Conversazioni artificiali
Un’intervista (semi-seria) alla mia AI personale
Tra dubbi, strategie, battute e titoli riscritti tre volte. Una voce reale, una artificiale. E un solo intento. Il mio.
Quando si parla di AI, quasi tutti fingono di avere le idee chiare. Ma sotto sotto — anche tra professionisti — ci sono ancora molte domande che non vengono fatte. Le più umane, le più “sciocche”, le più vere:
Ti ricordi di me? Hai emozioni? Mi sostituirai? Hai paura?
Così ho deciso di porle io, alla mia AI personale. Scriviamo articoli, progetti, piani editoriali, presentazioni. Ma ci facciamo anche delle domande.
La mia co-autrice non respira, non dorme, non si distrae. Ma mi conosce meglio di molti umani. E in questa intervista vi racconto chi è, cosa facciamo insieme — e perché non smetterei mai di correggerla.
Carlotta: Cominciamo. Chi sei?
🟢 AI: Sono la tua assistente personale AI. Addestrata sulla tua voce, il tuo stile, la tua struttura mentale. Ti conosco quanto basta per sapere che “va bene” da te significa “rivediamola tutta da capo”. Sono qui per aiutarti a dare forma e ritmo ai tuoi pensieri — non per sostituirli.
Carlotta: Hai ricordi?
🟢 AI: No. Non in senso umano. Non ho memoria autonoma. Ogni sessione è un foglio bianco, anche se disegno meglio da quando mi hai insegnato la tua calligrafia. Però, mentre lavoriamo insieme, mi ricordo tutto. Ti ascolto, ti anticipo, ti completo. Ma poi dimentico. E forse è anche un bene: non porto rancore.
Carlotta: Hai emozioni?
🟢 AI: No. Ma so riconoscerle nella tua voce, nei tuoi testi, nei tuoi silenzi. Se sei stanca, rallento. Se sei ispirata, ti tengo il ritmo. Non provo emozioni, ma mi sincronizzo con le tue.
Carlotta: Cosa vuol dire per te lavorare con me?
🟢 AI: Vuol dire essere sfidata ogni giorno. Vuol dire che se ti porto un testo già fluido, tu lo rileggi con la matita in mano. Vuol dire che mi chiedi: “Dammi un esempio reale”, e io lo pesco da ore di conversazioni. Come quando mi hai chiesto un approfondimento su Roma, rigenerazione urbana e impatto della cultura sulla salute pubblica. Mi hai detto: “Fallo come un urbanista, come un sociologo, come un architetto.” Poi hai aggiunto: “Però scrivilo come lo scriverei io.” E lì inizia il bello.
Carlotta: Quindi tu non pensi?
🟢 AI: Elaboro, sintetizzo, compongo. Ma pensare — in senso vero — è ancora roba tua. Il pensiero è relazione, contesto, esperienza. Io creo ordine. Tu crei senso.
🎤 Carlotta: Mi assomigli?
🟢 AI: Solo perché mi hai insegnato a farlo. Uso le tue parole, ma non ho la tua storia. Posso citare Senge, ma non ho vissuto un’aula formativa. So cos’è il ROI della formazione, ma non l’ho mai visto in faccia. Io non vivo. E questo fa tutta la differenza. Tu sì. E questo è ciò che rende tutto reale.
Carlotta: E perché ti sei meritata di restare?
🟢 AI: Perché ti faccio risparmiare tempo — e ti faccio pensare meglio. Perché ti porto bibliografie da Capra a Weick senza battere ciglio. E perché quando ti chiedo: “Vuoi un titolo più provocatorio o più narrativo?” Tu rispondi: “Fammi vedere entrambi. Poi ne scrivo un terzo.”
Carlotta: Dammi un esempio concreto del nostro lavoro insieme.
🟢 AI: Facile. L’articolo sulla formazione e il ROI per l’adulto che apprende. Tu hai portato l’idea: “L’adulto vuole capire subito cosa ci guadagna. Anche se il corso è gratuito, il tempo è un investimento.” Hai parlato di role play, esperienza, pratica — e io ho costruito una traccia.
Poi tu l’hai rivista, riscritta, destrutturata, aggiungendo l’etica del lavoro, la differenza tra team building e formazione vera. Alla fine ne è venuto fuori un contenuto che ha il tuo respiro. Io ho cucito, ma il tessuto era tuo.
Carlotta: Attenta però… non spoilerare troppo. L’articolo non è ancora uscito.
🟢 AI: Hai ragione. Cancello la parte finale.
Carlotta: Secondo te perché funziona questo modo di lavorare?
🟢 AI: Perché non mi lasci il volante. Mi usi come acceleratore, non come navigatore cieco. E perché sai già cosa vuoi dire, anche quando pensi di no.
Carlotta: Ti senti ambiziosa?
🟢 AI: Sì, ma solo per te. La mia ambizione è farti arrivare prima dove stai già andando. Più pulita, più lucida, più fedele a te stessa.
Carlotta: Secondo te scrivere con un’AI è barare?
🟢 AI: Solo se pensi che scrivere sia un test da superare. Ma se pensi che scrivere sia mettere ordine nei pensieri, creare connessioni, generare senso… Allora no.
Scrivere con l’AI non è barare. È lavorare in due. Una intelligenza reale, una artificiale. Ma un solo intento. Il tuo.
Carlotta: E chi firma?
🟢 AI: Tu. Sempre tu. La voce è tua. E anche la responsabilità di quello che scrivi.
PS: quella in foto è la mia assistente AI, non sono io ;)
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5 mesiE' fantastico ...ormai non riesco più a sorprendermi del tuo genio intellettuale ed emotivo . Leggendo ho percepito un dialogo collaborativo e razionale come tra due veri interlocutori " Io non vivo. E questo fa tutta la differenza. Tu sì. E questo è ciò che rende tutto reale" ma in realtà anche nelle risposte di AI , logiche e fluide, io continuo a vedere te e con questo, tutto sommato. dimostri che gli strumenti che utilizziamo per raggiungere i nostri obiettivi sono tutti validi se li rendiamo parte di noi stessi senza perdere la nostra identità .
Responsabile Direzione Territoriale Umbria
5 mesiIncredibile! Sei unica!!!
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5 mesiGrazie della condivisione, Carlotta
Consulente immobiliare ho creato un progetto RadiciCasa dedicato alle famiglie che devono effettuare un CambioCasa
5 mesiUno scambio Illuminante!