CORTE DEI CONTI
----------------- SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO ----------------
Rapporto 2014 sul coordinamento
della finanza pubblica
Maggio 2014
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
CORTE DEI CONTI
----------------- SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO ----------------
Rapporto 2014 sul coordinamento
della finanza pubblica
Maggio 2014
Il Rapporto, approvato dall’adunanza delle Sezioni riunite in sede di controllo del 27 maggio 2014 (Del. n.
5/SSRRCO/RCFP/14), è stato redatto dai magistrati Cinzia Barisano, Natale A.M. D’Amico, Enrico Flaccadoro,
Mario Nispi Landi, Vincenzo Palomba e Salvatore Tutino.
Hanno contribuito alla stesura del Rapporto, il dott. Stefano Fantacone, la dott.ssa Lucia Marra e il dott. Maurizio
Pala
Per le analisi di base e per le simulazioni econometriche la Corte si è avvalsa del contributo del Centro Europa
Ricerche.
Hanno inoltre collaborato: Rosaria Calafato, Caterina Francione, Chiara Grassi, Marina Mammola, Lucia Mauta,
Renato Manzoni, Elisabetta Marcatili, Giuseppe Padula, Nicoletta Rizzi e Rosanna Vasselli.
L’editing è stato curato da Marina Mammola e Giuseppina Scicolone.
INDICE
Pag.
SINTESI E CONCLUSIONI I
PARTE PRIMA
I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Pag. 3
Il conseguimento degli obiettivi
La revisione del percorso programmatico e la manovra di finanza pubblica “ 3
L’andamento della spesa e delle entrate “ 9
Il quadro per il 2014 “ 13
Il pareggio strutturale del bilancio e il percorso di rientro dell’Italia “ 15
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
“ 27
PARTE SECONDA
GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
L’IRPEF: UN’“ARMA” SPUNTATA Pag. 51
Distribuzione e redistribuzione: gli spazi del fisco e i limiti dell’Irpef “ 52
Evasione ed erosione: spine del sistema, spine dell’Irpef “ 62
Autonomie impositive e vincoli redistributivi “ 73
La manovrabilità dell’Irpef e i condizionamenti della politica fiscale “ 79
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE “ 87
I limiti del vecchio ISEE “ 88
Le novità dell’ISEE 2014 “ 89
Dichiarazioni, autocertificazioni e controlli 90
Le evidenze quantitative dell’ISEE 90
Gli effetti della riforma dell’ISEE 93
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA “ 99
Il bilancio dello Stato nel quadro dei conti pubblici “ 100
Un confronto tra previsioni e consuntivo: il conto dello Stato “ 102
I consumi intermedi “ 104
La spesa in conto capitale e il bilancio dello Stato “ 107
Il sostegno degli investimenti e la riprogrammazione del cofinanziamento nazionale “ 113
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ Pag. 119
La spesa per settori di intervento e per livello di governo nell’ultimo decennio 120
Il “censimento” di ministeri, enti e società dell’Amministrazione centrale “ 122
La misura del costo dell’amministrazione centrale “ 124
Il settore della cultura: prime riflessioni su organizzazione e costi “ 126
Il settore dell’agricoltura: prime riflessioni su organizzazione e costi “ 134
Le società strumentali delle amministrazioni centrali “ 141
UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO “ 167
Andamento dell’occupazione nel settore pubblico e la spesa per redditi da lavoro
dipendente
“ 167
Criticità e debolezze nell’assetto ordinamentale e retributivo dei dipendenti pubblici “ 169
Un’agenda per il riavvio della contrattazione collettiva “ 173
I nodi irrisolti della dirigenza pubblica “ 175
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO “ 177
Le amministrazioni locali: obiettivi e risultati “ 178
I meccanismi di controllo della spesa “ 185
LA SANITÀ: I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO “ 221
La spesa sanitaria nel 2013 “ 222
I risultati del settore nei preconsuntivi delle aziende sanitarie “ 227
I risultati nelle Regioni in Piano di rientro “ 240
I temi all’attenzione “ 244
INDICE DEI RIQUADRI
La metodologia europea per il calcolo del saldo strutturale Pag. 17
L’Irpef e il “fiscal drag” “ 60
La quantificazione del reddito e del patrimonio “ 96
Il controllo delle dichiarazioni rese dagli utenti “ 97
Spesa in conto capitale dello Stato e flessibilità di bilancio “ 109
Le società partecipate dallo Stato: ricognizione e valori economici complessivi “ 142
L’incidenza delle manovre finanziarie “ 182
Il Patto delle Regioni nel 2013 “ 185
Le regole del Patto degli enti locali nel 2013 “ 197
La spesa sanitaria nel quadro di previsione del DEF 2014 “ 225
Il contenimento della spesa per dispositivi medici “ 229
Il monitoraggio della spesa farmaceutica “ 232
Gli interventi del DL 35/2013 e del DL 102/2013 sul settore sanitario: gli sviluppi più
recenti
“ 245
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica I
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
SINTESI E CONCLUSIONI
1. Il Rapporto di coordinamento guarda, più che nel passato, al percorso che
attende il Paese nei prossimi anni.
Un percorso particolarmente stringente, che può rivelarsi di non facile
realizzabilità e che, tuttavia, l’elevato peso del debito pubblico e la vulnerabilità che
ne deriva, rende ancora più difficile e urgente. Il DEF 2014 ne ha dato una puntuale
rappresentazione: l’indebitamento nominale, in quota di prodotto, è previsto in
continua riduzione, collocandosi a fine periodo allo 0,3 per cento del Pil, un livello
equivalente a quello del 1960 e il più basso dal 1946 a oggi. La spesa corrente si
riduce nel periodo di 2,7 punti in termini di prodotto rispetto al 2013. Nonostante
che gli andamenti tendenziali siano già collocati su un sentiero di rigore, per il 2015
e 2016 il rispetto degli obiettivi in termini strutturali richiede una correzione pari,
rispettivamente, allo 0,3 e 0,6 del prodotto. La correzione porterebbe, sempre a fine
periodo, il saldo di bilancio in avanzo, un risultato che l’economia italiana non
realizza dal lontano 1925.
Obiettivo del Rapporto è, in primo luogo, valutare in quale misura gli
interventi finora previsti dal Governo per rimuovere le difficoltà e le rigidità, che da
lungo tempo incidono negativamente sulla crescita del Paese, possano concorrere al
percorso di riequilibrio agevolandone la realizzabilità. Ciò, riducendo il rilievo di
quelli che possono essere gli impatti indesiderati e ampliando l’effetto atteso sui
parametri dello sviluppo. A questo mira la prima parte del Rapporto che, dopo un
esame dei risultati del 2013, offre prime valutazioni sui possibili effetti sul potenziale
di crescita delle riforme annunciate dal Governo.
Complementare è il secondo obiettivo: valutare l’adeguatezza della
“strumentazione” di politica economica a muovere in direzione di una
riqualificazione, oltre che di un tendenziale contenimento, della spesa. Un esame che
è condotto a partire dai risultati degli ultimi esercizi e dalle più recenti modifiche
intervenute nella normativa. Sono tre, in questo caso, gli angoli visuali assunti
nell’analisi.
Il primo è inteso a verificare la possibilità di ricorso a strumenti di
distribuzione dell’onere fiscale, oltre che di selezione dell’accesso a benefici
pubblici e/o di differenziazione delle modalità con cui i servizi alla collettività
vengono garantiti. A questo fine, l’esame va al principale tributo, l’Irpef, per
valutare come, anche alla luce delle modifiche intervenute più di recente, sia
possibile far riferimento ad esso per politiche redistributive. L’analisi si estende ad
esaminare caratteristiche e potenzialità di uno strumento, l’Isee, nato alcuni anni fa
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
II
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
(e di recente modificato) proprio per sopperire alle difficoltà dell’imposta sui redditi
delle persone fisiche nel gestire l’accesso alla spesa sociale.
Il secondo punto di osservazione è dato dall’operare delle amministrazioni
centrali in direzione di un adeguamento degli assetti organizzativi e del conseguente
ridimensionamento, in termini di strutture e di spesa, a fronte del mutare della
ripartizione dei compiti istituzionalmente attribuiti ai diversi livelli di governo. In
questo caso, pur se solo con alcuni esempi, si allarga lo sguardo alle modalità
assunte da una organizzazione che ha scelto in più occasioni di trasferire all’esterno
(ma solo apparentemente) rilevanti quote del proprio impegno settoriale, riducendo,
almeno in parte, il significato di una rappresentazione della gestione che faccia
riferimento al solo quadro ufficiale. Le misure di contenimento non possono non
considerare tale area.
Vi è, infine, la necessità di guardare alla capacità degli strumenti - che da
circa un decennio sono il riferimento dell’azione delle amministrazioni territoriali -
di affrontare l’impegno richiesto: si tratta del Patto di stabilità interno e di quello
della Salute. A partire dal prossimo esercizio, il contributo “standard” agli equilibri
da parte degli enti territoriali sarà garantito attraverso il pareggio del saldo
complessivo di bilancio, mentre - attraverso il Patto di stabilità interno - sarà
possibile prevedere un contributo ulteriore agli obiettivi di finanza pubblica. Passi
significativi sono stati fatti negli ultimi esercizi nella gestione della flessibilità
territoriale a livello regionale (con i diversi sistemi di Patto regionale …) ed il
riferimento a tali esperienze potrà favorire il passaggio ad una “forma integrata”;
ma è anche vero che occorre sciogliere i nodi che rimangono sul fronte delle regole
standard, che devono garantire il funzionamento del sistema su cui applicare il
vincolo fiscale. Per il settore sanitario, la necessità di trovare al suo interno le
risorse per affrontare i nuovi bisogni e le somme da destinare al finanziamento degli
investimenti, oltre a non ridurre l’impegno che si presenta per gli esercizi a venire,
richiama proprio una revisione delle modalità e condizioni dell’accesso ai servizi
sanitari.
2. Nel 2013, gli obiettivi di finanza pubblica sono stati conseguiti, con un
indebitamento rimasto stabile al 3 per cento del Pil in termini nominali e diminuito
di sei decimi di punto nella dimensione strutturale. Al risultato si è giunti in virtù di
un forte contenimento del disavanzo di conto capitale che, a consuntivo, ha
presentato un valore inferiore di quasi 14 miliardi rispetto alle iniziali stime
programmatiche. Evoluzioni di segno opposto e di analoghe dimensioni hanno
interessato il saldo di parte corrente. A sintesi di questi andamenti, l’avanzo
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica III
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
primario è sceso dal 2,5 al 2,2 per cento del Pil. Altresì determinante è stato il
contributo fornito dalle Amministrazioni locali, il cui saldo primario ha registrato, a
fine, anno, un avanzo di 3,6 miliardi, a fronte di un deficit atteso di 7 miliardi.
La contrazione della spesa in conto capitale ha consentito di compensare la
caduta del gettito fiscale, diminuito lo scorso anno dello 0,7 per cento. E’ la seconda
volta, dopo il 2009, che le entrate si riducono in valore assoluto; un fenomeno mai
verificatosi nei precedenti cinquant’anni. L’andamento del gettito ha continuato ad
essere penalizzato dalla recessione dell’economia e dalla conseguente erosione delle
basi imponibili. L’output gap ha toccato, lo scorso anno, il punto di massima
profondità dall’inizio della crisi.
Dopo un biennio di riduzione, le uscite primarie correnti sono tornate a
crescere. L’incremento (+1,3 per cento) è stato superiore alla diminuzione (-0,5 per
cento). E’ tuttavia proseguita la flessione della spesa per redditi (-0,7 per cento) e
per consumi intermedi (-1,4 per cento). Anche gli interessi sul debito sono diminuiti,
grazie al continuo ridimensionamento dello spread. Nel complesso, l’aumento della
spesa corrente – imputabile a prestazioni sociali e contributi alla produzione - è
stato inferiore alla riduzione della spesa in conto capitale; le uscite totali sono,
pertanto, diminuite dello 0,2 per cento, rimanendo per oltre 12 miliardi al di sotto
delle indicazioni programmatiche del DEF 2013. Questi andamenti non sembrano
aver compromesso i progressi realizzati negli anni precedenti, in termini di
riduzione del grado di inerzia di alcune componenti della spesa corrente; permane,
tuttavia, la preoccupazione per la flessione della spesa in conto capitale, che
continua a garantire il rispetto degli obiettivi di saldo, pregiudicando però, in tal
modo, il mantenimento e il rinnovamento del capitale infrastrutturale del paese.
3. Nel corso del 2013, ha preso corpo una sostanziale revisione della politica
di bilancio. Il protrarsi della recessione e le esigenze di restituire alla manovra una
funzione di stabilizzazione del ciclo hanno portato ad allentare il percorso
programmatico. Ne è conseguita l’adozione di misure di segno espansivo, per un
ammontare pari a 0,6 punti di Pil. Per l’operare dei provvedimenti varati negli anni
precedenti, il segno complessivo della manovra è però rimasto restrittivo, come
testimonia la riduzione del saldo strutturale.
La manovra di finanza pubblica non si è limitata a perseguire obiettivi di
sostegno della crescita. Il passaggio alla nuova legislatura ha innescato una
discontinuità nelle scelte di governo, manifestatasi nell’adozione di provvedimenti
volti a rimuovere alcuni capisaldi della manovra correttiva in essere e, quindi, a
cambiare il profilo della legislazione vigente. Si è trattato di un passaggio
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
IV
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
complesso, che ha reso incerto il raggiungimento degli obiettivi di saldo e ha
indebolito il disegno della politica di bilancio. Molto evidente è stata la
divaricazione venutasi a creare fra il mantenimento di un impatto neutrale sui saldi,
da una parte, e la movimentazione di ampie risorse all’interno del bilancio,
dall’altra. I principali provvedimenti adottati nel 2013 hanno mosso risorse per
quasi 15 miliardi, con un effetto sul saldo inferiore a 6 miliardi. Per il 2014, gli
stessi provvedimenti sono attesi produrre un impatto sull’indebitamento inferiore a
1,5 miliardi, pur muovendo risorse per quasi 20 miliardi. Se considerata dal lato
della ricomposizione del bilancio, l’azione di finanza pubblica è stata dunque
tutt’altro che marginale e potenzialmente portatrice di effetti, sia macroeconomici
che distributivi. Una compiuta valutazione di questi effetti è, però, resa difficile dalla
numerosità delle misure adottate e dalla marginalità infine riservata a obiettivi più
qualificanti.
Con il 2014, la manovra di finanza pubblica tornerà ad operare in condizioni
di crescita dell’economia e di riduzione dell’output gap. Non mancano incertezze
sulla forza della ripresa che si va configurando, ma vi è, al momento, consenso sul
fatto che da quest’anno il Pil tornerà ad aumentare, dopo la riduzione del 2012-
2013. Ciò consentirà di uscire da una conduzione emergenziale del bilancio, ma non
offrirà margini di espansione dello stesso. L’operare della governance europea
richiede, infatti, di proseguire il consolidamento della finanza pubblica. In primo
luogo, perché il percorso verso il pareggio del saldo strutturale non è stato
completato. In secondo luogo, perché in fasi di ciclo positivo, quale è quella attesa,
il mantenimento di un pareggio strutturale implica la realizzazione di saldi attivi,
che dovranno essere tanto più ampi quanto più robusta dovesse rivelarsi
l’espansione del Pil. Per la politica di bilancio italiana, una vera e propria
rivoluzione.
Il raggiungimento del pareggio strutturale era previsto per quest’anno. Con
l’approvazione del DEF 2014 è stato però deciso di sospendere temporaneamente il
processo di rientro, che riprenderà nel 2015; l’obiettivo sarà conseguito nel 2016.
L’attuazione nel nuovo modello di governance europeo inizia dunque, in Italia, con
un rinvio. Una scelta motivata alla luce dell’eccezionale profondità dell’output gap
ereditato dal 2013 e dalla necessità di guadagnare il tempo necessario per avviare
interventi riformatori ritenuti capaci di rilanciare le prospettive di crescita della
nostra economia.
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica V
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
La richiesta di deroga è stata esaminata dalla Commissione europea
nell’ambito delle valutazioni dei documenti programmatici nazionali e delle
conseguenti Raccomandazioni rese note il 2 giugno.
Non può, inoltre, essere trascurato il fatto che la misurazione dei valori di
saldo strutturale presenta non trascurabile elementi di incertezza, legati in
particolare all’elevata sensibilità che esso mostra rispetto gli andamenti del tasso di
disoccupazione.
Per illustrare i vincoli che si presentano alla politica di bilancio in una fase di
progressiva chiusura dell’output gap, il Rapporto presenta una serie di esercizi, volti
a misurare gli effetti di shock positivi di crescita sul percorso di rientro del deficit
strutturale.
I risultati mostrano come la necessità di uno sforzo collettivo aggiuntivo, con
cui raggiungere il pareggio del saldo strutturale, permarrebbe anche in presenza di
shock positivi sulla crescita. Solo un aumento della produttività totale dei fattori,
elevando in misura consistente il livello del prodotto potenziale, consentirebbe di
avvicinare il pareggio limitando l’intensità della correzione di finanza pubblica.
Nell’insieme, dunque, gli esercizi condotti confermano l’esigenza di adottare
politiche capaci di sospingere un generalizzato aumento del grado di efficienza del
sistema produttivo.
4. Un’analisi comparativa tra l’Italia e alcuni Paesi europei (Germania,
Francia, Spagna e Regno Unito) con riferimento ai principali aggregati di spesa
pubblica (spesa complessiva, spesa per interessi e spesa primaria), nel periodo
2002-2012 mette in rilievo come in tutti i Paesi (e per la media EU), ad eccezione
della Germania, nell’ultimo decennio la quota della spesa pubblica rispetto al PIL
sia cresciuta, in particolare negli anni della crisi economica e finanziaria.
L’Italia presentava, all’inizio del periodo, una spesa primaria più bassa di
quella tedesca (41,5 per cento rispetto a 45,0 per cento). A fine 2012 tale rapporto
risultava invertito (45,2 per cento l’Italia, 42,3 per cento la Germania).
Nei primi anni del decennio la Germania ha avviato un piano di importanti
riforme che l’ha condotta a ridurre considerevolmente il rapporto tra spesa pubblica
e Pil. Ciò le ha consentito, al giungere della crisi, nel 2008, una gestione anticiclica
della spesa, senza che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio.
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
VI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Ha potuto attraversare la crisi e approcciare la nuova fase di ripresa globale
in una situazione economica decisamente migliore sia della media dell’Unione, sia,
in particolare, di quella italiana.
Sembra ragionevole che l’Italia si dia come obiettivo di giungere al termine
della fase espansiva dell’economia globale, che stentatamente si avvia, con un livello
della spesa in rapporto al prodotto simile a quello che la Germania seppe
raggiungere nel 2007. Per compiere una valutazione complessiva riguardo ai
risparmi di spesa teoricamente necessari per cogliere tale risultato, si è proceduto a
un esercizio di benchmarking, assumendo, quindi, come riferimento la quota di
prodotto che la Germania destinava al finanziamento delle diverse funzioni
pubbliche nel 2007.
Sulla base di questa ipotesi, confrontando l’Italia del 2012 con la Germania
del 2007, si sono delineate, in riferimento alle varie funzioni pubbliche, differenze,
non tutte riconducibili a scelte proprie del modello nazionale.
L’Italia spende di più in otto delle dieci funzioni; la differenza è
particolarmente significativa per la Protezione sociale, la Sanità e i Servizi generali.
Le uniche aree nelle quali la spesa italiana risulta più bassa di quella tedesca sono
quelle relative ad Abitazioni e assetto del territorio e alle Attività ricreative, culturali
e di culto.
Complessivamente, la spesa pubblica sarebbe inferiore di 4,5 punti di Pil se
ciascuna funzione pubblica assorbisse nell’Italia di oggi la stessa quota di Pil del
2007 in Germania. Di questa differenza 2,7 punti sarebbero già riassorbiti nel 2018
nel quadro tendenziale.
All’inizio del decennio scorso la Germania seppe cogliere l’occasione che le
era offerta da un periodo di forte espansione dell’economia globale per introdurre
radicali riforme del mercato del lavoro e per ridurre in modo sensibile il valore
della propria spesa pubblica. In appena un decennio la “grande malata” è tornata
ad essere “la locomotiva d’Europa”, capace di fronteggiare meglio degli altri la
crisi economica globale. Oggi la Germania ha un reddito pro-capite (a prezzi
correnti) che è del 21 per cento superiore a quello italiano (nel 2002 era
sostanzialmente uguale) e un tasso di disoccupazione (5,3 per cento) pari a meno
della metà di quello italiano (12,2 per cento).
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica VII
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
L’Italia, invece, negli anni di espansione dell’economia mondiale che hanno
contraddistinto la prima parte del decennio scorso, ha lasciato crescere la propria
spesa pubblica e ha rinviato le necessarie riforme dal lato dell’offerta. Si è così
giunti, nel 2007, all’apice della fase di espansione, con un valore della spesa
pubblica in rapporto al Pil pari al 47,6 per cento, di quasi quattro punti superiore a
quello tedesco (43,5 per cento). La sfiducia dei mercati ci ha costretto a compiere un
severo aggiustamento di finanza pubblica nel corso della recessione, con evidenti
effetti pro ciclici.
Ora sembra presentarsi una nuova fase di espansione dell’economia globale;
occorre che la nuova opportunità non vada perduta.
5. Il sistema tributario italiano è caratterizzato da un livello di prelievo
eccessivo e mal distribuito. Le ragioni dell’economia e della politica spingono per
una riduzione ed un riequilibrio della pressione tributaria, ma devono confrontarsi
con i vincoli della finanza pubblica e con l’idoneità degli strumenti a disposizione.
E’ in questo trade-off che cercano di trovare spazio le politiche redistributive, siano
esse basate su una concomitante riduzione del livello del prelievo e della spesa
pubblica ovvero su uno spostamento del carico impositivo tutto interno al sistema
tributario.
Fra le politiche del secondo tipo, un ruolo determinante ha avuto, e continua
ad avere, l’Irpef, l’imposta più importante quanto a gettito (il 36 per cento delle
entrate tributarie della P.A.) e quanto ad estensione della platea dei contribuenti
(oltre 41 milioni nel 2012). Un ruolo che si manifesta sia nella capacità d’influire,
unitamente al prelievo contributivo, sulla misura del cuneo fiscale; sia nel
sovraccarico di responsabilità ad essa accollate: da quelle di gettito a quelle
redistributive; da quelle di contribuire (tramite le sue addizionali) al finanziamento
degli enti territoriali a quelle di regolare e selezionare l’accesso alla spesa sociale.
Nei suoi quaranta anni di vita, l’Irpef è stata oggetto di ampie e ricorrenti
riforme (tre nell’ultimo decennio), è stata argomento di diversi disegni di legge di
riforma fiscale (tre solo nell’ultimo quadriennio) ed è stata interessata da una
molteplicità di interventi specifici. Nel corso dei primi cinque mesi del 2014, in
particolare, si registrano già due integrazioni del sistema delle detrazioni (la prima
nella legge di stabilità 2014, la seconda rappresentata dal “bonus” introdotto
dal DL 66/2014). E ulteriori modifiche si profilano nella prospettiva della recente
legge delega “per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”
(n. 23/2014).
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
VIII
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Si è trattato, in tutti i casi, di misure rilevanti, la cui efficacia, tuttavia, è
risultata in larga parte condizionata dai limiti propri dell’imposta: quelli originari,
espressi nel disegno che guidò i riformatori degli anni ’70 del secolo scorso, e quelli
sopravvenuti nel corso degli anni, anche sotto la spinta di istanze settoriali tese a
risolvere in ambiti ristretti quelli che erano, e restano, i punti deboli dell’imposta e,
più in generale, del sistema tributario del nostro Paese.
L’Irpef contribuisce significativamente a dare un contenuto ai due problemi
che caratterizzano l’assetto impositivo in Italia: un prelievo elevato, con pesanti
ricadute sul costo del lavoro e sugli equilibri dei sistemi produttivi; un prelievo
segnato da una distribuzione che nella difficoltà di applicare concretamente le
norme tributarie, finisce per vanificare anche il più equilibrato dei tax design.
L’asimmetria che ne consegue, fra il paese reale e il paese fiscale, trova nell’Irpef
una delle più significative spiegazioni.
Ci si sofferma, poi sulle “spine” dell’imposta: l’evasione e l’erosione. Pur
nell’incertezza sulle dimensioni effettive del fenomeno, non c’è dubbio che l’evasione
fiscale nel nostro Paese trova, in larga parte, origine e spiegazione proprio
nell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il confronto internazionale continua a
penalizzarci, anche a causa dell’intreccio fra evasione, corruzione ed economia
sommersa. Ma, anche restando nei confini nazionali occorre prendere atto delle non
confortanti evidenze che emergono, soprattutto sotto il profilo distributivo, dalle
dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti. Minori incertezze
contraddistinguono, invece, l’erosione fiscale e riguardano non tanto le dimensioni
del fenomeno, quanto le ragioni delle decisioni legislative che ne sono all’origine e
le finalità associate ad un suo ridimensionamento. Analisi governative hanno portato
a ricostruire l’ampio reticolo di esenzioni, agevolazioni, regimi speciali che
depaupera anche la base imponibile dell’Irpef. Il confronto internazionale, d’altro
canto, testimonia la forte ipoteca delle c.d. “spese fiscali” sulle dimensioni
dell’intervento pubblico nell’economia. Nel caso dell’Irpef, peraltro, il
ridimensionamento della base imponibile ha assunto nel tempo le caratteristiche di
una vera e propria “fuga dalla progressività”. Naturale, dunque, la scelta di
intervenire, resa operativa da ultimo dalla legge di stabilità 2014. Anche in questo
settore, tuttavia, si riproporrà il difficile bilanciamento fra ragioni dell’economia ed
equilibri della finanza pubblica, nella consapevolezza che un ridimensionamento
delle agevolazioni fiscali produrrà effetti diversi, a seconda che lasci inalterati tutti
gli altri parametri dell’Irpef (con ciò inasprendo il livello del prelievo) ovvero che
rappresenti l’occasione proprio per un riassetto dell’intera impalcatura dell’imposta
(a cominciare da scaglioni e aliquote) e per una chiara azione di redistribuzione del
prelievo.
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica IX
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Fra i limiti sopravvenuti all’operatività dell’Irpef va annoverato l’intreccio
crescente con le addizionali destinate al finanziamento di Comuni e Regioni.
L’esplosione del fenomeno, associata ad un’incontrollata diversificazione
territoriale delle aliquote, ha finito per impattare sull’Irpef alterandone l’incidenza e
distorcendo ancor più gli equilibri distributivi. Il Rapporto dà conto dei risultati di
una analisi che testimonia come, a risentire di tale intreccio, oltre ai contribuenti,
sia la politica fiscale che, da un lato, vede ristretta l’area entro cui esercitare i
propri obiettivi redistributivi e di gettito e, dall’altro, deve confrontarsi con scelte
non sempre in sintonia effettuate da parte degli enti territoriali.
Si analizzano, infine, quelli che appaiono come dei veri e propri limiti specifici
all’impiego dell’Irpef come strumento di governo della fiscalità. Quello più
conclamato è certamente costituito dalla ridotta attendibilità dei redditi dichiarati
da una quota rilevante della platea dei contribuenti; aspetto, questo, che è, fra
l’altro, all’origine della costruzione dell’ISEE e della combinazione redditi-
patrimonio ai fini della “prova dei mezzi” per accedere alla spesa sociale. Ci sono,
poi, altri due limiti che hanno a che fare con l’assetto normativo che disciplina
l’imposta: quello, innanzitutto, che restringe la praticabilità di interventi selettivi
basati sulle aliquote (destinati, data la struttura per scaglioni, a ripercuotersi sui più
disparati livelli di reddito); e quello, in secondo luogo, che frena e distorce
l’efficacia di politiche redistributive basate sulle detrazioni d’imposta, in larga parte
vanificate dal fenomeno dell’incapienza. C’è infine una sorta di limite sociologico e
di psicologia sociale a modificare la struttura dell’Irpef: la riluttanza del decisore
politico ad assumere decisioni di natura tributaria in una prospettiva che non si
configuri come uno sgravio generalizzato. Accade così che scelte selettive, rientranti
nell’ambito proprio e naturale della funzione della nostra principale imposta, siano
affidate a strumenti “surrogati” ed improvvisati: dai “prelievi di solidarietà” (per
livello o per tipologia di reddito), ai “bonus”, ai tagli retributivi tout court. Tutte
scelte che allontanano e rendono più difficile l’attuazione di un disegno razionale,
equo e strutturale di riduzione e di redistribuzione dell’onere tributario.
6. L’ISEE, l’indicatore che regola le condizioni di accesso alle prestazioni
sociali agevolate, ha registrato una larga diffusione nel nostro Paese: lo hanno
utilizzato poco più del 31 per cento dei quasi 60 milioni di italiani, ossia quella parte
di popolazione collocata nei livelli più bassi di tenore di vita; vi hanno ricorso
soprattutto i cittadini del Mezzogiorno, in misura doppia rispetto a quelli del centro
e tripla rispetto alla popolazione del nord).
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
X
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
A distanza di quindici anni dalla sua introduzione, si è recentemente proceduto
ad una revisione dell’istituto, con l’obiettivo di porre rimedio ai limiti registrati nel
tempo.
Il nuovo istituto non ha intaccato i caposaldi teorici e le preferenze consolidate
della politica economica: risultano confermati l’abnorme ruolo assegnato al
patrimonio familiare ai fini della determinazione dell’indicatore; la non piena
separazione nella misurazione del reddito e del patrimonio; la definizione della
scala di equivalenza impiegata per graduare l’ISEE in relazione al numero e ad
altre caratteristiche del nucleo familiare.
Le novità che si registrano, tuttavia, riescono a ridurre alcuni difetti dell’ISEE
pre riforma.
Da un lato, infatti, la valutazione del tenore di vita del nucleo familiare
avviene tenendo conto di tutte le tipologie di reddito e di patrimonio, superando le
esclusioni del passato.
Dall’altro, si ridefinisce la famiglia di riferimento e la relativa scala di
equivalenza: sia individuando i requisiti del nucleo familiare “di fatto”, sia
accordando più incisivi benefici alle famiglie con più di due figli e/o con componenti
disabili.
Una terza modifica di rilievo è costituita dalla definizione differenziata di
nucleo in base al tipo di prestazione agevolata richiesta: ne deriva che possono
essere calcolati più ISEE per lo stesso richiedente, ma anche che si riduce la
necessità che gli Enti erogatori delle diverse prestazioni procedano alla fissazione di
specifici criteri selettivi.
Infine, va registrata la novità di una scala di equivalenza in cui trova maggior
rilievo la presenza di figli: si conferma il peso per nuclei con figli minori; viene
aumentata la già prevista maggiorazione per i figli minori di tre anni; si introduce
una nuova maggiorazione del peso per le famiglie con almeno tre figli, senza
specificare né la condizione di essere a carico, né l’età.
Fra le novità dell’istituto riformato non compare, invece, l’estensione
dell’area di applicazione. Da questo punto di vista, dunque, il nuovo ISEE conferma
i limiti del vecchio: l’istituto è applicabile alla generalità di servizi o di prestazioni
economiche resi dall’operatore pubblico ma continuano a pesare le esclusioni di
prestazioni assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario.
In ogni caso, gli effetti della riforma, misurati attraverso un modello di
microsimulazione, segnalano significative differenze rispetto al vecchio ISEE
soprattutto in quattro direzioni: i) l’assegnazione di un maggior rilievo, nella
costruzione dell’indicatore, al patrimonio, rispetto al reddito; ii) maggiori vantaggi
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XI
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
al lavoro dipendente; iii) più pronunciata attenzione a favore delle famiglie con tre
o più figli; iv) maggiore valorizzazione per i nuclei con componenti disabili e non
autosufficienti.
Il potenziamento del nuovo ISEE riflette, peraltro, il forte potenziamento
dell’attività di controllo, conseguente all’evoluzione della disponibilità di banche
dati e degli accresciuti poteri dei controllori. Un significativo valore aggiunto
rispetto al passato, che promette un salto della qualità delle informazioni raccolte
sulla base delle dichiarazioni rese dai cittadini (DSU) e assicura la costruzione di un
indicatore in grado di discriminare con maggiore equità tra i diversi nuclei
richiedenti l’accesso alle prestazioni sociali. Dovrebbe dunque attenuarsi il
paradossale criterio selettivo che di fatto ha prevalso fino ad oggi, fondato sulla
propensione a dichiarare il falso pur di accedere alle agevolazioni.
7. L’impatto della crisi finanziaria internazionale e i conseguenti ripetuti
interventi correttivi del disavanzo pubblico, hanno prodotto, nei conti pubblici
dell’Italia, un notevole raddrizzamento, da imputare non soltanto all’aumento del
prelievo fiscale, ma anche al contenimento della spesa. Se si osservano i risultati del
quadriennio 2010-2013, nei dati cumulati, le spese delle amministrazioni pubbliche
al netto degli interessi diminuiscono dell’1,4 per cento; la spesa primaria dello Stato
addirittura di quasi il 6 per cento.
Due puntualizzazioni: il 2013 segna una parziale interruzione del percorso di
riduzione della spesa, con un rimbalzo che è più accentuato per lo Stato che per la
spesa pubblica complessiva. In secondo luogo, il riequilibrio realizzato nel
quadriennio è caratterizzato da un crescente sacrificio degli investimenti e delle
spese in conto capitale. Una tendenza che accomuna amministrazione centrale ed
amministrazioni territoriali.
La portata del contenimento della spesa statale viene colta con più efficacia se
si evidenzia la sola spesa finale per prestazione diretta di servizi alla collettività e
per la realizzazione di opere pubbliche. A tal fine, i consuntivi vanno considerati al
netto dei trasferimenti correnti e in conto capitale destinati agli altri enti della
pubblica amministrazione e, in particolare, alle amministrazioni regionali e locali.
Al netto di tali componenti, la spesa primaria dello Stato risulta diminuita,
rispetto al 2010, di quasi il 6 per cento. Uno sforzo di contenimento di grande
rilievo, anche se del tutto sbilanciato nella sua composizione interna: ad una
riduzione del 3,4 per cento delle spese correnti (al netto degli interessi e dei
trasferimenti ad enti pubblici) fa, infatti, riscontro la caduta delle spese in conto
capitale che ha raggiunto il 26 per cento. La divaricazione tra spese correnti e in
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
XII
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
conto capitale si amplia nel consuntivo del 2013, che registra il ritorno alla crescita
delle prime (+2,0 per cento) e una pesante ulteriore decelerazione delle seconde
(-27,3 per cento).
Nel Conto dello Stato il confronto tra il consuntivo e le proiezioni predisposte
in occasione del DEF 2013 evidenzia un’inversione di segno nell’andamento delle
spese correnti al netto degli interessi: si prevedeva una flessione dell’1,4 per cento,
mentre il risultato indica per il 2013 un aumento del 2,5 per cento. Si tratta di circa
13 miliardi in più di spesa corrente primaria, solo in parte compensata da una
riduzione della spesa per interessi che, sempre rispetto alle proiezioni dell’aprile
2013, ha superato i due miliardi.
All’aumento della spesa corrente primaria, rispetto al 2012, ha concorso in
misura non trascurabile (oltre 2,5 miliardi) la dinamica delle altre spese correnti e,
in particolare, dei contributi alla produzione.
Si può rilevare come l’intero contributo in termini di contenimento delle spese
sia da imputare alla caduta della spesa in conto capitale, che evidenzia una marcata
deviazione dal profilo indicato nel DEF 2013, che rifletteva una stima degli effetti di
sostegno assegnati ai più recenti provvedimenti. Così, a fronte di un incremento
degli investimenti fissi lordi previsto superiore al 23 per cento si verifica, a
consuntivo, una flessione del 20 per cento; mentre ancora maggiore (30 per cento) è
la caduta dei “Contributi agli investimenti esterni”, per i quali si era previsto,
invece, un aumento dell’8 per cento. Tra i fattori alla base dell’andamento
sfavorevole, rispetto alle previsioni, della spesa in conto capitale dello Stato nel
2013 vanno segnalate, in particolare, con riguardo agli investimenti fissi lordi, le
minori erogazioni di somme connesse alla ricostruzione dei territori colpiti dal
terremoto in Abruzzo e in Emilia e, con riferimento ai contributi agli investimenti, la
mancata sottoscrizione dei contratti di programma con Anas e Ferrovie dello Stato.
Nel 2013, i consumi intermedi dello Stato, secondo la definizione della
contabilità nazionale, segnano ancora una riduzione (-0,6 per cento) rispetto al
2012; un risultato molto distante sia da quello conseguito lo scorso anno (-16,7 per
cento) sia dalla previsione che era stata avanzata nel momento del DEF di aprile
2013 (-9 per cento).
Ma l’analisi dei fattori che hanno determinato questo apparente minor rigore
nel controllo della spesa statale richiede qualche puntualizzazione, al fine di non
avanzare giudizi affrettati sull’efficacia dei provvedimenti intesi a ridurre ancora i
livelli della spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni statali.
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XIII
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
L’accorpamento dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato
nell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha, infatti, determinato l’inclusione nel
bilancio dello Stato delle entrate e delle spese concernenti tutti i giochi, le
scommesse e le lotterie, fino al 2012 gestite dai Monopoli.
Se si effettua un confronto omogeneo dei risultati di bilancio, escludendo dal
2013 gli aggi di riscossione, la spesa per consumi intermedi risulterebbe segnare
una riduzione di poco inferiore al 9 per cento, in luogo dell’aumento di oltre il 15
per cento che si evidenzia nelle risultanze del rendiconto dello Stato. Un andamento
che indicherebbe come, anche nell’anno passato, le misure di controllo degli
acquisti abbiano fornito esiti positivi.
8. A partire dal 2001, a seguito di modifiche istituzionali in senso federalista,
competenze e spesa pubblica avrebbero dovuto orientarsi, in misura crescente, verso
le amministrazioni territoriali, mentre una tendenza di segno opposto avrebbe
dovuto segnare l’amministrazione centrale, non più (o in misura minore) chiamata
ad assolvere ad alcune funzioni e alla prestazione di alcuni servizi alla collettività,
ormai di competenza regionale e locale. Ciò riguarda, in modo particolare, alcuni
settori di attività, come l’agricoltura, il sostegno delle imprese, l’ambiente e la
cultura (per non dire della sanità).
Il sovraccarico di funzioni (e la conseguente lievitazione delle risorse
pubbliche impegnate), eventualmente rilevabile in capo alle amministrazioni
centrali, può essere valutato, con maggiore ponderazione, proprio se rapportato alle
attese derivanti dall’attuazione del federalismo, che avrebbe dovuto comportare il
trasferimento di intere funzioni (o di parti di esse) alla competenza delle
amministrazioni territoriali.
Gli obiettivi di razionalizzazione degli enti pubblici statali e di riduzione dei
loro costi di funzionamento sono targets ormai ricorrenti da quasi un quindicennio,
anche se assumono un rilievo più pronunciato in una fase nella quale il riequilibrio
strutturale dei conti pubblici affida un ruolo decisivo all’operazione di spending
review.
A partire dal 2001, le leggi finanziarie annuali hanno sistematicamente
introdotto disposizioni per il riordino degli enti pubblici e per il conseguimento di
risparmi di spesa. Più di recente, il DL n. 112/2008 ha integrato la disciplina con il
meccanismo “taglia enti”, mentre con il DL n. 95/2012 è stata attribuita al
Commissario straordinario per la spending review il potere di proporre regolamenti
per il riordino degli enti pubblici. Numerosi sono stati anche gli interventi normativi
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
XIV
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
di razionalizzazione e di contenimento dei costi dell’ampia platea delle società
partecipate.
Tuttavia, come è stato osservato, tutti gli interventi che si sono susseguiti
hanno affrontato il tema degli enti pubblici prevalentemente con un approccio
emergenziale di tipo quantitativo, privilegiando la prospettiva di una rapida resa in
termini di tagli. E’ mancata, in altri termini, una riflessione ponderata sulle linee
strategiche del riordino degli enti, sostenuta da una approfondita ricognizione per
settori di intervento, per categorie di soggetti, per profili organizzativi e contabili e,
pertanto, in grado di avanzare proposte di razionalizzazione e di assicurare, in modo
mirato e non lineare, risparmi effettivi e permanenti di spesa.
Allo scopo di effettuare un riesame critico degli strumenti di coordinamento, il
Rapporto propone i primi risultati di una ricognizione avviata dalla Corte, la cui
finalità principale è di disporre di elementi di informazione che consentano
valutazioni sulla razionalità e sul costo di una organizzazione amministrativa che,
certamente, vede ancora ampiamente presente in diversi settori di intervento
l’amministrazione dello Stato centrale, se non una proliferazione di enti strumentali
e società nell’orbita dei ministeri.
La rilevazione effettuata – che dovrà costituire lo spunto per una linea di
lavoro continuativa - intende ricostruire il quadro della distribuzione di competenze
e dei corrispondenti costi per l’Erario che, nei diversi settori di intervento, vede la
compresenza delle strutture ministeriali e di numerosi enti strumentali e società
partecipate. Una compresenza che, quando non sia finalizzata a fornire, con una
chiara distinzione di ruoli, ben identificati servizi alla collettività, può determinare
sovrapposizioni di compiti, talvolta duplicando funzioni e costi. Una duplicazione
che può riguardare anche la distribuzione di funzioni tra enti e società.
Il criterio generale di riferimento è stato quello di “censire” gli enti, gli
organismi e le società sottoposte alla vigilanza di uno o più Ministeri o della
Presidenza del Consiglio, allargando opportunamente il perimetro osservato
all’elenco ISTAT relativo alle amministrazioni centrali, poco meno della metà delle
quali risulta soggetta alla vigilanza.
In coerenza con tale scelta estensiva, ai flussi di spesa per settori di attività
direttamente riferibili al bilancio dello Stato sono stati affiancate informazioni sulle
erogazioni a qualsiasi titolo destinate agli enti e alle società vigilate, sulla base di
una complessa estrazione di dati contabili per ciascuno dei soggetti istituzionali
censiti.
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XV
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Si è, in tal modo, proposta una misurazione della spesa che il bilancio dello
Stato mobilita per il funzionamento dell’intera costellazione riferibile, secondo le
stime della Corte, all’amministrazione centrale, nei diversi programmi o settori di
attività.
Allo stato dell’indagine, l’ammontare delle risorse “pagate” annualmente
dallo Stato agli enti e alle società del “censimento” risulterebbe dell’ordine di 25
miliardi (un valore calcolato come media triennale): poco meno di 17 miliardi di tali
pagamenti sono destinati ad unità istituzionali ricomprese nel perimetro Istat (S
1311), mentre ad enti e società esterne sono diretti circa 8,5 miliardi, quasi per
intero assegnati alle società.
In termini generali, non può ritenersi che questo criterio di misurazione sia in
grado di rappresentare, in modo esauriente, il peso sulla finanza statale
riconducibile alle società vigilate, la cui attività conosce anche canali diversi di
sostegno. Basti pensare come le società che operano nel settore energetico trovino
copertura dei costi sostenuti per l’espletamento della loro attività in componenti
tariffarie costituenti “oneri generali di sistema”, corrisposte dagli utenti finali come
voce di costo delle bollette energetiche. E per importi ingenti.
Considerazioni più operative, che affrontano i quesiti più critici in tema di
mantenimento, soppressione o, comunque, revisione organizzativa e della spesa,
sono avanzate nell’ambito di due specifici approfondimenti settoriali, relativi alla
cultura e all’agricoltura, comparti nei quali la struttura organizzativa rilevata dalla
Corte si articola, rispettivamente, in 27 e 25 enti e società direttamente riferibili ai
ministeri vigilanti.
Attraverso un esame dell’attività e dell’organizzazione dei principali enti (e
società) dei due settori prescelti si esprimono alcune valutazioni sulla
sovrapposizione con le competenze affidate agli organi ministeriali o esercitate da
altri soggetti istituzionali operanti nel medesimo comparto e, di conseguenza, sulla
razionalità dell’assetto consolidato e sulla congruità del costo a carico della finanza
statale.
La ricognizione delle società partecipate e vigilate strumentali per le
amministrazioni dello Stato ha costituito, infine, l’occasione per comporre un
quadro di informazioni contabili e organizzative utili per trarre indicazioni di
prospettiva in termini di revisione o razionalizzazione degli assetti esistenti. Le
privatizzazioni degli anni novanta, infatti, non hanno impedito il successivo processo
di estensione del settore pubblico nell’economia, anche attraverso il ripetuto ricorso
alla “societarizzazione” di funzioni amministrative, realizzata tramite la dilatazione
del modello c.d. “in house”. Delle cinquanta società di cui lo Stato è azionista di
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
XVI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
riferimento, 23 svolgono attività prevalentemente strumentale per le amministrazioni
centrali. Quest’ultime sono quelle maggiormente sensibili a processi di
razionalizzazione. L’esercizio di funzioni tipiche delle Amministrazioni di controllo o
vigilanti può porre problemi di duplicazione se all’interno dell’Amministrazione
permangono e continuano ad operare strutture dedicate al medesimo fine.
9. Le risultanze del consuntivo 2013 e le stime contenute nel Documento di
economia e finanza 2014, confermano il trend in diminuzione della spesa per redditi
da lavoro dipendente, ritornata sotto controllo a seguito degli interventi avviati con
il decreto-legge n. 78 del 2010. Nell’ultimo triennio la riduzione complessiva ha
raggiunto i 4,6 punti percentuali. Il rapporto fra spesa di personale e prodotto
interno lordo è previsto attestarsi, nel 2015, su un valore inferiore al 10 per cento;
un dato che collocherebbe l’Italia ben al di sotto della media dei Paesi appartenenti
all’Unione Europea.
Secondo le rilevazioni della Ragioneria Generale dello Stato, è proseguita
anche nel 2013, seppure con valori più contenuti, la diminuzione degli occupati nel
settore pubblico che, a partire dal 2008, ha superato i sei punti percentuali.
Questi risultati sono l’effetto di misure severe ed eccezionali, non replicabili
all’infinito e solo in parte di carattere strutturale.
Le misure di contenimento della spesa, in particolare, hanno in parte acuito le
criticità e le debolezze del sistema del Pubblico impiego in Italia.
Preoccupa, innanzitutto, il progressivo innalzamento dell’età media dei
dipendenti, con dati che collocano l’Italia nei valori più alti nel confronto effettuato
dall’OCSE tra i maggiori Paesi industrializzati: oltre il 50 per cento del personale
pubblico si colloca, nel nostro Paese, nella fascia di età superiore ai 50 anni.
Sotto il profilo dell’assetto retributivo, il sistema italiano è negativamente
caratterizzato dalla scarsa incidenza, sul totale dei compensi percepiti, delle voci
realmente finalizzate ad incentivare la produttività dell’amministrazione ed il merito
individuale.
Durante l’intero periodo della privatizzazione, al di là di reiterate affermazioni
di principio, la leva salariale non ha mai rappresentato uno strumento per favorire
l’innovazione e il cambiamento.
L’avvio di una politica in tal senso, secondo le indicazioni contenute nel d.lgs.
n. 150 del 2009, appare, al momento, fortemente condizionato dalla scarsità delle
risorse disponibili.
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XVII
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Alla ripresa della contrattazione collettiva nazionale è, dunque, affidato il non
facile compito di assicurare una fisiologica dinamica delle componenti retributive
fisse – compatibile con gli andamenti di finanza pubblica – e la contestuale revisione
dei meccanismi che attualmente disciplinano la contrattazione di secondo livello, per
la costruzione di un effettivo meccanismo retributivo incentivante e premiante.
Vanno affrontati i nodi, tuttora irrisolti, della dirigenza pubblica. A fronte di
una sostenuta dinamica retributiva non è mai decollato un efficace sistema di
valutazione della capacità manageriale, che avrebbe dovuto essere il presupposto
per la corresponsione dell’indennità di risultato.
Il sistema di conferimento e di rotazione degli incarichi va contemperato con
l’esigenza di garantire il principio dell’autonomia gestionale dei dirigenti, rispetto
agli organi politici di vertice delle amministrazioni.
Necessita, infine, di revisione l’attuale collocazione a livello dirigenziale di
uffici che svolgono compiti interni alla struttura organizzativa nella quale sono
inseriti.
Al di là delle criticità evidenziate, gli interventi in materia di pubblico impiego
devono rappresentare un momento del complessivo ridisegno dell’assetto
organizzativo e delle modalità di agire delle pubbliche amministrazioni.
Le politiche di personale devono ritrovare coerenza, sotto il profilo della
individuazione del fabbisogno di professionalità nei diversi settori e sul territorio,
con una prioritaria definizione dei compiti del settore pubblico e della loro
distribuzione tra i diversi livelli di governo.
10. Anche nel 2013 le amministrazioni locali hanno ottenuto un risultato
migliore delle attese. Le spese complessive al netto degli interessi presentano per il
terzo anno consecutivo una contrazione in termini assoluti, risultando in riduzione
anche in termini di prodotto. Nell’ultimo triennio la contrazione ha superato il punto
di Pil. Invariata, sempre in termini di prodotto, risulta la spesa corrente che
consolida, quindi, i miglioramenti registrati negli ultimi anni.
Il quadro tendenziale non offre le condizioni per un allentamento degli
obiettivi a cui è chiamato il mondo delle autonomie. Tra il 2014 e il 2016 la spesa
corrente delle amministrazioni territoriali, al netto della sanità, dovrebbe ridursi di
7 decimi di punto in rapporto al prodotto, con una flessione in termini nominali di
oltre il 5 per cento. Un risultato che, seppur diluito nel triennio, già indica la
difficoltà dell’aggiustamento richiesto, a prescindere dello sforzo ulteriore che
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
XVIII
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
potrebbe essere necessario per garantire carattere strutturale agli interventi di
riduzione delle entrate disposti con il DL 66/2014 (da coprire necessariamente
attraverso un ulteriore taglio della spesa).Un quadro, è bene rammentarlo, in cui la
spesa in conto capitale è prevista ancora in riduzione attestandosi all’1,5 per cento
del Pil, rispetto al già modesto 1,8 per cento del 2013.
Il 2013 ha messo in rilievo anche il limite raggiunto dalla strumentazione
posta finora in essere per il coordinamento della finanza pubblica.
In questi anni, per gli enti locali, l’efficacia delle misure contenimento è stata
affidata più a meccanismi di riduzione delle risorse che all’operare di una regola
fiscale, di volta in volta modificata per rispondere a esigenze ulteriori o per
rimuovere difficoltà operative. Inefficace nel governare il contenimento della
dinamica della spesa corrente, la regola si è tradotta in un progressivo processo di
riduzione della spesa in conto capitale. Da qui l’importanza crescente delle misure
di rafforzamento del Patto - tagli di risorse ed interventi di spending review - per
assicurare il contributo delle autonomie locali alla finanza pubblica, instradando le
amministrazioni su un percorso di revisione ed efficientamento della spesa corrente,
che lo strumento del Patto non è di per sé riuscito a indurre con successo.
Anche nel 2013, a fronte delle misure destinate ad accelerare la spesa in conto
capitale, l’effetto prodotto è rimasto di fatto limitato ad una agevolazione rispetto
agli stringenti saldi programmatici (un allentamento molto consistente che nella
sostanza ha annullato la manovra che il comparto avrebbe dovuto adottare per
assicurare il contributo richiesto) ma non ha favorito una maggiore spesa rispetto a
quella consentita dai limiti del Patto.
Inoltre, nonostante il buon operare delle flessibilizzazioni a livello regionale (i
Patti di solidarietà), due risultati danno evidenza del limite raggiunto dalla regola
fiscale: se oltre la metà della spesa in conto capitale pagata dalle amministrazioni
comunali è imputabile a maggiori spazi ottenuti rispetto ai vincoli del Patto
(un’apparente conferma che questo strumento agisce come freno alla spesa per
investimenti), ad un tempo nell’esercizio sono risultati ampi i margini rimasti
inutilizzati per ulteriori pagamenti. Su tali andamenti, più che il vincolo del Patto
sembra aver inciso la condizione di fragilità finanziaria degli enti o la riduzione
della stessa capacità progettuale conseguente all’incertezza sulla disponibilità di
risorse anche per i continui mutamenti nel sistema di finanziamento.
Anche per le Regioni, gli obiettivi sempre più stringenti del Patto si sono
riflessi, come nel passato, in una riduzione dei pagamenti in conto capitale, resa
meno problematica solo da una sempre più netta flessione degli impegni per spese di
investimento che si conferma anche nell’esercizio appena concluso.
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XIX
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Per questi enti, differenze residuano nelle spese per il personale, per l’acquisto
di beni e servizi, nell’utilizzo di beni di terzi, oltre che nelle spese per gli organi
istituzionali; anche se i margini di risparmio non devono esser sopravvalutati. I dati
relativi alla gestione 2013 sembrano ancora una volta confermare la tendenza, pur
tra differenze ancora significative, ad una contrazione del ruolo di spesa diretta (al
netto di quella destinata alla sanità). Le Regioni sembrano veder evolvere il proprio
ruolo nel raccordo e nel coordinamento degli interventi delle amministrazioni locali
e di quelli infrastrutturali di matrice comunitaria. L’azzeramento delle risorse per le
funzioni trasferite e il ritardo nella definizione di livelli essenziali di assistenza in
importanti segmenti costituzionalmente tutelati (assistenza e trasporti) hanno
contribuito a rendere la funzione obiettivo di questi enti meno chiara.
Difficile è, oggi, immaginare una riconfigurazione del Patto che non si fondi su
un ridisegno complessivo del sistema di finanziamento di Regioni ed enti locali. Ciò
significa muovere con decisione, ma anche con realismo. Non si può più rimandare
il completamento del sistema di finanziamento, la definizione di un sistema basato
sulle capacità fiscali standard, l’individuazione, come si è fatto nella sanità, di
fabbisogni e costi standard e meccanismi di responsabilizzazione che offrano un
riferimento chiaro per il governo della spesa e la garanzia di livelli adeguati dei
servizi per i cittadini.
Il rilievo delle incertezze sulla disponibilità di risorse e dei ritardi nella
definizione dei bilanci di previsione, che sembrano ripetersi anche nel corrente
esercizio, consigliano una attenta valutazione delle scelte da assumere e rafforzano
l’utilità di interventi che incidano sulla rapidità e certezza degli esiti. Sono infatti le
incertezze sulla disponibilità delle risorse, i tagli, le difficoltà di operare una
effettiva programmazione dell’esercizio (in sintesi i vincoli finanziari) piuttosto che
gli ostacoli attribuiti alla regola fiscale ad incidere sulla gestione.
Senza un’attenta revisione e selezione delle funzioni da conservare a garanzia
dei LEA e per gli interventi a sostegno della crescita, ulteriori inasprimenti rischiano
di tradursi in ulteriori (e in certa misura “casuali”) differenze nelle garanzie offerte
a cittadini e alle imprese o, peggio, in squilibri nascosti destinati a generare costi
futuri.
11. Il processo di riassorbimento dei disavanzi sanitari nelle regioni in
squilibrio strutturale è proseguito anche nel 2013, pur presentando alcune
incertezze. Non in tutte le Regioni i risultati economici mantengono il trend positivo
degli anni precedenti: in alcune si segnalano ancora le insufficienze nella qualità dei
RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA
XX
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
servizi resi, nella appropriatezza e nella organizzazione delle strutture, che sono alla
base delle difficoltà economiche esplose negli squilibri strutturali.
Si sta rivelando più difficile riassorbire in maniera duratura i disavanzi e più
complesso risulta l’utilizzo degli strumenti di correzione. Con maggior frequenza si
propone la difficoltà di conciliare le necessità proprie del settore (assistito da
garanzie costituzionali, i LEA) e quelle delle altre funzioni regionali, sempre (e forse
da troppo tempo) in sofferenza finanziaria.
Ciò nonostante, i progressi nel contenimento dei costi trovano comunque una
conferma nel dato di consuntivo: la spesa è stata di circa 2 miliardi inferiore alle
attese, confermando la sua stabilizzazione in termini di prodotto al 7 per cento.
La rete di valutazione costituita dai “Tavoli di monitoraggio e verifica” ha
continuato a svolgere un ruolo prezioso a garanzia di un aggiustamento che sia
realmente strutturale. La definizione di regole contabili e l’esercizio dei conseguenti
controlli hanno consentito di prevedere uno stretto sistema di garanzie a tutela
dell’aggiustamento, creando una “cortina di protezione” sulla destinazione dei
fondi.
Le misure introdotte dai provvedimenti che hanno avviato a soluzione il
riassorbimento dei ritardi di pagamento delle amministrazioni pubbliche dovrebbero
impedire il ripetersi in futuro dei fenomeni di ritardo nel fluire delle somme destinate
al sistema sanitario e naturalmente, di quelle che si configurano come vere e proprie
distrazioni di risorse per altre esigenze e finalità.
Non privo di aspetti problematici, non solo da questo punto di vista, è il
provvedimento che consente di destinare ad altre finalità gli sforzi fiscali attivati per
gestire il processo di rientro degli squilibri sanitari. Una disposizione che spezza il
collegamento tra un prelievo e la sua destinazione specifica, fondamento del
“contratto” sottoscritto con i contribuenti al momento della definizione dei Piani di
rientro. La destinazione ad altre finalità o, come in alcuni casi, il loro utilizzo per
coprire oneri connessi alle anticipazioni necessarie per dare liquidità alle regioni,
introduce elementi di opacità nel sistema, specie se tali importi sono dovuti a
squilibri esistenti in altri settori.
Infine, il settore sanitario si trova oggi di fronte a scelte ancora impegnative
anche dal punto di vista finanziario: interessato, da un lato, da ulteriori pressioni
per una riduzione ulteriore di risorse, dall’altro, da necessità legate al progresso
tecnico e all’accesso a nuovi e costosi strumenti di cura e, da un altro lato ancora,
dalla difficoltà di mantenere elevati prelievi fiscali locali.
SINTESI E CONCLUSIONI
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XXI
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
La scelta di non intaccare, almeno nel breve periodo, le risorse destinate alla
sanità, ma di trovare all’interno del settore le risorse per affrontare i nuovi bisogni e
le somme da destinare al finanziamento degli investimenti, non riduce l’impegno che
si presenta per gli esercizi a venire.
A queste necessità se ne vanno aggiungendo altre. Come quella di creare
condizioni competitive in tema di salute con gli altri paesi UE, derivante
dall’applicazione della Direttiva Europea 2011/24 UE; di garantire adeguati
standard di qualità e sicurezza delle cure ai cittadini italiani ed europei e di
adeguare i nuovi livelli essenziali di assistenza; di rilanciare e rafforzare
l’assistenza territoriale a causa della prevalenza di patologie croniche –
degenerative dovute all’invecchiamento della popolazione; di superare le criticità,
sempre più rilevanti ed emergenti su buona parte del territorio nazionale, derivanti
dall’inquinamento ambientale, con inevitabili ricadute sulla salute dei cittadini e,
quindi, sulla spesa sanitaria.
Tutti aspetti su cui il nuovo Patto della salute sarà chiamato a dare risposte
effettive. L’importanza e l’urgenza di accelerare gli interventi di riadeguamento
delle strutture e di miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni rese ai
cittadini richiede, poi, la revisione dei meccanismi che governano il funzionamento
del settore e il potenziamento degli strumenti a disposizione delle amministrazioni
territoriali per la gestione delle prestazioni. Tutto ciò non può essere più, tuttavia,
un alibi per un allungamento senza limiti del riassorbimento degli squilibri.
PARTE PRIMA
I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
3
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI
PROGRAMMATICI
IL CONSEGUIMENTO DEGLI OBIETTIVI
1. Nel 2013, le Pubbliche amministrazioni italiane hanno registrato un
indebitamento di 47,3 miliardi di euro, pari al 3 per cento del Pil, gli stessi valori con
cui si era chiuso il 2012. É stato così conseguito l’obiettivo fissato nei documenti
programmatici predisposti nel corso dell’anno (tavola 1). Al risultato si è giunti in virtù
di un forte contenimento del disavanzo di conto capitale che, a consuntivo, ha
presentato un valore inferiore di quasi 14 miliardi rispetto alle stime del DEF 2013; lo
scostamento rispetto alle successive valutazioni programmatiche (Nota di
aggiornamento al DEF 2013 e Nota Tecnico-Illustrativa alla legge di stabilità 2014) è
stato più contenuto, ma ugualmente consistente, nell’ordine dei 7 miliardi euro.
Evoluzioni di segno opposto e di analoghe dimensioni hanno interessato il saldo di
parte corrente. A sintesi di questi andamenti, l’avanzo primario è sceso da 39,1 a 34,7,
miliardi e dal 2,5 al 2,2 per cento del Pil, un andamento non anticipato dai documenti
governativi.
TAVOLA 1
I SALDI DI BILANCIO DELL’ITALIA NEL 2013: RISULTATI E OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Risultato
effettivo
(1)
NTI Legge
stabilità 2014
(2)
Nota Agg.
DEF 2013
(3)
DEF 2013
(4) (1)-(2) (1)-(3) (1)-(4)
Milioni di euro
Indebitamento netto -47.321 -47.076 -48.722 -45.408 -245 1.401 -1.913
Saldo corrente -13.998 -7.072 -7.884 2.586 -6.926 -6.114 -16.584
Saldo primario 34.722 36.873 35.226 38.484 -2.151 -504 -3.762
Saldo in conto capitale -33.323 -40.004 -40.839 -47.994 6.681 7.516 14.671
In % del Pil
Indebitamento netto -3,0 -3,0 -3,1 -2,9 0,0 0,1 -0,1
Saldo corrente -0,9 -0,5 -0,5 0,2 -0,4 -0,4 -1,1
Saldo primario 2,2 2,4 2,3 2,4 -0,1 0,0 -0,2
Saldo in conto capitale -2,1 -2,6 -2,6 -3,1 0,4 0,5 0,9
DifferenzeStime programmatiche
Fonte: Istat, Pil e indebitamento AP, marzo 2014, e documenti programmatici.
2. Determinante, per il rispetto degli obiettivi di indebitamento del 2013, è stato il
contributo delle Amministrazioni locali. Il saldo primario di queste ultime è risultato
migliore di quasi 11 miliardi rispetto alle previsioni del DEF, registrando un avanzo di
3,5 miliardi, laddove era invece atteso un disavanzo di 7 miliardi (tavola 2). Un
andamento ascrivibile per intero al forte contenimento della spesa. Di segno opposto
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
4
sono state le evoluzioni osservate per gli altri livelli di governo. Sempre nel confronto
con i dati programmatici, le Amministrazioni centrali hanno subito una compressione
delle entrate di oltre 4 miliardi, aumentando al contempo di quasi 8 miliardi le spese, in
parte per i maggiori trasferimenti che è stato necessario effettuare a seguito
dell’abolizione dell’IMU sulla prima casa; gli Enti previdenziali hanno registrato
minori entrate per 1,9 miliardi.
TAVOLA 2
L’ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA PER LIVELLI DI GOVERNO: SCOSTAMENTI FRA RISULTATI
EFFETTIVI E PROGRAMMATI (MILIONI DI EURO)
Stime DEF
aprile 2013
Risultato
effettivo
Differenze 2013/2012
Amministrazioni centrali
Entrate finali 411.207 406.880 -4.327 0,4
Uscite finali netto interessi 368.789 376.556 7.767 0,8
Saldo primario 42.418 30.324 -12.094 -4,8
Amministrazioni locali
Entrate finali 232.688 233.495 807 -1,6
Uscite finali netto interessi 239.722 229.925 -9.797 -1,0
Saldo primario -7.034 3.570 10.604 -29,1
Enti previdenziali
Entrate finali 329.172 327.283 -1.889 2,1
Uscite finali netto interessi 325.608 326.026 418 2,5
Saldo primario 3.564 1.257 -2.307 -53,8
Fonte: DEF 2014.
3. Nel confronto europeo, il percorso di riequilibrio dell’Italia ha evidenziato, lo
scorso anno, una pausa (tavola 3). Alla stabilità dell’indebitamento italiano si é
contrapposta la discesa del disavanzo medio dell’Eurozona, dal 3,7 al 3 per cento del
Pil. Più pronunciate sono state le riduzioni messe a segno dagli altri paesi colpiti, due
anni fa, dalla crisi dei debiti sovrani (l’eccezione essendo costituita dalla Grecia). Al di
fuori dell’Europa, è stata particolarmente consistente la discesa del deficit degli Stati
Uniti (dal 9,2 al 6,2 per cento del Pil), mentre nel Regno Unito il disavanzo è rimasto
sostanzialmente immutato. In Giappone, l’orientamento espansivo impresso alle leve
della politica economica ha dato avvio a un ampliamento del saldo di bilancio.
Anche se meno brillanti di quelli ottenuti da altri paesi, i risultati di
indebitamento dell’Italia hanno rispettato gli obiettivi fissati in sede europea. Nel
contesto delle nuove regole del Fiscal compact, al nostro paese è richiesta una
riduzione del saldo strutturale di mezzo punto all’anno, fino al raggiungimento del
pareggio (obiettivo di medio termine). Secondo le elaborazioni della Commissione,
l’Italia ha diminuito il proprio indebitamento strutturale dall’1,5 allo 0,9 per cento
(sempre tavola 3), rispettando, dunque, le condizioni di rientro.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
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5
TAVOLA 3
LA FINANZA PUBBLICA ITALIANA NEL CONFRONTO EUROPEO (IN % PIL)
Indebitamento
strutturale
2012 2013 2012 2013 2012 2013 2012 2013
ITALIA
-3,0 -3,0 2,5 2,2 127,0 132,6 -1,5 -0,9
Germania 0,1 0,0 2,5 1,7 81,0 78,4 0,3 0,6
Francia -4,9 -4,3 -2,3 -2,0 90,6 93,5 -3,8 -3,0
Grecia -8,9 -12,7 -3,9 -8,7 157,2 175,1 -1,0 2,0
Irlanda -8,2 -7,2 -4,5 -2,5 117,4 123,7 -7,9 -6,2
Portogallo -6,4 -4,9 -2,1 -0,6 124,1 129,0 -3,5 n.d.
Spagna -10,6 -7,1 -7,6 -3,7 86,0 93,9 -4,1 -2,8
Media Eurozona -3,7 -3,0 -0,6 -0,1 92,7 95,0 -2,1 -1,3
Regno Unito -6,1 -5,8 -3,1 -2,8 89,1 90,6 -6,2 -4,8
Stati Uniti -9,2 -6,2 -5,3 -2,5 102,4 104,5 n.d. n.d.
Giappone -8,7 -9,0 -6,6 -6,9 237,3 244,0 n.d. n.d.
Per memoria:
Italia - media Eurozona 0,7 0,0 3,1 34,3 37,6 0,6 0,4
Indebitamento Saldo primario Debito
Fonte: Commissione europea, Spring forecasts.
LA REVISIONE DEL PERCORSO PROGRAMMATICO E LA MANOVRA DI FINANZA
PUBBLICA
4. La realizzazione degli obiettivi del 2013 deve essere valutata alla luce di tre
fattori: la sostanziale revisione apportata al percorso programmatico; l’azione svolta,
nell’anno, dalla manovra di finanza pubblica; il contributo fornito dalle singole voci di
spesa ed entrata all’invarianza del saldo di bilancio. Da questi fattori discendono le
criticità e le opportunità che gli andamenti dello scorso anno lasciano in eredità al 2014.
Con riferimento al primo punto, il rasserenamento delle condizioni finanziarie
internazionali e il superamento della crisi del debito hanno consentito, già a partire
dalla seconda metà del 2012, di ricalibrare gli obiettivi di bilancio in funzione delle
esigenze di stabilizzazione del ciclo economico, pur preservando il percorso di
riequilibrio di medio periodo della finanza pubblica. In coerenza con questa diversa
impostazione, i documenti programmatici del 2013 hanno rivisto dall’1,8 al 3 per cento
l’obiettivo annuo di indebitamento (grafico 1), valore, come si è visto, poi
effettivamente conseguito. Nell’orizzonte di medio periodo, il pareggio nominale di
bilancio, che il DEF 2012 prevedeva già al 2015, è stato posposto al 2017.
La revisione degli obiettivi è stata resa possibile, oltre che dal miglioramento
dell’ambiente esterno, dal passaggio al nuovo modello di governance europea che,
imponendo il pareggio del saldo strutturale, consente la conservazione di disavanzi
nominali, in presenza di valori negativi dell’output gap. Una situazione in cui
l’economia italiana ha continuato a trovarsi per tutto il 2013. Lo scorso anno, il Pil è
infatti diminuito, dell’1,9 per cento (dello 0,4 per cento nei valori nominali), in
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
6
presenza di una contrazione della domanda interna del 2,7 per cento. A seguito di
questi andamenti, il vuoto di prodotto della nostra economia ha raggiunto il punto di
massima profondità dall’inizio della crisi, passando, secondo le misure proposte dalla
Commissione europea, dal -3 al -4,3 per cento del Pil potenziale (grafico 2). Solo
nell’ultimo trimestre dello scorso anno le variazioni del prodotto sono tornate positive,
con un modestissimo incremento congiunturale dello 0,1 per cento. In queste
condizioni, l’attuazione delle regole europee ha consentito un allentamento del grado di
stringenza della politica di bilancio.
Se nel 2013 gli obiettivi di indebitamento sono stati rispettati, è dunque per via
dell’adozione di un percorso programmatico più sostenibile dal punto di vista
dell’economia reale e per questo più credibile.
GRAFICO 1
LA REVISIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI DI INDEBITAMENTO (IN % DEL PIL)
-4,0
-3,5
-3,0
-2,5
-2,0
-1,5
-1,0
-0,5
0,0
2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
DEF 2012 Nota aggiornamento 2012 DEF 2013 Nota aggiornamento 2013
GRAFICO 2
L’OUTPUT GAP DELL’ECONOMIA ITALIANA (IN % DEL PIL POTENZIALE)
3,4
1,8
-3,5
-1,7
-1,4
-3,0
-4,3
-5,0
-4,0
-3,0
-2,0
-1,0
0,0
1,0
2,0
3,0
4,0
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Fonte: Commissione europea, Spring forecasts e banca dati Ameco.
5. Alla rivisitazione del percorso programmatico è conseguita l’adozione di
manovre di segno espansivo, che hanno cominciato a esercitare i loro effetti nel 2013.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
7
Secondo le quantificazioni ufficiali, con le misure di stimolo contenute nella legge di
stabilità 2013 e nel DL 35/2013 il bilancio pubblico avrebbe registrato, lo scorso anno,
un ampliamento, in quota di Pil, dello 0,6 per cento. La legge di stabilità per il 2014 ha
anch’essa segno espansivo ed eleva di due decimi di punto il disavanzo programmatico
di quest’anno. Questi interventi hanno, tuttavia, attenuato e non annullato,
l’impostazione restrittiva della manovra di finanza pubblica. La misura di stance fiscale
ufficialmente usata in sede europea è la variazione del saldo strutturale e, come già si è
visto, questa grandezza ha registrato nel 2013 una correzione di 0,6 punti. Lo scorso
anno, l’impulso restrittivo trasmesso dalla manovra di finanza pubblica all’economia è
stato, quindi, minore che nel 2012 (2,2 punti di Pil, grafico 3), ma ugualmente
consistente se rapportato alle condizioni di profonda recessione dell’economia. Per
altro verso, ciò significa che i risultati di bilancio del 2013 sono stati ottenuti anche
grazie agli elementi di disciplina incorporati nei provvedimenti varati negli anni
precedenti, fatto che evidenzia un consolidamento delle tendenze di fondo della finanza
pubblica italiana.
GRAFICO 3
LA STANCE DELLA POLITICA FISCALE IN ITALIA
(VARIAZIONI DEL SALDO STRUTTURALE IN % DEL PIL; SEGNO NEGATIVO INDICA RESTRIZIONE)
-2,2
-0,6
-0,2
-0,5
-0,1
-2,5
-2,0
-1,5
-1,0
-0,5
0,0
2012 2013 2014 2015 2016
Fonte: DEF 2014.
6. Nel 2013, la manovra di finanza pubblica non si è limitata a perseguire
obiettivi di sostegno della crescita. Il passaggio alla nuova legislatura ha innescato una
discontinuità nelle scelte di governo, manifestatasi nell’adozione di provvedimenti volti
a rimuovere alcuni capisaldi della manovra correttiva in essere e, quindi, a cambiare il
profilo della legislazione vigente. In quest’ottica si è deciso di sopprimere l’IMU sulla
prima casa (DL 102-133/2013) e di rinviare dal 1° luglio al 1° ottobre l’aumento di 1
punto percentuale dell’aliquota ordinaria dell’Iva (DL 76/2013). Si è trattato di un
passaggio complesso, che ha innanzitutto richiesto di reimpostare le forme della
tassazione immobiliare, poi di trovare le coperture finanziarie volte a evitare che le
modifiche apportate alla legislazione vigente determinassero effetti sui saldi. Ne è
derivata una situazione di incertezza, tanto che dopo la pubblicazione della Nota di
Aggiornamento al DEF 2013, che abitualmente incorpora i preconsuntivi dell’anno, il
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
8
governo è dovuto intervenire per garantire il contenimento del deficit nel limite del 3
per cento: si fa riferimento, in particolare al taglio di spesa contenuto nel DL 102/2013
(circa 1,6 miliardi di euro, comprensivi dei proventi, circa 500 milioni di euro, derivanti
da dismissioni di immobili pubblici) e all’aumento degli acconti della tassazione sulle
società per far fronte al mancato incasso di parte delle risorse necessarie alla copertura
dell’eliminazione della 1° rata dell’IMU sull’abitazione principale (d.m. 30/11/2013).
Come la Corte ha avuto modo di evidenziare nelle Audizioni svolte nel corso del 2013,
il disegno della politica di bilancio è stato indebolito da queste incertezze, che hanno
favorito una frammentarietà degli interventi, riscontrabile anche nell’impostazione
della Legge di stabilità per il 2014.
Il problema si rileva a seguito della forte divaricazione venutasi a creare fra la
conservazione di un impatto neutrale sui saldi, da una parte, e la movimentazione di
ampie risorse all’interno del bilancio, dall’altra. I principali provvedimenti adottati nel
2013 hanno mosso risorse, nell’anno, per quasi 15 miliardi, con un effetto sul saldo
inferiore a 6 miliardi. Per il 2014, gli stessi provvedimenti sono attesi produrre un
impatto sull’indebitamento inferiore a 1,5 miliardi, pur attivando risorse per quasi 20
miliardi (tavola 4).
Se considerata dal lato della ricomposizione del bilancio, l’azione di finanza
pubblica è stata dunque, pur all’interno di un’impostazione restrittiva, tutt’altro che
marginale e potenzialmente portatrice di effetti, sia macroeconomici, sia distributivi.
Una compiuta valutazione di questi effetti è però resa difficile dalla numerosità delle
misure adottate e dalla marginalità alfine riservata ad alcuni obiettivi qualificanti, come
ad esempio la riduzione del cuneo fiscale, uscita fortemente ridimensionata, rispetto
agli annunci, dal disegno di legge di stabilità per il 2014.
TAVOLA 4
EFFETTI FINANZIARI DEI PRINCIPALI PROVVEDIMENTI DI FINANZA PUBBLICA ADOTTATI NEL 2013
(MILIONI DI EURO)
2013 2014 2015
Reperimento risorse 9.135,2 18.026,2 18.790,7
- Maggiori entrate 5.664,9 11.936,3 10.356,5
- Minori spese 3.470,3 6.089,9 8.434,2
- minori spese correnti 1.698,8 3.732,3 6.155,9
- minori spese c. capitale 1.771,5 2.357,5 2.278,3
Utilizzo risorse 14.787,5 19.414,5 14.287,6
- Minori entrate 5.877,7 8.674,2 9.169,4
- Maggiori spese 8.909,8 10.740,4 5.118,2
- maggiori spese correnti 1.473,2 5.689,8 2.624,6
- maggiori spese c. capitale 7.436,6 5.050,5 2.493,6
Effetto netto -5.652,4 -1.388,3 4.503,1
- Maggiori Entrate nette -212,9 3.262,2 1.187,1
- Minori Spese nette -5.439,5 -4.650,5 3.316,0
Nota: DL 35, 54, 63,69,76,101,102, 104,120, 133 del 2013 e legge di stabilità 2014.
Fonte: elaborazioni sulle Relazioni tecniche ai provvedimenti.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
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9
L’ANDAMENTO DELLA SPESA E DELLE ENTRATE
7. Nel 2013, dopo un biennio di riduzione, le uscite primarie correnti sono tornate
a crescere (tavola 5). L’incremento (+1,3 per cento) è stato superiore alla precedente
diminuzione (-0,5 per cento). Il risultato è stato determinato, oltre che dalla
prosecuzione della tendenza alla crescita della spesa per prestazioni sociali (+2,7 per
cento), dall’aumento delle altre uscite correnti (+5,6 per cento), che erano invece
diminuite di oltre 6 miliardi nel biennio 2011-2012. E’ di contro proseguita la flessione
della spesa per redditi (-0,7 per cento) e per consumi intermedi (-1,4 per cento). Nel
contempo è tornata a scendere la spesa per interessi, registrando una flessione del 5,1
per cento e riducendosi di due decimi di punto in quota di Pil.
Nuove contrazioni hanno interessato la spesa in conto capitale, diminuita lo
scorso anno di oltre 6 miliardi (-13 per cento). La riduzione è stata maggiore per i
contributi e i trasferimenti in conto capitale (-18 per cento circa per entrambe le
componenti), mentre gli investimenti pubblici sono scesi del 9,2 per cento.
TAVOLA 5
LA SPESA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
2010 2011 2012 2013 2012 2013
Redditi da lavoro dipendente 172.002 168.415 165.165 164.062 -1,9 -0,7
Consumi intermedi 135.726 135.726 131.858 130.065 -2,8 -1,4
Pensioni e altre prestazioni 298.418 304.211 311.119 319.525 2,3 2,7
Altre spese correnti 63.802 59.037 57.466 60.709 -2,7 5,6
Totale spese correnti al netto
interessi 669.948 667.389 665.608 674.361 -0,3 1,3
Interessi passivi 71.153 78.397 86.474 82.043 10,3 -5,1
Totale spese correnti 741.101 745.786 752.082 756.404 0,8 0,6
Investimenti fissi 33.424 31.985 29.932 27.166 -6,4 -9,2
Contributi c/capitale 17.850 18.137 17.564 14.312 -3,2 -18,5
Altri trasferimenti 1.562 -1.442 1.295 1.058 -189,8 -18,3
Totale spese in conto capitale 52.836 48.680 48.791 42.536 0,2 -12,8
Totale spese primarie 722.784 716.069 714.399 716.897 -0,2 0,3
Totale spese 793.937 794.466 800.873 798.940 0,8 -0,2
Milioni di € Variazioni %
Fonte: Istat, cit.
Nel confronto con i valori programmatici, anche nel 2013 la spesa totale è
risultata al di sotto delle stime (tavola 6). Un risultato, apparentemente, di grande
rilievo, tanto più se si considera che, nel suo valore di facciata, la manovra di finanza
pubblica ha fornito un impulso addizionale alle uscite del bilancio pubblico per quasi 6
miliardi di euro. La valutazione sui risparmi conseguiti nel confronto con le indicazioni
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
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2014 Sezioni riunite in sede di controllo
10
programmatiche deve, però, considerare come si sia mancato di conseguire
l’annunciata ricomposizione della spesa in favore della componente in conto capitale.
La differenza fra valori effettivi e programmati delle uscite in conto capitale (quasi 13
miliardi rispetto al DEF 2013, oltre 8 miliardi nel confronto con la Nota di
aggiornamento) spiega, infatti, per intero, i risparmi conseguiti. La spesa primaria
corrente è invece rimasta al di sopra delle attese, con l’unica eccezione, peraltro poco
rilevante nella dimensione, della componente per prestazioni sociali. Nel totale, il dato
effettivo di spesa corrente mostra un importo più elevato di quasi 3 miliardi rispetto al
DEF, mentre lo scostamento dal preconsuntivo contenuto nella Nota di aggiornamento
è di oltre 1,5 miliardi.
Se rapportate all’esperienza storica e se considerate nei valori reali, le dinamiche
della spesa corrente restano comunque particolarmente contenute. Il rallentamento della
spesa corrente sembrerebbe avere assunto caratteri di strutturalità. Ciò,
fondamentalmente, per due motivi. In primo luogo, continuano a registrarsi flessioni di
componenti, come la spesa per redditi, che nel passato sono state tipicamente trainate
da fattori di inerzia, irrigidendo la gestione del bilancio. In secondo luogo, all’interno
della spesa corrente, è stata molto più pronunciata che in passato la crescita della
componente destinata al sostegno della disoccupazione, Si consideri, al riguardo, che le
voci “indennità di disoccupazione” e “CIG” spiegano quasi il 14 per cento
dell’aumento registrato dalla spesa primaria corrente fra il 2007 e il 2013, a fronte di un
peso, sullo stesso aggregato, inferiore al 2 per cento. Evidentemente, sono queste
dinamiche di spesa che si invertiranno in presenza di un rafforzamento del ciclo
economico. L’accresciuta rilevanza degli interventi a sostegno della disoccupazione è,
inoltre, in linea col nuovo modello di governance europeo, basato sulla conservazione
del pareggio strutturale di bilancio.
Nel complesso, gli andamenti di spesa corrente del 2013 non sembrano aver
pregiudicato i progressi realizzati negli anni precedenti, in termini di riduzione del
grado di inerzia di alcune componenti e di recupero della funzione anticiclica di una
parte del bilancio pubblico. Permane, di contro, la preoccupazione sulla continua
flessione della spesa in conto capitale, che continua a garantire il rispetto degli obiettivi
di saldo, pregiudicando però, in tal modo, il mantenimento e il rinnovamento del
capitale infrastrutturale del paese.
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11
TAVOLA 6
GLI SCOSTAMENTI DELLA SPESA DAI VALORI PROGRAMMATICI (MILIONI DI EURO)
Risultato
effettivo
(1)
NTI Legge
stabilità 2014
(2)
Nota Agg.
DEF 2013
(3)
DEF 2013
(4) (1)-(2) (1)-(3) (1)-(4)
Redditi da lavoro dipendente 164.062 164.258 164.172 163.587 -196 -110 475
Consumi intermedi 130.065 129.135 129.580 128.561 930 485 1.504
Pensioni e altre prestazioni 319.525 320.549 320.549 319.920 -1.024 -1.024 -395
Altre spese correnti 60.709 58.045 58.451 59.309 2.664 2.258 1.400
Totale spese correnti al
netto interessi 674.361 671.986 672.752 671.377 2.375 1.609 2.984
Interessi passivi 82.043 83.949 83.949 83.892 -1.906 -1.906 -1.849
Totale spese correnti 756.404 755.935 756.701 755.269 469 -297 1.135
Totale spese in conto
capitale 42.536 50.084 50.918 55.297 -7.548 -8.382 -12.761
Totale spese finali netto
interessi 716.897 722.070 723.670 726.674 -5.173 -6.773 -9.777
Totale spese complessive 798.940 806.019 807.618 810.566 -7.079 -8.678 -11.626
Valori DIfferenze
Fonte: Istat cit. e documenti programmatici.
8. Anche nel 2013 le maggiori criticità del bilancio pubblico si sono manifestate
dal lato delle entrate. É stata registrata una diminuzione in valore assoluto dello 0,3 per
cento nell’aggregato e dell’1 per cento nella sola componente tributaria (tavola 7).
Nella serie storica degli ultimi cinquant’anni, una caduta delle entrate totali si era
verificata solo nel 2009, in coincidenza con la grande recessione dell’economia
mondiale. Sull’inattesa riduzione delle entrate tributarie correnti hanno pesato gli
andamenti delle imposte indirette (-3,6 per cento) e dei contributi sociali (-0,5 per
cento), solo parzialmente compensati dall’aumento delle imposte dirette (0,6 per cento)
e delle altre entrate correnti non tributarie (4,9 per cento).
Rispetto alle iniziali proiezioni programmatiche sono mancati all’appello quasi
14 miliardi di gettito (tavola 8). Gi scostamenti, si sono ridimensionati con la
predisposizione dei successivi documenti, ma sono rimasti consistenti. Il confronto con
la Nota Tecnico-Illustrativa alla legge di stabilità 2014, che incorpora anche gli effetti
di riduzione delle imposte indirette associati all’eliminazione della seconda rata
dell’IMU sulla prima casa, evidenzia il permanere di una differenza ancora superiore a
7 miliardi di euro.
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
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2014 Sezioni riunite in sede di controllo
12
TAVOLA 7
LE ENTRATE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
2010 2011 2012 2013 2012 2013
Totale entrate tributarie correnti 443.933 448.017 471.505 464.299 5,2 -1,5
Imposte dirette 226.050 226.366 237.132 238.452 4,8 0,6
Imposte indirette 217.883 221.651 234.373 225.847 5,7 -3,6
Contributi sociali 213.828 216.499 215.967 214.977 -0,2 -0,5
Altre entrate correnti non
tributarie 60.123 60.149 60.188 63.130 0,1 4,9
Totale entrate correnti 717.884 724.665 747.660 742.406 3,2 -0,7
Imposte in conto capitale 3.497 6.981 1.551 4.147 -77,8 167,4
Entrate in conto capitale non
tributarie 2.637 3.708 4.306 5.066 16,1 17,6
Totale entrate in conto
capitale 6.134 10.689 5.857 9.213 -45,2 57,3
TOTALE ENTRATE 724.018 735.354 753.517 751.619 2,5 -0,3
Variazioni %Milioni di €
Fonte: Istat, cit.
TAVOLA 8
GLI SCOSTAMENTI DELLE ENTRATE DAI VALORI PROGRAMMATICI (MILIONI DI EURO)
Risultato
effettivo
(1)
NTI Legge
stabilità 2014
(2)
Nota Agg.
DEF 2013
(3)
DEF 2013
(4) (1)-(2) (1)-(3) (1)-(4)
Imposte dirette 238.452 233.849 233.827 235.836 4.603 4.625 2.616
Imposte indirette 225.847 235.288 235.287 241.181 -9.441 -9.440 -15.334
Contributi sociali 214.977 218.190 218.167 220.420 -3.213 -3.190 -5.443
Altre entrate correnti non
tributarie 63.130 61.536 61.536 60.418 1.594 1.594 2.712
Totale entrate correnti 742.406 748.863 748.817 757.855 -6.457 -6.411 -15.449
Imposte in conto capitale 4.147 3.199 3.199 824 948 948 3.323
Entrate in conto capitale non
tributarie 5.066 6.881 6.880 6.479 -1.815 -1.814 -1.413
Totale entrate in conto
capitale 9.213 10.080 10.079 7.303 -867 -866 1.910
Totale entrate 751.619 758.943 758.896 765.158 -7.324 -7.277 -13.539
Valori DIfferenze
Fonte: Istat cit. e documenti programmatici.
L’andamento del gettito ha riflesso l’operare di diversi fattori. In senso
sfavorevole hanno influito il prolungamento della recessione e la conseguente erosione
delle basi imponibili; in direzione di una ricomposizione hanno agito le manovre
adottate nel corso dell’anno, che hanno spostato, sia pur temporaneamente, il peso
fiscale dall’imposizione indiretta (eliminazione dell’IMU sull’abitazione principale e
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
13
rinvio dell’aumento dell’aliquota ordinaria IVA) all’imposizione diretta (aumento degli
acconti di imposta); nel senso di un rafforzamento, infine, hanno agito le manovre degli
anni passati, a seguito delle quali hanno operato misure di incremento delle entrate pari,
al loro valore di facciata, a circa 4,4 miliardi di euro (grafico 4). L’intervento
discrezionale sul gettito è dunque rimasto consistente, anche se in forte
ridimensionamento rispetto al livello record toccato nel 2012 (oltre 40 miliardi). Gli
effetti delle manovre succedutesi in questi anni determineranno un aumento
discrezionale di gettito anche nel 2014 (poco oltre 2 miliardi); solo nel 2015 il segno si
invertirebbe (-1,5 miliardi).
Più in generale, si deve osservare come la flessione del gettito, se da una parte ha
reso più difficile il conseguimento degli obiettivi di saldo, dall’altra ha permesso di
avviare una prima riduzione della pressione fiscale, scesa, nel 2013, di due decimi di
punto. In tal modo, l’andamento delle entrate è tornato, lo scorso anno, a svolgere una
funzione stabilizzatrice del ciclo economico, ruolo sacrificato, nel 2012, alle esigenze
dell’emergenza finanziaria.
GRAFICO 4
L’EFFETTO DELLE MANOVRE SUL GETTITO FISCALE (VALORI DI FACCIATA, MILIARDI DI EURO)
-5.000
0
5.000
10.000
15.000
20.000
25.000
30.000
35.000
40.000
45.000
2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Fonte: Relazioni tecniche.
IL QUADRO PER IL 2014
9. I risultati conseguiti nel 2013, pur contrassegnati dal pieno rispetto degli
obiettivi di saldo, trasmettono al 2014 un’eredità impegnativa. Sia le modalità che
hanno portato a stabilizzare l’indebitamento al 3 per cento, sia le condizioni di contesto
in cui è maturata la definizione del percorso programmatico, potranno, infatti,
difficilmente ripetersi.
Una prima difficoltà nasce, quasi paradossalmente, dal miglioramento del ciclo
economico. Anche se gli andamenti del primo trimestre sono rimasti al di sotto delle
attese, l’insieme degli indicatori disponibili mostra un rafforzamento prospettico dei
livelli di attività e le previsioni disponibili convergono nello stimare per quest’anno una
variazione positiva del Pil, dopo la contrazione registrata nel 2012-2013. Verranno
quindi progressivamente meno quei margini presenti nel 2013 e che, a fronte di un
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
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14
output gap in aumento, hanno consentito di allentare il percorso programmatico. Il
tema è analiticamente complesso e ad esso il presente Rapporto dedica uno specifico
capitolo di approfondimento. L’inasprimento del vincolo europeo è però ben evidente
nella predisposizione del nuovo quadro programmatico contenuto nel DEF 2014. Il
Documento delinea un percorso tendenziale particolarmente virtuoso, con un disavanzo
che, a fine periodo, scenderebbe allo 0,3 per cento del Pil, un livello equivalente a
quello del 1960 e il più basso dal 1946 a oggi (grafico 5). Ciò nonostante, per garantire
il rispetto degli obiettivi di indebitamento strutturale vi è la necessità di apportare una
ulteriore manovra correttiva, che il DEF quantifica in tre decimi di punto in quota di Pil
nel 2015 e in sei decimi di punto nel 2016. A seguito di questa correzione, il sentiero
programmatico prevede il conseguimento, nel 2018, di un attivo di bilancio, un risultato
che l’Italia non realizza dal lontano 1925 e che, dall’anno dell’unificazione, ha
conseguito solo 16 volte. Ciò deriva dal fatto che in fasi di ciclo positivo, quale è quella
attesa, il mantenimento di un pareggio strutturale implica, necessariamente, la
realizzazione di avanzi nominali di bilancio, che dovranno essere tanto più ampi quanto
più robusta dovesse rivelarsi l’espansione del Pil. Per la politica di bilancio italiana, una
vera e propria rivoluzione.
GRAFICO 5
INDEBITAMENTO TENDENZIALE E PROGRAMMATICO PER GI ANNI 2014-2018 (% DI PIL)
-3
-2.5
-2
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
2014 2015 2016 2017 2018
Tendenziale Programmatico
Fonte: DEF 2014.
All’interno di questo percorso, lungo il quale occorrerà comunque avviarsi, la
legge costituzionale offre alcuni margini di flessibilità, che il Governo ha già deciso di
utilizzare. Considerando le circostanze recessive eccezionali ereditate del 2013, è stata
ottenuta dal Parlamento l’autorizzazione a rinviare al 2016 il raggiungimento del
pareggio strutturale di bilancio. L’adozione di un ampio ventaglio di riforme
economiche e istituzionali e un diverso passo imposto alla loro realizzazione
costituiscono, nella valutazione del Governo, i presupposti capaci di dare credibilità a
questa scelta in sede europea. Si ritiene, in tal modo, di poter superare i rilievi sul
mancato rispetto, per quest’anno, del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
15
termine, che la Commissione ha già espresso lo scorso ottobre, nella sua analisi sul
Documento di bilancio.
10. Un secondo tema che il 2013 lascia in eredità al corrente anno è quello della
composizione dell’aggiustamento. Negli andamenti del 2013 e nel confronto con i
valori programmatici, l’equilibrio di bilancio è stato preservato attraverso una riduzione
della spesa, che ha compensato la diminuzione registrata dal gettito tributario. La
sostituzione fra spese ed entrate non è stata però virtuosa: contrariamente alle attese, il
ridimensionamento delle uscite ha, infatti, interessato la solo componente in conto
capitale. Inoltre, nella legislazione vigente, e prima dell’approvazione del DL 66/2014,
l’impostazione della manovra di finanza pubblica non accoglie l’esigenza di costruire
un bilancio pubblico con meno spese e meno entrate. Al contrario, i provvedimenti
adottati nel 2013 (vedi tavola 4) determinano un aumento della dimensione della spesa
e delle entrate, per, rispettivamente, 4,6 e 3,3 miliardi. Il DL 66 sposa un’impostazione
diversa, finanziando il bonus fiscale con una revisione della spesa corrente. Rafforzare
questa direzione di marcia permetterebbe di compiere quella scelta decisa, in termini di
ricomposizione del bilancio pubblico, che ha mancato di concretizzarsi nel corso del
2013. Anche questo passaggio costituirebbe, per la politica di bilancio italiana,
un’innovazione fondamentale.
11. Nella legislazione vigente, la manovra di finanza pubblica conserva, anche
nel 2014, una stance restrittiva, ma di lieve entità (0,2 per cento del Pil, grafico 3); dal
lato delle entrate, sono in vigore misure di aumento per 2 miliardi (grafico 4). Nel
confronto con il passato biennio, l’impostazione della manovra di bilancio si avvicina,
dunque, alla soglia di neutralità, una condizione propedeutica al consolidamento del
ciclo economico. Non si può, tuttavia, mancare di considerare come il potenziale di
sviluppo dell’economia italiana si sia, in questi anni di crisi, fortemente ridimensionato.
Lo testimoniano gli stessi valori programmatici di crescita, del tutto insufficienti a
prefigurare un ritorno del prodotto ai livelli pre-crisi. In presenza di vincoli stringenti
sui livelli di indebitamento, una spinta alle prospettive di sviluppo può venire
dall’effettiva attuazione di un percorso di riforme ad ampio spettro, volto a rimuovere
le cause del differenziale di crescita che penalizza, da molti anni, l’economia italiana
nel confronto internazionale. Una simile azione potrà consentire, già nel 2014, di
conciliare più facilmente gli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica e di
rafforzamento dl ciclo economico.
IL PAREGGIO STRUTTURALE DEL BILANCIO E IL PERCORSO DI RIENTRO
DELL’ITALIA
Le nuove regole europee
12. Le nuove regole europee, accolte nel dettato costituzionale italiano con la
legge 243/2012, fissano gli obiettivi di indebitamento pubblico non più in termini
nominali, ma nei valori cosiddetti strutturali. Questi ultimi sono ricavati sottraendo al
saldo di bilancio, oltre alle componenti una tantum, la componente ciclica, ossia quella
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
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2014 Sezioni riunite in sede di controllo
16
parte attribuibile alle oscillazioni dell’economia intorno al tasso di crescita potenziale.
Dal punto di vista metodologico l’applicazione delle nuove regole richiede, dapprima
di calcolare lo scostamento fra i livelli del Pil potenziale e del Pil effettivo (output gap),
poi di misurare l’impatto di tale scostamento sul saldo di bilancio. Il riquadro “La
metodologia europea per il calcolo del saldo strutturale” fornisce una illustrazione di
dettaglio sulla metodologia usata, a tal fine, dalla Commissione europea e adottata dai
paesi dell’Eurozona.
Dal punto di vista del funzionamento, le regole europee operano imponendo il
vincolo di un saldo strutturale in pareggio. Per definizione, questo comporta che le
uniche variazioni ammesse nel livello del bilancio pubblico siano quelle di natura
ciclica, indotte dal funzionamento degli stabilizzatori automatici. Salvo specifiche
eccezioni, ciò implica che eventuali politiche discrezionali possano essere attuate
soltanto attraverso una ricomposizione del bilancio, non per il tramite di un intervento
sul saldo. All’interno della nuova governance europea, il tema di una diversa
distribuzione della risorse, per livelli dati di indebitamento nominale, si appresta a
divenire centrale.
In espansione, quando gli stabilizzatori automatici operano in direzione di un
rafforzamento del bilancio (tramite, ad esempio, un aumento del gettito o una riduzione
della spesa per ammortizzatori sociali) l’indebitamento nominale dovrà costantemente
migliorare in quota di Pil. Per l’Italia, secondo la misura di elasticità del bilancio
pubblico al ciclo economico utilizzata dalla Commissione, la dimensione del
miglioramento deve essere pari a 0,55 punti per ogni punto di riduzione dell’output
gap. Non sono previsti limiti superiori a questo meccanismo: in presenza di un ciclo
espansivo molto lungo, il saldo di bilancio potrebbe raggiungere valori positivi anche
elevati.
In recessione, è ammesso il movimento opposto, per cui il saldo di bilancio
nominale può peggiorare. In questo caso vi è, però, un limite inferiore: il disavanzo
non può oltrepassare il 3 per cento del Pil, il primigenio parametro del Trattato di
Maastricht. In ogni caso, non è ammessa una deviazione eccessiva dall’obiettivo di
medio termine.
Il meccanismo funziona a partire dal momento in cui viene conseguito il pareggio
del saldo strutturale. Ai paesi che, come l’Italia, ancora non hanno raggiunto questo
obiettivo, è imposto un percorso di rientro, che richiede livelli minimi di correzione
anche in presenza di un approfondimento dell’ouptut gap. Quando ciò si verifica, la
politica di bilancio assume un orientamento pro-ciclico.
L’aggiustamento minimo richiesto all’Italia è di almeno 0,5 punti annui. E’
possibile rinviare tale aggiustamento, ma solo nel caso sia possibile invocare la
presenza di “circostanze eccezionali”, come fatto dal Governo italiano in
considerazione della profondità raggiunta, lo scorso anno, dall’output gap. Il rinvio non
fa, comunque, venir meno l’esigenza della correzione. Il DEF 2014 indica, infatti, la
ripresa del percorso di rientro già a partire dal 2015.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
17
LA METODOLOGIA EUROPEA PER IL CALCOLO DEL SALDO STRUTTURALE
La definizione di saldo strutturale. Formalmente, la metodologia opera la seguente
scomposizione:
1 )
dove il saldo strutturale (Is), non osservabile, è definito come differenza fra
l’indebitamento nominale (In), rilevato dalle statistiche ufficiali Istat e la sua componente
ciclica (Ic), a sua volta misurata come prodotto fra l’output gap e un coefficiente di
elasticità del bilancio pubblico al ciclo economico:
2)
dove OG è l’output gap e μ è il coefficiente di elasticità. Nessuno di questi due termini è
osservabile. Essi devono essere computati con apposita metodologia.
L’output gap. Esso è definito come scostamento percentuale del Pil dal suo livello
potenziale:
3)
dove Y* è il prodotto potenziale, a sua volta definito attraverso la seguente funzione di
produzione Cobb- Douglas:
4)
Al’interno dell’equazione che definisce il prodotto potenziale, K è posto uguale al suo
livello effettivo ed è dunque una variabile osservata. L e TFP sono invece stimate
attraverso apposite equazioni.
La stima di L. Il contenuto di lavoro all’interno di Y* è specificato nel seguente modo:
5)
Dove POP è la popolazione in età di lavoro, TP e il tasso di partecipazione, NAWRU è il
tasso di disoccupazione compatibile con la stabilità dell’inflazione salariale e H sono le
ore lavorate. Fra queste variabili, il NAWRU non è osservabile. A parità di altre
condizioni, l’input di lavoro e il prodotto potenziale saranno tanto più bassi quanto più
bassi sono la popolazione in età lavorativa, il tasso di partecipazione e le ore lavorate e
quanto più elevato è il valore del NAWRU.
La formulazione proposta mira a cogliere diversi aspetti capaci di influire sul livello del
prodotto potenziale dal lato del mercato del lavoro. In particolare, le variabili POP e TP
danno misura, rispettivamente, di fattori demografici e istituzionali, mentre attraverso il
NAWRU vengono distinte le componenti strutturale e ciclica della disoccupazione,
essendo solo la prima a entrare nel computo del Pil potenziale. L’utilizzo del NAWRU
implica che, all’interno del modello, la disoccupazione strutturale sia definita in base alla
sua neutralità rispetto al tasso di inflazione, richiamando in questo modo il concetto di
tasso naturale.
Dal punto di vista computazionale, POP e TP sono introdotti nell’equazione come valori
di trend calcolati attraverso il filtro HP, mentre il NAWRU è stimato attraverso un filtro
di Kalman applicato alla curva di Phillips. Per quest’ultima viene adottata la seguente
specificazione:
6)
Dove w sono i salari, pr, ws e tot sono tre variabili esogene rappresentati la produttività,
la quota dei salari sul valore aggiunto e le ragioni di scambio. L’equazione ammette che
la dinamica salariale di equilibrio possa essere modificata da shock su queste tre
componenti esogene. Per il resto, si richiede che i salari diminuiscano, in base
all’elasticità β, quando il tasso di disoccupazione (u) sale al di sopra del NAWRU e
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
18
viceversa.
Il grafico seguente illustra i valori del NAWRU secondo le ultime elaborazioni della
Commissione europea, ponendoli a confronto con i livelli effettivi del tasso di
disoccupazione. Tra il 2000 e il 2011, il NAWRU è rimasto all’interno di un intervallo di
un punto e mezzo, compreso fra un massimo del 9 per cento e un minimo del 7,5 per
cento. Nel biennio 2012-2013 si osserva invece un balzo di due punti, che porta al valore
di massimo del periodo, pari al 10.4 per cento. Nel confronto con il tasso di
disoccupazione, tra il 2004 e il 2011, il NAWRU si è collocato al di sopra di quest’ultimo,
indicando condizioni di tensione sul mercato del lavoro. Uno stato di sotto occupazione si
osserva solo nei periodi 2000-2002 e 2012-2013.
ITALIA: NAWRU E TASSO DI DISOCCUPAZIONE
Fonte: Fonte: Commissione europea, Spring forecasts 2014,banca dati Ameco e Istat.
La stima di TFP. La TFP è il residuo della funzione di produzione, che viene
canonicamente considerato come una misura di efficienza del sistema. Per scomporre la
componente di trend da quella ciclica, si utilizza la seguente definizione:
7)
dove il primo termine è il prodotto ponderato dell’efficienza del lavoro e del capitale,
mentre il secondo termine misura il grado di utilizzo dei due fattori. L’idea è che, dato un
trend di lungo periodo dell’efficienza produttiva, questo assuma oscillazioni cicliche
misurabili attraverso il grado di utilizzo dei fattori. Dal momento che il NAWRU fornisce
già una misura di utilizzo del lavoro, nella stima la componente ciclica di TFP viene
espressa rispetto al grado di utilizzo del capitale, secondo una relazione identificata
attraverso un filtro di Kalman.
L’andamento filtrato della TFP è riportato, su scala logaritmica, nel grafico 2. Secondo
questa elaborazione, l’efficienza dell’economia italiana sarebbe aumentata fra il 2000 e
il 2004, per poi diminuire nel biennio 2005-2006. Fra il 2007 e il 2010 si sarebbe avuta
una stabilizzazione, che ha lasciato il posto, nell’ultimo triennio (2011-2013), a
un’accentuata flessione. A fine periodo, il livello della TFP risulterebbe comunque
superiore a quello dell’inizio del passato decennio.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
19
ITALIA: LIVELLI DI TFP (LOGARITMI)
-7.1280
-7.1270
-7.1260
-7.1250
-7.1240
-7.1230
-7.1220
-7.1210
-7.1200
20002001200220032004200520062007200820092010201120122013
Fonte: Commissione europea, Spring forecasts 2014, banca dati Ameco e Istat.
L’elasticità al ciclo del bilancio pubblico. Come abbiamo visto, la sensibilità al ciclo del
bilancio pubblico è misurata attraverso un unico parametro basato sul concetto di semi-
elasticità, applicato direttamente alla misura dell’output gap. Questa formulazione,
estremamente semplice, nasconde un lavoro di maggior dettaglio fatto sulle singole voci
del bilancio e sulle loro determinanti macroeconomiche. Dalle singole elasticità è ricavato
un valore medio (pari per l’Italia a 0,55), che rappresenta il parametro µ utilizzato per
misurare la componente ciclica del bilancio pubblico italiano.
Le entrate sono la parte del bilancio pubblico che risponde maggiormente alle oscillazioni
del ciclo. La metodologia ripresa dall’Ocse contempla una misurazione dell’elasticità delle
entrate rispetto alle varie basi imponibili. L’elasticità è superiore a 1 nel caso di imposte
sul reddito che abbiano una struttura progressive, mentre è indicata pari o vicina all’unità
per le tasse sui profitti e per le imposte indirette. Nel caso dei contributi sociali, viene
misurata un’elasticità inferiore a 1. Dal lato delle spese, la componente ciclica è molto
meno pronunciata per l’insieme dei paesi europei e sostanzialmente nulla per l’Italia, dove
le risorse per il sostegno della disoccupazione sono state, in passato, molto basse.
Simulazioni numeriche
13. Una rappresentazione degli ipotetici valori di indebitamento nominale
ammessi sotto la nuova regola europea è riportata nel grafico 1, dove è stato
considerato l’intervallo di output gap effettivamente misurato dalla Commissione per
l’Italia nel periodo 1965-2013 (compreso fra un minimo di -4,5 per cento toccato nel
1965 e un massimo di 3,3 per cento raggiunto nel 1989; nel 2013 l’ouput gap si è
collocato in prossimità del minimo storico, su un livello del 4,3 per cento).
Considerando questo intervallo di oscillazione come rappresentativo anche del ciclo
economico futuro, l’indebitamento nominale italiano potrebbe risultare compreso, sotto
l’operare delle regole europee, fra un disavanzo massimo del 2,5 per cento del Pil e un
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
20
surplus di quasi il 2 per cento. Con riferimento al primo valore, si può osservare come
il limite del 3 per cento risulti quindi già “superato” nel funzionamento della regola.
Con riferimento ai valori di surplus, si può osservare come il valore di massimo
riportato nel grafico (1,9 per cento) sia molto vicino al dato del 1925, quando
l’indebitamento nominale italiano registrò un avanzo dell’1,7 per cento, il più elevato
della serie storica dall’Unità a oggi. Va altresì osservato che, in oltre 150 anni, il
bilancio pubblico italiano è stato in surplus solo 16 volte, l’ultima delle quali proprio
nel 1925.
GRAFICO 1
MASSIMI VALORI DI INDEBITAMENTO NOMINALE AMMESSI IN PRESENZA DI DIVERSI LIVELLI DI OUTPUT GAP
-3
-2.5
-2
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
2
2.5
-4.5 -4 -3.5 -3 -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5
Indebitamentonominaleammesso
Output gap
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea, banca dati Ameco.
Venendo al saldo strutturale, il grafico 2 ne riporta l’andamento di lungo periodo,
calcolato applicando alla serie storica dell’indebitamento del Fmi i valori di output gap
elaborati dalla Commissione. La ricostruzione è possibile per il periodo 1965-2013. In
questo lungo arco di tempo il saldo strutturale è stato in pareggio solo nel 1966 ed è
rimasto al di sopra dello 0,5 per cento solo nel 1965 e nel 2013. A seguito della forte
correzione impressa nel passato biennio, l’attuale livello di indebitamento strutturale è
pertanto già molto basso nella prospettiva storica. Per gli anni a venire, la regola
europea impone un suo ulteriore ridimensionamento.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
21
GRAFICO 2
SALDO STRUTTURALE DELL’ITALIA: UNA PROSPETTIVA DI LUNGO PERIODO
-14.0
-12.0
-10.0
-8.0
-6.0
-4.0
-2.0
0.0
2.0
1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010
Fonte: Elaborazioni su dati Fmi e Commissione europea, banca dati Ameco.
Il grafico 3 offre un’ulteriore evidenza, illustrando la relazione venutasi a
determinare, nel periodo 2011-2016, fra le variazioni dell’output gap e del saldo
strutturale. Queste ultime rappresentano l’indicatore ufficiale della stance di politica di
bilancio utilizzata dalla Commissione. I dati sono ripresi dal DEF e rappresentano, per
il 2014-2016 il percorso programmatico tracciato dal governo. La manovra di finanza
pubblica ha una stance restrittiva (segno negativo) per tutto il periodo,
indipendentemente dal fatto che la fase ciclica sia recessiva (2012-2013). La manovra
di finanza pubblica è dunque stata fortemente pro-ciclica nel 2012-2013, è attesa
divenire anti-ciclica nel 2014-2015, dovrebbe essere neutrale nel 2016 (quando
verrebbe raggiunto il pareggio strutturale).
GRAFICO 3
VARIAZIONI DELL’OUTPUT GAP E STANCE DI POLITICA FISCALE
-2.5
-2
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
2012 2013 2014 2015 2016
Variazioni ouput gap Variazioni saldo strutturale del bilancio pubblico
Fonte: elaborazioni su dati DEF 2014.
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
22
L’evidenza mostra come l’adozione di una regola di pareggio del saldo strutturale
possa tradursi in una rivoluzione copernicana per la politica di bilancio italiana. Per la
prima volta, si eserciterà infatti un vincolo stringente nelle fasi espansive del ciclo,
imponendo la realizzazione di avanzi di bilancio che potrebbero avvicinare il 2 per
cento del Pil. Le variazioni del saldo, inoltre, potranno essere determinate solo
dall’azione degli stabilizzatori automatici, mentre interventi di natura discrezionale
potranno essere realizzati soltanto attraverso una ricomposizione del bilancio pubblico.
La disciplina è rafforzata verso il basso, nel senso che, anche in fasi recessive,
l’indebitamento non potrà comunque superare il 3 per cento del Pil.
Abbiamo inoltre osservato come, nonostante le attuali condizioni della finanza
pubblica italiana siano, in termini di saldo strutturale, le migliori dalla metà dagli anni
Sessanta, esse ancora non soddisfino il criterio europeo del pareggio. Uno sforzo
correttivo aggiuntivo di mezzo punto di Pil (0,8 decimi secondo le ultime proiezioni
della Commissione) è ancora necessario. Il valore è apparentemente piccolo, ma
occorre considerare che nel passato triennio è già stata realizzata una correzione di 3
punti; il costo marginale di una nuova manovra potrebbe rivelarsi elevato.
Nel nuovo impianto di governance europea, la stringenza del vincolo di bilancio
per il nostro paese non si esercita, quindi, solo nel funzionamento a regime della regola,
quanto nel fatto che, proprio per andare a regime, ossia per pareggiare il saldo
strutturale, viene richiesto un aggiustamento in presenza di un output gap ancora
profondamente negativo e di livelli di disoccupazione collocati su valori di massimo
storico.
