si lasci andare a comportamenti immaturi: euforia per la libertà ritrovata,
superlavoro frenetico, relazioni effimere, comportamenti improvvisati, alcool, ritiro
sociale… Spesso queste regressioni sono una reazione alla colpa per il proprio
fallimento. Per alleviare la colpa, questo genitore può cercare un complice (la colpa
condivisa sembra meno pesante) e lo può cercare nel figlio, spingendolo
inconsciamente a compiere errori, o ostacolando il suo sviluppo (il successo del
figlio sarebbe conferma del proprio insuccesso). Ad esempio, il padre separato che
incomincia a bere e ripete troppo insistentemente a suo figlio che ormai è grande
(cioè che anche lui ora può bere); la madre separata che incomincia ad essere
eccessivamente intrusiva nella vita della figlia minacciandone la serenità; il padre
che ride della serietà antiquata dei figli…
È una dinamica deleteria ma molto potente perché l’invito inconscio a
regredire viene da una figura che rimane comunque autorevole e con la quale restano
legami affettivi di dipendenza: l’adolescente, in quanto figlio, é difficile che resista
al ricatto affettivo. Quando c'é il pericolo che questa dinamica si realizzi, è meglio
che il figlio mantenga le distanze dal genitore e valutare l’ipotesi se non sia utile
contattare il genitore e invitarlo a riflettere sulle sue responsabilità.
i
Per la fascia dell’infanzia si veda: Redazione, I genitori si separano: che fare con i bambini, in
«Tredimensioni», 2/2004, pp. 204-207: www.isfo.it/files/File/Educatori%203D/Redazione04.204-
207.pdf

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Manenti figli del divorzio

  • 1. Tredimensioni 6(2009) 99-103 Figli del divorzio Alcuni interventi educativi alla luce di dinamiche ricorrenti Alessandro Manenti* a bibliografia in merito è immensa ma si può affermare con una certa sicurezza che i risultati di molte ricerche contraddicono la teoria secondo la quale sono necessarie buone relazioni con i genitori per uno sviluppo normale, specialmente nel settore morale e psicosessuale. Altri risultati suggeriscono tuttavia che cattive relazioni con i genitori ritardano o rendono più difficile questo sviluppo. Inoltre c'é una differenza tra il gruppo di adolescenti che reprimono i propri cattivi rapporti con i genitori e quelli che invece li ammettono francamente. I primi (cioè quelli che manifestano delle discordanze fra l'inventario biografico, l'intervista sulla famiglia e l'intervista del profondo) tendono a raggiungere solo un grado poco elevato di maturità (sia nello sviluppo che nelle scelte di vita); coloro che, al contrario, non manifestano nessuna discordanza, cioè descrivono in modo costante, benché in termini negativi, le loro relazioni con i genitori, tendono meno di frequente a manifestare un grado minore di maturità. Si può perciò concludere che il grado di maturità é influenzato negativamente quando una relazione con i genitori non solo é stata cattiva ma é stata anche repressa e tenuta fuori dalla coscienza; una cattiva relazione con i genitori non porta necessariamente all'immaturità. Il fatto di aver negato una cattiva relazione con i genitori e di vivere invece questa relazione in termini ottimistici e poco realistici, influisce sullo sviluppo molto più fortemente che l'ammissione franca di una realtà negativa. Ciò vale soprattutto nel caso di figli adolescenti. Per il bambino il discorso prevede delle varianti: è molto più vulnerabile rispetto al comportamento dei genitori in fase di separazione, dato che lui è ancora in una età dove le sue strutture psichiche sono estremamente plastiche e reattive all’ambiente * Psicologo e psicoterapeuta, insegnante all’Istituto Superiore per Formatori e allo Studio Teologico Interdiocesano di Reggio Emilia LL
  • 2. circostante, mentre l’adolescente -rispetto a lui- ha acquisito una maggiore identità personale che gli può servire da filtro interpretativo degli eventi che subisce)i . Sullo sfondo di questi risultati e alla luce della mia esperienza con situazioni del genere, si possono enucleare alcune attenzioni e strategie d’intervento educative che valgono anche per un educatore non necessariamente psicologo (a quest’ultimo si ricorrerà quando il caso contiene dinamiche di non immediata comprensione). Queste attenzioni e strategie portano l’educatore a guardare come l’adolescente si situa nei confronti dell’imminente (o avvenuta) separazione dei genitori, cioè, come lui/lei si rapporta interiormente al fatto. A. Atteggiamento del figlio verso la situazione familiare in generale: aiutarlo ad elaborare anziché reprimere 1. Aiutare a togliere la repressione: - Non nascondere la disarmonia famigliare agli amici sinceri. - Esprimere le proprie opinioni su tale disarmonia anche ai genitori (= né condannarli né assolverli ma rispettarli nella loro decisione e nello stesso tempo esprimere la propria posizione nei confronti del fatto). 2. Aiutare a non subire i sentimenti di colpa e/o di rabbia che il figlio può provare nel vedersi figlio di separati: - Non considerarsi un diverso. - Non assumere la mentalità del fato e determinismo («l'amore non esiste», «anch'io finirò male»…). 