TE LO MERITI?

TE LO MERITI?

"Sii te stesso e di’ quel che pensi: chi se la prende non conta e chi conta non se la prende" (Theodor Seuss Geisel)

Tempo di lettura: 3 minuti secchi

SEI UN IMPOSTORE?

Parliamo oggi di due trappole cognitive molto diffuse, che influenzano profondamente il modo in cui percepisci te stesso, il tuo valore e la tua competenza: il bias dell’impostore e l’effetto Dunning-Kruger. Cominciamo con Il bias dell’impostore: la trappola mentale di chi sa troppo. Il cosiddetto “bias dell’impostore” non è un disturbo clinico, ma un pattern cognitivo: è quella vocina che ti dice che non sei mai abbastanza competente, che stai ingannando tutti e che prima o poi ti scopriranno. Il paradosso? Colpisce spesso le persone più competenti, preparate e brillanti. Gli studi di Pauline Clance e Suzanne Imes, che per prime descrissero il fenomeno nel 1978, mostrano come questo pensiero ricorrente sia alimentato da perfezionismo, ipercontrollo e confronto costante. Io per esempio, ancora oggi, nonostante i numeri dicano che tutto sommato forse qualcosa di buono l’ho fatto, ancora a volte sento la vocina che dice “ma se poi ti beccano?” “e se poi non vengono perché si accorgono che non vali niente?” “ma sei sicuro di esser poi così bravo?”. Ricorda questo, però, prima di andare avanti: difficile che la sindrome dell’impostore venga a una capra, come vedremo fra poco. A livello neurobiologico, il bias dell’impostore attiva fortemente la corteccia prefrontale dorsomediale (coinvolta nell’autovalutazione e nel giudizio sociale) e l’amigdala (che gestisce ansia e paura). Il risultato? Anche se ottieni risultati oggettivi, il tuo cervello trova sempre un modo per sminuirli. Va per così dire in conflitto con se stesso, continua a rimuginare sul latte versato. Versato da nessuno, per inciso.

DUNNING-KRUGER!

Strrettamente, anche se solo per un verso, correlato a questo fenomeno, è il cosiddetto – e da me adorato -effetto Dunning-Kruger. L’effetto Dunning-Kruger, descritto nel 1999 da David Dunning e Justin Kruger della Cornell University, è l’effetto a volte opposto: persone con bassa competenza tendono a sopravvalutarsi, mentre chi è altamente competente tende a sottovalutarsi. È un cortocircuito cognitivo legato alla metacognizione: per giudicare se stessi servono le stesse competenze che mancano. A livello cerebrale, l’effetto Dunning-Kruger coinvolge una scarsa attivazione della corteccia prefrontale laterale (area deputata alla valutazione oggettiva) e una forte influenza dell’ego, che filtra l’esperienza in modo autoconfermativo. Il paradosso? I più ignoranti non sanno abbastanza da accorgersi di quanto ignorano. I più competenti, invece, sono talmente consapevoli della complessità da dubitare di sé. In azienda, questo crea due problemi: incompetenti che parlano troppo e occupano spazio, competenti che si fanno da parte. Risultato? Le decisioni rischiano di essere guidate non dalla competenza, ma dalla sicurezza percepita. Messa in questi termini, dovrebbe essere chiara la portata della faccenda: tu, se per caso sei una di quelle persone che tace per timore di non essere “abbastanza”, sappi che probabilmente potresti lasciar parlare qualcuno che invece non ne sa una mazza… e che il tuo silenzio potrebbe quindi essere la causa di qualche disastro aziendale. Hai il dovere di parlare! E se adesso stai pensando… ecco ma che cosa parlo a fare tanto non sono bravo, hai appena scoperto che cosa vuol dire essere vittime dell’effetto Dunning Kruger. Nessuno dice che tu sia il più intelligente della azienda, magari lo sei ma non posso saperlo io. Dico solo che hai il diritto e anche il dovere di metterti in gioco, di non lasciare campo libero a chi invece di problemi non se ne fa. Ti basta guardare per mezz’ora i commenti sotto qualche post scientifico su facebook o instagram, commenti che, di fronte a dati ed evidenze, sentenziano “ma secondo me no”. Hai capito? Hai il diritto e il dovere di dire la tua.

SOLUZIONI?

Ora, voglio condivedere con te alcune strategie pratiche su come riconoscere e disinnescare queste trappole, affinché il tuo gradiente di intelligenza emotiva migliori, tu ti senta meglio e soprattutto tu possa dimostrare in modo concreto quanto vali. Quindi, lavoraci bene e se necessario condividi queste informazioni con chi credi possa averne bisogno.

Ecco dunque alcune strategie pratiche, anche linguistiche, per uscire vivi da queste trappole mentali:

1. Sostituisci «Non sono abbastanza bravo» con «Sono sempre e comunque in una fase di apprendimento e crescita, durante la quale può comunque anche succedere di sbagliare».

2. Quando ricevi un complimento, evita «Ho solo avuto fortuna» e prova con «Ti ringrazio, ci ho lavorato molto». Goditi i complimenti. E se proprio non riesci a ringraziare per un complimento che ti fanno… e attenzione perché non scherzo… piuttosto taci. “Che bravo che sei stato Paolo!”

3. In azienda, crea contesti in cui il feedback sia continuo, preciso e focalizzato sui comportamenti, non sulle persone. Esorta le persone, se serve… costringile a dare e ricevere feedback, costantemente.

4. Osserva chi parla sempre con sicurezza: è competente o solo rumoroso? Esercita il dubbio strategico. Chiedi. Alza la mano. Chiedi. Alza la mano. Chiedi ancora.

5. Ricorda che dubitare di sé è spesso segno di lucidità, non di debolezza. E che, come dice il grandissimo Ricky Gervais, essere stupidi è come essere morti: tu non te ne accorgi, fa male solo a chi ti sta intorno.

Paolo Borzacchiello


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Alberto Scirè

Avvocato e imprenditore tech | Amo la negoziazione e l’intelligenza linguistica

3 settimane

La citazione di Ricky Gervais vale molto più dei "3 minuti secchi" necessari!

Riccardo Bacchiddu

Qeoevolution Retail & Life, Mindful Coaching&Counseling

3 settimane

Grazie Paolo

Emanuela De Fiore

Product Specialist & Sales Consultant

1 mese

Grazie

Grazie!!!

Roberta Giachino

Counselor umanistico esistenziale AssoCounseling | Coach AICP | CS Process Specialist | Formatore AIF | Points of You | DEIB | La gentilezza ci salverà 🌹 | #larobigiachino

1 mese

Grazie per questa spiegazione chiara e dettagliata Paolo 🙏

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