Simulazioni econometriche
Per meglio inquadrare la questione dal punto di vista quantitativo, sono state
condotte alcune simulazioni econometriche, volte a misurare l’impatto di shock
favorevoli di crescita sul percorso di rientro del saldo strutturale. Sono stati effettuati, a
tal fine, tre esercizi con il modello econometrico del CER, adattato per incorporare la
metodologia di calcolo dell’output gap utilizzata dalla Commissione. Gli shock
considerati sono i seguenti:
shock 1: rimodulazione del bilancio pubblico secondo le indicazioni contenute nel
programma #lasvoltabuona;
shock 2: adozione di misure di incentivazione degli investimenti in ricerca e
sviluppo;
shock 3: riforma del mercato del lavoro e dei prodotti;
Il primo shock simula gli effetti di un ampio spettro di misure di espansione del
bilancio pubblico (bonus 80 euro, riduzione IRAP, investimenti in edilizia scolastica,
ulteriori pagamenti debiti PA), coperti attraverso tagli di spesa, introiti associati a
rientro capitali, maggiore Iva generata dal pagamento debiti PA, aumento tassazione
sulle rendite finanziarie e incremento di altre entrate in conto capitale. Nello
svolgimento dell’esercizio si è, inoltre, supposto che i tagli di spesa colpiscano
effettivamente fenomeni di spreco e che, di conseguenza, essi possano favorire un
aumento di efficienza della PA. Assimilando questo aumento di efficienza a un
incremento della produttività, l’esercizio incorpora una riduzione della dinamica del
deflatore dei consumi pubblici rispetto allo scenario di base. Per tutto il periodo
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
23
considerato, è stato imposto il vincolo dell’invarianza del saldo nominale, per cui le
misure di tipo espansivo hanno sempre, nell’esercizio, una piena copertura. E’ stata
così simulata una manovra di ricomposizione del bilancio pubblico che genera i suoi
effetti espansivi non attraverso la variazione del saldo, ma per l’operare di valori
diversi dei moltiplicatori fiscali. In particolare, nell’esercizio, risultano più elevati i
valori dei moltiplicatori dell’imposizione diretta e degli investimenti pubblici (che
agiscono in senso espansivo) rispetto a quelli delle entrate in conto capitale e della
tassazione sulle rendite finanziarie (che incidono invece in senso restrittivo). L’effetto
demoltiplicativo delle riduzioni di spesa è invece attenuato dal ricordato miglioramento
di efficienza della macchina amministrativa.
Il secondo shock è molto più semplice. L’impulso è trasmesso da un aumento
delle agevolazioni fiscali concesse agli investimenti in R&S, che genera un maggiore
indebitamento iniziale. Il canale di trasmissione è rappresentato da un aumento della
produttività del lavoro, innescato dai maggiori investimenti in ricerca. L’esercizio
simula, dunque, un’espansione del bilancio pubblico, ossia un impulso di domanda,
che genera però effetti virtuosi diretti sul lato dell’offerta.
Il terzo shock misura gli effetti di un programma di riforme volto a rendere più
efficiente il funzionamento del mercato del lavoro e dei prodotti. Gli effetti sulla
domanda di questo programma sono stati ricavati dal DEF 2014 (tavola III.8 del
Programma di stabilità). Ad esso si è aggiunto un impulso diretto sulla produttività
totale dei fattori (TFP), pari all’1 per cento nel primo anno di simulazione e allo 0,2 per
cento nei successivi periodo. La considerazione di un aumento di TFP è giustificata
dalla natura stessa di un programma di efficientamento dei mercati, che ha fra i suoi
obiettivi proprio quello di accrescere la produttività del sistema. Per altro verso, lo
shock su TFP serve per adattare l’esercizio alla logica del modello di determinazione
dell’output gap adottato dalla Commissione europea. In questo modello, il Pil
potenziale costituisce una funzione ritardata del Pil effettivo. Impulsi che agiscono
sulle sole componenti di domanda hanno quindi, per costruzione, effetti maggiori sul
Pil effettivo che sul Pil potenziale, determinando una riduzione dell’output gap e, a
parità di indebitamento nominale, un peggioramento del saldo strutturale. Considerare
uno shock diretto su TFP consente di aumentare direttamente il Pil potenziale e di
superare questo limite.
I risultati degli esercizi in termini di crescita, output gap, indebitamento nominale
e saldo strutturale sono stati confrontati con il profilo programmatico assunto nel DEF
2014.
La crescita. Tutte le simulazioni conducono a una maggiore crescita, anche se con
tempi e intensità diverse. E’ interessante osservare come una manovra di
ricomposizione del bilancio pubblico avrebbe effetti del tutto analoghi a quelli
associabili a un programma di riforma dei mercati. In entrambi i casi, a fine periodo il
livello del Pil effettivo risulterebbe superiore di un punto e mezzo rispetto al scenario di
base. Il primo shock ha inoltre effetti più rapidi, mentre gli impulsi dello shock 3
tendono ad aumentare nella seconda parte del periodo di simulazione. Allo shock 2 è
riconducibile un aumento di crescita di entità più modesta (0,5 punti a fine periodo).
A questi andamenti corrispondono differenze significative in termini di output
gap (grafico 5). Il vuoto di prodotto si riduce nel caso degli shock 1 e 2. La ragione è
quella indicata in precedenza. Anche se significativa (come nello shock 1),
un’accelerazione della crescita che passa attraverso le componenti di domanda
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
24
trasmette impulsi ritardati sul Pil potenziale. Lo stesso avviene se un miglioramento dal
lato dell’offerta, come quello che si ha nel caso di un aumento della produttività del
lavoro, aumenta la crescita attraverso un rafforzamento delle componenti della
domanda (nel caso dello shock 2, investimenti ed esportazioni). L’output gap aumenta,
invece, nello shock 3, che agisce direttamente sul Pil potenziale. Equivalenti in termini
di impulsi trasmessi alla crescita effettiva, gli shock 1 e 3 si differenziano, quindi, per
avere effetti opposti sul livello di output gap.
GRAFICO 4
VARIAZIONI CUMULATE DEL PIL SOTTO DIVERSI SHOCK
100.0
101.0
102.0
103.0
104.0
105.0
106.0
107.0
108.0
t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5
Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3
Fonte: modello econometrico CER.
GRAFICO 5
LIVELLI DELL’OUTPUT GAP SOTTO DIVERSI SHOCK
-5.0
-4.0
-3.0
-2.0
-1.0
0.0
1.0
2.0
t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5
Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3
Fonte: modello econometrico CER.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
25
L’indebitamento e il saldo strutturale. Il grafico 6 riporta i risultati delle
simulazioni per l’indebitamento nominale. Non si osservano scostamenti significativi
rispetto allo scenario di base. Nel caso dello shock 1 la differenza è nulla per
costruzione; negli altri esercizi l’indebitamento migliora lievemente, con un avanzo, a
fine periodo, superiore di un decimo di punto rispetto allo scenario programmatico.
Molto più importanti sono gli effetti sul saldo strutturale (grafico 7). Quest’ultimo
aumenta nel caso dei primi due esercizi, allontanandosi dal pareggio. Particolarmente
rilevante è l’allontanamento dall’obiettivo del pareggio nel caso del primo shock. Trova
così una misurazione compiuta il fatto, già evidenziato, che all’interno del nuovo
modello di governance europea il miglioramento delle condizioni di crescita non
allevia il vincolo di finanza pubblica imposto attraverso il pareggio del saldo
strutturale. Rispetto a uno scenario di base, è necessario che a una crescita più robusta
corrispondano miglioramenti più robusti del saldo nominale, un risultato a cui sarebbe
possibile giungere lasciando operare pienamente gli stabilizzatori automatici del
bilancio pubblico.
Il saldo strutturale migliora invece, sensibilmente, nel caso del terzo shock,
passando in attivo già al tempo t+2. In questo caso, si aprirebbe quindi lo spazio per
una manovra espansiva del bilancio, volta ad avvicinare, ma in questo caso dall’alto,
l’obiettivo del pareggio. Ciò significa che, all’interno dello schema europeo, una
discrezionalità sul livello dell’indebitamento nominale può essere recuperata solo dopo
essere riusciti a stimolare un aumento del prodotto potenziale.
GRAFICO 6
VALORI DI INDEBITAMENTO NOMINALE SOTTO DIVERSI SHOCK
-3.5
-3.0
-2.5
-2.0
-1.5
-1.0
-0.5
0.0
0.5
1.0
t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5
Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3
Fonte: modello econometrico CER.
I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
26
GRAFICO 6
VALORI DEL SALDO STRUTTURALE SOTTO DIVERSI SHOCK
-1.0
-0.8
-0.6
-0.4
-0.2
0.0
0.2
0.4
0.6
t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5
Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3
Fonte: modello econometrico CER.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 27
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI
BENCHMARKING
1. Come si è ampiamente documentato negli ultimi due “Rapporti”1
, il livello
eccezionalmente elevato raggiunto dal debito pubblico costringerà nei prossimi anni la
nostra finanza pubblica entro un percorso molto stretto; per alcuni lustri occorrerà
mantenere consistenti avanzi primari, cioè saldi positivi fra le entrate e le spese al netto
degli interessi. Altrimenti detto, la finanza pubblica preleverà dall’economia una
quantità di risorse maggiore di quella che renderà in forma di beni e servizi ovvero di
trasferimenti. In un contesto siffatto, la discussione intorno a quantità e qualità della
spesa pubblica si fa cruciale: è opinione ormai che simili ripetuti e consistenti avanzi
primari non potranno essere raggiunti attraverso incrementi di una già eccezionalmente
elevata pressione fiscale, ma andranno invece perseguiti attraverso manovre di
riduzione della spesa.
In linea astratta, una riduzione della spesa pubblica può anzitutto partire da quelli
che nel linguaggio corrente vengono chiamati “sprechi”: buona parte della produzione
pubblica di beni e servizi è sottratta alle pressioni competitive; in tale situazione, è
ragionevole presumere che il processo produttivo si allontani dalla frontiera efficiente, e
quindi che una stessa quantità e qualità di prodotto potrebbe essere ottenuta, in un’ottica
di stretta misurazione economica, con quantità minori di inputs. La difficoltà di questo
approccio consiste nel fatto che non è immediatamente verificabile dove si
collocherebbe la frontiera efficiente, proprio perché nella generalità dei casi si tratta di
produzioni che non hanno equivalenti di mercato.
Altra strada possibile è quella di ridurre la quantità di beni e servizi prodotti. Ad
esempio, al principio degli anni ’90 fu assunta la decisione che il settore pubblico non si
sarebbe più occupato di produzioni alimentari ovvero di servizi assicurativi di massa. In
questo caso, la puntuale quantificazione dei risparmi di spesa raggiungibili è
strettamente legata alle scelte politiche in ordine all’estensione dell’intervento pubblico,
scelte politiche che di volta in volta possono mutare.
La terza strada, quella che prevede la riduzione della qualità di beni e servizi
prodotti, viene in generale esclusa, anche se in pratica talora perseguita: si pensi per
esempio alle “code” che si generano per l’accesso ad alcuni servizi pubblici, e che in
sostanza configurano un peggioramento del servizio prestato, spesso conseguenza della
riduzione delle risorse allocate.
Tutte le vie di riduzione della spesa sommariamente descritte presentano serie
difficoltà di quantificazione a-priori. Ecco perché può essere utile ricorrere ai confronti
internazionali: quante risorse destinano a determinate funzioni pubbliche paesi a noi
simili, con i quali amiamo confrontarci e con i quali al tempo stesso competiamo sui
mercati? E’ ovvio che ciascun contesto economico ed istituzionale presenta sue
specificità, quindi non bisogna pretendere da tali confronti più di quanto essi possono
dare. E tuttavia, in mancanza di meglio, da questi confronti è possibile almeno giungere
a individuare le aree di spesa sulle quali è opportuno poi approfondire l’analisi micro-
economica per giungere alle riduzioni di spesa desiderate.
1
Cfr. Corte dei conti – Sezioni Riunite in sede di controllo, “Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza
pubblica”, maggio 2012, pp. 21-29, e Corte dei Conti – Sezioni Riunite in sede di controllo, “Rapporto 2013 sul
coordinamento della finanza pubblica”, maggio 2013, pp. 29-44.
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
28
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Nel presente contributo l’attenzione si volge ad un’analisi comparativa (con la
media della “Europa a 15” e con i principali paesi europei, cioè Germania, Francia,
Spagna e Regno Unito), non solo evidenziando i più importanti aggregati relativi alla
spesa pubblica (spesa totale della PA, spesa per interessi, spesa primaria) ma prestando
particolare attenzione alle statistiche della spesa pubblica secondo la classificazione
COFOG (Classification of Functions of Government)2
, quale riferimento essenziale per
il confronto tra i paesi europei nel quadro delle statistiche di finanza pubblica definite in
termini di contabilità nazionale.
2. L’andamento della spesa pubblica complessiva rispetto al PIL, nei paesi della
EU a 15 e nei principali paesi europei, per gli ultimi dieci anni disponibili (grafico 1),
evidenzia una crescita per tutti i paesi considerati (e per la media EU), in particolare
modo negli anni della crisi (2008-2012), ad eccezione della Germania. L’Italia, che nel
2002 presentava una quota di spesa pubblica rispetto al PIL sostanzialmente in linea con
la media EU (47,1 per cento rispetto a 46,7 per cento) e di quasi un punto più bassa
della Germania (47,9 per cento), si caratterizza, fino al 2008, per un aumento modesto
(+1,5 per cento) che comunque mantiene la spesa al di sotto del 50 per cento del
prodotto interno lordo. Negli anni successivi, in conseguenza della crisi e di una caduta
del PIL3
, la quota della spesa è salita al di sopra del cinquanta per cento, raggiungendo
l’apice nel 2009 (51,9 per cento) per assestarsi al 50,6 per cento nel 2012, quindi 3,5
punti percentuali superiore al 2002. Da rilevare l’importante incremento, nel periodo
considerato, della spesa pubblica della Francia (da 52,9 per cento a 56,6 per cento),
della Spagna (+8,9 per cento rispetto al periodo iniziale) e del Regno Unito (dal 40,9 per
cento al 47,9 per cento).
Va evidenziato l’andamento della spesa pubblica della Germania che, mentre
avviava un sostanziale piano di riforme riguardante il welfare e il mercato del lavoro4
,
ha ridotto negli anni 2003-2006 la spesa pubblica in rapporto al prodotto di più di tre
punti percentuali (43,5 per cento nel 2007); ciò le ha consentito di incrementare
considerevolmente, in funzione anticiclica, il livello della spesa negli anni della crisi,
fino al 48,3 per cento del 2009, per poi ritornare sui suoi passi fino al 44,7 per cento nel
2012, con una riduzione complessiva di 3,2 punti percentuali nel decennio.
Sostanzialmente negli anni 2002-2012 tutti i principali paesi hanno incrementato la
quota della spesa pubblica sul PIL ad eccezione della Germania.
2
La classificazione COFOG, recepita nel Sistema dei conti nazionali dal Regolamento CE 113/2002, che ha
emendato il SEC95, si articola in tre livelli successivi di dettaglio: Divisioni, Gruppi e Classi.
3
Tasso di crescita del PIL per i principali paesi europei: anni 2002-2012
Fonte dati: Eurostat, Gdp and mai component, percentage chenge of previous period.
4
Le riforme si sono caratterizzate per un’ampia riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali:
rafforzamento del collocamento, creazione dei cosiddetti mini-job, riduzione del sussidio di disoccupazione e la sua
limitazione nel tempo, alta flessibilità del lavoro, orario di lavoro ridotto a fronte di riduzione del salario, nella fase
più acuta della crisi.
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
EU 15 1,2 1,3 2,4 2,0 3,2 3,0 0,1 -4,6 2,0 1,5 -0,5
Germania 0,0 -0,4 1,2 0,7 3,7 3,3 1,1 -5,1 4,0 3,3 0,7
Spagna 2,7 3,1 3,3 3,6 4,1 3,5 0,9 -3,8 -0,2 0,1 -1,6
Francia 0,9 0,9 2,5 1,8 2,5 2,3 -0,1 -3,1 1,7 2,0 0,0
Italia 0,5 0,0 1,7 0,9 2,2 1,7 -1,2 -5,5 1,7 0,4 -2,4
Regno Unito 2,3 3,9 3,2 3,2 2,8 3,4 -0,8 -5,2 1,7 1,1 0,3
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 29
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
GRAFICO 1
ANDAMENTO SPESA PUBBLICA/PIL, ANNI 2002-2012
35,0
40,0
45,0
50,0
55,0
60,0
EU 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito
L’andamento della spesa corrente rispetto al PIL dei paesi considerati (più la
media EU) riflette sostanzialmente l’andamento della spesa totale. Tutti i paesi, ad
esclusione della Germania, hanno visto questo aggregato espandersi. L’Italia, che nel
2002 presentava un valore di 43,5 per cento, vicino al valore della media EU (43,2 per
cento), ha registrato un aumento di 5 punti percentuali; la Spagna di quasi 8 punti
percentuali, il Regno Unito di più di 6, la Francia di circa 3,5 punti.
Più interessante risulta l’analisi della spesa per interessi e, di conseguenza,
l’andamento della spesa primaria (cioè quella al netto degli interessi). La spesa per
interessi dell’Italia (tavola 1) era pari al 5,6 per cento del PIL nel 2002 e dopo essere
scesa fino a toccare il valore minimo nel 2010 (4,5 per cento), di nuovo nel 2012 ha
ampiamente superato il cinque per cento (5,4 per cento). La media della EU ha
presentato, per tutto il periodo considerato, valori intorno al 3 per cento.
TAVOLA 1
SPESA PER INTERESSI/PIL DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI
Fonte dati: Eurostat, Public government expenditures.
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
EU 15 3,2 3,0 2,9 2,8 2,7 2,8 2,9 2,7 2,8 3,0 3,0
Germania 3,0 3,0 2,9 2,8 2,9 2,8 2,8 2,7 2,5 2,5 2,4
Spagna 2,7 2,4 2,0 1,8 1,6 1,6 1,6 1,8 1,9 2,5 3,0
Francia 3,0 2,8 2,8 2,7 2,6 2,7 2,9 2,4 2,4 2,6 2,6
Italia 5,6 5,1 4,8 4,7 4,6 4,9 5,1 4,6 4,5 4,8 5,4
Regno Unito 2,0 1,9 1,9 2,1 2,0 2,2 2,2 1,9 2,9 3,3 3,0
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
30
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
La spesa al netto degli interessi (grafico 2) nel decennio considerato è aumentata
di 3,5 punti percentuali di PIL nella media EU, di 8,5 punti in Spagna, di 4,2 punti in
Francia, di sei punti nel Regno Unito; nel nostro Paese è aumentata di 3,7 punti
percentuali. Rispetto al 2002 quindi, di fronte a una quota di interessi sostanzialmente
stabile, l’Italia ha visto questo aggregato salire dal 41,5 per cento al 45,2 per cento.
L’unico grande paese che nel corso degli anni 2002-2012 ha ridotto l’incidenza della
spesa al netto degli interessi è stata la Germania, che l’ha abbassata di quasi tre punti
percentuali.
Fatto uguale a 100 il rapporto fra spesa primaria e prodotto nel 2002 si osserva
(tavola 2) che, dieci anni dopo, in Italia quel rapporto si colloca a 108,9, in linea con la
media dei paesi EU (108,0) e con la Francia (108,3), è inferiore rispetto al Regno Unito
(115,3) e alla Spagna (123,6). La sola Germania, fra i grandi paesi, ha visto questo
aggregato scendere rispetto al valore del 2002 (94,0).
GRAFICO 2
ANDAMENTO SPESA PRIMARIA AL NETTO DEGLI INTERESSI /PIL: ANNI 2002-2012
35,0
37,0
39,0
41,0
43,0
45,0
47,0
49,0
51,0
53,0
55,0
EU 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito
Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat.
TAVOLA 2
SPESA PRIMARIA/PIL DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI: BASE 2002 = 100
Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat.
Paese 2002 2007 2012
EU 15 100,0 98,9 108,0
Germania 100,0 90,5 94,0
Spagna 100,0 103,7 123,6
Francia 100,0 100,0 108,3
Italia 100,0 102,9 108,9
Regno Unito 100,0 105,6 115,3
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 31
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
3. Come accennato in precedenza, l’attenzione si concentra ora sulla ripartizione
della spesa pubblica secondo la classificazione, o meglio, le divisioni COFOG5
. Si
procede anzitutto, per l’anno 2012, a un confronto tra l’Italia e i principali paesi europei.
Successivamente si proseguirà con un esercizio di benchmarking: dall’analisi fin
qui condotta, appare abbastanza naturale scegliere come riferimento la Germania, cioè il
Paese dell’Unione che ha saputo far meglio, fra quelli qui considerati, negli anni della
crisi, e l’unico che ha ridotto in modo considerevole nel corso del decennio l’incidenza
della spesa pubblica sul prodotto. In particolare il riferimento scelto sarà costituito dalla
Germania del 2007, cioè dell’anno immediatamente precedente la grande crisi
economica che ha colpito l’economia globale. L’argomentazione sottostante tale scelta
considera come la Germania, allora “grande malato di Europa”, nei primi anni del
decennio considerato, cioè in una fase espansiva del ciclo mondiale, abbia avviato un
piano di importanti riforme che le ha consentito di abbassare considerevolmente il
rapporto spesa pubblica/PIL. E’ quindi giunta alla fine della fase ciclica espansiva e
all’avvio della grande crisi con una situazione di finanza pubblica che le ha consentito
una gestione anticiclica della spesa, senza che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio.
Come risultato, ha attraversato la crisi e ha affrontato la nuova fase di ripresa globale in
una situazione economica decisamente migliore sia della media dell’Unione, sia, in
particolare, di quella italiana. In appena un decennio, la “grande malata” è tornata ad
essere “la locomotiva” d’Europa. Sembra ragionevole che l’Italia si dia come obiettivo
di giungere al termine della fase espansiva dell’economia globale, che stentatamente si
avvia, con un livello della spesa in rapporto al prodotto simile a quello che la Germania
seppe raggiungere nel 2007.
TAVOLA 3
SPESA PUBBLICA TOTALE/PIL DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI, RIPARTITA NELLE DIVISIONI COFOG NEL
2012
Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat.
5
La classificazione COFOG (acronimo di Classification of Functions of Government), è articolata, al primo livello,
in Divisioni: 1) Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; 2) Difesa; 3) Ordine pubblico e sicurezza: 4) Affari
economici; 5) Protezione dell’ambiente; 6) Abitazioni e assetto territoriale; 7) Sanità; 8) Attività ricreative, culturali e
di culto; 9) Istruzione; 10) Protezione sociale.
COFOG EU 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito
Totale 50,1 44,7 47,8 56,6 50,6 47,8
Servizi generali 6,9 6,1 6,1 5,9 9,1 5,7
Difesa 1,3 1,1 1,0 1,9 1,4 2,3
Ordine pubblico e sicurezza 1,8 1,6 2,1 1,8 1,9 2,4
Affari economici 4,3 3,4 7,7 3,7 3,4 2,8
Protezione dell'ambiente 0,8 0,6 0,8 1,1 0,9 0,9
Abitazioni e assetto del territorio 0,8 0,5 0,4 1,9 0,7 0,8
Sanità 7,4 7,0 6,2 8,3 7,3 7,9
Servizi ricreativi, culturali e culto 1,1 0,8 1,3 1,4 0,7 1,0
Istruzione 5,0 4,3 4,5 6,1 4,2 6,0
Protezione sociale 20,6 19,4 17,7 24,4 21,0 17,9
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
32
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Nel 2012, come si è già osservato, e come risulta dalla tavola 3, l’Italia presenta
una quota della spesa pubblica sul PIL abbastanza in linea con la media EU a 15 (+0,5
per cento), inferiore, fra i paesi simili per grandezza e condizioni economiche, solo alla
Francia (-6 per cento) ma di quasi tre punti superiore al Regno Unito e alla Spagna e di
quasi 4 punti alla Germania. Nel dettaglio si osserva come l’Italia spenda di più, rispetto
alla media EU, per i Servizi generali (nei quali sono compresi gli interessi sul debito) e
per la Protezione sociale (+0,4 per cento); spenda di meno per gli Affari economici (-
0,9 per cento), per i Servizi ricreativi, culturali e di culto (-0,4 per cento), per
l’Istruzione (-0,8 per cento). Risultano sostanzialmente in linea le altre funzioni.
Data l’elevata entità della spesa per interessi del nostro Paese (come evidenziato
in precedenza) è opportuno fare riferimento alla spesa primaria e alla sua ripartizione
nelle funzioni COFOG.6
TAVOLA 4
SPESA PRIMARIA/PIL DELL’ITALIA E DELLA GERMANIA, RIPARTITA PER FUNZIONI, PER GLI ANNI 2002-2007-
2012
Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat, General government expenditure by function (COFOG).
La tavola 4 mostra, per gli anni 2002, 2007 e 2012, la spesa primaria dell’Italia e
della Germania. Una prima considerazione riguarda l’evidenza che nel 2002 il nostro
paese presentava una spesa primaria di 3,4 punti percentuali inferiore a quella tedesca e
che, in seguito alle riforme effettuate dalla Germania negli anni 2003-2006 si è assistito
ad un’inversione, con la spesa primaria italiana che è aumentata (42,7 per cento nel
6
L’informazione sulla distribuzione funzionale della spesa per interessi non è disponibile ma, poiché gli interessi
passivi costituiscono, la totalità delle spese per redditi da capitale (di cui si conosce invece la ripartizione per
funzioni) è possibile ricavare, per sottrazione, la spesa primaria. La spesa per redditi da capitale si concentra, per più
del 90 per cento, sulla prima COFOG (Servizi generali). Analoghe considerazioni valgono per gli altri paesi
(Ministero dell’economia e delle finanze, “La spesa pubblica in Europa: metodi, fonti, elementi per l’analisi –
dicembre 2011).
Italia Germania
2012 2012
Totale 5,4 2,4
Servizi generali 5,3 2,4
Spesa totale al netto degli interessi Germania Germania Germania Italia Italia Italia
classificata per COFOG 2002 2007 2012 2002 2007 2012
Totale 44,9 40,7 42,3 41,5 42,7 45,2
Servizi generali 3,1 3,0 3,7 3,9 3,7 3,8
Difesa 1,1 1,0 1,1 1,1 1,3 1,4
Ordine pubblico e sicurezza 1,7 1,5 1,6 2,0 1,9 1,9
Affari economici 4,1 3,2 3,4 4,1 3,9 3,4
Protezione dell'ambiente 0,6 0,5 0,6 0,9 0,8 0,9
Abitazioni e assetto del territorio 1,1 0,8 0,5 0,1 0,7 0,7
Sanità 6,9 6,5 7,0 6,3 6,8 7,3
Servizi ricreativi, culturali e culto 0,9 0,8 0,8 0,9 0,9 0,7
Istruzione 4,2 3,9 4,3 4,7 4,6 4,2
Protezione sociale 21,2 19,4 19,4 17,6 18,1 21,0
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 33
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
2007) rispetto a quella tedesca che è scesa (40,7 per cento). Nel 2012 l’Italia presentava
una spesa primaria di 3,7 punti percentuali superiore al 2002, mentre la Germania di 2,6
punti percentuali più bassa.
4. Se prendiamo l’anno 2007 della Germania come benchmark (sulla base delle
ipotesi descritte in precedenza), abbiamo un’indicazione di quali siano le funzioni
COFOG nelle quali il nostro paese spende di più e il potenziale target di spesa.
Dalla tavola 5 si ricava che l’Italia spende nel 2012 di più di quanto la Germania
spendeva nel 2007 in tutte le funzioni ad esclusione della sesta (Abitazioni e assetto del
territorio, -0,1 per cento) e l’ottava (Servizi ricreativi, culturali e di culto (-0,1 per
cento).
Per le restanti funzioni, per avvicinarsi alla situazione tedesca del 2007, sarebbero
necessarie riduzioni, di differente entità, dall’1,6 per cento per la Protezione sociale,
allo 0,2 per cento per gli Affari economici, passando per lo 0,8 per cento del PIL per i
Servizi generali (escludendo la quota di interessi passivi) e la Sanità.
TAVOLA 5
DIFFERENZE TRA LA GERMANIA NEL 2007 E L’ITALIA NEL 2012, DELLA SPESA PRIMARIA/PIL PER FUNZIONI
COFOG E QUANTIFICAZIONE DEI POSSIBILI RISPARMI (IN % PIL)
Se la spesa pubblica complessiva italiana si collocasse sullo stesso livello
raggiunto dalla Germania nel 2007, essa sarebbe inferiore di 4,5 punti di PIL. Occorre
ricordare che di questa differenza circa 2,7 punti sarebbero già riassorbiti nel quadro
tendenziale presentato dal Governo con il Documento di economia e finanza 2014, entro
il 2018.
Germania Italia
COFOG 2007 2012
Totale 40,7 45,2 -4,5
Servizi generali 3,0 3,8 -0,8
Difesa 1,0 1,4 -0,4
Ordine pubblico e sicurezza 1,5 1,9 -0,4
Affari economici 3,2 3,4 -0,2
Protezione dell'ambiente 0,5 0,9 -0,4
Abitazioni e assetto del territorio 0,8 0,7 0,1
Sanità 6,5 7,3 -0,8
Servizi ricreativi, culturali e culto 0,8 0,7 0,1
Istruzione 3,9 4,2 -0,3
Protezione sociale 19,4 21,0 -1,6
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
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2014 Sezioni riunite in sede di controllo
5. Vediamo ora, partendo dalle funzioni COFOG che presentano i valori più
rilevanti, a quali sottosezioni (i cd. Gruppi) fanno riferimento gli scostamenti
evidenziati.
TAVOLA 6
SPESA PER SERVIZI GENERALI
La spesa per “Servizi Pubblici Generali” è, per la Germania, lo 0,8 per cento del
PIL inferiore a quella italiana (tavola 6). In particolare, nel nostro Paese sono
particolarmente elevati i costi relativi agli “Organi legislativi ed esecutivi, affari esteri,
fiscali e finanziari”, che pesano sul PIL un punto percentuale in più che in Germania.
TAVOLA 7
SPESA PER LA SANITÀ
La spesa sanitaria tedesca vale anch’essa lo 0,8 per cento del PIL meno della
spesa sanitaria italiana. Le voci più significative (tavola 7) evidenziano che il nostro
paese spende l’1,5 per cento di PIL in più per i servizi ospedalieri e lo 0,5 per cento in
più per i servizi non ospedalieri, mentre risultano considerevolmente inferiori le spese
per gli investimenti (attrezzature e apparecchiature), dello 0,9 per cento del PIL.
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Servizi pubblici generali 3,0 3,8 -0,8
di cui: Organi legislativi ed esecutivi, affari esteri, fiscali e finanziari 1,5 2,5 -1,0
Aiuti economici internazionali 0,1 0,1 0,0
Servizi generali 0,8 0,7 0,1
Ricerca di base 0,4 0,3 0,1
R & S per i servizi pubblici generali 0,0 0,0 0,0
Servizi pubblici generali 0,1 0,1 0,0
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Salute 6,5 7,3 -0,8
di cui: Prodotti, attrezzature e apparecchi sanitari 1,6 0,7 0,9
Servizi non ospedalieri 1,9 2,4 -0,5
Servizi ospedalieri 2,6 4,1 -1,5
Servizi di sanità pubblica 0,0 0,0 0,0
R & S per la sanità 0,1 0,1 0,0
Sanità n.a.ac. 0,4 0,1 0,3
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 35
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 8
SPESA PER LA PROTEZIONE SOCIALE
Per la “Protezione sociale” il nostro Paese spende, nel complesso, l’1,6 per cento
del PIL in più della Germania. Osservando la ripartizione per sotto settori si nota che la
Germania spende di più per disabili e malati (0,6 per cento), per la famiglia (0,3 per
cento) e per la disoccupazione (1,8 per cento); meno per pensioni di vecchiaia (4,6 per
cento) e reversibilità (0,8 per cento). Come già noto, risulta confermato che la spesa per
protezione sociale italiana è sostanzialmente concentrata sul sistema previdenziale; al
contrario quella tedesca è più focalizzata sugli ammortizzatori sociali e la famiglia.
Occorre peraltro considerare, che con il graduale manifestarsi degli effetti dei ripetuti
interventi sul sistema previdenziale pubblico, in futuro la spesa previdenziale italiana
risentirà meno di quella tedesca del progressivo invecchiamento della popolazione, e
quindi la differenza relativa alla quota di spesa destinata alla previdenza sarà destinata a
contrarsi.
6. Le tre funzioni illustrate nel paragrafo precedente (Servizi generali, Sanità e
Protezione sociale) sono quelle più significative totalizzando, nel complesso, un
ammontare di spesa in rapporto al PIL maggiore del 3,2 per cento rispetto alla
Germania. Ma anche riguardo ad altre funzioni emergono differenze significative.
Per quanto riguarda la Difesa (tavola 9) il nostro paese spende lo 0,4 per cento del
Pil in più della Germania, concentrati nella difesa militare.
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Protezione sociale 19,4 21,0 -1,6
di cui: Malattia e invalidità 2,5 1,9 0,6
Vecchiaia 9,5 14,1 -4,6
Superstiti 2,0 2,8 -0,8
Famiglia 1,4 1,1 0,3
Disoccupazione 2,8 1,0 1,8
Abitazioni 0,0 0,0 0,0
Esclusione sociale n.a.c. 0,3 0,1 0,2
R & S per la protezione sociale 0,0 0,0 0,0
Protezione sociale n.a.c. 0,8 0,0 0,8
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
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2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 9
SPESA PER LA DIFESA
TAVOLA 10
SPESA PER ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA
L’Italia spende uno 0,4 per cento del Pil in più anche in altre due funzioni
COFOG: Ordine pubblico e sicurezza (tavola 10) e Protezione dell’ambiente (tavola
11).
Nel primo caso risultano più elevate le spese relative ai servizi di polizia (0,5 per
cento) e per le carceri (0,1 per cento) mentre risultano di un decimo di PIL più basse le
spese per i tribunali.
Nell’ambito delle spese per la protezione dell’ambiente, invece, il nostro paese
spende più del doppio della Germania (lo 0,3 per cento) sia per il trattamento dei rifiuti
che per la protezione delle biodiversità e dei beni paesaggistici; presenta invece una
minore spesa per la riduzione dell’inquinamento (un decimo di Pil) e per il trattamento
delle acque reflue (due decimi).
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Difesa 1,0 1,4 -0,4
di cui: Difesa militare 0,8 1,3 -0,5
Difesa civile 0,0 0,0 0,0
Aiuti militari all'estero 0,1 0,0 0,1
R & S per la difesa 0,1 0,0 0,1
Difesa n.a.c. 0,0 0,0 0,0
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Ordine pubblico e sicurezza 1,5 1,9 -0,4
di cui: Servizi di polizia 0,7 1,2 -0,5
Servizi antincendio 0,2 0,2 0,0
Tribumali 0,4 0,3 0,1
Carceri 0,1 0,2 -0,1
R & S per ordine pubblico e sicurezza 0,0 0,0 0,0
Ordine pubblico e sicurezza n.a.c. 0,1 0,0 0,1
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 37
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 11
SPESA PER PROTEZIONE DELL’AMBIENTE
Le ultime due funzioni nelle quali la spesa italiana risulta maggiore di quella
tedesca sono l’Istruzione e gli Affari economici. Nell’ambito della prima (tavola 12), per
la quale l’Italia spende tre decimi di Pil, nel dettaglio delle sotto funzioni si rileva che la
spesa è più elevata per l’istruzione pre-scolastica e secondaria mentre è molto più bassa
per quella universitaria (circa la metà di quella tedesca).
TAVOLA 12
SPESA PER L’ISTRUZIONE
Nell’ambito degli “affari economici”, per i quali spendiamo due decimi di punto
di Pil in più dei tedeschi, si evidenzia una maggiore spesa del nostro Paese in particolare
per i Trasporti (0,5 per cento) e per la R & S, un decimo di punto in più si riscontra per
Agricoltura, silvicoltura, caccia e pesca e per le Attività estrattive, manifatturiere ed
edilizie. Al contrario spendiamo lo 0,6 per cento del Pil in meno per gli “Affari
economici, commerciali e del lavoro”.
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Protezione dell'ambiente 0,5 0,9 -0,4
di cui: Trattamento dei rifiuti 0,2 0,5 -0,3
Trattamento delle acque reflue 0,2 0,0 0,2
Riduzione dell'inquinamento 0,1 0,0 0,1
Protezione delle biodiversità e dei beni paesaggistici 0,0 0,3 -0,3
R & S per la protezione dell'ambiente 0,0 0,0 0,0
Protezione dell'ambiente n.a.c. 0,0 0,0 0,0
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Istruzione 3,9 4,2 -0,3
di cui: Istruzione pre-scolastica e primaria 1,0 1,5 -0,5
Istruzione secondaria 1,7 1,8 -0,1
Istruzione post-secondaria non superiore 0,1 0,1 0,0
Istruzione universitaria 0,8 0,4 0,4
Istruzione di diverso tipo 0,1 0,1 0,0
Servizi ausiliari dell'istruzione 0,2 0,2 0,0
R & S per l'istruzione 0,0 0,0 0,0
Istruzione n.a.c. 0,0 0,1 -0,1
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
38
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 13
SPESA PER GLI AFFARI ECONOMICI
Infine possiamo evidenziare le sottocategorie delle uniche due funzioni per le
quali la spesa italiana risulta leggermente più bassa di quella tedesca (di un decimo di
punto, in entrambi i casi) che, come abbiamo visto in precedenza, risultano essere
Abitazioni e assetto del territorio e Attività ricreative, culturali e di culto.
Per la prima delle due l’Italia spende un decimo in più per l’assetto territoriale,
l’approvvigionamento idrico e l’illuminazione stradale, mentre una minore spesa si
rileva per lo sviluppo delle abitazioni.
Per quanto riguarda la seconda funzione, invece, si rileva una minore spesa del
nostro paese per le attività ricreative e culturali e una maggiore spesa per i servizi di
culto e per la comunità.
Conclusioni
7. Nel presente capitolo si è condotta un’analisi comparativa tra il nostro Paese e i
principali paesi europei (Germania, Francia, Spagna e Regno Unito) con riferimento ai
principali aggregati di spesa pubblica (spesa complessiva, spesa per interessi e spesa
primaria), nel periodo 2002-2012.
Si è rilevato come in tutti i paesi (e per la media EU), ad eccezione della
Germania, nell’ultimo decennio la quota della spesa pubblica rispetto al Pil sia
cresciuta, in particolare negli anni della crisi economica e finanziaria.
E’ emerso come il nostro paese presentasse, all’inizio del periodo preso in esame,
una spesa primaria più bassa di quella tedesca (41,5 per cento rispetto a 45,0 per cento)
e come il rapporto risulti invertito al termine del 2012 (45,2 per cento l’Italia, 42,3 per
cento la Germania).
Infine, al fine di compiere una valutazione complessiva riguardo ai risparmi di
spesa teoricamente possibili, si è proceduto a un esercizio di benchmarking, assumendo
come riferimento la quota di prodotto che la Germania ha destinato al finanziamento
delle diverse funzioni pubbliche nel 2007.
L’argomentazione sottostante tale scelte considera come la Germania nei primi
anni del decennio considerato abbia avviato un piano di importanti riforme che l’ha
Anno 2007 2012
COFOG Germania Italia
Affari economici 3,2 3,4 -0,2
di cui: Affari generali economici, commerciali e del lavoro 0,7 0,1 0,6
Agricoltura, silvicoltura, pesca e caccia 0,2 0,3 -0,1
Combustibili ed energia 0,1 0,0 0,1
Attività estrattive, manifatturiere ed edilizie 0,3 0,4 -0,1
Trasporti 1,5 2,0 -0,5
Comunicazioni 0,0 0,0 0,0
Altri settori 0,1 0,2 -0,1
R & S per gli affari economici 0,1 0,3 -0,2
Affari economici n.a.c. 0,1 0,0 0,1
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat
differenze
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 39
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
condotta a ridurre considerevolmente il rapporto tra spesa pubblica e PIL. Ciò le ha
consentito, al giungere della crisi, nel 2008, una gestione anticiclica della spesa, senza
che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio. Come risultato, ha attraversato la crisi e ha
approcciato la nuova fase di ripresa globale in una situazione economica decisamente
migliore sia della media dell’Unione, sia, in particolare, di quella italiana. Sembra
ragionevole che l’Italia si dia come obiettivo di giungere al termine della fase espansiva
dell’economia globale che stentatamente si avvia, ragionevolmente cioè entro il
prossimo lustro, con un livello della spesa in rapporto al prodotto simile a quello che la
Germania seppe raggiungere nel 2007.
Sulla base di questa ipotesi, confrontando l’Italia del 2012 con la Germania del
2007, sono emerse significative differenze ma tutte riconducibili a scelte proprie del
modello nazionale.
E’ emerso come l’Italia spenda di più in otto delle dieci funzioni; la differenza è
particolarmente significativa per la Protezione sociale, la Sanità e i Servizi generali. Le
uniche aree nelle quali la spesa italiana risulta più bassa di quella tedesca sono quelle
relative alle Abitazioni e assetto del territorio e alle Attività ricreative, culturali e di
culto.
Complessivamente, se ciascuna funzione pubblica assorbisse nell’Italia di oggi la
stessa quota di Pil che assorbiva nella Germania del 2007, si realizzerebbero risparmi
pari al 4,5 per cento del Pil. Di questa differenza circa 2,7 punti sarebbero riassorbiti
entro il 2018, come previsto nel quadro tendenziale presentato dal Governo nel DEF
2014.
All’inizio del decennio scorso la Germania seppe cogliere l’occasione che le era
offerta da un periodo di forte espansione dell’economia globale per introdurre radicali
riforme del mercato del lavoro e per ridurre in modo sensibile il valore della propria
spesa pubblica.
In appena un decennio la “grande malata” è tornata ad essere “la locomotiva
d’Europa”, capace di fronteggiare meglio degli altri la crisi economica globale.
Oggi la Germania ha un reddito pro-capite (a prezzi correnti) che è del 21 per
cento superiore a quello italiano (nel 2002 era sostanzialmente uguale7
) e un tasso di
disoccupazione (5,3 per cento) pari a meno della metà di quello italiano (12,2 per
cento)8
.
L’Italia, invece, negli anni di espansione dell’economia mondiale che hanno
contraddistinto la prima parte del decennio scorso, ha lasciato crescere la propria spesa
pubblica e ha rinviato le necessarie riforme dal lato dell’offerta.
Come risultato si è giunti, nel 2007, all’apice della fase di espansione, con un
valore della spesa pubblica in rapporto al Pil pari al 47,6 per cento, di quasi quattro
punti superiore a quello tedesco (43,5 per cento).
La sfiducia dei mercati ci ha costretto a compiere un severo aggiustamento di
finanza pubblica nel corso della recessione, con evidenti effetti pro ciclici.
Ora sembra presentarsi una nuova fase di espansione dell’economia globale;
occorre che la nuova opportunità non vada perduta.
7
Eurostat, GDP pro capite, a prezzi correnti, anno 2012.
8
Eurostat, tasso di disoccupazione, anno 2013.
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Appendici
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 43
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Appendice 1: Accordi contrattuali
Il “Piano per un’Unione economica e monetaria autentica e approfondita” (COM(2012)777 final)
adottato dalla Commissione il 28 novembre 2012 e il rapporto “Verso un’autentica Unione economica e
monetaria”, presentato a giugno del 2012 e aggiornato nel successivo dicembre dal Presidente del
Consiglio europeo, tracciano le tappe di un percorso graduale di rafforzamento dell’Unione economica e
monetaria.
Per quanto riguarda in particolare il Piano, esso propone misure a breve, medio e lungo termine
per rafforzare la cooperazione e l’integrazione a livello finanziario, di bilancio, economico e politico.
Fra le misure da attuare a breve termine per completare il quadro di governance per il
coordinamento delle politiche economiche in generale e la moneta unica in particolare, vi sono gli
“accordi contrattuali”, corredati da un sostegno finanziario (strumento di convergenza e di competitività),
che hanno l’obiettivo di aiutare gli Stati membri, le cui difficoltà possono ripercuotersi sull’intera zona
euro, a intraprendere le riforme necessarie.
Gli accordi sarebbero negoziati tra i singoli Stati membri e la Commissione, discussi
nell’Eurogruppo e conclusi dalla Commissione con lo Stato membro. Sarebbero obbligatori per gli Stati
membri della zona euro soggetti alla procedura per gli squilibri eccessivi, e il piano d’azione correttivo
che essi sono tenuti a presentare nel quadro della procedura costituirebbe la base dell’accordo da
negoziare con la Commissione.
Per gli Stati membri della zona euro soggetti ad un’azione preventiva in relazione ai loro squilibri
macroeconomici, la partecipazione sarebbe volontaria e comporterebbe la presentazione di un piano
d’azione analogo a quello previsto ai sensi della procedura per gli squilibri eccessivi.
Gli accordi sarebbero quindi sempre basati sulle raccomandazioni specifiche per paese formulate
nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici. Il piano d’azione presentato dallo Stato
membro sarebbe in seguito valutato dalla Commissione, e il pacchetto definitivo di riforme e di misure e i
tempi della loro attuazione sarebbero decisi con un accordo, dopo aver ottenuto, se del caso,
l’approvazione del parlamento nazionale secondo le procedure nazionali.
Le riforme stabilite negli accordi contrattuali beneficerebbero di un sostegno finanziario, il cui uso
verrebbe definito nel quadro dell’accordo contrattuale concluso tra lo Stato membro in questione e la
Commissione (qualora la Commissione constatasse a posteriori che lo Stato membro non ha rispettato
pienamente il contratto, il sostegno finanziario potrebbe essere ritirato).
Secondo quanto previsto dal Piano, i contributi finanziari necessari per lo strumento potrebbero
essere basati su un impegno degli Stati membri della zona euro o su un obbligo giuridico in tal senso
sancito nella normativa UE sulle risorse proprie.
Solo gli Stati membri contribuenti potrebbero concludere un accordo contrattuale con la
Commissione e beneficiare del sostegno finanziario. Il sostegno offerto dallo strumento di convergenza e
competitività sarebbe coerente e compatibile con il sostegno proveniente dai fondi strutturali, e in
particolare il fondo sociale europeo.
Successivamente, nella Comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2013)165
final), del 20 marzo 2013 (“Creazione di uno strumento di convergenza e di competitività”), la
Commissione europea ha illustrato le diverse opzioni riguardanti alcune tematiche e ha chiesto il parere
delle parti interessate. A riguardo occorre evidenziare che, nella risoluzione di maggio 2013, il
Parlamento europeo ha avanzato delle raccomandazioni con riferimento allo strumento di competitività e
convergenza. In particolare, lo strumento dovrebbe basarsi su meccanismi di solidarietà e convergenza
evitando sovrapposizioni con le politiche di coesione; dovrebbe essere adottato secondo la procedura
legislativa ordinaria; lo strumento dovrebbe inoltre applicarsi all’area euro pur rimanendo accessibile agli
altri membri dell’UE; lo strumento dovrebbe evitare problemi legati all’azzardo morale, per cui la
Commissione dovrebbe assicurarsi che le riforme non siano ritardate fino al raggiungimento
dell’ammissibilità al sostegno finanziario e che lo strumento non fornisca incentivi a riforme che
sarebbero state attuate anche in assenza di un sostegno dell’Unione.
In particolare, per quanto riguarda la tematica “il finanziamento e l’erogazione dello strumento
finanziario di sostegno agli accordi contrattuali”, la Commissione considera le seguenti opzioni:
- Tutti gli Stati membri partecipanti contribuirebbero ad un meccanismo di sostegno
indipendentemente dal fatto che ne richiedano o meno l’intervento;
- Il meccanismo potrebbe basarsi su contributi specifici, da calcolare in base al Reddito nazionale
lordo (RNL) di ciascun Paese partecipante, o sui proventi di nuove risorse finanziarie specifiche ad esso
destinato. In ogni caso il meccanismo dovrebbe essere incluso nel bilancio dell’UE come entrata esterna
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
44
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
con destinazione specifica, che quindi non rientrerebbe nei massimali fissati nel regolamento sul quadro
finanziario pluriennale;
- Il meccanismo sarebbe oggetto di un nuovo atto giuridico che definirebbe i beneficiari potenziali
e autorizzerebbe la spesa;
- Quanto alle modalità di funzionamento, si potrebbe prevedere il pagamento di una somma
forfettaria per ogni accordo contrattuale: la definizione, l’uso e l’esborso degli importi in questione
sarebbero soggetti a condizioni rigorose specificate nell’accordo contrattuale e legate all’attuazione delle
riforme concordate;
- Il nuovo strumento finanziario dovrebbe essere coerente e complementare con gli strumenti
esistenti, come i Fondi strutturali, e in particolare il Fondo sociale europeo;
- Il sostegno finanziario potrebbe essere erogato a scadenze regolari collegate al calendario
concordato per le riforme. La Commissione potrebbe rivolgere avvertimenti agli Stati membri che non
rispettino il contratto, chiedendo loro di correggere la deviazione, anche con un nuovo calendario e in
caso di inadempienza verrebbe ritirato il sostegno finanziario. Disposizioni simili si applicherebbero nei
casi in cui lo Stato membro annulli riforme attuate in precedenza o decida di adottare misure
supplementari in conflitto con gli obiettivi delle riforme concordate.
In Italia, la V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione economica) della Camera dei
deputati e la XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) del Senato hanno analizzato la
Comunicazione della Commissione europea e hanno espresso parere favorevole con alcune condizioni:
coinvolgimento in maniera sistematica e in una fase precoce della negoziazione degli accordi bilaterali
dei Parlamenti nazionali; chiarimenti sulla natura e valore giuridico degli accordi contrattuali;
subordinazione del ricorso agli accordi contrattuali, solo previa dimostrazione del loro valore aggiunto
rispetto alle procedure di coordinamento vigenti per il coordinamento ex ante delle strategie
macroeconomiche nell’ambito del Semestre europeo; complementarità del nuovo strumento con gli
strumenti finanziari esistenti; condizioni rigorose per l’accesso al finanziamento dello strumento di
convergenza e un sistema di monitoraggio efficace.
Il Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013 ha definito gli elementi essenziali dei partenariati
per la crescita, l’occupazione e la competitività (cosiddetti “strumenti di convergenza”), invitando tuttavia
il presidente del Consiglio europeo, in stretta collaborazione con il presidente della Commissione
europea, a proseguire i lavori su un sistema di accordi contrattuali reciprocamente concertati e sui
meccanismi di solidarietà correlati, e a riferire al Consiglio europeo nella riunione dell’ottobre del 2014
nella prospettiva di giungere a un accordo complessivo su entrambi gli elementi.
Appendice 2: Clausola sugli investimenti
Nel corso degli ultimi anni, nel quadro delle strategie di risanamento dei conti pubblici, sono stati
realizzati tagli alla spesa che, in misura diversa da Stato a Stato, hanno penalizzato in particolare gli
investimenti pubblici.
Nel “Piano per una unione economica e monetaria autentica e approfondita” (c.d. Blueprint)9
, la
Commissione si era impegnata a individuare, nell’ambito del braccio preventivo del Patto di stabilità e
crescita, dei metodi per tener conto dei programmi di investimento in sede di valutazione dei programmi
di stabilità e convergenza. In particolare “a determinate condizioni, programmi di investimenti pubblici
straordinari con un impatto certo sulla stabilità delle finanze pubbliche possono essere considerati una
deviazione temporanea dall’obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale
obiettivo. Questo metodo potrebbe applicarsi, ad esempio ai progetti pubblici di investimento cofinanziati
dall’Unione, coerentemente con il quadro relativo alle condizioni macroeconomiche”.
L’impegno espresso nel Blueprint ha acquisito valore normativo con l’art. 16(2) del
regolamento(UE) n.473 del 201310
ed ha avuto il supporto dei Capi di Stato o di Governo a conclusione
dei Consigli europei di ottobre e dicembre 2012, nonché di marzo e giugno 2013.
9
COM(2012)777 final.
10
L’art. 16(2) del regolamento(UE) n. 473/2013 così recita: “Entro il 31 luglio 2013 la Commissione riferisce in
merito alle possibilità offerte dal quadro di bilancio dell’Unione esistente per equilibrare la necessità di investimenti
pubblici produttivi con gli obiettivi della disciplina di bilancio nel braccio preventivo del PSC, nel pieno rispetto di
quest’ultimo”.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 45
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Conseguentemente, la Commissione ha vagliato più opzioni per progettare una clausola sugli
investimenti da applicare nell’ambito del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita,
implementando l’art. 5 (1) del regolamento(CE) n.1466 del 199711
.
Il 3 luglio 2013, il Vice–Presidente della Commissione europea e Commissario per gli affari
economici e finanziari ha inviato ai suoi colleghi una lettera contente maggiori dettagli su quella che
viene definita la “clausola sugli investimenti”, stabilendo che la Commissione valuterà l’opportunità di
consentire scostamenti temporanei dall’OMT definito nelle raccomandazioni per uno Stato membro, o dal
percorso di avvicinamento ad esso, qualora le seguenti condizioni siano verificate:
- la crescita economica dello Stato membro rimane negativa o comunque ben al di sotto del suo
valore potenziale;
- lo scostamento non determina un disavanzo pubblico in eccesso rispetto alla soglia del 3 per
cento del Pil e la regola del debito è rispettata;
- lo scostamento è relativo alla spesa nazionale per progetti di investimento co-finanziati
dall’Unione europea nell’ambito della politica strutturale e di coesione, delle Reti trans-europee o del
meccanismo per collegare l’Europa. I progetti devono avere sul bilancio pubblico un effetto di lungo
termine positivo, diretto e verificabile.
Inoltre, la lettera specifica che l’applicazione delle disposizioni del Patto di stabilità e crescita
relative a scostamenti temporanei dall’OMT o dal sentiero di convergenza da esso è legata alle attuali
condizioni economiche di output gap ampiamente negativi, per cui una volta superate e le previsioni per
lo Stato membro mostreranno un ritorno a tassi di crescita positivi e prossimi al valore potenziale, ogni
scostamento dall’OMT o dal percorso di avvicinamento ad esso dovrà essere compensato così da non
rallentare il processo di convergenza.
La clausola sugli investimenti verrà applicata a partire dalla valutazione dei bilanci nazionali per il
2014 e dei consuntivi del 2013. Essa verrà inoltre sottoposta a revisione annualmente in tempo utile per la
presentazione dei programmi di stabilità.
Il 15 novembre 2013 la Commissione europea ha espresso il proprio parere sul documento
programmatico di bilancio dell’Italia per il 2014 (C(2013)8005 final)12
, in cui si prevedeva, tra l’altro, che
il disavanzo pubblico dovesse scendere dal 3 per cento del 2013 al 2,5 per cento nel 2014, mantenendosi
cioè 0.7 punti percentuali più elevato di quanto previsto nel Programma di stabilità; parte della differenza
(circa 1/2 punto percentuale del Pil) era dovuta ad un peggioramento delle prospettive economiche per il
2013-2014, un ulteriore 1/4 punto percentuale del Pil era attribuibile all’aumento della spesa per
investimenti previsto nel documento programmatico di bilancio, collegato all’attivazione della “clausola
sugli investimenti”.
La Commissione europea ha espresso parere non favorevole all’attivazione della clausola sugli
investimenti da parte del governo italiano in quanto nel 2014 l’Italia non avrebbe compiuto progressi
sufficienti verso l’osservanza del criterio del debito a causa di un insufficiente aggiustamento strutturale
(secondo le previsioni della Commissione 0.12 punti percentuali del Pil contro gli 0.66 punti percentuali
richiesti). Inoltre la raccomandazione specifica formulata nei confronti dell’Italia nel luglio 2013
domandava di raggiungere l’OMT di un pareggio strutturale nel 2014, invece il documento di bilancio
rinvia il conseguimento dell’OMT al 2015, con un aggiustamento strutturale previsto di soli 0.2 punti
percentuali del Pil nel 2014, a causa della maggiore spesa per investimenti (per applicazione della
“clausola sugli investimenti”). Conseguentemente, la Commissione ha concluso che l’Italia, non
rispettando il criterio del debito per il 2014, non può beneficiare della “clausola sugli investimenti”,
dovendo pertanto continuare a compiere progressi sufficienti verso l’obiettivo a medio termine anche nel
2014, garantendo un aggiustamento strutturale di almeno 0.5 punti percentuali del PIL.
11
L’art. 5(1) del regolamento (CE) n. 1466/97 (modificato dal regolamento (UE) n. 1175/2011) stabilisce tra l’altro
che “Nel definire il percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine per gli Stati membri che non
l’hanno ancora raggiunto e nel consentire una deviazione temporanea da tale obiettivo per gli Stati membri che
l’hanno già conseguito, a condizione che sia mantenuto un opportuno margine di sicurezza rispetto al valore di
riferimento per il disavanzo e che si preveda che la posizione di bilancio ritorni all’obiettivo a medio termine entro il
periodo coperto dal programma, il Consiglio e la Commissione tengono conto soltanto dell’attuazione di importanti
riforme strutturali idonee a generare benefici finanziari diretti a lungo termine, compreso il rafforzamento del
potenziale di crescita sostenibile, e che pertanto abbiano un impatto quantificabile sulla sostenibilità a lungo termine
delle finanze pubbliche”.
12
In ottemperanza all’art. 7 del regolamento(UE) n.473/2013 “Sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la
valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri
della zona euro”.
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
46
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Come è noto, l’Italia ha ora – con l’approvazione del nuovo DEF e con la predisposizione del
nuovo programma di stabilità – invocato la presenza di circostanze eccezionali che giustificherebbero nel
2014 l’allontanamento temporaneo dal sentiero di rientro verso l’OMT e dal percorso prescritto di
riduzione del debito.
Appendice 3: Eurobonds ed Eurobills
Alle due proposte di regolamento (Two Pack) approvate dal Parlamento europeo il 12 marzo 2013,
è stata allegata una dichiarazione della Commissione europea con la quale la Commissione medesima si
impegnava a istituire un gruppo di esperti per approfondire l’analisi sugli eventuali vantaggi, rischi,
requisiti e ostacoli per la sostituzione parziale delle emissioni nazionali di debito con emissioni comuni,
sotto forma di redemption fund ovvero di eurobills.
Il gruppo di esperti è stato costituito nel mese di luglio 2013 e il 31 marzo scorso ha presentato la
sua relazione finale alla Commissione, la quale valuterà il rapporto e se del caso farà proposte entro la
fine del suo mandato.
Il gruppo ha esaminato i diversi schemi riguardanti la emissione congiunta di titoli di debito,
proposti da diversi soggetti nel corso del 2011 e del 2012 con l’obiettivo di ricostruire la stabilità nell’area
dell’euro, di ridurre il debito complessivo e di stabilizzare il mercato dei titoli sovrani. In particolare ha
concentralo la sua attenzione sul "Debt Redemption Fund and Pact” (DRF/P) e sugli “Eurobills”.
Questi schemi hanno diverse caratteristiche: l’idea del DRF/P è stata concepita come un
meccanismo temporaneo per fronteggiare l’eccessivo debito pubblico e per creare un ponte finanziario
verso una maggiore convergenza economica che renda credibile la clausola di no bail out. Gli Eurobills
sono stati concepiti come un mezzo per contribuire a stabilizzare il mercato dei debiti sovrani in periodi di
forte turbolenza e per offrire uno strumento finanziario sicuro e liquido che possa aiutare una ulteriore
integrazione finanziaria e che potrebbe diventare uno meccanismo permanente di emissioni congiunte.
In estrema sintesi, le conclusioni del gruppo di lavoro affermano che entrambi gli schemi
analizzati potrebbero aiutare a stabilizzare il mercato dei titoli sovrani e aiutare la trasmissione della
politica monetaria, promuovere la stabilità finanziaria e accrescere l’integrazione dei mercati, sebbene in
modi differenti, e con differenti implicazioni di lungo termine. Questi meriti sarebbero però accompagnati
da rischi economici, finanziari e di moral hazard. Il gruppo ha suggerito che sarebbe prudente verificare
l’effettiva efficienza della nuova governance economica europea prima di assumere ogni decisione
riguardo alla emissione congiunta di titoli di debito. Secondo l’opinione del gruppo, in assenza di
emendamenti ai trattati, l’emissione congiunta di titoli potrebbe avvenire solo nella forma di garanzie
offerte pro quota dai singoli stati membri, e, soprattutto per il DRF/P, solo attraverso accordi
intergovernativi e al prezzo di sollevare questioni relativi alla legittimazione democratica. Emendamenti
ai trattati sarebbero necessari per arrivare alla emissione congiunta di titoli di debito che prevedano
garanzie congiunte, protezione contro il rischio di moral hazard e una adeguata attenzione verso la
questione della legittimazione democratica.
Appendice 4: Gli squilibri macroeconomici
La procedura per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici è disciplinata da due
regolamenti13
approvati nell’ambito di un pacchetto complessivo di sei atti legislativi (il cosiddetto Six
pack).
La procedura si articola in una parte preventiva ed in una correttiva.
La parte preventiva si apre con una relazione annuale della Commissione europea (che dà avvio al
meccanismo di allerta), contenente una valutazione economica e finanziaria basata su un quadro di
valutazione, con una serie di indicatori, per ciascuno dei quali sono previste soglie minime e massime il
superamento delle quali segnala un potenziale squilibrio.
Successivamente la Commissione trasmette la relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al
Comitato economico e sociale europeo. Il Consiglio (e per i profili relativi ai Paesi dell’eurozona anche
13
- Regolamento (UE) n. 1174/2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici
eccessivi nella zona euro;
- Regolamento (UE) n. 1176/2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici.
I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 47
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
l’Eurogruppo) esamina e sottopone a valutazione globale la relazione nell’ambito della sorveglianza
multilaterale sulle politiche economiche.
La Commissione, tenuto conto delle discussioni in seno al Consiglio e all’Eurogruppo, in caso di
sviluppi economici significativi e imprevisti che richiedano un’analisi urgente, prepara un esame
approfondito per ogni Stato che, a suo avviso, può presentare squilibri eccessivi14
.
Qualora la Commissione, sulla base dell’esame approfondito, ritenga che uno Stato membro
presenti degli squilibri, ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio e l’Eurogruppo. Il Consiglio, su
raccomandazione della Commissione, conformemente alla procedura di cui all’articolo 121, paragrafo 2,
TFUE, può rivolgere allo Stato membro in questione le necessarie raccomandazioni, informandone il
Parlamento europeo.
Se in seguito all’esame approfondito, la Commissione ritiene che uno Stato membro presenta
squilibri eccessivi, allora si apre la procedura per gli squilibri eccessivi che si articola nelle seguenti fasi:
- il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una raccomandazione in cui constata
l’esistenza di uno squilibrio eccessivo e raccomanda allo Stato in questione l’adozione di misure
correttive. La raccomandazione precisa il termine entro cui lo Stato interessato deve presentare un piano
d’azione correttivo;
- lo Stato interessato presenta entro il termine indicato dal Consiglio, il piano d’azione correttivo
che dispone le misure specifiche attuate o che intende attuare;
- il Consiglio valuta il piano d’azione correttivo entro due mesi dalla sua presentazione e, qualora
lo consideri soddisfacente, lo approva, su proposta della Commissione, adottando una raccomandazione
in cui elenca le misure specifiche necessarie e i termini per la loro adozione e stabilisce un calendario per
la sorveglianza;
- qualora le misure adottate o previste nel piano d’azione correttivo o il calendario per la loro
esecuzione siano invece ritenuti non sufficienti, il Consiglio adotta, su proposta della Commissione, una
raccomandazione in cui chiede allo Stato interessato di presentare, di norma entro due mesi, un nuovo
piano correttivo, esaminato secondo la stessa procedura sopra richiamata;
- sulla base di una relazione della Commissione, il Consiglio valuta, entro il termine stabilito nella
raccomandazione, se lo Stato interessato ha adottato le misure raccomandate. Qualora ritenga che tali
misure non siano state assunte, il Consiglio, su proposta della Commissione:
 adotta una decisione, secondo le regole della maggioranza inversa, in cui dichiara
l’inadempienza. Lo Stato interessato può chiedere la convocazione di una riunione del Consiglio per porre
ai voti la decisione;
 adotta una raccomandazione, sempre a maggioranza inversa, che fissa nuovi termini per
l’adozione delle misure correttive;
- se il Consiglio ritiene che siano state adottate le misure correttive raccomandate, la procedura è
sospesa, e il monitoraggio prosegue secondo il calendario stabilito dalle raccomandazioni del Consiglio;
- il Consiglio, su proposta della Commissione, abroga le raccomandazioni assunte non appena
ritiene che lo Stato interessato non presenti più squilibri eccessivi rilevati e fa una dichiarazione pubblica
al riguardo.
Il 13 novembre 2013, la Commissione europea ha presentato al Parlamento europeo, al Consiglio,
alla Banca centrale europea e al Comitato economico e sociale europeo, la Relazione 2014 sul
meccanismo di allerta (COM(2013)790 final), allegata all’Analisi annuale sulla crescita, la quale ha
evidenziato l’accumulo di squilibri in 16 Stati membri15
, tra cui l’Italia. In particolare, per quanto riguarda
l’Italia, nel quadro di valutazione aggiornato, alcuni indicatori superano la soglia indicativa: perdite di
quote di mercato delle esportazioni, deprezzamento del tasso di cambio effettivo reale e debito della
pubblica amministrazione, elevato debito pubblico, aumento notevole della disoccupazione (soprattutto
del tasso di disoccupazione giovanile), della povertà e dell’esclusione sociale. In conclusione, la
14
L’art. 2 del Regolamento (UE) n. 1176/2011 definisce «squilibri»: ogni tendenza che possa determinare sviluppi
macroeconomici che hanno, o potrebbero avere, effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno
Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione; «squilibri eccessivi»: squilibri gravi,
compresi quelli che mettono o potrebbero mettere a rischio il corretto funzionamento dell’Unione economica e
monetaria.
15
Gli Stati membri per i quali la Commissione ha proceduto a un esame approfondito sono: Spagna, Slovenia,
Francia, Italia, Ungheria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Malta, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Regno Unito,
Germania, Lussemburgo e Croazia.
ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING
48
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Commissione ha ritenuto utile, anche tenendo conto degli squilibri riscontrati in aprile, di esaminare
ulteriormente i rischi insiti nella persistenza degli squilibri.
Il 5 marzo 2014 la Commissione europea ha comunicato al Parlamento europeo, al Consiglio e
all’Eurogruppo i “Risultati degli esami approfonditi ai sensi del regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla
prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici” (COM(2014)150 final), nel quale ha rilevato
squilibri in Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Ungheria, Paesi Bassi,
Slovenia, Finlandia, Svezia e Regno Unito. Tra questi Croazia, Italia e Slovenia presentano squilibri
giudicati eccessivi.
L’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico e
un’azione politica rigorosa; in particolare deve contrastare un debito pubblico molto elevato e una
competitività esterna debole.
Nel Documento di Economia e finanza 2014, il Governo italiano ha previsto alcune misure
correttive (alcune adottate nel 2013, altre in programma per il 2014) per migliorare la competitività
esterna del nostro Paese, favorendo l’internalizzazione delle imprese e l’accesso in nuovi mercati. In
particolare, le azioni in programma per il 2014 sono:
- Potenziamento del sistema di garanzie dello Stato in favore di operazioni di export e
internalizzazione;
- Estensione del numero di settori e mercati oggetto dell’attività di promozione dell’ICE;
- Voucher per l’assunzione di export manager temporanei;
- Rafforzamento del coordinamento tra ICE e Camere di Commercio;
- Rafforzamento del supporto di INVITALIA;
- Attuazione del Programma Destinazione Italia.
Per quanto riguarda invece la sostenibilità del debito pubblico, le azioni in programma per il 2014,
previste nel Documento di economia e finanza 2014 sono:
- Spending review: implementazione delle misure di revisione della spesa, con nuovi obiettivi di
risparmi;
- Privatizzazioni: realizzare privatizzazioni delle società pubbliche per 0,7 per cento del Pil l’anno
nel periodo 2014-2017;
- Contenimento degli stipendi apicali.
Qualora la Commissione ritenesse insufficienti le riforme e gli obiettivi esplicitati dagli Stati
membri che presentano squilibri eccessivi (come l’Italia) nel Programma nazionale di riforma (PNR) e
nel Programma di stabilità (PS) essa potrà presenterà una raccomandazione al Consiglio per fare in modo
che gli Stati membri interessati adottino misure correttive nell’ambito del braccio correttivo della PSM.
Se necessario, all’inizio di giugno saranno prese ulteriori misure nell’ambito della procedura per i
disavanzi eccessivi.
PARTE SECONDA
GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 51
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
1. L’Irpef, con 41 milioni di contribuenti e con un gettito pari al 36 per cento
dell’insieme delle entrate tributarie, contribuisce significativamente a dare un contenuto
ai due problemi che caratterizzano il sistema tributario del nostro paese: un prelievo
elevato, con pesanti ricadute sul costo del lavoro e sugli equilibri dei sistema produttivo;
un prelievo mal distribuito, che sottolinea una penalizzante divaricazione fra il paese
reale e il paese fiscale. A questi profili e ai limiti denunciati dalla nostra principale
imposta nell’assolvere alle responsabilità a essa affidate è dedicato il primo dei quattro
paragrafi in cui si articola questo capitolo del Rapporto.
Nel secondo paragrafo ci si sofferma, invece, su quelle che sono le “spine”
dell’imposta: l’evasione e l’erosione. Nel primo caso, il confronto internazionale
continua a penalizzarci, anche a causa dell’intreccio fra evasione, corruzione ed
economia sommersa. Ma, anche restando nei confini del sistema paese occorre prendere
atto delle non confortanti evidenze che emergono, soprattutto sotto il profilo
distributivo, dalle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti. Quanto
all’erosione, più delle dimensioni effettive del fenomeno delle “spese fiscali”
(ampiamente diffuso nella realtà internazionale), spingono ad una riflessione le ragioni
che ne sono all’origine: da quelle che riflettono in modo trasparente il ruolo
redistributivo affidato all’Irpef, a quelle che sono espressione di meno trasparenti
“fughe dalla progressività”, nel tentativo di trovare a livello settoriale una “scorciatoia”
rispetto ai ritardi di una riforma intonata alla riduzione della pressione fiscale.
Fra i limiti sopravvenuti all’operatività dell’Irpef va annoverato l’intreccio
crescente con le addizionali destinate al finanziamento di Comuni e Regioni.
L’esplosione del fenomeno, associata ad un’incontrollata diversificazione territoriale, ha
finito per impattare sull’imposta “madre” alterandone l’incidenza e distorcendo ancor
più gli equilibri distributivi. A risentire di tale intreccio, oltre ai contribuenti, è la
politica fiscale che, da un lato, vede ristretta l’area entro cui esercitare i propri obiettivi
redistributivi e di gettito e, dall’altro, deve confrontarsi con scelte non sempre in
sintonia effettuate da parte degli enti territoriali.
Nel quarto paragrafo, infine, si declinano quelli che appaiono come dei veri e
propri limiti specifici all’impiego dell’Irpef come strumento di governo della fiscalità.
Due hanno a che fare con l’assetto normativo che disciplina l’imposta: quello,
innanzitutto, che restringe la praticabilità di interventi selettivi basati sulle aliquote
(destinati, data la struttura per scaglioni, a ripercuotersi sui più disparati livelli di
reddito); e quello, in secondo luogo, che frena e distorce l’efficacia di politiche
redistributive basate sulle detrazioni d’imposta, in larga parte vanificate dal fenomeno
dell’incapienza. C’è infine un terzo limite, identificabile in una sorta di vincolo
sociologico e di psicologia sociale a modificare la struttura dell’Irpef: la riluttanza del
decisore politico ad assumere decisioni di natura tributaria in una prospettiva che non si
configuri come uno sgravio generalizzato. Accade così che scelte selettive, rientranti
nell’ambito proprio e naturale della funzione della nostra principale imposta, siano
affidate a strumenti “surrogati” ed improvvisati: dai “prelievi di solidarietà” (per livello
o per tipologia di reddito), ai “bonus”, ai tagli retributivi tout court..
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
52
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
DISTRIBUZIONE E REDISTRIBUZIONE: GLI SPAZI DEL FISCO E I LIMITI DELL’IRPEF
2. La realtà del nostro paese è contrassegnata da pronunciate diseguaglianze
distributive, sia dal lato del reddito che da quello della ricchezza.
Fra la metà degli anni ottanta e la fine del primo decennio del duemila1
:
 il reddito reale disponibile del 10 per cento più ricco della popolazione italiana è
cresciuto ad un tasso 5,5 volte più alto di quello relativo ai redditi dei più poveri (1,1
per cento contro lo 0,2 per cento). Fra i paesi dell’area Ocse, solo la Germania e la
Svezia hanno registrato un divario più elevato;
 la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi è aumentata di circa il 10 per cento
nella media dell’area Ocse (con l’indice di concentrazione di Gini2
passato da 0,28 a
0,31) a fronte di oltre il 16 per cento nel caso dell’Italia (indice cresciuto da 0,30 a
0,35).
La “mappa della disuguaglianza” costruita sulla base delle dichiarazioni dei redditi
2011 fa emergere3
:
 un indice di Gini (0,44) che, oltre ad essere oggettivamente molto alto, riflette marcate
differenze territoriali (nel Mezzogiorno, indice più elevato di oltre 3 punti percentuali
rispetto al Centro Nord);
 una distribuzione del reddito piuttosto concentrata, con il 10 per cento dei contribuenti
più ricchi che detiene il 28,7 per cento del reddito complessivo netto e con l’1 per
cento più ricco che ne detiene il 6,9 per cento;
 rispetto al 2007, l’anno prima dell’inizio della crisi, l’indice di Gini risulta aumentato
di quasi un punto percentuale interrompendo una tendenza alla diminuzione che aveva
interessato la maggioranza delle province italiane dal 2000. Parallelamente, tornano ad
ampliarsi i divari territoriali che, al contrario, avevano registrato una convergenza nella
prima parte del decennio.
3. Quanto alla distribuzione della ricchezza, le analisi della Banca d’Italia4
hanno
evidenziato che alla fine del 2012:
 la ricchezza netta delle famiglie italiane ammontava a poco più di 8.500 miliardi di
euro: il 61 per cento in attività reali (di cui i 4/5 in abitazioni) e il 39 per cento in
attività finanziarie (al netto delle passività);
 la ricchezza netta per famiglia risultava pari, in media, a oltre 357 mila euro, ma la sua
distribuzione era caratterizzata da un elevato grado di concentrazione. In proposito, le
rilevazioni a fine 2010 indicavano che la metà più povera delle famiglie italiane
deteneva il 9,4 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco ne
deteneva quasi il 46 per cento.
1
OECD (2011), Growing Income Inequality in OECD Countries: What Drives It and How Can Policy Tackle It?
2
L’indice di concentrazione di Gini rappresenta la misura più comunemente usata per misurare la disuguaglianza.
Esso varia tra 0, quando vi è perfetta uguaglianza, e 1, quando tutto il reddito è concentrato nelle mani di un solo
individuo.
3
Acciari P. – Mocetti S. (2013), Una mappa della disuguaglianza del reddito in Italia, Banca d’Italia, Questioni di
Economia e Finanza (Occasional papers), n. 208
4
Banca d’Italia (2013), La ricchezza delle famiglie italiane, Banca d’Italia, Supplementi al Bollettino Statistico,
Indicatori monetari e finanziari.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 53
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Il confronto internazionale, d’altra parte, rivela che5
:
 la quota della ricchezza netta mondiale detenuta dalle famiglie italiane sarebbe pari a
circa il 4,9 per cento, significativamente superiore alla quota italiana del Pil (meno del
3 per cento) e della popolazione (meno dell’1 per cento) del pianeta.
 in Italia c’è il 7,4 per cento di coloro che, nel mondo, hanno una ricchezza superiore a
100 mila dollari (ci precedono solo il Giappone e gli USA) e il 4,6 per cento (quasi 1,5
milioni) di quelli che si collocano oltre 1 milione di dollari (ci precedono anche
Germania, UK e Francia);
 l’1 per cento più ricco delle famiglie italiane detiene una quota di ricchezza (14,8 per
cento della ricchezza complessiva) non lontana da quella detenuta dal 60 per cento
delle famiglie più povere (16,5 per cento).
4. A fronte di tale realtà, si colloca un prelievo fiscale eccessivo e mal distribuito.
Alla fine del 2013, la pressione fiscale si è commisurata al 43,8 per cento (grafico
1), quasi tre punti oltre il livello segnato all’inizio del terzo millennio e quasi quattro
rispetto al valore medio degli altri ventisei paesi UE (40 per cento, in riduzione
nell’ultimo decennio).
GRAFICO 1
LA PRESSIONE FISCALE: ITALIA VS UE
Fonte: elaborazione su dati ISTAT, Eurostat, MEF.
5
Credit Suisse Research, Global Wealth Report 2013.
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
54
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Le prospettive, d’altra parte, non suggeriscono significativi cambiamenti nella
graduatoria europea che vede l’Italia al quinto posto: in un contesto in cui continua a
prevalere la tendenza alla flessione, le previsioni ufficiali per il nostro paese (DEF 2014)
annunciano un prelievo in aumento, posponendo al 2017-18 i primi segnali di
un’inversione di tendenza.
Ancora più significativo risulta il divario che si registra fra Italia ed Europa con
riferimento alla distribuzione del prelievo complessivo. L’evidenza delle aliquote
implicite gravanti sui principali aggregati macroeconomici segnala, infatti, uno squilibrio
fra l’onere a carico dei fattori produttivi e quello sopportato dai consumi e dal patrimonio
(tavola 1). L’Italia è al secondo posto quanto a prelievo gravante sui redditi da lavoro (con
il 42,3 per cento, sei punti oltre la media europea); al primo posto in quello sui redditi
d’impresa (25 per cento, ossia quasi il 50 per cento in più della media UE); al
ventiquattresimo posto (con il 17,4 per cento) nel prelievo sui consumi, quasi tre punti in
meno rispetto alla UE.
TAVOLA 1
ALIQUOTE IMPLICITE DI TASSAZIONE: ITALIA-UE
Per quanto, invece, riguarda il prelievo sugli immobili, la realtà italiana ha subito un
repentino mutamento a seguito dell’introduzione dell’IMU: il gettito, tradizionalmente
pari, in termini di Pil, alla metà di quello medio UE (1,4 per cento), è pressoché
raddoppiato in termini reali, determinando l’omologazione dell’Italia all’Europa.
L’eccesso di prelievo gravante sul fattore lavoro trova conferma nei dati che
l’OCSE6
elabora annualmente con riferimento alla figura tipo del lavoratore dipendente
con un reddito pari a quello medio di contabilità nazionale (tavola 2).
Nel 2013, il cuneo fiscale (differenza fra costo del lavoro e retribuzione netta) sul
lavoratore senza carichi familiari è risultato nel nostro paese superiore di quasi sei punti
rispetto a quello medio dell’area euro, segnando (fenomeno comune solo alla Spagna) un
ampliamento rispetto agli inizi del secolo.
6
Da ultimo, Ocse, Taxing Wages 2014.
(%) ranking (%) ranking (%) ranking
Italia 42,3 2^ 25 1^ 17,4 24^
UE (27) 35,8 17 20,1
Differenza 6,5 8 -2,7
Lavoro Impresa Consumi
Fonte: Eurostat, Taxation Trends, 2013.
Funzioni economiche
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 55
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 2
IL CUNEO FISCALE NEI PAESI OCSE: 2000-2013(1)
5. Il gettito tributario del nostro paese proviene per i tre quarti da quattro grandi
imposte: l’Irpef, l’IVA, l’Ires e l’Irap. Un livello di concentrazione aumentato rispetto al
2000 (era al 70 per cento), essenzialmente per effetto della dinamica segnata dall’Irpef
che, da sola, spiega quasi il 36 per cento delle entrate tributarie della Pubblica
Amministrazione.
A questa realtà si accompagna l’evidenza di una struttura del prelievo contraddistinta da
una limitata potenzialità redistributiva, anche a causa di un ridotto perimetro della
progressività. Si consideri in proposito che fra le fonti del gettito complessivo delle
Amministrazioni pubbliche (752 miliardi):
 poco meno di un terzo è rappresentato dai contributi sociali, prelievo proporzionale sui
redditi da lavoro;
 quasi un altro terzo è rappresentato dalle imposte indirette , che certamente non sono
ispirate a progressività. La stessa IVA (15 per cento del gettito totale), se ha un
carattere leggermente progressivo rispetto alla spesa, è regressiva rispetto al reddito;
 le imposte sulla ricchezza immobiliare risentono di una significativa divaricazione fra
il valore del patrimonio abitativo dichiarato ai fini fiscali e la ricchezza immobiliare
effettiva7
. Peraltro, le periodiche rivalutazioni e, da ultimo, i moltiplicatori applicati per
determinare l’imponibile IMU e Tasi (dal 2014), hanno comportato l’accentuazione
delle distorsioni implicite in un sistema catastale obsoleto;
 la discriminazione qualitativa e quantitativa sul versante impositivo è affidata
essenzialmente all’Irpef, ossia a poco più di un quinto delle entrate complessive della
Pubblica Amministrazione.
7 Secondo l’Agenzia del Territorio (Gli immobili in Italia, 2012), il valore di mercato del patrimonio abitativo è 2,1
volte quello assunto dal fisco a base dell’IMU.
Paese 2013
Differenza vs
2000
Belgio 55,8 -1,3
Francia 48,9 -1,5
Germania 49,3 -3,6
Italia 47,8 0,7
Svezia 42,9 -7,2
Spain 40,7 2,1
Olanda 36,9 -3,1
Danimarca 38,2 -5,9
Regno Unito 31,5 -1,1
Irlanda 26,6 -2,3
OECD- media 35,9 -0,8
OECD-EU21 42 -1,6
Fonte: elaborazioni su dati OCSE, Database Tax.
Il cuneo fiscale nei paesi Ocse: 2000-2013
(1)
(1)
Prelievo fiscale e contributivo sulla retribuzione
media del lavoratore dipendente senza carichi di
famiglia in percentuale del costo del lavoro.
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
56
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Non deve dunque meravigliare la fotografia tracciata da Eurostat8
, secondo cui:
 l’azione redistributiva operata sulla distribuzione primaria dall’intervento pubblico ha
ridotto di 9 punti la disuguaglianza nella media dei paesi UE. L’Italia, con una
riduzione inferiore a 6 punti si colloca agli ultimi posti nella graduatoria fra paesi;
 nella realtà italiana, pesa il più basso apporto dei trasferimenti monetari, ma anche la
più contenuta redistribuzione riconducibile al prelievo fiscale.
6. Interessata nell’ultimo decennio da tre successivi interventi di ampio respiro
(2003, 2005, 2007) e, più recentemente, da un duplice ritocco delle detrazioni d’imposta
(2013, 2014), la struttura dell’Irpef ha finito per caratterizzarsi per un’accentuata
progressività e, in un contesto favorevole al prodursi del fenomeno del “fiscal drag”, ha
determinato significativi aumenti del prelievo (si veda il riquadro “L’Irpef e il fiscal
drag”).
Fra il 2000 e il 2014 il numero degli scaglioni è rimasto invariato (cinque) ma la
distanza fra l’aliquota massima (scesa dal 45,5 per cento al 43 per cento) e quella
minima (aumentata dal 18,5 per cento al 23 per cento) si è ridotta di sette punti.
Conseguentemente, e anche per la rimodulazione delle detrazioni e della soglia di
esenzione, la progressività si è accentuata, in particolare sui redditi medi (colpiti dal
“salto” di aliquota di 11 punti nel passaggio dal secondo al terzo scaglione, appena
superati i 28 mila euro di imponibile).
Significative indicazioni in ordine alle potenzialità dell’Irpef e delle specificità
della realtà italiana possono trarsi sulla scorta della tradizionale indagine dell’Ocse9
,
basata sulla tassazione di alcune figure di contribuente tipo.
Una prima indicazione si registra (tavola 3) per quanto riguarda l’entità del
prelievo che, nel 2013, colloca il contribuente italiano single al 21,5 per cento e al sesto
posto nella graduatoria dei 34 paesi dell’area Ocse (davanti a molte realtà nordeuropee).
Sensibile l’accelerazione registrata rispetto al 2000: i quasi due punti di aumento
dell’aliquota hanno comportato un balzo di cinque posti nel ranking internazionale.
8 Atkinson, A.B. – Marlier, E. (2010), Income and living conditions in Europe. Eurostat- Statistical Books.
9
L’Ocse effettua annualmente un confronto internazionale basato sull’andamento della retribuzione di un lavoratore
dipendente pari a quella media di contabilità nazionale. Le tipologie di contribuente utilizzate si riferiscono al single e
al lavoratore con carichi di famiglia, nelle loro diverse articolazioni. Per ciascuna di esse, applicando la normativa
vigente (prelievo fiscale e contributivo, sussidi monetari,…) si ricostruisce il prelievo relativo a tre livelli di reddito:
quello “medio” di contabilità nazionale e quelli pari al 67 per cento e, rispettivamente, al 167 per cento di quello
medio.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 57
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 3
L'INCIDENZA DELL'IMPOSTA SUL REDDITO: ITALIA VS EUROPA, 2000-2013(1)
In direzione opposta si è mosso il prelievo nel caso del contribuente con coniuge e
due figli a carico: il 14,4 per cento del 2013 segnala una riduzione di oltre un punto
rispetto all’inizio del secolo; ciò che, in presenza di più incisivi ridimensionamenti del
ruolo dell’Income Tax di altri paesi, non ha impedito al contribuente italiano un
avvicinamento (dal 13^ all’11^ posto) alla vetta della graduatoria Ocse.
7. La ridotta tassazione dei redditi accordata al contribuente con familiari a carico
esprime un’esigenza di “discriminazione qualitativa” pressoché generalizzata nei
sistemi tributari internazionali. Verificare quanto essa sia significativa consente di
esprimere un giudizio circa il livello di attenzione dei diversi paesi nei confronti della
tassazione del reddito familiare.
Le stime Ocse risultano indicative anche su questo versante, pur nella
consapevolezza della molteplicità delle variabili che possono influire sulla
determinazione del livello di tassazione familiare (la composizione del nucleo; i sistemi
di tassazione, basati sull’individuo o sulla famiglia; l’intreccio fra equità orizzontale ed
equità verticale e la graduazione degli “aiuti” alla famiglia in misura inversamente
proporzionale al crescere del reddito; l’affiancamento all’imposta personale sul reddito
di forme di trasferimento monetario legate alla composizione e al reddito del nucleo
familiare,…).
2013
var. sul
2000
2013 2010 2013
var. sul
2000
2013 2010
Danimarca 35,8 3,5 1 1 31,8 6,2 1 3
Belgio 28,6 -0,5 2 2 17,5 -1,4 7 6
Islanda 27,9 2,6 3 6 18,5 2,3 5 12
Australia 23,1 -3,5 4 5 23,1 -2,5 2 4
Finlandia 22,5 -4,3 5 3 22,5 -4,3 3 1
Italia 21,5 1,7 6 11 14,4 -1,2 11 13
Norvegia 21,4 -1,5 7 8 18,9 0,7 4 8
Germania 19,1 -3,6 8 9 0,8 -0,7 30 31
Svezia 18,0 -8,7 9 4 18,0 -8,7 6 2
Spagna 16,6 3,1 14 21 9,0 3,8 16 22
Austria 16,2 3,3 15 23 14,2 2,5 12 16
Portogallo 16,2 4,7 16 24 6,1 0,0 24 21
Olanda 15,7 6,1 18 27 15,2 10,4 9 24
Regno Unito 14,7 -2,7 21 15 14,7 -2,7 10 11
Francia 14,6 -1,1 22 18 8,5 1,2 19 18
Media Ocse 15,5 -0,5 10,2 -1,1
Ranking OcseRanking Ocse
di un lavoratore dipendente pari a quella media di contabilità nazionale (per l'Italia, 29.704 euro nel 2013).
(1)
L'incidenza del prelievo è calcolata applicando la normativa fiscale vigente in ciascun paese alla retribuzione
Fonte: elaborazioni su dati Ocse.
Paesi
contribuente single contribuente con coniuge e 2 figli
Incidenza prelievo (%) Incidenza prelievo (%)
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
58
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Tenendo presenti tali caveat è comunque possibile rilevare che, fra il 2000 e il
2013, nel nostro paese è aumentata l’attenzione del fisco nei confronti della famiglia
monoreddito e con figli. In particolare, il confronto intertemporale e fra paesi evidenzia
che (grafico 2):
GRAFICO 2
IMPOSTA SUI REDDITI E FAMIGLIA IN ALCUNI PAESI: 2000-2013
(RIDUZIONE DI PRELIEVO RISPETTO AL SINGLE)
Fonte: elaborazione su dati OCSE.
 nel 2013, a parità di reddito (uguale alla retribuzione media del lavoratore dipendente),
lo “sconto” di cui ha beneficiato il lavoratore italiano con carichi familiari ha
comportato la riduzione di un terzo dell’aliquota media gravante sul contribuente senza
carichi. Rispetto al 2000 (quando la riduzione si commisurava ad un quinto), si tratta di
una “discriminazione qualitativa” significativa che pone il nostro paese in sintonia con
realtà (come la Francia, il Belgio e la Germania) che utilizzano specifici meccanismi
agevolativi nella tassazione dei redditi familiari (quotient familial e splitting);
 il risultato italiano si è concretizzato soprattutto attraverso l’adeguamento delle
detrazioni per figli a carico e risulterebbe di dimensioni pressoché doppie ove si
tenesse conto anche degli effetti prodotti dall’assegno per il nucleo familiare. L’entità
dello “sconto” fiscale (come pure dell’assegno per il nucleo familiare) è saldamente
ancorata al livello del reddito del nucleo, la cui crescita ne riduce progressivamente la
portata, fino a determinarne la scomparsa; ciò che confina lo “sconto” ai livelli di
reddito medio-bassi, in un intreccio di discriminazione qualitativa e quantitativa.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 59
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
8. La terza indicazione che è possibile trarre dall’indagine periodica dell’Ocse
riguarda il grado di progressività dell’imposizione personale sui redditi, quale emerge
per i tre livelli retributivi assunti dall’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico: quello pari alla retribuzione media da lavoro dipendente e quelli
corrispondenti al 67 per cento e, rispettivamente, al 167 per cento di tale retribuzione.
Il confronto (grafico 3) suggerisce che, rispetto al 2000, la nostra Irpef ha fatto
registrare un lieve aumento del grado di progressività che, tuttavia, continua ad essere
più contenuto rispetto a quello implicito nell’operare della Income Tax di altri paesi. In
particolare, emergono le seguenti indicazioni:
 fatto uguale a 100 il prelievo sulla retribuzione media, quelli relativi agli altri due
livelli reddituali sono compresi, nel 2000, in un arco di circa 51 punti (il 24 per cento
in meno gravante sul reddito pari al 67 per cento di quello medio e il 27 per cento in
più gravante sul reddito pari al 167 per cento di quello medio);
 il divario risulta lievemente cresciuto nel 2013 (fino a circa 52 punti), a testimonianza
di un assetto Irpef appena più progressivo rispetto a tredici anni prima. Ma tale
risultato è il frutto di due opposte tendenze: da un lato, una più contenuta azione
redistributiva nei confronti dei redditi medio-bassi (l’indagine Ocse mostra che in
corrispondenza di un livello di reddito pari al 67 per cento di quello medio il
differenziale di prelievo si è ridotto di cinque punti rispetto al 2000); dall’altro,
un’accentuazione del grado di progressività per i livelli di reddito più elevati (per un
reddito pari al 167 per cento di quello medio, il differenziale di prelievo è cresciuto di
quasi sei punti);
 il grado di progressività e le tendenze manifestate nell’arco di tempo in esame
avvicinano la realtà italiana a quella francese. Piuttosto lontane restano, invece, le
distanze da altri paesi, come la Svezia e il Regno Unito, la cui imposta sul reddito delle
persone fisiche ha combinato, fra il 2000 e il 2013, un’accresciuta attenzione nei
confronti dei livelli di reddito più bassi con un’accelerazione della progressività a
carico dei redditi eccedenti quello medio.
GRAFICO 3
GRADO DI PROGRESSIVITÀ DELL'IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE IN ALCUNI PAESI:
2000 VS 2013
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
60
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Fonte: elaborazioni su dati Ocse.
L’IRPEF E IL “FISCAL DRAG”
1. Il drenaggio fiscale (o “fiscal drag”) consiste nell’aumento di carico fiscale prodotto
dalla combinazione fra progressività dell’imposta e inflazione. É quanto avviene, in
particolare, nel caso dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), allorquando, in
presenza di parametri (scaglioni, detrazioni, deduzioni) definiti in termini nominali, un
aumento monetario della base imponibile comporta, a parità di reddito reale, una crescita
dell’aliquota media: sia perché parti di imponibile possono slittare verso aliquote
superiori; sia perché detrazioni e deduzioni in cifra fissa finiscono per perdere di peso di
fronte all’inflazione; sia, infine, perché in presenza di detrazioni decrescenti al crescere del
reddito, un aumento monetario dell’imponibile determina un parallelo ridimensionamento
dell’importo della detrazione.
In passato, ed in contesti inflazionistici pronunciati, il nostro legislatore è intervenuto più
volte sulla struttura dell’Irpef per tenere conto del fenomeno (l’ultimo intervento
legislativo, esplicitamente finalizzato al recupero del “fiscal drag”, si registrò con la legge
finanziaria 2001).
2. Indicazioni circa l’entità del fiscal drag nell’ultimo decennio e il ruolo “compensativo”
svolto dalla politica tributaria possono trarsi dal prospetto che segue in cui sono
quantificati gli effetti dei tre fattori (progressività, fiscal drag monetario e politica
tributaria) che, fra il 2001 e il 2013, hanno concorso a definire il livello del prelievo Irpef
a carico di un lavoratore dipendente con un reddito pari a quello medio di contabilità
nazionale.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 61
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
FATTORI DI VARIAZIONE DELL’IRPEF SULLA RETRIBUZIONE MEDIA: 2001-2013
(in % del reddito imponibile di un dipendente con coniuge e due figli a carico)
Fonte: CER-Ires, La dinamica salariale fra inflazione, federalismo e fiscal drag, 2013.
Le indicazioni che emergono possono essere riassunte nei termini seguenti:
 per una metà degli anni considerati vi è una quota (seppure piccola) di crescita del
prelievo dovuta ad un aumento del salario reale. Degli anni restanti, tre si caratterizzano
per l’assenza di qualunque variazione imputabile alla progressività dell’imposta (a
testimonianza dell’invarianza del salario lordo reale), mentre per altri tre (dal 2011 al
2013) il fenomeno assume un segno negativo (conseguenza di una riduzione del salario
reale);
 in tutti gli anni opera il fiscal drag monetario, le cui dimensioni appaiono direttamente
correlate ai livelli d’inflazione (tipiche le “punte” del 2003, 2008 e del biennio 2011-12),
nonché al grado di elasticità dell’imposta (relativamente più elevato nel caso del
contribuente “coniugato” che, usufruendo di maggiori detrazioni, è più esposto al fiscal
drag);
 l’azione del legislatore solo in alcuni anni determina una variazione del peso dell’Irpef:
sono gli anni delle riforme (2003, 2005 e 2007) e, limitatamente al contribuente
“coniugato”, anche il 2002 e il 2013 (a seguito dell’adeguamento delle detrazioni per
familiari a carico). In queste occasioni, e soprattutto per il “coniugato”, la riduzione di
prelievo dovuta alla politica tributaria va oltre un’integrale compensazione del fiscal drag,
provocando un aumento del salario reale netto maggiore di quello del salario reale lordo.
Prelievo
anno
precedente
Fiscal drag
reale
Fiscal drag
monetario
Fiscal drag
totale
Politica
tributaria
Totale
Prelievo
nell'anno
(1) (2) (3) (4)=(2)+(3) (5) (6)=(4)+(5) (7)=(1)+(6)
2002 14,5 0,0 0,4 0,4 -2,1 -1,7 12,8
2003 12,8 0,1 0,7 0,9 -1,4 -0,5 12,3
2004 12,3 0,3 0,5 0,8 0,0 0,8 13,1
2005 13,1 0,4 0,4 0,8 -1,9 -1,1 12,0
2006 12,0 0,2 0,4 0,6 0,0 0,6 12,6
2007 12,6 0,0 0,4 0,3 -1,4 -1,1 11,6
2008 11,6 0,0 0,6 0,6 0,0 0,6 12,2
2009 12,2 0,2 0,2 0,4 0,0 0,4 12,6
2010 12,6 0,1 0,2 0,4 0,0 0,4 13,0
2011 13,0 -0,2 0,5 0,2 0,0 0,2 13,2
2012 13,2 -0,4 0,6 0,2 0,0 0,2 13,4
2013 13,4 -0,1 0,4 0,3 -0,9 -0,6 12,8
Anno
Variazioni del prelievo dovute a:
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
62
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
EVASIONE ED EROSIONE: SPINE DEL SISTEMA, SPINE DELL’IRPEF
9. Per quanto significativo, il ruolo dell’Irpef fin qui emerso è parziale e limitato:
livello del prelievo complessivo, incidenza dell’imposta sulle singole figure di
contribuente, dimensioni della discriminazione verticale e orizzontale riflettono, tutti,
l’immagine di un assetto solo formalmente in regola con i dettami normativi10
.
Ma la realtà è diversa nella misura in cui deve tenere conto di due variabili che
influiscono pesantemente sul livello e sulla distribuzione del prelievo: l’evasione e
l’erosione. Variabili che, unitamente ai parametri principali definiti dalle norme
(scaglioni e aliquote), concorrono a definire la mappa “ufficiale” del sistema Irpef.
I tratti più salienti di tale mappa possono essere così sintetizzati (tavola 4):
TAVOLA 4
LA DISTRIBUZIONE DEI CONTRIBUENTI IRPEF (2011)
10
Le quantificazioni dell’Ocse richiamate nel precedente paragrafo si basano, infatti, sulla puntuale applicazione
della normativa fiscale a determinati livelli di reddito.
Tipologia di reddito prevalente(1) Complesso
contribuenti
Dipendenti Pensionati
Impren-
ditori
Autonomi
con partita
IVA
Redditi
da
parteci-
pazione
Contribuenti (migliaia) 41.321 48,7 34,1 3,7 1,3 3,4
Reddito (milioni) 804.526 53,8 29,8 4,0 4,0 4,5
Imposta netta (milioni) 152.219 55,8 25,6 3,7 5,8 5,3
Primo 50% contribuenti
- quota reddito 18,8 22,6 25,0 14,4 16,8 14,5
- quota imposta 6,5 10,0 7,7 5,8 8,7 5,8
Ultimo 5% contribuenti
- quota reddito 22,9 20,6 16,7 24,4 25,1 27,3
- quota imposta 38,5 35,2 30,2 41,5 33,3 46,1
Imposta netta media (migliaia) 4,82 5,14 3,75 5,37 17,89 7,56
Incapienti
- numero 9.731 3.960 3.689 483 59 328
- in % totale tipologia 23,5 19,7 26,2 31,3 10,7 23,5
Contribuenti oltre 100 mila €
- numero 428.032 170.265 19.965 19.517 59.814 32.515
- in % totale tipologia 1,04 0,85 0,14 1,27 10,78 2,33
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF.
(1)
Nella tavola sono riportate le più rilevanti tipologie di reddito prevalente (classificazione dei contri-
buenti sulla base della tipologia di reddito più rilevante, fra quelli dichiarati). Fra quelle non comprese,
che esprimono circa l'8% dei contribuenti, la più significativa riguarda il "proprietario di fabbricati".
distribuzione %
in % totale
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 63
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
 i contribuenti che dichiarano prevalentemente reddito da lavoro dipendente esprimono
quasi il 54 per cento del reddito complessivo e pagano quasi il 56 per cento dell’intera
Irpef. Nella stessa direzione (quota d’imposta superiore alla quota di reddito) vanno gli
autonomi con partita Iva e i redditi da partecipazione. Opposta la direzione marcata dai
pensionati e dagli imprenditori: redditi di livello più basso si traducono in una
sottodimensionata partecipazione al complessivo gettito dell’imposta;
 la distribuzione del reddito e dell’imposta è molto articolata. La prima metà dei
contribuenti (i primi 10 “ventili”11
, oltre 20,6 milioni con reddito più basso) dichiara il
18,8 per cento del reddito complessivo pagando appena il 6,5 per cento della relativa
imposta. Il 5 per cento di quelli con il reddito più elevato (ultimo “ventile”, poco più di
2 milioni) dichiara quasi il 23 per cento del reddito complessivo e paga oltre il 38 per
cento dell’imposta;
 la distribuzione per tipologia di reddito prevalente segnala una distribuzione più
uniforme per i dipendenti e i pensionati: la quota di reddito dichiarata dal primo 50 per
cento della scala dei redditi si aggira intorno ad un quarto del totale, a fronte di risultati
molto più modesti per le altre tipologie reddituali, indicativi di redditi medi
significativamente più bassi (per imprenditori e redditi da partecipazione). Per contro,
queste ultime tipologie vedono concentrata gran parte del reddito e dell’imposta nel 5
per cento dei contribuenti “più ricchi”. Insomma, fra i redditi non soggetti a ritenuta
alla fonte si manifesta una realtà fortemente differenziata: da un lato la gran massa dei
contribuenti appiattita su livelli reddituali molto contenuti; dall’altra, una ridotta quota
di contribuenti che esprime la gran parte del reddito e dell’imposta assolta dalla
categoria;
 la conclusione che precede trova conferma nel numero degli “incapienti”12
: in
complesso sono circa 10 milioni, quasi un quarto dei dichiaranti. Ma fra le tipologie a
più alta diffusione del fenomeno si segnalano (accanto ai pensionati, con un 26 per
cento di soggetti incapienti) anche gli imprenditori con una quota (31,3 per cento)
nettamente più elevata della media di sistema;
 una seconda conferma si ricava guardando ai contribuenti che dichiarano più di 100
mila euro. Nel complesso si tratta di 428 mila soggetti, ossia poco più dell’1 per cento
dell’intera platea Irpef. Ma quote più alte si registrano proprio per quelle tipologie di
reddito (redditi da impresa, redditi da partecipazione, redditi da lavoro autonomo) che
si segnalano per la base reddituale (il primo 50 per cento dei contribuenti)
relativamente più povera.
Le statistiche ufficiali, insomma, testimoniano la coesistenza di due facce
dell’Irpef: da una parte, quella che racchiude la gran massa dei contribuenti soggetti a
ritenute alla fonte; dall’altra, quella che riflette la realtà di redditi autocertificati.
10. L’evasione fiscale continua ad essere per il nostro Paese un problema di
straordinaria gravità, tra le prime cause, se non la principale, delle difficoltà del sistema
produttivo, dell’elevato costo del lavoro, dello squilibrio dei conti pubblici, del
malessere sociale esistente.
11
Divisione della platea dei contribuenti in 20 parti uguali, ognuna pari al 5 per cento.
12
Contribuenti che dichiarano un reddito talmente basso da risultare esentati dal pagamento dell’imposta.
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
64
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Il confronto internazionale (grafico 4), riferito al più ampio fenomeno
dell’economia sommersa, vede l’Italia ai vertici quanto a dimensioni del fenomeno: il
21,1 per cento del Pil nel 2013, nonostante la lieve flessione registrata nel corso degli
anni più recenti; un livello che colloca il nostro paese ai vertici della graduatoria UE-17,
in compagnia di Estonia, Grecia, Cipro, Malta e Slovenia.
GRAFICO 4
L'ECONOMIA SOMMERSA IN EUROPA (2013)
Fonte: European Commission, Tax reforms in EU Member States 2013, European Economy 5/2013.
Per quanto invece concerne la componente evasione fiscale, vanno innanzitutto
richiamate le recenti stime effettuate dall’Agenzia delle Entrate, con specifico
riferimento all’Iva e all’Irap.
Nel primo caso l’evasione, misurata attraverso la “propensione a non dichiarare”
(come l’Agenzia rappresenta il fenomeno), pur mostrando un ridimensionamento nel
corso dell’ultimo decennio, resta significativamente elevata. Nel 2011, la sottrazione di
base imponibile, circa 250 miliardi in valore assoluto, si commisura al 27 per cento
dell’imponibile potenziale, quattro punti in meno rispetto al 2000. Nello stesso anno, il
gettito che è venuto a mancare alle casse dello Stato è risultato pari al 28 per cento del
gettito potenziale (era il 32 per cento nel 2000), con una sottrazione d’imposta
dell’ordine di 46 miliardi.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 65
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Nel caso dell’Irap, invece, la “propensione a non dichiarare” (stimata per le
annualità 2007-2009 al 19,4 per cento), conferma che, anche se in diminuzione,
l’evasione fiscale resta un fenomeno molto grave per il sistema tributario e per
l’economia del nostro paese.
Per l’insieme dei due tributi, dunque, il vuoto di gettito creato dall’evasione
sarebbe ammontato nel solo 2011 ad oltre 50 miliardi. Una cifra di tutto rispetto, anche
se limitata ad un segmento del nostro sistema tributario: due sole imposte che, con
meno di 150 miliardi, spiegano appena un quinto delle entrate tributarie complessive
della pubblica amministrazione; restando invece escluse altre forme di prelievo
ugualmente rilevanti e “a rischio”, come l’Irpef.
Le implicazioni del fenomeno emergono nettamente quando si va a calcolare la
pressione fiscale “effettiva”, rapportando il carico impositivo solo al Pil “dichiarato” al
fisco, con esclusione della ricchezza non dichiarata (ma ricompresa, per stima, nel Pil
ufficiale). Un esercizio di questo tipo, condotto depurando il Pil dell’ammontare stimato
dei redditi evasi, ha consentito sia di correggere verso l’alto il livello della pressione
fiscale (quella “effettiva” si è impennata oltre il 50 per cento, più di dieci punti rispetto
a quella “apparente”), sia di evidenziare un ampliamento della distanza dai partners
europei (penalizzati da tassi di evasione più contenuti).
La variabile evasione, insomma, incide profondamente sul livello della pressione
fiscale, ne falsa la corretta percezione, distorce la sua distribuzione e rende il confronto
con l’Europa più penalizzante.
11. La gravità del fenomeno, d’altra parte, risulta accentuata dalla sua
distribuzione (si veda il riquadro: “La distribuzione dell’evasione”), e dalle ulteriori
distorsioni che ne derivano. E’ evidente, in proposito, il ruolo giocato da una serie di
variabili soggettive (la tipologia dei contribuenti) ed oggettive (l’area impositiva, la
natura e le modalità di effettuazione delle transazioni).
Sotto tali profili, un’imposta come l’Irpef, è per sua natura particolarmente
esposta all’evasione: sia per l’ampiezza della base imponibile a rischio, sia per la
progressività che caratterizza le sue aliquote, sia, infine, per il legame che si viene ad
instaurare fra evasione fiscale ed evasione da spesa sociale: l’evasore fiscale, infatti,
riesce spesso a collocarsi in posizione reddituale utile per conseguire, in aggiunta ai
frutti diretti dell’evasione, anche i benefici dello stato sociale.
Questa particolare esposizione all’evasione finisce per intaccare, fino a metterlo in
discussione, il fondamentale ruolo che l’Irpef ha assunto sin dalla sua introduzione per
l’attuazione dei principi dell’equità verticale ed orizzontale. Una conclusione, questa,
che risulta ancora più rilevante ove si consideri che la nostra principale imposta
rappresenta oggi, insieme agli assegni familiari, il principale strumento per attenuare il
carico fiscale delle famiglie a basso reddito e con un numero elevato di componenti;
sebbene non sia lo strumento di sostegno più adatto non essendo previsti meccanismi di
sussidio o forme di “imposta negativa”.
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
66
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Le più recenti stime13
sulle dimensioni dell’evasione Irpef sono riferite a un anno
d’imposta lontano: il 2004, quando l’imposta riguardava poco più di 40 milioni di
contribuenti (circa il 70 per cento della popolazione italiana), che avevano dichiarato
redditi per 680 miliardi e pagato un’imposta per 124 miliardi (pari a un terzo delle
entrate tributarie delle Amministrazioni pubbliche).
Ciononostante, dovrebbero riflettere tendenze tuttora in corso.
TAVOLA 5
L'EVASIONE IRPEF: DIFFERENZE PER GENERE, ETÀ, TERRITORIO E REDDITO (2004)
I risultati ottenuti per l’intera platea dei soggetti Irpef indicano un tasso medio di
evasione pari al 13,5 per cento dei redditi (tavola 5). Più in dettaglio, dall’analisi emerge
una maggiore propensione a evadere per i contribuenti più giovani (19,9 per cento,
contro 10,6 per coloro che si trovano nella classe intermedia e 2,7 per gli ultra
sessantaquattrenni), per quelli che vivono nel Centro (17,4 per cento, contro 14,8 nel
Nord e 7,9 nel Sud) e per gli uomini (17,3 per cento contro 9,9 delle donne). Ancora più
significative sono le indicazioni che emergono distinguendo i contribuenti per tipologia
13
Marino M.R. – Zizza R., L’evasione dell’Irpef: una stima per tipologia di contribuente, SIEP, 2008. Le stime,
condotte nell’ambito dell’Ufficio studi Banca d’Italia, sono basate sul confronto fra i dati dell’Indagine sui bilanci
delle famiglie italiane del 2004 della Banca d’Italia e quelli delle dichiarazioni fiscali relative ai redditi dello stesso
anno.
Tasso di
evasione (% )
Genere
Uomo 17,3
Donna 9,9
Classi di età
età < = 44 19,9
44 < età < = 64 10,6
età > 64 2,7
Area geografica
Nord 14,8
Centro 17,4
Sud 7,9
Tipologia contribuente
Lavoratore dipendente -1,6
Pensionato -0,8
Lavoratore autonomo / imprenditore 56,3
Rentier 83,7
Pensionato e lavoro dipendente -7,7
Lavoratore autonomo con lavoro dipendente o
con pensione
44,6
Categoria residuale
(1)
-47,5
Intera popolazione 13,5
Caratteristiche
Fonte: Marino M.R. - Zizza R., L’evasione dell’Irpef: una stima per tipologia di
contribuente, Banca d'Italia-Siep, 2008.
(1)
Che include, tra gli altri, i contribuenti con posizione lavorativa tripla.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 67
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
di redditi percepiti: particolarmente elevato risulta il tasso di evasione del lavoro
autonomo e dei titolari di solo redditi da fabbricati, a fronte di un’evasione modesta o
addirittura negativa dei titolari di reddito da lavoro dipendente o da pensione.
12. L’altra “spina” del sistema tributario, e in particolare dell’Irpef, è
rappresentata dall’erosione fiscale, ossia dall’insieme di quei trattamenti tributari
differenziati (deduzioni, detrazioni, esclusioni, esenzioni e aliquote ridotte) che,
traducendosi in una riduzione di gettito, producono sul bilancio pubblico un effetto
analogo ad un aumento di spesa (da cui il termine tax expenditures).
Il fenomeno, ovviamente, non è solo italiano. Come non appartiene solo al nostro
Paese la consapevolezza degli ulteriori effetti (oltre quello di deprimere il gettito)
generati dal fenomeno: i) l’aggiramento delle regole che presidiano il livello,
l’evoluzione e la copertura della spesa pubblica; ii) il vulnus che si determina nella
capacità di valutare in quale misura l’allocazione delle risorse pubbliche rifletta le
priorità politiche; iii) il concreto rischio, infine, di generare effetti negativi dal punto di
vista dell’equità (verticale ed orizzontale) del sistema tributario.
Molti paesi (diciotto solo nella UE-27) sono da tempo impegnati a monitorare il
fenomeno in vista di una sua revisione. Fra essi l’Italia, che ha recuperato velocemente
il suo ritardo.