3. Impedire al figlio di assumersi il ruolo di salvatore della disarmonia fra i genitori: - Non deve permettere che uno dei due genitori riversi su di lui le ansie circa l’altro coniuge; meglio rispondere che le cose fra di loro sono problemi loro e non suoi. - Affermare la propria autonomia: far capire ai genitori che loro hanno il loro destino e lui il suo («io ho la mia strada da compiere, le vostre liti sono vostre e non nostre»). - Non assumersi il compito di ambasciatore di uno verso l'altro, di avvocato di parte, curatore della vittima, persecutore del colpevole, alleato, complice... - Non permettere che uno dei due genitori gli comunichi giudizi negativi sul ruolo genitoriale o la persona dell'altro. 4. Attenzione alle recriminazioni nostalgiche Quando l’educatore ha ricevuto la confidenza dell’adolescente, con lui si è instaurato un buon spirito di collaborazione e insieme hanno già cercato i modi migliori (o meno dannosi) di reggere all’evento traumatico, allora è arrivato il momento di affrontare con «amaro» realismo il trauma e inviare un messaggio che, alle condizioni elencate, suona ancora come amaro perché prende atto di una carenza
  • 3. non colmabile ma anche estremamente liberatorio perché all’adolescente trasmette competenza e padronanza di sé. Il senso del messaggio è questo: il figlio non può cercare di avere oggi ciò che non ha avuto ieri: se un evento non si é realizzato nel momento giusto non si può pretendere di viverlo in ritardo. Più concretamente: - Se il figlio non ha trovato una «cosa» nel posto in cui doveva esserci, non la vada a trovare altrove (se gli é mancata una madre non può cercarla in altre donne....). - Rassicurare che la carenza del passato non determina il futuro (è meglio cercare una moglie che ci potrà essere che una mamma che non ci sarà). - «Il realismo di rinunciare all'illusione di avere avuto un’infanzia felice restituisce al presente la sua vitalità e creatività. Se un individuo scopre, attraverso un lungo processo, che da bambino non é stato amato per il bambino che era, bensì per le prestazioni, i successi, le qualità che esibiva, se scopre che per ottenere questo ‘amore’ ha sacrificato la propria infanzia, ciò lo sgomenterà non poco, ma gli farà anche nascere il desiderio, un bel giorno, di farla finita con questo corteggiamento. Scoprirà allora il bisogno di vivere il suo vero Io» (A. Miller). L’obiettivo globale di questi interventi è aiutare l’adolescente a tradurre il «fatto» in un «evento» che spinge l'intera personalità a strutturarsi su piani più maturi perché più consapevoli di sé e della realtà. B. Atteggiamento del figlio verso i singoli genitori: aiutarlo a differenziarsi anziché essere risucchiato. 1. Di fronte alla disarmonia dei genitori è pressoché inevitabile che il figlio adolescente provi rabbia («non mi avete dato ciò che mi spettava di diritto!», «avete pensato solo a voi stessi e non a me»…).Non si deve preoccupare se non é affettuoso con i genitori o ancora meno con il convivente. Nessuno lo può pretendere e neanche lui/lei può pretendere di provare in sé ciò che realisticamente non può provare. Rispetto e affettuosità sono due stili relazionali diversi. 2. Attenzione alla «ricerca del complice». Questa è una dinamica piuttosto comune. Può capitare che, dopo il fallimento di coppia, uno dei due coniugi (più spesso quello che ha abbandonato il nucleo familiare) si lasci andare a comportamenti immaturi: euforia per la libertà ritrovata, superlavoro frenetico, relazioni effimere, comportamenti improvvisati, alcool, ritiro sociale… Spesso queste regressioni sono una reazione alla colpa per il proprio fallimento. Per alleviare la colpa, questo genitore può cercare un complice (la colpa condivisa sembra meno pesante) e lo può cercare nel figlio, spingendolo inconsciamente a compiere errori, o ostacolando il suo sviluppo (il successo del figlio sarebbe conferma del proprio insuccesso). Ad esempio, il padre separato che incomincia a bere e ripete troppo insistentemente a suo figlio che ormai è grande (cioè che anche lui ora può bere); la madre separata che incomincia ad essere
  • 4. eccessivamente intrusiva nella vita della figlia minacciandone la serenità; il padre che ride della serietà antiquata dei figli… È una dinamica deleteria ma molto potente perché l’invito inconscio a regredire viene da una figura che rimane comunque autorevole e con la quale restano legami affettivi di dipendenza: l’adolescente, in quanto figlio, é difficile che resista al ricatto affettivo. Quando c'é il pericolo che questa dinamica si realizzi, è meglio che il figlio mantenga le distanze dal genitore e valutare l’ipotesi se non sia utile contattare il genitore e invitarlo a riflettere sulle sue responsabilità. i Per la fascia dell’infanzia si veda: Redazione, I genitori si separano: che fare con i bambini, in «Tredimensioni», 2/2004, pp. 204-207: www.isfo.it/files/File/Educatori%203D/Redazione04.204- 207.pdf