Recentemente, nell’ambito della legge delega per la revisione del sistema fiscale
(legge 11 marzo 2014, n. 23): i) si è introdotto l’obbligo per il Governo di redigere, con
cadenza annuale, un rapporto sulle spese fiscali; ii) lo si è delegato ad introdurre
disposizioni finalizzate alla riduzione, eliminazione o modifica delle spese fiscali che
appaiono superate o ingiustificate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche
ovvero che costituiscono una duplicazione; iii) si è stabilito che le risorse derivanti dalla
riduzione delle spese fiscali vadano a confluire, unitamente al recupero di evasione, in
un “Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale”.
Ma già da tempo si era posto mano al problema attraverso il censimento operato
da un apposito Gruppo di lavoro istituito presso il MEF14
. Da esso è emerso che le
agevolazioni fiscali individuate (720, in tutto) si distribuiscono fra tutti i settori
impositivi (tavola 6), anche se l’impatto sul gettito (quantificato in quasi 254 miliardi di
euro) si concentra per il 65 per cento sulle prime dieci, coinvolgendo un elevato numero
di beneficiari (fino ai 36,3 milioni della detrazione per i redditi da lavoro e pensione) e
livelli medi di beneficio fortemente diversificati e talora molto rilevanti.
Stando a tale censimento il fenomeno dell’erosione fiscale presenterebbe, dunque,
dimensioni superiori a quelle dell’evasione. E la quota che insiste sulla struttura
dell’Irpef è molto significativa, sia nel numero delle agevolazioni (176, circa un quarto
del totale), sia nelle ricadute sul gettito (ben 105 miliardi, ossia quasi il 40 per cento dei
“costi” complessivi prodotti dal fenomeno).
Peraltro, una grossa fetta delle agevolazioni riguardanti l’Irpef assume connotati
particolari, venendosi a configurare come una sorta di eccezione alla progressività
dell’imposta. Il fenomeno riguarda quei redditi che, fin dalla nascita dell’Irpef, sono
soggetti a tassazione sostitutiva (attività finanziarie) o lo sono con determinazione
catastale dell’imponibile (terreni e fabbricati). Ma si tratta anche di altri redditi che nel
corso degli anni sono stati esclusi da tassazione (prima casa) o sono stati assoggettati a
14
http://www.mef.gov.it/ primo-piano/documenti/ 20111229/ Relazione_finale_del_gruppo_di_lavoro_
sullxerosionefiscale.pdf.
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
68
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
prelievo sostitutivo (remunerazioni della produttività, regime dei minimi e delle nuove
iniziative produttive, cedolare secca sugli affitti, ecc…).
Un fenomeno di “fuga dall’Irpef” (e dalla sua progressività) che non è mai cessato
e, anzi, è aumentato di pari passo con la crescita del prelievo complessivo, configurandosi
come una sorta di “scorciatoia” - perseguita da questa o quella categoria - rispetto alle
difficoltà e ai ritardi di una riforma tributaria intonata alla riduzione della pressione
fiscale.
TAVOLA 6
AGEVOLAZIONI, ESENZIONI, REGIMI AGEVOLATI
In ogni caso, un fenomeno che ha condotto alla proliferazione di regimi agevolativi
(tavola 7) suscettibili di intaccare significativamente la base imponibile dell’imposta, con
un effetto erosione che può essere stimato non inferiore a 110 miliardi, ossia circa il 14
per cento del reddito dichiarato ai fini Irpef, cui si aggiungono circa 10 miliardi di
imponibile sottratto, tout court, a tassazione.
A FAVORE DELLE PERSONE FISICHE 176 104.864
- per la casa 21 9.489
- per la famiglia 27 21.056
- per lavoro e pensioni 61 58.095
- erogazioni liberali e terzo settore 19 135
- altre 48 16.089
di cui: fiscalità finanziaria 15.878
A FAVORE DI ENTI NON COMMERCIALI 47 392
A FAVORE DELLE IMPRESE 78 31.954
- imposte dirette 50 23.668
- crediti d'imposta 23 1.386
- Irap 5 6.900
CHE LEGANO IMPONIBILE A RENDITA CATASTALE 2 63.955
IN MATERIA DI ACCISA 61 2.372
IN MATERIA DI IVA 117 40.944
di cui: Beni con aliquota al 10% 25.562
Beni con aliquota al 4% 14.566
IN MATERIA DI REGISTRO E IPOCATASTALI 100 4.015
IN MATERIA DI IMPOSTA SULLE ASSICURAZIONI 5 1.230
IN MATERIA DI TRIBUTI LOCALI 136 4028
TOTALE 720 253.754
Misure Numero
Costi
(milioni €)
Fonte: MEF, Gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, novembre 2011 .
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 69
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 7
LE PIÙ SIGNIFICATIVE "FUGHE" DALL'IRPEF
D’altra parte, le tipologie di spese fiscali presenti nella struttura della nostra Irpef
non sono diverse da quelle di altri paesi (tavola 8): quasi dappertutto, quelle più diffuse
e rilevanti riguardano il trattamento dei redditi da lavoro e da pensione e quello della
famiglia.
Descrizione
Contribuenti
interessati
(migliaia)
Natura della
misura
Imponibile
sottratto a
progressività
(milioni)
Imponibile
sottratto a
tassazione
(milioni)
Tassazione redditi da attività
finanziarie
25.000 Regime sostitutivo 49.700
Redditi agrari e dominicali (tassazione
su base catastale)
12.853 2.120
Redditi da fabbricati (tassazione su
base catastale)
20.997 35.000
Nuove iniziative produttive 66.901 Regime sostitutivo 300
Deduzione abitazione principale 24.200 Deduzione 8.510
Detassazione premi produttività 6.793 Regime sostitutivo 13.350
Regime dei minimi 622 Regime sostitutivo 6.017
Regime agevolato per associazioni
sportive dilettantistiche, bande, cori
50 Regime speciale 100
Cedolare secca 504 Regime sostitutivo 4.219
Fonte: elaborazione e stime CER su dati Dipartimento Finanze-MEF e del Gruppo di lavoro
sull'erosione fiscale (Relazione finale novembre 2011).
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
70
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 8
PRINCIPALI SPESE FISCALI NEL SISTEMA DELL’IMPOSTA
PERSONALE SUL REDDITO IN EUROPA
Fonte: European Commission, Tax reforms in EU Member States 2013, in European Economy 5/2013.
Country Item
Cost
(% GDP)
Tax reduction for pensions 0,64
Tax deduction sole own dwelling 0,29
Tax reduction for energy savings 0,21
Tax reduction housing saving 0,21
Tax reduction for 3rd pillar pension savings 0,14
Exemption for labour income from shift work 0,08
Tax subsidy for owner-occupied housing (incl. child bonus)* 0,05
Tax reduction for private renovation 0,06
Tax incentives for old age private pension 0,05
Work-related allowances 1,00
Deductions for investments in housing 0,18
Allowances related to joint taxation 0,17
Allowances for social security contributions 0,11
Exemptions from awards for lottery, bets, etc. 0,09
Tax deduction for household employees 0,18
Tax relief on pensions 0,16
Work credit 0,12
Tax deduction for nursery services 0,09
Tax deduction for savings payments 0,07
Tax credit for employment income, pensions and self-
employent income 2,41
Tax credit for dependent family members 0,67
Tax deduction for self-employed 0,31
Tax exemptions for certain capital payments 0,15
Tax deduction for debtless own dwelling 0,06
Tax deduction for donations 0,06
Tax deduction of schooling costs 0,04
Relief on imputed rents on owner-occupied housing (single
homes and apartments) 0,69
Exemption of child benefits 0,43
Relief on the return on pension savings 0,40
Deferred tax on capital gains from housing (single homes and
apartments) 0,25
Reduced tax on realised capital gains from housing 0,25
Relief for registered pension schemes 1,40
Exemption of gains arising on disposal of only or main
residence 0,61
Persona tax credits 0,25
Relief for individual savings accounts 0,10
Relief for entrepreneurs' qualifyng business disposals 0,11
Source: Commission services based on national sources.
Note: * The tax expenditure has already been abolished.
Sweden
United Kingdom
Belgium
Germany
Spain
France
Italy
Netherlands
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 71
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
13. Ma come si distribuiscono le spese fiscali e quanto incidono nel delineare il
profilo distributivo dell’Irpef?
La risposta che si trae sulla base dei redditi dichiarati al fisco permette di rilevare
che (grafico 5):
 l’operare di tutte le agevolazioni in essere (che nelle statistiche sulle dichiarazioni
dei redditi si identificano con le deduzioni e le detrazioni d’imposta) produce un
forte ridimensionamento dell’aliquota media effettiva che, per l’insieme della
platea dei contribuenti, passa dal 27,3 per cento (di un astratto sistema privo di
deduzioni e detrazioni) al 19 per cento del sistema vigente (in cui il peso delle
aliquote Irpef è “mitigato” da deduzioni e detrazioni);
 tale risultato è in larga parte riconducibile all’effetto delle detrazioni d’imposta
che spiegano ben 7 degli 8,3 punti di riduzione del prelievo;
 i benefici si distribuiscono in maniera nettamente differenziata per classi di
reddito: dai 18/14 punti di quelle iniziali (fino a circa 15 mila euro) che, non più
coperte da una no-tax area, si troverebbero improvvisamente esposte al prelievo
dell’aliquota iniziale Irpef (23 per cento); ai 7/5 punti di quelle intermedie (fra i
26 e i 50 mila euro), in cui alla più contenuta perdita derivante dalla scomparsa
delle detrazioni si associa quella crescente prodotta dall’eliminazione degli oneri
deducibili); ai 3/2 punti delle classi di reddito più alte (oltre i 70 mila euro),
toccate soprattutto dalla scomparsa degli oneri deducibili.
GRAFICO 5
LA DISTRIBUZIONE DELLE AGEVOLAZIONI IRPEF PER LIVELLI DI REDDITO
Fonte: elaborazione Corte dei conti.
Se ne deduce che, nell’ipotesi più inverosimile di un azzeramento di tutti i regimi
agevolativi esistenti, ad essere più colpite sarebbero proprio le classi di reddito più basse,
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
72
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
ossia quelle che risultano le naturali destinatarie degli “sconti” che nel sistema vigente
concorrono a definire il profilo della progressività dell’imposizione.
In realtà, nell’immediato, le scelte di politica fiscale sembrano avere un obiettivo
più limitato: quello, fissato dalla legge di stabilità 2014, di un taglio in grado di
assicurare risorse in misura crescente, dai 3 miliardi del 2015 ai 10 del 2017.
Ciononostante, i precedenti in materia non consentono di sottovalutare l’entità
dell’impegno richiesto al policy maker. Si consideri in proposito che un intervento di
razionalizzazione dell’intera materia delle agevolazioni fiscali è stato previsto più volte
negli ultimi tre anni, ma non ha mai trovato concreta attuazione. La previsione di tagli
selettivi e quella di tagli lineari ha lasciato il campo all’attivazione di “clausole di
salvaguardia” (l’aumento dell’IVA), risolvendosi la riduzione delle agevolazioni in
micro interventi (come quello che, recentemente, ha abbassato il tetto di detraibilità
delle spese per assicurazioni vita e infortuni). A fronte dei 20 miliardi di recupero di
gettito allocati nel bilancio 2011, l’operazione di razionalizzazione ha, dunque, potuto
sinora contare in “tagli” per poche decine di milioni di euro. E anche l’intervento meno
impegnativo previsto dalla legge di stabilità 2014 (revisione degli oneri detraibili, per
circa 500 milioni entro il mese di gennaio di quest’anno) è rimasto quasi subito
inattuato, sostituito da risorse da trarre dalla spending review e rinviato all’attuazione
della delega per la riforma tributaria.
LA DISTRIBUZIONE DELL’EVASIONE
L’evasione fiscale, oltre a incidere sul gettito, altera la distribuzione del prelievo sulla
platea dei contribuenti, con pesanti ricadute sul reddito disponibile delle famiglie, e sulla
concorrenza e competitività del sistema produttivo e, non da ultimo, sull’efficacia della
politica economica. Secondo l’Agenzia delle Entrate, a livello territoriale, il Sud e le Isole
si presentano come le realtà ove è più intensa la “propensione all’evasione” (oltre il 40
per cento l’Iva e oltre il 29 per cento l’Irap), a fronte di livelli pressoché dimezzati nel
Nord del Paese. Le differenze si invertono se, invece, si guarda ai valori assoluti: la
maggior parte dell’evasione si concentra nelle aree del Nord-Ovest e del Nord-Est, nelle
quali si realizza la quota più rilevante del volume d’affari e del reddito.
La distribuzione per settori economici conferma, a sua volta, l’elevata propensione ad
evadere in Agricoltura e nel Terziario privato, con un tasso compreso fra tre e cinque volte
quello calcolato per l’Industria in senso stretto.
LA PROPENSIONE AD EVADERE L'IVA E L'IRAP – MEDIA 2007 – 2009
(importi in milioni di euro)
Italia
Nordovest
Nordest
Centro
SudIsole
Agricoltura
IndustriaSS
Costruzioni
Commercio,trasportie
comunicazioni
Credito,attivitàimmobiliari
mprenditoriali
PubblicaAmministrazione
ealtreattivitàdiservizio
IVA
gettito evaso 38.269 9.944 6.738 6.910 14.677
propensione all'evasione 29,3 25,7 24,5 24,6 40,1
IRAP
gettito evaso 8.342 1.811 1.740 1.973 2.818 358 883 572 2820 2.867 841
propensione all'evasione 19,4 12,7 17,5 21,4 29,4 37,8 7,8 17,9 24,8 32,7 11,3
Imposte
Aree territoriali Settori
Fonte: elaborazione su dati Agenzia delle entrate.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 73
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
AUTONOMIE IMPOSITIVE E VINCOLI REDISTRIBUTIVI
14. Fra i limiti sopravvenuti all’operatività dell’Irpef va annoverato l’intreccio
crescente con le addizionali destinate al finanziamento di Comuni e Regioni.
Differenze di pressione fiscale a livello territoriale sono nella logica del
federalismo fiscale. E fin dalla predisposizione della legge delega risultava chiaro che
con il federalismo si sarebbe contribuito in misura diversa e si sarebbero avuti servizi
diversi a seconda della residenza e del luogo di attività dei contribuenti nonché della
capacità dei cittadini di scegliere governi locali in grado di evitare sprechi ed
inefficienze ed ingiustificati aumenti di prelievo.
In tale contesto, le preoccupazioni per eventuali effetti distorsivi riflettevano
essenzialmente il rischio che - nell’ambito del sistema di finanziamento degli enti
decentrati - la mancanza di coordinamento fra la componente tributaria e quella dei
trasferimenti perequativi potesse tradursi in rilevanti effetti redistributivi fra territori e
fra tipologie di enti.
Minore attenzione, invece, era prestata al medesimo rischio per come era
concretamente “avvertito” dagli amministrati: quello di significative differenze
territoriali nel prelievo a carico di famiglie e di imprese, pur in presenza di un uguale
imponibile e dell’assenza di apprezzabili divari nel livello delle prestazioni.
Stando ai risultati maturati sul versante delle addizionali regionale e comunale
all’Irpef, la seconda tipologia di rischio si è rivelata concreta.
Una prima indicazione in tal senso si trae avendo riguardo alla struttura delle
aliquote che testimoniano di un ricorso alla leva fiscale molto differenziato sul territorio
(tavola 9).
Le aliquote dell’addizionale regionale all’Irpef, in particolare, sono mediamente
più alte nel Mezzogiorno dove sono più diffuse le Regioni con disavanzi sanitari elevati,
su cui incombono gli incrementi automatici di aliquota. A livello comunale, il confronto
basato sugli enti capoluoghi di regione segnala, a sua volta, che le aliquote
dell’addizionale risultano più elevate nei Comuni delle Regioni a statuto ordinario
(eccezion fatta per Firenze) rispetto a quelli delle Regioni a statuto speciale. Il divario
massimo è pari a 0,9 punti, ossia quello che intercorre fra la più alta aliquota vigente
(Comune di Roma ) e l’assenza di prelievo (aliquota zero) nel comune di Trento.
Alle differenze di aliquote si aggiungono quelle, non meno rilevanti, che
discendono dal modo in cui ogni governo decentrato ha utilizzato la facoltà di
intervenire su altri elementi strutturali delle due addizionali: dalla progressività, alla
determinazione della base imponibile, alle esenzioni.
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
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TAVOLA 9
ALIQUOTE DELLE ADDIZIONALI IRPEF
(1)
La libertà di aliquota riconosciuta a ciascun ente ha condotto indifferentemente a
scegliere fra: un’unica aliquota per tutti i livelli di reddito; più aliquote, improntate a
progressività; sistema di progressività per classi o per scaglioni; scaglioni di reddito
imponibile coincidenti con quelli Irpef ovvero fissati in totale autonomia; facoltà di
introdurre forme di esenzione (Comuni); facoltà di accordare detrazioni aggiuntive per
carichi di famiglia e a favore dei contribuenti “incapienti”, nonché di disporre di
detrazioni dall’addizionale dovuta, in luogo di sussidi, voucher e altre misure di
sostegno sociale (Regioni).
Per quanto riguarda l’addizionale regionale all’Irpef, ad esempio, sono state 11 le
Regioni (o Province autonome) che nel 2013 hanno adottato un’aliquota unica e delle
restanti 10 che hanno optato per la progressività, 5 hanno scelto quella per “classi”
(aliquota, crescente al crescere del reddito, applicata all’intero imponibile) e cinque
quella per “scaglioni” (come per l’Irpef, aliquote differenziate per ciascuno degli
scaglioni in cui si distribuisce l’imponibile). D’altra parte, la progressività per scaglioni
è talora (Piemonte) solo apparente, in considerazione degli appena 4 centesimi di punto
che differenziano l’aliquota del primo scaglione da quella del quinto.
Regione
Addizionale
regionale
Addizionale
comunale
(2)
Piemonte 1,69 0,8
Lombardia 1,38 0,8
Liguria 1,23 0,8
Veneto 1,23 0,8
Emilia Romagna 1,63 0,7
Toscana 1,42 0,2
Umbria 1,43 0,8
Marche 1,32 0,8
Lazio 1,73 0,9
Abruzzo 1,73 0,6
Molise 2,03 0,8
Campania 2,03 0,8
Puglia 1,36 0,8
Basilicata 1,23 0,8
Calabria 2,03 0,8
Valle d'Aosta 1,23 0,3
Trentino Alto Adige (Trento) 1,23 0,0
Trentino Alto Adige (Bolzano) 1,23 0,2
Friuli Venezia Giulia 1,23 0,8
Sicilia 1,73 0,8
Sardegna 1,23 0,7
(2)
Aliquote per l'anno d'imposta 2013 relative ai capoluoghi di Regione.
Fonte: siti istituzionali delle Regioni e MEF - Dipartimento delle finanze, fiscalità locale.
(1)
Per le Regioni e i Comuni che prevedono aliquote differenziate per classi o scaglioni di
reddito, aliquota media relativa all'imponibile dichiarato.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 75
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
15. Sono diverse, insomma, le variabili fiscali che concorrono a determinare il
livello del prelievo sul territorio e l’onere sopportato dalle famiglie. Un prelievo che va
sommarsi a quello dell’Irpef, determinando un significativo aumento dell’incidenza
complessiva a carico dei contribuenti: circa due punti (dal 19,2 per cento al 21,1 per
cento) in corrispondenza del reddito dichiarato dal contribuente medio italiano (tavola
10).
TAVOLA 10
REDDITO E INCIDENZA DEL PRELIEVO SUL TERRITORIO (2012)
Un aumento che, d’altra parte, si distribuisce in misura molto diversa sul
territorio: tanto che, se il differenziale di prelievo dovuto alla sola Irpef si fissa in 5,8
punti (fra il 15,6 per cento della Calabria e il 21,4 per cento del Lazio), quello
riconducibile alla combinazione fra Irpef e addizionali si colloca a 6,4 punti (fra il 17,3
per cento della Basilicata e il 23,7 per cento del Lazio).
Le differenze delle due addizionali (grafico 6) sembrano dipendere dalla
collocazione territoriale (nel Nord il prelievo è generalmente più basso rispetto al
Centro-Sud); dalla forma dell’ordinamento regionale (in genere, si paga di più nelle
Regioni a statuto ordinario che non in quelle a statuto speciale): dall’assoggettamento (o
meno) a procedura di rientro per disavanzi sanitari eccessivi (che, da sola, spiega
un’aliquota più elevata).
Irpef
Addizionale
regionale
Addizionale
comunale
Totale
Piemonte 106,6 19,4 1,5 0,5 21,4
Valle d'Aosta 107,7 19,5 1,1 0,1 20,7
Lombardia 118,5 21,0 1,3 0,4 22,7
Liguria 107,1 19,8 1,4 0,6 21,8
Trentino Alto Adige 107,0 19,5 1,0 0,0 20,5
Veneto 103,9 18,9 1,1 0,5 20,6
Friuli Venezia Giulia 104,2 19,0 1,1 0,4 20,4
Emilia Romagna 108,4 19,5 1,5 0,5 21,5
Toscana 102,2 19,2 1,2 0,5 20,8
Umbria 94,9 18,1 1,3 0,6 19,9
Marche 93,4 17,6 1,2 0,6 19,4
Lazio 110,7 21,4 1,6 0,7 23,7
Abruzzo 85,2 17,2 1,4 0,5 19,1
Molise 77,2 16,3 1,8 0,5 18,5
Campania 82,6 17,1 1,8 0,5 19,4
Puglia 78,0 16,3 1,4 0,5 18,2
Basilicata 76,4 15,7 1,1 0,5 17,3
Calabria 72,3 15,6 1,7 0,5 17,9
Sicilia 79,1 16,8 1,5 0,6 18,8
Sardegna 86,0 17,4 1,1 0,4 18,9
TOTALE 100,0 19,2 1,4 0,5 21,1
Nord-Ovest 113,9 20,4 1,4 0,5 22,3
Nord-Est 106,0 19,2 1,3 0,5 20,9
Centro 104,4 20,0 1,4 0,6 22,0
Sud e Isole 80,0 16,7 1,5 0,5 18,8
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF.
Aliquota media effettiva (%)
Reddito
medio
(Italia = 100)
Regione
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
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GRAFICO 6
IL PESO DELLE ADDIZIONALI REGIONALI E COMUNALI ALL’IRPEF
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento delle finanze - MEF.
Sono, questi, fattori che registrano una convergenza particolare nelle realtà del
Mezzogiorno, che arrivano a scontare un prelievo pari a più di due volte quello minimo
che si registra in alcune Regioni del Nord: un rapporto destinato ad aumentare nel corso
del biennio 2014-2015, allorché le Regioni potranno esercitare la facoltà di aumentare
l’aliquota di complessivi 1,6 punti.
Viceversa, il divario di prelievo non riflette, diversamente dall’Irpef, le differenze
reddituali che si registrano a livello regionale: differenze che, fatto uguale a 100 il
livello medio nazionale, sono comprese fra il 72,3 della Calabria e il 118,5 della
Lombardia. E’ quanto emerge dal grafico 7 che consente di sottolineare il diverso
contributo che danno le addizionali alla determinazione del prelievo complessivo (Irpef
+ addizionali) in ciascuna regione: un contributo che risulta più contenuto nelle regioni
“più ricche” (Trentino, Valle d’Aosta, Lombardia,…) e che, invece, appare più
pronunciato i quelle “più povere” (in genere situate nel Mezzogiorno). Le addizionali,
dunque, finiscono per alterare il profilo distributivo impresso dall’imposta “madre”,
sottolineando l’assenza di coordinamento della politica fiscale fra centro e periferia del
Paese.
Sembra emergere, insomma, una sorta di “regola distorsiva”, in virtù della quale i
territori con redditi medi più bassi, espressione di economie più in affanno, sono
penalizzati da una pressione fiscale locale più elevata.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
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GRAFICO 7
LA TASSAZIONE DEL REDDITO A LIVELLO REGIONALE:
QUOTA DELLE ADDIZIONALI IRPEF SUL PRELIEVO COMPLESSIVO
A CARICO DEL REDDITO MEDIO
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF.
16. Queste conclusioni trovano conferma nell’andamento che il fenomeno ha
registrato nell’ultimo decennio. Fra il 2003 e il 2013, le addizionali Irpef sono
aumentate in misura significativa: sia quanto a gettito complessivo (quasi raddoppiato,
da 7,7 a 15 miliardi), sia quanto ad incidenza sul reddito medio dichiarato (dall’1,4 per
cento all’1,7 per cento). Ma tale andamento non risulta uniforme a livello territoriale: in
alcune Regioni (Lazio, Campania, Molise, Sicilia, sottoposte a piano di rientro; ma
anche Emilia) gli aumenti dell’aliquota media effettiva sfiorano il doppio della media
nazionale; in altre (Trentino, Veneto, Marche, Val d’Aosta), invece, mostrano livelli più
che dimezzati (grafico 8).
E questa diversa dinamica si traduce nel diverso contributo fornito dalle
addizionali all’aumento della complessiva tassazione sul reddito delle famiglie
(grafico 9): dal 70 per cento, quello più elevato, registratosi in Emilia Romagna, al 17
per cento, quello più basso, registratosi in Trentino.
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
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GRAFICO 8
L'AUMENTO DELLE ADDIZIONALI IRPEF SUL TERRITORIO: 2003-2012
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF.
Insomma, l’esplosione del fenomeno, associata ad un’incontrollata
diversificazione territoriale, ha finito per impattare sull’Irpef alterandone l’incidenza e
gli equilibri distributivi.
Si tratta di differenze che - anche in associazione con altre variabili di natura non
tributaria - possono provocare reazioni di comportamento da parte dei contribuenti.
Talora potrebbe trattarsi “solo” di una “delocalizzazione”, nella misura in cui i
contribuenti e le famiglie fossero indotte a spostare la propria residenza per garantirsi un
più contenuto peso delle addizionali Irpef.
GRAFICO 9
L'AUMENTO DEL PRELIEVO SUL TERRITORIO: IL RUOLO DELLE ADDIZIONALI IRPEF (2003-2012)
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze – MEF.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 79
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Altre volte potrebbero aversi ricadute negative sotto il profilo della tax
compliance.
E si tratta, in entrambi i casi, di reazioni che finiscono per colpire più
pesantemente le realtà economiche più povere: quelle che, contando su una ridotta
capacità fiscale del proprio territorio e costrette ad aumentare le aliquote per ripianare i
deficit della sanità, finiscono per deprimere ulteriormente l’economia del territorio e la
capacità di generare base imponibile. Un circolo vizioso, questo, che si concentra in
misura particolare nel Mezzogiorno.
Ma a soffrire di un sistema fiscale fortemente differenziato sul territorio – meno
per scelta e più per necessità ed inevitabilità - sono anche la gestione amministrativa del
prelievo e il coordinamento della complessiva politica fiscale.
Regole tributarie territorialmente differenziate comportano, inevitabilmente, costi
amministrativi più elevati.
La coesistenza di livelli di tassazione significativamente differenziati finisce,
d’altra parte, per introdurre elementi di incertezza e di alterazione nel ruolo della
politica fiscale nazionale che, da un lato, vede ristretta l’area entro cui esercitare i propri
obiettivi redistributivi e di gettito e, dall’altro, deve confrontarsi con scelte non sempre
in sintonia da parte degli enti territoriali.
LA MANOVRABILITÀ DELL’IRPEF E I CONDIZIONAMENTI DELLA POLITICA
FISCALE
17. Evasione, erosione, “fughe” dalla progressività, sono all’origine di un
sistematico svuotamento della base imponibile dell’Irpef, finendo per intaccare la
portata e l’efficacia redistributiva dell’imposta: sia per le distorsioni che introducono
(per livelli e tipologie reddituali; per territorio e per settore economico) nel livello e
nella distribuzione del prelievo; sia per le risorse che sottraggono ad impieghi in
funzione redistributiva, siano essi sgravi di imposte o aumenti della quantità o qualità
della spesa pubblica.
Alle responsabilità redistributive che il sistema fiscale affida all’Irpef, la nostra
principale imposta è dunque in grado di fornire risposte limitate. Questa consapevolezza
è all’origine dell’ideazione dell’ISEE – l’indicatore destinato a misurare la condizione
economica delle famiglie italiane ai fini delle modalità di accesso alle prestazioni dello
stato sociale (si veda il capitolo dedicato a “Le potenzialità del nuovo ISEE”) – e
dell’esigenza di supplire alle lacunose indicazioni sulla capacità contributiva
provenienti dalle dichiarazioni dei redditi, integrandole con quelle relative al patrimonio
mobiliare e immobiliare.
A questo primo limite, espressione della “patologia” dell’imposta, se ne
aggiungono, tuttavia, degli altri, insiti nell’assetto e nel “fisiologico” operare dell’Irpef.
L’impalcatura dell’imposta è unica per tutti gli oltre 41 milioni di contribuenti:
unica è la scala delle aliquote, unica è l’articolazione degli scaglioni di reddito; uguali
per tutti sono i criteri che regolano la fruibilità di oneri deducibili e detraibili. Talché,
gli obiettivi di discriminare fra diverse tipologie di contribuenti e di reddito sono affidati
alle detrazioni d’imposta: quelle riconosciute ai redditi da lavoro dipendente e assimilati
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
80
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2014 Sezioni riunite in sede di controllo
(comprese le pensioni) e a una limitata casistica di “altri redditi”; quelle che competono
a fronte di familiari a carico.
La leva dell’Irpef, insomma, non si presta a scelte di politica tributaria tarate su
differenze di trattamento fra i contribuenti che non siano in linea con quanto l’unicità
dell’imposta consente.
Tale consapevolezza, ad esempio, ha condotto in passato all’impiego dello
strumento alternativo dell’assegno per il nucleo familiare, che ha come destinatari
esclusivi i lavoratori dipendenti (e i pensionati da lavoro dipendente).
Talora può invece accadere che esigenze congiunturali e risorse finanziarie
limitate suggeriscano temporanee “eccezioni” al funzionamento dell’Irpef. Nell’ultimo
quindicennio questo è accaduto tre volte:
 nel 2000 (DL 268, conv. l. 354), quando si accordò a lavoratori dipendenti, a titolo
d’acconto sugli sgravi futuri, la restituzione dell’imposta trattenuta, fino a un massimo
di 350 mila lire, e si elargì ai pensionati al minimo un bonus di 200 mila lire;
 nel 2007 (DL 159, conv. l. 222), con il riconoscimento di una somma di 150 euro
(aumentata dello stesso ammontare per ciascun familiare a carico) a tutti i soggetti
Irpef con imposta netta 2006 pari a zero, “quale rimborso forfetario di parte delle
maggiori entrate tributarie affluite all’erario”;
 nel 2014 (DL 66), con cui si riconosce ai percettori di redditi da lavoro dipendente -
con Irpef “lorda” di importo superiore a quello della detrazione da lavoro dipendente -
un credito, rapportato al periodo di lavoro nel 2014. L’entità del bonus, fissata in 640
euro fino a 24 mila euro di reddito complessivo, è successivamente soggetta ad un
rapido “decalage”, azzerandosi al livello di 26 mila euro.
18. L’intervento più recente (DL 66/2014) rappresenta, senza dubbio, una misura
rilevante: sia per gli obiettivi perseguiti (la riduzione del cuneo fiscale, innanzitutto);
sia per l’impatto sui conti pubblici (la RT stima in 6,7 miliardi gli oneri in termini di
indebitamento netto); sia per la sua estensione (che, sulla base delle evidenze dei redditi
dichiarati per il 2012, coinvolge circa 11 milioni di contribuenti Irpef); sia, infine, per il
beneficio arrecato a ciascuno dei soggetti interessati.
I suoi effetti, misurati in termini di riduzione del prelievo (come, sostanzialmente,
si configura la misura), non registrano precedenti nei quaranta anni di storia dell’Irpef:
rispetto all’assetto dell’imposta scaturito dalla legge di stabilità 2014, il beneficio
prodotto dal DL 66 è massimo per i redditi più bassi (7 punti in corrispondenza di un
reddito pari a 9 mila euro), ma si mantiene a livelli significativi (circa 3 punti) fino a 24
mila euro (grafico 10).
A tali risultati si accompagnano tuttavia alcuni limiti, espressione dei vincoli che
pesano sulla manovrabilità dell’Irpef.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 81
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
GRAFICO 10
L'INCIDENZA DELL'IRPEF 2014: EFFETTI DEL DL 66
Fonte: Elaborazioni Corte dei conti.
Il primo è rappresentato proprio dalla platea dei soggetti interessati dalla misura.
Se, come si è anticipato, il loro numero è elevato, restano comunque esclusi da ogni
beneficio oltre 29 milioni di contribuenti (tavola 11), ivi compresi 4 milioni di
dipendenti incapienti e tutti i 15 milioni di pensionati: soggetti che non rilevano nella
logica, enunciata dal DL, di “riduzione del cuneo fiscale”, ma che avrebbero un peso
determinante nel conseguimento del parallelo obiettivo di rilancio dei consumi.
Insomma, la selettività degli obiettivi perseguiti dal legislatore e i vincoli di risorse che
hanno guidato la modulazione dell’intervento finiscono per impattare sulle regole
distributive implicite nel funzionamento dell’Irpef. Ciò che offre il destro per richieste
di estensione del perimetro dello sgravio.
-10
-5
0
5
10
15
20
25
6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30
Incidenza%
Reddito (migliaia euro)
normativa 2014 Dl 66/2014
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
82
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 11
IL BONUS DEL DL 66/2014: CONTRIBUENTI INCLUSI, SEMI INCLUSI, ESCLUSI
Il secondo limite è costituito dai meccanismi che regolano la fruizione e la perdita
del bonus. Da un lato, l’esclusione degli incapienti determina paradossali ricadute sotto
il profilo distributivo: il soggetto con un reddito di 8.147 euro, essendo troppo “povero”,
non paga nulla di Irpef e, dunque, non ha diritto a vedersi riconosciuto il bonus 2014; il
soggetto appena meno “povero” (reddito di 8.148 euro) paga 1 euro di Irpef e, solo per
questo, ha diritto a percepire i 640 euro introdotti dal DL 66/2014. Dall’altro, la
progressiva riduzione, fino al venir meno, del bonus determina vistosi salti del prelievo
a carico dei contribuenti che si collocano fra i 24 e i 26 mila euro di imponibile (circa 2
milioni), colpiti da un prelievo marginale che arriva a superare il 60 per cento (grafico
11).
GRAFICO 11
IL PRELIEVO MARGINALE IRPEF: DL 66 VS NORMATIVA 2014
Fonte: elaborazioni Corte dei conti.
Lavoratori dipendenti con reddito (€):
- fino a 8.147 4,2 10,5 esclusa
- fra 8.148 e 24.000 8,9 22,2 totale
- oltre 24.000 e fino a 26.000 2 5,0 parziale, decrescente
- oltre 26.000 5,5 13,7 esclusa
Totale 20,6 51,4
Pensionati
- tutti 15,1 37,7 esclusa
Altri contribuenti
- tutti 4,4 11,0 esclusa
In complesso 40,1 100,0
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati MEF-Dipartimento Finanze.
Tipologie di contribuenti
Numero
(milioni)
In % platea
contribuenti
Spettanza bonus
20
30
40
50
60
70
9 11 13 15 17 19 21 23 24,5 25,5 27 29
Aliquotamarginale(%)
Reddito (migliaia euro)
normativa 2014
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 83
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
19. Proprio l’incapienza identifica uno dei principali limiti dell’Irpef:
l’impossibilità di fruire, in tutto o in parte, dei benefici accordati dalla normativa fiscale
(sotto forma di deduzioni e detrazioni) per chi ha un livello di reddito (e di imposta) già
tanto basso da non lasciare spazio a “sconti”.
Si tratta di un fenomeno molto ampio che nel 2012 coinvolge oltre 9 milioni di
contribuenti e determina un mancato beneficio quantificabile in oltre 6 miliardi: la
differenza fra gli “sconti” che il sistema Irpef riconosce ai contribuenti sotto forma di
deduzioni (ad esempio per contributi obbligatori) e detrazioni (ad esempio per spese
mediche) e quelli che i contribuenti possono concretamente utilizzare avendo
un’imposta “lorda” da compensare.
Al di là delle sue dimensioni, il fenomeno ha rilevanti ricadute.
Intanto sul piano distributivo: l’incapienza si concentra, per definizione, sui più
bassi livelli di reddito e sulle tipologie reddituali soggette a ritenute alla fonte (lavoro
dipendente e pensioni) che, dunque, finiscono per risultare penalizzati relativamente ai
contribuenti capienti per il solo fatto di non essere o essere meno bisognosi (tavola 12).
In secondo luogo, per ciò che concerne l’utilizzo dell’Irpef ai fini di una politica
fiscale selettiva: un utilizzo che si rivela sempre più limitato, sia sotto il profilo
dell’equità verticale che sotto quello dell’equità orizzontale. Nella popolazione degli
esenti, infatti, non vi è differenziazione del trattamento fiscale in base al reddito: i molto
poveri e i meno poveri sono trattati allo stesso modo. E le politiche di sostegno ai redditi
bassi attuate per via fiscale, come ad esempio l’aumento delle detrazioni per carichi
familiari, offrono in molti casi solo adeguamenti teorici, destinati in concreto a restare
inapplicati proprio a causa dell’effetto incapienza.
TAVOLA 12
LA DISTRIBUZIONE DELL'INCAPIENZA
(IMPORTI IN MILIARDI)
Totale
di cui:
incapienti
Totale
di cui:
incapienti
fino a 15 mila € 18,8 138,8 4,9 0,4 29,7 27,9 6,5 8,3
da 15 a 29 mila € 14,5 305,6 6,5 0,0 72,1 25,0 0,2 47,3
oltre 29 mila € 7,0 352,3 12,2 0,0 106,4 9,8 0,0 96,7
dipendente 20,8 457,0 5,0 0,0 123,9 34,4 2,5 92,0
pensione 15,1 279,9 4,1 0,0 71,8 23,9 3,1 50,9
altri 4,4 59,7 14,4 0,4 12,5 4,3 1,2 9,4
Totale 40,3 796,7 23,5 0,4 208,2 62,7 6,8 152,3
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento delle finanze-MEF - Dichiarazione redditi persone fisiche 2012.
Imposta
netta
Classi di reddito complessivo
Classi di reddito complessivo
Oneri deducibili
Detrazioni e oneri
detraibiliContribuenti
(milioni)
Reddito
complessivo
(al netto della
cedolare secca)
Imposta
lorda
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
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Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
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20. Ma il più rilevante limite all’utilizzo dell’Irpef è esterno alla struttura stessa
dell’Irpef ed è rappresentato dalla difficoltà della politica economica a intervenire in
misura significativa sulla struttura dell’imposta.
Si tratta di un freno che ha delle spiegazioni nella composizione della platea dei
contribuenti Irpef, contrassegnata da una sorta di “interclassismo fiscale”.
E in effetti, nella misura in cui la gestione della politica fiscale obblighi a fissare
delle priorità e ad effettuare delle scelte, il compito del policy maker può risultare
diversamente condizionato dalle caratteristiche della platea dei contribuenti: più nette
sono le separazioni (e le contrapposizioni di interessi), maggiore sarà la praticabilità di
politiche basate su una diversa distribuzione dell’onere del prelievo.
Per contro, la “saldatura” di interessi che si viene a creare fra diverse categorie di
contribuenti (dipendenti, autonomi, rentier,…) allorquando al reddito di specie si
affiancano altre fonti reddituali, rende più difficile il compito del policy maker, che si
vede ristretti gli spazi su cui poter operare senza essere costretto a fare i conti con una
forte opposizione.
Le evidenze dell’Irpef ci dicono che il livello di condizionamento della politica
fiscale è aumentato nel tempo. E’, questa, anche la conseguenza di un fenomeno:
l’aumento della numerosità dei cespiti a disposizione di ogni contribuente. Rispetto al
passato, in cui ogni contribuente era titolare del proprio reddito di specie e
(mediamente) di una frazione marginale di altri redditi, il presente offre una realtà ben
diversa. Nel 2012, in particolare, si registra una composizione variegata del reddito
complessivo. Gli oltre 41 milioni di contribuenti hanno dichiarato di possedere quasi 78
milioni di cespiti di diverso tipo (lavoro dipendente, pensione, fabbricati, lavoro
autonomo, impresa, ecc..), con una media individuale (quasi 1,9 tipi) che sottintende un
aumento del numero di coloro che posseggono più di tre tipi di reddito e il continuo
ridimensionamento del peso dei contribuenti possessori di reddito da unica fonte.
GRAFICO 12
IRPEF 2012: NUMERO DI CESPITI PER CLASSI DI REDDITO DICHIARATO
Fonte: elaborazioni Corte dei conti.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
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Il fenomeno, crescente al crescere del reddito (grafico 12), testimonia il
superamento dell’identità “un contribuente, un reddito”. Una trasformazione, questa,
che non può non avere riflessi sul grado di manovrabilità della politica fiscale e,
innanzitutto, dell’Irpef.
Quando lo stesso contribuente possiede redditi da fonti diverse, non soltanto ogni
proposta di redistribuire il carico tributario tra i diversi tipi di reddito provoca conflitti
interni a livello di singolo contribuente e rende difficile la formazione del consenso
necessario, ma si accentua anche la competizione tra i possessori dei vari tipi di reddito
per ottenere trattamenti preferenziali.
21. C’è, infine, una sorta di limite sociologico e di psicologia sociale a modificare
la struttura dell’Irpef: la riluttanza del decisore politico ad assumere decisioni di natura
tributaria in una prospettiva che non si configuri come uno sgravio generalizzato.
Accade così che scelte selettive, rientranti nell’ambito proprio e naturale della funzione
della nostra principale imposta, siano affidate a strumenti “surrogati” ed improvvisati:
dai “prelievi di solidarietà” (per livello o per tipologia di reddito), ai “bonus”, ai tagli
retributivi tout court. Tutte scelte che allontanano e rendono più difficile l’attuazione di
un disegno razionale, equo e strutturale di riduzione e di redistribuzione dell’onere
tributario.
Per rendersene conto è sufficiente considerare gli effetti derivanti da alcune misure che
incidono sul reddito disponibile, determinando – direttamente o indirettamente – una
diversità di prelievo a seconda della tipologia del contribuente e del reddito.
Ci si riferisce a:
 il prelievo di solidarietà (in misura pari al 6 per cento, 12 per cento e 18 per cento)
gravante sulle quote di trattamento pensionistico eccedenti determinati importi15
(L.
147/2013);
 il prelievo di solidarietà sulla quota di reddito complessivo Irpef eccedente i 300 mila
euro (L. 147/2013);
 l’apposizione di un tetto di 240 mila euro alle retribuzioni pubbliche (DL 666/2014).
Tutte misure che, come il bonus accordato dal DL 66/2014, sono formalmente
fuori dal perimetro dell’Irpef ma che, di fatto, operano come l’Irpef intrecciandosi con
la stessa imposta.
Si considerino, in proposito, quattro tipologie di contribuenti interessate a diverso
titolo e con diversa intensità dalle misure elencate: i lavoratori dipendenti privati,
beneficiari (fino a 26 mila euro di reddito del bonus del DL 66/2014) e, per altro verso,
colpiti (per la quota di reddito eccedente i 300 mila euro) dal contributo di solidarietà
del 3 per cento; i dipendenti pubblici, anche essi fruitori del bonus ma colpiti dal tetto
posto alle retribuzioni (oltre i 240 mila euro), oltrechè dal contributo di solidarietà
previsto per i redditi complessivi eccedenti i 300 mila euro; i pensionati, colpiti da due
prelievi di solidarietà, quello relativo al reddito di specie, operante poco sopra i 91 mila
euro con aliquote crescenti e quello del 3 per cento sul reddito eccedente i 300 mila
15
Precisamente, la trattenuta è pari al 6 per cento sulla quota di trattamento compreso fra 91.251,16 e 130.358,80
euro (da 14 a 20 volte il “minimo Inps”); al 12 per cento sulla quota di trattamento compreso fra 130.358,80 e
195.538,20 euro (da 20 a 30 volte il minimo); al 18 per cento sulla quota di trattamento eccedente i 195.538,20 euro (
30 volte oltre il minimo).
L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA
86
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
euro; i lavoratori autonomi, infine, che sono interessati unicamente dal ricordato
prelievo di solidarietà del 3 per cento.
E’ possibile rilevare (tavola 13) che l’intreccio di bonus, tagli e tetti produce
differenze di prelievo accentuate e divergenti rispetto a quello riconducibile all’operare
della struttura “base” dell’Irpef (individuata come benchmark). E ciò si verifica per i
livelli di reddito su cui operano le norme specificate: quelli bassi (fino a 26 mila euro) e
quelli eccedenti poco più di 91 mila euro annui.
In particolare, si osserva che:
 quando opera l’Irpef “base”, l’incidenza del prelievo sulla scala dei redditi
considerati (24-350 mila euro) è compresa in un arco di poco più di 21 punti (fra il
19,7 per cento e il 41 per cento). Quando, invece, si considerano anche le altre
misure che incidono sul reddito disponibile, il divario fra l’aliquota minima e quella
massima di prelievo si amplia fino a toccare, nel caso dei dipendenti pubblici, i 42
punti (17 vs 59);
 nella graduatoria della tipologia di reddito più colpita, subito dopo i dipendenti
pubblici (che subiscono pesantemente l’introduzione di un tetto retributivo) si
collocano i pensionati che, per effetto del contributo di solidarietà loro imposto,
vedono crescere di 15 punti l’incidenza del prelievo fra i 90 e i 350 mila euro, il
triplo di quanto sarebbe avvenuto sulla base della sola Irpef;
 le tipologie reddituali che vedono meno stravolta l’incidenza del prelievo sono i
dipendenti privati e i lavoratori autonomi, che pagano esclusivamente l’Irpef secondo
le regole di inizio 2014, subendo un aggravio solo per i redditi elevati (oltre i 300
mila euro).
Al di là di tali specifiche evidenze, questi risultati consentono di sottolineare la
componente di “illusione finanziaria” associata a forme di prelievo surrettizie e poco
trasparenti rispetto all’impiego palese e responsabile di una leva fiscale come l’Irpef,
naturalmente e istituzionalmente deputata a influire sulla distribuzione del carico
fiscale.
TAVOLA 13
INCIDENZA DEL PRELIEVO PER LIVELLI E TIPOLOGIE DI REDDITO (%)
Reddito
(migliaia) Benchmark
(1) Dipendenti
privati
Dipendenti
pubblici
Pensionati
Lavoratori
autonomi
24 19,7 17,0 17,0 20,4 21,7
26 20,6 20,6 20,6 21,2 22,2
90 35,4 35,4 35,4 35,4 35,4
100 36,2 36,2 36,2 36,5 36,2
130 37,7 37,7 37,7 38,8 37,7
140 38,1 38,1 38,1 39,5 38,1
190 39,4 39,4 39,4 42,3 39,4
200 39,6 39,6 39,6 42,7 39,6
220 39,9 39,9 39,9 43,7 39,9
240 40,2 40,2 40,2 44,5 40,2
250 40,3 40,3 42,5 44,8 40,3
300 40,7 40,7 52,1 46,2 40,7
350 41,0 45,3 59,0 50,1 45,3
(1)
Incidenza del prelievo sul dipendente privato secondo la normativa base Irpef
in vigore al 1^ gennaio 2014.
Fonte: elaborazione Corte dei conti.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 87
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE
1. L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è stato introdotto
nel nostro ordinamento alla fine degli anni novanta (d.lgs. 109/1998 e dPCM 221/1999)
allo scopo di individuare “criteri unificati di valutazione della situazione economica di
coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla
generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate
situazioni economiche”. Il suo ambito di applicazione, dunque, è estremamente ampio
ed eterogeneo, riguardando l’erogazione di prestazioni per lo più di carattere sociale e
assistenziale che possono essere anche rivolte all’intera popolazione e per le quali vige
un principio di razionamento o di tariffazione differenziata sulla base delle condizioni
economiche dei richiedenti.
La sua logica e l’impianto metodologico si richiamano all’idea che il tenore di
vita o la capacità contributiva, utili a definire l’accesso o la compartecipazione alle
prestazioni sociali agevolate, debbano essere misurati non solo in base al reddito, ma
anche al patrimonio dell’intero nucleo familiare.
Da un lato, dunque, l’ISEE rappresenta la risposta alla crescente inidoneità
dell’Irpef ad intercettare le effettive condizioni economiche dei cittadini, a causa
dell’esclusione di significative fattispecie reddituali (per disposizioni di legge o per
evasione o elusione fiscale) o della loro lacunosa misurazione.
Dall’altro, supera l’approccio su base individuale della stessa Irpef, per tenere
conto del tenore di vita dell’insieme delle persone appartenenti al nucleo familiare,
espressione sia della composizione e dei redditi dei suoi componenti, sia dalle economie
di scala che derivano da una convivenza tra familiari ed affini. L’indicatore che
discende dalla considerazione delle risultanze reddituali e patrimoniali della famiglia va
dunque reso “equivalente”, tenendo conto della numerosità e di talune caratteristiche
individuali (ad esempio la disabilità) presenti in ciascun nucleo familiare.
Sulla base di questi elementi, l’ISEE fotografa la capacità contributiva dei membri
di ciascuna famiglia per consentire poi agli enti erogatori di servizi agevolati di stabilire
se e in base a quale compartecipazione finanziaria (o a ulteriori criteri selettivi) i
cittadini possano accedere a tali servizi.
Con il passare degli anni, si è registrato il notevole “successo” dell’istituto:
dell’intera popolazione italiana, poco meno di un terzo è in possesso di un ISEE in
corso di validità e quasi il 40 per cento passa attraverso il sistema ISEE per l’accesso ad
almeno una prestazione sociale.
Nel contempo, è risultato anche evidente che l’ISEE, ideato per superare i limiti
dell’Irpef, ne andava cumulando altri non meno indesiderabili.
E così, a distanza di oltre un decennio dall’introduzione dell’istituto, la legge
214/2011, ne ha previsto la riforma, completatasi con l’emanazione di un regolamento
attuativo (dPCM n. 159 del dicembre 2013).
Il “vecchio” e il “nuovo” ISEE hanno fondamenti comuni per quanto riguarda
l’impianto metodologico ma la costruzione scaturita dalla riforma evidenzia
significative novità metodologiche, applicative e procedurali. Nei prossimi paragrafi ci
si soffermerà su di esse. Successivamente si valuteranno alcuni aspetti quantitativi
relativi all’operare del vecchio ISEE. Infine, ricorrendo ad alcuni esercizi di
simulazione, si confronteranno gli effetti del vecchio e del nuovo istituto.
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE
88
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
I LIMITI DEL “VECCHIO” ISEE
2. I principali limiti dell’originario ISEE, che sono all’origine della sua riforma
possono essere riassunti nei termini seguenti:
a) la ricostruzione del complesso dei redditi e delle componenti patrimoniali ha escluso
– replicando i limiti dell’Irpef - alcune componenti, ed in particolare redditi già
esenti dall’Irpef. La mancata considerazione di trasferimenti e redditi anche rilevanti
per modeste condizioni economiche (da quelli esenti a essenziali trasferimenti
sociali) costituisce una distorsione: il nucleo familiare percettore di un reddito, pur
non ricompreso nell’Irpef, può avere un tenore di vita ben diverso da un nucleo con
pari reddito complessivo Irpef, ma senza ulteriori fonti di entrata;
b) il campo di applicazione dell’ISEE è stato circoscritto per legge ad alcune fattispecie,
escludendo voci del bilancio pubblico dalla valenza redistributiva rilevante (ad es. gli
assegni familiari ed i trattamenti previdenziali e sanitari contenenti componenti
assistenziali);
c) il calcolo dell’ISEE è risultato non del tutto coerente con l’obiettivo di costruire un
misuratore di capacità contributiva. Ne sono espressione, la previsione di franchigie
per patrimoni immobiliari e mobiliari molto elevate, tali da appiattire e rendere poco
differenziati gli indicatori per redditi di ammontare limitato;
d) l’impianto dell’istituto si regge sull’autocertificazione degli interessati in ordine agli
elementi alla base del calcolo dell’ISEE. I controlli previsti, d’altra parte, sono stati
caratterizzati da vincoli normativi e da una distribuzione di competenze
(principalmente tra Agenzia delle Entrate e INPS) che ne hanno fortemente ridotto
l’operatività. La percezione di tali limiti da parte degli utenti ha ridotto ulteriormente
l’attendibilità delle autocertificazioni prodotte;
e) la costruzione dell’indicatore era basata su una forte sottostima dei redditi
immobiliari1
e sulla sovrastima di quelli finanziari2
, con vantaggi e svantaggi
distribuiti piuttosto casualmente e soprattutto non voluti dal decisore politico.
Come si vedrà, non tutti questi limiti sono stati rimossi con la riforma dell’istituto.
1
I redditi immobiliari, che entravano spesso in Irpef con una quantificazione catastale che rappresenta un
sottomultiplo del reddito di mercato, da utilizzare come proxy del valore d’uso di una componente importante del
tenore di vita, contribuivano a loro volta a sottostimare fortemente anche l’indicatore reddituale dell’ISEE.
2
I redditi finanziari, che per semplicità erano stimati come una percentuale fissa dello stock - pari al rendimento
medio annuo dei titoli decennali del Tesoro - rappresentavano di fatto una netta sovrastima dei redditi maturati da
segmenti di popolazione (quelli che tendono a usare l’ISEE) che spesso non traggono alcun reddito (o quasi) da quote
significative di patrimonio mobiliare.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 89
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
LE NOVITÀ DELL’ISEE 2014
3. Il nuovo ISEE è caratterizzato da numerose novità.
La prima consiste nella considerazione di tutte le tipologie di reddito e di
patrimonio, superando le esclusioni del passato.
Una seconda novità sta nella ridefinizione della famiglia di riferimento e della
relativa scala di equivalenza: da un lato individuando i requisiti del nucleo familiare “di
fatto”, dall’altro accordando più incisivi benefici alle famiglie con più di due figli e/o
con componenti disabili.
Una terza modifica di rilievo è costituita dalla definizione differenziata di nucleo
in base al tipo di prestazione agevolata richiesta: ne deriva che possono essere calcolati
più ISEE per lo stesso richiedente, ma anche che si riduce la necessità che gli Enti
erogatori delle diverse prestazioni procedano alla fissazione di specifici criteri selettivi.
Infine, va registrata la novità di una scala di equivalenza in cui trova maggior
rilievo la presenza di figli: si conferma il peso per nuclei con figli minori; viene
aumentata la già prevista maggiorazione per i figli minori di tre anni; si introduce una
nuova maggiorazione del peso per le famiglie con almeno tre figli, senza specificare né
la condizione di essere a carico, né l’età.
Fra le novità dell’istituto riformato non compare, invece, l’estensione dell’area di
applicazione. Da questo punto di vista, dunque, il nuovo ISEE conferma i limiti del
vecchio: l’istituto è applicabile alla generalità di servizi o di prestazioni economiche resi
dall’operatore pubblico ma continuano a pesare le esclusioni di prestazioni assicurate
dal sistema previdenziale e da quello sanitario (per il quale non è prevista una
generalizzata applicazione).
Nel prospetto che segue vengono riassunte le prestazioni associate all’ISEE,
comprendendovi accanto a quelle oggetto di specifiche disposizioni legislative, anche
quelle riconducibili all’iniziativa degli Enti erogatori.
L’ISEE E LE PRESTAZIONI A CUI SI APPLICA O PER CUI È ESCLUSO
Prestazioni nazionali
erogate sulla base
dell’ISEE
Carta Acquisti (Social Card)
Assegno per nuclei familiari con almeno tre figli minori
Fornitura gratuita o semigratuita dei libri di testo
Erogazione borse di studio (ex legge n. 62/2000)
Tariffa sociale per servizio distribuz e vendita dell’energia elettrica (bonus elettrico)
Agevolazione per il canone telefonico
Prestazioni del diritto allo studio universitario
Assegno di maternità per le madri prive di altra garanzia assicurativa
Principali prestazioni
locali che dovrebbero
essere erogate sulla
base dell’ISEE
Asili nido e altri servizi socio-educativi per l’infanzia · Mense scolastiche
Altre prestazioni economiche assistenziali (ad es. reddito cittadinanza, minimo vitale)
Servizi socio-sanitari diurni, residenziali, ecc. ·Servizi socio-sanitari domiciliari
Principali prestazioni
che utilizzano
discrezionalmente
l’ISEE pur in assenza
di un obbligo
specifico
Esenzione ticket sanitari (ad es. Regione Sicilia)
Agevolazioni per tributi locali (rifiuti solidi urbani)
Agevolazione per trasporto locale Servizio di scuola-bus
Agevolazioni per il canone di locazioni in edilizia residenziale pubblica
Contributo per il pagamento dei canoni di locazione (ex legge 431/1998)
Formulazione graduatorie per il pubblico impiego (ex art. 16 l. 56/87)
Agevolazione per tasse universitarie
Prestazioni nazionali
per cui l’uso
dell’ISEE è escluso
Integrazione al minimo pensionistico
Assegno e pensione sociale
Maggiorazione sociale
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE
90
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
dalla legge Pensione di invalidità civile
Fonte: Ministero del lavoro, Rapporto ISEE, 2012.
L’ISEE riformato continuerà ad essere calcolato in due fasi distinte.
Innanzitutto si determina l’ISE (indicatore della situazione economica, che
prescinde dalla dimensione e dalle caratteristiche personali della famiglia, come somma
dell’indicatore della situazione reddituale (ISR) e del 20 per cento di quello della
situazione patrimoniale (ISP). ).
Successivamente, si rapporta l’ISE alla scala di equivalenza, determinata dai pesi
e dai coefficienti dei componenti del nucleo e delle maggiorazioni spettanti a fronte di
specifiche condizioni. Tale rapporto costituisce l’ISEE, l’indicatore della situazione
economica equivalente, che ha appunto la natura di un indicatore pro capite corretto per
le economie e diseconomie familiari.
Se questi sono le linee guida del calcolo, la loro concreta applicazione si articola
in una complessa procedura (si veda il riquadro “La quantificazione del reddito e del
patrimonio”).
DICHIARAZIONI, AUTOCERTIFICAZIONI E CONTROLLI
4. Un’altra area dalla quale ci si aspettava una svolta era quella dei controlli sulla
veridicità delle dichiarazioni (DSU) rese dai cittadini che richiedono il rilascio
dell’ISEE per accedere ai benefici della spesa sociale. In questo caso, l’attesa non è
andata delusa considerato che la riforma interviene sia nella fase immediatamente
seguente la dichiarazione del richiedente l’ISEE, mediante controlli automatizzati e
scambi telematici di informazioni, sia in quella dei successivi controlli sostanziali.
Certo, la DSU resta un’autocertificazione, come in passato. Essa va infatti sempre
presentata a Caf, sportelli Inps, Comuni o Enti erogatori, tutti soggetti non in grado di
verificare contestualmente la veridicità di quanto dichiarato; viene perciò prevista una
rapida trasmissione telematica agli enti (INPS e Agenzia delle Entrate) in grado di
validare i dati dichiarati.
Ed è qui che le novità diventano rilevanti, con il tentativo di sfruttare le recenti
manovre di finanza pubblica che hanno allargato i poteri degli enti controllanti nonché
le spese, i movimenti e gli stock finanziari soggetti a rilevazione con flusso telematico.
L’impianto che emerge (si veda il riquadro “Il controllo delle dichiarazioni rese
dagli utenti”) , sebbene da verificare, pare essere idoneo a portare rapidamente le
dichiarazioni ISEE ad un livello di attendibilità più alto di quanto sia avvenuto finora.
E’, questa, una condizione necessaria affinché l’ISEE possa assolvere agli obiettivi di
selettività cui ormai è improntato l’accesso di larga parte della spesa sociale nel nostro
Paese. In tal senso, tale istituto finirebbe per svolgere un ruolo integrativo, quando non
sostitutivo, rispetto ai compiti redistributivi affidati sul versante fiscale all’Irpef.
LE EVIDENZE QUANTITATIVE DELL’ISEE
5. La platea dei soggetti ISEE è rappresentata da tutti coloro che richiedono
l’accesso a servizi agevolati: è, dunque, circoscritta alla parte di popolazione con un più
basso tenore di vita.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 91
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Le caratteristiche della platea dei soggetti ISEE emergono dalle evidenze
registrate nel 2011, prima cioè della recentissima riforma dell’istituto. E’ così possibile
sottolineare che3
(tavola 1):
TAVOLA 1
PLATEA ISEE E POPOLAZIONE ITALIANA: ANALISI PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA
4
Anno 2011
Persone
(migliaia)
Rip. % di
colonna
Incidenza % su
popolazione
Famiglie
coinvolte
(migliaia)
Numero medio
componenti
famiglie coinvolte
Nord Ovest 3'022 16.0% 18.7% 1'021 3.0
Nord Est 1'987 10.5% 17.1% 690 2.9
Centro 2'989 15.8% 25.0% 1'035 2.9
Sud e Isole 10'882 57.6% 52.0% 3'731 2.9
ITALIA 18'880 100.0% 31.1% 6'477 2.9
 i soggetti che appartengono a nuclei che presentano la DSU per conseguire il rilascio
dell’ISEE sono poco più del 31 per cento dei quasi 60 milioni di italiani, a conferma
del fatto che la richiesta di prestazioni sociali agevolate riguarda di fatto una parte
minore della popolazione, collocata nei livelli più bassi di tenore di vita;
 la classificazione per area geografica rivela la forte istanza per un accesso agevolato
alle prestazioni sociali da parte del mezzogiorno (il 52 per cento, ossia il doppio
rispetto al centro e tre volte rispetto al nord). Si tratta di differenze che riflettono
innanzitutto divari territoriali nel tenore di vita. Tuttavia, considerati i ricordati limiti
del vecchio ISEE in ordine alle modalità di calcolo e alla carenza dei controlli, è
possibile che un qualche ruolo possa averlo giocato anche una diversa propensione a
dichiarare puntualmente redditi e patrimoni familiari.
Ulteriori indicazioni emergono a proposito dell’età dei componenti i nuclei
familiari che hanno presentato la DSU. Le differenziazioni sono marcate e rivelano
(tavola 2) che vi è una maggiore propensione delle classi più giovani (osservabile
nell’ultima colonna); ciò che si spiega in larga parte con l’esclusione dall’ISEE dei
trattamenti previdenziali/assistenziali, fruiti per lo più da anziani.
3
I dati di seguito presentati, ove non esplicitamente indicato, sono tratti dal “Rapporto 2012 sull’ISEE” (Ministero
del lavoro) ovvero sono il frutto di stime basate su un modello di microsimulazione a partire dall’indagine Istat SILC
2010 riportata al 2014.
4
La platea ISEE è costituita dalla quota di popolazione residente in famiglie che hanno presentato la DSU.
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE
92
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 2
PLATEA ISEE E POPOLAZIONE ITALIANA:
ANALISI PER ETÀ DEI COMPONENTI DEI NUCLEI CHE HANNO PRESENTATO LA DSU5
Migliaia individui Quota % Incidenza % su popolazione
Fino a 17 anni 4'852 25.7% 47.4%
18-39 anni 5'721 30.3% 34.4%
40-64 anni 5'815 30.8% 27.1%
65-74 anni 1'189 6.3% 19.4%
75 anni e oltre 1'303 6.9% 21.1%
ITALIA 18'880 100.0% 31.1%
Infine, la classificazione dei nuclei familiari per classi di valore ISEE (tavola 3)
consente di sottolineare che le dichiarazioni rese ai fini del rilascio dell’ISEE si
concentrano nei nuclei con un valore basso: oltre i tre quarti al di sotto di 15 mila euro,
corrispondenti al 40 per cento delle famiglie italiane. Ma la DSU risulta presentata
anche da nuclei con valori decisamente superiori: oltre l’8 per cento per un livello ISEE
superiore a 30 mila euro, corrispondente al 28 per cento dell’insieme delle famiglie
italiane.
TAVOLA 3
NUCLEI FAMILIARI PER CLASSI DI VALORE
Famiglie con DSU e Totale famiglie; valori %
CLASSI DI ISEE
Famiglie che hanno
presentato DSU*
TOTALE
FAMIGLIE**
Nullo 10.7% 2.9%
0-3.000 € 9.7% 4.6%
3.000-6.000 € 18.1% 5.9%
6.000-10.000 € 23.6% 11.7%
10.000-15.000 € 14.9% 14.8%
15.000-20.000 € 8.6% 12.7%
20.000-30.000 € 8.3% 18.9%
Oltre 30.000 € 8.1% 28.5%
TOTALE 100.0% 100.0%
* Fonte: rapporto ISEE 2012
** Fonte: Elaborazioni di modello microsimulazione
5
La platea ISEE è costituita dalla quota di popolazione residente in famiglie che hanno presentato la DSU.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 93
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
GLI EFFETTI DELLA RIFORMA DELL’ISEE
6. La rilevata tendenza a confermare, in sede di attuazione della riforma, i
caposaldi del precedente impianto, si è tradotto in nuovi valori dell’ISEE non molto
diversi da quello precedente.
Ciononostante, le novità apportate rendono plausibile attendersi effetti più marcati
nelle seguenti direzioni :
a) un maggior rilievo, nella costruzione dell’indicatore, al patrimonio, rispetto al
reddito;
b) maggiori vantaggi al lavoro dipendente;
c) più pronunciata attenzione a favore delle famiglie con tre o più figli;
d) maggiore valorizzazione per i nuclei con componenti disabili e non
autosufficienti.
Le evidenze della tavola 4 confermano l’assunto iniziale: fra i vecchi e i nuovi
valori delle soglie di decile ISEE le variazioni sono modeste; ciò che sembrerebbe dover
portare alla conclusione che poco o nulla sia cambiato a seguito della riforma
dell’istituto.
TAVOLA 4
DISTRIBUZIONE DECILICA DELL'ISEE ANTE E POST RIFORMA
DECIMI
soglia max ante
riforma
soglia max post
riforma
I 4'646 4'626
II 8'257 8'168
III 11'450 11'452
IV 14'679 14'723
V 18'348 18'622
VI 22'787 23'312
VII 28'117 29'237
VIII 36'066 37'991
IX 52'179 56'185
X Classe aperta
Fonte: elaborazione da modello di microsimulazione.
Un altro modo per intercettare gli effetti della riforma è osservare la distribuzione
dell’ISEE nelle classi reddituali più basse, quelle interessate alla richiesta dei servizi
agevolati. In proposito, la tavola 5 consente di verificare quale è la quota di popolazione
che sta sotto una soglia bassa dell’indicatore, pari a 3.000 euro.
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE
94
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 5
CONFRONTO TRA INDICATORI ISEE
Quota di popolazione al di sotto delle soglie fissate Quota di popolazione
Reddito disp equiv < 1/2 mediana 16,1%
ISR (equiv) ante riforma < 3.000 8,9%
ISEE ante riforma < 3.000 7,1%
ISR (equiv) post riforma < 3.000 9,4%
ISEE post riforma < 3.000 6,7%
Fonte: modello di microsimulazione
Nella tavola si riporta la quota di popolazione con reddito disponibile equivalente
al di sotto della metà del valore mediano (16,1 per cento), un indicatore spesso usato per
quantificare l’area di povertà relativa.
Successivamente sono quantificate le quote di popolazione (prima e dopo la
riforma) che si collocano al di sotto di 3mila euro rispettivamente di ISEE e di ISR (il
solo indicatore reddituale). Si osserva che con la riforma la quota di popolazione con
ISEE sotto la soglia di 3mila euro scende (dal 7,1 per cento al 6,7 per cento) mentre sale
quella riferita al solo indicatore reddituale. Se ne deduce che la ratio che ha guidato il
riformatore è stata quella di sfavorire maggiormente i possessori di patrimonio.
Anche il calcolo delle medie e mediane (tavola 6) prima e dopo la riforma –
riferito a ciascuno dei quattro indicatori (ISEE, ISE, ISR e ISP) – conferma tale
conclusione.
TAVOLA 6
CONFRONTO TRA INDICATORI ANTE E POST RIFORMA
Valori medi e mediani in migliaia
Ante riforma Post Riforma
ISEE
- Media 25.8 27.5
- Mediana 18.3 18.6
ISE
- Media 52.9 55.9
- Mediana 37.3 37.9
ISR
- Media 39.3 36.4
- Mediana 29.7 26.9
ISP
- Media 68.2 97.8
- Mediana 21.7 38.9
Fonte: elaborazione da modello di microsimulazione.
Risulta infatti evidente come l’ISEE e l’ISE crescano poco con la riforma; ma
questo fenomeno scaturisce dalla combinazione di due effetti contrapposti: una
riduzione dell’indicatore reddituale (da 39.300 a 36.400 euro) ed un forte aumento di
quello patrimoniale (da 68.200 a 97.800), di quasi il 50 per cento.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 95
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Anche i valori assoluti patrimoniali e delle sue componenti (tavola 7) confermano
che con la riforma – e a parità di condizioni – crescono entrambe le componenti, ed in
particolare quella immobiliare (interessata dal citato aumento del 60 per cento dei valori
catastali).
TAVOLA 7
CONFRONTO TRA INDICATORI PATRIMONIALI ANTE E POST RIFORMA
Somma (miliardi) Media
ANTE RIFORMA
Valore Immobiliare 3'214 54'112
Valore attività finanziarie 834 14'039
Totale patrimonio 4'048 68'151
Totale patrimonio ai fini Isee (20%) 810 13'630
POST RIFORMA
Valore Immobiliare 4'835 81'408
Valore attività finanziarie 972 16'366
Totale patrimonio 5'807 97'774
Totale patrimonio ai fini Isee (20%) 1'161 19'555
Fonte: elaborazione da modello di microsimulazione.
Nell’ultima tavole (tavola 8) sono infine presentate le differenze fra i valori ante
e post riforma dell’ISEE e di ciascuno dei suoi tre componenti.
TAVOLA 8
DIFFERENZE TRA INDICATORI POST E ANTE RIFORMA
Analisi per numero di componenti, area geografica, quinti di reddito equivalente e reddito prevalente in famiglia
Diff. % ISEE Diff. % ISE Diff. % ISR Diff. % ISP
Media Mediana Media Mediana Media Mediana Media Mediana
Totale popolazione 6.5 1.5 5.7 1.6 -7.4 -9.4 43.5 79.2
NUMERO COMPONENTI FAMIGLIA
1 componente 14.5 9.2 10.2 2.8 -7.5 -10.3 53.9 361.5
2 componenti 9.5 4.6 8.7 3.9 -7.1 -8.7 45.1 73.4
3 componenti 3.7 -0.8 4.0 0.0 -8.2 -9.2 41.9 70.4
4 componenti 3.5 -0.1 3.9 0.3 -7.6 -10.7 41.7 64.0
5 componenti 1.4 -1.7 6.7 2.7 -5.2 -8.8 41.3 74.8
6 o più componenti -0.9 -4.9 5.0 4.8 -7.0 -0.1 38.9 220.8
AREA GEOGRAFICA
Nord Ovest 6.0 0.3 5.2 0.7 -7.4 -9.3 40.5 71.0
Nord Est 5.2 -0.3 4.4 2.0 -7.8 -10.1 40.1 58.7
Centro 7.3 2.7 6.1 2.7 -7.8 -9.3 43.7 66.8
Sud e Isole 7.6 1.9 7.2 0.9 -6.7 -9.6 50.1 127.4
QUINTI DI REDDITO EQUIVALENTE
I 6.4 -0.9 6.7 -0.2 -7.2 -8.4 44.9 0.0
II 1.8 -3.8 2.4 -3.4 -9.9 -11.7 48.8 199.4
III 3.5 -1.8 3.0 -0.4 -10.2 -11.8 47.1 88.6
IV 5.3 1.2 4.2 1.7 -8.9 -10.1 46.9 62.1
V 9.0 4.4 8.2 4.9 -4.8 -7.0 39.9 38.6
REDDITO PREVALENTE FAMIGLIA
Lavoro dipendente -0.9 -4.7 -0.2 -3.3 -9.8 -10.8 43.3 99.4
Pensioni, imponibili o esenti 12.5 10.2 9.9 8.4 -6.3 -8.3 43.7 70.6
Collaborazione coordinata 10.1 4.4 12.2 13.2 -1.9 -8.0 43.4 54.4
Lavoro autonomo 9.6 7.6 10.2 7.9 -1.2 -3.3 44.8 67.2
Capitale (imm+mob), senza altri redditi 28.3 16.4 27.2 27.3 -5.9 -7.9 43.1 49.1
Capitale (imm+mob), altri redditi presenti 10.2 4.4 10.4 9.3 -6.5 -8.2 42.0 59.8
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE
96
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
E’ possibile sottolineare che la riforma dell’istituto:
a) svantaggia i nuclei con un ridotto numero di componenti, a vantaggio di quelli
numerosi. A parità di condizione reddituale e patrimoniale, i primi si vedono
determinare un valore di ISEE più alto rispetto al passato, laddove i secondi (con
valori ISEE inferiori) risultano agevolati nell’accesso alla spesa sociale ;
b) accresce leggermente il valore dell’ISEE nel centro e nel mezzogiorno, a
testimonianza della “restrizione” che subirebbero i relativi nuclei interessati ad
accedere alle prestazioni dello stato sociale;
c) avvantaggia il secondo e terzo quinto di reddito equivalente (l’indicatore
tradizionalmente usato nelle analisi redistributive) più di quanto faccia con il primo,
quello relativo ai più poveri;
d) avvantaggia nettamente il lavoro dipendente (ove prevalente in famiglia)
svantaggiando i redditi da pensione (effetto atteso, posto che i pensionati
posseggono quote più elevate di patrimonio).
LA QUANTIFICAZIONE DEL REDDITO E DEL PATRIMONIO
Il nuovo ISEE, analogamente al vecchio, viene calcolato come la somma di un indicatore
della situazione reddituale ed il 20 per cento di un indicatore della situazione
patrimoniale, rapportati alla “scala di equivalenza”, cioè la somma dei pesi/coefficienti
attribuiti, a seconda delle caratteristiche, agli individui appartenenti ad un nucleo
familiare. In formula abbiamo:
ISEE = (ISR + 20% x ISP)/scalaeq
Dove ISR è l’indicatore della situazione reddituale, ISP quello della situazione
patrimoniale e scalaeq la somma dei singoli pesi/coefficienti.
Più è alto il coefficiente attribuito ad un individuo, più si alza il denominatore di questo
rapporto e si abbassa di conseguenza l’indicatore di capacità contributiva rappresentato
dall’ISEE, attribuito indifferentemente a ciascun membro della famiglia (in ossequio
all’ipotesi che le disponibilità familiari siano equamente indirizzate all’interno del
nucleo).
L’art. 4 del dPCM di riforma stabilisce i criteri per la determinazione dell’indicatore
della situazione reddituale (ISR): ai fini del calcolo dell’indicatore, si sommano i redditi
dei singoli al netto dei relativi importi deducibili; da tale somma sono poi detratte le spese
o le franchigie riferite al nucleo familiare.
I redditi considerati sono dunque, oltre al reddito complessivo Irpef, quelli soggetti a
imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta, e ogni altra componente reddituale
esente da imposta.
All’ammontare del reddito individuale devono essere sottratti fino a concorrenza
l’importo degli assegni periodici effettivamente corrisposti al coniuge separato ed ai figli,
le spese sanitarie per disabili fino ad un massimo di 5.000 euro, il 20 per cento dei redditi
da lavoro dipendente fino ad un massimo di 3.000 euro, il 20 per cento dei redditi da
pensione inclusi nel reddito complessivo Irpef fino ad un massimo di 1.000 euro.
Dalla somma dei redditi dei componenti il nucleo si sottraggono poi fino a concorrenza le
seguenti spese o franchigie familiari:
a) il canone annuo previsto nel contratto di locazione fino ad un massimo di 7.000 euro
più 500 euro per ogni figlio successivo al secondo;
b) la spesa sostenuta per collaboratori domestici e addetti all’assistenza personale di
persone non autosufficienti o, in alternativa e in caso di ricovero presso strutture
residenziali, l’ammontare della retta versata per l’ospitalità alberghiera;
c) una franchigia pari a 4.000 euro per ciascuna persona con disabilità media,
incrementati a 5.500 se minorenne;
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 97
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
d) una franchigia pari a 5.500 euro per ciascuna persona con disabilità grave,
incrementati a 7.500 se minorenne;
e) una franchigia pari a 7.000 euro per ciascuna persona non autosufficiente,
incrementati a 9.500 se minorenne.
Insomma, l’indicatore reddituale è diminuito innanzitutto di alcune spese deducibili dei
singoli e poi di quelle del nucleo familiare del dichiarante.
Il reddito complessivo Irpef porta con sé una forte sottostima del reddito scaturente dal
possesso di immobili, a causa della combinazione di bassi valori catastali e bassa quota di
redditività da riportare in Irpef (1 per cento).
Per contro, si determina una netta sovrastima dei redditi finanziari. Considerare infatti
un reddito figurativo pari al tasso dei BTP decennali o, se minore, al tasso legale
maggiorato di un punto, equivale a non considerare che il rendimento di significative
quote mobiliari (in primis conti correnti e depositi di vario genere) è spesso nullo o molto
più basso, anche a causa delle spese di commissione.
La determinazione dell’indicatore patrimoniale è, invece, la parte del nuovo ISEE che
subisce meno modifiche sostanziali, riproducendo la logica del vecchio ISEE, anche se
con un significativo incremento dei valori immobiliari nell’ordine del 60 per cento, a
causa del suo aggancio all’imponibile IMU.
Il patrimonio immobiliare infatti è la somma dei valori individuali pari agli imponibili ai
fini IMU, cioè ai valori catastali rivalutati dapprima del 5 per cento e poi di un ulteriore
60 per cento introdotto dalla disciplina IMU. Ciascun immobile entra nella sommatoria al
netto del valore residuo del debito per mutuo residuo, analogamente alla precedente
disciplina.
Per la casa di abitazione di proprietà, analogamente alla previgente franchigia ed in
parallelo con l’abbattimento reddituale previsto per le famiglie in affitto, è prevista una
franchigia di 52.500 euro, questa volta incrementata anche di 2500 euro per ciascun figlio
successivo al secondo.
Il patrimonio mobiliare, a differenza della precedente formulazione, viene
abbondantemente dettagliato nelle sue varie tipologie e modalità di calcolo, permanendo
il valore di stock a fine anno, salvo il riferimento antielusivo alla consistenza media
annua: depositi e conti correnti bancari e postali, titoli di Stato, obbligazioni, azioni, ecc..
Anche per il patrimonio mobiliare si riduce leggermente la precedente franchigia di circa
15.500 euro, essendo ora stabilita in maniera molto articolata: da 6.000 euro, accresciuta
di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un
massimo di 10.000 euro. La predetta soglia è incrementata di 1.000 euro per ogni figlio
componente il nucleo familiare successivo al secondo. Tale franchigia non si applica ai
fini della determinazione dell’indicatore della situazione reddituale.
IL CONTROLLO DELLE DICHIARAZIONI RESE DAGLI UTENTI
Il controllo di veridicità delle dichiarazioni (DSU) avviene in due fasi.
Dapprima l’Agenzia delle entrate verifica con procedure automatizzate per tutte le
dichiarazioni il sottoinsieme di dati in possesso dell’anagrafe tributaria, comunicando le
corrispondenze e le discrepanze all’INPS. Così sono tempestivamente controllate non
solo tutte le informazioni di tipo dichiarativo, ma anche la corrispondenza dei conti
finanziari.
Ricevuto il primo set di controlli automatizzati, e prendendo per buoni i rimanenti dati
dichiarati, l’INPS sarà in grado di calcolare l’ISEE e comunicare agli interessati anche
l’esistenza di discrepanze rilevate. Peraltro, in questa fase, si cerca di coniugare l’ampio
potere di controlli con l’esigenza di limitare i rischi di contestazioni penali di massa,
anche per piccoli errori od omissioni. E’ infatti previsto che in relazione ai dati
autocertificati dal dichiarante, l’Agenzia delle entrate, sulla base di appositi controlli
automatici, individui l’esistenza di omissioni, ovvero difformità degli stessi rispetto agli
elementi conoscitivi in possesso del Sistema informativo dell’anagrafe tributaria, inclusa
LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE
98
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
la presenza non dichiarata di rapporti finanziari. In presenza di omissioni o difformità, il
soggetto richiedente la prestazione ha la possibilità di modificare la DSU evitando le
contestazioni anche penali.
In un secondo stadio, dopo le eventuali correzioni apportate dal dichiarante all’originaria
DSU, sono effettuati i controlli più complessi mediante la creazione di “liste selettive” che
consentono di verificare l’attendibilità delle dichiarazioni rese da un campione di
contribuenti.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 99
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
1. Nella prima parte, il Rapporto ha proposto una valutazione generale
dell’andamento dei conti pubblici nel 2013 nel quadro dell’evoluzione
macroeconomica, con la finalità principale di verificare l’efficacia degli strumenti di
coordinamento impiegati negli anni della crisi economico-finanziaria e di trarne
indicazioni sul profilo programmatico delineato nei documenti governativi.
Particolarmente significativa appare, da questo punto di vista, l’analisi intesa a
misurare la distribuzione del peso del riaggiustamento tra le principali categorie e
funzioni della spesa pubblica (e delle entrate) e tra livelli di governo, amministrazioni
centrali ed enti territoriali.
In questo capitolo, in linea con lo schema generale, viene sottoposto a verifica il
contributo al riequilibrio dei conti pubblici del 2013 dello Stato, con riguardo alle
diverse componenti della spesa e con riferimento agli effetti generati dai principali
provvedimenti di contenimento assunti nel periodo 2008-2013.
Come illustrato nelle precedenti edizioni del Rapporto, le analisi condotte si
svolgono principalmente nel quadro delle definizioni e degli aggregati di finanza
pubblica utilizzati nella contabilità nazionale, che costituisce lo schema di riferimento
entro il quale si verificano gli obiettivi programmatici europei.
Come è noto, la Corte dei conti sottopone il bilancio dello Stato ad un esame
molto approfondito che si conclude con la complessa procedura di parificazione del
rendiconto generale. In proposito, deve essere sempre sottolineato come le risultanze del
rendiconto, espresse nei termini della contabilità pubblica, possano discostarsi, anche
significativamente, dai consuntivi di entrata e di spesa elaborati in contabilità nazionale.
Una difformità che assume particolare rilievo operativo, se si considera che gli
obiettivi programmatici e i saldi, anche quando riferiti al comparto Stato, non possono
che riferirsi agli aggregati di contabilità nazionale, mentre gli strumenti di intervento,
nella loro articolazione normativa ed amministrativa, applicano necessariamente
correzioni al bilancio finanziario dello Stato, muovendosi, dunque, nell’ambito dei
momenti propri della contabilità pubblica (stanziamenti, impegni, pagamenti, ecc.).
Nei paragrafi seguenti, viene prima esaminato l’andamento segnato negli ultimi
anni dalla spesa statale, nel quadro della più generale tendenza al contenimento della
spesa pubblica.
Si effettua, poi, un confronto tra le previsioni per il 2013 relative al conto dello
Stato (nella definizione della contabilità nazionale), predisposte in occasione del DEF di
aprile 2013 e i risultati di consuntivo elaborati dall’Istat, allo scopo, soprattutto, di
verificare il grado di efficacia degli interventi correttivi con impatto sul 2013.
Tale comparazione è condotta con riguardo alle principali categorie economiche
della spesa statale oggetto delle misure di contenimento (o di accelerazione), ma con
uno specifico approfondimento sulla dinamica degli investimenti e in generale della
spesa in conto capitale.
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
100
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
IL BILANCIO DELLO STATO NEL QUADRO DEI CONTI PUBBLICI
2. I risultati del conto dello Stato per il 2013, nella definizione di contabilità
nazionale, consentono di proporre un raffronto con gli andamenti più generali di finanza
pubblica (ampiamente commentati nel capitolo primo) e di misurare quantità e qualità
dello sforzo di aggiustamento realizzato nell’ultimo quadriennio. Un periodo che segna
una netta inversione di tendenza rispetto all’intero arco degli anni 2000, durante il quale
la spesa pubblica, ma soprattutto la spesa statale, avevano registrato una dinamica molto
elevata in condizioni di netta decelerazione del Pil (tavola 1).
TAVOLA 1
LA SPESA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E DELLO STATO. ANNI 2000-2013
Totale
uscite
Totale
uscite
netto
interessi
Totale
uscite
Totale
uscite
netto
interessi
1995 5,8 4,7 6,7 5,0 52,5 41,0 37,8 26,5 7,9
1996 5,8 5,9 -1,0 -4,1 52,4 40,9 35,2 24,0 6,0
1997 -0,1 4,3 -3,1 3,0 50,1 40,9 32,7 23,7 4,5
1998 1,3 4,2 -8,3 -7,6 48,7 40,9 28,8 21,0 4,1
1999 1,4 4,4 -0,5 4,1 47,9 41,3 27,7 21,2 3,3
2000 1,3 1,4 -1,8 -2,4 45,9 39,6 25,8 19,6 5,7
1995-2000 2,6 4,1 -3,4 -0,3 5,2
2001 9,2 9,9 12,4 15,3 47,8 41,6 27,7 21,6 4,8
2002 2,4 3,9 1,2 3,3 47,2 41,7 26,9 21,5 3,7
2003 5,5 6,9 1,9 4,0 48,4 43,2 26,6 21,7 3,1
2004 3,0 3,8 2,7 4,1 47,8 43,1 26,2 21,6 4,2
2005 3,8 4,2 4,3 5,1 48,3 43,7 26,6 22,1 2,8
2006 5,3 5,5 6,6 7,3 49,0 44,3 27,3 22,9 3,9
2007 2,4 1,4 3,2 1,9 48,2 43,2 27,1 22,4 4,1
2008 3,5 3,3 0,7 -0,1 49,2 44,0 26,9 22,0 1,3
2009 3,1 4,9 8,4 12,9 52,5 47,9 30,1 25,7 -3,5
2000-2009 4,3 3,9 4,7 6,0 2,7
2010 -0,7 -0,8 -1,9 -2,4 51,1 46,5 28,9 24,6 2,1
2011 0,4 -0,5 -1,2 -3,2 50,4 45,4 28,1 23,4 1,8
2012 0,7 -0,4 0,9 -1,2 51,2 45,6 28,5 23,3 -0,8
2013 -0,2 0,3 -0,3 0,9 51,2 46,0 28,6 23,6 -0,4
2010-2013 0,0 -0,3 -0,6 -1,5 0,7
Variazioni % Inc. % di Pil
Variazioni
%
Anni
Amministrazioni
pubbliche
Stato
Amministrazioni
pubbliche
Stato
Pil
nominaleTotale
uscite
Totale
uscite
netto
interessi
Totale
uscite
Totale
uscite
netto
interessi
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Istat.
Solo nella seconda metà degli anni novanta il consistente dividendo dell’euro in
termini di minore costo del debito pubblico e la contestuale crescita del prodotto
nominale (più del 5 per cento medio annuo) avevano prodotto una flessione
dell’incidenza della spesa pubblica sul Pil (da poco meno del 53 per cento nel 1995 a
circa il 46 per cento nel 2000). Di rilievo era stato, in quell’arco temporale, il contributo
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 101
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
offerto dalla spesa dello Stato che segnava una riduzione di quasi il 3,5 per cento
all’anno (-0,3 per cento per la spesa primaria) abbassando la propria incidenza sul Pil di
ben 12 punti percentuali (7 punti per la primaria).
Negli anni duemila, invece, la spesa pubblica primaria dell’intera amministrazione
pubblica è cresciuta ad un ritmo medio annuo di poco inferiore al 4 per cento, con la
componente statale ancora più dinamica (circa il 6 per cento all’anno). Ciò è
intervenuto, come già segnalato, in un periodo concluso con la prima recessione
economica: tra il 2000 e il 2009 il Pil è aumentato meno del 3 per cento, in media
annua, in termini nominali. A fine periodo, dunque, l’incidenza della spesa pubblica sul
Pil ha superato nuovamente il 52 per cento.
L’impatto della crisi finanziaria internazionale e i conseguenti ripetuti interventi
correttivi del disavanzo pubblico, hanno prodotto, nei conti pubblici dell’Italia, un
notevole raddrizzamento, da imputare non soltanto all’aumento del prelievo fiscale, ma
anche al contenimento della spesa.
Se si osservano i risultati del quadriennio 2010-2013, nei dati cumulati, le spese
delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi diminuiscono dell’1,4 per cento;
la spesa primaria dello Stato addirittura di quasi il 6 per cento.
Due puntualizzazioni: il 2013 segna una parziale interruzione del percorso di
riduzione della spesa, con un rimbalzo che è più accentuato per lo Stato che per la spesa
pubblica complessiva. In secondo, luogo, come si preciserà più avanti, il riequilibrio
realizzato nel quadriennio è caratterizzato da un crescente sacrificio degli investimenti e
delle spese in conto capitale. Una tendenza che accomuna amministrazione centrale ed
amministrazioni territoriali.
La portata del contenimento della spesa statale viene colta con più efficacia se si
evidenzia la sola spesa finale per prestazione diretta di servizi alla collettività e per la
realizzazione di opere pubbliche. A tal fine, i consuntivi vanno considerati al netto dei
trasferimenti correnti e in conto capitale destinati agli altri enti della pubblica
amministrazione e, in particolare, alle amministrazioni regionali e locali (tavola 2).
Anche al netto di tali componenti, la spesa primaria dello Stato risulta diminuita,
rispetto al 2010, di quasi il 6 per cento. Uno sforzo di contenimento di grande rilievo,
ma del tutto sbilanciato nella sua composizione interna: ad una riduzione del 3,4 per
cento delle spese correnti (al netto degli interessi e dei trasferimenti ad enti pubblici) fa,
infatti, riscontro la caduta delle spese in conto capitale che ha raggiunto il 26 per cento.
La divaricazione tra spese correnti e in conto capitale si amplia nel consuntivo del 2013,
che registra il ritorno alla crescita delle prime (+2,0 per cento) e una pesante ulteriore
decelerazione delle seconde (-27,3 per cento).
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
102
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 2
LA SPESA PRIMARIA DELLO STATO AL NETTO DEI TRASFERIMENTI ALLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. ANNI
2010-2013
2010 2011 * 2012 2013 2011/
10
2012/
11
2013/
12
var.
base
2010
2010 2011 2012 2013
Spese correnti (al netto interessi) 352.516 344.368 336.634 345.186 -2,3 -2,2 2,5 -2,0 92,5 93,3 92,3 93,9
Spese correnti (al netto interessi e
trasferimenti enti pubblici) 148.697 146.296 140.738 143.560 -1,6 -3,8 2,0 -3,4 39,0 39,6 38,6 39,0
di cui: Redditi da lavoro
dipendente 92.445 90.935 90.003 90.161 -1,6 -1,0 0,2 -2,5 24,3 24,6 24,7 24,5
Consumi intermedi 20.697 21.097 17.565 17.468 1,9 -16,7 -0,6 -15,4 5,4 5,7 4,8 4,7
Contributi alla produzione 5.735 5.226 4.940 5.331 -8,9 -5,5 7,9 -6,4 1,5 1,4 1,4 1,4
Altre spese correnti 20.803 20.692 19.931 22.216 -0,5 -3,7 11,5 7,3 5,5 5,6 5,5 6,0
Altro 9.017 8.346 8.299 8.384 -7,4 -0,6 1,0 -7,0 2,4 2,3 2,3 2,3
Spesa in conto capitale (al netto di
trasferimenti enti pubblici) 16.023 16.784 16.207 11.788 4,7 -3,4 -27,3 -26,0 4,2 4,5 4,4 3,2
di cui: Investimenti fissi lordi 5.125 5.085 4.869 3.890 -0,8 -4,2 -20,1 -25,1 1,3 1,4 1,3 1,1
Contributi in conto capitale
alle imprese 9.428 9.934 9.540 7.313 5,4 -4,0 -23,3 -21,9 2,5 2,7 2,6 2,0
Altre spese in conto capitale 1.470 1.765 1.798 585 20,1 1,9 -67,5 -45,5 0,4 0,5 0,5 0,2
Spesa totale primaria 381.130 368.987 364.585 367.765 -3,2 -1,2 0,9 -3,5 100,0 100,0 100,0 100,0
Spesa totale al netto di
interessi e trasferimenti a enti
pubblici 164.720 163.080 156.945 155.348 -1,0 -3,8 -1,0 -5,8 43,2 44,2 43,0 42,2
milioni variazioni %
composizione % spesa
primaria
Spese
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Istat.
* La spesa in conto capitale del 2011 è calcolata, per motivi di comparabilità dei risultati, al lordo delle assegnazioni
dei diritti d'uso delle frequenze.
UN CONFRONTO TRA PREVISIONI E CONSUNTIVO: IL CONTO DELLO STATO
3. L’interruzione, intervenuta nel 2013, nel percorso di contenimento della spesa
statale e, soprattutto, la asimmetria che va accentuandosi tra spesa corrente ed
investimenti pubblici suggerisce di procedere ad un confronto tra le proiezioni
predisposte in occasione del DEF dell’aprile 2013 e il consuntivo Istat. E ciò per tentare
una verifica della rispondenza degli andamenti della spesa statale, nel 2013, agli
indirizzi programmatici e dell’efficacia degli strumenti allo scopo impiegati.
Si tratta di confronti che possono essere condotti solo entro gli schemi definitori
della contabilità nazionale (utilizzando, quindi, il Conto dello Stato elaborato secondo le
regole del SEC). Ma, in ogni caso, nell’illustrazione che segue si è scelto di mantenere
un riferimento costante anche al rendiconto finanziario dello Stato che, pur essendo
poco significativo come indicatore delle tendenze dei saldi di finanza pubblica, resta la
base di riscontro più adatta per misurare l’efficacia degli strumenti utilizzati per il
controllo dei flussi di spesa.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 103
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 3
CONTO DELLO STATO 2011-2013: CONFRONTO TRA PREVISIONI E CONSUNTIVO
(milioni) (%) (milioni) % (milioni) %
2011 2012 2013 2011 2012 2013
Redditi da lavoro
dipendente 91.520 89.566 88.237 90.935 90.003 90.161 1.924 2,2 -1.329 -1,5 158 0,2
Consumi intermedi 21.647 18.757 17.053 21.097 17.565 17.468 415 2,4 -1.704 -9,1 -97 -0,6
Prestazioni sociali 3.682 3.600 3.730 3.682 3.653 3.835 105 2,8 130 3,6 182 5,0
Trasferimenti ad enti
pubblici 197.571 194.601 189.549 198.072 195.896 201.626 12.077 6,4 -5.052 -2,6 5.730 2,9
Altre spese correnti (netto
interessi) 29.932 28.416 31.708 30.582 29.517 32.096 388 1,2 3.292 11,6 2.579 8,7
SPESECORRENTI(netto
interessi) 344.352 334.940 330.277 344.368 336.634 345.186 14.909 4,5 -4.663 -1,4 8.552 2,5
Interessi passivi 74.519 82.836 80.570 74.498 82.723 78.312 -2.258 -2,8 -2.266 -2,7 -4.411 -5,3
TOTALESPESE
CORRENTI 418.871 417.776 410.847 418.866 419.357 423.498 12.651 3,1 -6.929 -1,7 4.141 1,0
TOTALESPESEIN
C/CAPITALE 25.012 28.953 28.794 24.619 27.951 22.579 -6.215 -21,6 -159 -0,5 -5.372 -19,2
Investimenti fissi lordi 5.101 5.170 6.359 5.085 4.869 3.890 -2.469 -38,8 1.189 23,0 -979 -20,1
Contributi agli investimenti
esterni 11.103 10.481 11.350 11.699 11.338 7.898 -3.452 -30,4 869 8,3 -3.440 -30,3
Contributi agli
investimenti ad enti
pubblici 11.775 13.070 10.551 11.662 11.744 10.791 240 2,3 -2.519 -19,3 -953 -8,1
Altri trasferimenti in
c/capitale -2.967 232 534 -3.827 0 0 -534 -100,0 302 130,2 0
TOTALESPESEFINALI
(netto interessi) 369.364 363.893 359.071 368.987 364.585 367.765 8.694 2,4 -4.822 -1,3 3.180 0,9
TOTALESPESEFINALI 443.883 446.729 439.641 443.485 447.308 446.077 6.436 1,5 -7.088 -1,6 -1.231 -0,3
aprile 2013 marzo 2013
(milioni)
SPESE
DEF ISTAT
DEF IstatIstat/Def
DIFFERENZE
2013/20122013
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati DEF 2013 e consuntivo Istat.
Nel Conto dello Stato, il confronto tra il consuntivo e le proiezioni predisposte in
occasione del DEF 2013 evidenzia un’inversione di segno nell’andamento delle spese
correnti al netto degli interessi: si prevedeva una flessione dell’1,4 per cento, mentre il
risultato indica per il 2013 un aumento del 2,5 per cento. Si tratta di circa 15 miliardi in
più di spesa corrente primaria, solo in parte compensata da una minore spesa per
interessi che, sempre rispetto alle proiezioni dell’aprile 2013, ha superato i due miliardi
(tavola 3).
Si può rilevare come l’intero contributo in termini di contenimento delle spese sia
da imputare al crollo della spesa in conto capitale, che evidenzia una marcata deviazione
dal profilo indicato nel DEF 2013, che rifletteva una stima degli effetti di sostegno
assegnati ai più recenti provvedimenti. Così, a fronte di un incremento degli
investimenti fissi lordi previsti superiore al 23 per cento si verifica, a consuntivo, una
flessione del 20 per cento; mentre ancora maggiore (30 per cento) è la caduta dei
Contributi agli investimenti esterni, per i quali si era previsto, invece, un aumento dell’8
per cento. Tra i fattori alla base dell’andamento sfavorevole, rispetto alle previsioni,
della spesa in conto capitale dello Stato nel 2013 vanno segnalate, in particolare, con
riguardo agli investimenti fissi lordi le minori erogazioni di somme connesse alla
ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto in Abruzzo e in Emilia e con riferimento
ai contributi agli investimenti la mancata sottoscrizione dei contratti di programma con
Anas e Ferrovie dello Stato.
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
104
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
La rilevante portata della flessione di investimenti e spese in conto capitale ha
indotto a verificare le cause principali del rallentamento attraverso un esame dei
principali capitoli di spesa del bilancio dello Stato, i cui risultati sono illustrati, in modo
sintetico, nei paragrafi seguenti.
Per quanto riguarda la spesa corrente primaria, nel capitolo “Una politica per il
pubblico impiego” il Rapporto analizza, sia pure con riferimento all’intero comparto
delle amministrazioni pubbliche, le tendenze registrate nel 2013 e i fattori principali alla
base degli andamenti osservati.
Di seguito, invece, vengono fornite sintetiche informazioni sulla dinamica dei
consumi intermedi dello Stato, una voce di spesa di particolare interesse essendo stata,
in questi anni, la principale categoria oggetto dei tagli lineari a più riprese applicati al
bilancio dello Stato; mentre seguita a costituire un riferimento “privilegiato” anche nel
profilo programmatico dei risparmi affidati alla spending review.
I CONSUMI INTERMEDI
4. Nel 2013, i consumi intermedi dello Stato, secondo la definizione della
contabilità nazionale, segnano ancora una riduzione (-0,6 per cento) rispetto al 2012; un
risultato molto distante sia da quello conseguito lo scorso anno (-16,7 per cento) sia
dalla previsione che era stata avanzata al momento del DEF di aprile 2013 (-9 per
cento).
Il dato di consuntivo conferma, con chiara evidenza, quanto già anticipato nel
primo capitolo del rapporto: l’anno passato ha visto interrompersi la tendenza verso un
deciso contenimento della spesa pubblica corrente al netto degli interessi; e i consumi
intermedi, cioè gli acquisti di beni e servizi, non si sottraggono a tale valutazione.
Ma l’analisi dei fattori che hanno determinato questo minor rigore nel controllo
della spesa richiede qualche puntualizzazione, poiché – come si è più volte illustrato nei
precedenti Rapporti – la voce “Consumi intermedi dello Stato” è costruita, nella
contabilità nazionale, secondo regole che possono indurre a valutazioni imprecise sulle
ragioni alla base dell’andamento annuale. Basti, in proposito, ricordare che la
relativamente modesta dimensione di tale categoria di spesa (meno di 20 miliardi) è, a
sua volta, composta solo per poco più della metà dalle risultanze del bilancio dello Stato
e, per il resto, da “correzioni di contabilità nazionale”, che nella sostanza possono anche
ribaltare gli andamenti osservati in sede di rendiconto finanziario.
L’osservazione non è priva di rilievo, se si tiene conto del fatto che una delle
finalità principali del Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica è di tentare di
misurare il grado di efficacia degli strumenti di intervento con impatto sul 2013, i quali,
nella loro attuazione amministrativa, non possono che applicarsi al bilancio finanziario
dello Stato.
Anche con riguardo al 2013, infatti, hanno operato provvedimenti che, attraverso
tagli lineari ed accantonamenti, avrebbero dovuto produrre un’importante ulteriore
flessione della spesa finale.
E’, pertanto, opportuno analizzare i risultati del rendiconto dello Stato in termini
finanziari e di integrare solo successivamente le indicazioni che provengono dal
raccordo con la contabilità nazionale, nel quale pesano notevolmente voci di spesa non
classificate nel bilancio dello stato tra i consumi intermedi (come le attrezzature militari,
i servizi di intermediazione finanziaria ecc.).
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 105
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
2010 2011 2012 2013 2011/102012/11 2013/12 2010 2011 2012 2013
rendiconto dello Stato 9.800 10.969 10.527 12.183 11,9 -4,0 15,7 47,3 52,0 59,9 69,7
correzioni di contabilità nazionale 10.897 10.128 7.038 5.285 -7,1 -30,5 -24,9 52,7 48,0 40,1 30,3
conto economico dello Stato 20.697 21.097 17.565 17.468 1,9 -16,7 -0,6 100,0 100,0 100,0 100,0
Consumi intermedi
milioni di euro variazioni % composizione %
Nel prospetto sono poste a confronto le risultanze del rendiconto dello Stato,
come parificato dalla Corte dei conti, e il conto dello Stato, come elaborato dall’Istat. La
registrazione per competenza economica dei consumi intermedi (secondo il SEC’95) è
approssimata al meglio dagli impegni di bilancio, che identificano il momento del
perfezionamento di un contratto di fornitura dei beni e servizi, con il conseguente
obbligo di pagamento da parte dell’amministrazione (non necessariamente regolato
nello stesso esercizio finanziario). Le due componenti mostrano anche nel 2013
andamenti divergenti. Mentre, infatti, gli impegni di spesa per consumi intermedi –
come rappresentati nel rendiconto dello Stato – segnano un aumento di quasi il 16 per
cento, che fa seguito a un andamento oscillante del biennio precedente, l’insieme delle
voci che integrano le correzioni di contabilità nazionale concorrono, con una flessione
di circa il 25 per cento rispetto al 2012, a bilanciare l’andamento complessivo della
spesa che, come già ricordato, indica un risultato in lieve riduzione (-0,6 per cento)
rispetto all’anno precedente.
Ma, proprio con riguardo al 2013, anche la consueta analisi separata dei risultati
di bilancio e di quelli delle poste correttive di contabilità nazionale non è sufficiente a
chiarire quale sia stato, nella sostanza, l’esito dei provvedimenti intesi a ridurre ancora i
livelli della spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni statali.
Si è, infatti, verificata nel 2013 una modifica negli assetti istituzionali che
comporta rilevanti effetti sui livelli di spesa imputabili al bilancio, ma alterando il
confronto con gli anni precedenti se non si procede a rendere omogenee le serie
storiche.
Si tratta, in particolare, degli effetti dell’accorpamento dell’Amministrazione
autonoma dei monopoli di Stato nell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, come
previsto dall’articolo 23quater del decreto-legge n. 95 del 2012, che ha comportato
l’inclusione nel bilancio dello Stato, sia in uscita che in entrata, delle poste relative
giochi, scommesse e lotterie, fino al 2012 gestite nel bilancio dei Monopoli, ente non
compreso nella lista delle pubbliche amministrazioni.
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
106
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
TAVOLA 4
I CONSUMI INTERMEDI NEL BILANCIO DELLO STATO: IMPEGNI DI SPESA PER TIPOLOGIA
2010 2011 2012 2013 2011/10 2012/11 2013/12 2010 2011 2012 2013
2011 2012 2013
Beni di consumo 1.332 957 1.982 1.052 -28,2 107,2 -46,9 13,6 8,7 18,8 8,6 130 878 20
Pubblicazioni periodiche 19 20 18 15 9,3 -12,8 -13,5 0,2 0,2 0,2 0,1 - - 0
Armi e materiale bellico per usi
militari 448 214 224 192 -52,2 4,9 -14,3 4,6 2,0 2,1 1,6 - - -
Noleggi, locazioni e leasing
operativo 1.045 781 944 799 -25,2 20,9 -15,4 10,7 7,1 9,0 6,6 7 120 7
Manutenzione ordinaria e
riparazioni 1.421 1.294 1.296 1.209 -9,0 0,2 -6,8 14,5 11,8 12,3 9,9 57 - 27
Utenze, servizi ausiliari, spese
di pulizia 551 580 888 905 5,2 53,2 1,9 5,6 5,3 8,4 7,4 36 - 124
Spese postali e valori bollati 32 34 43 74 4,6 25,8 73,7 0,3 0,3 0,4 0,6 - - 30
Corsi di formazione 223 176 155 161 -21,4 -11,6 3,7 2,3 1,6 1,5 1,3 0 - 0
Spese per accertamenti sanitari
resi necessari dall'attività
lavorativa 69 197 94 57 187,5 -52,4 -38,7 0,7 1,8 0,9 0,5 103 - 0
Spese di rappresentanza,
relazioni pubbliche, convegni e
mostre, pubblicità 91 53 48 40 -41,6 -8,9 -17,2 0,9 0,5 0,5 0,3 - - 0
Commissioni, comitati, consigli 329 271 311 140 -17,7 14,6 -54,8 3,4 2,5 3,0 1,2 - - 0
Compensi per incarichi
continuativi 172 167 154 160 -2,9 -8,0 4,3 1,8 1,5 1,5 1,3 0 - 0
Studi, consulenze, indagini 118 105 79 76 -10,7 -24,7 -4,0 1,2 1,0 0,8 0,6 - - 0
Aggi di riscossione 504 558 518 3.079 10,6 -7,1 494,3 5,1 5,1 4,9 25,3 - - -
Commissioni su titoli 759 641 674 766 -15,6 5,2 13,6 7,7 5,8 6,4 6,3 - - -
Indennità di missione e rimborsi
spese viaggi 387 349 320 287 -9,7 -8,3 -10,6 3,9 3,2 3,0 2,4 - - -
Altri servizi 2.176 4.451 2.657 2.997 104,5 -40,3 12,8 22,2 40,6 25,2 24,6 1.215 - 133
Canoni FIP 123 121 121 172 -1,5 0,2 41,9 1,3 1,1 1,2 1,4 - - -
Fitti figurativi 0 0 0 0 0,1 -100,0 0,0 0,0 0,0 0,0 - - -
Totale consumi intermedi 9.800 10.969 10.527 12.183 11,9 -4,0 15,7 100,0 100,0 100,0 100,0 1.548 997 342
Aggi di riscossione 2.566 5,1 5,1 4,9 25,3
Totale consumi intermedi al
netto degli aggi di
riscossione 9.800 10.969 10.527 9.617 11,9 -4,0 -8,6 94,9 94,9 95,1 74,7
TIPOLOGIE
di cui: debiti
pregressi
milioni variazioni % composizione %
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati estratti dal SIRGS-CDC. Dati di preconsuntivo per l’esercizio 2013.
La conseguenza di tale modifica di contabilizzazione è quantitativamente
rilevante: risultano, infatti, nel rendiconto 2013, quasi 2,7 miliardi di euro di somme da
corrispondere ai concessionari delle lotterie a titolo di aggio e da versare all'entrata per
gli aggi ed i compensi trattenuti dai concessionari e dai rivenditori dei giochi (capitoli
3565, 3924 e 3926, registrati nella tabella di spesa del Ministero dell’economia e delle
finanze). Si tratta di somme che, in precedenza, non transitavano sul bilancio dello
Stato.
Come si può osservare dalla tavola, se si normalizza la serie storica dei risultati di
bilancio escludendo dal 2013 gli aggi di riscossione, la spesa per consumi intermedi
risulterebbe segnare una riduzione di poco meno del 9 per cento. Un andamento che
indicherebbe come, anche nell’anno passato, le misure di controllo degli acquisti
abbiano fornito esiti positivi.
Se si guarda, infine, agli andamenti per le diverse tipologie di beni e servizi, si
può osservare come gli impegni segnino una generale flessione, nonostante
l’integrazione degli stanziamenti destinati a debiti pregressi in applicazione del DL 35
del 2013, art. 5 (circa 342 milioni). Si osserva la continuità dell’andamento discendente
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 107
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
delle spese per pubblicazioni periodiche, per gli accertamenti sanitari resi necessari
dall’attività lavorativa, per le spese di rappresentanza, le relazioni pubbliche, i convegni
e le mostre, la pubblicità, commissioni comitati e consigli, studi, consulenze e indagini.
In particolare, alla forte riduzione degli acquisti di beni di consumo hanno
contribuito minori spese di acquisto di beni impegnate dal Ministero dell’interno e della
difesa, con riferimento specifico, tra l’altro, alla manutenzione, acquisto e
conservazione di mezzi, e al Ministero dell’economia e delle finanze. Si rilevano,
infatti, minori somme destinate al rimborso all’Istituto poligrafico e zecca dello Stato
Spa per la produzione e spedizione delle carte valori in formato elettronico e altre
forniture, e tra quelle da destinare alle spese di organizzazione e funzionamento. Al
contrario il Ministero dell’università e della ricerca scientifica registra un aumento delle
spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.
La rilevata flessione di quasi il 55 per cento delle spese per commissioni, comitati
e consigli è sostanzialmente riconducibile allo spostamento dai consumi intermedi alla
categoria economica relativa ai trasferimenti correnti alle imprese, per migliore
allocazione della spesa, dell’assegnazione di somme (circa 195 milioni) al Comitato
centrale per l’albo degli autotrasportatori da parte dal Ministero delle infrastrutture.
Un apprezzabile contributo alla riduzione delle indennità di missione e rimborsi
delle spese di viaggio risulta dai dati relativi ai Ministeri dell’interno e della difesa
(quasi 36 milioni), non compensato dall’aumento riscontrato sui capitoli del Ministero
degli esteri (che, con quasi 15 milioni, praticamente raddoppiano le spese sostenute nel
2012).
Di rilievo, infine, l’incremento riscontrato nelle spese comprese tra gli “altri
servizi”, tra le quali rilevano quelle imputate al Ministero dell’interno per esigenze
connesse ai servizi elettorali e le spese di giustizia e per intercettazione di conversazioni
e comunicazioni.
LA SPESA IN CONTO CAPITALE E IL BILANCIO DELLO STATO
5. Come è già stato ricordato, il consuntivo di finanza pubblica reso noto dall’Istat
nel marzo scorso conferma un andamento assolutamente critico degli investimenti
pubblici e della spesa in conto capitale1
che, nel complesso, segna una flessione del 12,9
per cento rispetto al 2012, in netto contrasto con le previsioni che, invece, prefiguravano
una ripresa di questa categoria di spesa così rilevante per le prospettive della crescita
economica.
1
Il valore della spesa per investimenti risente in maniera significativa dei principi dettati dal Sistema Europeo dei
conti (SEC’95) in relazione agli aggregati riferiti agli investimenti da considerare all’interno dei conti di contabilità
nazionale. Va infatti tenuto conto che una significativa parte della spesa, che in termini finanziari è in conto capitale,
non è considerata come investimento in beni durevoli, bensì inclusa nei costi per beni e servizi dell’esercizio nel
quale il bene entra nella disponibilità dell’amministrazione. Si tratta della spesa per ricerca e sviluppo e della spesa
per armamenti che, in termini di stanziamenti definitivi, nel bilancio dello Stato 2013 hanno rappresentato
complessivamente poco più del 6 per cento del totale della spesa in conto capitale, ma, rispettivamente, più del 12 per
cento della categoria Contributi agli investimenti delle AAPP (Cap. 7236 Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni
di ricerca) e più del 48 per cento della categoria Investimenti fissi lordi (Cap. 7120 Spese per costruzione e
acquisizione impianti e sistemi per la difesa nazionale). Va, altresì , rilevato che con l’adozione del regolamento
549/2013 relativo al Sistema Europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione europea (SEC2010), a decorrere dal
2014, entrambe le suddette tipologie di spesa saranno classificate come spese di investimento.
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
108
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Più precisamente, il quadro programmatico presentato nel DEF 2013 prospettava,
nel Conto delle Amministrazioni pubbliche, un aumento della spesa in conto capitale
complessiva da 47,8 a 55,3 miliardi, grazie all’incremento dei contributi in conto
capitale, pur in presenza di una riduzione degli investimenti fissi lordi del 3,3 per cento.
Il dato di consuntivo Istat da un lato rettifica in miglioramento il livello della spesa per
il 2012, portandola a 48,7 miliardi, e dall’altro quantifica la spesa 2013 in 42,5 miliardi,
in diminuzione per più di 6 miliardi, a causa, soprattutto, di una caduta netta dei
contributi agli investimenti, ma anche di un decremento molto più significativo degli
investimenti fissi lordi (-9,2 per cento) rispetto a quanto previsto nel DEF, confermando
un percorso di impoverimento patrimoniale costante per le amministrazioni pubbliche.
Gli investimenti fissi lordi si fermano nel 2013 a poco più di 27 miliardi, mentre,
solo due anni prima, sfioravano i 32 miliardi. Le Amministrazioni locali, che all’interno
delle pubbliche amministrazioni costituiscono il perimetro ove operano i più stringenti
vincoli di finanza pubblica, riducono gli investimenti fissi lordi (-5,6 per cento) in
misura relativamente minore rispetto alle Amministrazioni centrali (-20 per cento), ma
accentuano in maniera molto significativa il loro trend che nel 2012 era solo
leggermente discendente (-1,5 per cento). A ciò non è estranea la parziale inefficacia
delle misure contenute nel DL 35/2013 di sblocco dei pagamenti della PA, cui la Nota
di aggiornamento al DEF connetteva un aumento di spesa di oltre 4 miliardi rispetto al
2012.
TAVOLA 5
INVESTIMENTI FISSI LORDI PER SOTTOSETTORI
2010 2011 2012 2013 2010 2011 2012 2013
Amministrazioni centrali 8.581 9.223 7.803 6.210 0,55 0,58 0,50 0,40
Amministrazioni Locali 24.561 22.481 22.150 20.912 1,58 1,42 1,41 1,34
Enti di previdenza 282 281 -21 44 0,02 0,02 0,00 0,00
Totale PA 33.424 31.985 29.932 27.166 2,15 2,02 1,91 1,74
importi in milioni di euro in % del Pil
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Istat.
6. All’andamento così fortemente discendente degli investimenti fissi delle
Amministrazioni centrali ha contribuito largamente il bilancio dello Stato.
Il conto economico dello Stato predisposto in occasione del DEF 2013 (tavola 3)
prevedeva una spesa in conto capitale di 28,8 miliardi, in leggero decremento
complessivo rispetto al 2012 (0,5 per cento), risultante dalla forte riduzione dei
contributi ad investimenti di enti pubblici (19,2 per cento), in parte compensata
dall’incremento degli investimenti fissi lordi (23 per cento) e dei contributi agli
investimenti esterni (8,2 per cento).
Il consuntivo presenta un quadro diverso e decisamente peggiore: in valore
assoluto, la spesa in conto capitale 2013 supera di poco i 22,5 miliardi e presenta un
decremento del 19,2 per cento rispetto al valore 2012, rideterminato da Istat in 27,9
miliardi. Gli investimenti fissi lordi, invece dell’incremento previsto, mostrano una
riduzione di 980 milioni: rispetto alla previsione DEF, la riduzione è di circa 2,5
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 109
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
miliardi, pari al 38,8 per cento2
. I contributi agli investimenti diminuiscono anch’essi in
misura molto elevata: del 30,7 i contributi agli investimenti esterni e del 9,4 per cento
quelli ad enti pubblici. Si tratta di esiti connessi, in particolare, ai minori esborsi alle
società Ferrovie dello Stato e Anas, a causa della mancata sottoscrizione dei relativi
contratti di programma, ed alle minori risorse destinate alle Regioni e Province
autonome, alle quali non sono stati erogati 1,4 miliardi di euro per pagamento debiti
arretrati e che hanno utilizzato solo in minima parte le assegnazioni per la realizzazione
di interventi ricompresi nelle intese istituzionali di programma.
Va osservato, in via generale, che gli investimenti fissi lordi costituiscono la
misura dell’investimento pubblico rilevata nella quantificazione del Pil, e rappresentano
una grandezza aggregata, all’interno della quale non viene isolato il valore né del
deprezzamento né dell’obsolescenza dello stock del capitale esistente. La
quantificazione del reale apporto dei beni incrementali alla crescita economica di lungo
periodo (cioè del Pil potenziale) dovrebbe poter misurare la variazione degli
investimenti netti, depurando i valori lordi dal deprezzamento.
Nel Conto economico delle risorse e degli impieghi degli anni 2008-2012 esposto
dall’Istat nell’Annuario statistico del dicembre 2013, è rilevata una riduzione degli
investimenti fissi netti da 76 a 3,8 miliardi, con un crollo, nel solo 2012, dell’86,8 per
cento rispetto al 2011, mentre gli ammortamenti, che rappresentano il consumo di
capitale fisso per usura fisica ed obsolescenza, nel 2012 aumentano dell’1,6 per cento
passando da 276,7 a 281,1 miliardi. Fondamentale è la considerazione delle ricadute sul
sistema economico e produttivo che tali variazioni possono comportare nel lungo
periodo, considerato che gli ammortamenti, a parità di condizioni, segnalano la perdita
di capacità produttiva del sistema Paese mentre gli investimenti fissi netti, cioè i nuovi
investimenti, consentono di mantenere invariato lo stock di capitale fisso.
La rilevante portata della flessione di investimenti e spese in conto capitale ha
indotto a verificare le cause del rallentamento anche attraverso un esame dei principali
capitoli del bilancio dello Stato (si veda il Riquadro “Spesa in conto capitale dello Stato
e flessibilità di bilancio”).
SPESA IN CONTO CAPITALE DELLO STATO E FLESSIBILITÀ DI BILANCIO
La spesa in conto capitale iscritta nel bilancio dello Stato costituisce una percentuale non
particolarmente elevata della complessiva spesa finale. Nel 2013 gli stanziamenti definitivi
in c/capitale (circa 71 miliardi) sfiorano il 12 per cento dei 600 miliardi di spesa finale,
peraltro in forza di un significativo incremento rispetto al 2012 (la cui percentuale non
raggiungeva il 9 per cento) dovuto allo stanziamento di più di 16 miliardi, avvenuto in
corso d’esercizio, per fare fronte al pagamento dei debiti della PA, ex DL 35/2013. In
disparte ogni considerazione circa il forte sbilanciamento della spesa finale sulla spesa
corrente, quella in conto capitale rappresenta comunque il perimetro concreto ed
essenziale di risorse pubbliche su cui costruire politiche economiche finalizzate allo
sviluppo. Si tratta di risorse destinate ad investimenti diretti ed a trasferimenti alle
2
In linea con la forte riduzione degli investimenti fissi riscontrata nel consolidato nazionale è la situazione dei
pagamenti nel bilancio dello Stato riferiti alla categoria economica XXI “Investimenti fissi lordi” nel bilancio dello
Stato. A fronte di 11,18 miliardi di disponibilità che avrebbe potuto essere spesa (6,12 miliardi di impegni di
competenza più 5,06 miliardi di residui iniziali) i pagamenti totali hanno ammontato a soli 5,77 miliardi (3,18
miliardi di pagamenti di competenza e 2,58 miliardi di pagamenti in conto residui). Va, in più, nuovamente ricordato
che, nella riclassificazione delle spese in conto capitale fatta in sede di contabilità nazionale, le spese per armamenti
militari, che presentano una buona capacità di pagamento, non sono rilevati, come nel bilancio dello Stato, nella
categoria economica XXI bensì nella categoria relativa alla spesa per consumi intermedi.
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
110
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Pubbliche Amministrazioni e imprese, e rappresentano la congiunzione ineludibile tra
programmi credibili e crescita effettiva: diventa, quindi, particolarmente importante che
esse possano riscontrarsi in stanziamenti concreti, certi e tracciabili.
Un quadro di risorse stabili ed effettive va collocato all’interno di una programmazione
razionale, che risulti da una rigorosa attività di valutazione del fabbisogno infrastrutturale,
dalla definizione di una scala di priorità degli investimenti da realizzare e di
pianificazione di azioni rapide da intraprendere. Va, al riguardo, dato atto degli importanti
sviluppi normativi originati dalla legge di riforma della contabilità pubblica del 2009, dai
decreti legislativi n. 228 e n. 229 del 20113
, dal Codice degli Appalti e dalla normativa
sulla trasparenza (d.lgs. 33/2013), che hanno affrontato proprio l’aspetto della
programmazione, valutazione, rappresentazione contabile, semplificazione, accelerazione,
trasparenza e tracciabilità della spesa per investimenti. Ma va anche osservato che tali
innovazioni producono effetti con grande difficoltà. Ad esempio, il dPCM 3 agosto 2012 in
materia di linee guida per la valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche e di
pianificazione degli investimenti in opere pubbliche non ha trovato ancora concreta
applicazione da parte delle amministrazioni pubbliche; i termini previsti dal d.m. 26
febbraio 2013 del Ministero dell’economia e delle finanze in materia di informatizzazione
dei dati anagrafici, finanziari, fisici e procedurali relativi alle opere pubbliche dei
Ministeri e di monitoraggio dello stato di attuazione delle stesse, sono stati tutti rinviati dal
2013 al 2014 e 2015 (d.m. 10 agosto 2013)4
; l’obbligo di utilizzo della banca dati
AVCPass per la verifica telematica dei requisiti di partecipazione alle gare di appalto è
stato rinviato da gennaio 2013 a luglio 2014 (art. 9 del DL 150/2013).
In tale contesto, si è inteso verificare se, nel corso della gestione 2013 del bilancio dello
Stato, gli stanziamenti di spesa in conto capitale siano stati sostanzialmente conservati, in
modo da consentire la realizzazione dei programmi, ovvero siano stati indirizzati a
fronteggiare sopravvenute esigenze di flessibilità o crisi di liquidità.
A quest’ultimo proposito va, peraltro, evidenziato che i vincoli alla flessibilità della spesa
in conto capitale previsti dalla legge di contabilità pubblica, in forza dei quali è precluso
l'utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti (artt.
23, comma 3, e 33, comma 4 legge 196/2009), possono essere derogati ai sensi dell’art. 6,
comma 14, del DL 95/2012 che consente variazioni compensative di cassa tra “tutti” i
capitoli, ove questo si riveli necessario al fine di predisporre i pagamenti previsti nel piano
finanziario pluriennale dirigenziale: è stata, dunque, prevista la possibilità (seppure entro
il limite del triennio 2012-2014) che, attraverso un semplice decreto del ministro
competente, stanziamenti di conto capitale, oltre che essere utilizzati per diversa spesa di
investimento, siano destinati a finanziare anche spesa corrente.
Sono stati presi in esame gli aggregati di risorse (capitoli di spesa) più significativi sia per
entità di stanziamento iniziale che per tipologia di spesa finanziata, e con riguardo a
questi, sono state evidenziate le principali variazioni all’interno della spesa in conto
capitale e tra spesa in conto capitale e spesa corrente, la sopravvenienza e quantificazione
di tagli o di incrementi di risorse, la dinamica dei più significativi capitoli-fondo.
La spesa in conto capitale analizzata è riferibile alle categorie economiche 21
“Investimenti fissi lordi”, 22 “Contributi agli investimenti alle AP”, 23 “Contributi agli
investimenti alle imprese”, 26 “Altri trasferimenti in conto capitale”, all’interno delle
quali sono stati selezionati diciotto capitoli (di cui cinque capitoli-fondo5
). L’analisi non
considera le allocazioni all’interno delle categorie 24 “Contributi agli investimenti alle
istituzioni private sociali” e 25 “Contributi agli investimenti verso l’estero” perché di
entità non significativa. Inoltre, esclusa dall’analisi perché non direttamente finalizzata
all’incremento del capitale fisso è la spesa riferibile alla categoria 31 relativa
all’acquisizione di attività finanziarie. Va però osservato che in corso di gestione, la spesa
allocata nella categoria 31 è stata oggetto di interventi finanziari particolarmente
3
Del contenuto dei due decreti legislativi si è dato ampiamente conto nel Cap. 7 del Rapporto 2013 sul
coordinamento di finanza pubblica – Maggio 2013 – Corte dei conti.
4
Con Circolare RGS 8 aprile 2014, n. 14 sono state date indicazioni per il monitoraggio delle opere pubbliche, ai
sensi del d.lgs. 229/2011
5
I capitoli-fondo vengono previsti solo in termini di stanziamento iniziale in quanto sono destinati, nel corso della
gestione, ad essere riversati interamente su capitoli operativi.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 111
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
importanti, pur se in gran parte straordinari, che hanno comportato un incremento, in
termini di stanziamento definitivo, di 24 miliardi.
Si tratta di risorse per la partecipazione a banche, fondi, e organismi internazionali
(capitolo 7175) e di risorse previste dal DL 35/2013, per assicurare agli enti territoriali la
liquidità necessaria per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili (capitolo 7398). Il
capitolo 7398 è stato istituito nel corso del 2013 ed è stato interessato da diversi
provvedimenti amministrativi di variazione, il più importante dei quali a seguito della
modifica al dl 35/2013 apportata dal DL 102/2013, che ha complessivamente rideterminato
la dotazione finale per l’anno 2013 in oltre 16,7 miliardi, integralmente impegnati e pagati
per 14,4 miliardi. Le tre Sezioni costituenti il fondo corrispondono a tre diversi piani
gestionali sui quali è transitata la spesa destinata al pagamento dei debiti degli enti locali,
delle Regioni e degli enti del SSN. Gli enti locali hanno avuto uno stanziamento definitivo
di 3,6 miliardi, integralmente impegnato e pagato; le Regioni hanno avuto uno
stanziamento definitivo di 5,6 miliardi, integralmente impegnato e pagato per 4,1 miliardi;
gli enti del SSN hanno avuto uno stanziamento definitivo di 7,5 miliardi, integralmente
impegnato e pagato per 6,7 miliardi.
Classificata nell’ambito di questa categoria economica è anche la spesa destinata alla
contribuzione per la sottoscrizione al capitale del Meccanismo Europeo di Stabilità
(capitolo 7605), per un importo di 5,7 miliardi disposto con il relativo provvedimento di
variazione nel corso del 2013.
Da quanto sopra emerge che le categorie considerate costituiscono il 93,6 per cento degli
stanziamenti iniziali della spesa in c/capitale, ma il 61 per cento degli stanziamenti
definitivi di competenza, mentre i diciotto capitoli ne rappresentano circa il 70 per cento.
Al netto della spesa imputabile alle categorie economiche escluse, la spesa qui considerata
rappresenta circa il 75 per cento della spesa in conto capitale, in termini di stanziamenti
iniziali. La percentuale scende al 70 per cento, se si considerano le previsioni di cassa.
Una delle ragioni del disallineamento con le disponibilità di cassa, risiede nel fatto che, in
presenza di risorse che finanziano attività che (non del tutto fisiologicamente) si realizzano
in ritardo o in tempi molto lunghi (es. per contratti di programma), l’amministrazione non
sempre provvede a dotare gli stanziamenti di competenza delle corrispondenti disponibilità
di cassa, utilizzando queste ultime per altre finalità. La percentuale dei pagamenti di
competenza è pari al 57,9 per cento dell’impegno, sempre con riferimento alla spesa qui
considerata ed esclusi i cinque capitoli fondo, non interessati dalla fase dell’impegno e del
pagamento. Se, invece, l’incidenza si misura sul totale della spesa in conto capitale, la
percentuale dei pagamenti di competenza riferiti ai capitoli considerati rappresenta il 26,6
per cento.
La scomposizione della spesa in conto capitale 2013 per categorie economiche,
distinguendo quelle qui analizzate dal totale, risulta dal seguente prospetto:
(importi in milioni)
Categoria di spesa
previsioni
iniziali
competenza
stanziamenti
definitivi
competenza
autorizzazioni
iniziali di
cassa
autorizzazioni
definitive di
cassa
impegni
lordi
pagato su
competenza
pagato su
residui
pagato
totale
Investimenti fissi lordi 5.266,57 6.551,42 6.131,42 7.246,45 6.541,03 3.180,46 2.582,17 5.762,63
Contributi agli investimenti
alle amministrazioni
pubbliche
10.830,99 13.872,52 11.438,90 15.898,79 13.861,63 11.396,95 2.991,15 14.388,10
Contributi agli investimenti
alle imprese
10.573,52 11.216,79 11.659,69 12.119,20 11.147,55 6.983,23 2.767,44 9.750,67
Contributi agli investimenti
a famiglie i istituzioni
sociali private
53,50 53,84 56,65 151,23 53,74 45,49 53,95 99,44
Contributi agli investimenti
a estero
395,56 770,45 404,96 779,39 769,10 757,00 6,38 763,38
Altri trasferimenti in
c/capitale
14.267,22 11.850,89 14.747,12 11.403,73 11.838,18 3.602,47 1.397,09 4.999,56
Acquisizioni di attività
finanziarie
2.338,74 26.964,05 2.493,74 27.347,05 26.963,60 24.597,71 451,08 25.048,79
Spese in c/capitale 43.726,10 71.279,96 46.932,48 74.945,84 71.174,83 50.563,31 10.249,27 60.812,58
Tot. categorie considerate
(cat.
XXI;XXII;XXIII;XXVI) 40.938,30 43.491,62 43.977,13 46.668,17 43.388,38 25.163,10 9.737,86 34.900,97
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS.
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
112
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Dall’analisi fatta derivano le seguenti considerazioni:
- i capitoli costituiti da risorse destinate ad investimenti in ambito prevalentemente militare
sono quelli che più degli altri mantengono integro lo stanziamento iniziale di competenza
anche in termini definitivi, implementano in corso di gestione quello di cassa e presentano
un’elevata capacità di pagamento, anche in termini di competenza: può, quindi, sostenersi
che la spesa per investimenti in ambito militare è quella con caratteristiche di maggiore
certezza.
- le realizzazioni più basse si riscontrano nelle grandi opere. Simbolico è il capitolo che
finanzia le grandi infrastrutture (7060) che presenta pagamenti sulla competenza inferiori
al 40 per cento degli impegni ed una complessiva capacità di pagamento del 33 per cento
rispetto alle disponibilità di spesa. La categoria economica di riferimento (26 “Altri
trasferimenti in conto capitale”) presenta la capacità di pagamento più bassa e la
maggiore reiscrizione in bilancio di somme andate in perenzione (1,41 miliardi).
- il settore operativo (escludendo, quindi, i fondi) che ha ricevuto la dotazione iniziale
minore è il trasporto rapido di massa e le infrastrutture portuali, mentre, in termini di
stanziamenti definitivi, è quello che sostiene l’autotrasporto. Al contrario, il settore
destinatario delle risorse più ingenti è quello militare, seguito da quello relativo al
finanziamento della rete ferroviaria infrastrutturale. Le ingenti risorse destinate al Gruppo
ferrovie dello Stato e, nelle specifico a RFI spa (Rete ferroviaria Italiana), possono porre
un problema di controllo della destinazione effettiva delle risorse e di necessità di
separazione contabile, non solo con finalità di trasparenza ma anche per escludere il
sostegno a settori che operano in regime di concorrenza (ad esempio, l’Alta Velocità) che
profilerebbe un illegittimo aiuto di Stato.
- nel corso della gestione, stanziamenti iniziali per circa un miliardo sono stati trasferiti da
capitoli di conto capitale prevalentemente del Ministero Infrastrutture e trasporti, a
capitoli di parte corrente. Posta la legittimità dell’operazione, e riconosciuta la necessità
che impegni di spesa volti a far fronte al pagamento di debiti commerciali non risultino
sprovvisti della relativa cassa, si richiama qui quanto al riguardo già osservato dalla Corte
dei conti6
, circa gli effetti di sostanziale indebolimento sia dei principi di non
dequalificazione della spesa in conto capitale, che della controllabilità dei circuiti che la
spesa segue in forza di semplici atti interni alle singole amministrazioni, con implicazioni
importanti anche in termini di certezza ed effettività delle coperture. Inoltre, con specifico
riguardo alle modalità di copertura degli oneri di spesa previsti dal d.l. 102/2013, la Corte
ha ulteriormente rimarcato7
l’improprietà dell’utilizzo di riduzioni di spesa in conto
capitale per finanziare spesa corrente, disattendendo vincoli specifici operanti sui bilanci
pubblici.
- il capitolo che ha subito i maggiori trasferimenti verso spesa corrente, in termini relativi
(più del 95 per cento dello stanziamento iniziale), è quello destinato al sostegno
dell’autotrasporto.
- i capitoli relativi a contributi in conto impianti sono quelli che subiscono, in valore
assoluto, le decurtazioni maggiori. Gli sfasamenti temporali nella sottoscrizione dei
Contratti di programma, parte investimenti, e le lungaggini procedurali determinano
un’eccessiva permanenza in bilancio di stanziamenti di risorse che soltanto in minima
parte vengono utilizzate in conto competenza, determinando irrigidimento di risorse e
incremento continuo ed abnorme della massa dei residui., Sono situazioni di questo tipo
che verosimilmente hanno determinato la scelta normativa di consentire lo spostamento dei
correlati stanziamenti di cassa, seppure in via derogatoria, destinandoli ad altre finalità,
anche di parte corrente in funzione del rispetto del cronoprogramma dei pagamenti.
6
Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi
pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2012. Delibera 1/2013 del 23 marzo 2013 - Sezioni Riunite della Corte
dei conti.
7
Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi
pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2013. Delibera 1/2014 del 18 febbraio 2014 - Sezioni Riunite della
Corte dei conti.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 113
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
IL SOSTEGNO DEGLI INVESTIMENTI E LA RIPROGRAMMAZIONE DEL
COFINANZIAMENTO NAZIONALE
7. La scarsità di risorse disponibili e l’urgenza di sostenere efficacemente settori
in crisi, con misure di impatto più immediato su sviluppo e crescita, hanno determinato
effetti rilevanti sulla politica degli investimenti adottata nel 2013, maggiormente ispirata
a criteri di rapido avvio, di elevata capacità di assorbimento di spesa, di bassa
intermediazione burocratica. La spesa non appare più privilegiare genericamente grandi
opere e infrastrutture, ma la continuità dei cantieri e il perfezionamento degli atti
contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori di opere specifiche e prioritarie: il mancato
rispetto delle finalità previste entro un termine, prestabilito e relativamente breve, è
sanzionato con la revoca delle risorse. In parallelo, si favoriscono programmi mirati a
sostenere le economie locali e interventi in settori di maggiore impatto sociale
(urbanistica, strade, scuole), ove possibile privilegiando procedure più rapide e snelle.
Ed anche i contratti di partenariato pubblico-privato sempre più prediligono opere di
importo unitario non elevato.
Nel 2013 è stato istituito un Fondo di 2.069 milioni di euro (per il quadriennio
2013-2017) per consentire la continuità dei cantieri in corso o per l’avvio di nuovi
lavori, c.d. sblocca cantieri, finalizzato a finanziare interventi di varia natura e opere
specifiche (art. 18, comma 1, del DL 69/2013). Con Decreto del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti 17 luglio 2013, pubblicato sulla GU 14 febbraio 2014,
sono stati individuati i criteri di riparto delle risorse allocate sul Fondo per la continuità
dei cantieri e gli interventi specifici finanziabili, anche nell’ambito dei programma di
interventi di RFI e ANAS (finanziamento di un programma degli interventi di
manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie per cui è stata stanziata e
impegnata la somma di 13 milioni, e finanziamento della gestione delle tratte
autostradali A24A25 “Strada dei Parchi” per cui è stata stanziata la somma di 82,2
milioni) Nel medesimo decreto è indicata la cadenza temporale da rispettare, onde
evitare la revoca dei finanziamenti stessi.
A valere sullo stesso Fondo, un importo di 100 milioni di euro è destinato al
Programma “6.000 campanili” per interventi nei comuni sotto i 5.000 abitanti
coinvolgendo il tessuto delle piccole e medie imprese. Con decreto del MIT del 30
agosto 2013 è stata approvata la Convenzione tra Ministero e Anci con la quale sono
stati disciplinati i criteri per l’accesso e l’utilizzo delle risorse. Un primo elenco di 115
progetti risultati ammissibili al finanziamento è stato approvato con d.m. 470 del 27
dicembre 2013 i cui disciplinari sono in corso di approvazione. Con la legge di stabilità
2014, sono stati assegnati ulteriori 50 milioni al Programma, in forza dei quali è stato
predisposto un secondo elenco di 59 interventi. Inoltre, il Programma è anche
destinatario di risorse derivanti dalla riprogrammazione del cofinanziamento nazionale
dei progetti finanziati con i Fondi FESR, come specificato più avanti.
Sempre nel 2013 è stato previsto un investimento straordinario di edilizia
scolastica, finanziato dall’INAIL fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni
2014-2016, nell’ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego di
propri fondi (art. 18, comma 8 e ss. del DL 69/2013). Il recente DL 66/2014 ha inoltre
previsto l’esclusione dai limiti previsti dal Patto di stabilità interno della spesa, entro il
limite di 122 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015, che i Comuni destinano ad
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
114
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
interventi di edilizia scolastica. Il medesimo articolo ha previsto anche un ulteriore
finanziamento di 300 milioni degli interventi in materia di edilizia scolastica, a valere
sulle assegnazioni relative al periodo di programmazione 2014-2020 del Fondo di
sviluppo e coesione, previa verifica dell’utilizzo delle risorse a tal fine assegnate
relativamente al periodo 2007-2013 e di quelle destinate dal Ministero delle
infrastrutture e trasporti ai programmi stralcio per la messa in sicurezza degli edifici
scolastici.
Tra le diverse misure adottate nel 2013 a sostegno degli investimenti va rilevata
(art. 19 DL 69/2013) la riduzione a 200 milioni del valore delle nuove opere
infrastrutturali di rilevanza strategica da realizzarsi con contratti di partenariato
pubblico-privato (la cui progettazione definitiva sia approvata entro il 31 dicembre
2016, per i quali non sono previsti contributi pubblici a fondo perduto ed è accertata la
non sostenibilità del piano economico-finanziario), quale requisito per il riconoscimento
da parte del titolare del contratto di un credito di imposta a valere sull'IRES e sull'IRAP
generate in relazione alla costruzione e gestione dell'opera. Si tratta di una delle misure
pensate per attrarre capitali privati nella realizzazione delle infrastrutture pubbliche,
incentivando tale forma di finanziamento.
L’esigenza di fare fronte alla scarsità di risorse pubbliche attraverso incentivi a
favore degli investimenti privati è sottolineata in tutti gli ultimi provvedimenti di
programmazione economica. Il recente Programma nazionale di riforme (PNR) 2014
suggerisce di aumentare il valore dei singoli bandi di gara, incentrandoli su pacchetti di
progetti e non su singole opere, di accentrare le gare, di creare uno standard unificato
per i bandi, le procedure e i contratti. Al fine di garantire il closing finanziario, prospetta
l’idea di costituire un fondo equity (fondo nazionale di risorse destinate alla
progettazione di opere in PPP) e di “rafforzare una qualificata e flessibile struttura
centrale di selezione delle opere idonee all’attrazione di capitali privati e di supporto
alle stazioni appaltanti”.
Si tratta di invertire la tendenza sempre più evidente di uno scarsissimo appeal del
PPP nei confronti dell’investitore privato. Se nel 2011 l’ammontare finanziario relativo
ai bandi gara per opere pubbliche che prevedevano il PPP era pari a circa 13.101 milioni
di euro, nel 2013 è stato pari a 5.154 (7.784 nel 2012) a fronte di un numero stabile di
bandi emessi (nel 2011 per un totale di 2.813, nel 2012 pari a 3.051, nel 2013 2.901). A
dimostrare il crollo della domanda di opere di importo unitario elevato, basta il dato
degli importi delle aggiudicazioni delle gare, a fronte di un numero delle gare
aggiudicate che rimane quasi stabile: rispetto agli 8.431 milioni di euro del 2011
relativo ad aggiudicazioni di gare per operazioni di PPP il crollo graduale nel 2012
(6.312 milioni) anticipa quello più rilevante del 2013 (pari a 3.197 milioni di euro).
8. La necessità di evitare dispersione di risorse e di assicurare tempestività agli
interventi a sostegno della crescita, ha portato anche ad elevare ad ordinario il
reperimento di risorse tramite la revoca di precedenti destinazioni improduttive e
attraverso la riprogrammazione dei programmi finalizzata alla riduzione del tasso di
cofinanziamento nazionale dei programmi finanziati con i Fondi strutturali 2007-2013.
Lo strumento delle revoche (ulteriormente ampliato con la legge di stabilità 2014 che,
per l’individuazione delle risorse da revocare, prevede anche l’intervento diretto del
CIPE) può, però, doversi misurare con tempi e procedure, oltre che con regole
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 115
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
contabili8
, i cui effetti possono ridimensionare significativamente le attese di nuovi
fondi derivanti dalle risorse revocate. Esso può, peraltro, funzionare soltanto se
sostenuto da un efficiente controllo delle procedure e monitoraggio fisico delle singole
opere ancora non concretamente avviato (v. paragrafo seguente), pur esistendo diversi
sistemi di monitoraggio non operanti in maniera integrata né piena, con presumibili
ricadute negative in termini di duplicazione di costi e di funzioni9
.
9. La riprogrammazione dell’impegno finanziario dello Stato sui programmi
comunitari può generare disponibilità finanziarie anche importanti.
Nel 2013 la riprogrammazione delle risorse ha superato i sette miliardi ed è stata
articolata in due fasi. La prima è stata effettuata a giugno 2013, a valle del DL 28
giugno 2013, n. 76, e si è basata sulla riduzione del cofinanziamento nazionale di
programmi nazionali, le cui risorse liberate sono state destinate prioritariamente a
finanziare l’insieme degli strumenti previsti dal citato DL 76 finalizzati a promuovere
l’occupazione giovanile e a contrastare la povertà. Le risorse individuate sono state di
circa un miliardo, tratte dalla riduzione del cofinanziamento del Programma Operativo
Nazionale (PON) dell’obiettivo “Convergenza” e dalla riprogrammazione delle risorse
del Piano azione coesione10
, secondo quanto previsto dagli artt. 1 e 3 del DL 76/201311
.
La seconda riprogrammazione, più consistente, è stata effettuata a dicembre 2013
ed ha riguardato la somma di 6,2 miliardi, così articolati: 2,2 miliardi da
8
Ad esempio, in materia di infrastrutturazione portuale, nella disponibilità delle Autorità portuali beneficiarie non è
immediatamente entrata la complessiva somma di 111 milioni di euro revocata ai sensi dell’art. 15 del DL 83/2012,
essendo in parte afferente a contratti di mutuo medio tempore risolti per sopravvenuta decorrenza del periodo di
utilizzo. E’ stato necessario, pertanto, modificare l’originaria disposizione, contenuta nel decreto 43/2012, con la
previsione di assegnare direttamente all’Autorità portuale beneficiaria la quota-parte delle risorse finanziarie ancora
disponibili iscritte nel bilancio dello Stato, relative ai contratti di mutuo risolti; il relativo provvedimento risulta di
recente sottoscritto dai Ministri competenti. Ed anche la somma di 34 milioni revocata dalla disponibilità del Piano
nazionale di sicurezza stradale (art. 20, comma 1, DL 69/2013) è in gran parte (16,5 milioni) non più utilizzabile
perché afferente a somme perente, entrate nelle economie di ciascuna annualità del limite di impegno quindicennale.
9
I sistemi di monitoraggio degli investimenti pubblici più importanti sono costituiti: dal Monitoraggio Opere
Pubbliche (MIP) istituito presso il CIPE, dal monitoraggio sulle opere facenti parte del Programma infrastrutture
strategiche (PIS) effettuato dalla struttura tecnica all’uopo prevista dall’art.163, comma 3 del Codice degli appalti, dal
monitoraggio sulle opere pubbliche di legge obiettivo, effettuato dalla Camera dei deputati in collaborazione con
l’AVCP. Nel DEF 2014 – Programma Nazionale di Riforma, parte II – si dà atto anche di un ulteriore progetto di
Monitoraggio finanziario delle Grandi Opere Pubbliche (MGO) elaborato presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri.
10
Com’è noto, il 15 novembre del 2011 d’intesa con la Commissione Europea è stato approvato il Piano azione
coesione, con il quale è stata definita un’azione strategica di rilancio del Mezzogiorno. Tale azione è finalizzata alla
concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda
digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi resi disponibili, attraverso una riduzione del
tasso di cofinanziamento nazionale, nell’ambito dei programmi operativi delle Regioni Convergenza e, in parte, dei
programmi delle altre Regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo) a rischio disimpegno. Il Piano è
attuato attraverso la rimodulazione strategica delle risorse dei singoli programmi operativi, con la riprogrammazione
di alcuni programmi regionali maggiormente in ritardo, con spostamento di risorse dei fondi strutturali verso quelli
maggiormente performanti, e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, che viene trasferita al di fuori dei
programmi operativi stessi, a favore degli interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione. In accordo
con la Commissione , la riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali avviene attraverso una diversa
percentuale della quota di cofinanziamento comunitario elevata dall’originario 50 al 75 per cento (limite massimo di
partecipazione), con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale.
11
Gli artt. 1 e 3 del DL 76, pongono a carico del Fondo di rotazione la parziale copertura delle misure ivi previste,
mediante rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo già destinate agli interventi del Piano di azione
coesione. Con d.m. 48/2013 il finanziamento del Piano di azione coesione da parte del Fondo di rotazione di cui alla
legge 183/1987 è stato riprogrammato prevedendo la ripianificazione di 5,58 miliardi, destinati agli interventi e linee
di intervento del Piano azione e coesione, secondo il prospetto allegato al d.m., e 322 milioni a favore delle misure
previste dagli artt. 1 e 3 del DL 76/2013.
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
116
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
riprogrammazione del Fondo Sviluppo e Coesione; 1,8 miliardi da riprogrammazione
del Piano azione coesione; 2,2 miliardi da riprogrammazione dei programmi dei Fondi
strutturali 2007-2013.
Tali risorse sono state finalizzate ancora a rinforzare il sostegno
dell’occupazione12
ed il contrasto della povertà13
, ed in più sono state destinate a
rafforzare il finanziamento delle misure per lo sviluppo delle economie locali previste
dal DL 69/2013. Si tratta: del c.d. “Piano Città”, programma gestito dal Ministero delle
Infrastrutture e Trasporti avviato nel 2012 (art. 12 del DL 83/2012) avente ad oggetto
interventi di riqualificazione urbana da concludersi entro dicembre 2015; del sopra
citato programma “6000 campanili” previsto dall’art. 18 del DL 69/2013, per interventi
attuabili da Comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti entro il 2014; di interventi
volti alla valorizzazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali, anche in
vista di Expo 2015, attraverso progetti presentati da Comuni tra 5000 e 150.000 abitanti
da realizzarsi in un periodo massimo di 15 mesi; degli interventi di riqualificazione,
messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici scolastici, sempre ai sensi
dell’art. 18 del DL 69/2013. A tali interventi sono destinabili fino a 3 miliardi a valere
sulle risorse del Piano azione coesione e sulla riprogrammazione dei POR Regioni
Campania, Calabria e Sicilia.
La disciplina di bilancio europea e il basso livello di domanda interna non
consentono politiche espansive sostenute da ulteriore ricorso al debito o da nuovo
inasprimento fiscale, e quindi, la scelta di ridurre il cofinanziamento nazionale di
programmi comunitari in ritardo di attuazione, ove è maggiore il rischio di disimpegno
automatico delle risorse, per indirizzare le risorse su obiettivi aventi un più alto grado di
priorità, può considerarsi una strada obbligata. Peraltro, essa cambia la percentuale di
finanziamento a carico dei Fondi strutturali sui programmi prescelti ma non modifica il
livello complessivo dei Fondi impiegati. Inoltre, consente di realizzare il duplice
obiettivo di elevare le performance della spesa nazionale certificata dalle istituzioni
comunitarie misurata su un numero di programmi inferiore, e di sottrarre le risorse
liberate alla scadenza prevista dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 per l’utilizzo
delle risorse, che, secondo la regola al momento vigente “n+2”, è il 2015.
Con riguardo al periodo 2014-2020, in applicazione della nuova disciplina
prevista dal recente Regolamento UE 1303/201314
, ad aprile 2014 il CIPE ha approvato
12
Rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per 1,2 miliardi (art. 1, comma 53 legge
stabilità 2014); interventi per sostenere nuova imprenditorialità per un miliardo (art. 2, comma 1, del DL 145/2013
c.d. Destinazione Italia); rafforzamento della decontribuzione per l’occupazione giovanile per 500 milioni da
riduzione del cofinanziamento di PON (DL 76/2013) cui si aggiungono 150 milioni da Piano azione coesione;
rafforzamento degli interventi per l’occupazione giovanile e per i lavoratori anziani per 200 milioni (art. 4 legge
99/2013); ricollocazione lavoratori disoccupati per 350 milioni (legge stabilità 2014).
13
Rafforzamento della sperimentazione dello Strumento per l’Inclusione Sociale (SIA) pari a 300 milioni su Piano
azione e coesione (legge 99/2013).
14
Il ricorso agli accordi di partenariato si colloca nell’ambito di una profonda revisione del metodo e delle regole di
programmazione applicabili al periodo 2014-2020 rispetto a quelle relative al periodo precedente 2007-2013. I nuovi
aspetti caratterizzanti sono: a) l’istituzione di un Quadro Strategico Comune per tutti i fondi SIE; b) la concentrazione
dell’intervento dei fondi SIE su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia
Europa 2020; c) lo stretto collegamento della programmazione nazionale con i programmi nazionali di riforma e i
programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri, e con le raccomandazioni specifiche per
ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi; d) la ridefinizione delle regole di
condizionalità per l’erogazione dei fondi (articolate in tre tipologie: ex ante, definite nelle norme specifiche di ciascun
Fondo e riportate nell’accordo di partenariato; rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti
nell’ambito della governance economica; ex post (da completare entro il 31 dicembre 2023), vincolate al
raggiungimento di obiettivi predeterminati); e) il 6 per cento degli stanziamenti complessivi per i fondi strutturali è
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 117
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
l’Accordo di partenariato che stabilisce per l’Italia il quadro strategico della
programmazione nazionale relativa al periodo 2014-2020 dei fondi strutturali e di
investimento europei (denominati fondi SIE), vale a dire i fondi della politica di
coesione (Fondo europeo di sviluppo regionale, FESR; Fondo sociale europeo, FSE; e
Fondo di coesione, di cui l’Italia non beneficia) nonché il Fondo europeo per
l’agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e
la pesca (FEAMP). Del totale dei Fondi SIE pari a 325 miliardi complessivi, stabilito in
coerenza con il Quadro Finanziario pluriennale 2014-2020, all’Italia sono assegnati
32,255 miliardi di euro a prezzi correnti (con un incremento in valori nominali rispetto
ai 29,4 miliardi stanziati per 2007-2013), così ripartiti: regioni meno sviluppate
(Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) 22,324 miliardi; regioni in transizione
(Abruzzo, Molise e Sardegna) 1,102 miliardi; regioni più sviluppate (restanti regioni del
centro-nord) 7,692 miliardi; cooperazione territoriale: 1,136 miliardi. Ai fini della
politica di coesione per il periodo di programmazione 2014-2020, alle risorse suindicate
dei fondi strutturali devono aggiungersi le ulteriori assegnazioni del Fondo europeo per
l’aiuto agli indigenti, nell’importo di 670,6 milioni di euro, e dell’Iniziativa a favore
dell’occupazione giovanile (YEI), pari a 567,5 milioni di euro. Nel complesso, dunque,
per la politica di coesione l’Italia beneficia di circa 33,5 miliardi di euro di risorse
comunitarie. Inoltre, nell’impostazione strategica dell’Accordo di partenariato devono
essere considerate le risorse a titolo di Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale
(FEASR), che risultano assegnate all’Italia nell’importo di 10.430 milioni di euro, cui si
aggiungeranno le risorse del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca
(FEAMP) la cui quantificazione sarà definita con il relativo regolamento comunitario.
Oltre alle risorse comunitarie, alla politica di coesione sono destinate anche le
risorse provenienti dal cofinanziamento nazionale, dai fondi regionali e dal Fondo
sviluppo e coesione. Nel complesso, il volume di risorse per la coesione territoriale nel
ciclo di programmazione 2014-2020, raggiunge i 130 miliardi di euro, di cui 43,8
miliardi di risorse comunitarie, 42,4 miliardi di cofinanziamento (di cui 32,2 miliardi di
cofinanziamento nazionale, ex legge di stabilità 2014, e 10,2 miliardi di
cofinanziamento regionale), cui si sommano i 43,8 miliardi delle risorse stanziate in
bilancio del Fondo di sviluppo e coesione ai sensi della legge di stabilità 2014.
L’Accordo, sottoposto alla Commissione per l’approvazione, privilegia l’utilizzo
delle risorse nazionali del Fondo sviluppo e coesione (FSC) per i fabbisogni che
implicano un impegno finanziario su grandi infrastrutture complesse e interventi
ambientali di larga portata il cui percorso temporale può anche superare il ciclo di
programmazione, concentrando invece i Fondi strutturali (che incorporano regole volte
ad accelerarne l’utilizzo) sul rafforzamento e sviluppo del sistema delle imprese, e
sull’attenzione alle persone: lavoro, capitale umano e inclusione sociale. Infatti,
l’impostazione strategica definita per i Fondi strutturali e del FEASR, è articolata sui
seguenti 11 obiettivi tematici: 1) Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e
l'innovazione; 2) Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime; 3) Promuovere la
competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo (per il FEASR) e il
settore della pesca e dell'acquacoltura (per il FEAMP); 4) Sostenere la transizione verso
un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori; 5) Promuovere l'adattamento
al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi; 6) Tutelare l'ambiente
riservato ai programmi che hanno raggiunto gli obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020 (riserva
di efficacia).
LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA
118
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
e promuovere l'uso efficiente delle risorse; 7) Promuovere sistemi di trasporto
sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete; 8)
Promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori; 9) Promuovere
l'inclusione sociale e combattere la povertà; 10) Investire nelle competenze,
nell'istruzione e nell'apprendimento permanente; 11) Rafforzare la capacità istituzionale
e promuovere un'amministrazione pubblica efficiente.
Alla competitività delle PMI è destinata la quota più elevata dei fondi comunitari
(più di 9 miliardi), cui segue il sostegno all’occupazione (4,3 miliardi), all’istruzione
(4,1 miliardi), all’inclusione sociale (3,8 miliardi)15
.
La gestione del nuovo ciclo di fondi strutturali e della parte residua del precedente
avverrà in un quadro istituzionale nuovo, caratterizzato dalla soppressione di un
ministro dedicato e dal ritorno a funzioni esercitate da un Sottosegretario su delega del
Presidente del Consiglio, oltre che dall’istituzione (art. 10 del DL 101/2013) di un
nuovo organo, l’Agenzia per la Coesione territoriale, che, rafforzando la capacità di
governo nazionale, dovrebbe poter essere in grado di potenziare il coordinamento e il
controllo sull’uso dei fondi, non solo tramite monitoraggio e assistenza tecnica, ma
soprattutto attraverso lo svolgimento di attività dirette di autorità di gestione, sia in caso
di progetti sperimentali, che in presenza di ritardi e gravi inadempienze.
15
Schede di lettura della Camera dell’Atto del Governo n. 86, presentato ai sensi dell’art. 1, comma 246, della legge
147/2013 (legge di stabilità 2014).
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 119
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
1. A partire dal 2001, a seguito di modifiche istituzionali in senso federalista,
competenze e spesa pubblica avrebbero dovuto orientarsi, in misura crescente, verso le
amministrazioni territoriali, mentre una tendenza di segno opposto avrebbe dovuto
segnare l’amministrazione centrale, non più (o in misura minore) chiamata ad assolvere
ad alcune funzioni e alla prestazione di servizi alla collettività, ormai di competenza
regionale e locale. Ciò riguarda, in modo particolare, alcuni settori di attività, come
l’agricoltura, il sostegno delle imprese, l’ambiente e la cultura (per non dire della
sanità).
Con specifica attenzione a tali settori, nella seconda parte di questo capitolo, si è
ritenuto utile verificare, nei dati storici, in quale misura l’andamento effettivo della
spesa pubblica si sia conformato al percorso virtuale.
Il sovraccarico di funzioni (e la conseguente lievitazione delle risorse pubbliche
impegnate), eventualmente rilevabile in capo alle amministrazioni centrali, può essere
valutato, con maggiore ponderazione, proprio se rapportato alle attese derivanti
dall’attuazione del federalismo, che avrebbe dovuto comportare il trasferimento di
intere funzioni (o di parti di esse) alla competenza delle amministrazioni territoriali.
Ma la finalità principale della verifica avviata (l’analisi si propone come un punto
di partenza di una linea di indagine da approfondire) è quella di disporre di elementi di
informazione che consentano valutazioni sulla razionalità e sul costo di una
organizzazione amministrativa che, certamente, vede ancora ampiamente presente in
diversi settori di intervento l’amministrazione dello Stato centrale.
Gli obiettivi di razionalizzazione degli enti pubblici statali e di riduzione dei loro
costi di funzionamento sono targets ormai ricorrenti da quasi un quindicennio, anche se
assumono un rilievo più pronunciato in una fase nella quale il riequilibrio strutturale dei
conti pubblici affida un ruolo decisivo all’operazione di spending review.
A partire dal 2001, le leggi finanziarie annuali hanno sistematicamente introdotto
disposizioni per il riordino degli enti pubblici e per il conseguimento di risparmi di
spesa. Più di recente, il DL n. 112/2008 ha integrato la disciplina con il meccanismo
“taglia enti”, mentre con il DL n. 95/2012 è stata attribuita al Commissario straordinario
per la spending review il potere di proporre regolamenti per il riordino degli enti
pubblici.
Tuttavia, come è stato osservato, tutti gli interventi che si sono susseguiti hanno
affrontato il tema degli enti pubblici prevalentemente con un approccio emergenziale di
tipo quantitativo, privilegiando la prospettiva di una rapida resa in termini di tagli. E’
mancata, in altri termini, una riflessione ponderata sulle linee strategiche del riordino
degli enti, sostenuta da una approfondita ricognizione per settori di intervento, per
categorie di soggetti, per profili organizzativi e contabili e, pertanto, in grado di
avanzare ponderatamente proposte di razionalizzazione e di assicurare, in modo mirato
e non lineare, risparmi effettivi e permanenti di spesa.
Allo scopo di effettuare un riesame critico degli strumenti di coordinamento, la
ricognizione avviata dalla Corte – e della quale si riportano qui i primi risultati - intende
ricostruire il quadro della distribuzione di competenze e dei corrispondenti costi per
l’erario che, nei diversi settori di intervento, vede la compresenza delle strutture
ministeriali e di numerosi enti strumentali e società partecipate. Una compresenza che,
quando non sia finalizzata a fornire, con una chiara distinzione di ruoli, ben identificati
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
120
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
servizi alla collettività, può determinare sovrapposizioni di compiti, talvolta duplicando
funzioni e costi. Una duplicazione che può riguardare anche la distribuzione di funzioni
tra enti e società.
Il criterio generale di riferimento è stato quello di “censire” gli enti, gli organismi
e le società sottoposte alla vigilanza di uno o più Ministeri o della Presidenza del
Consiglio, allargando opportunamente il perimetro osservato all’elenco ISTAT relativo
alle amministrazioni centrali, poco meno della metà delle quali risulta soggetta alla
vigilanza.
In coerenza con tale scelta estensiva, ai flussi di spesa per settori di attività
direttamente riferibili al bilancio dello Stato sono state affiancate informazioni sulle
erogazioni a qualsiasi titolo destinate agli enti e alle società vigilate, sulla base di una
complessa estrazione di dati contabili per ciascuno dei soggetti istituzionali censiti.
La ricostruzione dovrebbe agevolare analisi e valutazioni finalizzate alla
razionalizzazione della spesa e degli apparati statali. Infatti, diviene ad esempio
possibile stimare, nell’ambito dei trasferimenti verso enti esterni all’amministrazione
centrale, quali degli stessi siano destinati effettivamente al “mercato” (incentivi e sussidi
ad imprese produttive, contratti e convenzioni con soggetti privati ecc.) e quali, invece,
mascherino, nella sostanza, oneri aggiuntivi indiretti di amministrazione per lo Stato, in
una misura che potrebbe correggere anche significativamente le valutazioni
sull’impianto funzionale centro/periferia e con modalità che più si prestano a
configurare fenomeni elusivi di vincoli e di controllo.
Considerazioni più operative, che affrontano i quesiti più critici in tema di
mantenimento, soppressione o, comunque, revisione organizzativa e della spesa, sono
qui avanzate nell’ambito di due specifici approfondimenti settoriali, relativi
all’agricoltura e alla cultura.
La ricognizione delle società partecipate e vigilate dalle amministrazioni dello
Stato ha costituito, infine, l’occasione per comporre un quadro di informazioni contabili
e organizzative utili per trarre indicazioni di prospettiva in termini di revisione o
razionalizzazione degli assetti esistenti.
L’analisi dei parametri più rilevanti – che ha posto in luce scelte organizzative e
gestionali talvolta peculiari – assume a riferimento l’ultimo bilancio approvato. Ciò,
peraltro, esclude le sole due società di nuova costituzione (Unirelab e Invimit).
LA SPESA PER SETTORI DI INTERVENTO E PER LIVELLO DI GOVERNO
NELL’ULTIMO DECENNIO
2. Un primo passaggio seguito nella ricostruzione qui proposta muove da un
confronto intertemporale della distribuzione della spesa pubblica in Italia, per categorie
funzionali e per livelli di governo.
Lo scopo del confronto è quello di verificare se, nel periodo considerato, si siano
realizzati, nei diversi settori di attività, spostamenti significativi di competenze e di
risorse pubbliche o se, invece, in contrasto con il percorso tracciato nel disegno
federalista, le variazioni risultino limitate, se non nulle.
I dati sembrano confermare questo secondo scenario, che, tra il 2000 e il 2012,
mostra un quadro di livelli di spesa (ma anche di funzioni e competenze)
sostanzialmente immodificato nella ripartizione tra amministrazione centrale e
amministrazioni territoriali.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 121
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Assume, dunque, ancora maggior forza l’esigenza di esprimere, in primo luogo,
qualche valutazione sulla razionalità della permanenza, in capo all’amministrazione
centrale, di strutture, competenze e risorse finanziarie per lo svolgimento di funzioni di
gestione (e non di mero coordinamento), soprattutto in materie delegate alle
amministrazioni territoriali. Ma, in secondo luogo, appare utile concentrare l’attenzione
sull’assetto attuale di una Amministrazione centrale che, quand’anche non sia
ravvisabile una proliferazione di enti strumentali e di società, presenta, in alcuni settori,
una struttura organizzativa complessa e, forse, ipertrofica.
3. Il confronto europeo ed intertemporale sulle tendenze della spesa pubblica per
livelli di governo e per categorie funzionali (o settori di attività), pur significativo, non
costituisce, tuttavia, un quadro informativo adeguato per lo scopo che ha guidato
l’analisi ricognitiva condotta dalla Corte.
Va, infatti, osservato che la spesa pubblica, come definita nella contabilità
nazionale, si riferisce ad un ben delimitato elenco di unità istituzionali; un elenco
composto sulla base di criteri di inclusione sostanzialmente fondati sul grado di
dipendenza economico-finanziaria del singolo soggetto dal sostegno delle finanze
pubbliche.
Tale precisazione è fondamentale nello sviluppo dell’ipotesi di lavoro qui
perseguita. Infatti, una lettura meccanica ed esclusiva delle serie storiche della spesa
pubblica potrebbe condurre a conclusioni affrettate e imprecise.
Anche a fronte di livelli (o quote) di spesa delle amministrazioni centrali e di un
elenco ISTAT sostanzialmente immutato nel tempo, può realizzarsi un processo di
“esternalizzazione” di competenze e di risorse pubbliche, con la creazione o con il
potenziamento di enti e società, solo formalmente esterne al settore delle
amministrazioni pubbliche, ma di fatto soggetti funzionalmente e strumentalmente al
servizio delle amministrazioni statali, dalle quali peraltro si discosterebbero per essere al
riparo dai più rigidi vincoli di bilancio imposti ai fini del rispetto degli obiettivi generali
di finanza pubblica.
Vi è chiara evidenza come tale tendenza sia, da tempo, in atto. Ma ciò che manca
è la disponibilità di informazioni sulle dimensioni del fenomeno, con particolare
attenzione alla misura delle risorse statali impegnate per trasferire mezzi finanziari a
questi soggetti “satelliti”.
Il lavoro qui illustrato intende colmare, almeno in parte, questa lacuna di
conoscenze, in tal modo offrendo un quadro più veritiero del costo per la collettività
dell’impianto organizzativo dell’amministrazione centrale nei diversi settori di attività e,
soprattutto, della reale distribuzione di competenze e di risorse.
Si è, dunque, proceduto ad effettuare una ricognizione del complesso di soggetti
istituzionali che operano nell’ambito delle Amministrazioni centrali, riclassificati per
settore di intervento (tipo COFOG), e per tipologia (amministrazioni pubbliche, enti
strumentali, società ecc.).
L’indagine ha, necessariamente, dovuto assumere a riferimento una “istantanea”
della costellazione di unità rapportabili all’amministrazione centrale. Una rilevazione, in
altri termini, che ha più la natura di un “censimento” che non di uno studio della
dinamica del fenomeno delle “esternalizzazioni”. Allo stato attuale, l’insufficienza delle
informazioni impone, quindi, di rinunciare a procedere in questa direzione, che pure
sarebbe fondamentale per una compiuta disamina del fenomeno.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
122
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
IL “CENSIMENTO” DI MINISTERI, ENTI E SOCIETÀ DELL’AMMINISTRAZIONE
CENTRALE
4. Il punto di avvio del censimento è costituito dalle rilevazioni sugli enti vigilati
disposte, per tutte le amministrazioni pubbliche, dal d.lgs. n. 33/2013 in materia di
trasparenza.
L’elaborazione della Corte dei conti sui dati raccolti per effetto di tale normativa
permette di fornire un primo quadro d’assieme, nel quale 286 soggetti istituzionali sono
riclassificati con riferimento al Ministero vigilante (compresa la Presidenza del
Consiglio) e attribuiti ai diversi livelli di governo (amministrazione centrale,
amministrazioni locali ed enti di previdenza) e, per la componente residuale, distinti tra
società ed altri organismi.
Ma, in ogni caso, gli adempimenti ex d.lgs 33 non offrono un grado di copertura
in linea con l’obiettivo assegnato alla ricognizione programmata. La ragione principale
consiste nella rappresentazione parziale che la “trasparenza” offre con riguardo alla
definizione di Amministrazione centrale, che discende dall’applicazione delle regole
standardizzate che presiedono alla costruzione dei quadri di finanza pubblica, secondo il
sistema di contabilità nazionale.
Come è noto, a tal fine e ai sensi della legge 196/09, l’Istat è tenuto a rendere noto
ogni anno l’elenco delle unità istituzionali che compongono il settore Amministrazioni
pubbliche (noto come settore S13) che nel 2013 indica oltre 10 mila unità, 126 delle
quali definiscono il perimetro del sottosettore Amministrazione centrale (S1311). Di
queste ultime solo 69 unità sono presenti anche nella rilevazione di cui al d.lgs. n.33.
E’ necessario, pertanto, completare il quadro ricognitivo integrando nella lista le
57 unità che non sono identificate attraverso gli adempimenti sulla trasparenza.
TAVOLA 1
AMMINISTRAZIONI CENTRALI: ENTI E SOCIETÀ VIGILATE
Fonte: elaborazione su dati Istat e rilevazioni ex art. 22 d.lgs. n. 33 del 2013 alla data del 30 aprile 2014.
totale
Amministrazioni
centrali
Amministrazioni
locali
Enti di
Previdenza totale
di cui
società
di cui
altri
AFFARI ESTERI 1 1 0 1
AMBIENTE 25 1 24 1 1 26
DIFESA 0 25 1 24 25
GIUSTIZIA 0 22 22 22
INTERNO 1 1 8 8 9
LAVORO E POLITICHE
SOCIALI 24 2 22 11 11 35
ECONOMIA E FINANZE 3 3 21 21 24
BENI CULTURALI 22 8 14 15 3 12 37
POLITICHE AGRICOLE 4 4 7 4 3 11
SVILUPPO
ECONOMICO 5 5 13 5 8 18
INFRASTRUTTURE 4 3 1 8 6 2 12
UNIVERSITA' E
RICERCA 14 14 0 14
PCM 11 11 4 4 15
SALUTE 32 16 16 5 5 37
Totale 146 69 55 22 140 41 99 286
Totale
Amministrazioni pubbliche S13 Esterni alla PA
Amministrazioni
vigilanti
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 123
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Con riferimento al solo comparto delle Amministrazioni centrali, il “censimento”
qui proposto può, dunque, essere rappresentato come nel prospetto seguente, nel quale
ministeri, enti e società sono classificati per settori di intervento (COFOG), sulla base di
attribuzioni effettuate dalla Corte in relazione al settore prevalente di attività.
La scelta di osservare l’organizzazione dell’amministrazione centrale non dal solo
punto di vista del Ministero vigilante, ma per settori di attività, offre un’informazione
più adatta al fine di esprimere valutazioni sull’efficienza, sulla razionalità e sui costi
dell’articolazione amministrativa attualmente operante per la prestazione di servizi in
ciascun comparto.
È opportuno precisare che per alcune tipologie di enti la ricognizione proposta
contabilizza esclusivamente il soggetto “capofila”, al quale fa riferimento una rete
territoriale di enti, talvolta numericamente rilevante (ad esempio UnionCamere, A.C.I.
e Autorità portuali).
TAVOLA 2
IL PERIMETRO DELL'AMMINISTRAZIONE CENTRALE: MINISTERI, ENTI E SOCIETÀ
(consistenza numerica per settori)
Fonte: elaborazione su dati Istat e rilevazioni ex art. 22 d.lgs. n. 33 del 2013.
*Sulla base del SEC’95, il sistema europeo dei conti, l'elenco delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle
Amministrazioni pubbliche è predisposto dall'Istat. Il codice di settore generale è S 13, mentre al sottosettore delle
amministrazioni centrali è assegnato il codice identificativo S 1311.
Escludendo, pertanto, i soggetti vigilati dai Ministeri, ma che operano nei
sottosettori delle amministrazioni locali o degli enti di previdenza, il quadro
organizzativo riferibile all’amministrazione centrale si compone di 272 unità, 126 delle
quali classificate da ISTAT come sottosettore “Amministrazione centrale” e, come tali,
produttrici di spesa pubblica ed entrate pubbliche “in senso tecnico”, vale a dire intese
come aggregati rilevanti per la costruzione dei quadri di finanza della contabilità
nazionale, a loro volta utilizzati per le verifiche sul rispetto dei parametri europei. Le
altre 146 unità censite (101 enti pubblici e 45 società) sono escluse dalla definizione
Istat di amministrazioni centrali.
I criteri per l’inclusione di unità istituzionali nel perimetro delle Amministrazioni
pubbliche di contabilità nazionale prescindono, come è noto, dalla natura giuridica del
soggetto (tanto che nelle 126 unità sono comprese anche quattro società per azioni),
essendo invece prevalente una verifica del grado di autosufficienza del soggetto in
Servizi generali delle PA 12 14 13 39 1 7 8 47 31,0 5,5 17,3
Giustizia difesa e ordine
pubblico 7 7 3 1 4 11 5,6 2,7 4,0
Affari economici
commerciali e del lavoro 6 7 1 13 28 15 4 43 56 10,3 29,5 20,6
Agricoltura 1 2 14 17 4 4 8 25 13,5 5,5 9,2
Trasporti 1 4 1 5 1 7 8 13 4,0 5,5 4,8
Combustibili ed energia 1 2 1 4 4 4 8 3,2 2,7 2,9
Ambiente e territorio 1 1 2 4 1 1 2 6 3,2 1,4 2,2
Sanità 1 2 4 1 8 6 6 14 6,3 4,1 5,1
Attività ricreative 6 1 6 25 1 26 32 4,8 17,8 11,8
Attività culturali 1 9 1 3 13 11 3 14 27 10,3 9,6 9,9
Istruzione 2 3 1 1 7 1 1 8 5,6 0,7 2,9
Protezione sociale 1 1 1 3 20 2 22 25 2,4 15,1 9,2
Totale complessivo 34 36 2 21 2 35 126 101 45 4 146 272 100,00 100,00 100,00
amministrazioni
centrali
extra PA totale
di cui:
società
enti di
ricerca
Totale enti società
di cui
cedute
Settori di intervento
amministrazioni centrali (S1311)*
enti e società vigilate extra
PA
Totale
composizione %
Stato
enti
economici
di cui:
società
enti di
assistenza
Totale
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
124
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
termini di rapporto tra risorse proprie e costi di produzione (c.d. criterio “market/non
market”).
L’esempio di società di dimensioni rilevanti come l’Anas e le FF.SS è utile a
comprendere il criterio: l’Anas è infatti unità ricompresa nelle amministrazioni
pubbliche poiché, a differenza delle Ferrovie, non copre con proventi propri almeno il
51 per cento dei costi e, dunque, va considerata convenzionalmente componente del
settore pubblico e non del “mercato”.
Nella tavola 2, l’insieme delle unità che definiscono le Amministrazioni centrali è,
a sua volta, disaggregato in modo da distinguere, da un lato, il comparto Stato (che in
CN comprende, sostanzialmente, i Ministeri, la PCM, gli organi costituzionali e le
Authorities) e gli Altri enti delle amministrazioni centrali (comparto nel quale l’Anas è,
di gran lunga, il soggetto istituzionale di maggior peso).
UNA MISURA DEL COSTO DELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE
5. Definito in tal modo il quadro di riferimento generale per soggetti istituzionali
identificati e riclassificati per settore di intervento, si è poi proceduto alla più complessa
operazione di misurazione della spesa che il bilancio dello Stato mobilita per il
funzionamento dell’intera costellazione riferibile, secondo le stime della Corte,
all’amministrazione centrale.
A tal fine, con l’utilizzo dei codici fiscali di tutte le unità istituzionali censite è
stata effettuata la rilevazione dei pagamenti erogati, a qualunque titolo, dal bilancio
statale in direzione di tutti i soggetti censiti. La rilevazione è stata effettuata con
riferimento alle categorie economiche della spesa nelle quali sono contabilizzati i
pagamenti che, a diverso titolo, sono destinati ai soggetti esterni allo Stato: si tratta,
principalmente, dei consumi intermedi, degli investimenti fissi lordi, dei trasferimenti
correnti e in conto capitale ad imprese e istituzioni sociali e delle acquisizioni di attività
finanziarie, voce nella quale sono contabilizzate erogazioni per aumenti di capitale
sociale e sottoscrizione di azioni di società.
Con tale delimitazione, la spesa statale considerata è al netto di categorie
importanti come le spese per interessi, i redditi da lavoro dipendente e i trasferimenti
agli altri enti compresi nelle Amministrazioni pubbliche, nelle quali non transitano (se
non per importi irrilevanti) risorse destinate ai soggetti del censimento proposto dalla
Corte.
Al fine di limitare il rischio di alterare la stima della spesa per effetto di
andamenti non lineari dei pagamenti, si è scelto di presentare dati che rappresentano la
media dei pagamenti del triennio 2010-2012.
Secondo i dati esposti nei prospetti seguenti, l’ammontare delle risorse “pagate”
annualmente dallo Stato agli enti e alle società del “censimento” risulterebbe dell’ordine
di 25 miliardi: un importo che rappresenta un terzo della spesa erogata dallo Stato per il
complesso delle categorie economiche prima indicate. Poco meno di 17 miliardi di tali
pagamenti sono destinati ad unità istituzionali ricomprese nel perimetro Istat (S 1311),
mentre ad enti e società esterne sono diretti circa 8,5 miliardi, quasi per intero assegnati
alle società.
La maggior parte delle erogazioni si collocano, naturalmente, nelle categorie dei
trasferimenti e dei contributi, sia correnti che in conto capitale; ma è interessante
evidenziare che una frazione non trascurabile (circa il 13 per cento) transita attraverso la
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 125
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
categoria dei “consumi intermedi”, che registra convenzioni e contratti di servizio con
enti strumentali e società e, in misura minore (circa il 6 per cento), attraverso la
categoria degli investimenti fissi lordi.
Va osservato che la distribuzione per settori delle risorse oggetto di rilevazione è
molto differenziata. All’interno del perimetro Istat, il bilancio dello Stato indirizza la
quota largamente prevalente di pagamenti al funzionamento della Presidenza del
Consiglio, degli organi costituzionali, delle agenzie fiscali e delle Autorità (circa 11
miliardi, nel complesso); mentre, se si guarda ai settori di intervento principali,
l’incidenza maggiore delle risorse trasferite riguarda i Trasporti, che assorbono poco
meno di 7 miliardi (1,8 nell’area Istat, essenzialmente per il finanziamento dell’Anas, e
più di 5 miliardi a società esterne, soprattutto per pagamenti alle Ferrovie dello Stato.
Con riguardo alle società, si deve sottolineare che l’onere a carico del bilancio
dello Stato qui rilevato rappresenta il finanziamento dell’attività svolta in ragione di
contratti di programma o di atti convenzionali, ovvero l’apporto al capitale sociale in
caso di costituzione di nuove società (nel triennio 2011-13 sono state costituite Difesa
Servizi, Unirelab e Invimit). In termini generali, non può ritenersi che questo esaurisca
il peso sulla finanza statale riconducibile alle società vigilate, la cui attività conosce
anche canali diversi di sostegno. Ad esempio, come rilevato nell’Appendice dedicata a
“Le società strumentali delle amministrazioni centrali”, le società che operano nel
settore energetico trovano copertura dei costi sostenuti per l’espletamento della loro
attività in componenti tariffarie costituenti “oneri generali di sistema”, corrisposte dagli
utenti finali come voce di costo delle bollette energetiche. O ancora, con riguardo a
società che operano nel settore delle opere pubbliche, lo Stato assume talvolta a proprio
carico oneri derivanti dall’ammortamento di rate di mutui stipulati con Cassa Depositi e
Prestiti o con altre banche (es. BEI).
TAVOLA 3
LA SPESA STATALE NEL PERIMETRO DELL'AMMINISTRAZIONE CENTRALE: PAGAMENTI PER SETTORI DI
ATTIVITÀ (MEDIA TRIENNALE 2011-2013)
(milioni di euro)
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Rendiconto generale dello Stato - esercizi finanziari 2011-2013
*al netto dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, dei redditi da lavoro dipendente e Irap, degli interessi e del rimborso
sul debito pubblico e delle poste correttive e compensative. I dati relativi ai Ministeri sono, inoltre, al netto dei pagamenti
erogati ad enti e società (evidenziati, separatamente, nelle successive colonne della tavola).
**Presidenza del Consiglio dei ministeri, organi costituzionali, agenzie fiscali e Autorità.
Totale
ministeri*
altro**
enti
economici
enti di
assistenza
enti di
ricerca
Totale al
netto
ministeri
(a)
enti società
Totale
(b)
Servizi generali delle PA 11.790 10.364 53 0 2.396 12.813 0 524 524 13.336 25.126
Giustizia difesa e ordine
pubblico 10.116 571 - - 571 0 0 0 571 10.687
Affari economici commerciali
e del lavoro 15.640 32 82 - 114 127 2.603 2.731 2.844 18.484
Agricoltura 459 140 - 210 350 33 9 42 393 851
Trasporti 920 1.845 - 1.845 38 5.042 5.080 6.925 7.844
Combustibili ed energia 192 4 6 - 154 163 62 62 226 417
Ambiente e territorio 4.601 - - 92 92 0 25 25 117 4.718
Sanità 886 36 52 142 230 58 0 58 288 1.174
Attività ricreative 1.661 - 437 437 13 12 25 462 2.123
Attività culturali 591 - 47 15 61 8 22 30 92 683
Istruzione 1.329 5 3 11 33 52 0 0 0 52 1.381
Protezione sociale 2.946 - 1 1 3 6 12 18 21 2.967
Totale 51.130 10.975 2.167 548 3.041 16.731 283 8.312 8.595 25.326 76.456
Settori di intervento
Amministrazioni centrali (S1311) Enti e società
vigilate extra Pa
Totale
(a+b)
Totale
spesa***
Stato enti e società
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
126
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
***al netto dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, dei redditi da lavoro dipendente e Irap, degli interessi e del
rimborso sul debito pubblico e delle poste correttive e compensative.
6. Sulla base della descritta ricognizione di carattere generale, per rispondere non
superficialmente ai quesiti che hanno originato l’indagine – centrati sulla verifica di
razionalità degli assetti organizzativi esistenti – si è, infine, proceduto ad effettuare un
approfondimento limitato a due settori di intervento (o categorie funzionali): la cultura e
l’agricoltura. Una scelta che è stata guidata dalla preferenza per settori di attività che,
almeno in via di principio, avrebbero dovuto segnare una ridotta presenza delle
amministrazioni centrali, in relazione al previsto trasferimento di funzioni alle
amministrazioni territoriali.
Gli approfondimenti di settore di seguito illustrati assumono il carattere di un
focus esemplificativo e sperimentale di indagine, che potrà dar luogo a sviluppi ed
estensioni, nel quadro di una linea di lavoro che la Corte intende proseguire nel proprio
programma di attività.
Del resto, approfondire la questione critica della eventuale sovrapposizione di
funzioni e costi anche in un solo settore richiede, necessariamente, di raccogliere e di
elaborare una notevole quantità di indicatori ed impone cautela nel trarre conclusioni o
proposte in tema di razionalizzazione, riorganizzazione, accorpamenti,
internalizzazione, soppressione di enti e società.
Si tratta, infatti, di dare risposta a quesiti impegnativi, come:
- se siano chiare le motivazioni iniziali alla base dell’esternalizzazione di
quella determinata attività;
- se permangano nel Ministero di riferimento una o più direzioni generali
incaricate di svolgere funzioni analoghe a quelle assegnate all’ente;
- se, al contrario, risultino sovrapposizioni di funzioni con lo stesso
Ministero o con altro ente;
- se emergano condizioni di inefficienza (costi e output) nella resa del
servizio da parte dell’ente.
IL SETTORE DELLA CULTURA: PRIME RIFLESSIONI SU ORGANIZZAZIONE E COSTI
7. Il tema relativo alle competenze in materia di beni culturali e ai suoi riflessi
sull’organizzazione del settore può declinarsi sia in termini intersoggettivi - in relazione,
in particolare, al riparto di competenze tra Stato e Regioni – sia in termini interorganici,
facendo cioè riferimento al fenomeno della proliferazione degli enti strumentali e delle
società partecipate dai Ministeri.
Sotto il primo profilo, gli attori delle politiche culturali sono lo Stato e le Regioni,
che agiscono nel quadro di competenze delineato dal nuovo articolo 117 della
Costituzione. In particolare, la tutela dei beni culturali è affidata alla competenza
esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione dei beni culturali e la promozione e
organizzazione di attività culturali – che comprendono lo spettacolo e le attività
cinematografiche – è attribuita alla legislazione concorrente (art. 117, terzo comma,
Cost.).
La Corte ha, peraltro, evidenziato, già prima della XVI legislatura (sent. nn.
478/2002 e 307/2004), che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse
generale “il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9
Cost.), anche al di là del riparto di competenze fra Stato e Regioni”.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 127
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
L’assetto disegnato dal legislatore, rinunciando ad una chiara distinzione tra tutela
intesa in senso stretto riservata allo Stato e tutto il resto trasferito al livello regionale e
locale, prevede pertanto una competenza esclusiva per le sole funzioni e compiti di
tutela dei beni culturali (in una accezione più vasta comprensiva anche dell’attività di
restauro), mentre le funzioni di promozione, valorizzazione e conservazione risultano
accomunate tra loro dovendo il loro esercizio essere svolto nella leale collaborazione
tra Stato, Regioni ed enti locali.
Un maggior spazio di reale coinvolgimento delle regioni nell’attività di gestione e
valorizzazione sarebbe peraltro consentito dalle attuali competenze legislative regionali
sulla valorizzazione dei beni culturali attraverso le quali troverebbe forma il compito di
promozione di cui all’art. 9 della Costituzione. In tale direzione, infatti, il patrimonio
culturale potrebbe essere più efficacemente gestito a livello locale anche alla luce delle
competenze legislative in materie affini (ricerca scientifica, formazione professionale,
turismo e industria alberghiera) rappresentando un reale strumento di sviluppo
complessivo del territorio e della sua collettività.
Alla luce dell’attuale riparto di competenze ampio resta dunque l’ambito di
operatività del Ministero e delle sue strutture periferiche la cui attività, nel rispetto del
principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, spazia in tutti i settori di
attività concernente la tutela, la conservazione, la gestione e la valorizzazione del
patrimonio culturale comprensive anche dello spettacolo e le attività cinematografiche.
La riconduzione nell’alveo della competenza statale anche dell’attività di gestione
offre giustificazione, oltre che alla capillare articolazione del ministero, anche alla
tendenza ad avvalersi di una pluralità di organismi di diversa configurazione ed
autonomia sottoposti alla propria vigilanza che operano nell’ambito della cura del
patrimonio culturale italiano (Società, Fondazioni, Enti e Istituti), in una logica di
progressiva riduzione del ruolo dello Stato nelle politiche di settore a favore di
strumenti di gestione maggiormente flessibili e capaci di mobilitare risorse private.
Tale possibilità, già prevista dalla legge istitutiva del ministero, trova conferma
anche nel Codice dei beni culturali e del paesaggio che consente forme di gestione
indiretta della attività di valorizzazione e conservazione.
Il panorama delle società, enti e fondazioni facenti capo al Ministero è quindi
molto vasto, ma nell’ottica delle analisi sperimentali avviate, l’analisi si è concentrata
prendendo in considerazione gli organismi censiti dall’Istat nel settore delle
amministrazioni centrali (S 1311) appartenenti, in relazione alla composizione della
spesa, alla categoria funzionale COFOG “Attività culturali”; tale ricognizione è stata
successivamente integrata attraverso quanto rilevato al 30 aprile 2014 in relazione alla
ricognizione effettuata e resa pubblica dall’Amministrazione nella parte del sito
istituzionale dedicato alla “trasparenza”.
Si tratta di 26 soggetti esterni al Ministero dei beni e le attività culturali e del
turismo, di cui 12 appartenenti al perimetro Istat (11 enti e 1 società) e 14 esterni alla
PA (11 enti e 3 società), come rappresentati nella Tavola che segue.
Il numero di enti e società che l’Amministrazione ha invece fornito nell’ambito
delle istruttorie finalizzate alla relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2013 e
condotte anche attraverso questionari specifici, mostra che la platea degli enti, facenti
capo al Ministero, risulterebbe nettamente superiore (circa 60 organismi tra enti
pubblici, enti privati, fondazioni e società vigilati dal Ministero). Va osservato, tuttavia,
che quest’ultima ricognizione – oggetto, tuttora, di confronto e verifica con
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
128
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
l’amministrazione - comprende, certamente, soggetti istituzionali da collocare tra le
amministrazioni territoriali e che, pertanto, non rilevano ai fini della presente indagine.
TAVOLA 4
LA “CULTURA” NELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE: LA LISTA DI ENTI E SOCIETÀ
Denominazione
Amministrazione
centrale
Enti e Società
vigilate extra PA
Totale
complessivo
Stato Enti Società Enti Società
Ministero per i beni e le attivita culturali 1 1
Accademia della crusca 1 1
Accademia nazionale dei lincei 1 1
Ales spa arte lavoro e servizi S.p.A 1 1
Arcus spa - società per lo sviluppo dell'arte, della
cultura e dello spettacolo S.p.A.
1 1
Cinecittà luce (sostituita con Istituto Luce-Cinecittà
S.r.l.)
1 1
Domus mazziniana 1 1
Fondazione biblioteca europea di informazione e
cultura - BEIC
1 1
Fondazione festival dei due mondi di Spoleto 1 1
Fondazione Guglielmo Marconi 1 1
Fondazione istituto nazionale dramma antico - inda 1 1
Fondazione la biennale di Venezia 1 1
Fondazione la quadriennale d arte di Roma 1 1
Fondazione MAXXI 1 1
Fondazione ordine mauriziano 1 1
Giunta centrale per gli studi storici 1 1
Istituto italiano di studi germanici 1 1
Istituto luce-Cinecittà srl 1 1
Istituto nazionale per la valutazione del sistema
dell'istruzione - invalsi
1 1
Istituto nazionale di documentazione, innovazione
e ricerca educativa - indire
1 1
Istituto per la storia del risorgimento italiano 1 1
Istituto storico italiano per il medio evo 1 1
La triennale di Milano 1 1
Museo storico della liberazione 1 1
Scuola archeologica italiana di Atene 1 1
Segretariato europeo per le pubblicazioni
scientifiche - SEPS
1 1
Unione accademica nazionale 1 1
Totale complessivo 1 11 1 11 3 27
Fonte: elaborazione Corte dei conti.
L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione – INVALSI,
l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa – INDIRE e
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 129
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
l’Istituto italiano di studi germanici che, pur classificati nella COFOG settore cultura,
sono in realtà enti di ricerca vigilati dal MIUR e finanziati con una quota del FOE
(Fondo per il funzionamento degli enti di ricerca). Altresì, il Segretariato europeo per le
pubblicazioni scientifiche – SEPS è un’Organizzazione Non Governativa con status
consultivo presso il Consiglio d’Europa. Questi tre organismi, pertanto, non rientrando
tra le competenze del ministero, sono stati esclusi dall’analisi.
Al netto, quindi, di tali enti rilevante appare comunque la quota di risorse
“trasferite” dallo Stato, che supera in media nel triennio 2011-2013 i 58,5 milioni pari al
3,2 per cento dei pagamenti medi nel triennio effettuati dal MIBACT. La Tavola che
segue – che per le ragioni esposte perviene ad una stima dei pagamenti che non coincide
esattamente con il valore riportato nella tavola 3 - indica in dettaglio quanto trasferito ai
singoli enti e società.
TAVOLA 5
LA “CULTURA” NELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE: UNA STIMA DEL COSTO DEGLI ORGANISMI
STRUMENTALI
(in migliaia)
Denominazione Ente/Società Media del triennio
Ministero per i beni e le attività culturali 1.554
Accademia della crusca 883
Accademia nazionale dei lincei 2.531
Ales SPA Arte Lavoro e Servizi S.p.A 10.010
Arcus SPA - Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello
spettacolo S.p.a. 7.743
Cinecittà Luce (sostituita con Istituto luce-cinecittà srl) 7.400
Fondazione festival dei due mondi di Spoleto 2.552
Fondazione Guglielmo Marconi 49
Fondazione Istituto Nazionale Dramma Antico - INDA 1.211
Fondazione la biennale di Venezia 14.154
Fondazione la quadriennale d arte di Roma 380
Fondazione MAXXI 2.775
Istituto Luce-Cinecitta' SRL 5.025
Istituto per la storia del risorgimento italiano 106
Istituto storico italiano per il medio evo 449
La Triennale di Milano 835
Museo storico della liberazione 17
Scuola archeologica italiana di Atene 552
Totale 58.227
Fonte: elaborazione Corte dei conti
Di tali enti e società, oltre ad aver esposto i “trasferimenti” da parte dello Stato, si
esamina la mission istituzionale, l’organo che svolge attività di vigilanza, la coerenza
della mission con gli obiettivi del ministero e le possibili sovrapposizioni con l’attività
svolta dalle strutture ministeriali,.
Il nucleo più consistente si articola in enti pubblici vigilati e fondazioni private
che gestiscono un proprio patrimonio ed operanti nel settore della valorizzazione dei
beni culturali, soprattutto nel campo delle attività di ricerca, studio ed altre attività
conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale, nel campo delle attività dirette a
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
130
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
diffondere la conoscenza del patrimonio culturale e favorirne la fruizione e in ultimo nel
campo della elaborazione e attuazione di progetti formativi e di aggiornamento nonché
nell’organizzazione di mostre, eventi ed itinerari culturali.
Si tratta, peraltro, di antiche e consolidate istituzioni culturali pubbliche e private
operanti nel settore, tra cui si segnalano, in particolare, i seguenti enti pubblici vigilati
dalla Direzione Generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore:
l’Accademia della Crusca (che esercita funzioni di promozione e studio scientifico della
lingua italiana in Italia e all’estero attraverso l’istituzione di corsi, convegni e seminari),
l’Accademia dei lincei (con funzioni di promozione, coordinamento e diffusione delle
conoscenze scientifiche), l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano (con funzioni
di promozione degli studi sulla storia d’Italia dal periodo preparatorio dell’Unità e
dell’Indipendenza sino al termine della prima guerra mondiale, raccogliendo documenti,
pubblicazioni e cimeli, curando edizioni di fonti e di memorie, organizzando congressi
scientifici), l’Istituto storico per il medioevo (il cui compito consiste nel dare unità e
sistema di pubblicazione alle fonti di storia nazionale e promuoverne lavori preparatori),
il Museo storico della liberazione (volto ad assicurare al patrimonio storico nazionale la
più completa ed ordinata documentazione degli eventi storici relativi alla lotta per la
liberazione di Roma), Domus Mazziniana (cin compiti di ricerca e studio sulla vita, il
pensiero e l’opera di Giuseppe Mazzini). Tra gli enti pubblici rientra anche la Scuola
archeologica di Atene, vigilata dalla DG per le Antichità, che si occupa di ricerche e
scavi archeologici in Grecia e nelle aree di civiltà ellenica e formazione di studiosi
tramite la scuola di specializzazione e di perfezionamento).
Nell’ambito delle fondazioni vigilate dalla Direzione Generale Paesaggio, Belle
arti, Architettura e Arte Contemporanee e diretta ad attività di ricerca, di
documentazione, catalogazione, di pubblicazione editoriale nonché all’ organizzazione
di esposizioni d’arte o in altri settori (come il design, l’artigianato, la moda), si rilevano:
la Biennale di Venezia, la Quadriennale d’arte di Roma e la Triennale di Milano mentre,
nel settore teatrale si segnala la Fondazione istituto nazionale del dramma antico – Inda
con compiti di coordinamento a livello nazionale dell'attività teatrale presso i teatri
greco-romani e produzione e promozione del teatro classico greco e latino, la
fondazione Guglielmo Marconi.
La Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo - istituita nel
2009 in attuazione della legge n. 69 del 2009, si occupa invece della gestione, della
conservazione e della conduzione del proprio patrimonio di arte e architetture
contemporanee e fruisce di consistenti apporti a carico del Ministero che interviene con
l’erogazione di contributi, con interventi in materia di personale e con il conferimento
in uso di beni culturali e beni immobili.
Pur nella sostanziale diversità di struttura e finalità, si tratta, in ogni caso, di enti
pubblici trasformati nel tempo in enti di diritto privato con il fine di eliminare le rigidità
organizzative connesse alla natura pubblica e rendere possibile l'acquisizione di risorse
private in aggiunta a quelle statali. L’analisi dei bilanci ha tuttavia evidenziato nel
complesso una ancora insufficiente quota di risorse proprie in un’ottica di autonomia ed
indipendenza delle fondazioni che, pertanto, continuano a dipendere in gran parte delle
contribuzioni pubbliche; risorse che per la fase recessiva che sta attraversando l’Italia,
tendono a diminuire costantemente.
Quanto infine al ricorso alla struttura societaria, l’attività del Ministero si
concentra: nelle attività di promozione del cinema italiano attraverso la Società
Cinecittà Luce S.p.A., confluita nella neo istituita Istituto Luce Cinecittà S.r.l.; nelle
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 131
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
attività di promozione e sostegno finanziario di progetti e iniziative di investimento
concernenti il restauro e il recupero di beni culturali affidate alla Società Arcus S.p.A. e
nel miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio archeologico, artistico,
architettonico, paesaggistico e archivistico affidato alla Società Ales S.p.A.
In relazione alle Società di promozione del settore cinematografico, la Società
Cinecittà luce S.p.A. è stata posta in liquidazione in attuazione del decreto-legge n. 98
del 2011 (convertito dalla legge n. 111 del 2011), che ha previsto la costituzione di una
nuova Società a responsabilità limitata – l’Istituto Luce – Cinecittà S.r.l. – alla quale
trasferire funzioni, attività e quindi risorse umane, strumentali e patrimoniali della
preesistente Società, da individuare con decreto del MIBACT.
La società è stata costituita nel novembre 2011 (con capitale sottoscritto e
interamente versato dal MEF) mentre il citato decreto è stato pubblicato nell’agosto
2013. Tale ritardo ha comportato, nel 2012, una duplicazione di oneri conseguente alla
contemporanea gestione delle due società.
L’Istituto Luce Cinecittà S.r.l. (ex Cinecittà Luce S.p.A.) nasce come, società che
distribuisce film, opere prime e seconde e cortometraggi sostenute dal Ministero, fa
produzione documentaristica basata sul patrimonio filmico dell’Istituto Luce - la più
grande raccolta di documenti audiovisivi della storia d’Italia - e svolge attività di
conservazione e restauro di detto patrimonio filmico, fa infine promozione del cinema
non solo nel Paese, ma anche all’estero.
Possibili duplicazioni con le attività svolte dalle competenti Direzioni generali
possono rinvenirsi nelle attività di supporto e complementari ai compiti espletati nel
settore cinematografico dalla strutture ministeriali, che possono ricomprendersi nell’atto
di indirizzo del Ministro contenente gli obiettivi strategici della società. In particolare, il
riferimento è alla promozione del cinema italiano all’estero, alla gestione dei diritti
filmici a qualunque titolo detenuti dallo Stato, nonché all’eventuale gestione, per conto
del MIBACT, del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie
tecniche, e dell’annessa contabilità speciale.
Di rilevo appaiono, infatti, in tale ambito le attività previste per il 2012 che,
accanto alle azioni di promozione, prevedono una ampia serie di attività che vanno dalla
gestione dei diritti di utilizzazione e sfruttamento delle opere cinematografiche
sostenute dallo Stato (legge 9 marzo 2006 n.80) alla prestazione, a titolo oneroso, di
servizi e competenze professionali nel settore cinematografico in favore di enti pubblici
e privati; dal supporto agli operatori italiani ed europei per fornire una visione più chiara
del settore e del consumo e per la ricerca di coproduttori esteri al fine della definizione
dei piani finanziari di produzione alla organizzazione di incontri professionali ed attività
di comunicazione sulle principali novità sul cinema e sull’audiovisivo, legate allo
sviluppo industriale ed alle possibilità di crescita per imprese ed operatori1
.
Quanto alla Società Arcus S.p.A. - costituita nel 2004 in attuazione della legge n.
291 del 2003, partecipata interamente dal MEF e vigilata dal MIBACT – si tratta di una
società nata con lo scopo di promuovere e sostenere, sotto il profilo finanziario, tecnico-
1
Ulteriori attività riguardano: lo sviluppo di una funzione di coordinamento delle “Filmcommission” e delle altre
forme di intervento determinate dagli enti locali, con l’obiettivo di razionalizzare e potenziare sul territorio l’offerta
di servizi per il cinema e l’audiovisivo; la costituzione di una funzione di aggregazione di produttori indipendenti, al
fine di assicurare l’offerta e la diffusione commerciale di film sulle nuove piattaforme internet e telefoniche; nuovo e
maggiore impulso, con altri operatori nazionali ed europei del settore cinematografico e audiovisivo, all’utilizzo e
allo sviluppo delle nuove tecnologie digitali ed all’applicazione di programmi di sostegno e di formazione
professionale anche tramite accordi diretti con operatori italiani ed esteri, con le Regioni ed altri enti locali pubblici e
privati.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
132
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
economico e organizzativo, progetti ed altre iniziative finalizzate alla realizzazione di
interventi di restauro e recupero dei beni culturali ed altre azioni a favore delle attività
culturali e dello spettacolo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni e
degli enti locali, alla luce del Titolo V della Costituzione.
La Società, della quale era stata prevista la liquidazione in attuazione dell’ art. 12,
comma 24, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, è stata nuovamente ricostituita con
recente art. 39, comma 1-ter, del DL 69/2013 ed è oggi retta da un Amministratore
unico, nella persona del Presidente della Società.
Per il perseguimento delle funzioni istituzionali la Società, fino al 2010 gestiva e
reperiva i mezzi finanziari attraverso la contrazione di mutui nell’ambito delle risorse
individuate ai sensi dell’art. 60, comma 4 della legge n. 289 del 2002, pari al 3 per cento
degli stanziamenti iscritti nell’apposito capitolo del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti2
.
L’attività concretamente posta in essere non era tuttavia quella di fungere da
soggetto esecutore, ma da organismo chiamato a svolgere compiti di promozione e di
sostegno di progetti ed iniziative di investimento, sia per il restauro ed il recupero dei
beni culturali, sia per altri interventi a favore delle attività culturali e nel settore dello
spettacolo.
Più in particolare i compiti della società attengono alla selezione dei progetti degli
interventi da ammettere a finanziamento al fine di definire il programma delle opere da
approvare con decreto ministeriale. Possono, inoltre, essere affidati alla società, per
conseguire obiettivi di maggiore economicità, efficienza ed efficacia del processo
realizzativo degli interventi inclusi nel programma annuale, compiti e attività di
sostegno, promozione, assistenza tecnica e finanziaria relativi alle diverse proposte ed
iniziative ammesse al finanziamento, ferme restando le competenze delle
Amministrazioni pubbliche in materia di progettazione ed esecuzione di opere, lavori
pubblici, tutela, manutenzione e restauro di beni culturali.
Appare pertanto palese la scelta di affidare ad una società esterna compiti di
valutazione tecnica e di ripartizione di finanziamenti non dissimili da quelli di
competenza della Direzione generale per l’organizzazione, gli affari generali,
l’innovazione, il bilancio ed il personale; organo dotato di autonomia scientifica e
personale idoneo, allo svolgimento dei compiti di assistenza tecnica e finanziaria.
D’altra parte la decisione di porre in liquidazione la società si fondava proprio sulla
incapacità di reperire ulteriori risorse sul mercato e sulla natura sostanzialmente
pubblica dei nuovi organismi cui affidare compiti già propri della struttura ministeriale,
con l’effetto di duplicare gli apparati amministrativi.
In una logica di spending review resta pertanto un obiettivo essenziale quello di
rendere effettivo un compiuto sistema di indicatori e di informative che dimostri il
valore aggiunto creato dall’azione della Società e ne giustifichi la sua persistente
validità.
Il ricorso a società in house è infine limitato alla sola Società “Arte Lavoro e
Servizi - Ales S.p.A.” della quale il MiBACT è titolare dell’intero azionariato.
2
Risorse queste non disponibili per l’esercizio 2011, ai sensi dell’art. 32, comma 16 del decreto-legge n. 98 del 2011,
e sostituite dal 2012 con una quota parte (fino al 3 per cento), delle risorse del Fondo infrastrutture ferroviarie
stradali, assegnata dal CIPE compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica.
Alla luce delle citate disposizioni, la Società Arcus S.p.A. ha gestito nel 2012 soltanto le risorse relative alle
programmazioni già approvate.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 133
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
La società è stata costituita, ai sensi della legge 196/1997 e del d.lgs. n. 468/1998,
il 17.12.1998, con partecipazione azionaria del 30 per cento dal MIBACT e del 70 per
cento da “Italia Lavoro S.p.A.”, con la missione di stabilizzare una parte degli addetti a
lavori socialmente utili (LSU, oltre 400 unità) provenienti da alcune Società dismesse
che avevano operato nel settore dei beni culturali nelle Regioni Lazio e Campania.
Nel giugno del 2009 la legge n. 69 del 2009 (art. 26) ha attribuito l’intero
pacchetto azionario di Ales S.p.A. al Ministero che, per il tramite della Direzione
Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, esercita i diritti dell’Azionista
Unico nel confronti della Società in sede di assemblea e, in primo luogo, per
l’approvazione del bilancio e di tutti gli atti di particolare rilevanza.
Presso la Direzione Generale è stato, inoltre, istituito un “Comitato di controllo
analogo”, che verifica preliminarmente gli atti di gestione di Ales S.p.A., rendendo la
società, di conseguenza, dipendente sotto il profilo organizzativo rispetto
all’Amministrazione controllante e vincolata nell’attività di gestione ordinaria e
straordinaria alle prescrizioni del Ministero.
Dalla sua istituzione Ales svolge servizi strumentali in favore del Ministero,
assicurando, in primo luogo, la manutenzione ad alcuni monumenti e musei e aree
archeologiche della Campania e del Lazio e un supporto significativo ai servizi di
vigilanza presenti negli stessi spazi espositivi.
Sempre per l’espletamento di servizi strumentali in favore del Ministero, Ales
opera, con personale ex LSU, anche in Abruzzo, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise,
Umbria, Sardegna, Toscana, Lombardia.
Nell’esercizio 2012 la società ha portato a termine la fase di integrazione di
ulteriori servizi precedentemente affidati dal MIBACT a società esterne per un totale di
circa 300 risorse umane aggiuntive su tutto il territorio nazionale, nonché allo sviluppo
di nuovi progetti, previsti nel piano industriale, tesi a generare ricavi per l’azienda dal
mercato privatistico per i quali si è registrata nel 2012 una sostanziale stasi delle
iniziative. Nella stessa direzione la società ha comunque incrementato il numero di
contratti e convenzioni relativi a nuovi servizi con alcuni degli istituti del MIBACT
dotati di autonomia amministrativa in due specifiche aree di interesse: le attività di
supporto tecnico-amministrativo e le attività tecnico-specialistiche per biblioteche e
archivi.
Ulteriori ricavi provengono nel 2012 da un contratto concernente attività
necessarie alla redazione di un progetto esecutivo propedeutico all’affidamento della
licenza d’uso del marchio MBACT per attività di merchandising museale, nonché da un
progetto formativo dedicato agli addetti di sorveglianza della Provincia di Roma.
L’oggetto sociale, limitato al momento della costituzione a servizi nel settore dei
beni culturali prioritariamente diretti ad attività di manutenzione e pulizia, è stato
pertanto integrato ed ampliato notevolmente, in linea con le modifiche statutarie del 22
gennaio 2010, estendendosi alla ricerca di sponsor, ad attività di supporto alle funzioni
del Ministero, a nuovi segmenti di mercato (gestione del marchio e diritti di immagine,
pubblicità e promozione di eventi culturali, editoria, riproduzione e
commercializzazione di prodotti editoriali propri, supporto all’URP e all’utenza interna
del MIBACT).
Uno specifico ricorso all’Ales S.p.A. si rinviene anche nel decreto-legge n. 34 del
2011 che prevede, nell’ambito del programma straordinario ed urgente di interventi da
realizzarsi nell’area archeologica di Pompei, la possibilità di avvalersi della società per
l’espletamento diretto di servizi tecnici.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
134
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Tale evoluzione rispecchia la gestione economica della Società nel cui ambito
cresce il valore della produzione riferito a ricavi per prestazioni di servizi fornite al
Ministero che supera nel 2012 i 23,2 milioni (14 milioni nel 2011) cui corrisponde un
aumento anche dei costi della produzione direttamente correlata all’integrazione dei
nuovi servizi e, in gran parte ascrivibile alle spese per il personale.
Anche in tal caso in un’ottica di spending review, l’ampio spettro delle attività
affidate alla Società, va valutato, da un lato, alla luce delle specifiche competenze in
servizio presso il ministero per le attività di supporto tecnico-amministrativo e,
dall’altro, in relazione alla possibile sovrapposizione con le competenze affidate agli
organi ministeriali 3
e soprattutto alle regioni e agli enti locali in materia di promozione
e servizi al pubblico.
IL SETTORE DELL’AGRICOLTURA: PRIME RIFLESSIONI SU ORGANIZZAZIONE E
COSTI
8. L’analisi, analogamente al settore della cultura, si è concentrata prendendo in
considerazione gli organismi censiti dall’Istat nel settore delle amministrazioni centrali
(S 1311) appartenenti, in relazione alla composizione della spesa, alla categoria
funzionale COFOG “Agricoltura”; tale ricognizione è stata successivamente integrata
attraverso quanto rilevato al 30 aprile 2014 in relazione alla ricognizione effettuata e
resa pubblica dall’Amministrazione nella parte del sito istituzionale dedicato alla
“trasparenza”.
Si tratta del Ministero delle politiche agricole e forestali e di 17 unità ricadenti
nell’ambito delle Amministrazioni pubbliche centrali, mentre le rimanenti 8 si collocano
all’esterno della pubblica amministrazione. Fra le unità esterne, si riscontrano 3 società
per azioni, 1 società a responsabilità limitata, 1 consorzio obbligatorio, 1 ente pubblico
economico (ISMEA), 1 ente pubblico non economico (EIPLI) ed 1 Istituto zootecnico.
L’INRAN compare tra gli enti esterni alla PA in quanto non presente nell’ultima
lista S13 pubblicata in GU dall’Istat, riferita all’anno 2013, perché confluito nel
Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione In Agricoltura (C.R.A.), ma risulta ancora
presente nella lista degli enti vigilati dal ministeri come risulta nella ricognizione
effettuata ai sensi dell’art. 22 del DL 33 del 2013.
Un quadro sinottico dei 25 enti e della loro collocazione viene fornito nella tavola
seguente.
3
Con riferimento agli organi ministeriali si fa riferimento alla Direzione generale per la valorizzazione del
Patrimonio Culturale (istituita proprio con lo scopo di dare maggiore incisività nella promozione e nello sviluppo di
questo settore al fine di garantire una maggiore conoscibilità e fruibilità dei beni culturali), che tuttavia svolge
essenzialmente attività di coordinamento, e alle le Direzioni regionali alcune delle quali finiscono per svolgere
attività sostanzialmente nel settore della tutela.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 135
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 6
L’“AGRICOLTURA” NELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE: LA LISTA DI ENTI E SOCIETÀ
Denominazione Amministrazione
centrale
Enti e Società vigilate
extra PA
Totale
complessivo
Stato Enti Enti Società
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 1 1
Agenzia di Pollenzo S.p.a. 1 1
Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA 1 1
Buonitalia S.p.a. (in liquidazione) 1 1
C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in
Agricoltura 1 1
Consorzio Infomercati 1 1
EIPLI - Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la
Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia 1 1
Ente nazionale risi 1 1
INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la
Nutrizione 1 1
ISA S.p.a.- Istituto per lo sviluppo agroalimentare spa 1 1
ISMEA - Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare 1 1
Istituto Agronomico per l'oltremare 1 1
Istituto nazionale di economia agraria - INEA 1 1
Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale del piemonte liguria e valle
d'aosta 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale della lombardia e dell'
emilia romagna 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale della puglia e della
basilicata 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna
"G.Pegreffi" 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale della sicilia"Adelmo Mirri" 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise
"G.Caporale" 1 1
Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie 1 1
istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche 1 1
UNIRELAB S.r.l. - Servizi di diagnostica di laboratori per
l'industria ippica 1 1
Totale 1 16 4 4 25
Si considerano qui i soli organismi riferibili alla sfera di competenza del Ministero
delle politiche agricole dei quali si dà una descrizione sintetica delle attività e delle
funzioni svolte, nei suoi riflessi con le competenze assegnate alla struttura
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
136
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
ministeriale4
. Tali enti sono comunque rilevanti ai fini delle valutazioni di carattere
organizzativo finalizzate ad evidenziare eventuali elementi di sovrapposizione
funzionale.
Un ruolo di particolare rilievo viene svolto dall’Agenzia per le erogazioni in
agricoltura (AGEA), sia per le competenze derivanti dalla normativa comunitaria che
per quelle di origine più strettamente nazionale. Esso è infatti il principale ente
responsabile per l’attuazione degli indirizzi della Politica agricola comune (PAC),
nonché il soggetto cui è delegato il coordinamento, il controllo ed il pagamento dei
finanziamenti europei erogati tramite il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA)
ed il Fondo europeo per lo sviluppo rurale (FEASR). Più limitate appaiono le attività
disciplinate da leggi nazionali o da specifiche convenzioni internazionali, riguardanti -
rispettivamente - il sostegno contingente a particolari mercati dei prodotti agricoli ed
agroalimentari e la gestione degli aiuti alimentari ai paesi in via di sviluppo dovuti alla
Convenzione di Londra5
.
Limitatamente al settore risicolo, l’Ente nazionale risi (ENR) svolge - in parte -
funzioni analoghe a quelle attribuite ad AGEA per gli altri settori della produzione
agricola. Infatti, esso è organismo di intervento della Commissione europea per
l’attuazione della PAC, nonché organismo pagatore degli aiuti comunitari FEAGA.
Accanto a queste funzioni, l’ente affianca importanti attività di sostegno economico e
produttivo della produzione risicola derivanti dalla normativa nazionale. In particolare,
il proprio Centro di ricerca e sperimentazione svolge un rilevante ruolo per il
miglioramento delle varietà e dotazioni sementiere, messe poi a disposizione delle
aziende della filiera. Considerata l’importanza della produzione risicola per l’agricoltura
italiana (pari al 50 per cento della produzione europea) e viste le competenze tecniche
dell’ente ed il suo grado di autonomia finanziaria, appare coerente l’esistenza di un ente
separato, sia dall’AGEA che dagli altri centri di ricerca.
Gli enti con funzioni di ricerca e sperimentazione facenti capo al Ministero delle
politiche agricole hanno subìto, in anni recenti, un parziale processo di
razionalizzazione. Nel 2010, l’Ente nazionale sementi elette (ENSE) è stato soppresso,
le relative competenze e risorse sono state assorbite dall’Istituto nazionale di ricerca per
gli alimenti e la nutrizione (INRAN). Nel 2012 l’INRAN è stato a sua volta soppresso e,
nel 2013, esso è stato incorporato nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in
agricoltura (C.R.A.). Attualmente, questo ente raggruppa dunque tutte le principali,
attività di ricerca scientifica e sperimentazione operanti negli ambiti disciplinari
4
Non risultano vigilati dal ministero delle politiche agricole i seguenti organismi:
L’Istituto agronomico per l’oltremare è un organismo tecnico-scientifico che principalmente elabora e cura
l’attuazione di progetti di cooperazione internazionale per lo sviluppo dell’agricoltura nei paesi arretrati; esso è
vigilato dal Ministero degli affari esteri.
La rete degli Istituti zooprofilattici sperimentali è costituita da 10 sedi centrali (elencate sopra) e da un complesso di
90 sezioni diagnostiche periferiche ad essi afferenti. Agli istituti sono attribuite funzioni di sorveglianza della salute
pubblica veterinaria ed anche della salubrità degli alimenti, svolgendo attività di sorveglianza epidemiologica, ricerca
sperimentale, servizi di diagnostica di laboratorio, produzione di diagnostici e vaccini. Il Ministero della salute vigila
sulle loro attività, rappresentando la principale fonte di finanziamento degli istituti, che possono contare anche sulle
risorse aggiuntive eventualmente fornite dalle Regioni rientranti nel proprio ambito di competenza territoriale. La rete
degli istituti occupa circa 2.500 dipendenti.
Il Consorzio Infomercati è stato istituito dalla legge 421 del 1996, con il compito di realizzare un sistema di
collegamento informatico e telematico dei mercati all’ingrosso di prodotti agro-alimentari presenti sul territorio
nazionale, al fine di garantire la raccolta delle informazioni e la trasparenza nei processi di formazione dei prezzi. La
legge istitutiva attribuisce al Consorzio anche il compito di assicurare il collegamento con gli organismi comunitari
ed extra-comunitari per la raccolta di informazioni sugli andamenti degli analoghi mercati internazionali. Il Consorzio
opera sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico.
5
In quest’ultima attività collabora con il Ministero degli affari esteri.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 137
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
collegati all’agricoltura, silvicoltura e pesca, fruendo della considerevole rete di
laboratori ereditata con gli accorpamenti degli enti soppressi, suscettibile di una
possibile razionalizzazione. Il numero complessivo dei dipendenti del C.R.A. è
attualmente stimabile nell’ordine di grandezza delle 1.500 unità (vedasi più avanti,
tavola 3).
L’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) è sostanzialmente un ente di
ricerca economica finalizzata all’elaborazione delle linee di politica agricola e forestale
nazionale, e al supporto delle pubbliche amministrazioni nell’attuazione delle politiche
agricole comunitarie. All’istituto è affidata anche la gestione della Rete di Informazione
Contabile Agricola (RICA), un progetto comunitario di rilevazione dati concernente i
bilanci e le produzioni di un campione di aziende agricole.
L’Istituto di servizi per il mercato agricolo ed alimentare (ISMEA) è un
organismo assai composito, che unisce attività di analisi economico-finanziaria e
produzione dati con funzioni specifiche di intermediazione finanziaria ed assicurativa,
nonché di riordino fondiario e sviluppo dell’impresa agricola (tra cui la gestione degli
incentivi del d.lgs. 185 del 2000 nel settore agricolo, affidati per i rimanenti settori ad
Invitalia). I servizi informativi e di analisi dell’istituto presentano sia possibili margini
di sovrapposizione sia possibili sviluppi di sinergie rispetto alle analoghe attività svolte
dal Consorzio Infomercati e dall’INEA. D’altro canto, le funzioni di intermediazione
finanziaria, ed in particolare le attività di prestazione di garanzie creditizie e quelle del
“Fondo di investimento nel capitale di rischio”, si sovrappongono con le attività di ISA
S.p.A., ovvero potrebbero essere svolte più economicamente in combinazione con
queste.
L’Istituto di sviluppo agroalimentare (ISA) è una società per azioni costituita nel
2005, il cui socio unico è il Ministero delle politiche agricole. Essa svolge funzioni di
intermediazione finanziaria, essendo regolarmente iscritta all’elenco generale e speciale
degli intermediari finanziari ex d.lgs. 85/1993. La ragione sociale dell’istituto viene
individuata, dall’art. 10-ter della legge 80 del 2005, nella delega - da parte del Ministero
controllante - delle funzioni di valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera
del settore agro-alimentare. Oltre ai contratti di filiera, la società può provvedere ad
operazioni di finanziamento - in regime di aiuto ovvero a condizioni di mercato - delle
imprese operanti nel settore agricolo.
Buonitalia è una società per azioni costituita nel 2003, e partecipata al 70 per
cento dal Ministero delle politiche agricole, avente la finalità di promuovere il Made in
Italy agroalimentare sui mercati esteri. Il DL 95/2012 ha soppresso la società, peraltro
già in liquidazione, trasferendone le funzioni all’Agenzia per la promozione all’estero e
l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ex ICE). La procedura di liquidazione è
ancora in corso.
Agenzia di Pollenzo è una società per azioni che annovera tra i propri soci il
Ministero delle politiche agricole. Scopo della società è il restauro, la conservazione e la
valorizzazione del complesso architettonico Carlo Albertino di Pollenzo, sede
dell’Università degli studi di Scienze enogastronomiche.
Unirelab è una società a responsabilità limitata di cui è socio unico il Ministero
delle politiche agricole. Essa è stata costituita nel 2003 ed offre servizi di diagnostica di
laboratorio per l’industria ippica. Lo statuto sociale concede alla società di svolgere
ulteriori attività, diverse dalla mera diagnostica tossicologica, quali: gestione di aste di
cavalli, centri ippici e sportivi, corsi di formazione, esecuzione di studi e ricerche sul
cavallo, pubblicazioni, ecc. Si osservi, inoltre, che i controlli diagnostici effettuati dalla
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
138
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
società in esame potrebbero rientrare in linea di massima anche nelle competenze degli
Istituti zoo profilattici sperimentali. L’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la
Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (EIPLI), la cui competenza si
riferisce alla realizzazione e gestione di opere per il miglioramento
dell’approvvigionamento idrico in Puglia, Basilicata e Molise, è - allo stato attuale della
normativa - in gestione commissariale non prorogabile oltre il 30 Settembre 2014. La
procedura di liquidazione è iniziata nel 1979 e non è ancora terminata.
9. Le considerazioni avviate nel precedente paragrafo, a proposito del disegno
organizzativo degli enti funzionalmente collegati al Ministero delle politiche agricole,
devono essere integrate dall’esame dell’organizzazione del ministero in questione. Essa
si articola in tre dipartimenti: Dipartimento delle politiche europee e internazionali e
dello sviluppo rurale (DIPEISR), Dipartimento delle politiche competitive, della qualità
agroalimentare, ippiche e della pesca (DIQPAI), Dipartimento dell’Ispettorato Centrale
della tutela della qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF).
Tali dipartimenti sono organizzati in 7 direzioni generali e una rete territoriale degli
uffici periferici e dei laboratori dell’ICQRF, per un complessivo di 59 uffici dirigenziali
non generali, di cui 16 appartenenti alla rete ICQRF. Nel 2012, la dotazione organica
del personale non dirigenziale consisteva di 721 unità. Va inoltre segnalato che, nel
2013 il ministero ha assorbito le risorse umane, strumentali e finanziarie della disciolta
Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - Assi (ex UNIRE), il cui personale non
dirigenziale è stimabile nell’ordine delle 170 unità.
In via generale, dall’esame delle relative declaratorie si può rilevare che
l’articolazione delle competenze delle varie direzioni ministeriali ricalca fedelmente il
quadro delle funzioni ed attività attribuite al sistema degli enti strumentali. Sotto questo
punto di vista, è da notare che a fronte di un organico complessivo ministeriale
consistente di circa 950 unità, il sistema dei principali enti strumentali6
del Ministero
delle politiche agricole totalizza un numero di dipendenti pari a circa 2.350 unità. Anche
volendo escludere - in virtù della sua specifica natura - la funzione di ricerca e
sperimentazione scientifica, si rimane in presenza di un apparato organizzativo esterno
avente circa 820 dipendenti.
Una valutazione specifica delle possibili sovrapposizioni tra ministero ed enti
richiede sia la disponibilità di informazioni di dettaglio sulla ripartizione del personale
fra gli uffici ministeriali, sia un attenta selezione, accorpamento e matching, delle
competenze di tali uffici con quelli dei corrispondenti enti strumentali.
Possono in questa sede effettuarsi solo prime valutazioni di carattere generale.
In primo luogo, si può osservare che due delle direzioni generali più grandi del
ministero, la Direzione per le politiche internazionali e l’Unione europea e la Direzione
per lo sviluppo rurale - aventi una struttura organizzativa pari a 15 uffici dirigenziali
non generali, vedono assegnate attività in parte analogamente svolte da AGEA ed ENR,
due tra i maggiori enti strumentali del ministero, ed in parte anche attività di supporto
svolte in materia da INEA ed ISMEA.
Per quanto riguarda l’analisi della qualità degli alimenti, si riscontra l’esistenza -
oltre che dei laboratori diagnostici della rete ministeriale ICQR - anche dei laboratori
6
Stima riguardante AGEA al netto delle società controllate, ENR, CRA, INEA, ISMEA - incluse le due società
strumentali controllate - ed ISA. Circa le fonti dei dati, si veda il paragrafo 3.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 139
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
dell’ex INRAN, e di analoghe attività di diagnostica svolte anche dagli Istituti zoo
profilattici, circostanza che suggerisce l’evidente esistenza di margini di
razionalizzazione.
10. I rilievi di natura organizzativa, sin qui avanzati, possono trovare ulteriori
elementi di approfondimento e valutazione mediante l’esposizione di alcuni dati
economico-finanziari relativi agli enti strumentali vigilati dal Ministero delle politiche
agricole. Tutti i dati sono stati tratti dalle ultime relazioni disponibili della Corte dei
conti, ovvero dagli ultimi bilanci disponibili delle società interessate.
Il prospetto seguente riporta i saldi finanziari (entrate meno uscite) per gli enti in
contabilità finanziaria e il risultato economico (valore della produzione meno costo
della produzione) per gli enti in contabilità economico-patrimoniale:
GLI ENTI NELL’ “AGRICOLTURA”: SALDO FINANZIARIO E RISULTATO ECONOMICO
(in milioni)
Ente ed anno AvanzoDisavanzo
finanziario
AvanzoDisavanzo
finanziario medio
7
Risultato
economico
PA
AGEA (2011) -41,90 -44,83 20,30
CRA (2011) -1,74 12,93 1,70
INEA (2011) 6,43 0,95 -1,78
ENSE (2009) -0,34 0,23 -0,43
ENR (2012) n.d. n.d. -1,53
INRAN (2009) -3,50 1,05 -4,80
Non-PA
ISA (2012) n.d. n.d. 3,04
ISMEA (2012) n.d. n.d. -23,38
Unirelab (2012) n.d. n.d. -0,93
L’anno si riferisce all’esercizio di bilancio considerato, mentre la media del saldo finanziario è relativa agli ultimi
tre esercizi, ovvero agli ultimi due.
Ad eccezione di AGEA, gli enti strumentali appartenenti alla PA sono
caratterizzati da un saldo finanziario medio positivo. Nel caso di AGEA, l’ingente
disavanzo finanziario di competenza è compensato da un risultato economico positivo,
conseguenza di favorevoli operazioni di riaccertamento sia di residui passivi che attivi.8
Per quanto riguarda le società esterne alle pubbliche amministrazioni, valutiamo il
risultato economico di ISA S.p.A. è valutato al netto del contributo che il Ministero
delle politiche agricole eroga per la copertura della rata del mutuo contratto da RIBS
con l’istituto San Paolo IMI - trasferito ad ISA al momento della sua costituzione. Si
noti infatti che tale contributo al netto degli interessi viene registrato come ricavo nel
conto economico, con un effetto positivo sul margine netto per un importo pari a 19,5
7
Laddove l’anno si riferisce all’esercizio di bilancio considerato, mentre la media del saldo finanziario è relativa agli
ultimi tre esercizi, ovvero ultimi due7
, a partire da quello considerato; le caselle vuote indicano la non disponibilità
del dato.
8
Determinazione della Sezione Enti della Corte dei conti n. 32 del 2013.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
140
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
milioni9
. Per quanto riguarda l’ISMEA10
, il cospicuo sbilancio economico è in buona
misura, per poco meno di 20 milioni, dovuto al deficit della gestione dei servizi
istituzionali connessi alla compravendita di terreni per la funzione di riordino fondiario.
Per la restante parte esso è dovuto al complesso delle gestioni finanziarie ed
assicurative.
I dati relativi alle ‘spese della produzione’ e al personale degli enti vigilati dal
Ministero delle politiche agricole sono riassunti nel prospetto seguente, laddove come
‘spese della produzione’ sono state considerate, per gli enti pubblici non economici
della PA, le uscite totali da contabilità finanziaria al netto delle partite di giro, per gli
altri enti (ENR, ISA, ISMEA, Unirelab), il costo della produzione; le stime del
personale sono generalmente relative al personale in servizio, sia a tempo indeterminato
che determinato.
(in milioni) (unità)
Ente ed anno di
rilevazione
Spese della
produzione
Personale
PA
AGEA (2011) 192,56 280
CRA (2011) 135,84 1.279
INEA (2011) 32,40 233
ENSE (2009) 10,52 115
ENR (2012) 8,84 84
INRAN (2009) 29,39 135
Non-PA
ISA (2012) 8,46 38
ISMEA (2012) 146,54 142
Unirelab (2012) 4,65 43
Circa la consistenza del personale, dalla tavola si evince chiaramente la
preponderanza degli enti di ricerca e sperimentazione riuniti nell’attuale conformazione
del CRA (CRA, ENSE, INRAN).
Alcune note conclusive sulle funzioni di intermediazione finanziaria e assicurativa
svolte da ISA, ISMEA e dalle società da quest’ultima controllate: Società gestione fondi
per l’agroalimentare (SGFA S.r.l.) e Investimenti per lo sviluppo (ISI S.r.l.). Per quanto
riguarda ISA, la redditività al netto del contributo ministeriale era negativa nel 2010, ed
è divenuta positiva nell’esercizio 2011 e 2012. Per quanto positiva, la redditività di
questo intermediario finanziario è comunque trascurabile, essendo pari nel 2012 all’1
per cento del capitale investito. D’altro canto, può essere interessante procedere ad una
valutazione complessiva dei costi della produzione delle varie attività di
intermediazione bancaria ed assicurativa. Considerando ISA, SGFA, ISI e la gestione
separata ISMEA del Fondo di riassicurazione, si ottiene un totale di costi di produzione
pari ad oltre 41 milioni, la cui ripartizione è illustrata nel prospetto.
9
La relazione al bilancio, p. 43, esprime preoccupazione per il venir meno nel 2013 del rilevante impatto positivo sul
conto economico.
10
Nel caso di ISMEA, il risultato economico tiene conto dei proventi netti derivanti dalle attività di intermediazione
finanziaria ed assicurativa.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 141
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
(in milioni)
Società Costi
Fondo di
riassicurazione 15,097
SGFA 17,143
ISI 0,901
ISA 8,46
Totale 41,601
I costi complessivi, sostenuti per lo svolgimento di funzioni non necessariamente
tipiche per l’operatore pubblico, sono dunque piuttosto elevati e con una redditività
netta complessiva (gestione ISA più gestioni ISMEA) pressoché nulla.
LE SOCIETÀ STRUMENTALI DELLE AMMINISTRAZIONI CENTRALI
Oggetto e ragioni dell’analisi
11. L’economia italiana è caratterizzata da un numero molto significativo di
società partecipate da enti pubblici11
, con una presenza pubblica nell’economia
decisamente rilevante.
Il modello di riferimento è eterogeneo. Talvolta, si tratta di soggetti aventi forma e
sostanza privatistica, che producono beni e servizi operanti in regime di mercato, anche
di valore strategico. In altri casi, pur mantenendo veste formalmente privatistica,
rappresentano modelli organizzativi di funzioni pubbliche, svolgono compiti e attività
nel prevalente interesse del socio pubblico e sono assoggettate, secondo il paradigma
comunitario, a particolari e penetranti regole di gestione e controllo.
Il settore è interessato da una congerie di disposizioni speciali, che si intrecciano
con la disciplina codicistica, e che sono volte, in linea di massima, alla
razionalizzazione, all’efficientamento e alla riduzione dei costi (prevedendo vincoli più
stringenti per le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica
amministrazione). Al di là degli aspetti di stretta codificazione, può dirsi in atto
un’opera di sostanziale equiparazione delle società controllate dalle pubbliche
amministrazioni che ha determinato gli interventi normativi più recenti relativi
all’estensione anche alle società partecipate delle procedure di mobilità del personale,
degli obblighi in materia di trasparenza, dei tetti alle retribuzioni, dei tetti di spesa in
materia di costi operativi. Il legislatore più recente appare orientato anche ad interventi
di contenimento della spesa mirati a specifiche società12
.
In un’ottica di revisione generale degli assetti operanti all’interno della cornice
pubblica, finalizzata soprattutto alla razionalizzazione delle strutture ed al contenimento
dei costi, non può non tenersi conto del vasto settore delle società partecipate dallo
Stato, anche al fine di considerarne l’eventuale sovrapponibilità o duplicazione di
11
Diverse migliaia, se si considerano anche le società partecipate da Regioni, Province e Comuni.
12
Ad esempio, si vedano gli artt.16, comma 8 e 21 del DL 66/2014.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
142
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
funzioni esercitate rispetto a quelle tipiche dell’Amministrazione di riferimento, di altre
società o di enti pubblici.
Le privatizzazioni degli anni novanta, infatti, non hanno impedito il successivo
processo di estensione del settore pubblico nell’economia, anche attraverso il ripetuto
ricorso alla “societarizzazione” di funzioni amministrative, realizzata tramite la
dilatazione del modello c.d. in house.
Tali società potrebbero essere interessate da processi di razionalizzazione delle
strutture. Si tratta, infatti, di funzioni tipiche delle Amministrazioni di controllo o
vigilanti esercitate dalla società, nei confronti delle quali può effettivamente porsi un
problema di duplicazione quando all’interno dell’Amministrazione permangano e
continuino ad operare strutture al medesimo fine. La problematica risulta ancora più
articolata in considerazione del fatto che la società, incrementando i costi, fa talvolta
grande ricorso a collaborazioni esterne e incarichi di consulenza, non essendo
assoggettata a limiti quantitativi, oppure si avvale di risorse umane minime, con un
costo inferiore a quello della governance, o, al contrario, presenta un costo del personale
che assorbe quasi per intero il costo della produzione. Un’esigenza di razionalizzazione
può porsi anche con riguardo alle società che operano tutte nel medesimo settore, come
avviene, ad esempio, nella valorizzazione e dismissione immobiliare, nel sostegno
finanziario all’agricoltura o alle cooperative sociali.
L’interdipendenza funzionale con il Ministero di riferimento è sempre molto
marcata, e, talvolta, si è estrinsecata anche attraverso la comunanza della governance tra
società ed ente di riferimento, rendendo di fatto nulla qualsiasi ipotetica separazione tra
indirizzo e gestione.
Indicati i principali valori economici dell’intero perimetro delle società statali, in
questo capitolo ci si sofferma sulle caratteristiche delle sole società strumentali.
LE SOCIETÀ PARTECIPATE DALLO STATO: RICOGNIZIONE E VALORI ECONOMICI
COMPLESSIVI
Le società partecipate dallo Stato considerate nella presente ricognizione sono quelle
iscritte, come posta patrimoniale, nel Conto del Patrimonio. L’esercizio di riferimento è il
2012, l’ultimo del quale sono al momento disponibili bilanci societari approvati.
Al 31 dicembre 2012 le società iscritte nel Conto del Patrimonio sono 4613
.
Di queste, quattro sono inserite nel Conto consolidato delle Pubbliche amministrazioni
(Arte Cultura Spettacolo Arcus S.p.A, Anas S.p.A, Coni servizi S.p.A. e Italia Lavoro
S.p.A.), ricorrendo le caratteristiche richieste a tal fine dal SEC95, e quattro sono quotate
nei mercati regolamentati (Ente nazionale idrocarburi Eni S.p.A., Finmeccanica S.p.A.,
STMicroelectronics S.p.A. e Enel S.p.A.).
La ricognizione comprende anche quattro società cedute alla fine dell’esercizio 2012
(SACE S.p.A., SIMEST S.p.A. e Fintecna S.p.A. a Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., Ferrovie
della Calabria S.r.l. alla Regione Calabria), per cui il bilancio 2012 è ancora riconducibile
al socio pubblico, e quattro società in liquidazione (Isveimer, Lamfor, Cinecittà Luce e
Buonitalia14
).
La situazione appare modificata nel 2013 anche per l’istituzione di due nuove società
(Unirelab – ex Unire- e Inv.im.it. S.g.r.).
L’impegno pubblico complessivo verso le suddette società, in termini di pagamento a
13
L’analisi non comprende Alitalia S.p.A. in amministrazione straordinaria ed il Centro Tipologico Nazionale,
Società consortile non iscritta nel Conto del Patrimonio, di cui l’art.7 del DL 95/2012 ha disposto la messa in
liquidazione.
14
Di Buonitalia spa, in liquidazione dal 2011, il d.m. 28 febbraio 2013 ha disposto il trasferimento di funzioni e
risorse all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE).
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 143
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
qualsiasi titolo erogato dai Ministeri, ammonta negli anni 2011-2012-2013,
rispettivamente, a 30,55 miliardi, 26,11 miliardi e 25,93 miliardi. Al netto dei trasferimenti
alle amministrazioni pubbliche, dei redditi da lavoro dipendente e Irap, degli interessi e del
rimborso sul debito pubblico e delle poste correttive e compensative, la spesa finale media
del triennio è di 8,31 miliardi.
Al netto delle società quotate, il patrimonio netto complessivo è di 72 miliardi, il valore
della produzione è di 43 miliardi; il costo della produzione è di 40 miliardi.
Sempre al netto delle quotate, le società hanno realizzato un utile di 4,3 miliardi ed una
perdita complessiva di 302 milioni.
Hanno un costo di personale di 8,2 miliardi, un’incidenza complessiva sul costo della
produzione del 20,51 per cento ed un numero di addetti di 178.902 unità. Il costo
complessivo dell’organo di amministrazione delle società ammonta a 21,6 milioni, di cui
3,5 attribuibili alla parte variabile riconosciuta al management.
Le società partecipate dallo Stato, a loro volta, partecipano ad altre 526 società di secondo
livello, con diverse quote di partecipazione: di queste, 60 sono partecipate al 100 per cento
mentre per 425 la partecipazione è inferiore al 50 per cento.
L’elenco di cui all’Allegato 2 fornisce il quadro di tutte le società iscritte nel Conto del
Patrimonio 2012, evidenziando il Ministero socio, la quota di partecipazione, il Ministero
vigilante, la norma istitutiva e, in sintesi, l’oggetto sociale, che è stato classificato per
settore di intervento15
.
Il peso finanziario e la dimensione economica del “mondo delle strumentali”
12. Il perimetro maggiormente sensibile a processi di razionalizzazione delle
strutture è senz’altro quello relativo all’attività societaria svolta in posizione di
strumentalità rispetto al Ministero di riferimento, che si manifesta quando alla società
sono affidate funzioni istituzionali, espressione della missione tipica
dell’amministrazione.
All’interno della cornice societaria pubblica, come sopra descritta, le seguenti
società possono, in termini generali, ritenersi strumentali: Invitalia , Consap, Coni
Servizi, Consip, E.U.R. S.p.A., G.S.E., I.P.Z.S., Italia lavoro, Sicot, Sogei, Sogin,
Arcus, Mefop, R.A.M., Sogesid, So.Se, Istituto luce-Cinecittà srl, Studiare sviluppo,
C.F.I., So.Fi.Coop., I.S.A., Ales, Difesa Servizi. In Allegato 3 sono riportate le
principali informazioni contabili per singola società.
Le suddette società strumentali, a loro volta partecipano ad altre 286 società di
secondo livello: di queste, 39 sono totalmente partecipate, 69 hanno una partecipazione
superiore al 50 per cento e 178 hanno una partecipazione inferiore al 50 per cento.
15
Il settore di intervento è stato individuato in coerenza con la classificazione COFOG:
1Servizi generali delle PA: sei società partecipate dal MEF (Consip, I.P.Z.S., SICOT, SOGEI, SO.SE., Studiare
Sviluppo).
2
Giustizia difesa e ordine pubblico: Difesa Servizi, partecipata dal Ministero della Difesa.
3
Affari economici commerciali e del lavoro: tredici società partecipate dal MEF (Invitalia, Cassa Depositi e Prestiti,
Eur, Expo 2015, Fintecna, Italia Lavoro, Poste Italiane, Sace, STM, Finmeccanica, Fondo Italiano Investimento
S.g.r., Isveimer, Lamfor) e tre partecipate dal Mise (So.fi. Coop, Simest, CFI).
4 Agricoltura: tre società partecipate dal MIPAFF (ISA, Agenzia di Pollenzo, Buonitalia).
5 Trasporti: quattro società partecipate dal MEF ( ANAS, Ferrovie dello Stato, RAM e ENAV) e tre dal Ministero
Infrastrutture e trasporti (Ferrovie della Calabria, Ferrovie sud-est, Ferrovie Appulo-Lucane).
6 Combustibile ed energia: quattro società partecipate dal MEF (Enel, ENI; GSE, Sogin).
7 Ambiente e territorio: una società partecipata dal MEF (Sogesid).
9 Attività ricreativa: due società partecipate dal MEF (Coni Servizi e RAI).
10 Attività culturali: tre società partecipate dal MEF (Istituto Luce-Cinecittà Srl, Arcus, Cinecittà Luce) e una dal
MIBACT (ALES).
12 Protezione sociale: due società partecipate dal MEF (Consap, Mefop).
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
144
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Pur in presenza di eccezioni, il carattere saliente della strumentalità/funzionalità è
rappresentato dalla dipendenza societaria dalla finanza pubblica. Le società strumentali,
come sopra individuate, negli anni 2011, 2012 e 2013, hanno “pesato” sul bilancio dei
Ministeri, in termini di pagamenti a qualsiasi titolo erogati, rispettivamente per 785,9
milioni, 844,61 milioni e 574,91 milioni (tavola 7).
Si tratta di finanziamento dell’attività svolta in ragione di atti contrattuali o
convenzionali, ovvero di apporto di capitale sociale, in caso di costituzione di nuove
società (nel triennio di riferimento sono state costituite Difesa Servizi, Unirelab e
Invimit s.g.r.). In termini generali, questo non esaurisce il peso finanziario riconducibile
alle società strumentali, la cui attività conosce anche canali diversi di sostegno. Come
evidenziato nel successivo paragrafo, le società che operano nel settore energetico, ad
esempio, gravano su “oneri generali di sistema”, cioè su una quota delle bollette
energetiche posta a carico della collettività.
In ragione della loro strumentalità ad ampio spettro, Invitalia S.p.A., Consip
S.p.A. e I.P.Z.S. S.p.A. ricevono pagamenti da diversi Ministeri, le altre ricevono
pagamenti, in via di massima, soltanto dal Ministero vigilante.
TAVOLA 7
LE SOCIETÀ STRUMENTALI: PAGAMENTI DAL BILANCIO DELLO STATO
(in migliaia)
Settore di intervento
Numero
società
2011 2012 2013
Servizi generali delle PA 6 477.820 626.715 460.470
Attività culturali 3 9.138 39.151 20.046
Protezione sociale 1 15.000 10.000 11.941
Giustizia difesa e ordine pubblico 1 1.000 30 95
Affari economici commerciali e del lavoro 4 159.295 80.827 66.592
Agricolutura 1 8.080 9.404 3.223
Trasporti 1 2.402 1.668 820
Combustibile ed energia 1 60.556 66.068 -
Ambiente e territorio 1 52.605 10.749 11.724
Attività ricreativa 1 5 - -
Totale complessivo 20 785.900 844.613 574.911
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS.
Come risulta dalla tavola 8, le società strumentali valgono in termini di
patrimonio netto 2,56 miliardi, con un valore della produzione di 16,4 ed un costo della
produzione di 16,2 miliardi.
Il dato complessivo è particolarmente inciso dal valore e dai costi della
produzione di GSE, ampiamente superiori al miliardo.
L’utile complessivo ammonta a 160,38 milioni che, rispetto al 2011, cresce del
2,2 per cento, mentre le perdite ammontano a 1,1 milioni, interamente attribuibili alla
perdita di So.Fi.Coop.
Il decremento nel settore Attività culturali e Combustibile ed energia è attribuibile
rispettivamente al minore utile di Arcus e Sogin.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 145
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 8
LE SOCIETÀ STRUMENTALI: INDICATORI DI BILANCIO
(in migliaia)
Settore di intervento
Numero
società
Patrimonio
netto
Valore
produzione
Costo
produzione
Utile
Utile
2011
Perdita
Perdita
2011
Servizi generali delle PA 6 843.781 985.891 868.099 105.584 99.918
Attività culturali 3 18.226 35.246 33.401 1.626 2.030 1
Protezione sociale 2 133.241 26.147 28.106 3.123 2.592
Giustizia difesa e ordine
pubblico 1 1.334 5.120 4.669 303 30
Affari economici commerciali
e del lavoro 5 938.178 153.697 139.983 7.270 9.554 1.101 4.184
Agricoltura 1 336.464 32.059 8.428 15.243 15.024
Trasporti 1 2.334 1.921 1.749 105 49
Combustibile ed energia 2 185.382 15.005.978 14.997.253 23.429 24.666
Ambiente e territorio 1 57.313 23.183 23.175 610 181
Attività ricreativa 1 46.046 135.533 141.307 3.092 2.813
Totale complessivo 23 2.562.298 16.404.776 16.246.171 160.386 156.856 1.101 4.185
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS.
Il costo del personale ammonta a 513,97 milioni con un complessivo numero di
addetti di 9.606 unità, di cui 335 dirigenti. La spesa per retribuzione annua, calcolata
come salario al netto degli oneri contributivi, ammonta a 421,56 milioni.
Dalla seguente classificazione, che evidenzia la ripartizione degli addetti per
settore di intervento, emerge l’elevato numero di addetti di GSE (579) e SOGIN (824),
rilevati nel settore combustibile ed energia, di Coni Servizi (677) nel settore attività
ricreativa, di IPZS (1786) e di SOGEI (1784) rilevati nel settore servizi generali.
TAVOLA 9
LE SOCIETÀ STRUMENTALI: CONSISTENZA E COSTO DEL PERSONALE
(in migliaia)
Settore di intervento
Numero
società
Totale
Addetti
medi
Totale
personale al
31 dicembre
di cui
Dirigente
Retribuzione
annua
Costo del
personale
Servizi generali delle PA 6 4.070 4.318 139 207.465 285.753
Attività culturali 3 553 581 5 13.123 18.574
Protezione sociale 2 184 226 9 10.686 14.934
Giustizia difesa e ordine pubblico 1 17 17 - 135 159
Affari economici commerciali e del lavoro 5 1.419 2.199 100 75.785 39.716
Agricoltura 1 40 39 5 3.208 5.569
Trasporti 1 16 16 1 554 366
Combustibile ed energia 2 1.314 1.403 30 72.972 94.828
Ambiente e territorio 1 125 130 13 5.274 8.720
Attività ricreativa 1 814 677 33 32.367 45.356
Totale complessivo 23 8.551 9.606 335 421.569 513.976
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
146
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
L’incidenza complessiva del costo del personale sul costo della produzione è del
3,16 per cento, ma il dato è particolarmente influenzato dal basso valore riscontrabile in
GSE, che ha un costo della produzione molto elevato (14,8 miliardi a fronte di 34,3
milioni di costo del personale e 579 unità), e in Difesa Servizi, che al contrario, con un
organico di sole due unità a tempo determinato, ha un costo del personale irrisorio
rispetto al costo della produzione (159.000 euro a fronte di un costo della produzione di
4,7 milioni). Negli altri settori, infatti, l’incidenza supera mediamente il 30 per cento.
Il rapporto superiore al 65 per cento si riscontra nel settore dell’agricoltura, con
ISA che presenta un valore del 66 per cento per 39 addetti. Anche il settore delle attività
culturali e della protezione sociale presenta un rapporto elevato, per l’elevato valore
riscontrabile in Ales (81,6 per cento con 574 unità), in Consap (53,24 per cento per 211
unità) e in Mefop (51,80 per cento per 15 unità). Nel settore dei servizi generali, Sicot
presenta un rapporto dell’81,6 per cento con un numero di addetti di 15 unità e So.Se ha
un’incidenza del 58,70 per cento con 178 unità.
I compensi dell’organo di amministrazione attengono a componenti fisse (previste
all’atto della nomina o dall’assemblea per i componenti del consiglio
d’amministrazione, ex comma 1 dell’art. 2389 c.c.) ed a componenti variabili (previste
per gli amministratori investiti di particolari cariche, ex comma 3 dell’art. 2389 c.c.)
correlate al raggiungimento di obiettivi annuali e/o di lungo periodo (long term
incentive). Ove sussista un rapporto di dipendenza, la remunerazione assume carattere
retributivo e si compone, sempre, di una parte fissa e una variabile, correlata alla
performance.
Il costo dell’organo di amministrazione delle società partecipate da
amministrazioni pubbliche è uno degli elementi che la legge assoggetta ad obbligo di
trasparenza, tramite pubblicazione sul sito e aggiornamento annuale (art. 22 del d.lgs.
33/2013). Poiché soltanto il sito del MEF dà conto del compenso dell’organo di
amministrazione distinto per le singole voci che lo compongono (specificazione non
espressamente richiesta dalla norma), nei confronti delle società partecipate dal MEF è
stato possibile rilevare che la componente variabile (indicata entro un range min/max),
ove prevista per l’Amministratore delegato e per il Presidente, è stata corrisposta nel
2012 sempre integralmente. Appare necessario, al riguardo, che la parte variabile dei
compensi erogati al management sia correlata al raggiungimento di specifici risultati,
certi e misurabili in quanto la performance realizzata (ove condizioni l’erogazione di
remunerazione variabile) può non essere un elemento esaustivo. Infatti, ad esempio, una
società in perdita può essere costretta da vincoli economici di servizio, così come una
società in utile può vivere in regime di monopolio o essere fortemente sussidiata.
Il costo complessivo dell’organo di amministrazione delle società strumentali
ammonta a 9,22 milioni (di cui 1,56 milioni attribuibili a parte variabile delle società
detenute dal MEF). L’incidenza sul costo della produzione complessivamente è poco
significativa, ma rilevante in alcuni specifici casi. Le seguenti società si collocano in un
range che va dal 4 al 18 per cento: Invitalia, Mefop, Ram, So.Fi.Coop., Isa, Difesa
servizi.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 147
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
TAVOLA 10
LE SOCIETÀ STRUMENTALI: LA GOVERNANCE
(in migliaia)
Settore di intervento
Numero
società
Costo del
personale
Costo della
Governance
di cui parte
variabile
Costo del
personale/Costo
della produzione
Costo della
governance/Costo
della produzione
Servizi generali delle PA 6 285.753 2.652 642 32,92 0,31
Attività culturali 3 18.574 474 55,61 1,42
Protezione sociale 2 14.934 818 110 53,13 2,91
Giustizia difesa e ordine
pubblico 1 159 260 3,41 5,57
Affari economici
commerciali e del lavoro 5 39.716 2.245 404 28,37 1,60
Agricoltura 1 5.569 339 66,08 4,02
Trasporti 1 366 319 60 20,95 18,22
Combustibile ed energia 2 94.828 1.119 191 0,63 0,01
Ambiente e territorio 1 8.720 412 69 37,63 1,78
Attività ricreativa 1 45.356 583 120 32,10 0,41
Totale complessivo 23 513.976 9.220 1.596 3,16 0,06
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS.
Il totale dei crediti delle società strumentali ammonta a 5,38 milioni a fronte di
debiti di 5,87 milioni.
Il dato complessivo è fortemente inciso dai valori di GSE, che ha crediti superiori
a 3,4 miliardi e debiti di poco inferiori. La voce dei crediti più significativa è verso
clienti per componente A3 (1,09 miliardi) e per Cassa conguaglio settore elettrico (1,58
miliardi). La componente dei debiti più significativa è verso fornitori (2,95 miliardi),
attribuibile principalmente ad erogazione contributi su impianti fotovoltaici.
Le seguenti società presentano una massa di crediti maggiore di quella dei debiti:
Consip, GSE, Sose, Istituto Luce-Cinecittà, CFI, SO.FI.Coop., ISA. Delle altre società, i
cui debiti superano i crediti, quella che ha il divario più grande è Studiare Sviluppo, con
51 milioni di debito e 1,5 milioni di credito. In altri casi il valore dei debiti arriva a
triplicare quello dei crediti, come in Invitalia, Coni Servizi, EUR S.p.A., Sogin, RAM.
Come dalla tavola seguente, ai debiti qui rilevati, è stato possibile rapportare la
quota di debito verso fornitori, pari a 3,38 miliardi, con un’incidenza complessiva del
57,7 per cento sul totale dei debiti.
TAVOLA 11
LE SOCIETÀ STRUMENTALI: DEBITI E CREDITI
(in migliaia)
Settore di intervento
Numero
società
Debiti
di cui verso
fornitori
Crediti
Servizi generali delle PA 6 1.127.079 248.012 988.275
Attività culturali 3 227.971 4.285 12.528
Protezione sociale 2 20.812 1.400 9.135
Giustizia difesa e ordine pubblico 1 6.022 3.169
Affari economici commerciali e del lavoro 5 552.526 80.910 373.617
Agricoltura 1 - 373.202
Trasporti 1 1.903 75 580
Combustibile ed energia 2 3.687.610 3.009.628 3.542.291
Ambiente e territorio 1 71.940 6.483 27.929
Attività ricreativa 1 174.394 36.995 57.881
Totale complessivo 23 5.870.257 3.387.788 5.388.608
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
148
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Alcune osservazioni sul ruolo e caratteristiche delle società strumentali
13. Nell’area dei servizi di interesse generale, le società operano in molteplici
ambiti: assicurativo, militare, culturale, energetico, tecnologico, finanziario, sviluppo
territoriale, postale, infrastrutturale, trasportistico, previdenziale, ecc..
Alcune società operano nei settori riconducibili ad attività connotate dai caratteri
del servizio pubblico (poste, telecomunicazioni, trasporti, energia). Le società oggetto
della presente analisi svolgono le proprie funzioni in posizione strumentale rispetto
all’amministrazione azionista o vigilante e la conformazione che assume
prevalentemente l’attività è quella di commessa di consulenza nei settori di riferimento,
pur se svolta in contesti differenti e con caratteristiche peculiari. La nota comune è
quella di operare, normalmente, in forza di affidamenti diretti (tramite convenzioni,
concessioni, contratti, ecc.) da parte dell’azionista o di differenti pubbliche
amministrazioni.
Alcune società, infatti, ricevono commesse tramite affidamenti diretti, anche da
parte di amministrazioni diverse dall’azionista e dal Ministero vigilante o da quello che
esercita l’indirizzo e coordinamento, e ciò in ragione della strumentalità nei confronti di
più amministrazioni dell’attività svolta. Si verifica questo nel campo, ad esempio, della
promozione dello sviluppo (Invitalia S.p.A.) e nel settore dell’acquisto di beni e servizi
(Consip S.p.A.)16
.
Altre società operano, invece, senza un atto di conferimento di natura contrattuale,
bensì in ragione di una previsione normativa attributiva di specifici compiti e finalità.
Ai sensi di quanto previsto dalla legge 49/1985, nell’ambito del sostegno alle
cooperative di produzione e lavoro e alle cooperative sociali, infatti, sono state costituite
le società CFI, soc. cooperativa, e la So.Fi.Coop, cooperativa, società controllate dal
MISE, assoggettate al sistema contabile delle banche e degli enti finanziari previsto dal
d.lgs. 87/1992. Si tratta di società che svolgono attività tra loro similari che potrebbero
essere oggetto di analisi, in un’ottica di razionalizzazione, anche considerando che i
complessivi interventi di finanziamento operati da CFI sono stati tre nel 2010, tredici
nel 2011 e sei nei primi mesi del 2012, mentre quelli di So.Fi.Coop. sono stati nove da
gennaio 2011 ad aprile 201217
.
In alcuni casi, il rapporto strumentale si realizza nei confronti di un soggetto non
solo diverso dal socio ma anche estraneo all’area Ministeri, come avviene con riguardo
alla Coni Servizi S.p.A., che esercita attività di gestione dell’ente Coni, in conformità
con le deliberazioni e gli indirizzi dello stesso. La coincidenza dei titolari delle cariche
di presidente e segretario generale dell’ente CONI, rispettivamente, con quelle di
presidente e amministratore delegato della società, invero protratta dal 2002 fino ad
epoca recentissima (2013), ha da sempre evidenziato una stretta interdipendenza
dell’attività tra la società e l’ente CONI, che ha negato di fatto qualsiasi separazione di
compiti tra i due soggetti18
(la distinzione tra indirizzo esercitato dall’ente CONI e
16
Si tratta di un modello organizzativo consolidato nel tempo, che pure potrebbe essere messo in discussione alla luce
di recenti pronunce sfavorevoli all’affidamento diretto in casi che potrebbero apparire simili. Infatti, con la sentenza 8
maggio 2014 C-15/13 la Corte di Giustizia ha ritenuto che non possa ammettersi affidamento diretto di servizio tra
un’amministrazione aggiudicatrice e società aggiudicataria in house di un’altra amministrazione aggiudicatrice,
quando non ci sia alcuna relazione di controllo tra le due, cioè quando l’amministrazione aggiudicatrice non detiene
quote del capitale sociale né ha propri rappresentanti all’interno degli organi direttivi societari.
17
Relazione 2011 al Ministero della società
18
Determinazione 113 /2013 della Corte dei conti – Sezione controllo enti.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 149
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
gestione esercitata dalla società ha costituito la ragione della creazione della società
stessa), facendo dubitare della reale necessità dello scorporo societario dall’ente.
All’interdipendenza funzionale si affianca la derivazione finanziaria della società
rispetto all’ente, attestata anche dall’inserimento di CONI Servizi nel Conto consolidato
delle pubbliche amministrazioni. Tale profilo è condiviso con Arcus S.p.A. e Italia
lavoro S.p.A. (oltre che con Anas S.p.A.19
), tutte società per cui ricorrono le
caratteristiche richieste dal SEC’95 per la configurazione di unità istituzionali e che
trovano nella finanza pubblica la principale, se non unica, fonte di sostegno.
Non sempre le società svolgono l’attività per cui sono state costituite utilizzando
risorse umane interne. Ad esempio, la R.A.M. S.p.A., società detenuta dal MEF ma in
house del MIT, costituita per la promozione e il sostegno all'attuazione del sistema
integrato di servizi di trasporto denominato “Programma Autostrade del Mare” previsto
nel Piano generale trasporti, ha un organico di quattro dipendenti, composto da un
dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e tre a tempo determinato, cui
però si aggiungono 12 collaboratori esterni con contratto di lavoro a progetto. Nel 2012
il costo delle collaborazioni esterne, comprensivo degli oneri sociali, è stato di 369.256
euro, mentre quello per retribuzione del personale, sempre comprensivo degli oneri
sociali, è stato di 347.558 euro20
. La Società si avvale delle professionalità richieste, di
volta in volta, dalle specifiche esigenze funzionali e dagli obiettivi dettati dalle direttive
ministeriali, senza assumere costi fissi. Va, peraltro, rilevato che i pagamenti ricevuti,
oltre che a titolo di contributi alla società, attengono prevalentemente alla gestione
operativa degli incentivi per la formazione professionale nel settore dell’autotrasporto
ed all’espletamento dell’attività di istruttoria per la gestione operativa dell’incentivo
“Ferrobonus”, destinato alle imprese utenti di servizi di trasporto ferroviario che
abbiano commissionato servizi di trasporto combinato e/o trasbordato con treni
completi sul territorio nazionale. Per lo svolgimento di tale attività opera anche una
specifica Direzione generale presso il Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i
sistemi informativi e statistici del MIT. La coesistenza delle due strutture potrebbe,
quindi, essere riconsiderata, in un’ottica di razionalizzazione.
La scelta operativa di avvalersi in misura relativamente importante di risorse
esterne è stata adottata anche da Difesa Servizi S.p.A., società detenuta e in house del
Ministero della Difesa, strumentale al Ministero stesso, che ha per oggetto la gestione
economica di beni e servizi derivanti dalle attività istituzionali del Dicastero, che non
siano direttamente correlate con le attività operative delle Forze armate21
. La società
opera con un organico composto da due dipendenti a tempo determinato e da personale
distaccato dalle Forze Armate, con un costo complessivo per salari e stipendi nel 2012
di circa 135.000 euro ed un costo per prestazioni professionali di 105.000 euro. Al
riguardo, andrebbe forse riconsiderata la necessarietà di una struttura societaria che
svolge un’attività cui sono dedicate risorse umane in misura minima, il cui costo
complessivo è inferiore al costo della governance (260.000 euro).
19
In forza di quanto previsto dall’art. 25 del DL 69/2013, nella riorganizzazione dell’Anas spa, avvenuta in forza
dell’art. 36 del DL 98/2011, è stata esclusa la sua qualificazione di organismo in house del MEF e del MIT, come
originariamente disposto. Se questo prelude ad una apertura della società al mercato (Determinazione 21/2014 Sez.
controllo enti), è verosimile che il suo inserimento all’interno del Conto consolidato delle PPAA sia in futuro da
riconsiderare.
20
Nota integrativa al bilancio 2012.
21
Come risulta dalla Nota integrativa al bilancio 2012, pag.13, nel 2012 l’attività ha riguardato lo sviluppo del
servizio di meteorologia, promozione dei marchi, installazione pannelli fotovoltaici su caserme e terreni,
pubblicistica, servizio di tesoreria delle strutture sanitarie Celio e IML.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
150
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Un’altra società che, per lo svolgimento dell’oggetto sociale, utilizza in misura
significativa personale a tempo determinato e incarichi di prestazione professionale è la
Società per la gestione impianti idrici- Sogesid S.p.A., società detenuta dal MEF e in
house del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La società
svolge attività tecnico-strumentali alle esigenze, finalità e competenze del Ministero
stesso, con uno spettro di azione che abbraccia le principali missioni istituzionali di
esso. In mancanza di un ruolo tecnico interno al Ministero, una rilevante quota di
personale, sia dipendente sia con contratto a termine della società Sogesid, svolge
funzioni di diretto supporto tecnico all’attività del Ministero dell’ambiente, in base ad
apposite convenzioni, e presta di fatto la sua opera presso gli uffici del Ministero
stesso, con costi formalmente sostenuti dalla società ma addebitati ad esso22
. La società,
inoltre, fa ampio ricorso ad incarichi di prestazione professionale. In un’ottica di
razionalizzazione delle strutture, opportuna sarebbe una considerazione attenta delle
attività e delle risorse umane rispettivamente utilizzate dalla società e dal Ministero,
anche tenuto conto che la società sopporta un costo per prestazioni professionali di 11,2
milioni, che si aggiunge al costo del personale di 8,7 milioni23.
E ciò, come rilevato già
dalla Corte24
, anche per evitare che l’attuazione delle convenzioni tra la società e il
Ministero dell’ambiente possa costituire il mezzo per eludere i vincoli all’assunzione di
personale e costituisca l’occasione per procedere al conferimento di incarichi per
prestazioni di servizi.
In altre società, all’opposto, la dotazione di risorse umane proprie assume un
rilievo decisamente significativo, anche avuto riguardo al totale dei costi della
produzione. Questo è tipico nel settore dei trasporti ferroviari, mentre, al contrario, non
è ovvio che si riscontri, ad esempio, nel settore della gestione e valorizzazione dei beni
culturali, dove Ales S.p.A., società detenuta e in house del MIBACT, presenta un
rapporto tra costo del personale e totale dei costi dell’82 per cento. Il motivo, invero,
sembrerebbe da ricercarsi nella ragione che ha determinato la costituzione della Società
nel 2008, cioè la scelta di dare occupazione a lavoratori socialmente utili di alcune
società dismesse partecipate nelle Regioni Lazio e Campania. L’oggetto sociale, infatti,
era inizialmente limitato a servizi nel settore dei beni culturali prioritariamente diretti
alla manutenzione e pulizia, e poi è stato integrato con l’attività di supporto alle
funzioni del Ministero.
La logica assistenzialistica è stata la ragione della costituzione anche di altre
società derivanti da imprese private in difficoltà. Italia Lavoro S.p.A. è stata istituita nel
1997 come scorporo di compiti in materia di politiche attive del lavoro già svolti dalla
GEPI S.p.A., poi Itainvest S.p.A., confluita in Sviluppo Italia, ora Invitalia. Pur essendo
società che hanno attivato processi di ristrutturazione (Agenzia nazionale per
22
Nota integrativa al bilancio 2012 pag.67.
23
Nota integrativa al bilancio 2012 pag. 66.
24
Determinazione 11/2013 del 26 febbraio 2013 della Corte dei conti - Sezione del controllo sugli enti - sul risultato
del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della SOGESID S.p.A. per l’esercizio 2011: “…occorre evitare che le
convenzioni di cui trattasi finiscano per costituire, in proiezione futura, un anomalo fattore di aggravamento dei
costi del personale della Sogesid dovuto ad attuali carenze di risorse umane del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Mare e del Territorio. Tale rischio può assumere concretezza e attualità qualora venga confermata la
giurisprudenza del Giudice del lavoro che recentemente, nell’ambito di vertenze instaurate da persone assunte
dalla SOGESID S.p.a. con contratto a tempo determinato, ha affermato l’illegittimità delle clausole di apposizione
del termine che facevano riferimento alla durata della convenzione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. Sotto altro profilo occorre, altresì , evitare che l’attuazione di simili convenzioni tra il
Ministero della tutela del territorio e del mare finisca per costituire il mezzo per eludere i vincoli all’assunzione di
personale e le limitazioni e le condizioni per il conferimento di incarichi per prestazioni di servizi…”
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 151
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. - Invitalia) e
razionalizzazione, anche attraverso dismissioni societarie (Italia Lavoro S.p.A.), è
comunque necessario escludere che sia l’originaria logica assistenzialistica a
condizionarne lo sviluppo e a rimanere la ragione societaria prevalente.
La remunerazione dell’attività svolta dalle società è prevalentemente prevista
negli atti esecutivi degli atti convenzionali, e posta carico delle Amministrazioni
affidanti.
Talvolta, però, il corrispettivo non costituisce onere delle amministrazioni, bensì
grava sulla collettività per importi anche decisamente ingenti. Le società che operano,
infatti, nel settore energetico trovano copertura dei costi sostenuti per l’espletamento
della loro attività in componenti tariffarie che rappresentano “oneri generali di sistema”,
che di fatto si risolvono in un prelievo fiscale generalizzato, commisurato anche ai costi
ed alla spesa sostenuta dalla società che, quindi, trova sempre copertura.
E’ quanto avviene per la G.S.E. S.p.A., società di proprietà del MEF e vigilata dal
MISE, che esercita parte delle proprie attività in forza di affidamenti diretti da pubbliche
amministrazioni nel campo della consulenza, ricerca e assistenza tecnica nel settore
dell’efficienza energetica. Alla società, costituita per l'esercizio delle funzioni di natura
pubblicistica del settore elettrico e, in particolare, delle attività di carattere
regolamentare, di verifica e certificazione relativa al settore dell'energia elettrica,
nonché di quelle in materia di incentivazione della produzione dell’energia elettrica
prodotta da fonti rinnovabili, è riconosciuta una peculiare modalità di remunerazione del
servizio reso, in quanto i costi maturati per effetto della politica di erogazione di
incentivi sono coperti attraverso il gettito derivante dalla componente tariffaria A3,
applicata a tutti i clienti finali. La misura della componente A3 viene stabilita
trimestralmente dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas (AEEG) con propria delibera,
sulla base delle proiezioni economico finanziarie del GSE ed ha l’obiettivo di garantire
la sostenibilità degli incentivi, assicurando un equilibrio economico finanziario per il
GSE, e la copertura dei costi di funzionamento sopportati dal Gestore. Per l’esercizio
2010 l’ammontare è stato di 4,24 miliardi e nel 2011 di 7,4 miliardi25
.
Il medesimo sistema è adottato per la copertura dei costi sostenuti da SO.G.I.N.
per le attività della commessa nucleare (realizzazione e gestione del Parco Tecnologico
e del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi)26
, derivanti da una parte della tariffa
elettrica, la componente A2, riclassificata nel bilancio SO.G.I.N. come “acconti
nucleari”27.
La componente A2 viene aggiornata ogni tre mesi dall’AEEG, insieme alle
altre componenti tariffarie a copertura di oneri generali del sistema elettrico. Quale
corrispettivo per le attività svolte da SO.G.I.N. nel 2011, sono stati riconosciuti alla
Società acconti nucleari per 232,45 milioni28
. La componente tariffaria remunera
25
Determinazione 44/2013 della Corte dei conti – Sezione controllo enti.
26
A seguito del referendum del 12-13 giugno 2011, SO.G.I.N. ha perduto le competenze relative alla realizzazione di
impianti nucleari, ma ha mantenuto quelle di smantellamento degli impianti nucleari esistenti e la realizzazione del
Parco Tecnologico-Deposito Nazionale
27
L’art. 24, comma 5, del DL 1/2012 prevede espressamente che le disponibilità correlate a detta componente
tariffaria sono impiegate per il finanziamento della realizzazione e gestione del Parco Tecnologico comprendente il
Deposito Nazionale e le strutture tecnologiche di supporto, limitatamente alle attività funzionali allo smantellamento
delle centrali elettronucleari e degli impianti nucleari dismessi, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare ed
alle attività connesse e conseguenti, mentre per le altre attività sono impiegate a titolo di acconto e recuperate
attraverso le entrate derivanti dal corrispettivo per l'utilizzo delle strutture del Parco Tecnologico e del Deposito
Nazionale, secondo modalità stabilite dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia
elettrica e il gas, a riduzione della tariffa elettrica a carico degli utenti.
28
Determinazione 21/2013 della Corte dei conti – Sezione controllo enti.
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
152
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
un’attività specifica della società e, a titolo di acconto, le attività correlate: risulta
esclusa l’attività svolta in forza di accordi con Stati esteri che per SO.G.I.N. è stata
fonte di ulteriori introiti29
.
Spesso le società, in parallelo allo svolgimento delle funzioni core, si occupano di
gestione, valorizzazione, dismissione di patrimonio immobiliare (come, ad esempio,
Difesa Servizi S.p.A.) che, in alcuni casi, assume carattere rilevante, anche sotto il
profilo delle dimensioni (come nel caso di Consap S.p.A.30
). Peraltro, la società E.u.r.
S.p.A. ha quale specifico oggetto sociale proprio la gestione, valorizzazione e
alienazione di beni immobili, che si realizza all’interno di una significativa situazione
debitoria che ha comportato interventi normativi importanti31
. Un’opera di
razionalizzazione dovrebbe tenere conto, tra l’altro, del fatto che a marzo 2013 è stata
costituita dal MEF la società “Investimenti Immobiliari Italiani Società di gestione del
risparmio” (INVIMIT S.g.r.) con il triplice mandato di valorizzare il patrimonio
immobiliare pubblico, realizzare investimenti diretti e indiretti ad ampliare le economie
di scala, curare l’eventuale cessione di beni tenendo conto delle condizioni di mercato32.
Diversi interventi normativi hanno recentemente, a vario titolo, riservato
attenzione al perimetro delle società strumentali direttamente partecipate dallo Stato.
Con riguardo, ad esempio, alla società Sicot S.r.l., che esercita attività di
consulenza e monitoraggio dell’andamento gestionale delle società partecipate dal MEF
e fornisce assistenza nelle fasi dei processi di privatizzazione e dismissione di quote del
patrimonio dello Stato. Tenuto conto dell’esistenza di un’autonoma Direzione Generale
nell’ambito del Dipartimento del Tesoro che cura, tra gli altri, i medesimi ambiti
oggetto dell’attività della società, è stato auspicato che la stessa sviluppasse ed
apportasse contributi conoscitivi autonomi tali da giustificarne l’esistenza33
anche
considerando gli alti costi operativi che vedono un rapporto tra costo del personale e
costo della produzione dell’82 per cento. In assenza di ciò, è intervenuto il legislatore
(art.1, comma 330 della legge 147/2013) che ha previsto nel 2014 la fusione per
incorporazione di Sicot S.r.l. in Consip S.p.A..
La società ISA S.p.A, iscritta all’elenco generale e all'elenco speciale degli
intermediari finanziari, di cui al d.lgs. n. 385/ 1993 (testo unico bancario), è quasi
totalmente partecipata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali
(MIPAAF) con l'obiettivo di promuovere e sostenere progetti di sviluppo agricolo, al
cui fine può erogare finanziamenti, gestire misure agevolative, emettere strumenti
finanziari e obbligazioni convertibili. In un’opera di razionalizzazione del sistema dei
servizi creditizi e finanziari a sostegno delle imprese agricole e agroalimentari e di
riordino delle società detenute dal MIPAAF, che ha già visto la messa in liquidazione di
Buonitalia S.p.A., le funzioni e le risorse di ISA dovrebbero confluire presso ISMEA,
29
In forza dell’Accordo stipulato con la Russia per lo smantellamento dei sommergibili nucleari ex lege 160/2005, la
SOGIN ha ricevuto dal MISE 126 milioni nel biennio 2011-2012.
30
Determinazione 35/2014 della Corte dei conti – Sezione controllo enti
31
L’art.1, comma 332 della legge di stabilità 2014 ha dato la possibilità ad EUR S.p.A. di accedere ad anticipazione
di liquidità per 100 milioni di cui al Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed
esigibili, previsto dal DL 35/2013, previa presentazione di un piano di pagamenti di debiti certi, liquidi ed esigibili
32
La società è operativa da ottobre 2012, con un capitalo sociale di 8 milioni. La sua attività è organizzata su due
canali operativi. Uno attraverso la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare cui trasferire immobili di
proprietà dello Stato e diritti reali (c.d. fondo diretto) e immobili di proprietà del Ministero della Difesa da valorizzare
(c.d. fondo della difesa). Dall’altra, attraverso la raccolta di fondi immobiliari costituiti da enti pubblici, società
partecipate e privati interessati a partecipare alla riqualificazione del patrimonio pubblico.
33
Determinazione 51/2013 della Corte dei conti - Sezione controllo enti.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 153
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
con conseguente messa in liquidazione della società34.
Per il momento, il legislatore è
intervenuto sulla società solo finanziariamente, prevedendo35
significativi ritorni
finanziari al socio MIPAFF, in forma di distribuzione di riserve: 47,2 milioni nel 2012,
25,4 milioni nel 2013, 28,8 nel 2014, 7,8 nel 2015.
Nel settore della cultura, con specifico riferimento ad ARCUS S.p.A., un recente
intervento normativo (art. 39 del DL 69/2013), nell’abrogare la precedente norma
liquidatoria, ne ha, di fatto, previsto un rilancio, disponendo una nuova procedura di
approvazione dell’atto di indirizzo annuale dell’attività della società, il cui schema
dovrà essere trasmesso al Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e alle
Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per
materia e per i profili finanziari.
34
Disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014 in materia di interventi di razionalizzazione e di riordino di
enti in materia di agricoltura.
35
Art.16, comma 8 del DL 66/2014.
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Appendici
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 157
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Appendice 1: L’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo
Le società partecipate dallo Stato producono servizi di interesse generale36
e sono prevalentemente
partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze (MEF)37
, che esercita i diritti dell’azionista,
ovvero tutti i poteri riservati all’Assemblea ordinaria e straordinaria, ai sensi dell’art. 2363 e ss. c.c.:
approva il bilancio; nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio
sindacale e, quando previsto, il soggetto al quale è demandato il controllo contabile; determina il
compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto; delibera sulla responsabilità
degli amministratori e dei sindaci; delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza
dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti
degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti; approva
l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.
Il principio di autonomia gestionale delle società dello Stato subisce ulteriori limitazioni quando si
è in presenza di società cd. in house, ossia società che, secondo la giurisprudenza comunitaria e
nazionale38
: a) sono interamente (o prevalentemente) partecipate da uno o più soci pubblici39
; b) svolgono
la loro attività prevalente a favore del socio proprietario, c) sono oggetto, da parte di esso, del c.d.
controllo analogo, ossia del controllo che l’Amministrazione proprietaria esercita normalmente sui propri
uffici.
Il carattere di “relazione interna” e, quindi, di stretta interdipendenza tra società e socio se, da un
lato, consente che la modalità di affidamento del servizio non sia la gara ma si possa procedere con
affidamento diretto, dall’altro obbliga la società a rimanere fuori dal mercato costringendola ad operare
prevalentemente con l’Amministrazione proprietaria, in modo da non lucrare del vantaggio competitivo
che può derivare dallo speciale rapporto che lega la società al socio.
Le società partecipate dal MEF che, secondo quanto espresso o desumibile dallo Statuto,
rispondono al modello tipico di in house sono le seguenti: Soluzioni per il sistema economico S.p.A.
(SOSE), Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A. (Consap), Consip S.p.A., Sistemi di
Consulenza per il Tesoro (Sicot), Società generale di informatica S.p.A. (Sogei), Studiare sviluppo s.r.l.,
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato40
(IPZS). In generale, ed in linea con la normativa e
giurisprudenza sul tema, il MEF esercita il c.d. “controllo analogo” nei confronti delle stesse, attraverso
l’esercizio di poteri direttivi e di controllo direttamente incidenti sulle modalità attuative dell’oggetto
sociale e in relazione alle specifiche attività per le quali la società in house è strumentale. Le attività da
svolgere in favore del MEF sono affidate alla società mediante la stipula di apposite convenzioni, da parte
dei Dipartimenti deputati all’esercizio del controllo analogo. Altre società sono partecipate interamente ed
in house di amministrazioni diverse dal MEF (Arte, lavoro e servizi –Ales- S.p.A., Difesa Servizi S.p.A.).
Sia la materia dell’affidamento diretto a società in house che il sistema di acquisizione diretta di
beni e servizi strumentali sono stati assoggettati a specifiche limitazioni, finalizzate all’apertura al
mercato, decorrenti dal 1° gennaio 2014, destinati ad avere effetti importanti sulla gestione delle società41
.
36
I servizi di interesse generale (SIG), così come quelli di interesse economico (SIEG) sono previsti dal TFUE che
però non ne definisce il concetto. Nella sua disciplina di qualità, la Commissione spiega che i SIEG sono attività
economiche i cui risultati contribuiscono all'interesse pubblico generale che non sarebbero svolte dal mercato senza
un intervento statale (o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di qualità, sicurezza, accessibilità
economica, parità di trattamento o accesso universale). Al fornitore incombe un obbligo di servizio pubblico (OSP)
sulla base di un incarico e di un criterio di interesse generale che assicura che il servizio sia fornito a condizioni che
gli consentano di assolvere i propri compiti. Il concetto può essere applicato a diverse situazioni e condizioni, che
variano secondo gli Stati membri, e il diritto dell'UE non crea alcun obbligo di designare formalmente un compito o
un servizio di interesse economico generale, ma ne rimette la decisione agli Stati membri.
37
A decorrere dalla legge finanziaria 2008, in caso di costituzione di società che producono servizi di interesse
generale e di assunzione di partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al Ministero
dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di concerto con i Ministeri competenti per materia
(art. 3, comma 27-bis, legge 244/2007).
38
Prima, fra tutte, la nota sentenza della Corte di Giustizia “Teckal” del 18 novembre 1999 n. C/107/98.
39
Sul punto della partecipazione plurima e del controllo congiunto la Corte di Giustizia ha tracciato le linee
definitorie con la sentenza C-324-07 del 2008 nella vicenda Coditel Brabant SA.
40
Lo Statuto di IPZS non fornisce elementi per qualificare il rapporto con il MEF come in house. Al riguardo, la
Corte dei conti – Sezione controllo enti - ha più volte rilevato la necessità di una modifica statutaria in tal senso, che
giustifichi le forme di affidamento diretto e l’esonero dalle procedure di evidenza pubblica della Società.
41
Si tratta dell’art. 4, commi 7 e 8 del DL 95/2012 che prevedono, rispettivamente, che, salvo eccezioni, a decorrere
dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
158
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Va, inoltre, tenuto presente che il modello relazionale di società in house delineato dal diritto
comunitario, che vede il controllo analogo esercitato dal socio o dai soci detentori, non si attaglia
perfettamente a tutte le società partecipate dal MEF. Infatti, tra le società interamente partecipate MEF ci
sono società qualificate come in house di altre Amministrazioni (Istituto Luce-Cinecittà s.r.l. del Mibact,
Rete Autostrade Mediterranee –RAM- S.p.A. del MIT e Sogesid del Ministero dell’Ambiente,) per le
quali opera una separazione tra il possesso della partecipazione del socio azionista (MEF), e il potere di
indirizzo e vigilanza (che non equivale al controllo analogo42
), esercitato dal Ministero competente per
materia.
Anche a prescindere dalla qualificazione “in house”, alcune società detenute dal MEF sono,
comunque, vigilate da altri ministeri o enti pubblici: Arcus S.p.A. (Ministero dei beni e attività culturali e
turismo- MIBACT), Coni Servizi S.p.A.(CONI), GSE S.p.A. (Mistero sviluppo economico-MISE),
Invitalia S.p.A. (MISE), Italia Lavoro S.p.A. (Ministero Lavoro). In verità, l’attività di vigilanza è
esercitata dal Ministero settorialmente competente a diversi livelli ed assume diverse qualificazioni negli
Statuti societari, integrandosi spesso con i poteri di indirizzo e coordinamento e con l’attività concertata
tra diverse Amministrazioni43
.
aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell'articolo 2, comma 1 del citato
decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali
previste dal citato decreto legislativo, e che, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'affidamento diretto può
avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e
dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house. Sono fatti salvi gli affidamenti in essere fino alla scadenza
naturale e comunque fino al 31 dicembre 2014.
42
Per verificare se il controllo che l’Amministrazione proprietaria esercita sulla società si configuri come analogo a
quello esercitato su una propria struttura è necessario “tener conto di tutte le disposizioni normative e delle
circostanze pertinenti. Da questo esame deve risultare che la società aggiudicataria è soggetta a un controllo che
consente all’amministrazione aggiudicatrice di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza
determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società” (Sentenza SEA Corte di
Giustizia 10 settembre 2009) Deve trattarsi di controllo effettivo, strutturale e funzionale esercitato anche attraverso
propri rappresentanti all’interno degli organi societari.
43
Ad esempio, il MIBACT esercita su Arcus i diritti dell'azionista ed i poteri di indirizzo di concerto con il MIT; su
GSE i diritti dell’azionista sono esercitati d’intesa tra il MEF e il MISE, che esercita attività di vigilanza e di
indirizzo, definendo gli indirizzi strategici e operativi del Gestore, il quale esercita la propria attività anche secondo le
disposizioni dell'Autorità per l'energia elettrica e gas; su Invitalia il Mise esercita attività di vigilanza e poteri di
indirizzo definendo gli obiettivi della società; su CFI e Soficoop il Mise esercita un tipo di vigilanza lasciando ampi
margini di autonomia alle società.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 159
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Appendice 2: Elenco delle società con evidenza del Ministero socio, della quota di partecipazione,
del Ministero vigilante, della norma istitutiva e dell’oggetto sociale.
Società Quota
Norme/Provvedimenti
istitutivi
Ministero
vigilante
Oggetto sociale
Settori di
intervento
Ministero dell'Economia e delle finanze
Alitalia in a.s. 91,33
Costituita tra l’I.R.I. e la
British European
Airways Corporation, in
esecuzione della
convenzione firmata l’8
giugno 1946 tra il
Ministro per
l’Aeronautica del
Governo italiano e
l’ente di gestione dei
servizi aerei britannici.
Con D.P.C.M. del 29 agosto 2008, la
società Alitalia Linee aeree italiane S.p.A.
è stata ammessa alla procedura di
amministrazione straordinaria, ai sensi del
DL 347/2003, convertito nella L. 39/2004,
modificato e integrato dal D.L. 134/2008,
convertito nella L.166/2008
5. Trasporti
CINECITTA’ LUCE
S.p.A. (disposta la
liquidazione)
100
L.202/93 Conversione
in legge, con
modificazioni, del
decreto-legge 23 aprile
1993, n. 118
Ministero dei
Beni e delle
attività
culturali e del
turismo
Promozione del cinema italiano
10. Attività
culturali
Arte, cultura e
spettacolo S.p.A.
(ARCUS )
100
Legge 16/10/2003 n.
291
Ministero dei
Beni e delle
attività
culturali e del
turismo
Promozione e sostegno progetti culturali
10. Attività
culturali
Ministero dell'Economia e delle finanze
Azienda nazionale
autonoma delle strade
S.p.A.(ANAS)
100
Art. 7, l. 178 del 2002
ha previsto la
trasformazione in spa.
La convenzione della
concessione è del 18
dicembre 2002
Ministero
delle
Infrastrutture
e dei trasporti
Gestione e manutenzione della rete
stradale e autostradale nazionale e
vigilanza dell'esecuzione dei lavori di
costruzione degli interventi affidati in
concessione a terzi e controllare la
gestione delle autostrade il cui esercizio sia
stato affidato in concessione.
5. Trasporti
Soluzioni per il
sistema economico
S.p.A. (SOSE)
88,8
Atto costitutivo il 15
settembre 1999, ai sensi
dell'art.10, comma 12
L.8 maggio 1998 tra l'ex
Ministero delle Finanze
e la Banca d'Italia
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
Elaborazione in concessione degli studi di
settore, nonché ogni altra attività di studio
e ricerca in materia tributaria;
predisposizione delle metodologie e la
elaborazione dei dati per la definizione dei
fabbisogni e dei costi standard delle
funzioni e dei servizi resi, nei settori
diversi dalla sanità, dalle regioni e dagli
enti locali
1. Servizi
generali
delle P.A.
CASSA DEPOSITI E
PRESTITI S.p.A.
80,1 D.L. 30/09/2003 n.269
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
Concessione di finanziamenti, destinati a
operazioni di interesse pubblico
“promosse” da Stato, regioni, enti locali,
enti pubblici e organismi di diritto
pubblico, operazioni effettuate a favore
delle PMI per finalità di sostegno
dell’economia.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Comitato Olimpico
Nazionale Italiano
S.p.A. (CONI
SERVIZI)
100
art. 8, c. 1 Legge
08/08/2002 n. 178
Conversione in legge,
con modificazioni, del
D.L. 8 luglio 2002, n.
138
Prestazioni e servizi strumentali al
perseguimento dei compiti istituzionali del
CONI, in base a contratto di servizio.
9. Attività
ricreativa
Concessionaria servizi
assicurativi pubblici
S.p.A.(CONSAP)
100
Atto di scissione INA
stipulato il 24.9.1993
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
Esercizio in regime di concessione di
esercizi assicurativi pubblici. La Società ha
altresì per oggetto le attività affidatele da
amministrazioni dello Stato ai sensi
dell’art. 19, comma 5, del D.L. 1° luglio
2009, n. 78, convertito, con modificazioni,
dalla L. 3 agosto 2009, n. 102.
12.
Protezione
sociale
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
160
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Concessionaria
Servizi Informativi
Pubblici
S.p.A.(CONSIP )
100
Decreto Ministro del
tesoro,bilancio e
programmazione
economica 22/12/1997
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
Attività di consulenza, assistenza e
supporto in favore delle Pubbliche
Amministrazioni, nel settore della
compravendita di beni, dell’acquisizione di
servizi, anche ai fini della scelta del
contraente; l’esercizio di attività
informatiche e delle attività ad esse
strumentali, in favore delle
Amministrazioni dello Stato
1. Servizi
generali
delle P.A.
Ente Nazionale per
l'Assistenza al Volo
S.p.A. (ENAV)
100 L.665/1996
Ministero
delle
Infrastrutture
e dei trasporti
Esercizio dei servizi di assistenza al volo,
dei sistemi e delle attività di sviluppo,
produzione, erogazione, vendita ed
esportazione dei servizi della navigazione
aerea in Italia e all'estero.
5. Trasporti
Ente nazionale
idrocarburi S.p.A.
(ENI)
4,34
L. 359/1992
Conversione con
modificazione, del D.L.
333/1992
Ricerca, produzione e
commercializzazione di petrolio e gas
naturale
6.
Combustibile
ed energia
STMicroelectronics
Holding N.V.
50
Data di costituzione
1987
Attività in settori ad alta tecnologia
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
FINMECCANICA
S.p.A.
30,2
costituita dall'IRI il
18/3/1948
Attività in settori ad alta tecnologia
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Ente Nazionale per
l'energia Elettrica
S.p.A.(ENEL)
31,24
L. 1643/62 (trasf. SpA
DL 333/92)
produzione e distribuzione energia elettrica
6.
Combustibile
ed energia
Esposizione
universale di Roma
S.p.A.(EUR)
90 D. Lgs. n. 304/99 Gestione e valorizzazione immobiliare
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
EXPO 2015 S.p.A. 40
Atto notarile il 1
dicembre 2008, in
seguito all'attuazione
del DPCM 22 ottobre
2008
Realizzazione, organizzazione, gestione
dell'evento "Expo Milano 2015"
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
FERROVIE DELLO
STATO S.p.A.
100
Atto costitutivo
15.12.2000/Delib. Ass.
13.7.2001
Ministero
delle
Infrastrutture
e dei trasporti
Realizzazione e gestione di reti di
infrastruttura nonché svolgimento
dell'attività di trasporto, principalmente
attraverso società controllate
5. Trasporti
Gestore servizi
energetici S.p.A
(GSE)
100
Art. 3 Dlgs. 79/1999;
Art.1 del D.P.C.M. 11
maggio 2004
Ministero
dello
Sviluppo
economico
Funzioni di natura pubblicistica del settore
elettrico e in particolare svolgimento delle
attività di verifica e certificazione relativa
al settore dell'energia elettrica, di cui art.3,
commi 12 e 13 e dell'art.11, comma 3 del
Dlgs. 79/1999,di mercato interno
dell'energia, di garanzia della fornitura di
energia.
6.
Combustibile
ed energia
Agenzia nazionale per
l'attrazione degli
investimenti e lo
sviluppo d'impresa
S.p.A. (INVITALIA).
100
D.lgs.9 gennaio 1999
n.1, come modificato
dall'art.1 comma 459 e
464 L.296/2006
Ministero
dello
Sviluppo
economico
Accrescere la competitività del Paese, in
particolare del Mezzogiorno, e sostenere i
settori strategici per lo sviluppo.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 161
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Ministero dell'Economia e delle finanze
Istituto poligrafico
zecca dello Stato
S.p.A. (IPZS)
100
L.559/1966; Dlgs.
116/1999; Del.CIPE
n.59/2002
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
Produzione e fornitura di carta, carta
filigranata, carte valori, carte
rappresentative di certificazioni di identità,
ricettari, bollini farmaceutici, documenti
elettronici, materiale elettorale, conio
delle monete, fabbricazione di timbri e
marchi per enti pubblici e privati.
1. Servizi
generali
delle P.A.
ISTITUTO LUCE-
CINECITTA’ S.r.L.
100
Art.14, comma 6 del DL
98/2011
Ministero dei
Beni e delle
attività
culturali e del
turismo
Promozione del cinema italiano
10. Attività
culturali
ITALIA LAVORO
S.p.A.
100
Direttiva del Presidente
del Consiglio dei
Ministri 13 maggio
1997; Decreto
Interministeriale Lavoro
- Tesoro 21 maggio
1998; Decreto
Legislativo 9 gennaio
1999, n. 1
Ministero del
Lavoro e
delle politiche
sociali
Politiche del lavoro
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
POSTE ITALIANE
S.p.A.
100
Del. CIPE n.244/1997
adottata ai sensi
dell'art.18 D.L.333/1992
convertito in L.
359/1992, del D.L.
487/1993 convertito in
L. 71/1994-L'Ente Poste
iatliane è stato
trasformato in società
per azioni con effetto
dalla data della prima
assemblea della società
che si è svolta il 28
febbraio 1998.
Servizi di posta e banco posta;servizi di
pacchi, corriere espresso e in generale
servizi di logistica; servizi di riscossione e
pagamento, di raccolta del risparmio
postale tra il pubblico in nome e per conto
Cassa depositi e prestiti.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Rete autostrade
mediterranee S.p.A.
(RAM)
100
Art. 28, comma 1-ter,
della legge 31/ 2008
Ministero
delle
Infrastrutture
e dei trasporti
Promozione ed attuazione del Programma
nazionale "Autostrade del Mare"
5. Trasporti
Sistemi di consulenza
per il Tesoro S.r.L.
(SICOT)
100
Art. 63, comma 6, della
legge n. 388/2000
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
Attività di consulenza per la gestione delle
partecipazioni azionarie detenute dalla
Pubblica Amministrazione e per
l’attuazione dei processi di privatizzazione
relativi a tali partecipazioni, di attività di
monitoraggio dell’andamento dei mercati
finanziari e borsistici, italiani ed esteri
1. Servizi
generali
delle P.A.
Società Generale
d'Informatica S.p.A.
(SOGEI)
100
Atto di costituzione
28/05/1976
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
La prestazione di servizi strumentali
all'esercizio delle funzioni pubbliche
attribuite al Ministero dell'economia e
delle finanze ed alle agenzie fiscali
1. Servizi
generali
delle P.A.
Società per la gestione
degli impianti idrici
S.p.A. (SOGESID)
100
D.lgs. 3 aprile 1993
n.96 art.10
Ministero
dell'Ambiente
e della tutela
del territorio e
del mare
Attivita' strumentali alle esigenze, finalita',
competenze ed alle attribuzioni
istituzionali del Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare
7. Ambiente
e territorio
Società gestione
impianti nucleari
S.p.A.(SOGIN)
100
Art.13, comma 2 lett e)
del D.lgs. 16 marzo
1999 n.79
Ministero
dello
Sviluppo
economico
Attività relative allo smaltimento delle
centrali elettronucleari dismesse, allo
smantellamento degli impianti di
produzione del combustibile nucleare e
degli impianti di ricerca del ciclo del
combustibile nucleare, attività relative alla
chiusura del ciclo del combustibile e delle
attività connesse e conseguenti.
6.
Combustibile
ed energia
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
162
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
STUDIARE
SVILUPPO S.r.L.
100 Atto costitutivo 2003
Ministero
dell'Economia
e delle
finanze
Attività di assistenza alle Amministrazioni
centrali dello Stato
1. Servizi
generali
delle P.A.
FONDO ITALIANO
INVESTIMENTO
SGR S.p.A.
12,5
Legge 23-12-2009 n.
191 art. 2
Gestione collettiva del risparmio
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Istituto per lo
Sviluppo Economico
dell'Italia Meridionale
S.p.A. (ISVEIMER)
in liquidazione dal
1996
33,18
R.D.L. 883 del 30
giugno 1938
Raccolta di risparmio e l'esercizio del
credito a medio e lungo termine.Nei limiti
della normativa vigente, può espletare tutte
le operazioni ed i servizi bancari e
finanziari consentiti, nonché ogni altra
operazione strumentale, connessa o
comunque funzionale al conseguimento
dello scopo sociale.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Radiotelevisione
italiana S.p.A. (RAI)
99,5 R.D. 1067/1923
Servizio pubblico generale radiotelevisivo
ai sensi degli articoli 2, comma1, lettera
H), 17 e 20 della L.112/2004 e successive
modificazioni
9. Attività
ricreativa
Ministero dell'Economia e delle finanze
Sviluppo del Mercato
dei Fondi Pensione
S.p.A. (MEFOP)
53,26
Atto di costituzione 8
marzo 1999
Attività di formazione, studio, assistenza
e promozione, in materie attinenti alla
previdenza complementare di cui al d.lgs.
21 aprile 1993 n.124 e successive
modificazioni ed a settori affini, incluse le
altre forme di previdenza
12.
Protezione
sociale
LAMFOR S.r.L.in
liquidazione
100
Atto di costituzione 17
ottobre 1975
Realizzazione in proprio o per conto terzi
di iniziative di forestazione anche a scopi
produttivi con particolare riguardo ai
territori delle Regioni Lazio, Abruzzo,
Molise, Marche, Puglia, Campania,
Basilicata, Calabria e Sicilia, anche
attraverso l'acquisione, in proprietà o in
fitto di terreni da rimboschire o di boschi
già esistenti.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
FINTECNA S.p.A.
(ceduta nel 2012 a
Cassa DD PP)
100
Atto di costituzione
07/09/1990
Assunzione, gestione e dismissione di
partecipazioni in società o Enti in genere,
ivi compresi quelli in stato di liquidazione,
operanti in Italia ed all'Estero nei settori
industriale, immobiliare e dei servizi.
L'acquisto e l'alienazione di beni immobili
di qualunque genere o destinazione, lo
svolgimento di operazioni e negozi
giuridici di qualunque natura riguardanti
gli stessi.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Sevizi assicurativi del
Commercio Estero
S.p.A. (SACE)
(ceduta nel 2012 a
Cassa DD PP)
100
D.L.269/2003
convertito dalla
L.326/2003(derivante
dalla trasformazione in
S.p.A. dell'ente pubblico
economico Istituto per i
servizi assicurativi del
commercio estero)
L'assicurazione e la garanzia dei rischi di
carattere politico, catastrofico, economico,
commerciale e di cambio ai quali sono
esposti, direttamente o indirettamente, gli
operatori nazionali e le società a questi
collegate o da questi controllate, anche
estere, nella loro attività con l'estero e di
internazionalizzazione dell'economia
italiana. Acquisire partecipazioni in società
italiane ed estere direttamente strumentali
all'esercizio dell'attività assicurativa o per
consentire un più efficace recupero degli
indennizzi erogati, concordando con la
società italiana per le imprese all'estero
(Simest s.p.a.) l'esercizio coordinato di tale
attività.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 163
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Ministero dello Sviluppo economico
Cooperazione finanza
impresa Soc.coop.per
Azioni (CFI)
98,41
Art. 17 legge 27
febbraio 1985, n. 49,
come modificato
dall’art. 12 della legge 5
marzo 2001, n. 57
D.M.4 aprile 2001
Ministero
dello
Sviluppo
economico
Promuovere e favorire la costituzione e lo
sviluppo ed il consolidamento delle
imprese costituite nella forma di società
cooperativa, ivi compresa quella di piccola
società cooperativa e di cooperativa
sociale, di produzione e lavoro e di altri
enti cooperativi.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Società finanza
cooperazione
Soc.coop.(So.Fi.Coop.
)
99,58
Art. 17 legge 27
febbraio 1985, n. 49,
come modificato
dall’art. 12 della legge 5
marzo 2001, n. 57
D.M.4 aprile 2001
Ministero
dello
Sviluppo
economico
Promuove e favorisce la costituzione e lo
sviluppo ed il consolidamento delle
imprese costituite nella forma di società
cooperativa, ivi comprese quelle con un
numero di soci inferiore a nove, con
particolare riferimento a quelle di
produzione e lavoro ed alle cooperative
sociali.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Società italiana per le
imprese all'estero
S.p.A. (SIMEST)
(ceduta nel 2012 a
Cassa DDPP)
76
Legge 24 aprile 1990, n.
100
Partecipazione ad imprese e società
all’estero promosse o partecipate da
imprese italiane, ovvero da imprese aventi
stabili organizzazioni in uno Stato
dell’Unione Europea, controllate da
imprese italiane, nonché la promozione ed
il sostegno finanziario, tecnico-economico
ed organizzativo di specifiche iniziative di
investimento e/o di collaborazione
commerciale ed industriale all’estero da
parte di imprese italiane, con preferenza
per quelle di piccole e medie dimensioni
anche in forma cooperativa, comprese
quelle commerciali, artigiane e turistiche.
3. Affari
economici
commerciali
e del lavoro
Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali
Agenzia di Pollenzo
S.p.A.
3,9
Atto di costituzione
27/07/1998
Acquisto, vendita e la permuta di terreni,
di fabbricati civili, industriali ed agricoli,
di aree urbane a scopo di edificazione e di
diritti immobiliari in genere; acquisizione
di parte del compendio immobiliare dell'ex
tenuta reale di Pollenzo ivi realizzando la
sua ristrutturazione finalizzata sia
all'insediamento di attività alberghiere ed
enogastronomiche, sia all'attivazione di
un'istituzione culturale ed alta vocazione
didattico-educativa
4.
Agricoltura
Buonitalia S.p.A. in
liquidazione (disposta
la soppressione
dall'art. 18-bis D.L.
95/2012)
70
Funzioni attribuite con
D.lgs.99/2004 art.17;
risorse attribuite con
D.L.35/2005 art.10
Strumento operativo del Mipaaf per
l'attuazione delle politiche promozionali di
competenza nazionale, ha per oggetto la
promozione e la valorizzazione dei
prodotti agricoli e alimentari italiani
4.
Agricoltura
Istituto sviluppo
agroalimentare S.p.A.
(ISA)
100
Art.10-ter D.L.
14/03/2005 n. 35
convertito con L.
80/2005 ”Disposizioni
urgenti nell’ambito del
piano di azione per lo
sviluppo economico,
sociale e territoriale”
con cui si disciplinano
le attività e il
funzionamento di ISA
Assumere partecipazioni in società che
operino nel settore agricolo, agro-
industriale e agro-alimentare anche quotate
nei mercati regolamentati;erogare
finanziamenti alle partecipate;effettuare,
per conto proprio o di terzi, ricerche, studi,
indagini di mercato e ogni altra operazione
conoscitiva relativa al settore
agroalimentare;gestire, per conto del
MIPAAF, misure agevolative e interventi
di ogni natura relativi al settore
agroalimentare.
4.
Agricoltura
AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ
164
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo
Arte Lavoro e Servizi
S.p.A. (ALES)
100
Art. 1, commi 1 lett. a)
2 e 3 del D.Lg.vo 1
dicembre 1997, n. 468 e
dell'art. 20, commi 3 e
4, della L. 24 giugno
1997, n. 196.
Ministero dei
Beni e delle
attività
culturali e del
turismo
Attività volte alla gestione e
valorizzazione dei beni culturali in ambito
nazionale e internazionale;la gestione di
musei, aree archeologiche e monumentali,
biblioteche, archivi; servizi di
manutenzione edifici, manutenzione e
riparazioni impianti; servizi di censimento
e servizi di supporto all'organizzazione
delle attività di formazione del personale
interno al Ministero per i beni e le attività
culturali.
10. Attività
culturali
Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti
Ferrovie del sud est e
servizi automobilistici
S.r.l.
100
Atto di costituzione
6/4/2000
L'esercizio dei servizi di trasporto di
persone e/o di cose con qualsiasi modalità
ed in particolare, a mezzo ferrovie,
autolinee, tranvie,funivie ed altri veicoli.
5. Trasporti
Ferrovie appulo-
lucane S.r.l.
100
Atto di
costituzione 11/04/2000
L’esercizio dei servizi di trasporto di
persone e/o di cose con qualsiasi modalita'
ed, in particolare, a mezzo ferrovie,
autolinee, tranvie, funivie ed altri veicoli.
5. Trasporti
Ferrovie della
Calabria S.r.l. ceduta
alla Regione Calabria
nel 2012
100
Atto di costituzione
10/04/2000
L’esercizio dei servizi di trasporto di
persone e/o di cose con qualsiasi modalita'
ed, in particolare, a mezzo ferrovie,
autolinee, tranvie, funivie ed altri veicoli.
5. Trasporti
Ministero della Difesa
Difesa Servizi S.p.A. 100
Legge 23 dicembre
2009, n. 191
Ministero
della Difesa
Gestione economica, in qualità di
concessionario o mandatario, di beni,
anche immateriali, e servizi derivanti dalle
attività istituzionali del Dicastero che non
siano direttamente correlate alle attività
operative delle Forze armate.
2. Giustizia
Difesa e
ordine
pubblico
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 165
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
Appendice 3 - Informazioni contabili delle società strumentali
(migliaia)
SOCIETA'
Patrimonio
netto
Utile
Utile
2011
Perdita
Perdita
2011
Valore
produzione
Costo
produzione
Costodel
personale
Costodel
personale/Costo
dellaproduzione
Personale
al31
dicembre
2012
Costodella
Governance
Costodella
governance/Costo
dellaproduzione
Debiti
dicuiverso
fornitori
Crediti
Ales6.208,17462,5098,5523.313,4721.948,6817.914,3481,62574124,000,566.764,511.423,726.045,41
Arcus(inseritanelconto
consolidatoP.A.)11.771,05930,731.931,321.746,481.597,68659,7441,29724,301,52216.932,9230,56157,35
CFIcooperazionefinanza
imprese(Bilancioredattosecondoi
principiindicatinelD.lgs87/1992,
perentifinanziari)98.607,6827,7147,026.527,086.499,37920,7414,1714256,163,94291,08109,0565.873,70
Coniservizi(inseritaconto
consolidatoP.A.)46.045,793.091,572.812,89135.532,88141.306,5845.356,0732,10677582,800,41174.394,2236.994,6157.881,38
Consap130.020,962.833,772.434,5123.715,5826.045,4513.866,5953,24211723,002,7820.236,491.327,328.707,67
Consip27.775,182.314,77890,83202.532,22197.532,9443.074,5321,81586732,500,37117.554,8673.166,43142.594,99
DifesaServiziS.p.A.(Bilancio
abbreviato)1.333,54303,2730,275.119,974.669,11159,083,4117260,005,576.021,933.169,10
EurS.p.A.714.255,316.700,359.429,7957.685,9645.630,679.130,2920,01126437,910,96262.430,0552.452,3081.686,72
GSE141.453,5019.229,6118.960,4114.784.989,1414.779.640,5734.298,580,23579356,880,003.444.582,632.956.020,473.462.830,33
Invitalia10.353,09384,643.617,3424.430,8121.562,735.681,1826,358171.173,515,4463.993,6114.832,0219.585,63
IPZS654.212,6273.498,9372.370,37376.915,05304.608,97102.781,4533,741.786814,000,27746.329,4459.243,31632.319,30
ISAspa(Bilancioredattosecondoi
principicontabiliinternazionali)
D.Lgs38/2005c'èMARGINEDI
INTERMEDIAZIONE336.463,5015.243,4315.023,9232.059,468.427,755.569,0066,0839339,114,02-373.202,12
Istitutoluce-Cinecittàsrl247,04232,830,7910.186,379.854,94---326,003,314.273,512.831,146.324,82
Italialavoro(inseritaconto
consolidatoP.A.)85.810,63157,0976,9364.238,9364.375,3123.549,5736,581.238295,000,46225.627,4113.430,12182.750,78
Mefop3.220,30289,33157,472.431,292.060,941.067,5951,801594,754,60575,9272,20427,72
RAM2.334,20105,2849,361.920,631.748,51366,3220,9516318,5018,221.903,2774,92580,07
Sicot(Bilancioabbreviato)3.528,02241,70124,882.031,951.731,881.413,9181,641570,004,04376,8143,72689,96
So.Fi.Coop.(Bilancioredatto
secondoiprincipiindicatinelD.lgs
87/1992,perentifinanziariNonc'è
costoevaloreproduzione)29.150,961.100,68567,03814,471.915,15433,8622,65481,924,28183,4886,0823.720,58
Sogei152.840,0829.291,7126.461,61376.050,18337.021,83128.569,6438,151.784509,000,15205.124,91110.773,65201.648,10
Sogesid57.312,90609,98180,6323.183,3523.174,818.720,4737,63130411,721,7871.939,736.482,7327.928,71
Sogin43.928,184.199,775.705,16220.988,63217.612,8960.529,1327,82824762,000,35243.027,4153.607,9179.460,98
Sosespa4.588,47231,1760,6516.104,0815.212,948.930,5558,70138211,831,395.883,521.487,159.503,27
Studiaresviluppo837,006,179,2112.257,8511.990,92983,288,209314,772,6351.809,253.298,171.518,96
Totalecomplessivo2.562.298,15160.386,31156.855,761.100,684.185,1616.404.775,8116.246.170,61513.975,903,169.6069.219,660,065.870.256,953.387.787,565.388.607,63
Fonte:elaborazioneCortedeicontisudatidibilancidellesocietà-anno2012
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
167
UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO
ANDAMENTO DELL’OCCUPAZIONE NEL SETTORE PUBBLICO E DELLA SPESA PER
REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE
1. Il consuntivo relativo all’esercizio 2013, recentemente diffuso dall’Istat,
conferma il trend in diminuzione della spesa per redditi da lavoro dipendente che, nel
2013, si attesta su un valore di circa 164 miliardi con una diminuzione cumulata di 4,6
punti percentuali nell’ultimo triennio pari a quasi 8 miliardi in valori assoluti.
Le previsioni di medio lungo periodo mettono in luce la tendenziale stabilità
dell’aggregato, ritornato sotto controllo a partire dalle misure contenute nel decreto-
legge n. 112 del 2008.
In particolare hanno prodotto risultati in termini finanziari di gran lunga superiori
alle stesse previsioni1
gli interventi avviati a partire dal decreto-legge n. 78 del 2010 con
il quale è stato disposto il blocco della dinamica retributiva compresi i trattamenti
accessori, per un periodo iniziale di un triennio, successivamente prorogato, e sono stati
inaspriti i vincoli al tasso di ricambio del personale.
Nella Relazione 2013 sul costo del lavoro pubblico la Corte sottolineava come,
per quanto attiene al pubblico impiego, in termini di impatto finanziario e di numerosità
degli addetti, l’Italia evidenziava valori sostanzialmente in linea con quelli rilevati negli
altri paesi dell’Unione europea con alcuni rapporti particolarmente virtuosi, quali quello
tra la spesa di personale ed il prodotto interno lordo, previsto al di sotto del 10 per cento
nell’esercizio 2016.
I dati contenuti nel conto annuale predisposto ai sensi dell’articolo 60 del decreto
legislativo n. 165 del 2001 dalla Ragioneria generale dello Stato, aggiornati al 31
dicembre 2012, confermano l’andamento sopradescritto.
L’occupazione nel settore pubblico (circa 3.240.000 addetti al termine del 2012)
mostra una diminuzione di circa l’1,4 per cento rispetto all’esercizio precedente. Nel
periodo 2007-2012 il calo complessivo è stato di quasi 6 punti percentuali2
.
Una prima stima relativa all’andamento dell’occupazione nel 2013 effettuata
attraverso l’esame dei cedolini di stipendio emessi dal Ministero dell’economia e del
monitoraggio di un campione rappresentativo di amministrazioni non statali, conferma
il trend sia pure con una diminuzione minore a quella registrata nel 2012 (0,4 per cento
diversamente distribuito tra i comparti e le specifiche categorie di personale).
La riduzione dei dipendenti è destinata ad assumere carattere strutturale,
relativamente alle amministrazioni statali, per effetto dei robusti tagli alle dotazioni
organiche di diritto.
I reiterati interventi in materia (per alcune amministrazioni ben 4), avviati a partire
dal decreto-legge n. 112 del 2008, hanno comportato una riduzione di circa il 35 per
cento delle posizioni del personale non dirigente, del 36 per cento degli uffici
dirigenziali di prima fascia e del 45 per cento di quelli di seconda.
1
Con riferimento al 2012 l’ISTAT evidenzia una diminuzione della spesa per redditi pari a 1,9 punti percentuali, 3
volte superiore alle previsioni contenute nel documento di economia e finanza di aprile 2011 che ipotizzava un calo
dello 0,6 per cento.
2
Al netto dei nuovi enti censiti dal conto annuale nel periodo di riferimento.
UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
168
In esito all’applicazione delle disposizioni contenute, da ultimo, nel decreto-legge
n. 95 del 2012, in numerose realtà l’organico di diritto è venuto a coincidere con il
personale in servizio, rendendo definitivo, nel medio lungo periodo, il dimensionamento
delle risorse umane al servizio delle amministrazioni in modo tale da evitare effetti
espansivi connessi con la cessazione del regime vincolistico delle nuove assunzioni3
.
2. Il quadro previsionale a legislazione vigente, contenuto nel Documento di
economia e finanza per il 2014, tiene conto delle disposizioni contenute nella legge di
stabilità per il 2014 già oggetto di commento da parte della Corte nell’ambito
dell’audizione sul relativo disegno di legge.
Si tratta, in primo luogo, della proroga di un anno, cioè fino a tutto il 2014, delle
misure recate dal decreto-legge n.78 del 2010, in parte disposta dalla stessa legge di
stabilità (articolo 1 commi 452 e seguenti) in parte contenuta in un coevo regolamento
governativo emanato ai sensi di quanto previsto del decreto-legge n. 98 del 2011.
In aggiunta a quanto sopra viene prevista la cristallizzazione della indennità di
vacanza contrattuale al valore in godimento al termine del 2013 (con eventuale
corresponsione di una nuova indennità solo relativamente al triennio 2018-2020).
I vincoli al turnover di personale ed i limiti alle facoltà assunzionali vengono
estesi e riparametrati fino al 2018, ben oltre, quindi, la già intervenuta proroga
dell’originario periodo di vigenza disposta con un regolamento governativo emesso in
attuazione dell’articolo 16, comma 1, del decreto-legge 98 del 2011. Solo a partire da
tale esercizio sarà, dunque, possibile per le amministrazioni interessate assumere
dipendenti in misura pari (in termini di spesa complessiva da sostenere) al valore
economico delle cessazioni intervenute nel precedente anno.
In coerenza con il quadro normativo le previsioni tendenziali a legislazione
vigente del DEF 2014 stimano per l’anno in corso, ancora interessato dall’applicazione
di tutte le citate misure di contenimento, una ulteriore riduzione della spesa per redditi
dello 0,7 per cento.
Il trend viene stimato stabile nel successivo biennio in quanto gli ipotizzati fattori
di crescita, derivanti dalla possibilità di una ripresa delle progressioni di carriera e dal
ripristino di alcuni automatismi stipendiali, dovrebbero essere ampiamente compensati
dal perdurare, sia pur con percentuali progressivamente inferiori, dei vincoli
assunzionali.
La previsione per il 2015, inoltre, non considera più la corresponsione della
indennità di vacanza contrattuale cristallizzata, come detto, ai valori in godimento al
2013.
Una lieve ripresa (+0,3 per cento) è prevista solo a partire dal 2018 in relazione al
ripristino di un fisiologico turnover ed alla previsione della corresponsione della
indennità di vacanza per il nuovo triennio di contrattazione.
Il quadro a politiche invariate tiene conto degli effetti derivanti dal riavvio della
contrattazione collettiva per il triennio 2015 -2017 e per quello successivo.
La stima effettuata dal Governo basata sulla media (depurata dai picchi) degli
incrementi retributivi rilevati negli ultimi anni interessati dal rinnovo dei contratti,
ipotizza a regime per il triennio 2015-2017 una maggior spesa rispetto al tendenziale di
3
La revisione degli organici ha determinato circa 7.400 eccedenze di personale destinate ad essere riassorbite con le
modalità previste dall’articolo 2 del citato decreto-legge n. 95 del 2012.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
169
6,5 miliardi (con incrementi, ulteriori rispetto alle previsioni a legislazione vigente, pari
all’1,2, all’1,4 ed all’1,5 per cento per i tre esercizi.).
CRITICITÀ E DEBOLEZZE NELL’ASSETTO ORDINAMENTALE E RETRIBUTIVO DEI
DIPENDENTI PUBBLICI
3. Come più volte osservato dalla Corte l’andamento della spesa per redditi
descritto nel precedente paragrafo è il risultato di misure severe ed eccezionali,
necessariamente temporanee, e almeno per quanto attiene al blocco della complessiva
dinamica retributiva, non aventi carattere strutturale.
L’approccio in termini esclusivamente finanziari alla materia del pubblico
impiego ha riportato, dunque, sotto controllo una voce di spesa che rappresenta il 10 per
cento del prodotto interno lordo e circa un quarto della spesa corrente al netto degli
interessi delle pubbliche amministrazioni, ma non ha risolto, ed anzi ha acuito, le
criticità e le debolezze di sistema che, se non tempestivamente corrette, rischiano di
generare un progressivo depauperamento del capitale umano al servizio delle pubbliche
amministrazioni.
In relazione ai vincoli assunzionali ed al prolungamento dell’età lavorativa
preoccupa il progressivo aumento dell’età media dei dipendenti pubblici.
Secondo una recente indagine dell’OCSE con riferimento alle amministrazioni
centrali la percentuale di dipendenti con età superiore a 50 anni risulta per l’Italia pari al
circa il 50 per cento, a fronte di valori decisamente inferiori nella maggior parte dei
paesi industrializzati, che evidenziano in numerosi casi valori prossimi al 30 per cento.
Un raffronto effettuato tra l’Italia, la Francia ed il Regno Unito, riferito al totale
dei dipendenti pubblici, evidenzia come in Francia il 6 per cento degli occupati abbia
meno di 25 anni ed il 22 per cento si collochi nella fascia tra i 25 ed i 34; percentuali
analoghe si riscontrano per il Regno Unito (pari rispettivamente al 5 per cento ed al 20).
Per l’Italia la prima percentuale risulta irrisoria mentre i lavoratori pubblici al di sotto
dei 35 anni sono appena il 10 per cento del totale4
.
Eventuali interventi volti a favorire il tasso di ricambio del personale pubblico
attraverso la possibilità di pensionamenti anticipati ovvero la abolizione del
prolungamento facoltativo del servizio, vanno valutati tenendo conto del progressivo
consolidamento del sistema pensionistico contributivo che assicura un adeguato tasso di
sostituzione del reddito solo in presenza di una elevata anzianità contributiva ed
anagrafica.
Va inoltre considerato l’effetto negativo connesso con le difficoltà di sostituire
personale avente professionalità specifiche consolidate, attraverso il concreto esercizio
delle funzioni.
4. Il protratto blocco della contrattazione collettiva nazionale ha impedito l’avvio
del percorso verso una riforma strutturale dell’assetto retributivo dei pubblici dipendenti
4
Il dato appare ancor più preoccupante se si escludono dal calcolo gli appartenenti al comparto sicurezza-difesa il cui
reclutamento avviene prevalentemente tra soggetti molto giovani (attraverso la cosiddetta ferma volontaria
prolungata) e che nel tempo ha avuto deroghe ai vincoli assunzionali previsti per la generalità delle altre
amministrazioni.
UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
170
prefigurato dal d.lgs. n. 150 del 2009, intervento che postula, nel vigente sistema di
riparto delle fonti, la ripresa del confronto con le organizzazioni sindacali.
Sotto il profilo dell’assetto retributivo la privatizzazione del pubblico impiego e la
contrattazione collettiva non sono stati in grado, neppure nei periodi caratterizzati da
una sostenuta dinamica delle retribuzioni, di assicurare l’auspicato riequilibrio tra le
competenze fisse e i trattamenti accessori realmente finalizzati ad incentivare la
produttività delle amministrazioni ed il merito dei dipendenti.
Al di là di reiterate e mai concretamente perseguite affermazioni di principio
contenute in atti normativi, dichiarazioni di indirizzo ed intese sottoscritte in epoche
diverse tra il Governo e le organizzazioni sindacali rappresentative5
, la leva salariale
non ha mai rappresentato un effettivo strumento per favorire l’innovazione nella
pubblica amministrazione.
Le politiche di personale attivate a partire dalla seconda privatizzazione del
pubblico impiego (cioè dai contratti collettivi per il quadriennio normativo 1998-2001)
non sono mai state concretamente inserite in un più ampio contesto di revisione degli
assetti organizzativi e delle procedure e finalizzate al recupero di efficienza dell’attività
amministrativa.
Un’analisi effettuata dall’ARAN relativamente ad alcuni comparti di
contrattazione (personale amministrativo delle università e dipendenti non dirigenti del
comparto Regioni ed autonomie locali) relativamente al decennio 2000-2009 (che
coincide con il pieno esplicarsi delle regole di crescita salariale previste all’interno della
cosiddetta seconda privatizzazione del pubblico impiego), evidenzia come i sostenuti
incrementi retributivi registrati nel periodo siano stati solo in minima parte influenzati
dall’incremento delle voci stipendiali legate alla verifica dei risultati conseguiti.
Per il personale del Comparto Regioni ed autonomie locali, fatto 100 il valore
delle retribuzioni nel 2000, al termine del periodo di riferimento il nuovo indice delle
5
Merita di essere sottolineato il “Memorandum di intesa sul lavoro pubblico e la riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche” sottoscritto il 18 gennaio 2007 tra il Governo e le organizzazioni sindacali dei dipendenti
pubblici che avrebbe dovuto rappresentare il quadro di riferimento per la contrattazione collettiva relativa al biennio
economico 2006-2007 all’interno del quale la contrattazione nazionale ed integrativa venivano viste quali strumenti
per contribuire alla definizione di una nuova qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche. La realizzazione del
menzionato obiettivo appare in sintesi incentrato su diverse linee d’intervento: la gestione delle pubbliche
amministrazioni come “aziende di servizi”, talché questi debbono essere misurati in qualità e quantità con criteri
oggettivi; la valorizzazione della dirigenza nei processi di innovazione; la diretta rispondenza della contrattazione
collettiva nazionale e integrativa alla modernizzazione delle “aziende pubbliche”, con l’uso flessibile delle risorse
umane; la valorizzazione delle professionalità degli operatori; la distribuzione del salario di produttività sulla base di
parametri oggettivi; il ricorso alle esternalizzazioni solo per le attività non specificatamente riconducibili alle
missioni istituzionali.
Significativa, in particolare, è l’indicazione per cui la misurazione della quantità e qualità dei servizi deve diventare,
da una parte, “la base dell’intero impianto di riorganizzazione della Pubblica amministrazione” e, per altro verso, il
metodo con cui “valutare il conseguimento degli obiettivi delle azioni amministrative, fissati in termini sia di
realizzazioni, sia di effetti sul benessere dei cittadini.”
Nella Relazione 2009 sul costo del lavoro pubblico la Corte manifestava un giudizio sostanzialmente deludente sui
risultati della predetta tornata contrattuale in quanto gli accordi sottoscritti mostravano un’attenzione decisamente
modesta alle questioni della produttività del lavoro nel settore pubblico in quanto le risorse disponibili risultavano
impiegate pressoché totalmente per elevare i trattamenti fissi e continuativi. Nei contratti collettivi esaminati dalla
Corte mancavano vincolanti e reali impegni per l’introduzione di strumenti e tecniche di valutazione delle prestazioni
individuali e della produttività del lavoro. Le stesse risorse presenti nei fondi unici di amministrazione venivano poi
destinate quasi per intero dagli stessi contratti nazionali a finanziare passaggi di livello economico o all’attribuzione
di posizioni organizzative di elevata professionalità, spesso da concordare nel numero e nella distribuzione con le
organizzazioni sindacali, attraverso un procedimento che parte dalle disponibilità economiche e non dalle esigenze
organizzative di ciascun ente. Aumentava in tal modo – osservava la Corte – la rigidità dei fondi unici, con una
riduzione dell’ammontare delle risorse necessarie a supportare una politica del personale coerente con i principi posti
negli accordi di gennaio 2007.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
171
retribuzioni (144,2) è ascrivibile per 28 punti al contributo dato dagli incrementi delle
componenti stipendiali o assimilate, per 9 dalle progressioni economiche attribuite ai
dipendenti e per 7 dai trattamenti accessori genericamente considerati. All’interno di
questi ultimi, modesto si è rilevato il contributo dell’incremento delle componenti
retributive finalizzate al miglioramento della produttività (appena 2 punti su 44).
Per il personale amministrativo delle Università il contributo delle predette
componenti alla complessiva dinamica retributiva è risultato, nel decennio considerato,
seppur di poco, addirittura di segno negativo.
In altri termini, pur in un periodo di sostenuta crescita delle retribuzioni, il valore
delle risorse utilizzabili per incrementare la parte premiale è rimasto più o meno simile a
quello di dieci anni prima.
La tavola 1 evidenzia nei principali comparti di contrattazione relativi al personale
non avente qualifica dirigenziale, il rapporto esistente al termine del 2012 tra le
componenti fisse della retribuzione e le voci cosiddette accessorie e, all’interno di
queste, il dato relativo al peso di istituti qualificati dagli stessi enti che inviano le
informazioni alla Ragioneria generale dello Stato come connessi al recupero di
produttività e al maggiore impegno dei dipendenti6
.
TAVOLA 1
I COMPENSI DI PRODUTTIVITÀ ALL’INTERNO DELLA RETRIBUZIONE
(1)
COMPLESSIVA
(2)
Comparto
Voci
stipendiali
Voci
accessorie
Di cui
produttività
Totale
Acces-
sorio su
totale
Produtti-
vità su
totale
accessorio
Ministeri 22.397 5.956 1.288 28.352 21% 22%
Agenzie fiscali 23.531 11.626 3.689 35.156 33% 32%
Presidenza del Consiglio dei ministri 28.146 22.094 3.459 50.239 44% 16%
Enti pubblici non economici 24.895 11.655 3.384 36.550 32% 29%
Scuola - Docenti(3)
27.182 3.944 - 31.118 13% 0%
Scuola - Personale ATA 19.573 2.743 - 22.316 12% 0%
Servizio sanitario nazionale 25.428 4.898 1.650 30.326 16% 34%
Regioni e autonomie locali 23.242 5.054 1.116 28.295 18% 22%
Enti di ricerca 25.428 9.616 190 35.044 27% 2%
Università 23.012 3.966 487 26.977 15% 12%
MEDIA 24.660 4.852 1.507 29.511 16% 31%
Fonte: elaborazione su dati RGS-IGOP.
(3)
Esclusi i docenti di religione.
(1)
Esclusi arretrati, trattamento accessorio all'estero e indennità De Maria.
Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, escluso straordinario per il personale militare.
(2)
Personale non dirigente a tempo indeterminato. Sono esclusi i professionisti degli enti pubblici
non economici, i ricercatori e tecnologi del comparto ricerca, le elevate professionalità del
comparto università.
6
Allo stato degli atti mancano, peraltro, le informazioni necessarie a valutare se effettivamente le scarse risorse
utilizzate a tal fine siano state erogate a fronte di un adeguato sistema di valutazione. Non sempre, inoltre, risulta
univoca la distinzione tra produttività individuale e collettiva.
UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO
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172
Si tratta di percentuali che oscillano tra il 2 ed il 30 per cento, aventi comunque un
valore in termini assoluti pari a poco più di qualche migliaia di euro lordi per ogni
addetto.
Con riferimento al Comparto ministeri il grafico 1 dà atto del valore nei singoli
enti dell’unico istituto che realmente può dirsi finalizzato ad incentivare il merito
individuale dei dipendenti (il cosiddetto premio di produttività).
L’importo in valori casi risulta mediamente inferiore a 1.000 euro lordi annui
(circa il 4 per cento della retribuzione complessiva).
Siamo dunque ben lontani dalla attuazione della norma di principio contenuta
nell’articolo 40, comma 3-bis, del d.lgs. n. 150 del 2009, che affidava alle successive
tornate negoziali l’ambizioso obiettivo di destinare alla retribuzione di produttività “una
quota prevalente del trattamento accessorio comunque denominato”.
GRAFICO 1
COMPENSI DI PRODUTTIVITÀ EROGATI NEL 2012 AL PERSONALE NON DIRIGENTE DEI MINISTERI
Permangono, del resto, per tali finalità modesti spazi di manovra. La categoria
trattamenti accessori raggruppa, infatti, una serie di voci retributive difficilmente
comprimibili quali le indennità di amministrazione o di ente, le indennità di rischio,
disagio, turnazione, lo straordinario, l’indennità di vacanza contrattuale, i compensi
legati alla titolarità di posizioni organizzative di elevata responsabilità.
5. Un ulteriore fattore di criticità è rappresentato dall’esistenza di differenze
retributive tra i vari comparti (e spesso, anche all’interno di questi ultimi, tra i diversi
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
173
enti) a parità di mansioni svolte, fenomeno che la privatizzazione del pubblico impiego
avrebbe dovuto superare e che, viceversa, risulta accentuato.
Hanno contribuito a tale andamento la sostanziale conferma, ad opera della
contrattazione collettiva, del complesso e stratificato sistema di norme speciali che
attribuiscono benefici a specifiche categorie di personale e la progressiva creazione di
assetti ordinamentali diversi attraverso la costituzione di un numero variabile di aree di
inquadramento e all’interno di queste di posizioni economiche differenziate.
Sotto il primo profilo, un tentativo di censimento delle numerose leggi speciali
vigenti era stato, invero, effettuato dall’articolo 67 del decreto-legge n. 112 del 2008,
limitatamente, peraltro, al personale dipendente dai Ministeri e dai principali enti di
previdenza.
La Corte ha più volte sottolineato la tendenza ad un addensamento del personale
nei livelli economici più alti di ciascuna area, in esito a progressioni economiche
cosiddette orizzontali effettuate senza adeguati criteri di selettività, in un contesto in cui
è progressivamente divenuta opaca fino a scomparire la differenza tra tale forma di
incremento retributivo e l’attribuzione di emolumenti legati esclusivamente alla
anzianità di servizio.
La norma prevedeva la sospensione per il 2009 dell’efficacia di tutte le norme che
disponevano compensi ed incentivi al personale, quantificando la riduzione di spesa in
476 milioni.
Nel successivo esercizio 2010 era prevista una riassegnazione pari all’80 per cento
del gettito delle misure sospese, condizionato ad un effettivo utilizzo delle stesse
secondo criteri di selettività e premialità. Tale ultima previsione non risulta peraltro
verificabile nella sua attuazione in un contesto che consente l’utilizzo indifferenziato
delle risorse presenti nei fondi unici di amministrazione attraverso cui viene finanziata
la contrattazione di secondo livello.
UN’AGENDA PER IL RIAVVIO DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
6. E’ alla luce delle criticità evidenziate nel precedente paragrafo che vanno
affrontate le problematiche relative al necessario riavvio della contrattazione collettiva
nazionale.
L’obiettivo da perseguire è quello di evitare effetti di rimbalzo connessi con
l’inusitata durata del blocco dei contratti, come già avvenuto in contesti simili a quello
attuale.
Si tratta di garantire una fisiologica dinamica incrementale delle componenti
retributive fisse compatibile con gli andamenti della finanza pubblica e con le esigenze
di contenimento della spesa all’interno di una coerente programmazione finanziaria e al
contempo delineare i presupposti per il finanziamento di un effettivo meccanismo
premiale.
Al riguardo più volte la Corte ha sottolineato gli aspetti positivi dell’accordo sulla
dinamica retributiva nel pubblico impiego sottoscritto nel mese di maggio del 2009
sinora, peraltro, mai sperimentato.
Al fine di superare le criticità del previgente accordo sulla dinamica dei redditi di
luglio 1993 (pensato per il settore privato e successivamente esteso anche ai pubblici
dipendenti), il nuovo accordo-quadro prevede la crescita delle componenti stipendiali
della retribuzione, secondo un parametro prefissato da correlare alle stime
UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
174
sull’andamento dell’inflazione nel periodo di riferimento effettuate da un organismo
indipendente, sulla base della applicazione dell’indice IPCA depurato del prezzo dei
prodotti energetici importati.
La previsione di una unilaterale corresponsione di incrementi retributivi calcolati
sulla base delle disponibilità stanziate nella legge di stabilità per il primo anno di
vigenza dei contratti dovrebbe evitare il ripetersi del fenomeno dei ritardi nella
sottoscrizione degli accordi (ritardo che talora per le aree dirigenziali ha superato i 4
anni)7
.
7. Il riavvio della contrattazione postula peraltro una revisione nell’assetto delle
relazioni sindacali nel pubblico impiego e una necessaria manutenzione del quadro
normativo sotto il profilo della necessaria ridefinizione dei comparti di contrattazione e
delle competenze dei comitati di settore.
Si tratta di un processo che presuppone una rideterminazione della
rappresentatività sindacale, da correlare alle nuove aree di contrattazione e, per quanto
attiene alla parte pubblica, un necessario raccordo con l’assetto ordinamentale, peraltro
in corso di revisione, del federalismo fiscale ed amministrativo.
Il nodo da sciogliere, non risolto dalla concreta prassi applicativa della
privatizzazione, consiste nell’assicurare margini di flessibilità nella gestione del
personale agli enti non statali, in un contesto che garantisca un effettivo presidio al
rispetto di vincoli complessivi alla crescita della spesa per redditi da lavoro dipendente.
All’interno di tale processo va affrontata la problematica relativa al
dimensionamento delle prerogative sindacali, da correlare al minor fabbisogno di
attività derivante alla concentrazione dei tavoli di negoziazione e, in ogni caso,
subordinata all’adozione di criteri di reale trasparenza nell’attività di reclutamento e
partecipazione degli iscritti e di verificabili modalità di rendicontazione delle spese
sostenute8
.
Il punto cardine del nuovo assetto retributivo dovrebbe essere per i dipendenti
inquadrati nelle qualifiche non dirigenziali la creazione di un effettivo sistema
incentivante e premiale con una entità di risorse adeguata, correlata a parametri
macroeconomici (quali l’andamento del Pil), da distribuire tra le varie amministrazioni
secondo criteri che privilegino i risultati ottenuti nella spending review.
Va rivisto il meccanismo di dimensionamento e di utilizzo delle risorse da
utilizzare nella contrattazione integrativa.
Con riferimento ai comparti non statali le ultime relazioni della Corte dei conti
sul costo del lavoro pubblico hanno evidenziato a livello globale la mancata
7
Come più volte sottolineato dalla Corte, il ritardo nella sottoscrizione dei contratti collettivi è stato alla base delle
criticità di funzionamento dell’accordo di luglio 1993 sulla politica dei redditi basato su un meccanismo di
anticipazione degli incrementi da parametrare al tasso di inflazione programmata e di recupero nella successiva
tornata dell’eventuale differenziale con l’andamento, accertato a consuntivo, dell’inflazione reale. La contrattazione
sino al biennio 2008-2009 si è conclusa, di regola, con il riconoscimento di incrementi superiori al tasso di inflazione
reale e concentrati pressoché esclusivamente sulle componenti fisse della retribuzione.
8
Secondo i dati contenuti nell’apposita relazione predisposta dal Dipartimento della funzione pubblica il costo delle
prerogative sindacali nel 2012, in termini di corresponsione della retribuzione ai beneficiari di permessi e aspettative
a fronte della sospensione della prestazione lavorativa, ammonta a circa 110 milioni di euro che corrispondono alla
mancata prestazione lavorativa di un dipendente pubblico ogni 750. Una riduzione dell’entità delle prerogative di
entità pari al 15 per cento in termini di monte ore a disposizione risulta già di recente disposta dalla legge e dai
conseguenti decreti attuativi: tale riduzione non ha riguardato i comparti Regioni-autonomie locali e quello del
Servizio sanitario nazionale essendo la competenza in materia riservata ad interventi normativi regionali.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
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175
effettuazione delle riduzioni delle risorse per la contrattazione integrativa previste dal
decreto-legge n. 78 del 2010 e in numerosi casi una crescita ingiustificata delle
disponibilità per percentuali superiori al 40 per cento della popolazione analizzata.
Gli esiti delle verifiche effettuate dall’apposito nucleo alle dipendenze del
Dipartimento della funzione pubblica e della Ragioneria generale dello Stato hanno
messo in luce protratte irregolarità nel dimensionamento e nella gestione dei fondi,
utilizzati per corrispondere agli interessati indennità e compensi non sempre in linea con
le norme di fonte legislativa o le previsioni contenute nei contratti collettivi nazionali.
In mancanza di un adeguato presidio, il recupero a consuntivo delle eccedenze di
spesa si rivela di difficile praticabilità in quanto destinato ad incidere su un assetto
retributivo ormai da tempo stabilizzato9
.
I NODI IRRISOLTI DELLA DIRIGENZA PUBBLICA
8. Particolari criticità permangono nell’assetto ordinamentale della dirigenza
pubblica amministrativa10
. A fronte di una sostenuta dinamica retributiva non è mai
entrato a regime un idoneo sistema di valutazione della capacità manageriale,
presupposto per la corresponsione della cosiddetta retribuzione di risultato.
La normativa sul reclutamento e sulla attribuzione degli incarichi, inoltre, non ha
garantito il contemperamento delle necessarie esigenze di flessibilità organizzativa con
la garanzia di un’effettiva autonomia gestionale dei dirigenti nei confronti degli organi
politici.
Quanto sopra alla luce degli ampi margini discrezionalità tutt’ora esistenti per la
riconferma del dirigente o l’attribuzione di un incarico di livello superiore.
Sotto il profilo della flessibilità organizzativa e della rotazione degli incarichi,
l’introduzione per un breve periodo di tempo del cosiddetto ruolo unico della dirigenza
amministrativa non ha prodotto i benefici attesi.
Il meccanismo di reclutamento prevede, infatti, l’indizione di concorsi pubblici
per un numero di posti pari ad una percentuale delle cessazioni intervenute. La platea di
interessati coincide, quindi, con il numero degli incarichi vacanti da conferire. Ciascun
soggetto, inoltre, una volta superato il concorso, acquisisce il diritto alla corresponsione
quantomeno delle competenze fisse corrispondenti alla nuova qualifica acquisita.
L’unica forma di flessibilità si è di fatto concretata nell’attribuzione di non sempre
utili incarichi di studio e ricerca per i soggetti temporaneamente privi della titolarità di
un ufficio.
Il ruolo unico, infatti, non ha rappresentato nel periodo di sperimentazione,
un’albo di soggetti abilitati all’esercizio delle funzioni (come avviene per il
reclutamento dei professori universitari), ma un’elenco di personale già in possesso
della qualifica dirigenziale e quindi avente diritto all’erogazione delle competenze fisse
spettanti, indipendentemente dal conferimento della titolarità di un ufficio.
9
L’articolo 4 del decreto-legge n. 16 del 2014 prevede un complesso meccanismo per un recupero, diluito nel tempo,
di eventuali eccedenze di spesa, accompagnato dall’obbligatoria adozione di misure strutturali per evitare il ripetersi
del fenomeno.
10
Con tale termine si fa riferimento alle aree dirigenziali dei comparti: ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non
economici, Presidenza del Consiglio dei ministri, Regioni ed autonomie locali, Università ed enti di ricerca per un
totale nel 2012 di 1.160 dirigenti di prima fascia e 12.112 dirigenti di seconda fascia. Problematiche particolari
riguardano la dirigenza scolastica e la dirigenza medica del servizio sanitario nazionale per le quali si rinvia alle
relazioni annuali sul costo del lavoro pubblico.
UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
176
In un’ottica di spending review un preliminare intervento avente, a regime,
caratteristiche strutturali, potrebbe consistere nella doverosa rivalutazione dell’attuale
collocazione a livello dirigenziale di seconda fascia di uffici di piccole dimensioni che
svolgono esclusivamente attività non aventi rilevanza esterna ma solo compiti serventi
rispetto a strutture di più ampie dimensioni.
La titolarità di tali uffici potrebbe essere attribuita, a tempo determinato e previa
idonea forma di selezione comparativa, ai funzionari appartenenti alla categoria più
elevata della carriera amministrativa degli enti interessati, introducendo anche nel
settore pubblico la figura professionale dei quadri, ben nota al lavoro privato,
garantendo un percorso di carriera ai dipendenti più meritevoli11
.
Il differenziale retributivo attualmente esistente tra la più alta categoria di
funzionari e i dirigenti di seconda fascia dà un’idea di quali potrebbero essere i possibili
risparmi di spesa attraverso una opportuna modulazione dell’eventuale indennità di
direzione da corrispondere agli interessati12
.
Conclusioni
9. Al di là delle criticità evidenziate nei paragrafi precedenti superata la fase di
emergenza finanziaria, il riavvio di politiche di personale deve avvenire all’interno di
una complessiva riforma dell’assetto organizzativo e delle modalità di agire del settore
pubblico.
L’approccio al pubblico impiego non può più limitarsi ad interventi settoriali volti
ad eliminare specifiche sacche di inefficienza, a riequilibrare situazioni di evidente
disuguaglianza retributiva o a favorire recuperi di produttività, comunque auspicabili.
Le modalità di reclutamento, il fabbisogno di professionalità specifiche legate
all’evoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informatica, le iniziative di
formazione, il dimensionamento delle risorse umane sul territorio, le aspettative di
carriera dei più meritevoli di carriera, i meccanismi incentivanti, debbono essere
calibrati in modo coerente rispetto ad un complessivo disegno di ridefinizione dell’area
di intervento propria del settore pubblico, delle priorità da perseguire, dei servizi
essenziali da garantire a tutti i cittadini, delle procedure e delle modalità di agire delle
amministrazioni, del riparto di competenze tra i diversi livelli di governo.
11
Un meccanismo di conferimento della titolarità di uffici dirigenziali di minore importanza, analogo a quello
sopradescritto, è attualmente utilizzato sia pur in via temporanea in attesa della conclusione delle ordinarie procedure
di reclutamento presso le Agenzie fiscali sulla base di quanto disposto dagli specifici regolamenti di organizzazione
(v. ad es., l’art. 24 del regolamento dell’Agenzia delle entrate).
Si tratta peraltro di una prassi che, ha dato luogo ad un diffuso contenzioso per quanto attiene alle procedure di
selezione. In ogni caso agli interessati viene corrisposto per intero lo stipendio spettante ad un dirigente che riveste
analoga posizione nella struttura.
Secondo i dati contenuti nel conto annuale per il 2012 presso le Agenzie fiscali il 64 per cento dei posti dirigenziali di
seconda fascia sono coperti tramite il predetto meccanismo.
12
Secondo una riaggregazione dei dati presenti nel conto annuale 2012, presso gli enti pubblici non economici la
retribuzione complessiva dei dirigenti di seconda fascia è 3,5 volte quella dei funzionari della categoria più elevata;
tale rapporto è pari a 1,8 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con valori intermedi nei restanti comparti di
contrattazione.
In valori assoluti la differenza oscilla tra i circa 43.000 euro del comparto Presidenza ed i circa 95.000 del comparto
enti pubblici non economici.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
177
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
1. Anche nel 2013 le amministrazioni locali hanno ottenuto un risultato migliore
delle attese. Le spese complessive al netto degli interessi presentano per il terzo anno
consecutivo una contrazione in termini assoluti, risultando in riduzione anche in termini
di prodotto. Nell’ultimo triennio la contrazione ha superato il punto di Pil. Invariata
sempre in termini di prodotto la spesa corrente che consolida, quindi, i miglioramenti
registrati negli ultimi anni.
L’insieme delle misure assunte per garantire il contributo delle amministrazioni
territoriali agli obiettivi di finanza pubblica ha consentito negli esercizi più recenti di
ottenere un graduale rafforzamento dei risultati conseguiti. Il 2013 ha reso, tuttavia,
evidente anche il limite raggiunto dalla strumentazione posta finora in essere.
L’efficacia delle misure contenimento è stata affidata più a meccanismi di riduzione
delle risorse che all’operare di una regola fiscale, di volta in volta modificata per
rispondere a esigenze ulteriori o per rimuovere difficoltà operative. La regola si è
rivelata più volte inefficace nel governare un necessario contenimento della dinamica
della spesa corrente, e spesso si è tradotta in un progressivo processo di riduzione della
spesa in conto capitale.
Così il riferimento a condizioni iniziali legate alla spesa storica ha portato, sia nel
caso della riduzione di risorse sia del meccanismo del Patto, ad accentuare taluni
squilibri. Ne è derivata una distribuzione del contributo richiesto al risanamento a volte
distorto, rendendo la sua applicazione ancor meno sostenibile. Tutto ciò aggravato dalle
difficoltà di quegli enti che hanno rinviato l’aggiustamento richiesto dalle condizioni
della finanza pubblica, anche contando su un esercizio crescente della pressione fiscale
locale.
Nel 2013 le difficoltà di rendere effettivo lo stimolo alla crescita della spesa in
conto capitale attraverso l’allentamento del Patto, l’esplodere della questione dei debiti
delle amministrazioni territoriali, anche a ragione della insussistenza di entrate, ne sono
un indice certo. E ciò nel pur rassicurante quadro del rispetto, pressoché generalizzato,
degli obiettivi dei Patti regionali e locali.
Ripensare oggi al Patto è ad un tempo più difficile e urgente.
Urgenza e difficoltà sono strettamente legate: entrambe derivano dal rilievo degli
aggiustamenti che è ancora necessario operare per dar vita a regole coerenti con quello
che, a partire dal 2015, sarà il nuovo assetto costituzionale che regolerà il contributo
degli enti all’equilibrio di bilancio.
A partire dal prossimo esercizio, infatti, secondo la legge rinforzata (legge
243/2012), che dà attuazione al precetto del pareggio di bilancio, il contributo
“standard” agli equilibri da parte degli enti territoriali sarà garantito attraverso il
pareggio del saldo complessivo di bilancio (entrate finali – spese finali) e del saldo di
parte corrente; il ricorso ad indebitamento sarà consentito solo per finanziare spese di
investimento e previsto secondo una procedura di intesa, a livello regionale, per
consentire che questo sia coerente con la necessità di assicurare l’equilibrio complessivo
a livello di comparto, misurato in termini di gestione di cassa finale del complesso degli
enti della Regione.
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
178
Ma è sempre attraverso il Patto di stabilità interno che sarà possibile prevedere un
contributo ulteriore agli obiettivi di finanza pubblica. Una necessità che si pone in
questa fase come elemento ineludibile per i prossimi anni.
Se passi significativi sono stati fatti negli ultimi esercizi nella gestione della
flessibilità territoriale a livello regionale (con i diversi sistemi di Patto regionalizzato),
se il riferimento a tali esperienze potrà favorire il passaggio ad una “forma integrata” è
anche vero che occorre sciogliere i nodi che rimangono sul fronte delle regole standard
che devono garantire il funzionamento del sistema su cui applicare il vincolo fiscale.
Muovere verso assetti più efficienti attraverso la riorganizzazione e/o fusione di
enti o intervenire sulle modalità di gestione degli acquisti di beni e servizi in modo da
eliminare le inefficienze e gli oneri impropri, rappresentano passi importanti e misure in
grado di contribuire al contenimento della spesa.
E’, tuttavia, anche necessario riprendere il cammino per una effettiva
responsabilizzazione delle gestioni territoriali, valorizzando quanto di positivo è
possibile ottenere da un processo di decentramento basato su responsabilità di entrata e
di spesa. Ciò significa guardare a una nuova regola fiscale che renda possibile la
gestione del nuovo vincolo costituzionale del pareggio di bilancio in una fase che,
ancora per lungo tempo, richiederà un contributo aggiuntivo delle comunità territoriali.
Difficile è, oggi, immaginare una riconfigurazione del Patto che non si fondi su un
ridisegno complessivo del sistema di finanziamento di regioni e enti locali. Ciò significa
muovere con decisione ma anche con realismo. Non si può più rimandare il
completamento del sistema di finanziamento, la definizione di un sistema basato sulle
capacità fiscali standard, la individuazione, come si è fatto nella sanità, di fabbisogni e
costi standard e meccanismi di responsabilizzazione che offrano un riferimento chiaro
per il governo della spesa e la garanzia di livelli adeguati dei servizi per i cittadini
Il sistema delle autonomie è stato investito dalla crisi durante il percorso di
ridisegno. Un percorso reso oggi ancora arduo dalla necessità di consentire il riavvio
della crescita reperendo risorse attraverso ulteriori tagli di spesa. Un riassetto, non più
rinviabile, senza il quale la costruzione di equilibri e la distribuzione di risorse e oneri
non può evitare distorsioni ulteriori, non accettabili per un sistema che voglia tornare a
crescere.
LE AMMINISTRAZIONI LOCALI: OBIETTIVI E RISULTATI
2. Nel DEF 2013 il quadro programmatico delle amministrazioni locali
prefigurava per il 2013 un disavanzo pari allo 0,6 per cento del prodotto, rispetto al
saldo positivo dello 0,2 per cento del 2012.
Tale andamento si fondava su alcuni elementi principali:
 il mantenimento di un profilo di riduzione della spesa corrente al netto degli
interessi. Era la spesa non sanitaria a registrare la flessione maggiore, oltre il
4 per cento rispetto al 2012;
 un deciso incremento dei tagli di spesa relativi ai consumi intermedi sulla scia
di quanto disposto con il DL 95/2012;
 una forte accelerazione della spesa in conto capitale (+18,6 per cento), da
ricondurre all’impulso offerto ai pagamenti dei debiti verso fornitori per spese
di investimento giacenti al 31 dicembre 2012.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
179
TAVOLA 1
LE AMMINISTRAZIONI LOCALI – PREVISIONI E RISULTATI A CONFRONTO (DEF 2013 E DEF 2014)SPESE(*)20102011201220132011201220132010201120122013201120122013
Spesecorrentialnetto
interessi(*)210.033206.050202.582199.116204.316200.759199.30013,513,112,912,812,912,812,8
dicui
Redditidalavoro
dipendente72.61370.87469.20468.79370.66568.54967.2554,74,54,44,44,54,44,3
Consumiintermedi107.903108.133107.281105.643107.892107.200106.2037,06,96,96,86,86,86,8
Trasferimentiadaltri21.26020.02019.20517.91118.73219.07719.8681,41,31,21,11,21,21,3
Spesecorrenti213.868210.243206.735202.664208.576204.871203.33713,813,313,213,013,213,113,0
dicuiinteressipassivi3.8354.1934.1533.5484.2604.1124.0370,20,30,30,20,30,30,3
Speseincontocapitale
(*)31.70730.50927.98033.18730.23028.87027.5222,01,91,82,11,91,81,8
dicui
Investimentifissi23.86222.51921.06218.97922.48122.15020.8781,51,41,31,21,41,41,3
Trasferimentiadaltri7.7457.9216.74214.0317.7286.4976.5990,50,50,40,90,50,40,4
Spesecomplessiveal
nettointeressi(*)241.740236.559230.562232.303234.546229.629226.82215,615,014,714,914,814,714,5
Spesecomplessive(*)245.575240.752234.715235.851238.806233.741230.85915,815,315,015,115,114,914,8
ENTRATE20102011201220132011201220132010201120122013201120122013
Entratecorrenti(*)228.688225.825225.573214.153224.273223.730218.07014,714,314,413,714,214,314,0
dicui
Impostedirette31.26032.48136.61635.81032.17035.20935.0022,02,12,32,32,02,22,2
Imposteindirette64.75468.08171.83275.01467.02571.39869.6194,24,34,64,84,24,64,5
Contributisociali1.4111.4081.4001.4251.4091.3931.3800,10,10,10,10,10,10,1
TrasferimentinettidaPA101.80693.04183.91669.81893.27084.87981.2756,65,95,44,55,95,45,2
Entrateinconto
capitale(*)9.31511.73211.86612.11111.09910.97812.3220,60,70,80,80,70,70,8
dicui
Impostec/capitale35434504154530,00,00,00,00,00,00,0
TrasferimentinettidaPA
(*)7.0038.9329.0667.6048.2928.1138.9130,50,60,60,50,50,50,6
Entratecomplessive(*)238.003237.557237.439226.264235.372234.708230.39215,315,015,214,514,915,014,8
Saldocorrente14.82015.58218.83811.48915.69718.85914.7331,01,01,20,71,01,20,9
Indebitamento-7.572-3.1952.724-9.587-3.434967-467-0,5-0,20,2-0,6-0,20,10,0
Saldoprimario-3.7379986.877-6.0398265.0793.570-0,20,10,4-0,40,10,30,2
PIL1.551.8861.578.4971.565.9161.558.2771.579.9461.566.9121.560.024
(*)NB.LespeseeleentratesonoalnettodeitrasferimentiversoaltreAP
Fonte:elaborazioneCortedeicontisudatiIstateMEF
Def2013Def2014Def2013Def2014
inmilioniin%Pil
inmilioniin%Pil
Def2013Def2014Def2013Def2014
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
180
Un quadro che incorporava, in altri termini, gli effetti delle misure assunte
con il DL 35/2013 che aveva disposto maggiori spese in conto capitale per le
amministrazioni locali a fronte di debiti certi ed esigibili per circa 7 miliardi.
Dal lato delle entrate, il mantenimento di un profilo crescente delle entrate
tributarie (+2,2 per cento) si accompagnava ad una netta riduzione dei trasferimenti (in
flessione di oltre il 16 per cento) sia per la sostituzione di parte di questi con entrate
proprie, sia per il maturare dei tagli di risorse previsti dalle manovre di aggiustamento
che (pur rimanendo l’importo complessivo della manovra pressocchè immutato rispetto
al 2012, anche per l’operare della flessibilizzazione del Patto disposta con il DL 35),
crescevano di importo in maniera significativa: oltre 6 miliardi (ricomprendendovi
anche le riduzioni previste per la sanità).
A consuntivo il quadro che emerge è molto diverso:
 l’esercizio si è chiuso in sostanziale pareggio;
 la spesa corrente al netto degli interessi si è mantenuta sui livelli del 2012: il
12,8 per cento del prodotto. Si è confermata la tendenza riflessiva del biennio
2011-2012 anche se per solo lo 0,7 per cento;
 la spesa corrente non sanitaria si è ridotta dell’1,2 per cento, ottenendo una
contrazione inferiore a quanto previsto (soprattutto considerando che con la
Nota di aggiornamento la contrazione attesa era prevista del 4,9 per cento);
 i redditi dal lavoro flettono più del previsto. Nonostante l’aggiornamento in
ulteriore flessione del dato del 2012, la riduzione è del 1,9 per cento contro lo
0,6 previsto;
 la spesa per consumi intermedi continua a calare (-0,9 per cento). Una
flessione che si accentua guardando alla spesa al netto di quella degli enti
sanitari locali. Per la prima volta, la spesa degli enti non sanitari si contrae di
oltre il 2 per cento, pur non raggiungendo l’obiettivo previsto ;
 sono i trasferimenti a soggetti non PA ed in particolare i contributi alla
produzione a registrare un risultato inatteso: nel complesso la voce, prevista
in riduzione del 6,7 per cento, cresce invece di oltre il 4 per cento. Un
aumento concentrato tra le regioni che presentano l’aumento più significativo
(oltre il 12 per cento rispetto al 2012);
 la spesa in conto capitale ha registrato invece un calo inatteso: -4,7 per cento
in termini nominali.
Anche il risultato sul fronte delle entrate si discosta da quanto previsto subendo
una contrazione molto più contenuta. Il permanere della crisi ha inciso sul gettito dei
tributi posti a copertura delle spese garantite dal riferimento a livelli essenziali
comportando un riadeguamento delle somme riconosciute a compensazione.
Un andamento rafforzato, in parte, anche da un probabile effetto compensativo per
la riduzione dei trasferimenti registrata nel 2012 (rispetto al 2011) superiore alle attese,
e in parte “nascosto” dall’utilizzo della capacità fiscale locale anche oltre le previsioni
di inizio anno.
Tali andamenti confermano la tendenza riflessiva nella spesa delle
amministrazioni locali (per la terza volta dalla metà degli anni novanta si presenta un
calo della spesa complessiva in termini nominali dell’1,2 per cento). I risultati ottenuti
pongono, tuttavia, più di un interrogativo sull’efficacia sia delle misure destinate al
contenimento della spesa, sia di quelle volte ad accelerare i pagamenti in conto capitale
fornendo, per questa via un impulso aggiuntivo alla crescita.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
181
TAVOLA 2
IL CONTO CONSOLIDATO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI (ANNI 2013-2018)
SPESE(*)201320142015201620172018201320142015201620172018201320142015201620172018
Spesecorrenti(netto
interessi)(*)199.300199.464199.400201.558204.369208.959-0,70,10,01,11,42,212,812,612,312,011,811,7
dicui
Redditidalavorodipendente67.25567.05466.49966.46566.42366.626-1,9-0,3-0,8-0,1-0,10,34,34,24,14,03,83,7
Consumiintermedi106.203107.500108.182110.400113.041116.612-0,91,20,62,12,43,26,86,86,76,66,56,5
Trasferimentiadaltri19.86819.03018.94718.99319.31520.2414,1-4,2-0,40,21,74,81,31,21,21,11,11,1
Spesecorrenti(*)203.337202.821202.657204.717207.491212.078-0,7-0,3-0,11,01,42,213,012,812,512,212,011,9
dicuiinteressipassivi4.0373.3573.2573.1593.1223.119-1,8-16,8-3,0-3,0-1,2-0,10,30,20,20,20,20,2
Spesec/capitale(*)27.52225.06924.20825.22025.31325.925-4,7-8,9-3,44,20,42,41,81,61,51,51,51,4
dicui
Investimentifissi20.87818.67417.76818.13918.61019.209-5,7-10,6-4,92,12,63,21,31,21,11,11,11,1
Spesecomplessive(netto
interessi)(*)226.822224.533223.608226.778229.682234.884-1,2-1,0-0,41,41,32,314,514,113,713,513,313,1
Spesecomplessive(*)230.859227.890226.865229.937232.804238.003-1,2-1,3-0,41,41,22,214,814,413,913,713,413,3
ENTRATE(*)201320142015201620172018201320142015201620172018201320142015201620172018
Entratecorrenti(*)218.070217.274216.226218.840222.843228.094-2,5-0,4-0,51,21,82,414,013,713,313,112,912,8
dicui
Impostedirette35.00235.06335.33235.68536.05736.439-0,60,20,81,01,01,12,22,22,22,12,12,0
Imposteindirette69.61970.82970.69471.85372.61474.016-2,51,7-0,21,61,11,94,54,54,34,34,24,1
Contributisociali1.3801.3901.4051.4241.4411.461-0,90,71,11,41,21,40,10,10,10,10,10,1
TrasferimentinettidaPA(*)81.27579.29177.35678.31280.73583.746-4,2-2,4-2,41,23,13,75,25,04,84,74,74,7
Entrateincontocapitale(*)12.32210.49010.46210.7469.5429.31012,2-14,9-0,32,7-11,2-2,40,80,70,60,60,60,5
dicui
TrasferimentinettidaPA(*)8.9137.2386.9196.3506.1936.1879,9-18,8-4,4-8,2-2,5-0,10,60,50,40,40,40,3
Entratecomplessive(*)230.392227.764226.688229.586232.385237.404-1,8-1,1-0,51,31,22,214,814,413,913,713,413,3
Saldocorrente14.73314.45313.56914.12315.35216.0160,90,90,80,80,90,9
Indebitamento-467-126-177-351-419-5990,00,00,00,00,00,0
Saldoprimario3.5703.2313.0802.8082.7032.5200,20,20,20,20,20,1
(*)NB.LespeseeleentratesonoalnettodeitrasferimentiversoaltreAP
Fonte:elaborazioneCortedeicontisudatiIstateMEF
in%delPil
inmilionivariazione%in%delPil
inmilionivariazione%
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
182
Il quadro tendenziale non offre le condizioni per un allentamento degli obiettivi a
cui è chiamato il mondo delle autonomie.
Senza ancora considerare le misure che dovranno essere assunte per garantire il
carattere strutturale degli interventi di riduzione delle entrate disposte con il DL
66/2014, che è previsto passino attraverso un ulteriore taglio della spesa, nel prossimo
triennio la spesa al netto degli interessi delle amministrazioni territoriali presenta una
riduzione di poco meno di un punto in termini di prodotto, per oltre la metà attesa da
redditi e consumi intermedi.
Va considerato, tuttavia, che la spesa corrente al netto della sanità dovrebbe
ridursi di 7 decimi di punto in rapporto al prodotto, con una flessione in termini
nominale di oltre il 5 per cento. Un risultato che, seppur diluito nel triennio, già indica
la difficoltà dell’aggiustamento richiesto, a prescindere dello sforzo ulteriore che
potrebbe essere necessario.
Un quadro, è bene rammentarlo, in cui la spesa in conto capitale è prevista in
ulteriore riduzione attestandosi all’1,5 per cento del Pil, rispetto al già modesto 1,8 per
cento del 2013.
L’INCIDENZA DELLE MANOVRE FINANZIARIE
La dimensione complessiva delle misure assunte nell’ambito delle manovre di
contenimento del deficit della PA è di sicuro rilievo. Rispetto al dato tendenziale contenuto
nel Dpef 2009-2013, presentato nel giugno 2008, con la correzione prevista per il 2013 si è
disposta una riduzione cumulata della spesa degli enti territoriali (al netto di quella
disposta per il settore sanitario) per quasi 26,4 miliardi. Si tratta delle correzioni nette,
intese come saldo tra gli inasprimenti del Patto di stabilità (11 miliardi) e tagli delle
risorse trasferite o destinate a Regioni, Comuni e Province (oltre 15 miliardi) e i ripetuti
alleggerimenti disposti in corso d’anno per alleviare la stringenza degli obiettivi o per
stimolare la crescita degli investimenti.
Tali misure sono state accompagnate da vincoli o tetti di spesa che hanno inciso quali
elementi posti a rafforzamento di quelle principali.
La ricostruzione contenuta nella tavola considera gli effetti delle misure adottate fino a
maggio 2014, comprensive quindi di quelle previste con il DL 66/2014 in corso di
conversione, assunte al valore attribuito nella relazione tecnica al provvedimento
presentato alle Camere.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
183
IL CONTRIBUTO DEGLI ENTI TERRITORIALI ALLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA
(anni 2012-2016 – valori in milioni)
2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 2.440 2.440 2.440 2.440 2.440
2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Taglio risorse 4.500 4.500 4.500 4.500 4.500
2011
DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL
138/2011 Obiettivo PSI 1.600 1.600 1.600 1.600 1.600
2011 DL 98/2011, art. 21 Reintegro risorse -400 -400 -400 -400 -400
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 1
(Riduzione manovra a valere sulla
cd. "Robin tax") Reintegro risorse -760
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 2
(Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -95
2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 2 Taglio risorse 700 1.000 1.000 1.050 1.050
2012 L. 228/2012, art. 1, co. 117-118 Obiettivo PSI 1.000 1.000 1.000 1.000
2013 D.L 35/2013, art. 1, co. 8 Alleggerimento obiettivo PSI -1.400
2013 D.L 35/2013, art. 2 Alleggerimento obiettivo PSI -800
2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI 700 700 700
Obiettivo PSI (spending review) 241 241
taglio risorse 560
7.985 7.940 11.400 11.131 11.131
4.040 5.100 5.660 5.150 5.150
3.945 2.840 5.740 5.981 5.981
2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 1.620 1.620 1.620 1.620 1.620
2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Obiettivo PSI 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000
2011
DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL
138/2011 Obiettivo PSI 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 2
(Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -20
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 1
(Riduzione manovra a valere sulla
cd. "Robin tax") Reintegro risorse -370
2011 D.L. 201/2011, art. 28, co. 3 Accantonamento risorse 920 920 920 920 920
2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 2 Taglio risorse 600 1.200 1.500 1.575 1.575
2012 L. 228/2012, art. 1, co. 117-118 Obiettivo PSI 500 500 500 500
2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI 300 300 300
2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI (spending review) 103 103
2013 L 147/2013 stabilità taglio risorse (accantonamento) 240
2014 DL 66/2014, artt. 8, 46
Obiettivo PSI (spending review acquisto
beni/servizi) 200 300 300
2014 DL 66/2014, art. 46 Taglio risorse (accantonamento) 200 300 300
5.750 7.240 8.480 8.618 8.618
1.150 2.120 2.860 2.795 2.795
5.220 6.320 7.160 6.995 6.995
2014 DL 66/2014, artt. 8, 46
Obiettivo PSI (spending review acquisto
beni/servizi) 500 750 750
13.735 15.180 20.380 20.499 20.499
Inasprimento obiettivo PSI
REGIONI A STATUTO SPECIALEE RELATIVI ENTI LOCALI (esclusi enti locali di Sicilia e
Totale manovre Territori a Statuto Speciale
di cui: Riduzione netta di risorse
Inasprimento obiettivo PSI
REGIONI A STATUTO ORDINARIO
Totale manovre Regioni a Statuto Ordinario
di cui: Riduzione netta di risorse
2014 20152012 2013 2016
RSO+RSS+PPAA (contributo al momento indifferenziato)
Totale Regioni e province autonome
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
184
Segue IL CONTRIBUTO DEGLI ENTI TERRITORIALI ALLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA
2012 2013 2014 2015 2016
2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 4.160 4.160 4.160 4.160 4.160
2009 L. 109/2009 art. 2 160
2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Taglio risorse 2.500 2.500 2.500 2.500 2.500
2011
DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL
138/2011 Obiettivo PSI 1.700 2.000 2.000 2.000 2.000
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 1
(Riduzione manovra a valere sulla
cd. "Robin tax") Reintegro risorse -520
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 2
(Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -65
2011 D.L. 201/2011, art. 28, co. 7 Taglio risorse 1.450 1.450 1.450 1.450 1.450
2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 6 Taglio risorse 500 2.000 2.000 2.000 2.000
2012 L. 228/2012, art. 1, co. 119 Taglio risorse 100 250 500 600 600
2012 L. 228/2012, art. 1, co. 119 Reintegro risorse -465 -443
2013 D.L 35/2013, art. 1, co. 8 Alleggerimento obiettivo PSI -3.852
2013 D.L. 120/2013, art. 2, co. 5
Obiettivo PSI (sospensione
meccanismo "virtuosità" 445
2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI (spending review) 275 275
2013 L 147/2013 stabilità
Alleggerimento obiettivo PSI (comuni e
province) spesa K -1000
2013 L 147/2013 stabilità
Alleggerimento obiettivo PSI (comuni e
province) per debiti pregressi -500
2014 DL 66/2014, artt. 8, 47
Taglio risorse (spending review acquisto
beni/servizi) 360 540 540
2014 DL 66/2014, artt. 8, 47
Taglio risorse (spending review
incarichi studio/autovetture) 15,6 23,4 23,4
9.985 8.488 11.043 13.548 13.548
4.190 5.735 6.383 7.113 7.113
5.795 2.753 4.660 6.435 6.435
2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 980 980 980 980 980
2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Taglio risorse 500 500 500 500 500
2011
DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL
138/2011 Obiettivo PSI 700 800 800 800 800
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 1
(Riduzione manovra a valere sulla
cd. "Robin tax") Reintegro risorse -150
2011
L. 183/2011, art. 30, co. 2
(Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -20
2011 D.L. 201/2011, art. 28, co. 8 Taglio risorse 415 415 415 415 415
2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 7 Taglio risorse 500 1.000 1.000 1.000 1.000
2012 L. 228/2012, art. 1, co. 121 Taglio risorse 200 200 250 250
2013 D.L 35/2013, art. 1, co. 8 Alleggerimento obiettivo PSI -1.148
2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI (spending review) 69 69
2.925 2.747 3.895 4.014 4.014
1265 2115 2115 2165 2165
1.660 632 1.780 1.849 1.849
2014 DL 66/2014, artt. 8, 47
Taglio risorse (spending review acquisto
beni/servizi) 340 510 510
2014 DL 66/2014, artt. 8, 47
Taglio risorse (spending review
incarichi studio/autovetture) 4,5 6,7
2014 DL 66/2014, artt. 19 Taglio risorse (riduzione costi apparati) 100 60 69
444,5 576,7 579
15.382 18.139 18.141
Totale manovre Province e Città metropolitane
COMUNI (RSO + Sicilia e Sardegna)
Totale manovre Comuni
di cui: Riduzione netta di risorse
Inasprimento obiettivo PSI
PROVINCE (RSO + Sicilia e Sardegna)
TOTALE MANOVRE ENTI LOCALI PER IL TRIENNIO 2014-2016
Totale manovre Province
di cui: Riduzione netta di risorse
Inasprimento obiettivo PSI
PROVINCE E CITTA' METROPOLITANE (contributo al momento indifferenziato)
Fonte elaborazioni Corte dei Conti su dati relazioni tecniche ai provvedimenti legislativi
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
185
I MECCANISMI DI CONTROLLO DELLA SPESA
3. Nel 2013 i meccanismi di funzionamento del Patto di stabilità interno di regioni
e enti locali hanno registrato delle modifiche. Per le amministrazioni locali, la legge di
stabilità 2013 non ha previsto cambiamenti negli obiettivi, ma ha operato attraverso la
riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio, del fondo perequativo e dei
trasferimenti erariali dovuti ai comuni delle regioni Sicilia e Sardegna, per l’importo di
2.250 milioni di euro per l’anno 2013, cui si aggiunge una riduzione di 1.200 milioni
per il taglio delle risorse per le province; sono state poi modificate anche le basi di
riferimento per il calcolo dell’obiettivo e la platea assoggettata con l’inclusione dei
comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti. Per le regioni, le
modifiche principali hanno riguardato le modalità di calcolo degli obiettivi, con la
sostituzione del vincolo di cassa con quello calcolato in base alla competenza
eurocompatibile. Le norme previste inserite nella legge di stabilità hanno poi subito
modifiche in corso d’anno soprattutto in connessione alla definizione degli interventi
per il pagamento dei debiti della PA.
Il risultati del patto delle Regioni nel 2013
4. Rispetto ai precedenti esercizi, il Patto nel 2013 presenta caratteristiche comuni
alla maggioranza delle regioni, pur conservando per quelle a statuto speciale
meccanismi di determinazione degli obiettivi stabiliti in base ad una intesa di dette
regioni con il Ministero dell’economia.
IL PATTO DELLE REGIONI NEL 2013.
La legge di stabilità 2013 ha modificato le regole del patto per le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, inserendo una nuova modalità di calcolo delle spese
finali sottoposte al vincolo (la c.d. competenza euro-compatibile). Per le regioni a statuto
ordinario, la legge prevede un tetto massimo alle spese finali per il prossimo quadriennio.
L'obiettivo è determinato a partire dai dati di rendiconto al 2011 e considerando i risparmi
richiesti alle regioni dal 2012 al 2016 (si tratta di 2.000 milioni nel 2013 e nel 2014, e
2.050 milioni nel biennio successivo). La nuova disciplina introduce, al posto della cassa,
una diversa modalità di calcolo dell'insieme da considerare: si tratta degli impegni di parte
corrente al netto di alcune voci (i trasferimenti, le spese per imposte e tasse e gli oneri
straordinari della gestione corrente), cui si aggiungono i pagamenti per trasferimenti
correnti, per imposte e tasse e per gli oneri straordinari della gestione corrente, nonché, i
pagamenti in conto capitale escluse le spese per concessione di crediti, per l'acquisto di
titoli, di partecipazioni azionarie e per conferimenti. Il complesso delle spese finali in
termini di competenza finanziaria di ciascuna regione non può essere superiore, per
ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, all'obiettivo fissato in termini di competenza
eurocompatibile.
E’ demandato alla Conferenza Stato-Regioni il compito di provvedere in ciascun esercizio
(entro il gennaio di ciascun anno, contestualmente alla ripartizione tra le regioni del
complesso dei tagli disposti dall'articolo 16, comma 2, del DL 95/2012) alla individuazione
di un limite specifico per ciascun ente. Nella ripartizione le regioni potranno tener conto di
criteri di virtuosità, stabiliti in base a quanto previsto dall'articolo 20 del DL 98/2011. In
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
186
mancanza di accordo, la ripartizione sarà effettuata in base all'incidenza percentuale della
spesa di ciascuna regione, calcolata sulla base dei rendiconti 2011 nonché sulla base delle
informazioni trasmesse dalle regioni attraverso il monitoraggio del patto di stabilità
interno del 2011.
Per il 2013 è stato raggiunto l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni il 24 gennaio
2013. Il decreto che ne recepisce i contenuti definisce la distribuzione dell’obiettivo tra le
regioni sia per quanto riguarda il patto (complessivi 20.090 milioni), sia per l'ammontare
dei tagli disposti dall'art. 16, comma 2, del DL 95/2012 (1.000 milioni).
Con la legge di stabilità si sono abrogate alcune disposizioni introdotte dalla legge del
2012 che, tra le altre, miravano a differenziare gli obiettivi in base alla virtuosità dell'ente
e introducevano una certificazione aggiuntiva rispetto a quelle previste dalle regole per il
monitoraggio degli adempimenti
La modifica dei criteri di calcolo dell’obiettivo ha portato anche a variare le spese da
escludere. Riconfermate le spese per la sanità, per la concessione di crediti, per interventi
cofinanziati dall’Unione europea e a una quota di quelli nazionali relativamente a
finanziamenti comunitari e per altre spese di minor rilievo (le spese relative ai beni
trasferiti alle regioni e a fondi immobiliari in attuazione del federalismo demaniale, quelle
per i Censimenti, per lo stato di emergenza e quelle assunte a fronte del gettito recuperato
con l’attività di contrasto all’evasione), sono state inizialmente escluse quelle relative ai
pagamenti effettuati a favore di enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente, a
fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali, poi reintrodotti con il DL 35/2013.
Nuove modalità di esclusioni hanno assunto, invece, le spese finanziate dal fondo per il
trasporto pubblico locale e ferroviario, previste per un massimo di 1.600 milioni.
Nel caso delle regioni a statuto speciale (e tra queste Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia,
Sicilia e Sardegna), gli obiettivi di risparmio, da concordare con il Ministero dell'economia
e delle finanze, sono, come per le regioni a statuto ordinario, espressi in termini di
competenza euro-compatibile e competenza finanziaria calcolati sottraendo alle spese
finali 2011 gli importi indicati per il 2013 nella tabella inserita nel comma 10 dell'articolo
32 della legge di stabilità 2012, per complessivi 2.500 milioni di euro e il contributo
previsto dal DL 201/2011 quale 'riserva all'erario' del maggior gettito derivante
dall'aumento dell'addizionale IRPEF, disposta dal decreto, per complessivi 920 milioni di
euro.
Analogamente a quanto stabilito per le regioni a statuto ordinario, il complesso delle spese
finali in termini di competenza finanziaria di ciascun ente non può essere superiore, per
ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, all'obiettivo di competenza euro-compatibile
determinato per il corrispondente esercizio come sopra illustrato.
Per la regione Trentino Alto Adige e le province di Trento e di Bolzano, infine, gli obiettivi
di risparmio sono calcolati in riferimento al saldo programmatico calcolato in termini di
competenza mista, anziché sul complesso delle spese in termini di competenza euro-
compatibile.
Fatta eccezione per le province autonome di Trento e Bolzano e per la Regione
Trentino Alto Adige, tutte le regioni hanno avuto a riferimento un obiettivo espresso in
termini di competenza eurocompatibile e in termini di competenza finanziaria. Solo le
regioni a statuto ordinario che hanno aderito alla sperimentazione hanno ottenuto nel
corso dell’esercizio (articolo 9 del DL 102/2013) di non sottostare sin dal 2013 al
doppio obiettivo ma solo a quello in termini di contabilità eurocompatibile (la
previsione riguarda tutte le regioni dal 2014).
Il riferimento ad un unico modello di valutazione consente di guardare all’operare
del Patto sulla base di modalità di calcolo simili, ancorchè permangano rilevanti
differenze riguardo all’estensione delle voci considerate e dei soggetti regionali
interessati.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
187
Va subito osservato che, come negli ultimi esercizi, anche nel 2013 tutte le regioni
hanno rispettato il Patto. Sia le regioni a statuto ordinario che quelle ad ordinamento
speciale, conseguendo gli obiettivi posti sia in termini di competenza eurocompatibile
che finanziaria (ove rilevante) o, come nel caso del Trentino, rispetto ai saldi obiettivo.
Il Patto nelle regioni a statuto ordinario. Le regioni a statuto ordinario hanno
rispettato l’obiettivo in termini di competenza eurocompatibile con un margine, nel
complesso, limitato: la differenza tra obiettivo programmatico e spesa finale
comprensiva dell’importo attribuito agli enti locali rappresenta il 2,6 per cento
dell’obiettivo complessivo. Il margine si presenta particolarmente contenuto nelle
regioni meridionali (solo lo 0,9 per cento) con un valore medio del 2,6 per cento a fronte
di punte di oltre il 10 per cento nel caso di una regione del nord (l’Emilia). L’operare
del doppio vincolo (di competenza eurocompatibile e finanziaria) sembra in questo caso
aver impedito di sfruttare al meglio i margini offerti.
TAVOLA 3
I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO (COMPETENZA EURO
COMPATIBILE)
Zona Regioni
IMPEGNI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
IN C/CAP
NETTI
EUROCOMP.
SPESE FINALI
OBIETTIVO
PROGRAMM.
ANNUALE
SPESE FINALI
2013
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
OBIETTIVO
ANNUALE
SPESE FINALI
RIDETERMIN.
RISULTATO SPESE
FINALI -
OBIETTIVO
RIDETERMINATO
A B C D=A+B+C E F G=E-F H=D-G
PIEMONTE 503,2 666,1 604,1 1.773,4 1.992,0 205,1 1.786,9 -13,5
LOMBARDIA 1.087,6 1.348,2 460,4 2.896,1 3.198,1 250,0 2.948,1 -52,0
VENETO 449,0 499,2 500,5 1.448,8 1.589,9 80,0 1.509,9 -61,1
LIGURIA 157,0 296,6 179,5 633,1 736,5 100,3 636,3 -3,2
EMILIA ROMAGNA 366,2 638,0 293,2 1.297,4 1.584,7 120,9 1.463,8 -166,4
totale Nord 2.563,0 3.448,1 2.037,7 8.048,7 9.101,3 756,3 8.345,0 -296,3
TOSCANA 402,3 695,9 235,5 1.333,8 1.494,4 97,2 1.397,2 -63,4
MARCHE 238,7 228,7 84,6 552,0 658,2 67,5 590,7 -38,7
UMBRIA 218,3 136,2 117,9 472,4 558,7 56,6 502,1 -29,6
LAZIO 1.186,4 290,1 367,7 1.844,3 2.031,2 153,2 1.878,0 -33,7
totale Centro 2.045,8 1.351,0 805,7 4.202,5 4.742,4 374,5 4.367,9 -165,4
ABRUZZO 238,8 218,1 181,9 638,8 687,8 40,0 647,8 -9,0
MOLISE 110,0 39,9 113,6 263,5 264,4 0,0 264,4 -0,9
CAMPANIA 1.461,8 223,5 548,7 2.233,9 2.378,3 134,6 2.243,7 -9,8
PUGLIA 466,5 403,2 467,2 1.336,9 1.340,7 0,0 1.340,7 -3,8
BASILICATA 91,8 195,9 233,0 520,7 544,2 23,5 520,7 -0,1
CALABRIA 271,3 308,9 365,5 945,7 1.038,8 58,8 980,1 -34,4
totale Sud 2.640,1 1.389,5 1.909,9 5.939,5 6.254,3 256,9 5.997,4 -57,9
Totale complessivo 7.248,9 6.188,6 4.753,3 18.190,7 20.098,0 1.387,7 18.710,3 -519,6
valori assoluti in milioni
Nord
Centro
Sud
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
188
SEGUE TAVOLA 3
Zona Regioni
IMPEGNI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
IN C/CAP
NETTI
EUROCOMP.
SPESE FINALI
OBIETTIVO
PROGRAMM.
ANNUALE
SPESE FINALI
2013
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO AGLI
ENTI LOCALI
OBIETTIVO
ANNUALE
SPESE FINALI
RIDETERMIN.
RISULTATO SPESE
FINALI -
OBIETTIVO
RIDETERMINATO
A B C D=A+B+C E F G=E-F H=D-G
PIEMONTE 115,0 152,3 138,1 405,4 455,4 46,9 408,5 -3,1
LOMBARDIA 111,0 137,6 47,0 295,7 326,5 25,5 301,0 -5,3
VENETO 92,0 102,3 102,5 296,8 325,7 16,4 309,3 -12,5
LIGURIA 100,3 189,5 114,7 404,5 470,6 64,1 406,5 -2,0
EMILIA ROMAGNA 83,6 145,7 67,0 296,4 362,0 27,6 334,4 -38,0
totale Nord 102,5 138,0 81,5 322,0 364,2 30,3 333,9 -11,9
TOSCANA 109,0 188,4 63,8 361,2 404,7 26,3 378,3 -17,2
MARCHE 154,5 148,0 54,7 357,2 426,0 43,7 382,3 -25,1
UMBRIA 246,3 153,7 133,0 533,1 630,4 63,9 566,5 -33,4
LAZIO 213,5 52,2 66,2 331,9 365,5 27,6 337,9 -6,1
totale Centro 175,1 115,7 69,0 359,8 406,0 32,1 373,9 -14,2
ABRUZZO 182,0 166,2 138,6 486,7 524,0 30,5 493,6 -6,8
MOLISE 351,0 127,4 362,6 841,0 844,0 0,0 844,0 -2,9
CAMPANIA 253,4 38,7 95,1 387,2 412,2 23,3 388,9 -1,7
PUGLIA 115,2 99,5 115,3 330,0 331,0 0,0 331,0 -0,9
BASILICATA 159,3 340,0 404,3 903,6 944,6 40,8 903,8 -0,1
CALABRIA 138,5 157,7 186,7 482,9 530,5 30,0 500,5 -17,6
totale Sud 188,8 99,4 136,6 424,8 447,3 18,4 429,0 -4,1
Totale complessivo 143,1 122,2 93,8 359,1 396,8 27,4 369,4 -10,3
Nord
Centro
Sud
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
TAVOLA 3.1
COMPOSIZIONE DELL’OBIETTIVO PROGRAMMATICO ANNUALE DELLE SPESE FINALI
Zona Regioni
IMPEGNI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
IN C/CAP
NETTI
EUROCOMP.
SPESE FINALI
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
RISULTATO SPESE
FINALI -
OBIETTIVO
RIDETERMINATO
A/E B/E C/E D/E F/E -H/E
PIEMONTE 25,3 33,4 30,3 89,0 10,3 0,7
LOMBARDIA 34,0 42,2 14,4 90,6 7,8 1,6
VENETO 28,2 31,4 31,5 91,1 5,0 3,8
LIGURIA 21,3 40,3 24,4 86,0 13,6 0,4
EMILIA ROMAGNA 23,1 40,3 18,5 81,9 7,6 10,5
totale Nord 28,2 37,9 22,4 88,4 8,3 3,3
TOSCANA 26,9 46,6 15,8 89,3 6,5 4,2
MARCHE 36,3 34,7 12,9 83,9 10,3 5,9
UMBRIA 39,1 24,4 21,1 84,6 10,1 5,3
LAZIO 58,4 14,3 18,1 90,8 7,5 1,7
totale Centro 43,1 28,5 17,0 88,6 7,9 3,5
ABRUZZO 34,7 31,7 26,4 92,9 5,8 1,3
MOLISE 41,6 15,1 43,0 99,7 - 0,3
CAMPANIA 61,5 9,4 23,1 93,9 5,7 0,4
PUGLIA 34,8 30,1 34,8 99,7 - 0,3
BASILICATA 16,9 36,0 42,8 95,7 4,3 0,0
CALABRIA 26,1 29,7 35,2 91,0 5,7 3,3
totale Sud 42,2 22,2 30,5 95,0 4,1 0,9
Totale complessivo 36,1 30,8 23,7 90,5 6,9 2,6
Sud
Nord
Centro
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
Il dato di maggior rilievo continua ad essere il buon funzionamento della misura
che consente di destinare spazi finanziari a rendere più flessibili gli obiettivi degli enti
appartenenti al territorio regionale. In termini di cassa aumenta di oltre 4 volte
l’ammontare dello spazio finanziario ceduto dalle regioni alle amministrazioni locali del
territorio, raggiungendo circa 1.400 milioni. Sembrano fugati i timori che si rendesse
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
189
più difficile il ricorso a tale meccanismo in considerazione che dal 2013 non era più
possibile cedere spazi finanziari in c/impegni. Ciò, per i limitati margini finora
disponibili dal lato dei pagamenti specie nelle aree centro meridionali. La quota
dell’obiettivo attribuito agli enti locali è, in media, pari al 6,9 per cento tra le regioni a
statuto ordinario: l’aumento riguarda tutte le aree, anche se rimane su livelli circa doppi
nel centro-nord rispetto alle regioni del mezzogiorno.
Anche l’obiettivo in termini di competenza finanziaria è raggiunto con margini
inferiori a quelli che le stesse regioni soggette al vincolo avevano ottenuto nel 2012. Il
riferimento all’obiettivo calcolato in termini di competenza eurocompatibile è alla base
della rilevante contrazione dell’importo previsto per il 2013 (in media in riduzione del
24 per cento). La flessione degli impegni al netto della sanità (-3,9 per cento), l’aumento
delle somme escluse e la forte contrazione delle spese in conto capitale nette (-44 per
cento) consentono di mantenere l’obiettivo attribuito agli enti sui livelli definiti in
termini di cassa. Solo in alcuni casi, come l’Emilia e il Piemonte, il limitato margine
espresso in termini di competenza ha probabilmente inciso anche sulla utilizzabilità del
maggior margine in termini di saldo eurocompatibile.
TAVOLA 4
I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO (COMPETENZA
FINANZIARIA)
Regione
Spese Correnti al
netto spese per la
sanità
SPESE
CORRENTI
NETTE
Spese in conto
capitale al
netto spese per
la sanità
SPESE IN
CONTO
CAPITALE
NETTE
SPESE
FINALI
QUOTA
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
OBIETTIVO
ANNUALE SPESE
FINALI
RIDETERMINATO
DIFFERENZA
SPESE FINALI E
OBIETTIVO
RIDETERM.
PIEMONTE 1.729,0 1.436,2 527,6 347,7 1.783,9 205,1 1.786,9 -3,0
VENETO 1.332,2 1.058,6 476,0 328,6 1.387,2 80,0 1.509,9 -122,7
LIGURIA 587,8 480,7 234,6 135,3 616,0 100,3 636,3 -20,3
EMILIA ROMAGNA 1.365,6 1.126,5 433,0 334,5 1.461,1 120,9 1.463,8 -2,8
totale Nord 5.014,6 4.102,0 1.671,1 1.146,2 5.248,2 506,3 5.396,9 -148,7
TOSCANA 1.338,2 1.094,4 550,4 302,3 1.396,7 97,2 1.397,2 -0,5
MARCHE 512,7 460,2 247,0 111,3 571,6 67,5 590,7 -19,1
UMBRIA 408,3 343,4 174,8 121,3 464,7 56,6 502,1 -37,4
totale Centro 2.259,1 1.898,0 972,2 534,9 2.432,9 221,3 2.489,9 -57,0
ABRUZZO 519,1 460,3 276,3 187,2 647,5 40,0 647,8 -0,3
MOLISE 162,4 151,1 122,0 97,6 248,6 0,0 264,4 -15,8
PUGLIA 1.270,2 917,2 1.210,7 382,9 1.300,1 0,0 1.340,7 -40,6
CALABRIA 819,9 606,4 669,1 317,9 924,3 58,8 980,1 -55,8
totale Sud 2.771,6 2.135,0 2.278,0 985,6 3.120,6 98,7 3.233,0 -112,5
TOTALE 10.045,2 8.135,0 4.921,3 2.666,7 10.801,7 826,4 11.119,8 -318,1
valori assoluti in milioni
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
190
SEGUE TAVOLA 4
Regione
Spese Correnti al
netto spese per la
sanità
SPESE
CORRENTI
NETTE
Spese in conto
capitale al
netto spese per
la sanità
SPESE IN
CONTO
CAPITALE
NETTE
SPESE
FINALI
QUOTA
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
OBIETTIVO
ANNUALE SPESE
FINALI
RIDETERMINATO
DIFFERENZA
SPESE FINALI E
OBIETTIVO
RIDETERM.
PIEMONTE 1,8 -3,0 -15,6 -34,3 -4,7 310,3 -28,7 -99,5
VENETO 13,2 4,1 -7,5 9,6 5,9 -5,9 -21,4 -79,9
LIGURIA -5,2 -6,1 -34,2 -47,4 -18,5 14,0 -18,4 -15,0
EMILIA ROMAGNA 6,7 -0,6 -31,2 -40,1 -13,7 21,9 -15,1 -91,2
totale Nord 5,0 -1,0 -21,4 -30,3 -6,8 57,1 -22,1 -88,6
TOSCANA -1,6 -0,7 -57,4 -72,3 -17,1 163,5 -18,0 -97,5
MARCHE -9,4 -13,6 -59,9 -50,2 -20,6 -6,8 -21,3 -36,1
UMBRIA 1,1 -2,5 18,3 20,5 2,6 66,8 -30,6 -86,2
totale Centro -3,0 -4,4 -52,7 -62,2 -14,9 54,4 -21,6 -82,2
ABRUZZO -2,5 -7,8 -11,6 -21,3 -9,6 100,0 -34,2 -99,9
MOLISE -1,3 -8,2 -38,9 -41,8 -21,1 -100,0 -22,4 -38,7
PUGLIA -24,1 -31,8 -11,6 -40,6 -34,6 -100,0 -26,3 -123,9
CALABRIA -16,3 -21,3 -4,4 -39,8 -28,8 40,2 -25,8 138,9
totale Sud -17,3 -23,2 -11,7 -37,5 -27,7 -19,0 -27,6 -24,2
TOTALE -3,9 -8,7 -27,2 -42,5 -15,6 40,7 -23,7 -82,0
variazione percentuale 2013/2012
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
Alcune osservazioni sono possibili in merito, soprattutto, all’operare del nuovo
vincolo introdotto in sostituzione della cassa, proprio perché ad esso, a partire dal 2014,
si dovrà guardare in via esclusiva per tutte le regioni.
Le modalità di costruzione dell’obiettivo consentono una valutazione del
meccansimo guardando a tre differenti angoli visuali.
Un primo sguardo complessivo è alla dinamica dei principali aggregati. Le diverse
modalità di definizione delle grandezze del Patto limitano il confronto tra i risultati del
2013 e quelli degli esercizi precedenti. Esso è possibile solo per due grandezze
complessive: gli impegni correnti e i pagamenti in conto capitale (naturalmente, come si
vedrà, il confronto può essere condotto anche riguardo a numerose delle voci non
soggette al vincolo, confermate nella definizione del 2013 del Patto). Gli impegni
registrano nel complesso delle regioni a statuto ordinario una flessione anche se
marginale (-0,5 per cento), interrompendo l’andamento in crescita degli ultimi esercizi.
Un dato complessivo frutto della flessione della spesa nel centro e nel sud e della
crescita del complesso delle regioni del nord: tale variazione risente, tuttavia,
dell’aumento della spesa in una regione (il Piemonte) che presenta una variazione
particolarmente significativa da ricondurre alla regolazione di ritardi nei trasferimenti
alle aziende sanitarie.
Di maggior rilievo, la crescita dei pagamenti per investimenti, un dato che sembra
rafforzare una tendenza all’aumento già evidenziata lo scorso esercizio estendendone il
rilievo anche alle regioni del nord. Si tratta, tuttavia, di un risultato legato ad un
fenomeno particolare, gli investimenti in sanità. Come si vedrà nel seguito (si veda al
riguardo il capitolo successivo), il dato risente soprattutto della regolazione degli
ammortamenti non sterilizzati, che ha portato in molte realtà regionali a ricorrere ad
anticipazioni per il reintegro delle disponibilità di cassa delle aziende sanitarie. I
trasferimenti operati nel 2013 vanno, quindi, a reintegrare le risorse di parte corrente
delle aziende sanitarie utilizzate nel decennio scorso per finanziare spese di
investimento. Tale iniezione di liquidità ha consentito di ridurre posizione debitorie
delle aziende. Si tratta, quindi, di trasferimenti di parte capitale, ma a cui non
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
191
corrisponde un effettivo investimento. Al netto di tali importi, la crescita dei pagamenti
in conto capitale si annulla, registrando una variazione di poco inferiore al 1 per cento.
Una ulteriore valutazione può essere condotta guardando a come il tetto di spesa
si distribuisce tra le diverse componenti. Gli impegni netti costituiscono infatti un buon
indicatore della rigidità della spesa (rappresentando il peso degli oneri per spese di
personale, di funzionamento e degli oneri finanziari); i pagamenti correnti netti danno
conto, invece, del rilievo soprattutto dei trasferimenti correnti alle amministrazioni
locali, quelli regolati in esercizio (e non sulla base dei residui passivi); i pagamenti netti
in conto capitale, ciò che residua per le attività di intervento in campo economico, al di
la dei progetti finanziati da fonti europei o per l’operare del cofinanziamento nazionale.
Si conferma il maggior peso degli impegni correnti nelle regioni del centro sud, indice
di una maggior rigidità della spesa in queste aree con punte che raggiungono il 60 per
cento in Campania. Si tratta di un dato, quello del 2013, che ancora non sconta
l’aumento degli oneri finanziari connesso con il rilevante accesso alle anticipazioni di
cassa, con oneri a carico regionale, per il pagamento dei debiti della PA sottoscritti in
molte delle regioni centro-meridionali. Nelle regioni del nord quasi il 40 per cento
dell’obiettivo è destinato, invece, a pagamenti correnti netti, proprio per il rilievo
assunto dalla regolazione tempestiva dei debiti verso le amministrazioni locali. Resta
superiore al 30 per cento il peso dei pagamenti in conto capitale nelle regioni del sud.
TAVOLA 5
ALCUNE VOCI RILEVANTI AI FINI DEL PATTO DI STABILITA'
(in milioni)
2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var
PIEMONTE 11.399,7 10.010,1 13,9 1.066,2 600,8 77,5 66 98,1 -32,9 1.000,4 502,7 99,0 56 0,0 431,5 370,9 16,3
LOMBARDIA 21.451,5 21.067,3 1,8 1.060,4 1.239,5 -14,5 181 249,5 -27,3 878,9 990,0 -11,2 203 228,3 -11,0 0,0 49,7 -100,0
VENETO 10.001,0 9.923,8 0,8 1.509,5 908,3 66,2 849 86,3 884,0 660,7 822,0 -19,6 89 156,2 -43,3 65,7 58,0 13,2
LIGURIA 3.809,8 3.841,4 -0,8 412,2 308,3 33,7 107 18,1 489,4 305,4 290,2 5,2 - 0,0 24,0 0,0
EMILIA
ROMAGNA 9.992,6 10.239,6 -2,4 1.271,2 514,8 147,0 879 0,0 391,9 514,8 -23,9 75 53,9 39,3 0,0 61,5 -100,0
Totale Nord 56.654,5 55.082,2 2,9 5.319,5 3.571,7 48,9 2.082 452,0 360,7 3.237,2 3.119,7 3,8 423 438,4 -3,4 521,1 540,1 -3,5
TOSCANA 8.189,2 8.567,9 -4,4 1.034,0 853,9 21,1 605 387,8 55,9 429,5 466,2 -7,9 121 98,1 23,4 0,0 22,8 -100,0
MARCHE 3.349,5 3.348,2 0,0 253,1 574,5 -56,0 38 32,7 16,2 215,0 541,8 -60,3 51 14,6 252,1 13,1 38,3 -65,8
UMBRIA 2.101,6 2.148,2 -2,2 194,4 224,2 -13,3 17 0,0 177,2 224,2 -21,0 24 17,4 35,9 0,0 16,7 -100,0
LAZIO 14.800,7 15.721,7 -5,9 1.095,0 773,5 41,6 313 92,2 239,7 781,7 681,3 14,7 291 178,9 62,6 852,3 716,9 18,9
Totale Centro 28.441,1 29.786,0 -4,5 2.576,5 2.426,2 6,2 973 512,7 89,8 1.603,4 1.913,4 -16,2 487 308,9 57,6 865,4 794,7 8,9
ABRUZZO 3.255,6 2.856,0 14,0 288,0 317,9 -9,4 16 8,4 91,2 272,0 309,5 -12,1 - 0,0 0,0 0,0
MOLISE 821,8 937,5 -12,3 210,3 142,3 47,8 41 7,2 471,1 169,0 135,0 25,2 - 0,0 5,9 0,0
CAMPANIA 12.410,5 13.374,4 -7,2 2.697,9 1.578,6 70,9 1.285 277,7 362,7 1.413,0 1.300,9 8,6 68 134,0 -49,1 78,5 130,1 -39,7
PUGLIA 8.883,8 8.737,1 1,7 1.312,8 1.423,8 -7,8 61 341,4 -82,2 1.252,0 1.082,4 15,7 75 63,8 17,7 64,0 108,3 -40,9
BASILICATA 1.403,2 1.349,2 4,0 382,9 419,5 -8,7 46 46,5 -0,3 336,6 373,0 -9,8 4 1,7 123,5 28,9 17,1 69,1
CALABRIA 4.225,5 4.553,7 -7,2 673,3 623,8 7,9 21 2,1 918,5 652,0 621,7 4,9 18 3,8 388,2 75,5 61,3 23,3
Totale Sud 31.000,5 31.807,9 -2,5 5.565,3 4.505,9 23,5 1.471 683,3 115,2 4.094,6 3.822,6 7,1 166 203,3 -18,6 252,8 316,7 -20,2
116.096,1 116.676,1 -0,5 13.461,3 10.503,8 28,2 4.526 1.648,0 174,6 8.935,2 8.855,8 0,9 1.076 950,6 13,2 1.639,3 1.651,5 -0,7
Nord
Centro
Sud
TOTALE
Impegni correnti Pagamenti in c/capitale
Pagamenti per sanità in
c/capitale
Pagamenti in c/capitale
al netto della sanità
Spesa degli incassi da
lotta ad evasione
Il pagamento dei residui
agli enti locali
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
192
Vi è, infine, un ulteriore angolo visuale, che consente di evidenziare in qualche
misura il diverso peso in termini pro capite di tali aggregati e quindi di misurare le
diversità con cui si distribuisce l’onere dell’aggiustamento tra regioni e aree territoriali.
L’osservazione in termini pro capite dell’obiettivo programmatico annuale in
termini di spese finali mette in rilievo differenze territoriali non marginali. Rispetto ad
un importo medio di 400 euro pro capite, esse crescono a circa 450 euro nell’area
meridionale per ridursi a poco più di 360 in media nelle regioni del nord. Si tratta di
differenze che, guardando alla dimensione media regionale, attraversano anche le
diverse aree: sono le regioni di dimensioni minori a presentare i valori più elevati (poco
meno di 950 euro pro capite in Basilicata, 840 in Molise, 630 in Umbria). Tali
differenze trovano riscontro negli impegni correnti netti, che risultano su livelli di oltre
il 75 per cento superiori nelle aree centrali e meridionali (ad eccezione di Toscana e
Puglia).
Il Patto nelle regioni a statuto speciale. Diversamente dalle regioni a statuto
ordinario, quelle ad ordinamento speciale determinano la misura del concorso agli
obiettivi del Patto previa intesa tra ciascun ente ed il Ministero dell'economia e delle
finanze. Le due Province autonome e la regione Trentino Alto Adige determinano, poi,
gli obiettivi di risparmio in termini di miglioramento del saldo programmatico di
competenza mista.
Una valutazione dell’operare del Patto sui conti di queste regioni è poi
condizionato dal fatto che Friuli, Valle d’Aosta e le province di Trento e Bolzano
provvedono con risorse del proprio bilancio alla finanza degli enti locali del rispettivo
territorio e ne definiscono anche la disciplina del Patto di stabilità. Inoltre nella regione
Friuli, come si diceva, il livello complessivo delle spese finali (al netto delle concessioni
di crediti) relative al Patto di stabilità interno è riferito all’intero "sistema integrato
regionale" (ricomprende, quindi, anche gli enti locali, gli enti e organismi strumentali, le
aziende sanitarie e gli altri enti e organismi il cui funzionamento è affidato alla
Regione).
Nonostante il comune riferimento alla competenza eurocompatibile, una
valutazione complessiva di tali enti, quindi, perde in parte di significato.
TAVOLA 6
I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE
(COMPETENZA EURO COMPATIBILE)
Zona Regioni
IMPEGNI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
CORRENTI NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI IN
C/CAP NETTI
EUROCOMP.
SPESE FINALI
OBIETTIVO
PROGRAMM.
ANNUALE SPESE
FINALI 2013
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
OBIETTIVO
ANNUALE SPESE
FINALI
RIDETERMIN.
RISULTATO SPESE
FINALI -
OBIETTIVO
RIDETERMINATO
A B C D=A+B+C E F G=E-F H=D-G
FRIULI VENEZIA GIULIA 403,4 3.969,6 605,1 4.978,1 5.098,5 115,0 4.983,5 -5,4
VALLE D'AOSTA 407,5 250,7 229,3 887,4 912,2 0,0 912,2 -24,8
totale Nord 810,9 4.220,2 834,4 5.865,5 6.010,7 115,0 5.895,7 -30,1
SARDEGNA 723,1 1.061,3 608,4 2.392,8 2.513,1 95,4 2.417,8 -25,0
SICILIA 3.427,8 1.447,9 768,2 5.643,9 6.201,7 245,6 5.956,1 -312,2
totale Sud 4.150,8 2.509,2 1.376,7 8.036,6 8.714,8 340,9 8.373,9 -337,3
TOTALE 4.961,8 6.729,4 2.211,0 13.902,2 14.725,5 455,9 14.269,6 -367,4
Nord
Sud
valori assoluti in milioni
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
193
SEGUE TAVOLA 6
Zona Regioni
IMPEGNI
CORRENTI
NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI
CORRENTI NETTI
EUROCOMP.
PAGAMENTI IN
C/CAP NETTI
EUROCOMP.
SPESE FINALI
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
RISULTATO SPESE
FINALI -
OBIETTIVO
RIDETERMINATO
A/E B/E C/E D/E F/E H/E
FRIULI VENEZIA GIULIA 7,9 77,9 11,9 97,6 2,3 0,1
VALLE D'AOSTA 44,7 27,5 25,1 97,3 0,0 2,7
totale Nord 13,5 70,2 13,9 97,6 1,9 0,5
SARDEGNA 28,8 42,2 24,2 95,2 3,8 1,0
SICILIA 55,3 23,3 12,4 91,0 4,0 5,0
totale Sud 47,6 28,8 15,8 92,2 3,9 3,9
TOTALE 33,7 45,7 15,0 94,4 3,1 2,5
Nord
Sud
composizione percentuale obiettivo programmatico spese finali
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
TAVOLA 7
I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE
(COMPETENZA FINANZIARIA)
Zona Regione
Spese Correnti al
netto spese per la
sanità
SPESE
CORRENTI
NETTE
Spese in conto
capitale al netto
spese per la
sanità
SPESE IN
CONTO
CAPITALE
NETTE
SPESE
FINALI
QUOTA
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
OBIETTIVO
ANNUALE
SPESE FINALI
RIDETERM.
DIFFERENZA
SPESE FINALI E
OBIETTIVO
RIDETERM.
FRIULI V.G. 4.458,6 4.358,6 627,3 621,1 4.979,7 115,0 4.983,5 -3,7
VALLE D'AOSTA 877,6 666,3 216,0 181,2 847,4 0,0 912,2 -64,8
totale Nord 5.336,2 5.024,9 843,2 802,2 5.827,1 115,0 5.895,7 -68,5
SARDEGNA 2.418,1 1.868,9 658,3 548,7 2.417,6 95,4 2.417,8 -0,2
SICILIA 5.491,0 5.147,8 1.699,3 804,8 5.952,5 245,6 5.956,1 -3,6
totale Sud 7.909,1 7.016,7 2.357,6 1.353,5 8.370,1 340,9 8.373,9 -3,8
TOTALE 13.245,3 12.041,6 3.200,9 2.155,7 14.197,3 455,9 14.269,6 -72,3
Zona Regione
Spese Correnti al
netto spese per la
sanità
SPESE
CORRENTI
NETTE
Spese in conto
capitale al netto
spese per la
sanità
SPESE IN
CONTO
CAPITALE
NETTE
SPESE
FINALI
QUOTA
OBIETTIVO
ANNUALE
ATTRIBUITO
AGLI ENTI
LOCALI
OBIETTIVO
ANNUALE
SPESE FINALI
RIDETERM.
DIFFERENZA
SPESE FINALI E
OBIETTIVO
RIDETERM.
FRIULI V.G. -3,3 -4,1 -34,8 -26,4 -7,6 20,0 -8,0 -88,3
VALLE D'AOSTA 8,7 35,3 -16,5 10,3 29,1 - 35,0 237,4
totale Nord -1,5 -0,2 -30,9 -20,4 -3,6 20,0 -3,3 34,0
SARDEGNA -8,1 -26,1 -1,1 -9,9 -22,9 2,3 -22,9 569,0
SICILIA -2,3 18,7 -39,1 -46,8 1,8 100,0 -6,2 -99,3
totale Sud -4,2 2,2 -31,7 -36,2 -6,9 265,7 -11,7 -99,2
TOTALE -3,1 1,2 -31,5 -31,1 -5,5 141,1 -8,4 -86,9
Sud
valori assoluti in milioni
variazione percentuale 2013/2012
Nord
Sud
Nord
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
Tutte le quattro regioni a statuto speciale hanno rispettato i limiti del Patto
espresso in termini di competenza euro-compatibile con margini alquanto ridotti. Solo
la regione Sicilia presenta un significativo scostamento rispetto ai valori obiettivo di
competenza euro-compatibile (pari a circa 312 milioni di euro), ma il fenomeno appare
collegato alle difficoltà incontrate dall’ente nel raggiungimento dell’obiettivo in termini
di competenza finanziaria.
Va sottolineato che, come nel caso delle regioni ordinarie, anche quelle a statuto
speciale vedono ridursi sia gli impegni correnti al netto della sanità confermando la
flessione già evidenziata lo scorso anno, sia, e soprattutto, i pagamenti complessivi per
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
194
spese in conto capitale. Una variazione quest’ultima che in media è dell’11 per cento ma
che non interessa tutte le amministrazioni: la Sardegna, infatti, aumenta i pagamenti di
oltre il 30 per cento.
La diversità nelle caratteristiche delle regioni e nelle modalità seguite nella
definizione degli obiettivi su cui basare il contributo al Patto, incide sullo stesso
significato da attribuire alla diversa composizione assunta dalla spesa.
Caratteristiche che emergono, tuttavia, ove si guardi la distribuzione che ha
assunto il tetto previsto per ciascuna regione anche in rapporto a quanto registrato dalle
RSO. Così, mentre le due realtà insulari registrano una forte consistenza delle risorse
assorbite per strutture di gestione (personale, consumi intermedi e oneri), in Friuli è il
ruolo di coordinamento di soggetti e enti del territorio a far attribuire ai pagamenti
correnti netti il ruolo prevalente.
In forte crescita rispetto al 2012 gli spazi finanziari ceduti alle amministrazioni
locali. Si tratta, tuttavia, di una variazione riconducibile alle sole regioni meridionali
(che fino allo scorso anno non avevano contribuito ad ampliare i margini di manovra
delle loro amministrazioni locali. La variazione è di oltre 340 milioni, mentre in Friuli
l’importo a ciò destinato si riduce del 3,3 per cento.
Infine, sono oltre 650 milioni i residui passivi a fronte di residui attivi degli enti
locali che le regioni a statuto speciale hanno potuto portare in riduzione dell’obiettivo
recuperando pertanto margini di manovra per la spesa in conto capitale. Anche su
questo terreno, oltre che quello degli spazi di manovra degli enti locali, la regione Valle
d’Aosta non ha importi allocati (proprio per le caratteristiche istituzionali).
Come nel caso delle regioni a statuto ordinario, anche quelle ad autonomia
speciale hanno sofferto la stringenza del vincolo in termini finanziari, con una riduzione
che in media è stata dell’8,4 per cento rispetto al 2012 e superiore al 22 per cento in
Sardegna. Nel complesso, la riduzione di oltre il 31 per cento della spesa in conto
capitale ha consentito di rendere compatibile una forte crescita delle spese correnti nette
(dovuta al forte ridimensionamento delle voci non considerate nell’accordo) con un
deciso incremento dell’obiettivo ceduto agli enti locali.
TAVOLA 8
ALCUNE VOCI RILEVANTI AI FINI DEL PATTO DI STABILITA'
(in milioni)
2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var
V. D'AOSTA 1.157,3 1.099,6 5,2 243,5 298,1 -18,3 5 19,4 -75,1 238,7 278,7 -14,4 0,0 0,0
FRIULI V.G. 4.458,6 4.611,4 -3,3 615,0 925,3 -33,5 - 0,0 615,0 925,3 -33,5 32,0 0,0
totale Nord 5.615,8 5.711,0 -1,7 858,5 1.223,4 -29,8 5 19 -75,1 853,7 1.204,0 -29,1 32,0 0,0
SICILIA 16.425,6 15.446,6 6,3 1.912,0 2.195,4 -12,9 97 105,5 -8,0 1.815,0 2.089,9 -13,2 251,4 17,7 1.318,6
SARDEGNA 5.782,0 6.078,4 -4,9 878,4 670,6 31,0 43 35,2 23,1 835,1 635,5 31,4 370,8 237,3 56,3
totale Sud 22.207,6 21.524,9 3,2 2.790,4 2.866,1 -2,6 140 141 -0,3 2.650,1 2.725,4 -2,8 622,2 255,0 144,0
TOTALE 27.823,4 27.235,9 2,2 3.648,9 4.089,5 -10,8 145 160,1 -9,3 3.503,7 3.929,4 -10,8 654,3 255,0 156,6
Il pagamento dei residui agli
enti locali
Nord
Sud
Impegni correnti Pagamenti in c/capitale
Pagamenti per
sanità in c/capitale
Pagamenti in c/capitale
al netto della sanità
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
195
Il Patto nella Regione Trentino Alto Adige e nelle Province di Trento e Bolzano.
Entro i limiti concordati anche il Patto, calcolato in termini di competenza mista,
relativo alle province di Trento e Bolzano e alla regione Trentino Alto Adige. Nel caso
di entrambe le province, il saldo ottenuto nel 2013 si pone al di sopra di quello
concordato anche se con margini limitati. Il risultato richiesto è nel complesso ancora un
disavanzo pari a 116 milioni, in forte flessione rispetto all’importo del 2012 (443
milioni). Si riducono in particolare, considerevolmente i margini della Provincia di
Bolzano che aveva un obiettivo solo di poco negativo.
Il buon andamento delle entrate correnti (tributarie ed extra tributarie) che ha più
che compensato la riduzione dei contributi e dei trasferimenti e quello delle entrate in
conto capitale, hanno consentito di rendere possibile il conseguimento dell’obiettivo con
una crescita degli investimenti netti. Marginali sono risultate le variazioni della spesa
corrente.
TAVOLA 9
I RISULTATI DEL PATTO PER LA REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE E RELATIVE PROVINCE AUTONOME
(in milioni)
2012 2013
var
12/13
2012 2013
var
12/13
2012 2013
var
12/13
TOTALE TITOLO 1 - TRIBUTI PROPRI E
DEVOLUZIONI
393,2 352,6 -10,3 4.156,8 4.224,3 1,6 4.002,1 4.160,7 4,0
TOTALE TITOLO 2 - CONTRIBUTI E
TRASFERIMENTI
16,1 15,9 -1,2 57,5 54,2 -5,7 462,6 427,7 -7,6
TOTALE TITOLO 3- ENTRATE EXTRATRIBUTARIE 0,0 0,0 75,2 109,4 45,5 124,4 147,2 18,3
Totale entrate correnti 409,3 368,4 -10,0 4.289,5 4.387,9 2,3 4.589,1 4.735,6 3,2
GETTITI ARRETRATI 47,5 0,0 -100,0 668,6 640,6 -4,2 447,1 409,1 -8,5
TOTALE ENTRATE CORRENTI NETTE 361,8 368,4 1,8 3.620,9 3.747,4 3,5 4.142,1 4.326,5 4,5
TOTALE TITOLO 4- ENTRATE DERIVANTI DA
ALIENAZIONI DI BENI E DA TRASFERIMENTI IN
C/CAPITALE E DA RISCOSSIONI DI CREDITI
0,0 0,0 127,9 231,7 81,1 38,4 88,1 129,4
a detrarre: Entrate derivanti dalla riscossione di crediti 0,0 0,0 9,6 66,9 597,5 0,8 23,2 2.941,0
a detrarre: Entrate derivanti da alienazione di beni e diritti
patrimoniali, affrancazioni
0,0 0,0 2,1 2,3 8,8 8,1 23,4 188,8
TOTALE ENTRATE IN CONTO CAPITALE NETTE 0,0 0,0 116,2 162,5 39,8 29,6 41,5 40,5
TOTALE ENTRATE FINALI NETTE 361,8 368,4 1,8 3.737,2 3.909,9 4,6 4.171,7 4.368,0 4,7
Spese correnti per la sanità 0,0 0,0 1.151,8 1.124,4 -2,4 1.094,2 1.094,9 0,1
Altre spese correnti 224,8 222,2 -1,2 1.667,1 1.711,5 2,7 2.240,0 2.222,5 -0,8
TOTALE TITOLO 1 - SPESE CORRENTI 224,8 222,2 -1,2 2.818,8 2.835,9 0,6 3.334,2 3.317,5 -0,5
Spese in conto capitale per la sanità 0,0 0,0 30,6 21,7 -29,1 43,2 61,1 41,4
Altre spese in conto capitale 108,1 376,4 248,2 1.085,6 1.139,3 4,9 982,4 1.019,0 3,7
TOTALE TITOLO 2 - SPESE IN CONTO CAPITALE 108,1 376,4 248,2 1.116,3 1.161,0 4,0 1.025,6 1.080,1 5,3
a detrarre: Spese derivanti dalla concessione di crediti 0,0 262,9 15,0 47,0 213,3 15,0 24,9 66,1
a detrarre: Partecipazioni azionarie e conferimenti 0,0 0,0 16,9 2,6 -84,4 7,4 47,7 545,2
a detrarre: Spese non considerate in sede di accordo 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
TOTALE SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE 108,1 113,6 5,0 1.085,7 1.111,4 2,4 1.003,2 1.007,5 0,4
Maggiori spese corr. per leggi di settore e funzioni trasferite
(Accordo Milano)
0,0 0,0 36,0 36,0 0,0 0,0 0,0
Maggiori spese c/cap. per leggi di settore e funzioni
trasferite (Accordo Milano)
0,0 0,0 8,1 38,3 370,8 0,0 0,0
TOTALE SPESE FINALI NETTE 332,9 335,7 0,9 3.948,6 4.021,6 1,8 4.337,4 4.324,9 -0,3
SALDO FINANZIARIO in termini di competenza mista 28,9 32,7 1,0 -211,5 -111,7 2,8 -165,8 43,1 5,0
OBIETTIVO PROGRAMMATICO CONCORDATO IN
TERMINI DI COMPETENZA MISTA
24,1 27,9 15,7 -229,2 -124,9 -45,5 -238,2 -19,4 -91,8
QUOTA OBIETTIVO ATTRIBUITO AGLI ENTI
LOCALI (art.1, c. 139, L.n. 220/2010)
0,0 0,0 5,4 0,0 -100,0 10,9 22,5 107,0
OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI
RIDETERMINATO
24,1 27,9 15,7 -223,8 -124,9 -44,2 -227,3 3,0 -101,3
DIFFERENZA TRA SALDO FIN. E OBIETTIVO 4,8 4,8 1,0 13,6 13,1 -3,6 61,5 40,1 -34,9
TRENTINO-ALTO ADIGE prov. aut. TRENTO prov. aut. BOLZANO
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
196
In conclusione, nel 2013 gli spazi di manovra per la gestione regionale si sono
fatti ancora più limitati.
Gli obiettivi sempre più stringenti per il Patto si sono riflessi, come nel passato, in
una riduzione dei pagamenti in conto capitale, resa meno problematica solo da una
sempre più netta flessione degli impegni per spese di investimento che si conferma
anche nell’esercizio appena concluso.
Alle differenze che residuano nelle spese per il personale, per l’acquisto di beni e
servizi nell’utilizzo di beni di terzi, oltre che nelle spese per gli organi istituzionali, si
potrà guardare per il recupero di margini ulteriori. A questo potranno mirare più
stringenti vincoli del Patto, pur nella consapevolezza che si tratta di spazi limitati.
I dati relativi alla gestione 2013 sembrano ancora una volta confermare la
tendenza, pur tra differenze ancora significative, ad una contrazione del ruolo di spesa
diretta delle regioni (al netto di quella destinata alla sanità). Esse sembrano veder
evolvere il proprio ruolo nel raccordo e nel coordinamento degli interventi delle
amministrazioni locali e di quelli infrastrutturali di matrice comunitaria.
L’azzeramento delle risorse per le funzioni trasferite, prima ancora che queste si
traducessero in entrate proprie degli enti regionali, e il ritardo nella definizione di livelli
essenziali di assistenza in importanti segmenti costituzionalmente tutelati (assistenza e
trasporti) hanno contribuito a rendere la funzione obiettivo di questi enti meno chiara.
Nel 2013, l’esplosione del problema dei ritardi di pagamenti ha inciso in misura
significativa su parte delle amministrazioni a cui si sono intestati i ritardi di pagamento
verso enti locali ed enti sanitari. L’iniezione di liquidità ha consentito di rispondere ad
esigenze del mondo delle imprese e ha impedito di compromettere un percorso di
risanamento in sanità. Ma tale processo ha lasciato un onere non indifferente trasferendo
sul futuro il finanziamento di squilibri anche del recente passato, e di cui devono essere
ancora attentamente valutate le origini onde evitare che si riproducano. Inoltre non
marginale, anche perché territorialmente concentrato, è l’aumento che produrrà in
termini di oneri per interessi (poco meno di un miliardo).
Senza una attenta revisione e selezione delle funzioni da conservare a garanzia dei
LEA e per gli interventi a sostegno della crescita, ulteriori inasprimenti rischiano di
tradursi o in ulteriori e in certa misura “casuali” differenze nella garanzie offerte a
cittadini e alle imprese o, peggio, in squilibri nascosti destinati a generare costi futuri.
Il risultati del patto degli enti locali nel 2013
5. I risultati della gestione del Patto 2013 evidenziano per i comuni il pieno
raggiungimento dell’obiettivo programmatico fissato in 2,9 miliardi di risparmio, dei
quali circa il 58,5 per cento a carico degli enti del nord, il 7,1 per cento del centro ed il
restante 34,4 per cento al sud e isole. Il risparmio richiesto in termini pro capite
ammonta a livello nazionale a 56 euro, ma essendo l’obiettivo funzione della spesa
corrente assoluta, il contributo pro capite è progressivo in base alla popolazione e va dai
36 euro per i piccoli comuni fino ai 103 per le città metropolitane. Meno scontata la
distribuzione territoriale dell’importo pro capite che vede i comuni con l’obiettivo pro
capite più elevato (91 euro) in Molise, pur essendo rappresentativi solo dello 0,5 per
cento della popolazione, e in Sardegna (72 euro pro capite su una popolazione che è il
2,9 per cento su base nazionale).
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
197
TAVOLA 10
GLI OBIETTIVI DEI COMUNI PER REGIONE, AREA E FASCIA DEMOGRAFICA
regione popolazione
obiettivo
(in migliaia)
obiettivo
pro capite
composizione
%
PIEMONTE 4.058.706 205.437 51 7,0
LOMBARDIA 9.592.938 590.515 62 20,0
LIGURIA 1.512.312 101.521 67 3,4
VENETO 4.856.357 288.508 59 9,8
EMILIA ROMAGNA 4.348.380 273.796 63 9,3
TOSCANA 3.666.254 267.131 73 9,1
UMBRIA 880.856 29.681 34 1,0
MARCHE 1.518.510 85.458 56 2,9
LAZIO 2.748.077 95.102 35 3,2
ABRUZZO 1.241.053 42.652 34 1,4
MOLISE 268.265 24.389 91 0,8
CAMPANIA 5.335.457 294.063 55 10,0
PUGLIA 3.999.679 212.219 53 7,2
BASILICATA 529.720 21.215 40 0,7
CALABRIA 1.790.669 83.926 47 2,8
SICILIA 4.684.622 225.606 48 7,6
SARDEGNA 1.534.075 109.926 72 3,7
Totale complessivo 52.565.930 2.951.146 56 100,0
Nord 24.368.693 1.459.779 60 58,5
Centro 8.813.697 477.372 54 7,1
Sud e isole 19.383.540 1.013.995 52 34,4
fascia demografica
<5000 8.146.499 291.094 36 9,9
>= 5000 <10.000 7.827.792 310.091 40 10,5
>=10.000 <20.000 9.100.892 423.719 47 14,4
>=20.000 <60.000 12.839.071 706.847 55 24,0
>=60.000 <250.000 8.457.888 579.836 69 19,6
>=250.000 6.193.788 639.558 103 21,7
Totale complessivo 52.565.930 2.951.146 56 100,0
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014).
LE REGOLE DEL PATTO DEGLI ENTI LOCALI NEL 2013
In attesa dell’entrata in vigore di un nuovo modello di Patto di stabilità, fondato sui saldi,
sulla virtuosità e sulla riferibilità a regole e criteri europei gli obiettivi del Patto non
subiscono modifiche sostanziali nel 2013: la legge di stabilità n. 228/2012 ha infatti
apportato alla regola fiscale solo alcuni interventi di manutenzione tesi a rendere più
sostenibili gli obiettivi, soprattutto per gli enti più virtuosi.
Le modifiche rispetto alla disciplina definita dagli artt. 30, 31 e 32 della L. 183/2011,
riguardano in particolare l’aggiornamento della base di calcolo con lo scorrimento al
triennio 2007-2009. Lo slittamento in avanti di un anno reca con sé un’implicita
valutazione di virtuosità per quelle amministrazioni che già dal 2009 hanno avviato una
revisione ed un ridimensionamento della spesa corrente che, nella misura in cui determini
un abbassamento della media rispetto al triennio precedente, consente di rivedere al
ribasso anche l’obiettivo di saldo per il Patto.
Sono state diminuite le percentuali di correzione da applicare alla spesa corrente, passate
dal 19,7 al 18,8 per le province, dal 15,4 al 14,8 per i comuni con popolazione superiore a
5000 abitanti e dal 15,4 al 12 per cento per i comuni tra 1000 e 5000 abitanti che per il
primo anno vengono assoggettati alle regole del Patto . Era inoltre previsto un affinamento
della categoria della “virtuosità” finalizzata alla differenziazione degli obiettivi di saldo:
per il 2013 i parametri di riferimento avrebbero dovuto essere il rispetto del Patto,
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
198
l’autonomia finanziaria, l’equilibrio corrente ed il rapporto tra riscossioni ed accertamenti
delle entrate correnti (gli altri indicatori introdotti dall’art. 20 del DL n. 98/2011 vengono
rinviati al 2014), ma a correttivo delle variabili considerate veniva introdotto il valore
delle rendite catastali ed il numero di occupati: indici del contesto socieconomico rilevanti
nel processo di individuazione degli enti virtuosi che avrebbero beneficiato dell’obiettivo
strutturale del patto, vale a dire il saldo pari a 0.
Confermato il taglio delle entrate come strumento ad adiuvandum del Patto di stabilità che
si traduce in un corrispondente risparmio di spesa: per il 2013 2.250 milioni di riduzione
del fondo di solidarietà comunale e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni di Sicilia e
Sardegna, e 1200 milioni di riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e dei
trasferimenti alle province.
Oltre alle modifiche di carattere metodologico, un’importante novità del Patto 2013
concerne l’estensione del suo perimetro: per il primo anno i vincoli si estendono ai piccoli
comuni (con popolazione compresa tra 1000 e 5000 abitanti), alle aziende speciali e le
istituzioni, ad eccezione di quelle che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi,
culturali e delle farmacie , agli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazione di
tipo mafioso .
Le urgenze di finanza pubblica impongono in corso d’anno due misure incidenti sul Patto
in maniera significativa: con il DL 35/2013 al fine di consentire l’accelerazione dei
pagamenti dei debiti pregressi, gli enti locali vengono autorizzati ad effettuare maggiore
spesa in conto capitale oltre i limiti del Patto per un ammontare complessivo di 5 miliardi;
mentre in prossimità della chiusura dell’esercizio con il DL 120/2013 viene sospesa
l’applicazione del meccanismo della virtuosità ed introdotte delle nuove aliquote di
correzione della spesa: 12,81 per cento per i comuni fino a 5000 abitanti, 15,61 per cento
per i comuni superiori e 19,61 per le province
Gli enti realizzano un saldo finanziario di 4,2 miliardi, generando quindi un
surplus pari a 1,3 miliardi. Un risparmio che rimane inutilizzato e che per il 42 per cento
è prodotto da sole quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Lazio e Campania). Lo spazio
finanziario in eccesso degli enti adempienti ha più che compensato la differenza
negativa esposta dai soggetti non adempienti (-98,5 milioni), molto contenuta in tutti gli
ambiti territoriali, fatta eccezione per una regione i cui enti presentano uno scostamento
dall’obiettivo che in aggregato rappresenta il 58 per cento di quello riferito al totale
degli inadempienti. Il fenomeno dell’inadempienza presenta un profilo molto contenuto
non solo in termini finanziari, ma anche come numerosità dei soggetti: i casi si riducono
rispetto allo scorso anno (il 2,2 per cento contro il 3,6 del 2012) e se è piuttosto netta la
caratterizzazione territoriale che vede il 52 per cento di inadempienti collocati nell’area
meridionale del Paese, ancora più evidente quella dimensionale con l’86 per cento del
mancato rispetto da imputarsi a comuni fino a 10.000 abitanti.
Analogamente le province conseguono l’obiettivo aggregato pari a 759,6 milioni,
anche se, per il secondo anno consecutivo, sono in aumento i casi di inadempienza (il
10,7 per cento contro l’8,9 dello scorso anno) nonostante quasi la totalità degli enti
abbia ottenuto una consistente rimodulazione dell’obiettivo attraverso l’intervento
regionale. E’ anche da considerare che nel conseguimento dell’obiettivo di saldo le
province avevano a disposizione 1,7 miliardi in meno di entrate rilevanti per via dei
tagli disposti per l’anno dal DL 201/2011 e dalla L. 228/2012 al fondo sperimentale di
riequilibrio ed ai trasferimenti erariali dovuti. Nonostante la maggiore stringenza
dell’obiettivo e le minori risorse a disposizione, complessivamente, comunque, le
province producono un surplus di risparmio di oltre 114 milioni.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
199
TAVOLA 11
I RISULTATI DI COMUNI E PROVINCE PER REGIONE, AREA E CLASSE DEMOGRAFICA
(in migliaia)
regione obiettivo
saldo
finanziario
differenza inadempienti obiettivo
saldo
finanziario
differenza inadempienti
PIEMONTE 205.437 316.693 111.256 10 91.743 97.413 5.670 4
LOMBARDIA 590.515 738.895 148.380 18 180.172 189.920 9.748 0
LIGURIA 101.521 178.300 76.778 2 17.525 5.578 -11.947 2
VENETO 288.508 325.264 36.755 8 73.345 86.454 13.109 0
EMILIA ROMAGNA 273.796 346.024 72.227 8 64.094 73.539 9.445 0
TOSCANA 267.131 366.072 98.941 1 94.471 103.923 9.452 0
UMBRIA 29.681 52.472 22.790 0 13.173 14.475 1.302 0
MARCHE 85.458 111.924 26.466 6 36.682 32.315 -4.367 1
LAZIO 95.102 204.292 109.190 2 80.939 89.845 8.906 0
ABRUZZO 42.652 84.917 42.265 3 1.700 15.579 13.879 1
MOLISE 24.389 31.352 6.963 6 -1.619 -1.206 413 0
CAMPANIA 294.063 474.924 180.861 18 46.170 59.059 12.889 0
PUGLIA 212.219 278.486 66.267 9 57.691 59.371 1.680 0
BASILICATA 21.215 59.614 38.399 1 9.350 10.859 1.509 0
CALABRIA 83.926 177.305 93.379 12 12.857 59.293 46.436 1
SICILIA 225.606 322.395 96.789 12 -35.789 -46.258 -10.469 2
SARDEGNA 109.926 183.039 73.114 5 17.097 24.060 6.963 0
Totale complessivo 2.951.146 4.251.966 1.300.821 121 759.600 874.219 114.619 11
Nord 1.459.779 1.905.175 445.396 46 426.879 452.904 26.025 6
Centro 477.372 734.760 257.387 9 225.265 240.558 15.293 1
Sud e isole 1.013.995 1.612.032 598.037 66 107.456 180.757 73.301 4
fascia demografica obiettivo
saldo
finanziario
differenza inadempienti
<5000 291.094 796.311 505.216 81
>= 5000 <10.000 310.091 484.067 173.976 23
>=10.000 <20.000 423.719 590.569 166.850 9
>=20.000 <60.000 706.847 950.877 244.030 5
>=60.000 <250.000 579.836 754.195 174.359 2
>=250.000 639.558 675.948 36.390 1
Totale complessivo 2.951.146 4.251.966 1.300.821 121
comuni province
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio Mef (aprile 2014)
I risultati conseguiti evidenziano il paradosso del Patto che a fronte di obiettivi
sempre più onerosi consente di produrre risparmi ben oltre il contributo richiesto. La
manovra di finanza pubblica assegnata ai comuni per il 2013 ammontava infatti a 12,3
miliardi (al netto dei maggiori spazi finanziari attribuiti con il DL 35/2013), di cui 6,6
miliardi derivanti dall’inasprimento del Patto e 5,7 di taglio delle risorse.
Nonostante quindi la maggiore onerosità degli obiettivi conseguenti all’entità del
contributo, i comuni hanno prodotto un significativo eccesso di risparmio concentrato
prevalentemente nei piccoli centri (il 38,8 per cento del totale) e molto marginale invece
nelle città metropolitane (2,7 per cento).
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
200
TAVOLA 12
I RISULTATI DEL PATTO DI COMUNI E PROVINCE
comuni province
saldo di parte corrente
entrate correnti totali 53.585 8.064
spese correnti totali 49.100 7.240
saldo 4.484 824
a detrarre: 0 0
saldo voci stato di emergenza e grandi eventi -1 2
saldo voci progetti cofinanziati UE -2 0
saldo voci terremoto 2012 0 1
saldo voci residuali 414 0
saldo fondo pluriennale 25 56
saldo corrente netto 4.098 877
saldo di parte capitale
entrate in c/capitale 7.673 1.507
spese c/capitale 10.319 2.585
saldo -2.646 -1.078
a detrarre: 0 0
saldo riscossione/concessione crediti 28 67
saldo voci stato di emergenza e grandi eventi 323 -7
saldo voci progetti cofinanziati UE 11 6
saldo voci terremto 2012 7 7
saldo voci residuali -28 0
saldo netto c/capitale -2.987 -1.151
saldo netto totale 1.111 -274
pagamenti ex dl 35/2013 3.141 1.148
saldo al netto dei maggiori pagamenti ex dl 35/2013 4.252 874
saldo obiettivo 2.951 760
differenza 1.301 115
(in milioni)
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014)
6. Nel tentativo di individuare le motivazioni che potrebbero essere alla base di
questo effetto anomalo si pone l’attenzione su alcuni aspetti.
Il surplus finanziario prodotto e nello stesso tempo la concentrazione dei casi di
inadempienza nelle piccole amministrazioni è il segno della forte criticità che
l’abbassamento della soglia di popolazione (1000 abitanti) dei soggetti sottoposti ai
vincoli del Patto ha determinato nel 2013. Per queste amministrazioni le specifiche
misure di agevolazione (applicazione di una percentuale di correzione ridotta e riserva
di una quota specifica del Patto regionale verticale incentivato) non sono risultate
sufficienti per il superamento delle difficoltà dovute presumibilmente a una pluralità di
cause: da una non efficiente programmazione, alle diverse modalità di gestione dei
servizi, alla presenza di diseconomie di scala, ovvero alla peculiarità di aree “deboli”
cui appartengono molte delle realtà comunali di piccole dimensioni. Da più parti infatti
la definizione di “piccolo comune” viene attribuita non esclusivamente in base al
criterio demografico, bensì anche per l’appartenenza dell’ente ad aree territorialmente in
difficoltà, caratterizzate da ritardo economico, particolare disagio insediativo,
inadeguatezza dei servizi sociali essenziali o difficoltà di collegamento con i grandi
centri urbani. Al fine di consentire il parziale superamento di tali limiti il legislatore è
più volte intervenuto a favorire forme di associazionismo comunale e addirittura
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
201
fusioni. La diffusione delle gestioni associate di funzioni attraverso le convenzioni o le
unioni di comuni potrebbe non essere del tutto indifferente rispetto al risultato del Patto
di questa fascia di comuni; in particolare tra il 2009 ed il 2013 si assiste ad un aumento
delle unioni del 16,7 per cento e poiché la maggior parte dei comuni associati appartiene
alle classi dimensionali più basse, è verosimile che una parte della spesa sostenuta da
tali enti nel triennio di riferimento per il calcolo dell’obiettivo (2007-2009) possa
essere, invece, fuori dal perimetro nel 2013, perché sostenuta dall’unione di
appartenenza, e quindi contribuire a determinare un eccesso di risparmio.
Le peculiarità e le criticità di questa fascia di enti richiederebbero probabilmente
delle soluzioni differenziate e meccanismi di coordinamento più mirati che non
l’applicazione della regola standard del Patto, valida in egual misura per la grande area
metropolitana.
7. Un secondo elemento da considerare nella lettura degli spazi finanziari
inutilizzati è senza dubbio riconducibile agli effetti del DL 35/2013.
TAVOLA 13
I PAGAMENTI DI COMUNI E PROVINCE A VALERE SUGLI SPAZI FINANZIARI CONCESSI DAL DL 35/2013
(in migliaia)
regione
obiettivo al
netto dei
Patti
regionali
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
incidenza
(b)/(a)
obiettivo al
netto dei
Patti
regionali
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
incidenza
(d)/(c )
(a) (b) (c ) (d)
PIEMONTE 352.662 235.262 66,7 145.662 95.434 65,5
LOMBARDIA 784.795 520.112 66,3 240.240 386.915 161,1
LIGURIA 171.575 78.593 45,8 47.601 10.076 21,2
VENETO 351.558 287.468 81,8 95.295 43.616 45,8
EMILIA ROMAGNA 398.201 295.872 74,3 110.024 56.282 51,2
TOSCANA 338.217 343.332 101,5 120.230 91.296 75,9
UMBRIA 73.241 59.959 81,9 26.214 9.484 36,2
MARCHE 133.406 68.251 51,2 56.222 48.311 85,9
LAZIO 209.858 196.712 93,7 117.576 89.372 76,0
ABRUZZO 96.508 69.581 72,1 17.674 22.435 126,9
MOLISE 24.389 21.413 87,8 -1.619 2.130 n.c.
CAMPANIA 383.958 355.027 92,5 79.821 113.646 142,4
PUGLIA 213.043 160.586 75,4 56.867 57.988 102,0
BASILICATA 37.499 46.107 123,0 15.228 26.858 176,4
CALABRIA 125.609 123.145 98,0 24.406 38.169 156,4
SICILIA 387.411 219.306 56,6 36.474 34.184 93,7
SARDEGNA 179.563 60.381 33,6 40.939 21.997 53,7
Totale complessivo 4.261.495 3.141.107 73,7 1.228.853 1.148.193 93,4
fascia demografica obiettivo
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
incidenza
(b)/(a)
(a) (b)
<5000 792.067 331.299 41,8
>= 5000 <10.000 489.838 403.207 82,3
>=10.000 <20.000 585.197 459.000 78,4
>=20.000 <60.000 943.298 677.491 71,8
>=60.000 <250.000 730.487 634.537 86,9
>=250.000 720.609 635.573 88,2
Totale complessivo 4.261.495 3.141.107 73,7
comuni province
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio Mef (aprile 2014)
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
202
Le misure per lo smaltimento dei debiti pregressi di comuni e province avrebbero
dovuto produrre ricadute positive sull’economia dal momento che i pagamenti in conto
capitale autorizzati dal DL 35/13 erano previsti come aggiuntivi rispetto ad una spesa in
conto capitale che nel 2012, per i comuni soggetti alle regole del Patto, si attestava a
circa 10 miliardi. Già i primi monitoraggi dei pagamenti registrati nella banca dati Siope
nel corso dell’anno, avevano evidenziato una realtà piuttosto distante dalle previsioni di
ripresa degli investimenti negli enti locali. I dati del Patto confermano che l’effetto
prodotto è rimasto di fatto limitato ad una agevolazione rispetto agli stringenti saldi
programmatici (un allentamento molto consistente che nella sostanza ha annullato la
manovra che il comparto avrebbe dovuto adottare per assicurare il contributo richiesto)
ma non ha favorito una maggiore spesa rispetto a quella consentita dai limiti del Patto.
TAVOLA 13.1
I PAGAMENTI A VALERE SUGLI SPAZI AUTORIZZATI DAL DL 35/2013 E LA SPESA IN CONTO CAPITALE
(in migliaia)
regione
spesa K
rilevante
per il Patto
al lordo dei
pagamenti
ex DL 35/13
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
spesa K
rilevante
per il Patto
al netto dei
pagamenti
ex DL 35/13
surplus
finanziario
rispetto
all'obiettivo
incidenza
b/a
incidenza
d/b
spesa K
rilevante
per il Patto
al lordo dei
pagamenti
ex DL 35/13
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
spesa K
rilevante
per il Patto
al netto dei
pagamenti
ex DL 35/13
surplus
finanziario
inutilizzato
incidenza
f/e
incidenza
h/f
a b c d e f g h
PIEMONTE 590.466 235.262 355.204 111.256 39,8 47,3 148.765 95.434 53.331 5.670 64,2 5,9
LOMBARDIA 1.594.677 520.112 1.074.565 148.380 32,6 28,5 614.579 386.915 227.664 9.748 63,0 2,5
LIGURIA 268.751 78.593 190.158 76.778 29,2 97,7 33.625 10.076 23.549 -11.947 30,0 n.c
VENETO 809.135 287.468 521.667 36.755 35,5 12,8 123.996 43.616 80.380 13.109 35,2 30,1
EMILIA ROMAGNA 737.339 295.872 441.467 72.227 40,1 24,4 206.197 56.282 149.915 9.445 27,3 16,8
TOSCANA 745.116 343.332 401.784 98.941 46,1 28,8 176.293 91.296 84.997 9.452 51,8 10,4
UMBRIA 146.187 59.959 86.228 22.790 41,0 38,0 18.891 9.484 9.407 1.302 50,2 13,7
MARCHE 184.875 68.251 116.624 26.466 36,9 38,8 67.586 48.311 19.275 -4.367 71,5 n.c.
LAZIO 466.597 196.712 269.885 109.190 42,2 55,5 397.722 89.372 308.350 8.906 22,5 10,0
ABRUZZO 171.082 69.581 101.501 42.265 40,7 60,7 62.654 22.435 40.219 13.879 35,8 61,9
MOLISE 43.952 21.413 22.539 6.963 48,7 32,5 11.742 2.130 9.612 413 18,1 19,4
CAMPANIA 777.665 355.027 422.638 180.861 45,7 50,9 172.206 113.646 58.560 12.889 66,0 11,3
PUGLIA 396.097 160.586 235.511 66.267 40,5 41,3 80.328 57.988 22.340 1.680 72,2 2,9
BASILICATA 119.457 46.107 73.350 38.399 38,6 83,3 47.077 26.858 20.219 1.509 57,1 5,6
CALABRIA 288.385 123.145 165.240 93.379 42,7 75,8 112.698 38.169 74.529 46.436 33,9 121,7
SICILIA 475.413 219.306 256.107 96.789 46,1 44,1 109.223 34.184 75.039 -10.469 31,3 n.c.
SARDEGNA 351.254 60.381 290.873 73.114 17,2 121,1 63.708 21.997 41.711 6.963 34,5 31,7
Totale complessivo 8.166.448 3.141.107 5.025.341 1.300.821 38,5 41,4 2.447.290 1.148.193 1.299.097 114.619 46,9 10,0
fascia demografica
spesa K
rilevante
per il Patto
al lordo dei
pagamenti
ex DL 35/13
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
spesa K
rilevante
per il Patto
al netto dei
pagamenti
ex DL 35/13
surplus
finanziario
rispetto
all'obiettivo
incidenza
b/a
incidenza
d/b
a b c d
<5000 1.500.137 331.299 1.168.838 505.216 22,1 152,5
>= 5000 <10.000 1.075.639 403.207 672.432 173.976 37,5 43,1
>=10.000 <20.000 1.137.361 459.000 678.361 166.849 40,4 36,4
>=20.000 <60.000 1.557.378 677.491 879.887 244.030 43,5 36,0
>=60.000 <250.000 1.350.606 634.537 716.069 174.359 47,0 27,5
>=250.000 1.545.327 635.573 909.754 36.390 41,1 5,7
Totale complessivo 8.166.448 3.141.107 5.025.341 1.300.820 38,5 41,4
comuni province
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014)
Complessivamente, infatti, i pagamenti consentiti fuori dal Patto hanno avuto
un’incidenza sull’obiettivo (depurato delle compensazioni regionali) del 74 per cento
per i comuni e del 93 per cento per le province. In alcuni ambiti regionali la
sterilizzazione di tali spese consentiva di assicurare il contributo richiesto senza attuare
manovre di bilancio (così in particolare per le province di Lombardia, Abruzzo,
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
203
Campania, Puglia, Basilicata e Calabria). Sotto il profilo dimensionale, invece, sono i
grandi comuni ad essere maggiormente agevolati dalla misura straordinaria che
consente loro di conseguire già il 90 per cento dell’obiettivo. Non altrettanto efficace la
misura se letta come incentivo ad una maggiore spesa per investimenti. Guardando i
dati aggregati, infatti, lo sblocco dei debiti pesa in maniera considerevole sul totale della
spesa in conto capitale rilevante ai fini del patto: il 38,5 per cento sulla spesa dei comuni
ed il 47 per cento su quella delle province, con punte oltre il 60 per cento. Inoltre la
quota di pagamenti rimasta soggetta ai vincoli non arriva a coprire tutta l’area consentita
dal Patto ed il surplus finanziario inutilizzato rappresenta, per i comuni, circa il 40 per
cento degli spazi messi a disposizione con il DL 35/2013. Fenomeno con sfaccettature
diverse in base alla dimensione degli enti. I comuni fino a 5000 abitanti realizzano un
livello di spesa in conto capitale che, anche senza la depurazione della quota relativa ai
maggiori spazi autorizzati, permarrebbe pienamente compatibile con l’obiettivo di
saldo; mentre le grandi città (destinatarie degli spazi maggiori autorizzati dal decreto: in
media 103 euro pro capite contro i 41 dei piccoli comuni) sembrano utilizzare a pieno
tutte le potenzialità insite nel meccanismo, esponendo margini di surplus molto ridotti.
Tuttavia, anche per questa classe di enti, l’atteso effetto aggiuntivo della spesa per
investimenti resta condizionato dalla più o meno marcata espansione degli impegni
correnti, ovvero dalla capacità di realizzare le entrate accertate. Un approfondimento
proprio sulle grandi città con riferimento ai dati rilevati nell’ultimo triennio mostra un
aumento considerevole del saldo di competenza prodotto da accertamenti correnti 2013
in crescita del 18,2 per cento rispetto al 2011, a fronte di un incremento dell’11,6 per
cento degli impegni correnti. La crescita sostenuta della spesa, anche se più lenta
rispetto all’entrata, risulta di non facile lettura in un quadro di obiettivi resi
progressivamente più onerosi e rafforzati da misure tese alla revisione della spesa
corrente e certamente va ad erodere spazi finanziari che avrebbero potuto essere
utilizzati per ampliare l’area dei pagamenti in conto capitale.
8. La dispersione dei risparmi acquisiti può infine essere rappresentativa del costo
dell’incertezza. L’esercizio 2013, infatti, risulta caratterizzato da un anomalo
differimento al 30 novembre del termine per l’approvazione del bilancio di previsione
inquadrato in un contesto di ripetuti provvedimenti legislativi d’urgenza che hanno
determinato incertezze sulle risorse disponibili e inciso sulla stessa programmazione
(problematica che sembra si stia riproponendo anche per il 2014 con il rinvio
dell’approvazione del bilancio di previsione nonché del consuntivo). La proroga del
termine per l’approvazione del bilancio di previsione è stata accompagnata anche da
ritardi nella determinazione delle aliquote dei tributi locali e delle tariffe dei servizi
pubblici. L’incertezza del quadro normativo e i conseguenti ritardi nella determinazione
delle risorse da assegnare, hanno reso la quantificazione degli stanziamenti di bilancio
oggetto di stime basate su insufficienti e precari elementi informativi. In presenza
inoltre di una manovra di riduzione del fondo di solidarietà comunale che si è aggiunta
all’incertezza sull’entità delle entrate proprie di natura tributaria (IMU e Tares) e
dovendo gestire in esercizio provvisorio per 11 mesi dell’anno, era fondamentale un
atteggiamento prudenziale degli amministratori al fine di garantire l’equilibrio di
bilancio con un ammontare di risorse presumibilmente inferiore a quello del 2012,
atteggiamento da una parte virtuoso, ma che potrebbe essere andato a discapito della
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
204
piena utilizzazione del potenziale spazio finanziario consentito dalle regole nazionali e
territoriali del Patto.
Nel quadro generale di incertezza ha pesato anche l’ultima revisione delle
aliquote da applicare per il calcolo dell’obiettivo avvenuta con il DL n. 120/2013:
sospesa l’applicazione del meccanismo di virtuosità, in base al quale gli enti
appartenenti alla classe dei più meritevoli avrebbero beneficiato di un saldo
programmatico pari a 0, è stata introdotta un’aliquota intermedia tra quella ordinaria e
quella massima prevista per i non virtuosi (12,81 per cento per i comuni fino a 5000
abitanti, 15,61 per cento per i comuni superiori e 19,61 per cento per le province) che
ha determinato un aggravio della manovra complessiva di circa 420 milioni. Tuttavia, in
considerazione del fatto che l’intervento è stato disposto in una fase gestionale molto
avanzata, la misura che di per sé avrebbe potuto generare una lieve attenuazione del
saldo individuale nei casi in cui – nel rispetto delle indicazioni fornite dalla Ragioneria
Generale dello Stato con la Circolare n. 5/2013 - gli enti avessero già calcolato il
proprio obiettivo con le percentuali massime previste per i non virtuosi, di fatto non ha
consentito il pieno sfruttamento del maggiore spazio finanziario emerso (seppure molto
limitato).
9. Tutto ciò è accaduto nonostante che il legislatore, come noto, abbia approntato
diversi strumenti finalizzati all’ottimizzazione del meccanismo del Patto e ad evitare la
produzione di risparmi in eccesso che rimangono poi inutilizzati; ci si riferisce ai c.d.
Patti di solidarietà (il Patto nazionale orizzontale, il Patto regionale verticale incentivato
ed ordinario, il Patto regionale orizzontale).
Nel 2013, sospesa l’applicazione del Patto nazionale orizzontale, sono state
operative solo le forme territoriali. Su questo terreno si fanno più evidenti le differenze
tra regioni che hanno avviato già da alcuni anni intese interisituzionali per delineare,
con strumenti normativi sempre più affinati, regole di Patto adattabili alle peculiarità del
territorio e regioni che, invece, scontano un approccio più estemporaneo con gli istituti
previsti dal legislatore nazionale. Nelle regioni del centro-nord le modifiche alla
normativa nazionale sono sistematizzate in un Patto di stabilità territoriale articolato poi
nelle diverse forme verticali e orizzontali, ma strutturato tenendo conto di parametri di
virtuosità, differenti gradi di rigidità/flessibilità dei bilanci, efficienza degli interventi
correnti e di sviluppo, sistemi di premi/sanzioni, forme di incentivazione alla
adeguatezza del livello di governo. Nella maggior parte dei casi il Patto di stabilità
territoriale è finalizzato alla flessibilizzazione degli investimenti, per garantire al
sistema delle autonomie locali la possibilità di sfruttare con tempestività le potenzialità
inespresse dal sistema economico locale e per fronteggiare la situazione economica
attraverso un rilancio della produttività. Alla regione spetta il ruolo di governo
complessivo del sistema ed è il soggetto responsabile del corretto funzionamento del
Patto e del rispetto degli obblighi di finanza pubblica anticipando quel ruolo che ad esse
assegna la legge rinforzata sugli equilibri di bilancio. In considerazione di tale
responsabilità in quasi tutte le regioni il Patto territoriale è assistito da misure premianti
o sanzionatorie previste in aggiunta a quelle nazionali, soprattutto al fine di ottimizzare
l’uso dell’eventuale surplus finanziario all’interno del territorio regionale. Alcune
regioni del nord, nel 2013, sono anche andate oltre la dimensione regionale del Patto
avviando delle sinergie interregionali per incrementare la dotazione da mettere a
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
205
disposizione delle autonomie locali e recuperare spazi di marginalità finanziaria
attivando intese tra ambiti territoriali in cui si riscontrano analogie di sistema e di
standard economico-sociali, nonché di qualità e livello di prestazione dei servizi. Una
sorta di sperimentazione delle modalità attuative che saranno alla base degli accordi
interregionali per lo scambio di spazi finanziari e risorse di cui al comma 517 dell’art. 1
della L. 147/2013 nonché del Patto integrato rinviato al 2015 dal comma 505, art. 1,
della stessa legge di stabilità. Le regioni più attive sul fronte dei patti territoriali non
hanno mancato di sfruttare anche meccanismi di agevolazione previsti dal legislatore
nazionale con riferimento ai pagamenti a valere sui cofinanziamenti nazionali dei fondi
strutturali comunitari; attraverso la modalità del Patto verticale infatti hanno ceduto agli
enti locali gli spazi finanziari generati dalla esclusione dal patto regionale delle spese
effettuate a valere sui fondi strutturali (L. 183/2011, art. 32, c. 4), misura plafonata per il
2013 a 1,8 miliardi. I maggiori spazi ricevuti da comuni e province sono stati vincolati
quindi a pagamenti sui fondi Fsr, Fse e Feasr.
La ristrettezza delle risorse ha imposto alle regioni di governare i meccanismi di
ripartizione degli spazi sulla base di criteri e parametri che individuano delle priorità,
alcune specifiche dei territori (realizzazione di interventi antisismici, ripristino di opere
a seguito di alluvioni ed altre situazioni emergenziali), altre ricorrenti, come gli
interventi di edilizia scolastica, ovvero la necessità di ricondurre a livelli fisiologici
l’ammontare dei residui per spese di investimento e, più in generale, sostenere
situazioni finanziarie e di bilancio tendenti ad una maggiore solidità strutturale con
riferimento al debito. La ripartizione degli spazi è condizionata anche dalla finalità,
sottintesa in molte delle delibere di regolamentazione del Patto regionalizzato ed
esplicitata chiaramente da alcune regioni, che è quella di agevolare gli enti locali in
difficoltà con il rispetto degli obiettivi nazionali (è il caso della Sicilia che attraverso le
quote del Patto incentivato ha azzerato il contributo richiesto ai piccoli comuni e ridotto
del 30 per cento quello dei comuni superiori).
TAVOLA 14
GLI SPAZI FINANZIARI DERIVANTI DALLA FLESSIBILIZZAZIONE REGIONALE
(in migliaia)
spazi ceduti
spazi
acquisiti
spazi ceduti
spazi
acquisiti
PIEMONTE -70.866 -77.154 1.865 -1.070 -27.017 -26.184 -718
LOMBARDIA -34.073 -158.824 24.219 -25.602 -8.273 -53.160 1.365
LIGURIA -42.178 -27.816 2.360 -2.420 -20.836 -9.300 310 -250
VENETO -5.000 -60.000 7.411 -5.461 0 -20.000 -1.950
EMILIA ROMAGNA -38.644 -74.462 65.043 -76.342 -32.593 -24.911 13.534 -1.960
TOSCANA -4.170 -66.916 1.164 -1.164 -3.358 -22.402 1.000 -1.000
UMBRIA -24.164 -19.396 0 -6.576 -6.465
MARCHE -19.835 -28.113 0 -10.165 -9.375
LAZIO 0 -107.453 10.955 -18.258 0 -38.288 14.000 -12.349
ABRUZZO -25.275 -26.084 3.062 -5.559 -9.724 -8.747 3.189 -692
MOLISE 0 0 0 0 0
CAMPANIA 0 -89.895 0 0 -33.651
PUGLIA 0 0 1.236 -2.060 0 0 824
BASILICATA 0 -16.284 0 0 -5.878
CALABRIA 0 -41.683 0 0 -11.549
SICILIA 0 -161.204 14.524 -15.126 -14.500 -57.763 17.700 -17.700
SARDEGNA 0 -69.637 0 0 -23.842
Totale complessivo -264.205 -1.024.921 131.839 -153.062 -133.042 -351.515 51.922 -36.619
regione
Patto regionale
orizzontale
Patto regionale
orizzontale
comuni province
Patto
regionale
verticale
Patto
regionale
verticale
incentivato
Patto
regionale
verticale
Patto
regionale
verticale
incentivato
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014).
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
206
Al di là della più o meno complessa ed articolata disciplina dei patti
regionalizzati, nonché dello sforzo mostrato da alcune amministrazioni nell’affinare gli
strumenti normativi per rendere il Patto sempre più a misura delle realtà territoriali,
l’adesione alle forme di compensazione regionale è sempre più diffusa e nel 2013
raggiunge l’84 per cento degli enti locali (4623 comuni e 94 province). L’entità degli
spazi finanziari movimentati dai Patti di solidarietà regionali è pressocchè invariata
rispetto all’anno precedente, ma le diverse forme di compensazione hanno avuto un
peso diverso: l’aumento dello spazio concesso attraverso il Patto incentivato (previsto
anche per le province) ha comportato una riduzione di circa la metà dei maggiori
pagamenti autorizzati con il Patto verticale ordinario; mentre lo scambio tra comuni
appartenenti alla stessa regione ha consentito un peggioramento degli obiettivi
individuali per complessivi 190 milioni circa (a fronte di corrispondenti miglioramenti
da parte degli enti cedenti), anche se l’entità effettiva per il 2013 di tale misura non è
facilmente quantificabile in quanto comprensiva dei recuperi delle quote scambiate nel
biennio precedente. E’ peraltro significativo che in due nuove regioni sia stata attivata
anche questa forma di compensazione precedentemente non utilizzata (Toscana e
Sicilia).
TAVOLA 15
L’ADESIONE DEI COMUNI AI PATTI DI SOLIDARIETA’ REGIONALI
(in migliaia)
regione
n. comuni che
hanno ottenuto
spazi dai patti
regionali
n. %
saldo
finanziario
obiettivo differenza
totale spazi
da patti
regionali
peso del
surplus
positivo
sugli spazi
finanziari
ottenuti con
i patti
territoriali
PIEMONTE 573 10 1,7 308.979 200.292 108.687 149.090 72,9
LOMBARDIA 992 11 1,1 650.329 528.026 122.303 218.499 56,0
LIGURIA 130 0 0,0 173.186 95.921 77.265 72.414 106,7
VENETO 499 8 1,6 300.820 272.486 28.334 70.461 40,2
EMILIA ROMAGNA 289 7 2,4 314.104 249.986 64.118 189.448 33,8
TOSCANA 237 0 0,0 333.111 241.931 91.180 72.250 126,2
UMBRIA 80 0 0,0 51.391 28.990 22.401 43.560 51,4
MARCHE 192 5 2,6 109.812 85.158 24.654 47.948 51,4
LAZIO 266 2 0,8 201.749 93.900 107.849 125.711 85,8
ABRUZZO 172 3 1,7 72.596 32.372 40.224 56.918 70,7
CAMPANIA 319 12 3,8 341.154 210.000 131.153 89.895 145,9
PUGLIA 2 0 0,0 19.611 9.694 9.917 2.060 481,4
BASILICATA 94 1 1,1 59.614 21.215 38.399 16.284 235,8
CALABRIA 200 7 3,5 98.586 38.800 59.786 41.683 143,4
SICILIA 329 12 3,6 322.395 225.606 96.789 176.330 54,9
SARDEGNA 251 5 2,0 183.039 109.926 73.114 69.637 105,0
Totale complessivo 4.625 83 1,8 3.540.473 2.444.302 1.096.171 1.442.188 76,0
di cui
inadempienti
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014)
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
207
SEGUE TAVOLA 15
n. comuni che non
hanno ottenuto
spazi dai patti
regionali
n. enti
inadem
pienti
%
saldo
finanziario
obiettivo differenza
PIEMONTE 21 0 0,0 7.714 5.145 2.569
LOMBARDIA 212 7 3,3 88.566 62.489 26.077
LIGURIA 5 2 40,0 5.113 5.600 -487
VENETO 42 0 0,0 24.444 16.023 8.421
EMILIA ROMAGNA 35 1 2,9 31.920 23.811 8.109
TOSCANA 29 1 3,4 32.961 25.200 7.761
UMBRIA 2 0 0,0 1.081 691 390
MARCHE 2 1 50,0 2.113 301 1.812
LAZIO 2 0 0,0 2.543 1.201 1.342
ABRUZZO 15 0 0,0 12.322 10.280 2.041
MOLISE 65 6 9,2 31.352 24.389 6.963
CAMPANIA 117 6 5,1 133.771 84.063 49.708
PUGLIA 242 9 3,7 258.875 202.524 56.350
CALABRIA 102 5 4,9 78.720 45.126 33.593
Totale complessivo 891 38 4,3 711.493 506.844 204.650
di cui
inadempienti
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014)
In particolare per i comuni è evidente l’efficacia dei meccanismi sotto il profilo
del rispetto degli obiettivi visto che tra gli enti che hanno acquisito spazi regionali si
verifica una percentuale di inadempienza più contenuta: 1,8 per cento contro il 4,3 per
cento registrato nei comuni che non hanno aderito ai patti territoriali. Più complesso
valutare l’efficacia delle misure sotto il profilo della ottimizzazione dei risultati rispetto
agli obiettivi dati e della ripresa degli investimenti locali. Infatti complessivamente
comuni e province dichiarano di aver ricevuto maggiori spazi dalle regioni (quote di
patto verticale ordinario e incentivato e acquisizione di quote con il patto orizzontale)
per 1,9 miliardi ed il saldo finanziario da essi realizzato è di 1,1 miliardo superiore a
quanto richiesto, surplus inutilizzato che rappresenta quindi il 56,7 per cento dello
spazio finanziario che le forme di compensazione regionale hanno messo a disposizione
delle autonomie locali ed in diverse regioni l’eccesso di risparmio prodotto dai comuni
va ben oltre le quote di maggiore spesa autorizzata. Il fenomeno è diffuso anche se è da
notare che proprio in quei territori in cui le forme di compensazione a livello territoriale
sono caratterizzate da architetture normative più raffinate e complesse si ottengono le
migliori performance risultato/obiettivo.
Ad indebolire l’effetto degli interventi regionali del Patto può aver contribuito
proprio un problema di coordinamento tra le misure di rimodulazione governate a
livello centrale e quelle territoriali da attivare e rendere operative per gli enti con
tempistiche molto ravvicinate che non hanno consentito di evitare, probabilmente,
alcuni casi di sovrapposizione: nel complesso gli interventi hanno trasferito ai comuni
una massa potenziale di spesa in conto capitale di circa 4,4 miliardi che ha rappresentato
oltre il 54 per cento della spesa per investimenti rilevante ai fini del Patto, con punte, in
alcune regioni, che arrivano anche al 70/80 per cento. Il peso degli spazi di spesa esterni
ai comuni è più rilevante nei piccoli centri, i quali hanno beneficiato di quote di riserva
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
208
nelle compensazioni regionali, mentre scende al di sotto del 50 per cento l’incidenza
della quota di spesa esterna al perimetro comunale nelle grandi città.
TAVOLA 16
LA SPESA IN CONTO CAPITALE ESCLUSA DAI VINCOLI DEL PATTO
(in migliaia)
regione
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
quote patto
regionale
spesa K
rilevante
per il Patto
al lordo
delle quote
DL 35/2013
massa di
spesa
imputabile a
spazi
finanziari
esterni
peso sul
totale della
spesa K
rilevante
pagamenti
effettuati a
valere sugli
spazi
concessi dal
DL 35/13
quote patto
regionale
spesa K
rilevante
per il Patto
al lordo
delle quote
DL 35/2013
massa di
spesa
imputabile a
spazi
finanziari
esterni
peso sul
totale della
spesa K
rilevante
PIEMONTE 235.262 148.020 590.466 383.282 64,9 95.434 53.919 148.765 149.353 100,4
LOMBARDIA 520.112 192.897 1.594.677 713.009 44,7 386.915 60.068 614.579 446.983 72,7
LIGURIA 78.593 69.994 268.751 148.587 55,3 10.076 30.076 33.625 40.152 119,4
VENETO 287.468 65.000 809.135 352.468 43,6 43.616 21.950 123.996 65.566 52,9
EMILIA ROMAGNA 295.872 113.106 737.339 408.978 55,5 56.282 45.930 206.197 102.212 49,6
TOSCANA 343.332 71.086 745.116 414.418 55,6 91.296 25.760 176.293 117.056 66,4
UMBRIA 59.959 43.560 146.187 103.519 70,8 9.484 13.041 18.891 22.525 119,2
MARCHE 68.251 47.948 184.875 116.199 62,9 48.311 19.540 67.586 67.851 100,4
LAZIO 196.712 107.453 466.597 304.165 65,2 89.372 36.637 397.722 126.009 31,7
ABRUZZO 69.581 51.359 171.082 120.940 70,7 22.435 15.974 62.654 38.409 61,3
MOLISE 21.413 0 43.952 21.413 48,7 2.130 0 11.742 2.130 18,1
CAMPANIA 355.027 89.895 777.665 444.922 57,2 113.646 33.651 172.206 147.297 85,5
PUGLIA 160.586 0 396.097 160.586 40,5 57.988 824 80.328 58.812 73,2
BASILICATA 46.107 16.284 119.457 62.391 52,2 26.858 5.878 47.077 32.736 69,5
CALABRIA 123.145 41.683 288.385 164.828 57,2 38.169 11.549 112.698 49.718 44,1
SICILIA 219.306 161.204 475.413 380.510 80,0 34.184 72.263 109.223 106.447 97,5
SARDEGNA 60.381 69.637 351.254 130.018 37,0 21.997 23.842 63.708 45.839 72,0
Totale complessivo 3.141.107 1.289.126 8.166.448 4.430.233 54,2 1.148.193 469.253 2.447.290 1.617.446 66,1
fascia demografica
fino a 5000 331.299 518.886 1.500.137 850.185 56,7
tra 5000 e 10.000 403.207 177.271 1.075.639 580.478 54,0
tra 10.000 e 20.000 459.000 152.472 1.137.361 611.472 53,8
tra 20.000 e 60.000 677.491 217.647 1.557.378 895.138 57,5
tra 60.000 e 250.000 634.537 140.863 1.350.606 775.400 57,4
> 250.000 635.573 81.987 1.545.327 717.560 46,4
Totale complessivo 3.141.107 1.289.126 8.166.448 4.430.233 54,2
comuni province
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014)
10. I dati offrono quindi un’importante informazione, vale a dire che oltre la metà
della spesa in conto capitale pagata dalle amministrazioni comunali è imputabile a
maggiori spazi ottenuti al di fuori dei vincoli del Patto. Se da una parte ciò sembra
confermare che questo strumento di coordinamento finisce per agire come freno alla
spesa produttiva degli enti locali, dall’altra gli ampi margini residuali per ulteriori
pagamenti rimasti inutilizzati evidenzia che le possibili cause di un andamento
decrescente degli investimenti, così protratto nel tempo e così difficile da invertire
nonostante i tentativi messi in atto, sono da ricercare anche al di fuori del
funzionamento della regola fiscale. Ad esempio nelle crescenti difficoltà finanziarie
delle amministrazioni locali, di cui sono un chiaro segnale le numerose procedure di
riequilibrio ai sensi dell’art. 243-bis del TUEL. Gli avanzi prodotti in questi anni in
termini di Patto, infatti, sono esclusivamente generati dalla gestione di competenza e la
lenta e solo parziale realizzazione degli accertamenti non ha consentito, in molti casi, di
far sì che quei saldi positivi si traducessero in liquidità da utilizzare per il pagamento
della spesa in conto capitale.
Non meno rilevante la questione relativa alla programmazione degli investimenti,
un’area esclusa dalla regola del Patto in quanto non influente ai fini dell’indebitamento,
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
209
ma che costituisce il presupposto dell’andamento dei pagamenti futuri. Al riguardo sono
stati presi in considerazione gli impegni di spesa in conto capitale dei comuni nel
periodo che va dal 2009 al 2012: gli enti osservati registrano una flessione degli
impegni del 34 per cento, passando da 14,7 miliardi a 9,7. La flessione più forte va
imputata agli enti del centro (-48 per cento) seguiti da quelli del nord est e nord ovest (-
32,5 e -36 per cento); la decrescita è poi fortemente legata al profilo dimensionale: il
calo del 23 per cento registrato dai comuni al di sotto dei 1000 abitanti aumenta
progressivamente fino ad arrivare ad un -47 per cento nelle grandi città. L’abbattimento
degli impegni per nuovi investimenti non ha risparmiato dunque neppure i maggiori
centri urbani, ora divenute città metropolitane e che per volumi di bilancio e forti
economie di scala avrebbero dovuto rappresentare poli di riferimento di una costante
programmazione di investimenti. Le aree di intervento che registrano il calo più
consistente sono quelle relative all’istruzione, beni culturali e polizia locale; forte, ma
più contenuta, anche la flessione nelle funzioni di viabilità, trasporti e gestione del
territorio e dell’ambiente, funzioni, queste ultime, che assorbono circa il 50 per cento
degli impegni complessivi di parte capitale.
TAVOLA 17
GLI IMPEGNI E I PAGAMENTI IN C/CAPITALE DEI COMUNI - ANNI 2009-2012
fascia n. enti 2009 2010 2011 2012 2009 2010 2011 2012 impegni pagamenti
<1000 1.633 886.640 809.643 718.243 685.677 786.415 728.978 696.531 614.801 -22,7 -21,8
>=1000 <5000 3.308 3.557.425 3.708.180 3.112.617 2.576.960 3.387.637 2.867.757 2.948.897 3.062.503 -27,6 -9,6
>=5000 <10000 1.083 1.925.704 1.755.364 1.385.615 1.238.644 1.894.912 1.476.979 1.467.797 1.291.183 -35,7 -31,9
>=10000 <20000 659 1.856.026 1.853.751 1.498.071 1.194.593 1.920.375 1.531.638 1.444.599 1.232.902 -35,6 -35,8
>=20000 <60000 383 2.563.579 2.432.370 1.917.340 1.712.871 2.662.220 2.162.065 1.909.560 1.725.305 -33,2 -35,2
>=60000 <250000 86 2.074.635 1.890.464 1.430.930 1.331.348 2.116.449 1.619.388 1.452.027 1.501.472 -35,8 -29,1
>=250000 11 1.849.387 2.323.949 1.839.315 985.521 2.157.206 1.927.562 2.085.035 1.909.879 -46,7 -11,5
Totale complessivo 7.163 14.713.394 14.773.720 11.902.130 9.725.614 14.925.214 12.314.366 12.004.445 11.338.045 -33,9 -24,0
area
Centro 874 2.441.729 2.252.177 1.423.849 1.276.727 2.300.253 2.004.972 1.705.279 1.517.530 -47,7 -34,0
Isole 660 1.348.996 1.299.604 1.155.912 1.055.884 1.466.725 1.232.272 1.057.068 942.988 -21,7 -35,7
Nord Est 1.388 3.450.795 3.291.463 2.686.107 2.329.250 3.643.865 3.070.307 2.921.692 2.939.984 -32,5 -19,3
Nord Ovest 2.775 3.852.932 4.107.184 3.638.832 2.470.287 4.101.104 3.478.892 3.950.104 3.571.953 -35,9 -12,9
Sud 1.466 3.618.942 3.823.292 2.997.429 2.593.466 3.413.268 2.527.923 2.370.301 2.365.590 -28,3 -30,7
Totale complessivo 7.163 14.713.394 14.773.720 11.902.130 9.725.614 14.925.214 12.314.366 12.004.445 11.338.045 -33,9 -24,0
fascia n. enti 2009 2010 2011 2012 2009 2010 2011 2012 impegni pagamenti
<1000 1.633 1.190 1.044 958 989 1.034 1.005 961 846 -16,9 -18,2
>=1000 <5000 3.308 482 506 425 356 456 388 393 414 -26,1 -9,2
>=5000 <10000 1.083 256 231 183 166 252 195 192 172 -35,2 -31,5
>=10000 <20000 659 204 204 162 134 212 167 157 137 -34,1 -35,5
>=20000 <60000 383 200 191 146 138 209 167 148 137 -31,1 -34,6
>=60000 <250000 86 224 216 159 158 232 181 159 163 -29,5 -30,0
>=250000 11 260 306 229 133 322 282 259 255 -49,1 -20,7
Totale complessivo 7.163 565 539 467 437 518 465 454 432 -22,7 -16,6
area
Centro 874 558 450 302 359 445 402 393 342 -35,7 -23,3
Isole 660 576 582 569 478 550 484 457 471 -16,9 -14,4
Nord Est 1.388 664 591 510 520 622 597 542 552 -21,6 -11,3
Nord Ovest 2.775 488 476 451 394 467 442 457 423 -19,2 -9,3
Sud 1.466 618 641 509 467 548 412 401 374 -24,4 -31,8
Totale complessivo 7.163 565 539 467 437 518 465 454 432 -22,7 -16,6
valori assoluti in migliaia
valori pro capite
var% 2012_2009
var% 2012_2009
impegni di competenza pagamenti totali
impegni di competenza pagamenti totali
Fonte: elaborazioni Corte dei conti sui dati dei rendiconti
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
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Nello stesso arco di tempo considerato la flessione dei pagamenti per la stessa
tipologia di spesa risulta più contenuta (-24 per cento) in quasi tutte le aree (ad
eccezione del nord ovest e delle isole) e soprattutto nelle grandi città, essendo elevati i
pagamenti dei residui per opere giunte a conclusione. Ciò induce a ritenere che in
prospettiva, quindi, anche i pagamenti saranno interessati da una caduta ancora più
marcata visto che, esaurito l’effetto dei provvedimenti straordinari per l’accelerazione
del pagamento dei debiti pregressi ed in assenza di una sostituzione delle precedenti
situazioni debitorie estinte con nuove obbligazioni assunte, sarà molto probabile che nel
breve-medio periodo la spesa in conto capitale si attesterà su un profilo decisamente più
basso di quello attuale. Sarà pertanto importante, in assenza di misure di sostegno in
grado di far ripartire la programmazione e che comunque, anche laddove adottate,
produrrebbero effetti non immediati, ripensare alla regola del Patto onde evitare che i
maggiori spazi che continueranno a prodursi nell’area della spesa in conto capitale
possano essere occupati da crescenti impegni correnti, assolutamente compatibili con
l’obiettivo di saldo.
11. Dopo oltre un decennio di applicazione, caratterizzato da continue revisioni ed
aggiustamenti, si avvertono segnali sempre più ricorrenti di una crisi del Patto, regola
che sembrava aver trovato a fatica una sua sistematizzazione organica con la legge di
stabilità per il 2011, con l’obiettivo strutturale e la previsione di contributi aggiuntivi
annualmente definiti, con il supporto del sistema di premi/sanzioni di cui al D.lgs.
149/2011 e la differenziazione del contributo richiesto in base alla virtuosità introdotta
dal DL 98/2011. Un’architettura in breve tempo indebolita da eccezioni, casistiche
particolari ed urgenze finanziarie che hanno di molto ridimensionato la portata della
regola fiscale.
Così, oltre ai problemi di coordinamento che hanno affievolito gli effetti positivi
attesi dalle misure di flessibilizzazione e adattamento del Patto (dei quali si è tentata un
sommaria ricostruzione), c’è da valutare che si sta assistendo ad un progressivo
svuotamento dei suoi contenuti fondamentali che costituivano corollari indispensabili
della regola: primo fra tutti il meccanismo di virtuosità introdotto dal DL 98/2011 che
ancorava gli obiettivi di saldo ai principi di equità e differenziazione.
L’art. 2, c. 2 del DL 98/2011 ha introdotto la distinzione tra enti virtuosi e non virtuosi. La virtuosità o
meno degli enti territoriali è determinata ai sensi del comma 428 della legge di stabilità per il 2013, sulla
base della valutazione ponderata di un numerus clausus di parametri: convergenza tra spesa storica e costi
e fabbisogni standard, rispetto del patto di stabilità interno, incidenza della spesa del personale sulla spesa
corrente dell'ente in relazione al numero dei dipendenti in rapporto alla popolazione residente, alle
funzioni svolte anche attraverso esternalizzazioni nonché all'ampiezza del territorio (tenendo conto del
suo valore all'inizio della legislatura o consiliatura e delle sue variazioni nel corso delle stesse),
autonomia finanziaria, equilibrio di parte corrente, tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda
individuale per gli enti locali, rapporto tra gli introiti derivanti dall'effettiva partecipazione all'azione di
contrasto all'evasione fiscale e i tributi erariali, per le regioni, effettiva partecipazione degli enti locali
all'azione di contrasto all'evasione fiscale, rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e accertate,
operazione di dismissione di partecipazioni societarie nel rispetto della normativa vigente. Al fine di tener
conto della realtà socio-economica, i parametri di virtuosità sono corretti con i seguenti due indicatori: il
valore delle rendite catastali e il numero di occupati.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
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Negli anni successivi alla sua introduzione la categoria della virtuosità è stata
meglio definita ed è stato ampliato il set di indicatori nel tentativo di tipizzare gli enti
più meritevoli di obiettivi meno onerosi o addirittura, ove possibile, di un saldo in
pareggio; la regola tuttavia è stata operativa solo per il 2012 e con il limite imposto
dalla clausola di salvaguardia prevista dall’art. 31, c. 6 della legge 183/2011 per gli enti
non virtuosi, per cui le amministrazioni locali individuate come virtuose sono state pari
a circa il 6,29 per cento del totale. Nel corso del 2013 il meccanismo viene sospeso (art.
2, c. 5 del DL 120/2013) per garantire un contributo aggiuntivo degli enti locali alla
finanza pubblica e non sarà riattivato nel 2014 perché la flessibilizzazione verrà
utilizzata a favore degli enti partecipanti alla sperimentazione dei nuovi sistemi
contabili.
Depotenziato anche il meccanismo della premialità introdotto dall’art. 1, c. 122
della L. 220/2010 per ridurre gli obiettivi individuali in proporzione agli effetti prodotti
dalle sanzioni applicate agli enti inadempienti: di scarso rilievo finanziario nel 2013 e di
fatto abbandonato nel 2014 come illustrato più avanti. Non rimane indenne da
incursioni normative altresì il sistema sanzionatorio che pure nell’art. 7 del d.lgs.
149/2011 aveva ottenuto un consolidamento definitivo. Nel 2013 diverse sono le misure
straordinarie, in parte replicate per il 2014 con il DL 16/2014, introdotte per limitare
ovvero escludere l’applicazione di alcune sanzioni (si veda il caso di Venezia e
Chioggia, nonché quello degli enti che non hanno rispettato il Patto per via dei mancati
introiti relativi alla privatizzazione di società partecipate, ovvero degli enti inadempienti
a causa del pagamento nel 2012 di debiti pregressi).
La necessità, infine, di assicurare che determinate spese non vengano frenate
perché corrispondenti ad interessi delle comunità amministrate ritenuti particolarmente
meritevoli di tutela (situazioni eccezionali differenti ed ulteriori rispetto a quelle
rientranti nello stato di emergenza, spese a valere su fondi comunitari, investimenti
infrastrutturali, sblocco situazioni debitorie, ecc.) sta generando un progressivo
restringimento dell’area di intervento del Patto che sempre più si fa stringente proprio
su quella parte di spesa che soffre della maggiore rigidità e che per tale suo carattere
non reagisce in modo significativo all’inasprimento degli obiettivi, facendo sì che il
peso delle manovre si scarichi sulla parte più discrezionale e flessibile, cioè la spesa per
investimenti. Da qui l’importanza crescente delle misure di rafforzamento del Patto -
tagli di risorse ed interventi di spending review - per assicurare il contributo delle
autonomie locali alla finanza pubblica instradando le amministrazioni su un percorso di
revisione ed efficientamento della spesa corrente che lo strumento del Patto da sé non è
riuscito a indurre con successo.
Il Patto per il 2014 nei comuni. Una prima ricostruzione degli obiettivi del Patto
2014 consente di condurre alcune valutazioni sulle modifiche alla disciplina introdotte
con la legge di stabilità. In particolare permette di fornire primi elementi sulla coerenza
dei correttivi contenuti nella l. 147/2013 con quelli che appaiono i limiti attribuiti
all’operare della regola fiscale e con gli andamenti più recenti della spesa del comparto.
Il legislatore ha infatti previsto per gli enti locali un allentamento della stringenza
degli obiettivi attraverso due modalità: una esplicita e con effetti certi sull’intero
comparto ed una implicita con eventuali ricadute solo sui saldi individuali. Entrambe le
modifiche sono governate a livello centrale e ad esse si affiancano le consuete forme di
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compensazione territoriale che vanno a completare il quadro delle agevolazioni del
Patto. Diverso infatti il ruolo dell’incentivo nazionale rispetto a quello regionale: al
primo il compito di ripartire uniformemente i benefici ed evitare che l’appartenenza ad
un determinato ambito regionale possa costituire una condizione di svantaggio; alle
regioni il compito di raffinare l’assegnazione delle misure di allentamento degli
obiettivi mirando in maniera selettiva agli interventi e alle politiche di investimento
locale più meritevoli ed efficaci .
La forma di allentamento esplicito, il cui effetto in termini di indebitamento netto
è quantificato in 1500 milioni, è contenuta nelle due misure finalizzate ad arginare il
fenomeno della perdurante compressione della spesa in conto capitale.
Viene escluso dalle spese rilevanti ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi
il pagamento di spesa in conto capitale effettuata nel I° semestre dell’anno per un
importo massimo di 1 miliardo, di cui 840 milioni per i comuni. Della stessa natura
l’incentivo di altri 500 milioni che tutti gli enti territoriali possono richiedere per
proseguire nell’attività di smaltimento di residui passivi di parte capitale risalenti
almeno al 31 dicembre 2012.
Le modifiche apportate al calcolo degli obiettivi, invece, costituiscono, in un certo
senso una misura di alleggerimento selettiva e premiante.
Lo scorrimento della base di calcolo, infatti dovrebbe dare un riconoscimento agli
enti che più hanno contenuto nel tempo la spesa corrente; inoltre la revisione dei
coefficienti di correzione - per i comuni superiori a 5000 abitanti da 14,8 a 14,07 -
rafforza il beneficio per i più virtuosi, determinando un significativo effetto
alleggerimento degli obiettivi di saldo.
La modifica dei coefficienti deve comunque assicurare l’invarianza del contributo
richiesto al comparto ed infatti l’abbassamento dell’aliquota è reso possibile dalla
normalizzazione del coefficiente fissato per i comuni più piccoli (che passa da 12 a
14,07 per cento) nonché proprio dalla diversa base di riferimento che permette di
calcolare l’obiettivo su un volume di spesa corrente complessivamente in aumento.
L’obiettivo stimato per una platea di comuni pari a 4885 enti si attesta a 3,7
miliardi, di cui 408 milioni di avanzo sono da generarsi da parte dei comuni aderenti
alla sperimentazione e 3,2 miliardi dai restanti comuni (su questi ultimi ricade la
compensazione di una quota della riduzione dei saldi concessa agli enti aderenti alla
sperimentazione e comporta un incremento dell’obiettivo di circa l’11 per cento rispetto
al calcolo standard). Per una parte marginale dei comuni non in sperimentazione (183)
scatta la clausola di salvaguardia determinando un saldo obiettivo che non può essere
superiore alla spesa corrente media del triennio 2007-2009 corretta della percentuale
prevista dalla normativa previgente come soglia massima per gli enti non virtuosi (15,8
per cento) aumentato del 15 per cento. Lo sbarramento dell’obiettivo per i comuni
rientranti in tale categoria viene compensato da tutti gli altri (con esclusione degli enti in
sperimentazione, dei piccoli comuni e di quelli che non hanno subito taglio dei
trasferimenti), circa 1700 comuni, che vedono maggiorato il proprio obiettivo standard
dello 0,97 per cento.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
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TAVOLA 18
UNA STIMA DEGLI OBIETTIVI 2014 DEI COMUNI
a. comuni in sperimentazione e non (valori assoluti in migliaia)
fascia n. comuni
ob_2014 al
netto taglio
trasferimenti
n. comuni ob ridotto n. comuni ob aumentato ob iniziale incr%
fino a 5000 2.806 826.349 62 9.116 2.744 807.035 753.184 7,1
tra 5000 e 10.000 1.001 449.787 85 20.190 916 407.479 364.410 11,8
tra 10.000 e 20.000 619 544.331 76 33.364 543 473.644 423.092 11,9
tra 20.000 e 60.000 368 840.268 68 74.420 300 682.599 609.332 12,0
tra 60.000 e 250.000 82 681.018 21 92.729 61 484.559 429.807 12,7
>250.000 11 724.175 5 178.168 6 346.699 301.838 14,9
Totale complessivo 4.887 4.065.928 317 407.988 4.570 3.202.015 2.881.662 11,1
comuni in
sperimentazione
comuni non in sperimentazione
b. comuni non in sperimentazione con applicazione della calusola di salvaguardia (valori assoluti in migliaia)
fascia n. comuni
obiettivo
2014 a LV
obiettivo
2014 a
normativa
previgente +
15%
n. comuni
obiettivo
2014 al
15,07%
obiettivo
2014
maggiorato
n. comuni obiettivo
fino a 5000 56 23.160 20.647 17 5.447 5.613 2.671 778.428
tra 5000 e 10.000 56 27.210 25.004 851 375.929 387.360 9 4.340
tra 10.000 e 20.000 44 41.251 37.976 497 429.974 443.049 2 2.419
tra 20.000 e 60.000 23 43.554 39.630 277 639.045 658.477 0
tra 60.000 e 250.000 4 27.651 25.051 56 445.807 459.363 1 11.101
>250.000 6 346.699 357.241
Totale complessivo 183 162.825 148.307 1704 2.242.901 2.311.104 2.683 796.288
comuni salvaguardati comuni penalizzati
comuni non salvaguardati e
non penalizzati
c. obiettivi al netto degli spazi finanziari concessi per spesa in c/capitale del I semestre 2014 (valori assoluti in migliaia)
fascia n. comuni ob ridotto
spazio
finanziario
ob al netto
degli spazi
concessi
n. comuni
obiettivo
2014 a LV
obiettivo
2014 a
normativa
previgente +
15%
spazio
finanziario
ob al netto
degli spazi
concessi
fino a 5000 62 9.116 1.663 7.454 56 23.160 20.647 3.605 17.042
tra 5000 e 10.000 85 20.190 3.668 16.522 56 27.210 25.004 4.426 20.577
tra 10.000 e 20.000 76 33.364 6.035 27.329 44 41.251 37.976 6.479 31.497
tra 20.000 e 60.000 68 74.420 13.504 60.915 23 43.554 39.630 7.016 32.615
tra 60.000 e 250.000 21 92.729 16.778 75.951 4 27.651 25.051 4.435 20.616
>250.000 5 178.168 31.696 146.472 0
Totale complessivo 317 407.988 73.344 334.644 183 162.825 148.307 25.960 122.347
comuni in sperimentazione comuni salvaguardati
totale
comuni
fascia n. comuni
obiettivo
2014 al
15,07%
obiettivo
2014
maggiorato
spazio
finanziario
ob al netto
degli spazi
concessi
n. comuni
ob 2014 al
15,07% della
s_corr media
spazio
finanziario
ob al netto
degli spazi
concessi
ob al netto
degli spazi
concessi
fino a 5000 17 5.447 5.613 993 4.619 2.671 778.428 142.084 636.344 665.459
tra 5000 e 10.000 851 375.929 387.360 68.219 319.141 9 4.340 792 3.549 359.789
tra 10.000 e 20.000 497 429.974 443.049 78.279 364.770 2 2.419 446 1.973 425.569
tra 20.000 e 60.000 277 639.045 658.477 116.460 542.018 0 0 635.548
tra 60.000 e 250.000 56 445.807 459.363 81.051 378.313 1 11.101 2.025 9.076 483.956
>250.000 6 346.699 357.241 63.230 294.011 0 440.484
Totale complessivo 1704 2.242.901 2.311.104 408.231 1.902.872 2.683 796.288 145.346 650.942 3.010.805
comuni penalizzati comuni non salvaguardati e non penalizzati
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF e decreti di attuazione L. 147/2013, art. 1, c. 532 e ss.
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L’obiettivo complessivo così determinato, al netto degli enti in sperimentazione,
risulta in aumento rispetto al 2013 di circa il 5 per cento. Mentre è scontato l’incremento
molto significativo per i comuni sotto la soglia dei 5000 abitanti, a causa della
normalizzazione della aliquota di correzione applicata e del loro recente ingresso nella
regola del Patto, colpisce tuttavia che la maggiore onerosità del contributo si confermi
in tutte le fasce demografiche (ad eccezione dei comuni di grandi dimensioni ma per la
drastica riduzione registrata da un solo ente), ed in ogni ambito territoriale con l’unica
eccezione della Campania (un incremento di oltre il 10 per cento si registra nel Lazio, in
Abruzzo, in Basilicata ed in Sardegna).
Se la revisione delle regole del PSI per il prossimo biennio non risultano
vantaggiose per il complesso dei comuni, la stima degli obiettivi individuali fa
emergere che dietro a tale fenomeno si nascondono andamenti diversi.
Per quanto riguarda i comuni piccoli (non aderenti alla sperimentazione) quasi
tutti presentano un obiettivo 2014 più stringente rispetto al 2013 e nel 77 per cento dei
casi all’incremento dell’aliquota si accompagna un ampliamento della base di calcolo
(in altri termini un aumento della spesa corrente nel triennio). Sono solo 619 (il 23 per
cento) gli enti penalizzati esclusivamente dall’incremento del coefficiente di correzione,
avendo invece ridotto il livello di spesa.
Più composito il quadro ove si guardi ai 1826 enti con più di 5000 abitanti. Sono
1030 (il 56 per cento) quelli che presentano un saldo obiettivo più oneroso del 2013. Per
questi, nonostante la riduzione delle aliquote, il cambio della base di riferimento porta
ad un innalzamento del contributo richiesto, direttamente conseguente a politiche
espansive di spesa corrente mantenute dalle amministrazioni negli ultimi anni. Per 796
comuni invece (43,5 per cento) la revisione delle modalità di calcolo risulta premiante e
per il 70 per cento di essi il vantaggio è legato giusto ad una diminuzione della media
degli impegni correnti nel periodo 2009-2011 rispetto al triennio precedente. I restanti
comuni che ottengono un obiettivo meno oneroso del 2013 riescono ad avvantaggiarsi
delle modifiche normative pur in presenza di un andamento crescente di spesa corrente.
Ad una prima analisi quindi il meccanismo previsto sembra cogliere l’obiettivo di
alleggerire l’intervento richiesto per gli enti che hanno proceduto ad una revisione della
spesa corrente e, d’altra parte, di non allentare la presa su quegli enti che hanno
mantenuto un profilo di crescita della spesa corrente, probabilmente scaricando sulla
spesa in conto capitale (ovvero sulle leva fiscale) obiettivi crescenti di patto.
Ciò nonostante sarebbe semplicistico associare l’evidenziazione di saldi più
vantaggiosi a comportamenti gestionali particolarmente virtuosi degli enti: non sono
rari e non di poco rilievo, infatti, casi in cui obiettivi meno onerosi sono da ricondursi a
drastici piani di risanamento che amministrazioni in situazioni finanziarie di elevata
criticità sono state costrette ad avviare.
Nell’insieme di comuni osservato il confronto tra la media degli impegni riferiti al
triennio 2007-2009 e quella del triennio successivo (2009-2011) fa registrare
complessivamente un aumento del 3,5 per cento, uniformemente distribuito tra le
diverse classi demografiche e più differenziato invece sotto il profilo territoriale (le
regioni in cui è più marcato l’aumento sono Lombardia, Lazio, Abruzzo, Puglia e
Sardegna). Tuttavia se distinguiamo i comuni con obiettivi 2014 inferiori a quelli del
2013, notiamo che essi registrano una flessione della spesa media tra i due trienni del
2,3 per cento, mentre nei comuni che non rispettano tale condizione la spesa media
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
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215
aumenta nel secondo triennio di oltre il 6 per cento (incremento superiore al 10 per
cento nel Lazio e superiore all’8 per cento nei comuni tra 20.000 e 60.000 abitanti).
L’osservazione poi degli interventi di spesa tra i quali sono stati ripartiti gli
impegni nel periodo 2009-2011 (almeno per i comuni con popolazione superiore a 5000
abitanti) evidenzia che in realtà gli aumenti si concentrano esclusivamente nelle voci
relative agli oneri straordinari della gestione corrente e nelle prestazioni di servizio,
interventi nei quali vengono contabilizzati, tra l’altro, i ripiani delle perdite delle
società appartenenti agli enti locali ed i contratti di servizio con le stesse. Mentre una
chiara tendenza al contenimento della spesa è presente negli altri interventi, tra cui in
particolare l’acquisto di beni di consumo (-7,9 per cento) e i trasferimenti (-13,2 per
cento). In particolare nei comuni capoluogo di provincia gli oneri straordinari della
gestione corrente risentono di un significativo incremento nell’ambito dei servizi
relativi alle funzioni generali (soprattutto ufficio tecnico e gestione economico-
finanziaria) e nei servizi relativi a viabilità, illuminazione pubblica e trasporto locale;
mentre le prestazioni di servizi fanno registrare un forte incremento nei servizi
anagrafici, di polizia commerciale, trasporto pubblico, ed in maniera particolarmente
importante nella gestione del servizio di smaltimento rifiuti.
La pressione per ridurre la stringenza dei vincoli sulle amministrazioni locali
sembra avere prodotto una progressiva sterilizzazione dell’operare della regola fiscale,
sostituita dalla crescente criticità riconducibile a difficoltà finanziarie e dalle incertezze
normative sulla disponibilità di risorse degli enti.
Infatti più che il vincolo del Patto, sull’incapacità di trasmettere attraverso
allentamenti degli obiettivi impulsi significativi alla spesa in conto capitale, sembra aver
inciso la condizione di fragilità finanziaria degli enti o la riduzione della stessa capacità
progettuale conseguente all’incertezza sulla disponibilità di risorse anche per i continui
mutamenti nel sistema di finanziamento. Ne è un esempio l’inefficacia dimostrata nel
2013 dalla misura di accelerazione dei pagamenti in conto capitale via aumento degli
spazi finanziari concessi agli enti.
Il rilievo delle incertezze sulla disponibilità di risorse e dei ritardi nella
definizione dei bilanci di previsione, condizioni ed incertezze che sembrano ripetersi
anche nel corrente esercizio, consigliano una attenta valutazione delle scelte da
assumere e rafforzano l’utilità di interventi che incidano sulla rapidità e certezza degli
esiti. Sono infatti le incertezze sulla disponibilità delle risorse, i tagli, le difficoltà di
operare una effettiva programmazione dell’esercizio (in sintesi i vincoli finanziari)
piuttosto che gli ostacoli attribuiti alla regola fiscale ad incidere sulla gestione
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LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI PATTI DI SOLIDARIETA’ REGIONALI
(AGGIORNAMENTO 2013)
PIEMONTE LOMBARDIA LIGURIA
Riferimenti
normativi
DGR 8/4/2013 n. 4-5599 –
attuazione Patto verticale
incentivato contestuale in
Piemonte, Lombardia e Veneto
DGR 28/5/2013 n. 1-5830 PRV
incentivato – I riparto
DGR 25/6/2013 n. 13-5998 –
PRVI - II riparto
DGR 12/7/2013 n. 13-6065 –
deroghe al PSI per gli enti
beneficiari di fondi comunitari
DGR 14/10/2013 n. 9-6492–
PRV ordinario
LR 11/2011 e LR 7/2012
(modalità applicative Patto di
stabilità territoriale)
DGR 24/5/2013 n. 169 attuazione
PSI territoriale per il 2013;
DGR 16/6/2013 n. 295
integrazione PST 2013
DGR 11/10/2013 n. 799
introduzione nel patto territoriale di
un plafond sperimentale
LR 24 dicembre 2010, n. 22
“Disposizione per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale
della regione Liguria – Patto di
stabilità territoriale”;
DGR n. 639 del 31/5/2013 (Patto
regionale verticale incentivato)
DGR 746 del 28/6/2013 (riparto
Patto di stabilità verticale
incentivato)
DGR 752 del 28/6/2013
(sterilizzazione attraverso gli
spazi del PRV dei pagamenti
effettuati su programmi
cofinanziati dai fondi strutturali
POR-FERS 2007-2013)
Requisiti per
l’accesso alle
compensazioni
Regolare richiesta nei termini
Pieno utilizzo degli spazi
aggiuntivi ottenuti nel 2012
Disponibilità di cassa
Effettiva liquidabilità delle spese
Utilizzo degli spazi aggiuntivi
ottenuti nel 2012
Regolare richiesta nei termini
Utilizzo degli spazi aggiuntivi
ottenuti nel 2012
Parametri e
criteri per
PATTO
VERTICALE
Entità dei residui passivi del
titolo II al 31/12/2012 al netto
degli spazi finanziari concessi
con il DL 35/2013 con tetto
massimo di 5 mln e minimo di
5mila euro
Esigenze di maggiori
pagamenti in c/capitale a valere
sul FESR, FSE e FEASR
Esigenze di maggiori
pagamenti in c/capitale relativi
all’edilizia scolastica e
all’adeguamento alla normativa
antisismica
Vincolo di una quota del
riparto per i comuni fino a
5000 ab.
PROVINCE: 87,5% del plafond
ripartito tra gli enti ammessi alla
distribuzione in proporzione ai
residui in c/capitale al 31/12/2012;
il 10% assegnato alle province
coinvolte dal terremoto e dall’Expo
(plafond sperimentale); il 2,5% per
incentivare il Patto orizzontale
COMUNI: 75,5% del plafond
assegnato a tutti i comuni
richiedenti in proporzione
all’ammontare complessivo dei
residui passivi c/capitale; il 10%
assegnato alle province coinvolte
dal terremoto e dall’Expo (plafond
sperimentale); il 12% è riservato a
premiare i comuni in base al
posizionamento di ciascuno di essi
nella graduatoria dell’indice
sintetico di virtuosità (DGR
2098/2011); il restante 2,5% va ad
incentivare il patto orizzontale per i
comuni che cedono spazi finanziari
ed in proporzione agli stessi
Gli enti sono ripartiti in 4 fasce
di merito: a) enti che hanno
ceduto spazio nel 2012; a1)
comuni fino a 5000 ab. Non
soggetti al Patto 2012; b) enti che
non hanno ceduto né ricevuto
spazi nel 2013; c) restanti enti
Sistema
regionale di
penalizzazioni/
incentivi
Esclusione dalle future
procedure di compensazione
per gli enti beneficiari di
risorse aggiuntive di tipo
verticale non utilizzate
pienamente
Esclusione dalle future procedure
di compensazione per gli enti
beneficiari di risorse aggiuntive di
tipo verticale o/e orizzontale non
utilizzate; in caso di utilizzo solo
parziale, gli enti potranno ancora
accedere al patto territoriale ma
con delle penalizzazioni in ragione
della quota non utilizzata;
agli enti che hanno ceduto quote
del proprio obiettivo potrà essere
riconosciuta una quota premiale del
plafond messo a disposizione dalla
regione
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
217
VENETO EMILIA ROMAGNA TOSCANA
Riferimenti
normativi
LR 10/2012 (Regionalizzazione
Patto di stabilità interno)
DGR 620 del 3/5/2013 (Patto
regionale verticale incentivato)
decreto n. 71 del 30/5/2013
(riparto del plafond Patto
verticale incentivato)
LR 23 dicembre 2010, n. 12 “Patto di
stabilità territoriale della regione Emilia
Romagna”;
DGR 327 del 25/3/2013 (definizione
criteri e modalità applicazione PVI);
DGR 432 del 15/4/2013 (attribuzione
quote di PRV per compensare il
peggioramento degli obiettivi degli enti
che avevano acquisito quote di patto
orizzontale 2012); DGR 809 del
17/6/2013 (attuazione PRV
incentivato); DGR 867 del 24//6/2013 e
DGR 1088 del 2/8/2013 (distribuzione
spazi finanziari per comuni colpiti dal
sisma); DGR 1351 del 23/9/2013
(proposta criteri per rimodulazione
obiettivi 2013) DGR 1539 del
28/10/2013 (misure di compensazione
orizzontale e verticale a favore delle
autonomie – anno 2013)
LR 68/2011 “Patto di stabilità
territoriale”
DGR 251 del 15/4/2013
(attuazione Patto di stabilità
verticale)
Requisiti per
l’accesso alle
compensazioni
Patto verticale: rispetto del Patto
2012; effettivo utilizzo di
almeno il 95% delle quote
assegnate nel 2012
Rispetto del Patto 2012 con un margine
positivo non superiore al 20%
dell’obiettivo; presentazione di
tempestiva e regolare richiesta
Rispetto del Patto di stabilità
nel triennio; utilizzo del
plafond messo a disposizione
dalla regione nell’esercizio
precedente
Parametri e
criteri per
PATTO
VERTICALE
Criteri di riparto:
in proporzione all’ammontare di
residui del titolo II della spesa. I
comuni sono stati suddivisi in 3
fasce demografiche e ciascuna
delle quali è assegnata una
percentuale del plafond
complessivo. Un quota del
plafond viene riservata a
sostenere le esigenze di cassa dei
Comuni in difficoltà con la
definizione di contenziosi
giudiziari in atto
Una quota del PRV è assegnata per
compensare il peggioramento
dell’obiettivo di enti che nel 2012
avevano ottenuto spazi con il PRO
Indicatore 1: rapporto tra differenza (se
positiva) dei residui tit. II spesa
rispetto a residui tit. IV entrata e
sommatoria di tali differenze relative a
tutti gli enti locali della regione;
indicatore 2: rapporto tra debito pro-
capite di ciascun ente e quello relativo
alla sommatoria di tutti gli enti locali
della regione;
indicatore 3: interventi di investimento
coerenti con la programmazione
regionale
quota pari al 5% della disponibilità
ceduta dalla regione: da assegnare con
priorità a sostegno di particolari
situazioni emergenziali, interventi di
edilizia scolastica, enti capofila nelle
associazioni comunali, debiti fuori
bilancio
Province: pagamenti per le
opere strategiche di cui al
programma regionale di
investimenti sulla viabilità
Comuni: in proporzione allo
stock di residui passivi in
c/capitale ed una parte da
destinare al finanziamento di
opere di ripristino da realizzarsi
a seguito degli eventi
alluvionali del 2012
La regione può anche
considerare altri criteri come il
sostegno alla fusione di
comuni, agli investimenti
strategici per il territorio, ed il
trasferimento di funzioni
Sistema
regionale di
penalizzazioni/
incentivi
L’utilizzo del plafond concesso
inferiore al 100% determina
l’esclusione dalla procedura di
compensazione verticale per
l’anno successivo
Gli enti locali beneficiari di spazi
aggiuntivi che registrino a fine anno un
saldo migliore di oltre il 20%
dell’obiettivo programmatico, saranno
esclusi dalle procedure di
compensazione nell’anno successivo.
La regione incentiva le cessione di
spazi nel Patto orizzontale garantendo il
recupero totale della quota nell’anno
successivo mediante il proprio
intervento verticale.
Agli enti locali che cedono
spazi finanziari al sistema
territoriale regionale può essere
riconosciuto un maggiore
punteggio nei bandi regionali
per la concessione di
finanziamenti specifici e viene
attribuita una quota maggiore
di tributi regionali
Applicate sanzioni per gli enti
che non utilizzino almeno il
90% degli spazi ottenuti per lo
smaltimento dei residui passivi,
percentuale che si eleva al
100% per gli spazi ottenuti in
relazione alle opere di
ripristino e alle opere
strategiche
IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
218
UMBRIA MARCHE LAZIO
Riferimenti
normativi
DGR n. 558 del 3/6/2013 e DGR n.
641 del 19/6/2013 (applicazione
Patto verticale incentivato)
DGR n. 1100 del 7/10/2013, DGR
n. 1170 del 21/10/2013, DGR n.
1188 del 28/10/2013 e DGR n.
1215 del 28/10/2013 (applicazione
Patto verticale ordinario)
DGR 983 del 28/6/2013 (Patto
regionale verticale incentivato)
LR 2/2013 (legge finanziaria
regionale per il 2013)
DGR 158/2013 (Patto di stabilità
regionalizzato per il 2013)
Deliberazione del 16/5/2013, del
CAL Lazio (Articolato PdS
regionalizzato 2013)
Requisiti per
l’accesso alle
compensazioni
Rispetto del Patto 2012,
presentazione di regolare richiesta
Non aver aderito a forme di
compensazione orizzontale come
enti cedenti e non aver espresso la
volontà a non partecipare alle
forme di compensazione verticale
Rispetto degli obiettivi del Patto
2012 con un differenziale positivo
non superiore al limite massimo
fissato per fascia demografica
Parametri e
criteri per
PATTO
VERTICALE
Ponderazione della richiesta in
funzione della percentuale di
utilizzo degli spazi ottenuti
nell’anno precedente con il Patto
verticale, rapporto tra la differenza
tra residui attivi e residui passivi in
c/capitale e la sommatoria delle
differenze positive calcolate per
l’insieme degli enti che hanno
richiesto spazi; il 10% del plafond
può essere ripartito tra gli enti per
particolari esigenze emergenziali o
per il sostegno di interventi di
investimenti ritenuti strategici per
il territorio (in particolare il
plafond discrezionale è stato
attribuito ad un ente capofila e agli
enti colpiti da eventi calamitosi)
PROVINCE
90% in funzione dei residui passivi
in c/capitale aumentati dell’avanzo
vincolato per spese in c/capitale;
il 10%: dell’ammontare è ripartito
in funzione del reciproco
dell’indebitamento pro-capite di
ciascuna provincia;
COMUNI
90% del plafond funzione dei
residui passivi in c/capitale
aumentati dell’avanzo vincolato
per spese in c/capitale e diminuiti
degli oneri di urbanizzazione;
10% in funzione del rapporto del
reciproco del debito pro-capite di
ciascun comune e la sommatoria
dei reciproci del debito pro-capite
di tutti i comuni ammessi alla
compensazione verticale;
incentivati i comuni che nel 2013
hanno deliberato la fusione ed i
comuni che non hanno debito
residuo dell’anno 2012
Ripartizione in misura
proporzionale ai residui passivi per
trasferimenti in conto capitale
iscritti nel bilancio regionale
Sistema
regionale di
penalizzazioni/
incentivi
Esclusione dagli incentivi in caso
di mancato rispetto
Esclusione dalle compensazioni per
il 2014 degli enti locali che
abbiano utilizzato una quota
inferiore al 50% del plafond
assegnato ed assegnazione nel
2014 di una quota pari alla
percentuale effettiva di utilizzo per
i comuni che abbiano usufruito di
una percentuale compresa tra il 50
e l’80 per cento
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
219
ABRUZZO CALABRIA
Riferimenti
normativi
DGR 391/2013 attuazione Patto verticale
incentivato
DGR 450/2013 revoca Patto verticale precedente
Dgr 488/2013 nuova assegnazione spazi mediante
Patto verticale incentivato
DGR 785/2013 attuazione Patto verticale ordinario
Deliberazione CAL n. 16/2013 patto di stabilità
regionalizzato
DGR n. 133 del 22/4/2013 attuazione Patto di
stabilità verticale incentivato
Decreto dirig. N. 856 del 26/6/2013, decreto
dirig. N. 893 del 10/70/2013 ripartizione spazi
del Patto verticale incentivato
Requisiti per
l’accesso alle
compensazioni
verticali/orizzo
ntali
Rispetto del Patto 2012
Tempestività e correttezza formale delle domande
Rispetto del Patto 2012
Tempestività e correttezza formale delle
domande
Parametri per
la ripartizione
delle
disponibilità
offerte dalla
regione
(PATTO
VERTICALE)
Parametro aggiuntivo e di precedenza: vengono
privilegiati gli ee.ll. che non hanno ottenuto spazi
attraverso il Patto verticale incentivato e la
ripartizione avviene in base a diversi criteri: riserva
del 10% agli enti che hanno assorbito personale
delle comunità montane; il 90% in base
all’ammontare di residui passivi di parte capitale, a
spese per rimborso prestiti, a spese per progetti
cofinanziati dalla regione e dall’UE
Ripartizione effettuata in proporzione alla
richiesta e al proprio stock di residui passivi di
parte capitale. Gli spazi vengono ceduti per
favorire i pagamenti relativi ad interventi
finanziati con risorse del Fondo sviluppo e
coesione e dei fondi strutturali
SICILIA SARDEGNA
Riferimenti
normativi
Accordo Regione Siciliana- URPS/ANCI
29/5/2013 (attuazione Patto regionale verticale
incentivato)
LR n. 9 del 15/5/2013 (legge di stabilità regionale
per il 2013)
DGR n. 448 del 30/11/2012 (intesa per il PSI 2013)
DGR 37/1 del 6/9/2012 (Patto di stabilità
regionale verticale incentivato)
DGR 40/31 del 11/10/2012 (Spazi aggiuntivi
Patto regionale verticale)
Requisiti per
l’accesso alle
compensazioni
verticali/orizzo
ntali
Parametri per
la ripartizione
delle
disponibilità
offerte dalla
regione
(PATTO
VERTICALE)
PROVINCE: sulla base della media degli importi
ottenuti ripartendo il plafond degli spazi finanziari
disponibili sull’obiettivo di ciascun ente e
sull’ammontare complessivo dei residui passivi in
c/capitale al 31/12/12
COMUNI: azzeramento dell’obiettivo per i comuni
fino a 5000 ab. e abbattimento del 30% dello
stesso per i restanti comuni
Per il Patto verticale ordinario sono stati
considerati con priorità gli spazi richiesti dalle
Province (escluse dal Patto incentivato) e le
richieste degli enti non soddisfatte
completamente dal Patto incentivato o relative
al pagamento di spesa c/capitale di
competenza.
Sistema
regionale di
penalizzazioni/i
ncentivi
Penalizzazioni sugli obiettivi 2014 per gli enti che
a consuntivo registrano una differenza positiva tra
risultato e obiettivo superiore al 10% dello spazio
finanziario
concesso dalla regione
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
221
LA SANITÀ: I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
1. Anche il 2013 ha confermato i progressi, già evidenziati negli ultimi esercizi,
nel contenimento dei costi per l’assistenza sanitaria. La spesa complessiva ha continuato
a ridursi, pur se a ritmi inferiori allo scorso biennio. La spesa è stata di circa 2 miliardi
inferiore alle attese, confermando la sua stabilizzazione in termini di prodotto al 7 per
cento.
Il processo di riassorbimento dei disavanzi nelle regioni in squilibrio strutturale
prosegue, pur presentando quest’anno alcune incertezze. Non in tutte le Regioni i
risultati economici mantengono il trend positivo degli scorsi anni, si segnalano ancora
insufficienze nella qualità dei servizi resi, nella appropriatezza e nella organizzazione
delle strutture che sono alla base delle difficoltà economiche esplose negli squilibri
strutturali.
La rete di valutazione, che consente il monitoraggio delle gestione e
l’applicazione di regole contabili omogenee e confrontabili, ha continuato a svolgere un
ruolo prezioso a garanzia di un aggiustamento che sia realmente strutturale. Continuano
a presentarsi, tuttavia, provvedimenti regionali assunti in contrasto con le finalità e gli
obiettivi dei Piani di rientro, di cui i tavoli tecnici devono richiedere il ritiro; si
ripropongono casi di conflitti tra Commissario (e le sue strutture tecniche) e sub-
commissari, che appaiono privi, in alcuni casi, di un potere effettivo di intervento.
Inoltre, nonostante i passi avanti compiuti permangono lacune nella identificazione dei
fabbisogni finanziari e nel corretto operare dei flussi da regioni e aziende sanitarie.
Si sta rivelando più difficile riassorbire in maniera duratura gli squilibri e più
complesso risulta l’utilizzo degli strumenti di correzione dei disavanzi. Con maggior
frequenza si propone la difficoltà di conciliare le necessità proprie del settore (assistito
da garanzie costituzionali, i LEA) e quelle delle altre funzioni regionali, sempre (e forse
da troppo tempo) in sofferenza finanziaria. Anche sotto questo profilo, l’esercizio ha
messo in evidenza, ancora una volta, l’importanza di un sistema di monitoraggio quale
quello alla base della gestione della sanità. La definizione di regole contabili e
l’esercizio dei conseguenti controlli hanno consentito di prevedere uno stretto sistema di
garanzie a tutela dell’aggiustamento creando una “cortina di protezione” sulla
destinazione dei fondi.
Le misure introdotte dai provvedimenti che hanno avviato a soluzione il
riassorbimento dei ritardi di pagamento della PA dovrebbero impedire il ripetersi in
futuro dei fenomeni di ritardo nel fluire delle somme destinate al sistema sanitario e
naturalmente, di quelli che si configurano come vere e proprie distrazioni di risorse per
altre esigenze e finalità.
Non privo di aspetti problematici, non solo da questo punto di vista, è il
provvedimento che consente di destinare ad altre finalità gli sforzi fiscali attivati per
gestire il processo di rientro degli squilibri sanitari. Una disposizione che spezza il
collegamento tra un prelievo e la sua destinazione specifica, fondamento del “contratto”
sottoscritto con i contribuenti al momento della sottoscrizione dei Piani di rientro. La
destinazione ad altre finalità o come in alcuni casi il loro utilizzo per coprire oneri
connessi alle anticipazioni necessarie per dare liquidità al sistema regionale, introduce
elementi di opacità nel sistema, specie se tali importi sono dovuti a squilibri esistenti in
altri settori.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
222
Infine, il settore sanitario si trova oggi di fronte a scelte ancora impegnative anche
dal punto di vista finanziario: interessato da un lato da ulteriori pressioni per una
riduzione ulteriore di risorse, dall’altro da necessità legate al progresso tecnico e
all’accesso a nuovi e costosi strumenti di cura e da un altro lato ancora, da difficoltà di
mantenere elevati prelievi fiscali locali.
La scelta di non intaccare, almeno nel breve periodo, le risorse destinate alla
sanità, ma di trovare all’interno del settore le risorse per affrontare i nuovi bisogni e le
somme da destinare al finanziamento degli investimenti non riduce l’impegno che si
presenta per gli esercizi a venire.
A queste necessità se ne vanno aggiungendo ulteriori. Come quella di creare
condizioni competitive in tema di salute con gli altri paesi UE, derivante
dall’applicazione della Direttiva Europea 2011/24 UE; di garantire adeguati standard di
qualità e sicurezza delle cure ai cittadini italiani ed europei e di adeguare i nuovi livelli
essenziali di assistenza; di rilanciare e rafforzare l’assistenza territoriale a causa della
prevalenza di patologie croniche – degenerative dovute all’invecchiamento della
popolazione; di superare le criticità sempre più rilevanti ed emergenti su buona parte del
territorio nazionale derivanti dall’inquinamento ambientale con inevitabili ricadute sulla
salute dei cittadini e, quindi, sulla spesa sanitaria.
Tutti aspetti su cui il nuovo Patto della salute sarà chiamato a dare risposte
effettive. L’importanza e l’urgenza di accelerare gli interventi di riadeguamento delle
strutture e di miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni rese ai cittadini
richiede, poi, la revisione dei meccanismi che governano il funzionamento del settore e
il potenziamento degli strumenti a disposizione delle amministrazioni territoriali per una
gestione delle prestazioni. Non può essere più, tuttavia, un alibi per un allungamento
senza limiti del riassorbimento degli squilibri.
LA SPESA SANITARIA NEL 2013
2. Nel 2013 le uscite complessive per assistenza sanitaria, in termini di contabilità
nazionale, si sono attestate a 109,3 miliardi in seppur lieve flessione rispetto al 2012.
Anche quest’anno il dato a consuntivo si è mantenuto ben al di sotto del dato previsto
nel DEF di aprile 2013 (111,1 miliardi) e invariato nel quadro di preconsuntivo
contenuto nella Nota di aggiornamento al DEF. Per il terzo anno consecutivo la spesa
presenta una riduzione in termini nominali (-0,3 per cento contro il -1,3 per cento dello
scorso anno secondo gli importi rivisti anche in relazione all’esercizio 2012), mentre
rimane sostanzialmente invariata in termini di prodotto.
Un risultato da non sottovalutare anche considerando che, dei 7 miliardi di minori
spese nel conto della PA rispetto al preconsuntivo di ottobre, circa due sono da
ricondurre al settore sanitario, settore che assorbe poco più del 15 per cento della spesa
al netto interessi. Un contributo importante per il mantenimento degli obiettivi di
indebitamento netto delle PA entro il 3 per cento. Una flessione ottenuta inoltre in un
anno di ripresa della spesa corrente primaria aumentata di 3,6 miliardi.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
223
Nel 2013 l’importo relativo alle prestazioni da produttori non market (assistenza
ospedaliera e altri servizi sanitari offerti direttamente dagli operatori pubblici) ha
continuato a ridursi (dello 0,3 per cento).
La spesa per il personale dipendente è ulteriormente diminuita dell’1,2 per cento mentre i
consumi intermedi rimangono sostanzialmente stabili (+0,2 per cento). Una dinamica che
riflette anche nel 2013 la scelta delle regioni di ricorrere alla distribuzione diretta dei
farmaci ai fini di un controllo complessivo della spesa.
Su l’evoluzione degli oneri per personale incide il blocco del turnover nelle regioni in
piano di rientro e le politiche di contenimento delle assunzioni per le regioni non in piano.
Incidono inoltre favorevolmente gli effetti di contenimento della spesa conseguenti
all’obbligo per le regioni di garantire con appositi accantonamenti la copertura integrale
degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali. Ciò ha comportato una maggiore congruità
nella valutazione dei relativi costi e una riduzione delle sopravvenienze passive di rilevante
entità negli esercizi finanziari successivi a quello della sottoscrizione del contratto.
Per quanto attiene la spesa per consumi intermedi la dinamica dell’anno dovrebbe
scontare le misure di contenimento adottate negli ultimi esercizi, che comportano:
- una riduzione del 10 per cento dei corrispettivi per l’acquisto di beni e servizi e dei
corrispondenti volumi di acquisto per tutta la durata residua dei contratti in essere, con la
possibilità per le regioni di adottare misure alternative di contenimento della spesa, nel
rispetto degli obiettivi programmati e dell’equilibrio finanziario, nonché l’obbligo per le
aziende sanitarie di rinegoziare i contratti (ed eventualmente recedere) qualora i prezzi
unitari siano superiori del 20 per cento rispetto ai prezzi di riferimento ;
- la fissazione di un tetto alla spesa per dispositivi medici, pari al 4,8 per cento del livello
di finanziamento del SSN cui concorre in via ordinaria lo Stato (4,4 per cento dal 2014) ;
- la rideterminazione del tetto sulla spesa farmaceutica ospedaliera dal 2,4 al 3,5 per
cento, con fissazione al 50 per cento della quota di ripiano dello sfondamento del tetto a
carico delle aziende farmaceutiche, mentre il restante 50 per cento del disavanzo resta a
carico delle regioni nelle quali è superato il tetto di spesa, in proporzione dei rispettivi
disavanzi.
Per quanto riguarda la spesa dei produttori market, al risultato complessivo (una spesa
sostanzialmente stazionaria rispetto all’esercizio precedente) contribuisce, in primo luogo
la riduzione della farmaceutica (-3 per cento), sulla quale influiscono l’aumento della
compartecipazione a carico dei cittadini(+2 per cento rispetto al 2012), sia nelle regioni in
piano di rientro che nelle restanti realtà territoriali , la riduzione del prezzo medio dei
farmaci (-5 per cento), il potenziamento del monitoraggio delle prescrizioni attraverso il
sistema Tessera sanitaria, nonché le misure di contenimento varate negli anni precedenti.
Tra queste vi é la rideterminazione del tetto della spesa farmaceutica territoriale (voce in
cui confluisce la spesa farmaceutica convenzionale) dal 13,1 per cento del finanziamento
cui concorre lo Stato del 2012 all’11,35 per cento dal 2013 e la modifica del meccanismo
di ripiano dell’eventuale sforamento della spesa .
In riduzione la spesa per l’assistenza medico-generica (-0,7 per cento) a fronte di un
aumento della spesa per altre prestazioni (che comprendono la specialistica, l’ospedaliera
convenzionata, la riabilitativa ed altra assistenza) (+1,4 per cento).
Ciò nonostante la prevista riduzione in misura percentuale fissa (1 per cento rispetto al
valore registrato a consuntivo nel 2011) degli importi e dei volumi degli acquisti da
erogatori privati prevista dal DL 95/2012 e, più in generale, la migliore regolazione,
anche nelle regioni in disavanzo, dell’accreditamento degli operatori privati con
l’assegnazione di tetti di spesa e l’attribuzione di budget, e la tendenza a trasferire gli
oneri di carattere socio-sanitario al di fuori della sanità. Per quanto riguarda la
specialistica, un effetto di contenimento della spesa è anche dovuto alla reintroduzione dei
ticket. Le altre componenti di spesa evidenziano, infine, una riduzione dell’1,1 per cento.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
224
TAVOLA 1
LA SPESA SANITARIA NEI DOCUMENTI DI FINANZA PUBBLICA
(in milioni di euro)
2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Def aprile 2013
valore assoluto 110.474 112.526 111.094 109.611 109.254 111.474 113.703 116.149 118.680
Spesa primaria complessiva 727.573 721.731 716.069 714.399 716.897 726.622 735.747 743.314 752.969
Pil 1.519.695 1.551.886 1.579.946 1.566.912 1.560.024 1.587.053 1.626.750 1.676.571 1.731.027
variazione 1,45 1,86 -1,27 -1,33 -0,33 2,03 2,00 2,15 2,18
peso sulla spesa complessiva 15,18 15,59 15,51 15,34 15,24 15,34 15,45 15,63 15,76
in percentuale del Pil 7,27 7,25 7,03 7,00 7,00 7,02 6,99 6,93 6,86
Nota Def sett. 2013 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
valore assoluto 110.474 112.526 111.593 110.842 111.108 113.029 115.424 117.616 119.789
Spesa primaria complessiva 727.573 721.731 717.729 714.365 723.670 726.023 739.479 748.599 761.571
Pil 1.519.695 1.551.886 1.578.497 1.565.916 1.557.307 1.602.937 1.660.701 1.718.365 1.779.568
variazione 1,45 1,86 -0,83 -0,67 0,24 1,73 2,12 1,90 1,85
peso sulla spesa complessiva 15,18 15,59 15,55 15,52 15,35 15,57 15,61 15,71 15,73
in percentuale del Pil 7,27 7,25 7,07 7,08 7,13 7,05 6,95 6,84 6,73
Def aprile 2013 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017
valore assoluto 110.474 112.526 111.593 110.842 111.108 113.029 115.424 117.616 119.789
Spesa primaria complessiva 727.573 721.731 717.729 714.365 726.674 724.753 739.218 748.336 761.115
Pil 1.519.695 1.551.886 1.578.497 1.565.916 1.573.233 1.624.012 1.677.735 1.731.311 1.785.918
variazione 1,45 1,86 -0,83 -0,67 0,24 1,73 2,12 1,90 1,85
peso sulla spesa complessiva 15,18 15,59 15,55 15,52 15,29 15,60 15,61 15,72 15,74
in percentuale del Pil 7,27 7,25 7,07 7,08 7,06 6,96 6,88 6,79 6,71
Nota Agg DEF ottobre 2012 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
valore assoluto 110.474 112.742 112.039 113.597 112.327 112.421 115.397
Spesa primaria complessiva 727.573 724.199 719.746 719.593 720.748 726.766 739.371
Pil 1.519.695 1.553.166 1.579.659 1.564.378 1.582.375 1.629.056 1.680.441
variazione 1,45 2,05 -0,62 1,39 -1,12 0,08 2,65
peso sulla spesa complessiva 15,18 15,57 15,57 15,79 15,58 15,47 15,61
in percentuale del Pil 7,27 7,26 7,09 7,26 7,10 6,90 6,87
Def aprile 2012 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
valore assoluto 110.474 112.742 112.039 114.497 114.727 115.421 118.497
Spesa primaria complessiva 727.573 724.199 720.544 724.812 725.724 735.050 748.169
Pil 1.519.695 1.553.166 1.580.220 1.588.662 1.626.858 1.672.782 1.725.526
variazione 1,45 2,05 -0,62 2,19 0,20 0,60 2,67
peso sulla spesa complessiva 15,18 15,57 15,55 15,80 15,81 15,70 15,84
in percentuale del Pil 7,27 7,26 7,09 7,21 7,05 6,90 6,87
Relazione al parlamento
dicembre 2011 2009 2010 2011 2012 2013 2014
valore assoluto 110.435 113.457 114.941 117.491 119.602 121.412
Spesa primaria complessiva 727.676 723.315 721.823 721.732 727.855 743.109
Pil 1.526.790 1.556.029 1.586.361 1.612.279 1.648.533 1.693.748
variazione 1,81 2,74 1,31 2,22 1,80 1,51
peso sulla spesa complessiva 15,18 15,69 15,92 16,28 16,43 16,34
in percentuale del Pil 7,23 7,29 7,25 7,29 7,26 7,17
Def aprile 2011 2009 2010 2011 2012 2013 2014
valore assoluto 110.435 113.457 114.836 117.391 122.102 126.512
Spesa primaria complessiva 727.071 723.361 725.798 729.019 745.212 763.184
Pil 1.519.702 1.548.816 1.593.314 1.642.432 1.696.995 1.755.013
variazione 1,80 2,74 1,22 2,22 4,01 3,61
peso sulla spesa complessiva 15,19 15,68 15,82 16,10 16,38 16,58
in percentuale del Pil 7,27 7,33 7,21 7,15 7,20 7,21
Dpef luglio 2008 (LV) 2009 2010 2011 2012 2013
valore assoluto 111.592 116.007 120.656 125.156 129.916
Spesa primaria complessiva 720.224 737.231 758.095 778.388 798.985
Pil 1.637.199 1.689.202 1.742.139 1.799.075 1.858.870
variazione 0,87 3,96 4,01 3,73 3,80
peso sulla spesa complessiva 15,49 15,74 15,92 16,08 16,26
in percentuale del Pil 6,82 6,87 6,93 6,96 6,99
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Istat.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
225
TAVOLA 2
IL CONTO CONSOLIDATO DELLA SANITÀ
2010 2011 2012 2013 11/10 12/11 13/12
Prestazioni sociali in natura 104.711 103.135 101.590 101.269 -1,5 -1,5 -0,3
Beni e servizi prodotti da produttori market 41.316 40.206 39.230 39.246 -2,7 -2,4 0,0
- Farmaci 10.913 9.862 8.905 8.637 -9,6 -9,7 -3,0
- Assistenza medico-generica 6.984 6.724 6.714 6.669 -3,7 -0,1 -0,7
- Assistenza medico-specialistica 4.542 4.687 4.778 4.751 3,2 1,9 -0,6
- Assistenza osped. in case di cura private 9.449 9.373 9.127 9.146 -0,8 -2,6 0,2
- Assistenza protesica e balneotermale 3.940 4.093 3.970 3.979 3,9 -3,0 0,2
- Altra assistenza 5.488 5.467 5.736 6.064 -0,4 4,9 5,7
Servizi prodotti da produttori non market: 63.395 62.929 62.360 62.023 -0,7 -0,9 -0,5
- Assistenza ospedaliera 49.602 49.269 48.929 48.642 -0,7 -0,7 -0,6
- Altri servizi sanitari 13.793 13.660 13.431 13.381 -1,0 -1,7 -0,4
Contribuzioni diverse, servizi amministrativi
e altre uscite 7.815 7.959 8.021 7.985 1,8 0,8 -0,4
Uscite totali 112.526 111.094 109.611 109.254 -1,3 -1,3 -0,3
servizi prodotti da produttori non market: 63.395 62.929 62.360 62.023 -0,7 -0,9 -0,5
di cui
Redditi da lavoro dipendente 35.449 34.185 33.673 33.280 -3,6 -1,5 -1,2
Consumi intermedi 25.220 26.127 26.375 26.440 3,6 0,9 0,2
Ammortamenti 2.276 2.357 2.372 2.377 3,6 0,6 0,2
milioni di euro
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Istat.
Un risultato di particolare rilievo che ha consentito di rivedere le previsioni della
spesa sanitaria nel prossimo quinquennio (si veda il riquadro «La spesa sanitaria nel
quadro di previsione del DEF 2014»). La revisione incorpora anche la variazione delle
stime relative agli anni precedenti, riviste in riduzione per circa 500 milioni nel 2011 e
1,2 miliardi nel 2012.
LA SPESA SANITARIA NEL QUADRO DI PREVISIONE DEL DEF 2014
Il DEF ha di recente aggiornato le previsioni per la spesa sanitaria per il periodo 2014-
2017 estendendole al 2018. Per il 2014 le previsioni sono elaborate sulla base del quadro
macroeconomico e dei dati Istat concernenti il conto consolidato della Sanità 2011-2013 (i
dati sono aggiornati al IV trimestre 2013 e sono operate rettifiche sul 2011 e rivisti i dati di
consuntivo 2012).
La spesa prevista è pari a 111.474 milioni (+2 per cento rispetto al precedente esercizio).
Essa è rivista in riduzione di oltre 1,6 miliardi rispetto alle stime contenute nella Nota
illustrativa della legge di stabilità 2014 e sconta l’effetto di trascinamento della revisione
degli esercizi precedenti.
All’interno della spesa dei produttori non market, il complesso dei redditi da lavoro
dipendente è previsto in crescita del solo 0,1 per cento. Tale variazione sconta i dati sul
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
226
costo del personale rilevati al IV trimestre del 2013 e il limite al riconoscimento di
incrementi retributivi stabilito dalla legislazione vigente1
.
Per i consumi intermedi, sono invece previsti aumenti del 3,8 per cento rispetto al 2013. Su
tale andamento incidono in riduzione le misure di contenimento della spesa disposte con
l’articolo 17 del DL 98/2011, con l’articolo 15 del DL 95/2012, e l’articolo 1, comma 131,
della legge 228/2012 (Legge stabilità 2013). Produce un aumento, invece, l’incremento
dell’aliquota IVA al 22 per cento.
La spesa dei produttori market aumenta complessivamente del 2 per cento. All’interno di
tale aggregato la farmaceutica è attesa aumentare dell’1,5 per cento a ragione delle
modifiche al regime di tale spesa disposto dalle misure prima ricordate e
dell’abbassamento del tetto stabilito per la farmaceutica territoriale all’11,35 per cento.
La medicina di base presenta un aumento dello 0,1 per cento risentendo degli effetti dei
limiti agli incrementi retributivi al personale convenzionato con il SSN.
Le altre prestazioni in convenzione presentano una variazione positiva del 3,4 per cento.
Tale stima sconta, da un lato, gli effetti delle misure di contenimento della spesa ed, in
particolare, della riduzione del 2 per cento rispetto al valore 2011 degli importi e dei
volumi degli acquisti da erogatori privati2
; dall’altro, gli effetti della non applicabilità - a
seguito della sentenza n. 187/2012 della Corte costituzionale - di quanto disposto
dall’articolo 17, comma 1, lett. d, del DL 98/2011 che prevedeva , attraverso un
regolamento ai sensi della legge 400/1988, l’introduzione di misure di compartecipazione
alla spesa per un importo pari a 2 miliardi a decorrere dal 2014 (i ticket sono portati in
riduzione del livello di spesa). Sono infine inclusi i maggiori costi (pari a 82 milioni per
l’anno in corso) connessi al finanziamento a carico dello Stato delle attività dei Policlinici
universitari e degli ospedali non statali3
.
Le altre componenti di spesa (pari a 5 miliardi nel 2014) sono previste in aumento del 6,7
per cento.
Nel periodo 2015-2018, la spesa sanitaria cresce ad un ritmo del 2,1 per cento
medio annuo, inferiore alla variazione attesa del Pil nominale (+3 per cento annuo):
l’incidenza della spesa sul prodotto si riduce pertanto lievemente, passando dal 7 per cento
del 2014 al 6,8 per cento del 2018. Aumenta invece di 0,5 punti l’incidenza sulla spesa
corrente al netto degli interessi per la quale si prevede una variazione più contenuta.
Le previsioni scontano il quadro macroeconomico previsto per il periodo di riferimento, un
profilo di spesa per le diverse componenti coerente con la dinamica registrata negli ultimi
anni, l’efficacia delle misure di contenimento della spesa adottate4
. Sono inoltre inclusi i
maggiori costi pari a 35 milioni annui relativi al finanziamento dei Policlinici universitari
non statali.
1
Per il tetto al trattamento economico, v. articolo 9, comma 1, del DL 78/2010 e art. 16, comma 1, del DL 98/2011;
per il tetto alla spesa del personale, v. articolo 2, commi 71-72, della legge 191/2009, articolo 17, comma 3, del DL
98/2011 e articolo 15, comma 21, del DL 95/2012.
2
Articolo 15, comma 14, del DL 95/2012.
3
Art. 1, commi 221, 377 e 378, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014).
4
DL 78/2010, DL 98/2011, DL 95/2012, legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) e legge 147/2013 (legge di stabilità
2014) . In particolare:
- la spesa per il personale dipendente e convenzionato sconta il limite al riconoscimento di incrementi retributivi fino
al 31 dicembre 2014 e il riconoscimento nel 2018 dell’indennità di vacanza contrattuale per il triennio 2018-2020
(articolo 1, commi 452 e 454, della legge di stabilità 2014);
- la conferma in via permanente della norma che prevede la ridefinizione automatica dei fondi per la contrattazione
integrativa del personale dipendente in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio (art 1, comma
456, della legge di stabilità per il 2014);
- la spesa per consumi intermedi sconta la riduzione del 10 per cento degli importi dei contratti per acquisti di beni e
servizi, la rideterminazione del tetto per i dispositivi medici al 4,4 per cento e il tetto al 3,5 per cento della
farmaceutica ospedaliera;
- la farmaceutica convenzionata sconta le misure dello sconto a carico dei farmacisti e il rispetto del tetto sulla spesa
territoriale pari all’11,35 per cento;
- la spesa per prestazioni convenzionate con operatori privati sconta la riduzione del 2 per cento rispetto al valore
2011 degli importi e dei volumi acquistati e il tetto alla remunerazione delle funzioni svolte.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
227
I RISULTATI DEL SETTORE NEI PRECONSUNTIVI DELLE AZIENDE SANITARIE
3. Il miglioramento dei conti del settore trova ulteriore conferma dal lato del
risultato economico complessivo che emerge dai dati trasmessi al NSIS redatti, anche
quest’anno, in base alle modifiche introdotte allo schema di classificazione del conto
economico e all’entrata a regime delle disposizioni contenute nel d.lgs. 118/2011 (si
veda l’appendice «I costi standard e l’armonizzazione contabile: due passaggi
interconnessi»). Dal 2013 nel calcolo del risultato complessivo si tiene conto anche
della mobilità internazionale.
Nel 2013 il risultati di esercizio (prima delle correzioni apportate in sede di
verifica riguardo a le aziende in utile, differenze e rischi) presentano un netto
miglioramento rispetto al precedente esercizio: le perdite si riducono del 14,4 per cento;
ciò come effetto combinato di minori costi (in flessione dell’1,2 per cento) e minori
ricavi (-0,9 per cento). Sono soprattutto le regioni in Piano di rientro a registrare il
miglioramento più netto (-21 per cento). Un progresso che contrassegna tutte le aree del
Paese e che si fa più forte nelle regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno.
Il risultato muta ove si guardi ai dati di esercizio presi in considerazione dai
Tavoli. Le perdite prima delle coperture (considerando le aziende in avanzo e le
correzioni e i rischi) crescono a circa 1,9 miliardi di euro, in riduzione rispetto al 2012
dell’8,7 per cento.
Ma, soprattutto, il buon andamento non è riconducibile ad entrambe le tipologie di
enti: le regioni in Piano di rientro registrano nel complesso una seppur lieve aumento
delle perdite (+1 per cento) rispetto ai risultati del 2012; quelle non in Piano vedono
ridursi il disavanzo (prima delle coperture) del 17 per cento. Diversamente a quanto
rilevato nel 2012, le regioni in Piano presentano coperture eccedenti non dissimili a
quelle non in Piano, con un ridimensionamento complessivo a 121 milioni.
I risultati dal lato dei costi
4. I costi del personale (delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere, aziende
Ospedaliere Universitarie, degli IRCCS pubblici, appartenente ai ruoli sanitario,
professionale, amministrativo e tecnico, nonché al costo relativo alla corresponsione
dell’indennità per il personale universitario, cd. “Indennità De Maria”) nel 2013 sono
risultati pari a 35,2 miliardi di euro, in riduzione dell’1,2 per cento rispetto al 2012.
Viene confermato l’andamento decrescente registrato negli ultimi anni. Un risultato su
cui hanno inciso la proroga del tetto alla spesa per il personale dipendente (pari alla
spesa per il personale registrata nell'anno 2004 diminuita dell’1,4%) disposta per il
periodo 2010-2012, in attuazione del patto per la Salute 2010-2012 e poi prorogata al
triennio 2013-2015 dal DL 98/2011 e dal DL 95/2012; il blocco dei rinnovi contrattuali,
il limite alla crescita dei trattamenti economici per gli anni 2011-2013 (esteso al 2015
dal DL 95/2012), pari al trattamento spettante nell’anno 2010, introdotto dal DL
78/2010; la revisione delle dotazioni organiche, la rideterminazione automatica dei
fondi per il trattamento accessorio del personale in misura proporzionale alla riduzione
del personale in servizio (DL 78/2010) e il congelamento dell’indennità di vacanza
contrattuale (articolo 17 del DL 98/2011).
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
228
TAVOLA 3
I RISULTATI DI ESERCIZIO ANNO 2012 E 2013
(per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro)
TOTALE
RICAVI
al netto delle
co perture e degli
ulterio ri tras f
delle regio ni e
pro v auto no me
TOTALE
COSTICON
VOCI
ECONOM. E
SALDO
INTRAMOENI
A
SALDO
MOBILITA'
EXTRA
SALDO
MOBILITA'
INTERNAZIO
NALE
UTILE O
P ERDITA DI
ESERCIZIO
Aziende in
utile
altre
differenze
Ulterio ri
is crizio ni /
ris chi
valutati dal
"Tavo lo "
UTILE O
P ERDITA DI
ESERCIZIO
co n ris chi
prima delle
co perture
Regioni in piano 51.393,9 -50.848,0 -1.177,6 -78,9 -710,7 60,2 0,1 -191,6 -962,5
Regioni non in piano 59.014,4 -60.863,4 940,3 -12,1 -920,8 41,1 94,3 -25,4 -893,0
Totale 110.408,2 -111.711,4 -237,3 -91,1 -1.631,6 101,4 94,4 -217,0 -1.855,6
Rso 93.986,7 -94.632,1 10,2 -73,2 -708,5 76,7 28,4 -119,2 -876,0
Rso Nord 47.123,0 -48.102,8 903,2 -17,5 -94,0 19,8 25,2 -25,4 -114,1
Rso Centro 21.967,5 -22.408,7 -91,5 -12,2 -544,9 5,5 0,4 -93,0 -643,0
Rso Sud 24.896,2 -24.120,6 -801,6 -43,5 -69,5 51,3 2,8 -0,8 -118,9
Rss 16.421,5 -17.079,3 -247,5 -17,8 -923,1 24,7 66,0 -97,8 -979,6
Rss Nord 4.594,2 -5.156,6 -5,8 0,0 -568,2 13,6 83,6 0,0 -498,2
Rss Sud 11.827,3 -11.922,7 -241,6 -17,8 -354,9 11,1 -17,6 -97,8 -481,4
Regioni in piano 51.899,9 -51.703,1 -1.102,2 5,8 -899,6 47,9 -0,2 -5,5 -953,2
Regioni non in piano 59.495,0 -61.403,0 916,9 -14,7 -1.005,8 84,6 -5,1 15,3 -1.080,1
Totale 111.394,9 -113.106,0 -185,4 -8,9 -1.905,4 132,5 -5,3 9,8 -2.033,3
Rso 94.847,0 -95.862,5 73,2 6,6 -935,6 81,8 -0,2 -6,4 -1.024,0
Rso Nord 47.426,9 -48.480,8 895,9 1,0 -157,0 30,5 -0,1 -1,0 -188,6
Rso Centro 22.382,2 -22.959,8 -17,1 5,2 -589,5 20,9 -0,1 -5,3 -615,8
Rso Sud 25.037,9 -24.422,0 -805,5 0,5 -189,1 30,4 -0,1 -0,1 -219,6
Rss 16.547,9 -17.243,5 -258,6 -15,5 -969,8 50,7 -5,1 16,2 -1.009,3
Rss Nord 4.663,1 -5.253,4 10,0 -15,7 -596,0 25,2 -5,4 16,4 -610,2
Rss Sud 11.884,8 -11.990,1 -268,7 0,2 -373,8 25,5 0,4 -0,2 -399,2
Regioni in piano -1,0 -1,7 6,8 -21,0 25,7 1,0
Regioni non in piano -0,8 -0,9 2,6 -8,4 -51,3 -17,3
Totale -0,9 -1,2 28,0 -14,4 -23,5 -8,7
UTILE O
P ERDITA DI
ESERCIZIO
co n ris chi
prima delle
co perture
Ulterio ri
tras ferimenti da
P ro v
Auto no me e
Reg a Statuto
Speciale
Co perture
co ntabilizzat
e nel CE
validate da
Tavo lo
UTILE O
P ERDITA DI
ESERCIZIO
co n co perture
co ntabilizzate
nel CE e
validate dal
Tavo lo
ulterio ri
perdite /
avanzi anni
precedenti
co perture
ulterio ri
ris petto a
quelle
co ntabilizzat
e s u CE
UTILE O
P ERDITA
DI
ESERCIZIO
co erente
co n verbale
Tavo lo
Regioni in piano -962,5 0,0 1.311,9 349,4 -223,6 0,8 126,5
Regioni non in piano -893,0 919,8 91,3 118,1 -3,1 5,7 120,7
Totale -1.855,6 919,8 1.403,3 467,5 -226,7 6,4 247,2
Rso -876,0 0,0 1.294,9 419,0 -226,7 6,4 198,6
Rso Nord -114,1 0,0 141,3 27,3 0,0 5,7 32,9
Rso Centro -643,0 0,0 868,0 225,0 9,2 0,0 234,2
Rso Sud -118,9 0,0 285,5 166,7 -235,9 0,8 -68,5
Rss -979,6 919,8 108,3 48,6 0,0 0,0 48,6
Rss Nord -498,2 574,6 0,0 76,4 0,0 0,0 76,4
Rss Sud -481,4 345,2 108,3 -27,8 0,0 0,0 -27,8
Regioni in piano -953,2 0,0 1.367,0 413,8 -1.207,1 1.088,0 294,7
Regioni non in piano -1.080,1 994,1 94,4 8,4 -97,0 189,0 100,5
Totale -2.033,3 994,1 1.461,4 422,3 -1.304,1 1.277,1 395,2
Rso -1.024,0 0,0 1.453,6 429,6 -1.304,1 1.277,1 402,6
Rso Nord -188,6 0,0 224,4 35,9 -883,0 929,2 82,1
Rso Centro -615,8 0,0 808,7 192,9 -88,5 107,1 211,5
Rso Sud -219,6 0,0 420,5 200,8 -332,6 240,8 109,0
Rss -1.009,3 994,1 7,8 -7,3 0,0 0,0 -7,3
Rss Nord -610,2 601,4 0,0 -8,8 0,0 0,0 -8,8
Rss Sud -399,2 392,8 7,8 1,4 0,0 0,0 1,4
Regioni in piano 1,0 -4,0 -15,6 -57,1
Regioni non in piano -17,3 -3,3 1.302,4 20,1
Totale -8,7 -4,0 10,7 -37,4
2012
variazione 2013/2012
2013
2012
variazione 2013/2012
2013
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
229
In riduzione risultano anche i costi relativi agli acquisti di beni e servizi, che
ammontano a 35,1 miliardi (-1,5 per cento rispetto all’anno 2012).
Sul risultato di tale aggregato hanno inciso le misure di contenimento introdotte
con il decreto legge 98/2011, con il decreto legge 95/2012 e, da ultimo con la legge di
stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n.228).
In particolare, in base al decreto-legge n. 98/2011, l’Osservatorio dei contratti
pubblici ha pubblicato a partire dal luglio 2012 un elenco di prezzi di riferimento di
oltre 300 beni e servizi. Tale elenco costituisce uno strumento operativo prezioso per la
programmazione e la razionalizzazione della spesa. Successivamente, il decreto legge n.
95/2012 ha disposto la riduzione del 5 per cento dei corrispettivi per l’acquisto di beni e
servizi (con esclusione dei farmaci ospedalieri) per l’anno 2012 e dei corrispondenti
volumi d’acquisto per tutta la durata residua dei contratti, e l’obbligo per le aziende
sanitarie di rinegoziare con i fornitori i contratti per l’acquisto di beni e servizi (con
possibilità di recesso dagli stessi) qualora i prezzi unitari in essi previsti risultino
superiori al 20 per cento rispetto ai prezzi di riferimento individuati dall’Osservatorio
per i contratti pubblici . A decorrere dal 2013, il livello della predetta riduzione è stato
aumentato al 10 per cento, mentre per il 2013 il tetto di spesa per l’acquisto di
dispositivi medici è stato fissato al 4,8 per cento del livello di finanziamento del SSN.
IL CONTENIMENTO DELLA SPESA PER DISPOSITIVI MEDICI
I dispositivi medici rappresentano una componente rilevante del flusso di innovazioni
tecnologiche di cui si può avvalere il sistema sanitario. Proprio per tali caratteristiche negli
ultimi anni è stata dedicata una particolare attenzione a tale componente della spesa. Ciò sia
per garantire la salute pubblica sia per mantenere sotto controllo una voce di spesa che
rappresenta oltre il 35 per cento degli acquisti di beni del settore, seconda solo agli acquisti
di farmaci.
Nella tavola che segue si pongono a confronto i dati relativi alla spesa per dispositivi medici
nel 2012 e nel 2013 tratti dal modello C, che espone le voci relative ai dispositivi medici,
impiantabili attivi e diagnostici in vitro
I risultati del 2013 indicano una crescita della spesa del 2,7 per cento rispetto al 2012. La
riduzione del finanziamento e la rimodulazione in riduzione della quota obiettivo (dal 5,2 al
4,8 per cento del finanziamento medesimo, secondo quanto disposto dal DL 95/2012 e dalla
legge di stabilità per il 2013) fanno si che nel complesso la spesa ecceda l’obiettivo di poco
meno del 7 per cento (nel 2012 era inferiore al limite di circa il 5 per cento) Sono solo 5 le
regioni che presentano una spesa inferiore al limite previsto. Fatta eccezione per la
Lombardia, si tratta di regioni del Mezzogiorno.
Pur con differenze di intensità, ciò che emerge nel complesso è che le regioni in Piano di
rientro superano solo marginalmente l’obiettivo. Ma sono queste che presentano la crescita
più forte nell’anno (+ 6 per cento) e ad un tempo segnalano una significativa ricomposizione
tra tipologie di dispositivi, con una forte flessione di quelli impiantabili a fronte di un
consistente aumento di quelli per diagnostica in vitro.
Nelle regioni non in Piano prevale, invece, una tendenza al contenimento della spesa, non
sufficiente, tuttavia, a compensare la maggior stringenza dell’obiettivo e la riduzione della
base di calcolo. Più limitata è poi la flessione nella spesa per dispositivi impiantabili.
Nella categoria dei dispositivi medici sono compresi prodotti altamente differenziati: articoli
semplici e di uso quotidiano e strumenti o apparecchiature il cui contenuto tecnologico è
particolarmente alto. L’elevata eterogeneità dei prodotti, la rapida obsolescenza, i livelli di
complessità tecnologica altamente differenziati e la variabilità degli impieghi clinici, spesso
strettamente correlata anche all’abilità e all’esperienza degli utilizzatori, rendono più
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
230
complesso individuare interventi finalizzati alla loro introduzione, diffusione e valutazione e
al governo della spesa.
Il riferimento a tetti di spesa deve essere accompagnato da interventi per il potenziamento
dei sistemi di tracciabilità dei dispositivi, da informazioni relative ai consumi ed ai relativi
valori economici, unitamente all’identificazione univoca dei prodotti. Di qui l’importanza
del flusso per il monitoraggio dei dispositivi medici acquistati dal sistema nazionale previsto
dal DM del 2010 al quale, a partire dal 2012, le Regioni e le provincie autonome sono
tenute, per l'accesso al maggior finanziamento per il SSN, a conferire i dati
L’istituzione del Repertorio dei dispositivi medici, anagrafe di riferimento unica a valenza
nazionale, ed il conseguente avvio del nuovo flusso informativo riguardante il monitoraggio
dei consumi consentirà di beneficiare nella gestione del sistema sanitario di informazioni di
dettaglio sulle tipologie di prodotti presenti sul mercato nazionale. Di recente il Ministero
della salute ha diffuso un primo Rapporto sulla spesa sostenuta dalle strutture sanitarie
pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale per l’acquisto di dispositivi nel 2012. L’analisi
dei dati potrà favorire l’avvio di un processo di bench marking tra le diverse realtà, e spunti
di riflessione a sostegno della razionalizzazione dei costi e del recupero dei margini di
efficienza. Una analisi dei dati che tenga conto anche delle caratteristiche e delle peculiarità
dei prodotti, potrà fornire informazioni di grande utilità per indirizzare le scelte e le
decisioni.
Ci sarà quindi la possibilità di mettere in relazione i dati di costo, rilevati e contabilizzati dal
modello CE, con i flussi che rilevano i dati di attività e produzione, consentendo una lettura
integrata dei dati provenienti da diversi flussi informativi che analizzano il fenomeno da più
punti di vista.
LA SPESA PER DISPOSITIVI MEDICI NEL 2012 E NEL 2013
(in milioni)
B.1.A.3)
Dispositivi
medici
B.1.A.3.1)
Dispositivi
medici
B.1.A.3.2)
Dispositivi
medici
impiantabili
attivi
B.1.A.3.3)
Dispositivi
medico
diagnostici
in vitro
(IVD)
B.1.A.3)
Dispositivi
medici
B.1.A.3.1)
Dispositivi
medici
B.1.A.3.2)
Dispositivi
medici
impiantabili
attivi
B.1.A.3.3)
Dispositivi
medico
diagnostici
in vitro
(IVD)
B.1.A.3)
Dispositivi
medici
B.1.A.3.1)
Dispositivi
medici
B.1.A.3.2)
Dispositivi
medici
impiantabili
attivi
B.1.A.3.3)
Dispositivi
medico
diagnostici
in vitro
(IVD)
PIEMONTE 458,7 310,0 34,2 114,5 475,7 327,1 32,6 116,1 -3,6 -5,2 5,0 -1,4
VALLE D`AOSTA 13,2 8,0 1,0 4,1 14,9 9,4 1,1 4,4 -11,4 -14,7 -8,7
LOMBARDIA 764,4 540,2 70,8 153,5 770,4 525,1 90,6 154,7 -0,8 2,9 -21,9 -0,8
PROV. AUTON. BOLZANO 44,4 28,8 15,6 0,0 43,1 27,4 15,8 0,0 3,0 5,4 -1,0
PROV. AUTON. TRENTO 51,9 51,9 0,0 0,0 51,3 51,3 0,0 0,0 1,2 1,2
VENETO 507,6 360,9 42,9 103,8 508,7 362,1 41,3 105,3 -0,2 -0,3 3,8 -1,4
FRIULI VENEZIA GIULIA 168,4 119,6 10,7 38,2 172,1 121,6 11,5 38,9 -2,1 -1,7 -7,3 -2,0
LIGURIA 150,4 90,2 7,9 52,3 140,4 89,8 8,9 41,7 7,1 0,5 -11,4 25,5
EMILIA ROMAGNA 438,0 333,5 25,0 79,6 443,3 335,9 27,8 79,6 -1,2 -0,7 -10,2
TOSCANA 403,2 264,5 79,3 59,4 411,4 282,2 86,2 43,0 -2,0 -6,3 -8,1 38,2
UMBRIA 112,5 77,4 6,6 28,4 112,6 78,5 6,1 27,9 -0,1 -1,4 9,0 1,7
MARCHE 188,6 132,7 10,3 45,6 191,0 134,0 11,0 46,1 -1,3 -1,0 -5,7 -1,1
LAZIO 516,0 356,7 37,1 122,1 432,8 295,8 89,5 47,5 19,2 20,6 -58,5 157,0
ABRUZZO 167,1 105,6 8,3 53,2 130,3 113,8 4,4 12,1 28,2 -7,1 87,8 338,1
MOLISE 34,7 17,4 5,5 11,9 35,7 18,2 6,3 11,2 -2,8 -4,4 -13,0
CAMPANIA 360,1 239,6 49,6 70,9 368,3 258,3 55,9 54,1 -2,2 -7,2 -11,2 31,1
PUGLIA 392,9 202,8 62,8 127,3 347,7 194,2 70,2 83,4 13,0 4,5 -10,5 52,7
BASILICATA 48,7 25,3 15,8 7,6 46,4 24,2 15,8 6,4 4,9 4,3 -0,4
CALABRIA 120,8 75,2 23,6 22,0 120,0 68,0 36,9 15,2 0,6 10,7 -36,0 44,6
SICILIA 357,3 233,1 54,7 69,5 342,0 235,8 56,2 49,9 4,5 -1,2 -2,7 39,2
SARDEGNA 157,7 120,0 17,0 20,7 154,5 121,6 12,6 20,4 2,1 -1,2 35,3 1,5
Totale 5456,6 3693,5 578,6 1184,5 5312,7 3674,4 680,6 957,8 2,7 0,5 -15,0 23,7
2013 2012 var 2013/2012
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS
Diversi gli andamenti ove si guardi alle singole componenti di spesa. Per quanto
riguarda gli acquisti di beni, si registra nell’anno un incremento del 2,5 per cento. Tale
crescita è influenzata dalla preponderanza, all’interno dell’aggregato, delle voci relative
ai prodotti farmaceutici (in aumento del 5,8 per cento) e ai dispositivi medici (in crescita
del 2,7 per cento), che rappresentano, rispettivamente il 54 per cento e il 36 per cento di
tale voce (si veda il riquadro « Il contenimento della spesa per dispositivi medici ») Tali
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
231
andamenti sono in parte compensati dal sostanziale dimezzamento negli acquisti di
componenti chimici.
I servizi sanitari e non sanitari (trasporti sanitari, consulenze, formazione, etc.)
aumentano nel complesso di circa l’1,0 per cento rispetto all’anno 2012. Un risultato,
tuttavia, frutto di una crescita dell’1,6 per cento di quelli sanitari e di una forte flessione
di quelli non sanitari (-7,7 per cento). Nei servizi non sanitari appaltati (lavanderia,
pulizia, mensa, riscaldamento, etc.) la flessione è del 2,4 per cento. Un andamento da
tener presente anche a fronte di misure che puntano per questa tipologia di servizi a
risparmi nel futuro. Il freno alla crescita è in parte riferibile all’impegno assunto da
parte delle regioni di monitorare tali settori di spesa, avendo riguardo all’entità della
spesa e al rispetto dei vincoli previsti dalla normativa di cui ai decreti legge n. 98/2011 e
n. 95/2012.
Infine si riducono nel 2013, le spese per manutenzioni e riparazioni (-0,1 per
cento), per il godimento beni di terzi (-1,7 per cento), per gli accantonamenti (-26,1 per
cento) e per interessi passivi e oneri finanziari (-3,4 per cento). Nel caso degli
accantonamenti, si tratta in prevalenza della flessione delle postazioni prudenziali a
fondo rischi, effettuate in attesa del perfezionarsi della chiusura delle scritture contabili
del bilancio d’esercizio. Ne sono ricompresi anche gli accantonamenti relativi agli
obiettivi di piano per le quote relative a progetti ancora in corso di definizione.
Nel caso degli interessi, ciò è dovuto all’effetto positivo derivante dalla
diminuzione dei tempi medi di pagamento in alcune regioni sottoposte ai piani di
rientro, con conseguente riduzione degli oneri legati al pagamento degli interessi di
mora. In leggera crescita sono infine le spese amministrative e generali (+0,2 per
cento).
Tra le prestazioni riconducibili a soggetti market l’assistenza di base presenta un
costo complessivo pari a 6,6 miliardi, in diminuzione, rispetto al 2012, dello 0,6 per
cento. Tale andamento è da ascriversi principalmente al blocco dei rinnovi delle
convenzioni con i medici di base, in analogia a quanto previsto dalla normativa vigente
per il personale dipendente, e alla previsione di un tetto alla crescita delle
remunerazioni, pari al livello registrato nel 2011.
In flessione anche nel 2013 la farmaceutica convenzionata. Nell’esercizio la spesa
raggiunge gli 8,6 miliardi, con una diminuzione del 3,4 per cento (si era ridotta di poco
meno del 10 per cento nel 2012). La consistente riduzione della spesa farmaceutica
convenzionata registrata negli ultimi anni è da ricondurre all’effetto combinato di
diversi fattori: la riduzione del prezzo medio dei farmaci, per effetto dell’inserimento
nel prontuario di nuovi farmaci generici; l’implementazione dell’attività di
monitoraggio del livello di appropriatezza delle prescrizioni terapeutiche; i risparmi
originati dall’incremento dello sconto sul prezzo dei farmaci a carico di grossisti e
farmacisti; la rideterminazione all’11,35 per cento del tetto relativo alla farmaceutica
territoriale, al netto degli importi corrisposti dal cittadino per l'acquisto di farmaci ad un
prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito dall'AIFA, con attivazione del
meccanismo del pay-back già previsto dalla normativa vigente in caso di superamento
del predetto tetto; la crescita della quota di compartecipazione alla spesa a carico del
cittadino, in relazione alle misure di compartecipazione adottate in talune regioni
sottoposte ai piani di rientro e ai ticket sui farmaci vigenti anche in regioni non
sottoposte ai piani di rientro. Il potenziamento della distribuzione diretta - soprattutto
nelle regioni soggette a piano di rientro - ha determinato lo spostamento di quote di
mercato dal canale convenzionale verso quello della distribuzione diretta, con il
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
232
conseguente risparmio a vantaggio delle regioni, dato dalla minore remunerazione della
filiera distributiva. (si veda il riquadro «Il monitoraggio della spesa farmaceutica: il
rispetto dei tetti di spesa»).
Per la specialistica convenzionata (che comprende gli acquisti di prestazioni da
convenzionati SUMAI, da Ospedali classificati, IRCCS privati, Policlinici privati e da
altri operatori privati accreditati) i costi ammontano nel 2013 a 4,8 miliardi, in crescita
dello 0,7 per cento. Il rallentamento registrato negli anni è da riferirsi essenzialmente
all’effetto positivo derivante dall’adozione degli strumenti di governo della spesa da
parte delle regioni, oltre che dal consolidamento degli effetti già prodotti negli anni
passati del processo di deospedalizzazione, che ha comportato una maggiore fruizione
in ambito ambulatoriale di alcune prestazioni ritenute inappropriate in ambito
ospedaliero.
Sostanzialmente stabili rispetto al 2012 gli acquisti di assistenza ospedaliera che
comprendono quelli da Ospedali convenzionati, classificati, IRCCS privati, Policlinici
universitari privati e Case di cura private accreditate. Essi sono pari a 8,521 miliardi.
Sulla dinamica della spesa per la specialistica e l’ospedaliera hanno influito,
inoltre, anche nell'anno 2013, le misure introdotte dal decreto legge n. 95/2012 che
prevedeva una riduzione complessiva degli acquisti da erogatori privati (volumi e
corrispettivo) in misura tale da ridurne la spesa per il 2013 dell’1 per cento rispetto al
valore consuntivato nell'anno 2011. Detta misura di contenimento, peraltro, era
aggiuntiva rispetto alle eventuali misure di riduzione già assunte dalle regioni o dalle
province autonome. In aggregato va rilevato come la spesa del 2013 non risulti nel
complesso coerente con tale previsione: le due voci di spesa rimangono nel complesso
sui livelli del 2011, circa 100 milioni al di sopra del dato obiettivo.
Gli acquisti di prestazioni di assistenza riabilitativa convenzionata da strutture
private accreditate è pari a 1,878 miliardi di euro, con un decremento rispetto al 2012
dello 0,2 per cento, che conferma la tendenza già rilevata fra l'anno 2012 e l'anno 2011.
La spesa per l’integrativa ricomprende le prestazioni che comportano l'erogazione
dei prodotti destinati ad una alimentazione particolare per le persone affette da
determinate malattie e dei prodotti destinati alle persone affette da patologia diabetica.
Contiene altresì le prestazioni che comportano l'erogazione di protesi ed ausili monouso
e tecnologici inclusi in appositi elenchi. I relativi costi ammontano, complessivamente,
a 1,853 miliardi di euro, con un incremento rispetto al 2012 dell’0,1 per cento.
L'aggregato “Altre prestazioni” ricomprende quelle relative alle cure termali, alla
medicina dei servizi, all'assistenza psichiatrica, all'assistenza agli anziani, ai
tossicodipendenti, agli alcolisti, ai disabili, alle comunità terapeutiche. Si tratta nel
complesso di 7,1 miliardi, in crescita del 4,5 per cento rispetto al 2012.
IL MONITORAGGIO DELLA SPESA FARMACEUTICA
La lettura dei dati relativi alla spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera almeno per
quello che concerne la verifica del rispetto dei tetti di spesa richiede si tenga conto delle
modifiche introdotte dal DL 95/2012 che hanno inciso sulla metodologia di calcolo a
partire dal 2013.
Come è noto, è il DL 159/2007 (articolo 5) che ha previsto l’introduzione di un tetto alla
spesa territoriale, determinato come quota del finanziamento cui concorre ordinariamente
lo Stato. La quota, inizialmente fissata al 14 per cento, è stata progressivamente ridotta
negli anni, per attestarsi al 13,1 per cento nel 2012. La spesa considerata ricomprendeva
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
233
la spesa per farmaci erogati sulla base della disciplina convenzionale, al lordo delle quote
di partecipazione alla spesa a carico degli assistiti (sia quella per tickets sia quella dovuta
come quota richiesta ad integrazione del prezzo massimo di rimborso stabilito dall’AIFA),
sia della distribuzione diretta di medicinali collocati in classe A ai fini della rimborsabilità
(inclusa la distribuzione per conto e la distribuzione in dimissione ospedaliera).
Il DL 95/2012 ha modificato la composizione della spesa farmaceutica territoriale soggetta
al tetto, prevedendo l’esclusione da tale aggregato degli importi corrisposti dal cittadino
per l’acquisto di farmaci ad un prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito
dall’AIFA. A fronte di tale modifica, il tetto è stato rideterminato all’11,35 per cento del
FSN. E’ stata inoltre aggiornata la procedura in caso di ripiano dello sfondamento del tetto
di spesa, prevedendo che gli eventuali importi siano assegnati alle regioni, per il 25 per
cento, in proporzione allo sforamento del tetto registrato nelle singole regioni e, per il
residuale 75 per cento, in base alla quota di accesso delle singole regioni al riparto della
quota indistinta delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale.
Il provvedimento ha introdotto anche alcune modifiche alle misure per il governo della
spesa per l’assistenza farmaceutica ospedaliera. Il DL 159/2007 aveva definito la
composizione della spesa, il tetto ed il meccanismo di ripiano interamente a carico delle
Regioni. La spesa farmaceutica ospedaliera, al netto della distribuzione diretta non poteva
superare, a livello di ogni singola regione, il 2,4 per cento del finanziamento cui concorre
ordinariamente lo Stato. L'eventuale sforamento di detto tetto era recuperato interamente a
carico della regione attraverso misure di contenimento della spesa (farmaceutica
ospedaliera o di voci equivalenti). Non erano tenute al ripiano le regioni in equilibrio
economico complessivo. Rispetto a questa formulazione, il DL 95/2012 dispone che dal
2013 il limite alla spesa farmaceutica ospedaliera sia rideterminato nella misura del 3,5
per cento e il tetto sia calcolato al netto della spesa per i farmaci di classe A in
distribuzione diretta e distribuzione per conto, nonché al netto della spesa per i vaccini, per
i medicinali di cui alle lettere c) e c -bis ) dell’articolo 8, comma 10, della legge 24
dicembre 1993, n. 537 e successive modificazioni, per le preparazioni magistrali e officinali
effettuate nelle farmacie ospedaliere, per i medicinali esteri e per i plasma derivati di
produzione regionale. Inoltre, la spesa è calcolata al netto di ogni pay-back versato dalle
aziende farmaceutiche.
Nel 2013 la spesa farmaceutica territoriale è risultata seppur di poco superiore al tetto
previsto. L’11,41 per cento contro il 11,35 per cento del finanziamento del SSN. Hanno
superato il limite 8 regioni: tutte quelle in Piano di rientro (ad eccezione del Piemonte) e le
Marche (anche se in questo caso per importi limitati).
I dati del monitoraggio offrono alcuni spunti ulteriori. La spesa territoriale complessiva (al
lordo del pay back) cresce nel 2013 dello 0,7 per cento. Sono tre le regioni che presentano
gli incrementi di maggior rilievo superiori al 2,8 per cento. Solo grazie al pay back, i cui
importi nell’esercizio sono quasi raddoppiati rispetto allo scorso anno, si registra un
seppur lieve calo della spesa (-0,4 per cento) pur senza annullare le variazioni positive di
dette regioni.
Oltre la dinamica dei versamenti per il pay back, sul risultato complessivo incide la
sensibile crescita della spesa diretta (+6,3 per cento) mentre, dal lato del contributo che
ricade sui cittadini, il calo delle entrate da compartecipazione (i tickets si riducono del 2,7
per cento rispetto al 2012) è più che compensato dall’aumento della quota di prezzo a
carico del paziente per i farmaci con contributo pubblico definito dall’Aifa (+5,5 per
cento). Diversamente dal pay back, tali risultati non sono frutto di andamenti omogenei
nelle diverse regioni. Nel caso dei tickets, ad esempio, a fronte di aumenti in Veneto (+6
per cento) ma soprattutto in Molise (+30 per cento) e Basilicata (+26,3 per cento), si
verificano cali superiori al 10 per cento in Piemonte, Umbria, Toscana e Sicilia. In queste
due regioni, tuttavia, il calo delle entrate da ticket è più che compensato dalla forte crescita
delle quote sul prezzo di riferimento.
Nel complesso anche se per importi più modesti del passato, si conferma in crescita anche
nel 2013 la compartecipazione alla spesa a carico del cittadino: in media si tratta di un
incremento del 2,1 per cento, che porta il contributo richiesto all’11,1 per cento della spesa
territoriale.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
234
E’ la farmaceutica ospedaliera che continua a presentare andamenti ben superiori al tetto
previsto. Solo tre regioni si mantengono sotto il 3,5 per cento: si tratta della Valle d’Aosta,
della Provincia di Trento e della Sicilia. Tutte le altre continuano a travalicare gli obiettivi
attribuiti. Rispetto al valore obiettivo di 3,7 miliardi (corrispondente al 3,5 per cento del
finanziamento del 2013), la spesa ha raggiunto i 4,5 miliardi pari al 4,2 per cento del FSN.
Superiori dal 5 per cento la spesa in Puglia, nel Friuli e in Toscana. A prescindere dal
rispetto dei tetti di spesa, va rilevato come rispetto al 2012 la spesa aumenti nel complesso
di oltre il 7,4 per cento. Superiori al 10 per cento gli aumenti registrati in 5 regioni (Friuli
Toscana Abruzzo, Molise e Campania). Solo Umbria e Basilicata registrano una seppur
contenuta flessione della spesa
LA SPESA FARMACEUTICA TERRITORIALE NEL 2013 - VERIFICA DEL TETTO DI SPESA
2013
Tetto
11,35%
Netta
Quota
prezzo di
riferimento
Ticket Diretta Pay-back Territoriale
Scostamento
assoluto
Incidenza su
FSR
A B C D E F G=B+D+E-F H=G-B I=G/A*100
PIEMONTE 905,6 644,9 61,0 14,2 200,3 21,4 837,9 -67,7 10,5
V. AOSTA 25,4 18,1 1,5 0,0 5,6 0,6 23,1 -2,3 10,3
LOMBARDIA 1.974,9 1.353,5 111,6 141,9 358,8 43,9 1.810,2 -164,7 10,4
BOLZANO 97,4 47,0 4,4 4,6 20,1 1,8 69,9 -27,5 8,1
TRENTO 103,2 65,8 4,3 0,0 18,8 2,1 82,6 -20,6 9,1
VENETO 982,9 598,1 59,8 67,1 220,0 21,4 863,8 -119,0 10,0
FRIULI 249,1 184,8 16,2 0,0 55,9 5,9 234,8 -14,3 10,7
LIGURIA 343,1 231,0 23,2 19,1 93,5 8,1 335,4 -7,8 11,1
E. ROMAGNA 902,0 549,5 54,9 14,5 234,5 19,8 778,8 -123,1 9,8
TOSCANA 765,0 490,7 51,3 9,8 253,3 17,0 736,9 -28,1 10,9
UMBRIA 184,5 134,3 14,3 1,8 48,4 4,2 180,3 -4,2 11,1
MARCHE 319,1 242,7 25,1 -0,2 88,6 7,7 323,4 4,3 11,5
LAZIO 1.130,4 942,8 101,3 45,2 306,1 31,5 1.262,6 132,3 12,7
ABRUZZO 271,4 223,5 21,0 9,7 52,8 7,0 278,9 7,6 11,7
MOLISE 65,0 47,9 5,2 3,8 15,6 1,5 65,8 0,8 11,5
CAMPANIA 1.128,8 881,3 97,0 82,2 324,1 28,6 1.259,0 130,2 12,7
PUGLIA 805,5 653,5 69,5 52,6 224,4 21,8 908,6 103,2 12,8
BASILICATA 117,2 81,6 8,8 5,4 32,9 2,9 117,0 -0,3 11,3
CALABRIA 395,9 329,3 34,6 13,3 111,8 10,8 443,6 47,7 12,7
SICILIA 986,1 852,7 89,1 72,5 232,6 28,0 1.129,8 143,8 13,0
SARDEGNA 325,5 290,1 24,2 0,0 118,5 10,3 398,3 72,8 13,9
ITALIA 12.077,8 8.863,0 878,4 557,7 3.016,5 296,4 12.140,7 62,9 11,4
milioni di euro
SPESA FARMACEUTICA TERRITORIALE - VARIAZIONI 2013/2012
Spesa
farmaceutica
netta
Quota
prezzo di
riferimento
Ticket
Quota
prezzo +
Ticket
Diretta Pay-back
Spesa
farmaceutica
territoriale
Spesa
farmaceutica
territoriale (al
lordo Pay-
back)
PIEMONTE -0,9 2,2 -12,3 -0,9 12,3 81,2 0,7 1,7
V. AOSTA -0,4 -1,1 -1,1 6,2 75,0 0,0 0,9
LOMBARDIA -1,3 2,7 2,9 2,8 3,0 96,3 -1,1 0,0
BOLZANO -0,7 0,0 2,4 1,2 6,7 76,4 0,3 1,4
TRENTO -1,9 -1,7 -1,7 17,8 91,2 0,6 1,7
VENETO -2,8 -1,2 6,4 2,7 6,0 82,7 -1,2 -0,1
FRIULI -2,3 -0,3 -0,3 3,5 83,6 -2,1 -1,0
LIGURIA -2,9 1,1 -3,3 -0,9 4,1 75,4 -1,9 -0,9
E. ROMAGNA -3,7 -1,2 0,6 -0,8 2,3 82,9 -2,9 -1,9
TOSCANA -2,4 13,4 -18,7 6,6 2,7 77,3 -1,1 -0,2
UMBRIA 0,1 6,3 -25,1 1,6 0,2 82,0 -0,7 0,3
MARCHE 2,4 3,7 3,0 0,6 83,6 1,0 2,0
LAZIO 0,4 2,8 4,1 3,2 -3,4 87,9 -1,2 -0,2
ABRUZZO 0,4 6,1 -2,2 3,3 -9,3 91,3 -2,2 -1,1
MOLISE -1,1 -13,4 30,0 0,8 -1,1 91,4 -1,9 -0,9
CAMPANIA 0,6 3,3 3,4 3,3 8,9 98,5 1,8 2,8
PUGLIA 0,8 6,0 -1,0 2,8 11,4 90,5 2,2 3,2
BASILICATA -0,9 5,1 26,3 12,2 4,5 77,2 0,7 1,7
CALABRIA -1,6 3,1 0,0 2,2 29,9 88,9 3,5 4,6
SICILIA -3,1 35,7 -24,7 -0,2 11,7 89,0 -1,4 -0,3
SARDEGNA -7,4 -0,9 -0,9 30,4 72,9 -0,1 1,0
ITALIA -1,4 5,5 -2,7 2,1 6,3 87,2 -0,4 0,7
variazioni % 2013/2012
Fonte: elaborazioni Corte dei Conti su dati AIFA.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
235
SEGUE: SPESA FARMACEUTICA TERRITORIALE - VARIAZIONI 2013/2012
Spesa
farmaceutica
netta
Quota
prezzo di
riferimento
Ticket
Quota
prezzo +
Ticket
Diretta Pay-back
Spesa
farmaceutica
territoriale
Spesa
farmaceutica
territoriale (al
lordo Pay-
back)
PIEMONTE -5,7 1,3 -2,0 -0,7 21,9 9,6 6,0 15,6
V. AOSTA -0,1 0,0 0,0 0,0 0,3 0,2 0,0 0,2
LOMBARDIA -17,4 2,9 3,9 6,9 10,6 21,5 -21,4 0,1
BOLZANO -0,3 0,0 0,1 0,1 1,3 0,8 0,2 1,0
TRENTO -1,3 -0,1 0,0 -0,1 2,9 1,0 0,5 1,5
VENETO -17,1 -0,7 4,0 3,3 12,4 9,7 -11,1 -1,4
FRIULI -4,4 0,0 0,0 0,0 1,9 2,7 -5,3 -2,6
LIGURIA -6,8 0,2 -0,6 -0,4 3,7 3,5 -7,0 -3,5
E. ROMAGNA -21,1 -0,7 0,1 -0,6 5,4 9,0 -25,3 -16,3
TOSCANA -12,1 6,1 -2,2 3,8 6,7 7,4 -9,0 -1,6
UMBRIA 0,2 0,8 -0,6 0,3 0,1 1,9 -1,4 0,5
MARCHE 5,8 0,9 -0,2 0,7 0,5 3,5 3,5 7,0
LAZIO 4,1 2,7 1,8 4,5 -10,8 14,7 -17,0 -2,2
ABRUZZO 0,9 1,2 -0,2 1,0 -5,4 3,3 -6,8 -3,5
MOLISE -0,5 -0,8 0,9 0,1 -0,2 0,7 -1,4 -0,6
CAMPANIA 5,4 3,1 2,7 5,8 26,6 14,2 23,6 37,8
PUGLIA 5,0 3,9 -0,5 3,4 23,0 10,4 20,9 31,3
BASILICATA -0,8 0,4 1,1 1,5 1,4 1,3 0,9 2,2
CALABRIA -5,5 1,0 0,0 1,1 25,7 5,1 16,2 21,3
SICILIA -27,5 23,4 -23,8 -0,4 24,3 13,2 -16,8 -3,6
SARDEGNA -23,3 -0,2 0,0 -0,2 27,6 4,4 -0,3 4,1
ITALIA -122,5 45,6 -15,6 30,0 179,8 138,1 -50,7 87,4
variazioni assolute in milioni
LA SPESA FARMACEUTICA OSPEDALIERA NEL 2013 - VERIFICA DEL TETTO DI SPESA
Tetto del 3,5%
Spesa
Ospedaliera
Scostamento
assoluto Incidenza
Variazione spesa
ospedaliera
2013/2012
%
PIEMONTE 279,3 371,5 92,3 4,7 4,6
V. AOSTA 7,8 6,8 -1,1 3,0 6,8
LOMBARDIA 609,0 669,6 60,6 3,8 7,8
BOLZANO 30,0 37,9 7,8 4,4 8,1
TRENTO 31,8 31,1 -0,7 3,4 -8,7
VENETO 303,1 340,3 37,2 3,9 4,0
FRIULI 76,8 112,7 35,9 5,1 12,7
LIGURIA 105,8 132,5 26,7 4,4 7,2
E. ROMAGNA 278,1 365,7 87,5 4,6 6,9
TOSCANA 235,9 351,3 115,4 5,2 11,7
UMBRIA 56,9 76,2 19,3 4,7 5,6
MARCHE 98,4 113,5 15,1 4,0 -4,3
LAZIO 348,6 409,8 61,2 4,1 8,8
ABRUZZO 83,7 109,3 25,7 4,6 18,7
MOLISE 20,1 22,5 2,5 3,9 12,6
CAMPANIA 348,1 366,3 18,2 3,7 16,0
PUGLIA 248,4 362,4 114,0 5,1 6,7
BASILICATA 36,2 41,3 5,2 4,0 -1,2
CALABRIA 122,1 130,6 8,5 3,7 0,9
SICILIA 304,1 299,0 -5,1 3,4 6,4
SARDEGNA 100,4 139,3 38,9 4,9 4,8
ITALIA 3.724,4 4.489,5 765,1 4,2 7,4
milioni di euro
Fonte: elaborazione Corte dei Conti su dati AIFA.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
236
TAVOLA 4
I COSTI DEL SERVIZIO SANITARIO PER FUNZIONI DI SPESA
(per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro) anno 2012-2013
ACQUISTIDIBENI
MANUTENZIONIE
RIPARAZIONI
ASSISTENZA
SANITARIADI
BASE
FARMACEUTICASPECIALISTICARIABILITATIVAINTEGRATIVAOSPEDALIERA
ALTRE
PRESTAZIONI
ALTRISERVIZI
SANITARI
ALTRISERVIZI
NONSANITARI
Regioniinpiano7.002,4813,33.273,94.417,12.541,61.155,2988,74.411,32.377,81.292,087,9
Regioninonin
piano8.355,31.183,93.335,04.175,32.217,8723,2864,64.113,64.723,22.061,4133,9
Totale15.357,71.997,26.608,98.592,34.759,41.878,41.853,38.524,97.101,03.353,3221,7
Rso13.080,61.664,95.552,77.158,84.028,71.570,31.478,17.577,46.292,72.986,2176,4
RsoNord6.284,2891,02.586,03.287,12.027,1544,1646,63.928,54.233,41.673,691,7
RsoCentro3.356,5367,81.281,61.711,8725,9376,8401,01.695,21.244,9816,737,3
RsoSud3.440,0406,11.685,12.159,91.275,7649,5430,51.953,7814,4495,947,5
Rss2.277,1332,31.056,21.433,6730,8308,0375,2947,5808,3367,245,3
RssNord713,5127,2260,4321,787,775,8105,2150,7298,3166,919,8
RssSud1.563,7205,1795,81.111,8643,1232,3270,0796,9510,0200,325,4
Regioniinpiano
6.826,0816,93.298,64.566,42.535,71.170,6949,54.435,12.215,21.304,291,3
Regioninonin
piano
8.149,51.182,03.349,24.324,92.219,7712,2901,94.086,74.582,91.995,8148,8
Totale14.975,51.998,96.647,88.891,34.755,41.882,81.851,48.521,86.798,13.300,0240,1
Rso12.766,61.662,45.595,97.368,14.034,31.583,41.466,37.569,36.024,52.879,5186,2
RsoNord6.167,4901,92.610,23.359,72.039,9543,4679,23.926,14.139,51.601,4103,6
RsoCentro3.269,0341,11.288,71.800,5723,1373,8394,81.691,81.152,4778,642,4
RsoSud3.330,3419,31.697,02.207,91.271,4666,2392,31.951,4732,6499,540,3
Rss2.208,9336,51.051,91.523,2721,1299,4385,1952,4773,6420,553,9
RssNord707,4129,8260,2330,786,273,7111,3152,5295,8212,221,1
RssSud1.501,5206,7791,71.192,5634,9225,7273,7799,9477,8208,332,8
Regioniinpiano2,6-0,4-0,7-3,30,2-1,34,1-0,57,3-0,9-3,8
Regioninonin
piano2,50,2-0,4-3,5-0,11,5-4,10,73,13,3-10,0
Totale2,6-0,1-0,6-3,40,1-0,20,10,04,51,6-7,7
2013
2012
variazione2013/2012
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
237
SEGUE TAVOLA 4
GODIMENTODI
BENIDITERZI
PERS.RUOLO
SANIT.
+INDENNITÀDE
MARIA
PERSONALE
RUOLO
PROFESSIONALE
PERSONALE
RUOLOTECNICO
PERSONALE
RUOLO
AMMINISTRATIV
O
TOTALESPESEDI
PERSONALE
SPESE
AMMINISTRATIVE
EGENERALI
SERVIZI
APPALTATI
IMPOSTEETASSEONERIFINANZIARITOTALECOSTI
Regioniinpiano387,712.754,952,01.485,61.215,215.507,71.012,32.237,11.212,7235,648.954,2
Regioninonin
piano611,615.651,882,02.442,31.485,619.661,71.410,03.401,61.420,5125,158.517,8
Totale999,428.406,7133,93.927,92.700,835.169,42.422,35.638,72.633,2360,8107.472,0
Rso867,623.440,5112,33.263,82.230,529.047,22.052,74.918,52.233,6307,690.993,9
RsoNord507,611.586,861,51.857,41.233,314.739,01.114,42.509,01.122,4114,346.299,8
RsoCentro202,75.757,227,7696,8478,36.960,0449,71.350,9533,8140,221.652,6
RsoSud157,36.096,423,2709,6519,07.348,2488,61.058,6577,553,123.041,5
Rss131,84.966,221,6664,1470,36.122,2369,7720,2399,653,116.478,1
RssNord52,81.603,18,3299,9161,02.072,2103,2318,7146,10,55.020,6
RssSud79,03.363,113,3364,3309,44.050,0266,4401,5253,552,611.457,5
Regioniinpiano398,312.980,953,61.540,11.246,215.820,9992,92.341,21.226,0231,949.220,8
Regioninonin
piano618,415.739,981,82.445,01.497,719.764,31.423,83.434,41.474,8141,758.511,1
Totale1.016,728.720,8135,43.985,12.743,935.585,22.416,75.775,62.700,8373,6107.731,9
Rso886,023.757,8114,03.314,62.272,729.459,12.050,55.063,22.246,6324,991.167,0
RsoNord506,911.666,562,11.873,91.250,214.852,71.120,92.476,21.124,2125,446.278,4
RsoCentro213,75.848,327,4701,5487,07.064,2421,21.532,1538,6148,421.774,7
RsoSud165,46.243,024,4739,1535,57.542,1508,41.055,0583,851,123.113,9
Rss130,74.963,021,4670,6471,16.126,1366,2712,3454,348,716.564,9
RssNord52,41.607,78,0298,2158,82.072,898,3322,5143,40,25.070,5
RssSud78,33.355,313,4372,4312,34.053,3267,9389,8310,848,511.494,4
Regioniinpiano-2,7-1,7-3,1-3,5-2,5-2,02,0-4,4-1,11,6-0,5
Regioninonin
piano-1,1-0,60,3-0,1-0,8-0,5-1,0-1,0-3,7-11,70,0
Totale-1,7-1,1-1,1-1,4-1,6-1,20,2-2,4-2,5-3,4-0,2
variazione2013/2012
Fonte:elaborazioniCortedeicontisudatiNSISaggiornatial23aprile2014
2012
2013
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
238
TAVOLA 4.1
I COSTI DELLA SANITÀ ANNI 2012-2013
Per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro
TOTALECOSTI1
AMMORTAMENTI
RIVALUTAZIONIE
SVALUTAZIONI
SALDOVOCI
ECONOMICHE
RICAVI
INTRAMOENIA
COMPARTECIPAZIO
NEPERSONALE
INTRAMOENIA
SALDO
INTRAMOENIA
Totalecosticonvoci
economicheesaldo
intramoenia
Regioni in piano 48.954,2 881,2 21,4 -1.042,5 349,9 298,7 51,2 50.848,0
Regioni non in piano 58.517,8 1.626,3 45,0 -830,8 708,4 551,9 156,5 60.863,4
Totale 107.472,0 2.507,5 66,4 -1.873,3 1.058,3 850,6 207,7 111.711,4
Rso 90.993,9 2.144,2 59,0 -1.630,3 964,7 769,3 195,4 94.632,1
Rso nord 46.299,8 1.233,5 38,2 -650,7 589,3 469,9 119,4 48.102,8
RsoCentro 21.652,6 555,9 10,7 -250,6 265,4 204,3 61,1 22.408,7
Rso Sud 23.041,5 354,8 10,1 -729,1 110,0 95,1 14,9 24.120,6
Rss 16.478,1 363,2 7,5 -242,9 93,6 81,2 12,4 17.079,3
Rss nord 5.020,6 139,2 1,3 -2,7 41,2 34,0 7,2 5.156,6
Rss sud 11.457,5 224,0 6,2 -240,2 52,4 47,2 5,2 11.922,7
Regioni in piano 49.220,8 903,8 72,8 -1.551,1 392,3 346,9 45,4 51.703,1
Regioni non in piano 58.511,1 1.649,0 88,5 -1.303,9 731,8 582,3 149,5 61.403,0
Totale 107.731,9 2.552,8 161,3 -2.855,0 1.124,1 929,2 194,9 113.106,0
Rso 91.167,0 2.183,3 131,2 -2.565,0 1.022,3 838,2 184,1 95.862,5
Rso nord 46.278,4 1.261,4 56,9 -999,8 620,2 504,5 115,7 48.480,8
RsoCentro 21.774,7 559,0 33,9 -648,9 278,8 222,1 56,7 22.959,8
Rso Sud 23.113,9 363,0 40,4 -916,4 123,3 111,6 11,7 24.422,0
Rss 16.564,9 369,5 30,0 -290,0 101,8 91,0 10,8 17.243,5
Rss nord 5.070,5 148,8 4,4 -36,5 41,6 34,8 6,8 5.253,4
Rss sud 11.494,4 220,7 25,6 -253,5 60,2 56,2 4,0 11.990,1
Regioni in piano -0,5 -2,5 -70,5 -32,8 -10,8 -13,9 12,8 -1,7
Regioni non in piano 0,0 -1,4 -49,1 -36,3 -3,2 -5,2 4,7 -0,9
Totale -0,2 -1,8 -58,8 -34,4 -5,9 -8,5 6,6 -1,2
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS aggiornati al 23 aprile 2014
2012
2013
variazione 2013/2012
I risultati dal lato delle entrate
5. Dal lato delle entrate, la riduzione rispetto al 2012 è dello 0,9 per cento e si
estende con intensità diverse pressoché a tutte le voci. Il finanziamento (indistinto e
vincolato) presenta una flessione dello 0,6 per cento. Si riducono nel complesso anche i
contributi delle regioni extrafondo. Un risultato complessivo che nasconde, tuttavia,
andamenti diversi tra regioni in piano di rientro e non: nelle prime i contributi si
riducono di oltre il 23 per cento, mentre crescono in quelle non in piano di oltre il 9 per
cento. Stesso andamento, anche se per importi più contenuti, nel caso delle
compartecipazioni (che non comprendono quelli su farmaci scontati nell’importo della
farmaceutica): a fronte di una flessione in media dell’1,7 per cento, sono le regioni in
piano a presentare la flessione maggiore (-5,9 per cento).
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
239
In flessione anche i ricavi per prestazioni sanitarie e non sanitarie da privati.
TAVOLA 5
I RICAVI DELLA SANITÀ ANNI 2012-2013
per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro
CONTRIBUTI
DAREGIONE
(quotaFS
indistintoequota
FSvincolata)
CONTRIBUTI
DAREGIONE
(extrafondo)
CONTRIBUTIIN
C/ESERCIZIO
DAENTI
PUBBLICI
CONTRIBUTIIN
C/ESERCIZIO
DAENTI
PRIVATI
RICAVI
PRESTAZIONI
SANITARIE
PUBBLICI
DELLA
REGIONEE
NON
SOGGETTEA
COMPENSAZIO
NE
RICAVIPER
PRESTAZIONI
SANITARIE
PRIVATI
RICAVIPER
PRESTAZIONI
NON
SANITARIE
CONCORSI
RECUPERIE
RIMBORSIPER
ATTIVITÀ
TIPICHE
COMPARTECI
PAZIONI
ENTRATE
VARIE
INTERESSI
ATTIVI
COSTI
CAPITALIZZATI
TOTALERICAVI
nettocoperturee
Ulteriori
trasferimentida
Province
autonomeeRSS
Regioniinpiano49.413,7100,0330,416,126,8193,844,9185,2518,754,16,1504,151.393,9
Regioninoninpian55.193,9148,0564,354,491,4425,180,0363,21.002,5129,53,0958,759.013,9
Totale104.607,6248,0894,770,5118,2618,8124,9548,31.521,2183,69,11.462,8110.407,7
Rso89.072,6246,2636,167,1112,3530,1103,9475,41.356,1162,28,11.216,293.986,2
Rsonord44.118,3238,9352,653,681,3314,988,6301,0776,396,03,8697,347.122,5
RsoCentro20.760,41,0152,911,324,9131,68,3116,8378,034,31,6346,621.967,5
RsoSud24.193,96,3130,52,26,183,67,057,6201,832,02,8172,424.896,2
Rss15.534,91,9258,63,55,988,721,173,0165,121,41,0246,616.421,5
Rssnord4.093,31,9165,72,32,645,314,132,385,69,40,2141,64.594,2
Rsssud11.441,60,093,01,23,343,47,040,779,512,00,7105,011.827,3
Regioniinpiano49.711,6130,3394,325,139,4205,845,7214,2551,062,94,0515,651.899,9
Regioninoninpian55.504,3135,4645,667,0114,3454,888,9378,0997,0136,09,4964,159.494,6
Totale105.215,9265,71.039,992,1153,7660,6134,5592,21.548,0198,813,41.479,7111.394,5
Rso89.617,1264,2764,088,6136,8569,3113,0517,71.380,2174,510,51.210,694.846,6
Rsonord44.353,5223,0382,766,891,2335,795,8308,3785,999,55,6678,547.426,4
RsoCentro20.987,16,7263,717,436,8149,610,5138,5379,839,02,0351,122.382,2
RsoSud24.276,534,5117,64,48,884,16,770,8214,536,12,9181,025.037,9
Rss15.598,81,5275,93,516,891,221,574,5167,824,32,9269,116.547,9
Rssnord4.105,61,5182,32,212,347,114,432,886,99,61,6166,84.663,1
Rsssud11.493,30,093,61,34,544,27,241,780,814,71,3102,311.884,8
Regioniinpiano-0,6-23,2-16,2-35,8-31,8-5,8-1,7-13,5-5,9-14,051,2-2,2-1,0
Regioninoninpian-0,69,3-12,6-18,8-20,1-6,5-10,0-3,90,5-4,8-67,9-0,6-0,8
Totale-0,6-6,7-14,0-23,5-23,1-6,3-7,2-7,4-1,7-7,7-32,0-1,1-0,9
Fonte:elaborazioniCortedeicontisudatiNSISaggiornatial23aprile2014
2012
2013
variazione2013/2012
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
240
I RISULTATI NELLE REGIONI IN PIANO DI RIENTRO
I risultati economici
6. Come si diceva in precedenza nel 2013 le regioni in Piano di rientro registrano
nel complesso dopo le verifiche del Tavolo di monitoraggio un seppur lieve aumento
delle perdite (+1,6 per cento) rispetto al 2012. Si tratta di un risultato da ricondurre
essenzialmente a due delle regioni (Lazio e Sicilia) per le quali in sede di verifica sono
state valutate a rischio alcune scelte incluse nei dati di preconsuntivo. Dopo l’esame del
Tavolo, la prima ha visto peggiorare il risultato di circa 100 milioni (a ragione dei dubbi
espressi sulla cancellazione di debiti verso fornitori), la seconda di circa 90 (a motivo
delle rettifiche su voci di FSR indistinto e vincolato e saldo mobilità extraregionale e
internazionale). Per le altre regioni (fatta eccezione per il Molise) si conferma il trend di
miglioramento.
Al netto di tali aggiustamenti, l’esercizio 2013, pur mantenendosi in disavanzo, ha
confermato prima delle coperture il miglioramento già evidenziato lo scorso anno. Un
dato frutto di una flessione dei costi (comprensivi delle voci economiche e del saldo
intramoenia) dell’1,7 per cento, in grado di compensare la flessione dei ricavi e un
peggioramento del saldo mobilità.
Sono gli oneri per il personale a registrare per il secondo anno una flessione di oltre
il 2 per cento. Essa riguarda tutte le tipologie ed è superiore al 3 per cento sia nel
personale del ruolo professionale che tecnico. In flessione anche alcune delle principali
componenti di costo riferibili alla gestione diretta: servizi appaltati (-4.4 per cento),
manutenzione (-.4 per cento) e spese per il godimento di beni di terzi (-2,7 per cento).
Crescono invece gli acquisti di beni, le spese amministrative e generali e gli interessi
passivi su cui pesano ancora nell’esercizio gli oneri per ritardato pagamento.
Più incerto il quadro dal lato delle prestazioni market: si conferma la riduzione
della spesa per farmaci, per l’ospedaliera e la riabilitativa. L'andamento osservato da
queste ultime componenti di spesa riflette una migliore regolazione nelle regioni in
Piano di rientro dei volumi di spesa per le prestazioni sanitarie acquistate da operatori
privati accreditati, realizzata attraverso la definizione di tetti di spesa e l’attribuzione di
budget, con il perfezionamento dei relativi contratti in tempi compatibili con la
programmazione regionale. Cresce invece quella specialistica e integrativa.
Sul risultato complessivo dal lato dei costi incide poi una flessione degli
ammortamenti (-2,5 per cento) e un miglioramento del saldo intramoenia che rimane
tuttavia, specie nelle regioni meridionali, su livelli molto bassi.
Dal lato dei ricavi, la flessione riguarda tutte le voci, a partire dai contributi da
regione come quota del fondo sanitario. Di particolare rilievo è tra questi la flessione
degli introiti da compartecipazione, in riduzione di poco meno del 6 per cento, a fronte
della seppur lieve crescita delle regioni non in piano. Si aggrava poi il risultato del saldo
della mobilità comprensivo di quella internazionale.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
241
La corresponsione dei LEA
7. Ma quanto il rispetto dei vincoli di bilancio si è riflesso sulle modalità di
corresponsione dei Lea? Quanto il riassorbimento degli squilibri si è tradotto in un
miglioramento dell’appropriatezza senza incidere sul rispetto degli obiettivo di servizio?
I dati del Sistema informativo sanitario consentono un primo aggiornamento della
situazione sull’erogazione dei LEA nelle regioni in Piano di rientro Si tratta dei dati
relativi al 2012 e di alcuni aggiornamenti relativi al primo semestre del 2013.
Il monitoraggio si centra su pochi indicatori che attengono all’assistenza
ospedaliera, l’emergenza urgenza, l’assistenza territoriale e la prevenzione.
In miglioramento gli indicatori relativi all’assistenza ospedaliera. Stabile il dato
della Campania, tutte le altre regioni presentano un miglioramento pur rimanendo
significativamente al di sotto del livello obiettivo.
Riguardo all’ospedalizzazione tutte le regioni in Piano registrano un decremento
pur nella maggioranza dei casi rimanendo al di sopra del valore di riferimento (si tratta
di Abruzzo Lazio Puglia Sicilia). Presentano rilevanti margini di miglioramento la
Campania e il Molise mentre la Calabria si pone nel 2012 entro i limiti. Si tratta di
andamenti che trovano conferma anche nei dati del primo semestre 2013.
In Abruzzo Campania Puglia risulta in riduzione anche l’ospedalizzazione della
popolazione ultrasettantacinquenne, il cui indicatore, nel 2012, è in linea con il valore di
riferimento e mostra un ulteriore decremento nel primo semestre del 2013.
Nel Molise il tasso di ospedalizzazione della popolazione ultra-settantacinquenne
mostra, invece, un consistente decremento a partire dal 2009, collocandosi nel 2012 in
linea con il parametro di riferimento.
Solo nel Lazio si presenta un incremento dell’ospedalizzazione della popolazione
ultra-settantacinquenne nell’anno 2012 (valore lievemente superiore al parametro di
riferimento nazionale).
Un indicatore di appropriatezza nell’utilizzo delle sale operatorie e dei servizi di
supporto all’attività chirurgica è la degenza media pre-operatoria. Esso risulta nel 2012
al di sopra del valore medio nazionale . In tutte le regioni in Piano, fatta eccezione per la
Sicilia, risulta invece in linea con il valore medio nazionale e si mantiene lievemente
inferiore a due giorni nel primo semestre del 2013 in Sicilia. In Campania, pur
mostrando un decremento nel tempo, si mantiene superiore ai due giorni e risulta,
dunque, al di sopra del valore medio nazionale anche nel primo semestre 2013.
Seppur in riduzione continuano ad avere una dotazione totale di posti letto
superiore al valore di riferimento (3,7 per mille residenti secondo quanto disposto con il
DL 95/2012): il Molise ha 4,5 posti letto, il Piemonte 4,2 posti per 1.000 residenti (di
cui 3,14 per acuti e 1,05 per le post-acuzie), il Lazio 3,9. Il superamento del tetto
previsto è dovuto, soprattutto, ad un eccesso di posti letto per le acuzie rispetto al
parametro di riferimento.
Inferiori o vicine alla soglia, invece, le regioni Abruzzo (3,17 e 0,5 per la
riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie contro i 0,7 per mille previsti ) la Campania
(circa 2,92 per gli acuti e 0,29 per le post-acuzie, inferiore quest’ultimo al valore di
riferimento nazionale 0,7), la Calabria (2,8. mentre per la riabilitazione e la
lungodegenza post-acuzie risulta è pari a circa 0,4), la Puglia e la Sicilia (3,04, mentre
per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie risulta pari a circa 0,4.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
242
Per quanto riguarda l’efficacia della rete dell’emergenza territoriale, l’indicatore
considerato, riferito al tempo intercorrente tra la ricezione delle chiamate da parte della
Centrale Operativa e l'arrivo del primo mezzo di soccorso, si presenta maggiore della
soglia di adeguatezza (inferiore o pari a 18) in Abruzzo, Calabria, Molise. Risulta
adeguato invece in Piemonte, nel Lazio, in Campania, in Puglia, in Sicilia
Per quanto riguarda l’assistenza territoriale, il monitoraggio ha puntato
l’attenzione sulla dotazione di posti letti nelle strutture residenziali per anziano non
autosufficiente, che risultano inferiori al limite un po’ in tutte le regioni in Piano
Rispetto all’obiettivo di 10 posti ogni 1000 anziani, l’Abruzzo è a 5,4 per mille, il Lazio
al 4,3, la Puglia al 5, la Calabria al 4 con punte negative di 1,3 in Sicilia e di 0,6 nel
Molise. Ciò, mentre in Piemonte l’indicatore supera i 24 posti per mille. Ancora criticità
persistono nella quota di anziani assistita in ADI (inferiori al limite in Campania con
il2,8 per cento, Puglia 2,2, Piemonte 2,4 Calabria 3,2; in forte crescita seppur di poco
inferiore al limite in Sicilia 3,7) e nella dotazione di posti in strutture hospice
(considerate insufficienti in Abruzzo Campania Calabria Sicilia ).
In tutte le regioni in Piano (escluso il Piemonte) significative criticità emergono
nell’erogazione di servizi afferenti all’area della prevenzione, con particolare
riferimento all’area degli screening, come si evince dall’ultimo aggiornamento
dell’indicatore relativo alla quota di residenti che hanno effettuato test di screening
oncologici in programmi organizzati.
Infine delle 8 regioni in Piano di rientro, solo due sono adempienti secondo la
griglia Lea: il Piemonte, che ha da sempre avuto punteggi ben superiori al limite
previsto, e il Lazio, che segna solo nel 2012 un punteggio positivo confermando il
percorso in crescita degli ultimi anni. In forte miglioramento la Sicilia che raggiunge
valori di poco inferiori al limite (157). Le altre regioni, pur in miglioramento, si
mantengono su livelli inferiori: si tratta dell’Abruzzo (145), Puglia (140 in crescita)
Molise (146), Campania (117), Calabria ( 133 ).
Le criticità evidenziate in sede di monitoraggio
8. Una prima lettura dei verbali dei Tavoli di monitoraggio consente di
evidenziare un tendenziale miglioramento nella gestione dei piani di rientro. Un
risultato della maturazione di una modalità di lavoro comune tra livelli di governo, a cui
è riconducibile un miglioramento complessivo nella gestione sanitaria.
Non mancano tuttavia criticità e limiti su cui l’esame si sofferma. Temi spesso
particolari emersi nel corso della valutazione dei documenti sottoposti ai Tavoli;
elementi per una valutazione specifica di ciascun Piano, che esula dal compito di questo
Rapporto e che troverà espressione nell’esame delle Sezioni regionali. L’obiettivo di
questo paragrafo è più limitato: fornire una sintesi delle problematiche ricorrenti e
comuni a più realtà territoriali, che emergono dalla lettura dei Piani.
All’interno di un pressoché generale miglioramento della governance regionale,
permangono ritardi diffusi nella definizione e nel perfezionamento del processo di
sottoscrizione dei contratti con le strutture private (Campania, Puglia Molise) e nella
definizioni o nel rinnovo di protocolli di intesa con Università statali o non statali
(Lazio Campania Molise Abruzzo).
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
243
Sono specifici elementi di rilievo per almeno la metà delle regioni in Piano le
criticità e i ritardi nel completamento delle procedure di accreditamento, che dovrebbero
riguardare già tutti i soggetti pubblici o privati che erogano prestazioni per il servizio
sanitario nazionale (Lazio Campania Molise Abruzzo). A tali difficoltà sono poi
connesse criticità riconducibili alla gestione del contenzioso insorto con i soggetti
fornitori di beni e servizi. I Tavoli hanno chiesto un aggiornamento sulle iniziative che
le strutture commissariale stanno intraprendendo per governare in maniera adeguata il
fenomeno. Permane alto, in particolare, il livello di contenzioso espresso dalle principali
strutture private accreditate a diretta gestione regionale (Molise)
Interessano quasi tutte le regioni (fa eccezione il Piemonte) i problemi che
attengono alla revisione della offerta assistenziale guardando all’effettivo fabbisogno e
tenendo conto di quanto previsto dal DL 95/2012. Situazioni cui si affiancano in alcune
aree gravi carenze negli interventi per l’assistenza territoriale, residenziale e semi
residenziale per anziani e malati terminali (Campania).
Non risultano informazioni complete e aggiornate circa l’attuazione del DL
95/2012 in materia di beni e servizi, né della corretta applicazione dello stesso DL con
riferimento alla definizione dei limiti massimi di spesa per l’acquisto di prestazioni da
privato accreditato. Ciò mentre i dati di chiusura dei conti del 2013 non sembrano
fornire elementi di conforto nel rispetto delle riduzioni previste.
Ancora in corso di soluzione le problematiche inerenti ai fabbisogni di personale
connessi al blocco del turn-over e alla richiesta di deroga ai sensi dell’articolo 4-bis del
DL 158/2012. La norma ha previsto che “nelle regioni sottoposte ai piani di rientro dai
disavanzi sanitari nelle quali sia scattato per l'anno 2012 il blocco automatico del turn-
over o sia comunque previsto il blocco in attuazione del piano di rientro o dei
programmi operativi di prosecuzione del piano, tale blocco può essere disapplicato, nel
limite del 15 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l'erogazione dei
livelli essenziali di assistenza”.
Nell’esercizio della responsabilità di condurre le istruttorie è stato investito il
SiVeAS. Tale organismo ha elaborato una metodologia (utilizzando i risultati di un
progetto condotto nell’anno 2012 sui parametri quantitativi utili alla definizione del
fabbisogno di personale ospedaliero sanitario e tecnico) per definire se le richieste di
deroga effettuate dalle Regioni fossero concedibili .
Tale problematica riguarda le regioni Calabria, Campania e Molise, per le quali
era scattato il blocco automatico del turn-over nell’anno 2012, e la regione Puglia che
aveva previsto tale blocco all’interno del proprio Piano di rientro. Esse hanno espresso
agli organismi di monitoraggio (Tavolo adempimenti e Comitato LEA) la volontà di
avvalersi della deroga. Nel corso dell’esercizio solo la Campania ha avviato l’iter
procedurale previsto: il 10 gennaio 2014, alla regione è stata concessa l’autorizzazione a
procedere alle assunzioni di personale in deroga per il percorso a carattere di urgenza
(208 deroghe di varia qualifica). E’ ancora in istruttoria una ulteriore deroga per 48
risorse.
Il 2013 era, poi, il primo anno in cui il monitoraggio riguardava anche la verifica
del rispetto per le regioni dell’obbligo introdotto dall’articolo 3, comma 7 del DL
35/2013 di effettuare nell’esercizio il trasferimento al servizio sanitario regionale di
almeno il 90 per cento delle risorse ricevute dallo Stato per finalità sanitarie. Una
misura volta a evitare il ripetersi di quanto accaduto in passato in termini di ritardi di
pagamenti dalle regioni alle aziende sanitarie e da queste alla rete dei fornitori. La
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
244
maggioranza delle regioni in Piano di rientro ha rispettato la previsione normativa. Solo
la Sicilia è risultata inadempiente per importi molto rilevanti, mentre per il Molise,
sospendendo il giudizio, il monitoraggio ha richiesto una verifica dei capitoli di bilancio
regionale che diano evidenza dell’avvenuto accertamento e impegno di tutte le somme
afferenti il finanziamento della sanità per tale esercizio.
I TEMI ALL’ATTENZIONE
9. L’esercizio che si è chiuso ha confermato i buoni risultati di un sistema di
gestione basato sul confronto tra diversi livelli di governo
Ma ha anche reso evidente il limite con cui il comparto dovrà fare i conti
nell’immediato futuro: ritrovare al suo interno le risorse per rispondere alle necessità di
adeguamento delle prestazioni e di garanzia della qualità delle cure. Elementi che hanno
fatto finora e dovranno fare nel prossimo futuro del sistema sanitario un fattore
strategico del nostro sistema, garantendo una qualità dell’offerta che pone il nostro
paese, almeno in questo campo, tra i primi posti nelle classifiche mondiali.
Il riassorbimento degli squilibri richiede l’elaborazione di soluzioni organizzative
e scelte gestionali, che non possono essere il portato solo della proposizione di un
vincolo finanziario.
La sanità nella gestione regionale
10. Nell’esercizio 2013 si sono ottenuti risultati significativi nel processo di
valutazione dei conti sanitari in base a regole contabili comuni. Il processo avviato con
l’armonizzazione contabile ha consentito di porre in rilievo criticità sia sul fronte
dell’efficacia delle misure assunte a copertura dei disavanzi sanitari, che della corretta
gestione dei flussi tra regioni e aziende sanitarie.
Al centro delle verifiche condotte sui bilanci delle aziende sanitarie le iscrizioni di
ammortamenti non sterilizzati, la dimensione dei crediti vantati verso le regioni per
spesa corrente e per ripiano disavanzi, la rilevanza dei crediti verso soggetti esterni al
contesto regionale, con particolare attenzione alla loro realizzabilità. Tutto ciò per due
finalità principali: dare attuazione al processo di armonizzazione contabile, condizione
indispensabile per una effettiva controllabilità della spesa; far emergere, attraverso un
controllo incrociato dei conti regionali e delle aziende sanitarie, le discordanze tra
somme vincolate al finanziamento della sanità, somme impegnate e crediti vantati dal
sistema delle aziende regionali. In tal maniera pervenendo alla quantificazione del
fabbisogno di liquidità (in termini di competenza e/o di cassa) per pagare i debiti
accumulati in questi anni verso il sistema dei fornitori di beni e di servizi per la sanità e
in questo modo “liberare” risorse verso un mondo delle imprese sempre più stretto dalle
difficoltà di accesso al credito.
La dimensione, sin da subito “imponente” (14 miliardi) dei fondi da assicurare al
settore sanitario manifestava la consapevolezza, da parte degli operatori e dei soggetti
responsabili del processo di rientro dai disavanzi, delle difficoltà incontrate nel garantire
il rispetto di vincoli di bilancio, sempre più stringenti in un sistema interessato da una
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
245
crisi crescente (si veda il riquadro «Gli interventi del DL 35/2013 nel settore
sanitario»).
I risultati della verifica sono, tuttavia, andati oltre alle attese. Innanzitutto per la
dimensione del fabbisogno, cresciuto subito al di sopra del 16,2 miliardi. Poi, per il
sovrapporsi ai fabbisogni di “competenza”, legati alla mancata sterilizzazione degli
ammortamenti (fenomeno generale anche se con “intensità” diverse), e a quelli di cassa,
legati ai tempi di realizzo delle entrate, di fenomeni riconducibili ad un utilizzo di
risorse sanitarie per altre finalità. Vere e proprie distrazioni di fondi verso altri bisogni
regionali. Ma non solo. La forte concentrazione delle necessità di cassa nelle regioni in
piano di rientro (7 miliardi sugli 8 individuati sono relativi a tre di esse), porta a ritenere
che anche tali fabbisogni rappresentino l’emersione di coperture, certificate in sede di
monitoraggio, ma poi utilizzate per rispondere a necessità diverse a fronte delle quali le
entrate previste risultavano insussistenti.
Un fenomeno che le regole poste con il DL 35/2013 e più di recente con il DL
66/2014 (con limiti minimi ai riversamenti al sistema sanitario di quanto incassato dalla
regione e con obblighi di ripiano dei debiti verso la sanità o di sottoscrizione della
anticipazioni) dovrebbe impedire che si ripeta, ma che ha portato alla luce la difficile
coesistenza tra un sistema sorretto da tutele e uno da troppo tempo in sofferenza
finanziaria.
A questo riguardo dovrà essere valutata con attenzione la scelta operata in
numerose realtà territoriali di consentire l’utilizzo delle risorse fiscali aggiuntive,
attivate per il riequilibrio sanitario, per interventi a favore di altri fabbisogni regionali,
con ciò, almeno in parte, disattendendo quella parte del Patto che era stata sottoscritta
dalle amministrazioni con gli elettori: uno sforzo fiscale richiesto per il riequilibrio
sanitario, Seppur comprensibile nella sostanza tale facoltà concessa con il DL 120/2013
(oltre a ridurre gli spazi per rendere effettiva la possibilità di copertura in caso di
disavanzo) fa perdere al sistema trasparenza rendendo più opaco il collegamento tra
sforzo fiscale aggiuntivo e processo di risanamento, che è stata la forza del sistema di
rientro dagli squilibri.
GLI INTERVENTI DEL DL 35/2013 E DEL DL 102/2013 SUL SETTORE SANITARIO. GLI SVILUPPI
PIÙ RECENTI
Con il decreto-legge 35/2013 è stata prevista la possibilità per le Regioni di accedere ad
un’anticipazione di liquidità, per il pagamento dei debiti sanitari accumulati al 31 dicembre
2012, entro un tetto massimo di 14 miliardi di euro, di cui 5 miliardi da corrispondere nel
2013 e 9 nel 2014. Si tratta di spesa già sostenuta dagli enti del Servizio sanitario nazionale e
scontata nei saldi; non è, pertanto, considerato alcun impatto in termini di indebitamento
netto.
Una prima attuazione del provvedimento è stata affidata al decreto direttoriale del 16 aprile
2013 con cui è stato effettuato, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3, del DL n. 35/2012, un
primo riparto dei 5 miliardi relativi al 2013.
Sulla base di quanto disposto dall’art. 3-bis del DL 69/2013, le risorse ripartite ma non
richieste dalle regioni entro il 31 maggio 2013, sono state riassegnate, con decreto direttoriale
del 2 luglio, alle regioni che ne hanno fatto richiesta entro il 30 giugno 2013., con accesso
prioritario per le regioni sottoposte alla procedura di cui all’articolo 1, comma 174, della
legge n. 311/2004.
Il DL 102/2013 ha poi disposto l’incremento per 2.505 milioni delle risorse relative al 2013,
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
246
riducendo di pari importo le risorse relative al 2014. La possibilità di accesso era subordinata
alla presentazione di una richiesta entro il 15 settembre 2013 e alla verifica da parte dei
competenti Tavoli della documentazione relativa alla copertura dell’anticipazione,
all’integrazione del piano dei pagamenti dei debiti, e al pagamento degli stessi entro il 31
dicembre (articolo 13, commi 1, 6 e 7). A valere su tale importo, alla data del 31 ottobre
risultavano erogati alle regioni complessivi 2.491,4 milioni, interamente pagati ai creditori
entro la fine dell’esercizio.
Il decreto 102 ha previsto poi (articolo 13, commi 8 e 9) un incremento per 7.218 milioni della
dotazione complessiva del Fondo di cui all’articolo 1, comma 10, del DL 35/2013, al fine di
far fronte ad ulteriori pagamenti da parte delle Regioni e degli enti locali di debiti certi,
liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia
stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine. Con
decreto del Ministro dell’economia del 10 febbraio 2014, è stata effettuata la ripartizione
dell’importo tra le tre Sezioni del Fondo, assegnando al pagamento dei debiti del comparto
sanitario l’importo di 1.618,6 milioni, da ripartire tra le regioni entro il 31 marzo.
L’erogazione dell’anticipazione è subordinata alle condizioni di cui al comma 5 dell’articolo 3
del DL 35/2013:
disporre le necessarie coperture per garantire la restituzione allo Stato degli importi
ricevuti;
presentare un piano dei pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, cumulati alla data del
31 dicembre 2012 e comprensivi degli interessi, con l’elenco dei fornitori che saranno pagati e
i relativi importi. Si prevede altresì la possibilità di inserire nell’elenco, nei limiti delle risorse
assegnate ed in via residuale rispetto ai debiti esigibili alla data del 31/12/2012, anche i debiti
comunque sorti entro il medesimo termine, intendendosi per tali debiti quelli per i quali sia
stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro tale data;
sottoscrivere un contratto con il MEF che definisca le modalità di erogazione delle somme e
di relativa restituzione, ovvero di recupero. Nella restituzione, che avviene in un periodo di 30
anni, sono compresi interessi al tasso di rendimento di mercato dei BTP a cinque anni in corso
di emissione.
In base ai successivi commi 6, 7 e 9 poi:
all’atto dell’erogazione le regioni devono provvedere all’immediata estinzione dei debiti
elencati nel piano di pagamento, dandone certificazione al Tavolo di verifica. Tale
certificazione costituisce un adempimento ai fini dell’ordinario accesso delle regioni alle
quote premiali del finanziamento del SSN, come previsto dalla legislazione vigente (comma
6);
- dal 2013 costituisce, inoltre, adempimento regionale l’erogazione da parte delle regioni ai
rispettivi enti sanitari, entro la fine dell’esercizio, di almeno il 90 per cento delle somme che
esse incassano dallo Stato a titolo di finanziamento del SSN (IRAP, addizionale regionale
all’IRPEF e trasferimenti da bilancio statale a titolo di compartecipazione IVA e di fondo
sanitario nazionale), nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie, destinano
autonomamente al finanziamento del SSN (sostanzialmente riconducibili alla fiscalità
aggiuntiva, al ripiano di disavanzi sanitari, a finanziamento di funzioni sanitarie ulteriori
rispetto ai LEA, ad altri finanziamenti regionali comunque destinati). Ciò allo scopo di
impedire in futuro ulteriori ritardi nel sistema dei pagamenti, ponendo dei vincoli stringenti
sulla gestione, da parte regionale, della liquidità destinata al finanziamento del SSN, posto che
l’equilibrio economico è soggetto alle verifiche trimestrali dei Tavoli (comma 7);
- le somme attinte sull’anticipazione di liquidità possono essere fatte valere in termini di
competenza nell’ambito del procedimento di verifica degli adempimenti previsto dall’articolo
1, comma 174, della legge 311/2004. E’ stato pertanto disposto lo slittamento, per il solo anno
2013, dei termini di cui al medesimo comma 174 . (comma 9).
Sulla base delle ricognizioni dei debiti svolta dai Tavoli di verifica, è stata quindi aggiornata
la situazione debitoria al 31/12/2012 delle regioni. Come evidenziato dal Decreto direttoriale
del 20 febbraio 2014, è risultato un fabbisogno di liquidità per 17,1 miliardi, coperto per
899,3 milioni con risorse proprie delle regioni. Del fabbisogno residuo, pari a 16,2 miliardi,
8,1 miliardi riguarda la competenza (di tale importo, circa 7 miliardi sono rappresentati dalle
spese per ammortamenti non sterilizzati e circa 1,1 miliardi da somme iscritte in competenza
nei bilanci regionali e poi andate in perenzione), mentre 8,1 miliardi riguarda la cassa (cioè
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
247
carenza di liquidità a fronte di poste di entrata iscritte in bilancio in competenza/residui
attivi).
In proporzione ai fabbisogni emersi dalle verifiche, il Decreto direttoriale del 20 febbraio ha
proceduto ad una prima ripartizione delle risorse disponibili ex art 3 del DL 35/2013 e art 13,
commi 6 e 7, del 102/2014, pari a 6.358,6 milioni. Successivamente con Decreto direttoriale
del 14 marzo 2014, tenuto conto delle richieste avanzate dalle regioni, tale importo è stato
riassegnato per 5.573,3 milioni, residuando 785,3 milioni. Alcune regioni e province
autonome, infatti, non hanno avanzato la richiesta di accedere alle anticipazioni (Valle
d’Aosta, FVG, Provincia Autonoma di Trento, Molise) o hanno presentato richieste inferiori
agli importi in precedenza ripartiti (Toscana).
A fronte dei 16.244,7 milioni di fabbisogno accertato e che alla data del 20 febbraio 2014
risultava non coperto con risorse proprie, sono stati assegnati alle regioni complessivi 13.064
milioni, di cui 7.491 milioni nel 2013 e 5.573,3 milioni nel 2014. Residuerebbe, pertanto, un
fabbisogno di liquidità, pari a complessivi 3,2 miliardi.
Le disponibilità per far fronte ai pagamenti di debiti al 31 dicembre 2012 sono pari
complessivamente a 3.174 milioni: alle somme non ripartite con il DD del 14 marzo (785,3
milioni) si aggiungono le risorse di cui all’articolo 13, comma 8, del DL 102/2013 (1.618
milioni) e l’importo autorizzato dall’articolo 35 del DL 66/2014 (770 milioni).
Gli articoli 34 e 35 del DL 66/2014 sono di recente intervenuti sul tema del pagamento dei
debiti sanitari. In particolare l’articolo 34 ha previsto che le regioni possono accedere, nei
limiti degli importi verificati in base all’articolo 3, comma 3, del DL 35/2013, alle
anticipazioni di liquidità anche per finanziare piani dei pagamenti che comprendano i
pagamenti dei debiti effettuati dalle regioni nel periodo dal 1° gennaio 2013 all'8 aprile 2013.
La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica poiché si limita
a rendere disponibili risorse già stanziate da precedenti provvedimenti per il pagamento dei
debiti sanitari.
L’articolo 35 incrementa di 770 milioni per l’anno 2014 le disponibilità del Fondo per
assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio
sanitario nazionale al 31 dicembre 2012. A tal fine prevede che le regioni che, a seguito delle
verifiche (art.3, c.3 , del DL 35/2013), presentano mancate erogazioni per competenza e/o per
cassa delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali e che, tuttavia,
non hanno richiesto l’accesso alle anticipazioni di liquidità, sono tenute a farlo entro 15 giorni
dalla data di conversione in legge del decreto. Anche le regioni che presentano ammortamenti
non sterilizzati e che non hanno richiesto l’accesso alle anticipazioni di liquidità, entro 60
giorni dall’entrata in vigore del decreto devono produrre la documentazione necessaria a
dimostrare la sussistenza delle condizioni economico-finanziarie idonee a garantire, a
decorrere dal 2014, il rispetto dei tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente.
Qualora le regioni non provvedano alla trasmissione della documentazione ovvero il Tavolo
non verifichi positivamente la richiamata condizione, le regioni sono tenute a presentare
istanza di accesso alle predette anticipazioni entro 15 giorni dalla formalizzazione degli esiti
del Tavolo. In entrambi i casi qualora le Regioni non provvedano sono diffidate (commi 2 e 5)
dal Consiglio dei Ministri ad adottare, entro un termine definito, tutti gli atti necessari per
trasferire tempestivamente agli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) gli importi dovuti o
per acquisire le anticipazioni. In caso di inadempienza, accertata dal Tavolo tecnico per la
verifica degli adempimenti regionali, il Consiglio dei ministri (comma 3), in attuazione
dell’articolo 120 della Costituzione, nomina il Presidente della regione, o un altro soggetto,
commissario e questi adotta tutte le misure necessarie per acquisire le anticipazioni.
Tali obblighi sono estesi anche alle Regioni che, con riferimento agli enti del SSR, non hanno
partecipato alle verifiche di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013.
Infine, l’articolo 32 che incrementa di 6 miliardi per l’anno 2014 il "Fondo per assicurare la
liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” dispone la destinazione di 600
milioni di euro (comma 4) per anticipazioni di liquidità alle regioni in piano di rientro per un
importo massimo pari a quello corrispondente al valore dei gettiti derivanti dalle
maggiorazioni fiscali regionali, destinati nell’anno 2013 al finanziamento del servizio
sanitario regionale
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
248
I CREDITI DELLE AZIENDE SANITARIE VERSO LE REGIONI E GLI ACCESSI ALLE ANTICIPAZIONI
(in milioni)
fabbisogno
liquidità
verificato
(DM
20/2/2014)
fabbisogno
coperto dalle
regioni con
proprie fonti
di cui
competenza
di cui
cassa
Totale
fabbisogno
residuo (DM
20/2/2014)
Risorse
assegnate nel
2013
Importi
erogati nel
2013
Importi
rideterminati con
D.D. 14/3/2014
Importi
complessiv.
assegnati
differenza
fabbisogno
risorse
assegnate
1 2 3=1-2 4 5 6=4+5 7=3-6
Piemonte 2.856 0 1.956 900 2.856 1.447 1.447 1.410 2.856 0
Valle d'Aosta* 19 0 0 19 19 0 0 0 0 19
Lombardia 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Bolzano* 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Trento* 123 0 0 123 123 0 0 0 0 123
Veneto 1.587 0 1.587 0 1.587 777 777 810 1.587 0
FVG* 19 0 19 0 19 0 0 0 0 19
Liguria 187 0 76 111 187 147 147 40 187 0
Emilia Romagna 1.501 555 946 0 946 806 806 140 946 0
Toscana 964 0 935 29 964 415 415 150 565 399
Umbria 70 40 29 0 29 17 17 12 29 0
Marche 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Lazio 3.198 0 396 2.801 3.198 1.498 1.498 1.700 3.198 0
Abruzzo 276 102 174 0 174 174 174 0 174 0
Molise 355 0 199 156 355 44 44 0 44 311
Campania 1.951 0 611 1.340 1.951 958 958 993 1.951 0
Puglia 653 0 653 0 653 335 335 318 653 0
Basilicata 73 73 0 0 0 0 0 0 0 0
Calabria 218 129 107 0 107 107 90 0 107 0
Sicilia 2.607 0 0 2.607 2.607 606 nc 0 606 2.001
Sardegna* 469 0 469 0 469 160 nc 0 160 309
TOTALE 17.127 899 8.158 8.087 16.245 7.491 6.708 5.573 13.065 3.180
fabbisogno liquidità residuo Risorse assegnate
Le regioni Basilicata, Lombardia e Marche in occasione del monitoraggio hanno fatto presente di non avere la necessità di accedere ad anticipazioni e di essere in grado di
garantire regolarità e tempestività nei pagamenti. Per le RSS le informazioni sono parziali
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati MEF.
L’appropriatezza: una scelta obbligata
11. E’ evidente che un contributo di rilievo per portare a coerenza i crescenti
fabbisogni, gli obiettivi di riqualificazione della spesa e il miglioramento delle
prestazioni con un vincolo nelle risorse, è necessario provenga da progressi significativi
anche sul fronte della appropriatezza delle prestazioni rese.
Un elemento cardine di una strategia che punti a recuperare margini di manovra
dal riassorbimento delle spese inappropriate è costituito dal processo di
razionalizzazione delle reti ospedaliere. Mantenere strutture ospedaliere di piccole
dimensioni e conseguente frammentazione e duplicazione dell'offerta ospedaliera,
comporta sia problemi sul campo della sicurezza, sia limiti alla qualità dell'assistenza
erogabile. La chiusura dei piccoli ospedali (al di sotto dei 60 posti letto ancora non
completamente definito) e il raggiungimento dello standard di 3,7 posti letto per mille
abitanti, nel corso del triennio potrebbe determinare una riduzione di oltre 7000 posti
letto.
Ciò consentirebbe il recupero delle risorse necessarie per potenziare l’assistenza
territoriale e domiciliare, fornendo in tal modo una risposta alla domanda posta dalla
forte crescita di patologie croniche – degenerative dovute all’invecchiamento della
popolazione.
Il provvedimento dedicato alla ridefinizione degli standard qualitativi, strutturali,
tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera è ancora in attesa di
approvazione, dopo il rinvio dell’esame dello scorso 13 marzo 2013.
Concordare le condizioni necessarie per garantire livelli di assistenza ospedaliera
omogenei nell’intero territorio nazionale, in termini sia di adeguatezza delle strutture,
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
249
sia di risorse umane impiegate in rapporto al numero di pazienti serviti e al livello di
complessità della struttura, rappresenta un passo importante verso il riassorbimento di
inefficienze e inappropriatezze. Ciò richiederà una classificazione delle strutture
ospedaliere secondo livelli gerarchici di complessità e bacini di utenza, standard minimi
e massimi di strutture per singola disciplina, mirati ad offrire una buona qualità delle
prestazioni attraverso una concentrazione in un numero limitato di presidi cui affluisce
un numero elevato di pazienti, previsione di standard generali di qualità per
l’autorizzazione e l’accreditamento e standard specifici per l’alta specialità.
La riorganizzazione della rete ospedaliera dovrebbe accompagnarsi al
potenziamento di strutture di degenza post acuta e di residenzialità, ad uno sviluppo
dell'assistenza territoriale che agevoli la dimissione al fine di minimizzare la degenza
non necessaria, favorendo contemporaneamente il reinserimento nell'ambiente di vita e
il miglioramento della qualità dell'assistenza
L’individuazione di interventi sulla rete dei servizi per l'assistenza e la cura delle
persone non autosufficienti, in particolare anziani e disabili, è probabilmente uno degli
aspetti più urgenti che il Piano. Il ritardo nella definizione di una adeguata offerta di
servizi rappresenta, in un rilevate numero di realtà territoriali, il nodo più problematico.
Non si tratta solo di livelli di assistenza insoddisfacenti, ma anche di alimentare
fenomeni di utilizzo inappropriato.
Andranno ridefiniti, poi, interventi in grado di incidere sugli accessi non
appropriati ai pronto soccorsi e alle prestazioni basate su apparecchiature, di indagine
diagnostiche e ai relativi percorsi diagnostico – terapeutici. Le risorse che verranno
risparmiate attraverso l’applicazione di tali misure oggetto del Patto dovranno essere
reinvestite ad invarianza del finanziamento annuale previsto.
Rivedere i confini: quale possibilità sono offerte dalle compartecipazioni alla
spesa?
12. Il rilievo assunto dal sistema di compartecipazione alla spesa è evidente
guardando ai dati tratti dai conti economici delle aziende sanitarie e dal recente quadro
di sintesi dei ticket sui farmaci diffuso dall’Aifa.
Nel 2013 gli introiti da compartecipazione alla spesa si sono confermati sui livelli
dello scorso esercizio: si tratta di oltre 2,9 miliardi, di cui 1,4 miliardi per la
farmaceutica e 1,5 per le prestazioni sanitarie, in prevalenza per la specialistica
ambulatoriale (1,3 miliardi). Si è assistito, in aggregato, ad una stabilizzazione di tale
voce di introito rispetto al 2012, anno in cui, va ricordato, l’aumento rispetto al 2011 era
stato superiore al 9 per cento (+13,4 per cento per la specialistica e altre prestazioni e
+5,2 per cento per i farmaci).
La limitata variazione complessiva (+0,1 per cento) è il risultato tuttavia di una
crescita del 2,1 per cento dei ticket sui farmaci e una flessione dell’1,7 per cento di
quella sulle prestazioni specialistiche. Sono 7 le regioni che presentano una variazione
positiva di cui 3 superiori al 3 per cento. Nonostante la forte eterogeneità dei sistemi
assunti a livello regionale nei livelli e nelle caratteristiche delle compartecipazioni, che
rende difficile l’evidenziazione di fenomeni comuni per aree o per tipologie di enti (in
Piano o no), si possono evidenziare alcuni fenomeni in particolare:
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
250
la forte riduzione dei ricavi riferibili a prestazioni sanitarie nelle regioni del Sud.
Una flessione trainata dalle regioni a statuto ordinario dell’area (in media di poco meno
del 6 per cento), che registrano invece un aumento di quanto incassato dalla
farmaceutica (+3,3 per cento). La crescita dei ticket sui farmaci solo in due regioni
(Calabria e Campania) consente di più che compensare il calo della specialistica;
particolarmente forte l’incremento nella regione Toscana (+8 per cento), da
riconnettere a recenti rimodulazione dei livelli di compartecipazione alla spesa dei
farmaci e ad una crescita della componente associata alla specialistica, a fronte di
sistemi che selezionano la quota per ricetta con rimodulazioni in base al reddito
familiare;
l’accentuazione delle differenze di carattere ormai strutturale negli importi medi
pro-capite delle compartecipazioni complessive, tra le regioni del Nord e del Centro,
tutte superiori ai 50 euro pro capite (ad eccezione delle Marche e della Provincia di
Trento) con punte superiori ai 60 euro in Veneto e Toscana e quelle del Sud di poco
superiori ai 40 euro. Un risultato ottenuto, inoltre, nel Sud con importi medi sulla
farmaceutica di oltre 29 euro pro capite (21 nel Centro Nord) e 14 sulla specialistica
(oltre 30 in media nelle regioni centro settentrionali).
La tavola 6 riporta gli importi in termini pro capite calcolati in base alla
popolazione pesata.
TAVOLA 6
I TICKET IN SANITÀ NEL 2012 E NEL 2013
Totalecompartecipazioni
Ticketsuifarmaci(quotadi
compartecipazionesulprezzodi
riferimento+ticketfissoperricetta)
Compartecipazioneallaspesaper
prestazionisanitarie(ticket)
Ticketsulleprestazionidispecialistica
ambulatoriale
Ticketsulprontosoccorso
Ticketsualtreprestazioni
Totalecompartecipazioni
Ticketsuifarmaci(quotadi
compartecipazionesulprezzodi
riferimento+ticketfissoperricetta)
Compartecipazioneallaspesaper
prestazionisanitarie(ticket)
Ticketsulleprestazionidispecialistica
ambulatoriale
Ticketsulprontosoccorso
Ticketsualtreprestazioni
A+B A B=1+2+3 (1) (2) (3) A+B A B=1+2+3 (1) (2) (3)
PIEMONTE 219,3 75,1 144,1 137,3 0,3 6,6 228,8 75,8 153,0 144,5 0,4 8,1
VALLE D`AOSTA 6,9 1,5 5,3 5,3 0,0 0,0 7,2 1,5 5,7 5,7 0,0 0,0
LOMBARDIA 490,2 253,5 236,7 202,4 6,9 27,4 485,4 246,6 238,7 205,7 5,7 27,3
P.A. BOLZANO 27,5 9,0 18,5 16,6 1,7 0,1 26,6 8,9 17,7 15,9 1,8 0,1
P. A. TRENTO 19,8 4,3 15,5 14,6 0,7 0,2 20,5 4,4 16,1 14,8 1,1 0,2
VENETO 319,2 126,9 192,3 135,8 8,0 48,4 319,1 123,6 195,5 138,3 8,2 49,0
FRIULI V.G. 62,5 16,2 46,2 41,4 0,5 4,3 63,8 16,3 47,5 42,6 0,5 4,4
LIGURIA 85,8 42,3 43,5 34,6 0,4 8,5 88,8 42,7 46,1 36,2 0,6 9,4
EMILIA ROMAGNA 229,2 69,4 159,7 153,2 6,6 0,0 222,5 70,0 152,5 146,0 6,5 0,0
TOSCANA 228,2 61,1 167,1 132,5 2,1 32,4 211,0 57,3 153,7 125,1 1,8 26,8
UMBRIA 46,7 16,1 30,7 25,4 0,5 4,8 47,2 15,8 31,4 25,0 0,5 5,9
MARCHE 70,7 25,0 45,8 39,4 0,2 6,1 73,5 24,2 49,2 38,2 0,2 10,8
LAZIO 281,0 146,5 134,5 107,6 0,2 26,7 287,6 142,0 145,5 105,4 0,3 39,9
ABRUZZO 71,8 30,7 41,1 38,1 0,8 2,2 70,4 29,7 40,7 38,0 0,8 1,9
MOLISE 14,2 9,0 5,2 5,1 0,0 0,0 14,9 9,0 5,9 5,9 0,0 0,0
CAMPANIA 238,0 179,2 58,7 50,8 0,2 7,7 235,0 173,4 61,6 53,2 0,3 8,2
PUGLIA 179,3 122,1 57,1 49,1 1,9 6,1 182,6 118,8 63,9 59,7 2,3 1,9
BASILICATA 26,1 14,1 12,0 12,0 0,0 0,0 26,5 12,6 13,9 13,9 0,0 0,0
CALABRIA 75,9 47,9 27,9 17,5 2,5 8,0 75,4 46,9 28,5 17,3 2,6 8,6
SICILIA 211,9 161,7 50,3 48,2 0,2 1,8 213,9 162,1 51,8 49,7 0,3 1,8
SARDEGNA 53,4 24,2 29,2 28,0 0,7 0,5 53,4 24,4 29,0 27,7 0,7 0,6
Totale 2.957,5 1.436,1 1521,4 1294,8 34,7 191,9 2.954,1 1406,1 1548,0 1308,8 34,3 204,9
2013 - (in milioni di euro) 2012 - (in milioni di euro)
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
251
SEGUE TAVOLA 6
Totale
compartecipazioni
Ticketsuifarmaci
(quotadi
compartecipazionesul
prezzodiriferimento+
ticketfissoperricetta)
Compartecipazione
allaspesaper
prestazionisanitarie
(ticket)
Totale
compartecipazioni
Ticketsuifarmaci
(quotadi
compartecipazionesul
prezzodiriferimento+
Compartecipazione
allaspesaper
prestazionisanitarie
(ticket)
A+B A B A+B A B
PIEMONTE -4,2 -0,9 -5,8 49,1 16,8 32,3
VALLE D`AOSTA -5,0 -1,1 -6,1 54,0 12,0 41,9
LOMBARDIA 1,0 2,8 -0,9 50,6 26,2 24,4
P.A. BOLZANO 3,3 1,2 4,3 56,2 18,4 37,8
P. A. TRENTO -3,0 -1,7 -3,4 38,3 8,3 30,0
VENETO 0,0 2,7 -1,7 66,0 26,2 39,7
FRIULI V.G. -2,0 -0,3 -2,6 50,0 13,0 37,0
LIGURIA -3,4 -0,9 -5,6 51,6 25,4 26,2
EMILIA ROMAGNA 3,0 -0,8 4,7 51,8 15,7 36,1
TOSCANA 8,1 6,6 8,7 60,6 16,2 44,4
UMBRIA -1,0 1,6 -2,3 51,6 17,8 33,8
MARCHE -3,7 3,0 -7,1 45,2 15,9 29,2
LAZIO -2,3 3,2 -7,6 50,9 26,5 24,4
ABRUZZO 1,9 3,3 0,8 54,2 23,2 31,0
MOLISE -4,6 0,8 -12,8 44,6 28,4 16,2
CAMPANIA 1,2 3,3 -4,7 43,0 32,4 10,6
PUGLIA -1,8 2,8 -10,5 45,2 30,8 14,4
BASILICATA -1,2 12,2 -13,5 45,3 24,5 20,8
CALABRIA 0,7 2,2 -2,0 39,1 24,7 14,4
SICILIA -0,9 -0,2 -3,0 43,3 33,0 10,3
SARDEGNA -0,1 -0,9 0,6 32,7 14,8 17,9
Totale 0,1 2,1 -1,7 49,8 24,2 25,6
variazione % pro capite 2013 (in euro)
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati NSIS e AIFA
Si tratta di differenze che riflettono la diversità che sta assumendo il sistema delle
compartecipazioni alla spesa a livello di sistemi regionali5
, come è testimoniato dalla
forte eterogeneità dei criteri che ha assunto la normativa: nella specialistica almeno 5
sistemi diversi di rimodulazione della quota aggiuntiva in base al reddito familiare, 2
diversi range di variazione per le rimodulazioni in base al valore della ricetta. E ciò si
intreccia con criteri di reddito applicati a livello regionale che fanno riferimento ad
almeno 3 diverse tipologie di fasce di reddito (4 scaglioni con quello superiore ai
100.000 euro, 4 scaglioni con il superiore a 30.000 euro, due scaglioni sopra e sotto
29.000 euro) e almeno 3 tipologie di calcolo del reddito (reddito familiare, Isee reddito
lordo familiare fiscale).
Per non parlare delle diverse modalità assunte nei ticket per confezione, degli
importi massimi per ricetta o nei regimi dei farmaci equivalenti, o ancora nelle
esenzioni per alcuni tipi di patologie o per determinati farmaci.
5
Per la specialistica, la normativa nazionale prevede una compartecipazione pari alla somma delle tariffe delle
prestazioni contenute nella ricetta, fino ad un massimo di 36,15 euro e una compartecipazione di 10 euro a ricetta che
può essere oggetto di adattamenti a livello regionale. Il sistema di esenzioni è basato su patologia, condizione e
reddito, mentre l’ulteriore distinzione in base a fasce di reddito è previsto con normative regionali.
Per la farmaceutica, invece, la normativa nazionale ha previsto un sistema di pagamento della differenza tra prezzo al
pubblico e prezzo di riferimento per i medicinali generici. Le normative regionali dispongono una compartecipazione
in quota fissa su confezione/ricetta in alcuni casi in base alla situazione economica, in altri prescindendo da essa.
Esenzioni sono previste per patologia.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
252
Anche sui ticket per il pronto soccorso (codice bianco) si è fatto ricorso a
differenti modalità, prevedendo in alcuni casi ticket aggiuntivi per esami diagnostici o
visite specialistiche effettuati nel corso dell’accesso.
C’è da chiedersi se e a quali condizioni il sistema di partecipazione al costo delle
prestazioni sanitarie e di esenzione rappresenti, oggi, uno strumento utile per la gestione
della fase che si sta aprendo.
Sull’utilizzo del sistema di compartecipazione alla spesa come strumento per
ottenere un uso più appropriato dei servizi sanitari sono state avanzate, da più parti,
riserve. Certamente, sono le scelte del medico prescrittore a dover essere monitorate e
controllate per ottenere un miglioramento nell’utilizzo delle risorse. Puntare sui medici
di medicina generale per perseguire un miglioramento della appropriatezza rappresenta
una scelta più efficiente rispetto all’affidarsi al paziente facendo leva sulla sua capacità
di spesa.
Inoltre il solo riferimento ai risultati economici non può in ogni caso consentire di
valutare in che misura lo sforzo richiesto attraverso un crescente ricorso a sistemi di
compartecipazione si sia tradotto (come mette in rilievo un recente lavoro dell’Agenas)
in una diminuzione delle prestazioni richieste a ragione della crisi economica, o in
fenomeni di razionamento dell’offerta e della domanda, o ancora in un trasferimento
verso acquisti privati della popolazione non esente che avrebbe dovuto corrispondere in
alcuni casi importi superiori al prezzo delle prestazioni.
Una revisione del sistema non potrà non tener conto di tali elementi specie se,
contando su sistemi informativi adeguati, sarà possibile avere una mappa più completa
delle modalità con cui la previsione di strumenti di compartecipazione interagisce con
una necessaria attività di indagine medica, soprattutto a garanzia di una efficace politica
di prevenzione.
Va tuttavia considerato che, in una fase come quella attuale di revisione dei
confini entro cui estendere le prestazioni pubbliche, contare su di un sistema di
partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e di esenzione può essere un elemento
determinante.
Prevedere una tariffa per alcune prestazioni, attraverso un riferimento
determinante alla “condizione economica” del nucleo familiare (garantendo tuttavia
l’accessibilità delle prestazioni sanitarie, evitando che la quota di partecipazione
richiesta costituisca un ostacolo alla fruizione o spinga gli assistiti anche per questioni
di convenienza all’acquisto di prestazioni in regime privatistico) e procedere ad una
attenta revisione delle ragioni di esenzione può rappresentare una soluzione utile,
evitando di sovraccaricare il sistema fiscale e collegando parte del costo della fruizione
all’effettivo accesso alle prestazioni.
Per limitare l’impatto di questi cambiamenti sui soggetti esenti per patologia o per
invalidità, obbligati in virtù della loro condizione a usufruire con elevata frequenza alle
prestazioni del SSN nelle diverse aree (farmaceutica, specialistica, day hospital, ecc.), si
è suggerito di fissare un tetto massimo annuo di spesa da partecipazione, eventualmente
articolato in funzione delle fasce di RE, al raggiungimento del quale le prestazioni
sarebbero fornite gratuitamente.
Un passo fondamentale è rappresentato dall’assunzione di un chiaro elemento di
valutazione della condizione reddituale, con caratteristiche che riducano le differenze di
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
253
trattamento a parità di condizioni di reddito La complessità nella gestione da parte del
cittadino delle informazioni per valutare la situazione economica del nucleo familiare è
alla base delle riserve avanzate sulla utilizzazione dell’Indicatore della situazione
economica equivalente (ISEE). Pur recentemente aggiornato, esso presenta ancora
elementi di criticità che ne rendono difficile l’utilizzo in ambito sanitario.
L’ipotesi su cui si sta lavorando è la possibilità di utilizzare, almeno in via
transitoria, un indicatore più semplice, costruito su informazioni (composizione del
nucleo familiare fiscale, redditi dichiarati a fini IRPEF) già presenti presso
l’Amministrazione finanziaria. Ciò consentirebbe di mettere a disposizione dei medici
prescrittori, nell’ambito del Sistema Tessera Sanitaria, l’informazione relativa
all’appartenenza di ogni assistito ad una classe di “reddito equivalente”, cui potrebbero
essere associati benefici in termini di partecipazione alla spesa sanitaria.
13. Nell’ambito dei lavori per la predisposizione del nuovo Patto per la salute,
Stato e amministrazioni regionali hanno condiviso la necessità di rivedere il sistema di
partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e di esenzione, al fine di garantire il
perseguimento di alcuni obiettivi generali, mantenendo l’invarianza del gettito da
partecipazione al SSN non solo a livello nazionale, ma anche a livello delle singole
Regioni. La revisione dell’attuale sistema dovrebbe essere volta a garantire una
maggiore equità sociale ed, in particolare, una maggiore tutela delle fasce di
popolazione caratterizzate da un reddito modesto in relazione alla numerosità dei
componenti del nucleo familiare.
Sono ancora sul terreno le ipotesi di revisione di cui si era detto nel precedente
rapporto: innalzare la percentuale di prestazioni soggette a compartecipazione (stimata
attualmente pari al 30 per cento); garantire le entrate regionali, ma assicurando una
maggiore equità attraverso la differenziazione dei livelli di contribuzione; introdurre
nuovi ticket e/o aumentare quelli esistenti su aree dell’assistenza ospedaliera più a
rischio di in-appropriatezza (ad esempio il ricovero diurno e ordinario o il pronto
soccorso ospedaliero), e su alcune tipologie di assistenza territoriale e farmaceutica;
estendere l’applicazione ad alcuni dispositivi medici per alimentare un’entrata diretta e
introdurre una misura di contenimento della domanda impropria: il caso di alcuni
dispositivi protesici (ad esempio i plantari) o integrativi (come gli alimenti per celiaci, i
prodotti diabetici, pannoloni e ossigeno domiciliare).
Per la farmaceutica, fermo restando il sistema di pagamento sui generici
(differenza tra prezzo al pubblico e prezzo di riferimento), nel corso delle attività
istruttorie per il ridisegno del Piano si erano valutate soluzioni che prevedevano il
ricorso a compartecipazioni crescenti al crescere della tariffa (ma con incidenza
decrescente fino a un tetto massimo per ricetta) o a compartecipazioni differenziate per
situazione economica; la limitazione delle esenzioni diverse da quelle in base al reddito
(patologia, invalidità, ecc..), alle situazioni caratterizzate da maggiore severità e
complessità o l’introduzione di un tetto annuale massimo alla compartecipazione,
differenziato per situazione economica; il riferimento ad una quota di
compartecipazione per singola confezione, con importi correlati al prezzo della
confezione, differenziati per situazione economica e per età dell'assistito.
Per la specialistica, l’abolizione della quota fissa di 10 euro a ricetta (o
dell’importo come rimodulato dalle Regioni), si potrebbe accompagnare al
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
254
mantenimento del criterio della compartecipazione calcolata in base al totale delle
tariffe delle prestazioni per ricetta, ma con una revisione dei criteri di accorpamento
delle prestazioni per ricetta, con rideterminazione del tetto massimo di
compartecipazione e importi differenziati per situazione economica e per età
dell'assistito e, nel caso di esenzione per patologia, una regressione della percentuale di
partecipazione su specifiche prestazioni o tetti massimi di compartecipazione annuale
differenziati per situazione economica.
Ipotesi su cui il nuovo Patto si dovrà pronunciare per far sì che le
compartecipazioni possano contribuire a preservare un servizio sanitario di qualità,
contemperando le esigenze di bilancio con la tutela degli accessi ai servizi.
Come ritornare ad investire in sanità?
14. Un altro aspetto su cui il nuovo patto della salute dovrà dare risposte è come
consentire il riavvio degli investimenti in sanità. I nuovi scenari della domanda e
dell'assistenza, le nuove tecnologie, gli obiettivi di appropriatezza e di efficienza tecnica
ed economica delle strutture sanitarie richiedono, oltre ad una attenta ridefinizione
degli assetti organizzativi, anche investimenti per la riconversione delle strutture
ospedaliere dismesse, per potenziare l’offerta strutturale e tecnologica a livello
territoriale e distrettuale.
Il Patto per la salute 2010/2012 sottolineava “l'opportunità di ampliare lo spazio di
programmabilità degli interventi previsti nel programma straordinario di investimenti di
edilizia sanitaria”, destinando le risorse alle regioni che hanno esaurito le loro
disponibilità attraverso la sottoscrizione di accordi. Le incertezze sulla disponibilità di
risorse finanziarie hanno inciso, tuttavia, sulle mancata assunzione da parte regionale
di programmi di riorganizzazione dei servizi sanitari specie nelle regioni in piano di
rientro.
Oltre agli interventi e relativi finanziamenti previsti dagli Accordi di Programma in
attesa di sottoscrizione, va considerato che numerose sono le regioni che hanno
completamente utilizzato le risorse loro attribuite ex articolo 20 legge 67/88
(Lombardia, Friuli Venezia Giulia ,Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche
ed Umbria). Poche sono le regioni che hanno in corso l'elaborazione dei rispettivi
Programmi di investimento nell'ambito della capienza residua loro assegnata (Lazio,
Sicilia, Puglia). Solo in alcune regioni dell'obiettivo convergenza (tra cui la Puglia) è
stato possibile, nell'ultimo quinquennio, utilizzare quota parte delle risorse del PO
FESR 2007-2013 per sostenere gli investimenti extra ospedalieri rivolti alla
riqualificazione del patrimonio immobiliare aziendale, per realizzare nuove
strutture sanitarie territoriali e per acquisire nuove tecnologie per la diagnostica
specialistica, e quota parte del Fondo Sviluppo e Coesione per realizzare investimenti
ospedalieri.
Ad un quadro di risorse finanziarie incerto, si aggiunge che le procedure di ammissione
a finanziamento a valere sui fondi per gli interventi che trovano capienza teorica
nelle assegnazioni già fatte con precedenti delibere CIPE, sono assai complesse e dai
tempi variabili e incerti.
Secondo le proposte delle regioni, le linee strategiche per la programmazione degli
investimenti in sanità dovranno riguardare i nuovi progetti per le strutture
ospedaliere di eccellenza (per sostenere il processo di riorganizzazione delle reti
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
255
ospedaliere) e la riconversione delle strutture dismesse in nuove strutture dell’assistenza
territoriale; la manutenzione straordinaria dei presidi per l'adeguamento alle vigenti
normative in materia di antisismica e antincendio e l’incremento delle dotazioni
tecnologiche per la diagnostica specialistica e le reti per la telemedicina. Un processo
che dovrà essere sostenuto da innovazioni procedurali e normative per la revisione del
percorso di accesso al sistema di finanziamento e delle modalità e dei tempi di
adeguamento ad adempimenti di prevenzione e messa a norma
Va poi considerato che sulle risorse destinate alla sottoscrizione di Accordi di programma sono stati
accantonati, ai sensi della legge 9/2012, 60 milioni per “Interventi urgenti per il contrasto della
tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”(ripartite alle regioni con il
Decreto Interministeriale 28 dicembre 2012) e 90 milioni in applicazione dell’articolo 6 della
legge 189/2012 per l’adeguamento alla normativa antincendi.
In particolare il DL 211/2011 ha previsto il definitivo superamento degli Ospedali psichiatrici
giudiziari, fissando al 1° febbraio 2013 il termine per il completamento del processo di superamento
degli stessi e ha disposto che con decreto interministeriale (DM 1 ottobre 2012) siano definiti i
requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi, anche con riguardo ai profili di sicurezza, relativi
alle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia.
Le risorse (120 milioni nel 2012 e 60 milioni nel 2013) sono ripartite tra le regioni, con decreto del
Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa sancita
dalla Conferenza permanente ed assegnate alla singola regione con decreto del Ministro della
salute di approvazione di uno specifico programma di utilizzo proposto. All’erogazione delle
risorse si provvede per stati di avanzamento dei lavori. A seguito di interventi legislativi (decreto-
legge 16/2012, decreto-legge 78/2010, a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale
223/2012, del decreto-legge 95/2012) l’iniziale finanziamento complessivo di 180 milioni di euro
è stato rideterminato in 173,8 milioni, ripartito in base alla popolazione residente al l° gennaio
2011 (50% delle risorse), al numero dei soggetti internati negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG)
suddivisi per Regione di residenza, al 31 dicembre 2011 50% delle risorse).
Il DL 158 del 2012 ha inoltre disposto che “le risorse residue di cui al programma pluriennale di
cui all’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, rese annualmente disponibili nel bilancio
dello Stato” siano, di intesa con le Conferenza permanente, destinate agli interventi per
l’adeguamento alla normativa antincendio”. In applicazione di tale disposizione sono state
individuate per l’anno 2012 risorse pari a 90 milioni, che sono state ripartite alle Regioni con
deliberazione CIPE 8 marzo 2013, n. 16.
15. Le risorse destinate agli Accordi di programma sono pari a 15,3 miliardi. Al 31
dicembre 2013 sono stati sottoscritti 67 Accordi per un importo pari a 10,2 miliardi, di
cui 9,2 già ammessi a finanziamento. Nell’anno non senza difficolta è stato possibile
sottoscrivere ulteriori 8 accordi per complessivi 978 milioni. Le risorse ancora da
utilizzare per la sottoscrizione di nuovi Accordi sono pari a circa 5 miliardi.
Nella tavola 7, le risorse destinate per la sottoscrizione di Accordi di
programma sono distinte per regione. Le risorse impegnate in Accordi di programma
sottoscritti riguardano circa il 67 per cento delle totale destinato. Le risorse richieste e
ammesse a finanziamento sono il 90 per cento dei valori sottoscritti e riguardano 2128
interventi. Le risorse ancora disponibili per la sottoscrizione di Accordi sono per oltre
l’80 per cento attribuite alle regioni in Piano di rientro.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
256
TAVOLA 7
IL PROGRAMMA PLURIENNALE DI INVESTIMENTI IN SANITÀ – ART.20 DELLA LEGGE 67/88 –
MONITORAGGIO ACCORDI DI PROGRAMMA
(in milioni)
REGIONI
Risorse
destinate
ad Accordi
di
programma
Valore degli
Accordi di
programma
sottoscritti
al
31/12/2005
Risorse revocate
sugli Accordi di
programma
sottoscritti al
31/12/2005 in
applicazione della
L. 266/2005
(65%)
(finanziaria
2006)
Valore degli
Accordi di
programma
sottoscritti
al 31 dicembre
2013
n.
interventi
accordi di
cui alla
colonna (d)
%
risorse
sottoscritte
su risorse
destinate
Risorse
ammesse a
finanziamento
a valere sugli
Accordi
sottoscritti
Numero
interventi
ammessi a
finanziamento
%
risorse
ammesse a
finanziamento
a valere su
accordi
sottoscritti
Risorse residue
per Accordi di
programma da
sottoscrivere
a b c=b/a d e f=d/b g
Piemonte 1.049,1 598,6 88,0 671,4 64,0 670,0 151 99,8 377,6
Valle D'Aosta 43,8 31,5 0,0 43,8 9 100,0 31,5 7 71,9 0,0
Lombardia 2.072,7 864,3 0,0 1.891,8 102 91,3 1.579,8 176 83,5 180,9
P.A. Bolzano 115,1 67,7 0,0 115,1 7 100,0 67,7 7 58,8 0,0
P.A. Trento 120,7 70,9 0,0 93,5 6 77,5 93,5 11 100,0 27,2
Veneto 1.036,3 512,5 52,6 961,4 92,8 831,1 211 86,4 74,9
Friuli V. G. 291,3 181,6 30,6 240,1 82,4 151,0 5 62,9 51,2
Liguria 493,6 286,2 0,3 424,5 201 86,0 304,6 224 71,7 69,1
E. Romagna 947,1 530,9 0,0 871,5 135 92,0 739,9 194 84,9 75,6
Toscana 877,5 504,4 0,0 803,2 58 91,5 674,0 108 83,9 74,3
Umbria 138,2 54,5 0,0 107,7 10 77,9 54,5 8 50,6 30,6
Marche 325,5 182,0 55,2 317,9 97,7 317,9 118 100,0 7,6
Lazio 1.227,2 755,8 122,6 630,4 51,4 630,4 181 100,0 596,8
Abruzzo 359,6 30,3 0,0 119,7 33,3 119,2 53 99,6 239,9
Molise 127,7 11,8 0,0 21,7 17,0 21,7 9 100,0 106,0
Campania 1.721,8 1.110,3 458,8 499,8 29,0 499,9 44 100,0 1.221,9
Puglia 1.204,5 238,9 14,9 640,2 53,2 640,2 126 100,0 564,2
Basilicata 203,7 124,8 7,4 130,2 47 63,9 130,2 55 100,0 73,5
Calabria 608,6 61,1 0,0 347,2 57,0 339,6 26 97,8 261,4
Sicilia 1.774,4 1.104,7 27,2 971,3 54,7 971,3 215 100,0 803,1
Sardegna 547,7 334,9 1,6 303,8 55,5 303,7 199 100,0 243,9
TOTALE 15.286,0 7.657,4 859,2 10.206,2 66,8 9.171,5 2128 89,9 5.079,8
Riserva Enti
(I.R.C.C.S. -
Policlinici
Univ. - Osp.
Classif. - I.Z.S.
- I.S.S.)
856,4 811,4 94,7 673,8 83,0 45,0
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS
Nel 2013 l’incremento delle somme sottoscritte (977,7 milioni) si è distribuito
per 795 milioni tra sei regioni del Nord e per la restante parte in due regioni del
Centro. Gli importi ammessi a finanziamento sono aumentati di soli 61 milioni, riferiti
a due regioni, il Veneto e l’Abruzzo.
Nessuna variazione nell’esercizio per gli altri strumenti dedicati agli investimenti
in sanità. Non registra variazioni il programma di potenziamento delle strutture di
radioterapia ex lege 448/1999 (le risorse previste sono pari 15,5 milioni a valere delle
quali sono stati ammessi a finanziamento in 28 interventi per un importo a carico dello
Stato di 13,7 milioni, pari all’88,2 per cento delle risorse assegnate), nè il programma
libera professione intramuraria ex lege 88/2000 (826,1 milioni di cui sono stati ammessi
a finanziamento 426 interventi per un importo a carico dello Stato di 755,9 milioni).
Sono invece cresciuti di circa 10 milioni i progetti ammessi a finanziamento in base alle
risorse riservate agli Enti (IRCCS, Policlinici universitari, IZS, Osp. Classificati, ISS). I
progetti ammessi a finanziamento sono cresciuti a 673,8 milioni sugli 856,4 milioni
riservati. Restano da ripartire e assegnare 25 milioni accantonati a riserva con delibera
CIPE 97/2008.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
257
TAVOLA 8
PROGRAMMA PLURIENNALE DI INVESTIMENTI IN SANITÀ ART. 20 LEGGE N. 67/1988 - I PROGRAMMI
PER RADIOTERAPIA E LIBERA PROFESSIONE AL 31 DICEMBRE 2013
QUOTE
ASSEGNATE
D.M. 28/12/01
Totale
finanziamenti
Radioterapia
autorizzati
Numerointerventi
autorizzati
%
Autorizzata
QUOTE
ASSEGNATE
D.M. 8/06/01
Totale
finanziamenti
Libera
professione
autorizzati
Numerointerventi
autorizzati
%
Autorizzata
Piemonte 987,8 978,9 1 99,1 60.428,7 53.816,9 39 89,1
Valle D'Aosta 46,4 46,4 1 100,0 1.418,3 1.418,3 1 100,0
Lombardia 1.749,1 1.749,1 1 100,0 132.471,2 127.960,5 37 96,6
P.A. Bolzano 106,6 106,6 1 100,0 0,0 0,0
P.A. Trento 116,1 116,1 1 100,0 8.404,6 8.404,6 11 100,0
Veneto 909,6 909,6 1 100,0 61.974,8 61.974,8 40 100,0
F. Venezia Giulia 302,8 302,8 1 100,0 0,0 0,0
Liguria 493,9 493,9 3 100,0 39.210,4 39.210,4 24 100,0
E. Romagna 894,3 894,3 1 100,0 87.214,1 87.214,1 69 100,0
Toscana 724,4 724,4 1 100,0 76.107,2 76.107,2 27 100,0
Umbria 205,0 205,0 1 100,0 25.677,9 25.673,4 9 100,0
Marche 329,6 313,1 1 95,0 42.332,9 40.888,4 39 96,6
Lazio 1.158,6 1.158,6 2 100,0 102.661,2 102.661,1 49 100,0
Abruzzo 415,2 415,2 1 100,0 18.942,1 8.104,5 14 42,8
Molise 152,7 0,0 0,0
Campania 1.631,9 0,0 0,0 79.253,9 34.001,0 11 42,9
Puglia 1.186,6 1.186,6 2 100,0 53.948,6 52.333,6 38 97,0
Basilicata 207,5 197,2 1 95,0 27.613,9 27.613,9 7 100,0
Calabria 618,8 618,8 1 100,0
Sicilia 1.830,4 1.830,4 2 100,0
Sardegna 503,9 503,9 2 100,0 8.483,3 8.483,3 11 100,0
Totale regionale 14.571,0 12.750,8 25 87,5
Riserva Enti
(I.R.C.C.S. -
Policlinici Univ. a
gestione diretta -
Osp. Classificati -
I.Z.S. - I.S.S.) 922,7 921,7 3 99,9
Totale 15.493,7 13.672,5 28 88,2 826.143,1 755.865,9 426 91,5
Integrazione finanziamenti di cui alla legge n.
488/1999 per RADIOTERAPIA (in migliaia di euro)
Integrazione finanziamenti di cui alla legge n. 388/2000
per LIBERA PROFESSIONE (in migliaia di euro)
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Ministero salute
Più complesso il caso del Piano straordinario di interventi per la riqualificazione
dei grandi centri urbani di cui alla legge 448/1998, per il quale è previsto un
finanziamento di 1,2 miliardi (al netto delle riduzioni disposte per 64 milioni con il
DM4 aprile 2001). Il programma registra forti ritardi nella fase di realizzo,
principalmente a causa di modifiche nelle scelte progettuali dei governi regionali
(Liguria, Piemonte, Lazio) e difficoltà delle regioni nell’utilizzo di somme stanziate a
livello centrale: la realizzazione del programma ha, infatti, una connotazione innovativa,
in quanto non riguarda solamente gli aspetti di edilizia sanitaria, ma tutte le azioni che
possono prevedere un consistente miglioramento dell’assistenza sanitaria erogata.
Nell’esercizio finanziario 2013 sono state riassegnate in bilancio dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze, successivamente impegnate ed erogate alle regioni
risorse per un totale di 43,9 milioni. Il programma continua a registrare forti ritardi
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
258
nella fase di realizzazione. Al 31 dicembre 2013 risultano residui passivi perenti per
395,7 milioni.
TAVOLA 9
GLI INTERVENTI PER LA RIORGANIZZAZIONE E RIQUALIFICAZIONE DELL’ASSISTENZA SANITARIA NEI
GRANDI CENTRI URBANI
(in milioni)
REGIONI
Finanziamenti
D.M. 5.4.2001
Impegni totali
iscritti in
bilancio
Importo
erogato al
31
dicembre
2013
%
importo
erogato
PIEMONTE Torino 101,0 90,5 30,6 33,9
LOMBARDIA Milano 112,2 100,5 73,3 73,0
VENETO Venezia 27,0 27,1 22,1 81,5
LIGURIA Genova 86,0 86,2 44,2 51,3
E. ROMAGNA Bologna 98,5 98,6 98,6 100,0
TOSCANA Firenze 83,4 83,5 61,1 73,1
MARCHE Ancona 39,2 39,3 28,1 71,5
UMBRIA Perugia 31,0 31,1 31,1 100,0
ABRUZZO L’Aquila 17,0 15,2 15,2 100,0
LAZIO Roma 208,3 208,5 105,7 50,7
CAMPANIA Napoli 58,9 59,0 58,9 99,8
MOLISE Campobasso 22,5 22,5 22,5 100,0
BASILICATA Potenza 27,5 24,6 22,4 91,1
PUGLIA Taranto 21,7 17,1 14,4 84,4
PUGLIA Bari 44,3 27,8 12,2 43,9
CALABRIA R. Calabria 25,8 17,6 17,6 100,0
CALABRIA Catanzaro 25,8 17,6 17,6 100,0
SICILIA Palermo 96,0 96,2 38,0 39,5
SICILIA Catania 89,6 89,7 63,8 71,2
SARDEGNA Cagliari 23,7 23,8 3,2 13,4
TOTALE 1239,5 1176,4 780,7 66,4
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Ministero salute
16. Le leggi finanziarie del 2007, 2008, 2010 hanno previsto investimenti nel
settore sanitario per circa 7 miliardi, considerando anche le somme residue di interventi
precedenti. Tali risorse sono state ripartite tra le regioni e destinate a finanziare progetti
per il potenziamento dell’assistenza residenziale e domiciliare con conseguente
riorganizzazione e razionalizzazione delle reti territoriali, riduzione dei posti letto per
ricovero ordinario e incremento di quello diurno; la dismissione delle strutture non
adeguate e di cui non risulta economicamente conveniente investire per l’adattamento a
norma; l’ammodernamento tecnologico e messa a norma delle strutture .
Le risorse da destinare a interventi attraverso Accordi di programma, ma di cui
deve essere individuata copertura finanziaria (e compatibilità con gli obiettivi di finanza
pubblica) sono pari a circa 5,079 miliardi, cui vanno aggiunti 850 milioni non ancora
ripartiti.
Si tratta di risorse necessarie per accompagnare il processo di riorganizzazione
delle strutture ospedaliere e di adeguamento della rete territoriale in coerenza con le
misure per la appropriatezza ricordate in precedenza. Risorse che andranno individuate
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
259
anche ricorrendo a misure di cofinanziamento per l’edilizia sanitaria, attraverso i
Programmi Operativi Nazionali e con l’inserimento di tali interventi e delle relative
risorse nell’ambito dei Programmi Operativi Regionali (POR) del Fondo Sviluppo e
Coesione 2014-2020.
Vi è poi l’ipotesi di consentire, per il triennio 2014-2017, l’accesso ad una
provvista finanziaria presso la Cassa Depositi e Prestiti, cui si dovrebbe far cenno nel
nuovo Patto della salute. Tale soluzione, per garantire il rispetto dei vincoli di finanza
pubblica, dovrebbe prevedere una copertura a carico delle Regioni. La sua praticabilità
dovrà essere valutata in base ai margini ancora disponibili nei bilanci degli enti a fronte
del forte impegno affrontato da alcune regioni con il ricorso ad anticipazioni per il
pagamento dei debiti verso fornitori.
Nel nuovo Patto sarà, altresì, previsto l’impegno per una revisione della normativa
tecnica in materia di sicurezza, igiene e utilizzazione degli ambienti specifica per il
settore, cui adeguare le strutture sanitarie esistenti.
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Appendici
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
259
Appendice 1: I costi standard e l’armonizzazione contabile: due passaggi interconnessi
Il riparto delle disponibilità finanziarie per il SSN nel 2013 è stato attuato secondo il d.lgs.
68/2011 attraverso l’utilizzo di un set di indicatori tali da valutare i livelli di efficienza e di appropriatezza
raggiunti in ciascuna regione, con riferimento ad un aggregato di prestazioni rese all’interno di ciascuno
dei tre macrolivelli dell’assistenza sanitaria. Sono stati, quindi, applicati a tutte le regioni i valori di costo
rilevati nelle tre regioni di riferimento (Umbria, Emilia Romagna e Veneto). L’applicazione di tale
metodologia nel riparto del fabbisogno sanitario standard non ha cambiato in maniera sostanziale i
risultati ottenuti con la procedura di definizione dei fabbisogni sanitari regionali vigente in passato. La
popolazione pesata di ciascuna regione è rimasta l’elemento principale per la quantificazione dei
fabbisogni sanitari regionali.
Per rendere effettivo il percorso di applicazione dei costi standard e dei fabbisogni standard in
sanità, sarà necessario operare una revisione dei criteri di pesatura della quota capitaria (attualmente
basati sui consumi ospedalieri e di specialistica ambulatoriale per fascia di età della popolazione
residente). Un eventuale passaggio a criteri basati anche sui consumi di altri ambiti assistenziali, nonché
su indici di prevalenza delle malattie o indicatori socio-economici potrebbe produrre modifiche di
maggior rilievo. Un passaggio per il quale è necessario disporre di adeguati flussi informativi
(sull’assistenza domiciliare, sull’assistenza residenziale, sulla salute mentale e sulla dipendenza
patologica e emergenza-urgenza) e di criteri di costruzione dei dati contabili affidabili e omogenei.Una
migliore metodologia di individuazione dei costi standard è, quindi, strettamente legata al processo di
certificazione dei dati contabili nonché all’implementazione in ogni regione ed in ogni azienda sanitaria
di sistemi di controllo di gestione e di contabilità analitica. Solo partendo da costi certi sarà possibile
individuare costi standard attendibili.
La diversità dei sistemi fino a oggi in uso [economico-patrimoniale per gli Enti del Servizio
Sanitario Nazionale (SSN) e finanziaria per l’Ente Regione] e i diversi principi contabili adottati dalle
Regioni hanno contribuito a rendere i risultati di bilancio non del tutto omogenei e comparabili,
generando nel corso degli anni non poche difficoltà nella lettura del dato contabile.Nell’attuale panorama
normativo nazionale, l’attendibilità dei dati contabili e la confrontabilità dei bilanci della sanità pubblica
trovano riscontro in due pilastri fondamentali: l’armonizzazione contabile e la certificabilità. Il primo
trova il proprio fondamento normativo nella legge 42/2009 sul federalismo fiscale, come modificata dalla
legge 196/2009 di riforma del sistema di contabilità pubblica.
E in coerenza con il processo di attuazione del federalismo fiscale, che con il Patto per la Salute
2010-2012 lo Stato, le Regioni e le Province Autonome hanno condiviso la necessità di dare avvio a un
percorso finalizzato alla certificazione dei bilanci delle Aziende Sanitarie e del consolidato regionale. Nel
contempo si è intervenuti con il d.lgs. 118/2011 (e i conseguenti principi contabili adottati con il d.m. 17
settembre 2012 e il d.m. 1 marzo 2013) introducendo norme di coordinamento della finanza pubblica
volte, tra le altre cose, a garantire l’implementazione della contabilità economico- patrimoniale per la
cosiddetta Gestione Sanitaria Accentrata (GSA) regionale, il superamento delle differenze riguardanti le
diverse prassi contabili aziendali delle singole Regioni, la riconciliazione tra le scritture di contabilità
finanziaria del bilancio regionale con quelle di contabilità economico-patrimoniale del bilancio sanitario,
una maggiore trasparenza dei flussi finanziari connessi alla gestione sanitaria attraverso l’istituzione di
appositi conti di tesoreria separata e l’adozione di requisiti comuni per i Percorsi Attuativi della
Certificabilità (che dovranno essere approvati dai Tavoli tecnici di verifica ex artt.9 e 12 dell’accordo
Stato-Regioni del 23 marzo 2005 per le regioni in Piano di rientro e dal Tavolo tecnico ex art.12 del
predetto accordo Stato-Regione). I requisiti comuni rappresentano gli obiettivi che, con riferimento a
specifiche aree tematiche, le regioni devono impegnarsi a conseguire, tenendo di conseguenza conto delle
peculiarità delle singole aziende. Un processo che è da mettere in relazione anche con quello già avviato
in materia di costi standard. L’esito di tale processo è tuttavia subordinato – tra l’altro - all’adozione, da
parte della Gestione sanitaria accentrata regionale (GSA), della contabilità economico-patrimoniale e di
un sistema di riconciliazione tra i dati di quest’ultima contabilità con la contabilità finanziaria della
regione, al fine di tracciare in maniera trasparente le movimentazioni e l’utilizzo delle risorse che la
programmazione nazionale destina al finanziamento del SSN, di cui la GSA è parte integrante come
centro di responsabilità e di rilevazione contabile di fatti che afferiscono il perimetro sanitario. Con il
decreto leg.vo 118/11 si è voluto così “tracciare” tutti i flussi finanziari entranti nel perimetro sanitario
attraverso la GSA che, insieme agli altri enti sanitari, concorre al consolidamento dei bilanci sanitari
regionali che rilevano i costi ed i ricavi derivanti dall’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
E’ con riferimento ai rapporti tra la GSA (inteso come centro di responsabilità e di rilevazione
contabile di fatti che afferiscono il SSR) e la regione (intesa come ente territoriale nel suo complesso)
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
260
che stanno emergendo problemi applicativi delle diverse regole contabili dettate dal Titolo I e Titolo II
del d.lgs. 118/11. Problemi che vanno affrontati salvaguardando la necessità, sottostante all’impianto
normativo di cui al Titolo II, di garantire trasparenza dei conti sanitari e la finalizzazione delle risorse al
finanziamento dei singoli servizi sanitari regionali.
In occasione dell’Intesa sulle disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 118 resa a
febbraio 2014 le Regioni hanno sottolineato come l’esclusione dall’applicazione dei principi e delle
norme contabili previste dal titolo I e dal titolo III degli enti sanitari di cui al titolo II (che include tra gli
enti sanitari le Regioni, per la parte del bilancio regionale che riguarda la gestione sanitaria) sembrerebbe
indicare che per una parte del bilancio regionale (perimetro sanità) non valga la nuova disciplina relativa
all’armonizzazione dei sistemi contabili (es. schemi di bilancio, nuove classificazioni per missioni e
programmi, piano dei conti finanziario per la codifica dei capitoli di bilancio ecc.). L’esclusione
dell’applicazione dei principi di armonizzazione del titolo I per l’ambito sanitario gestito dalla Regione,
determina una sorta di “vuoto” normativo. Infatti, fermi restando il principio di unità e di universalità del
bilancio, il titolo II non contiene una completa disciplina contabile. La stessa necessità di ottenere una
fedele rappresentazione delle risorse contabili impegnate a copertura dei disavanzi si scontrerebbe con la
necessità che le entrate da manovra fiscale siano accertate nell’esercizio finanziario dell’anno di imposta
cioè di competenza giuridica, quindi l’esercizio successivo a quello di deliberazione della manovra.
L’articolo 20 del d.lgs. 118 prevede che, nell'ambito del bilancio regionale, le regioni garantiscano
un'esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario
regionale. Ciò richiede affrontare numerosi questioni: come consentire lo spostamento delle risorse
aggiuntive regionali tra il conto corrente ordinario ed il conto corrente sanità; come conciliare le
differenze che esistono nelle modalità di impegno delle somme destinate al settore sanitario (in base alle
regole di contabilità finanziaria, infatti, l’impegno viene registrato nelle scritture contabili solo al sorgere
di una obbligazione giuridicamente perfezionata; in base all’articolo 20 del titolo II, le regioni sono tenute
ad accertare ed impegnare nel corso dell’esercizio l’intero importo corrispondente al finanziamento
sanitario corrente); come consentire l’attribuzione alla GSA delle quote di fondo non assegnate alle
aziende sanitarie. Ciò non può avvenire con un atto formale di impegno a favore della GSA con effetti sul
bilancio regionale poiché la GSA non è un soggetto terzo. Inoltre per le quote del FSR vincolato, non
sarebbe possibile accertare somme non assistite da atti formali di assegnazione (delibere CIPE per riparto
quote FSN indistinto e vincolato o almeno l’intesa Stato-Regioni). Se queste somme venissero iscritte nel
bilancio GSA prima dell’accertamento nel bilancio finanziario, ciò andrebbe a discapito dell’integrale
raccordo tra le poste iscritte in contabilità finanziaria e economico-patrimoniale. Inoltre, nella contabilità
economico-patrimoniale regionale prevista dal titolo I non sono previsti crediti/debiti tra Regione e GSA,
poiché la GSA non è un soggetto terzo rispetto alla Regione. Infine per la mobilità extraregionale il
bilancio regionale e la GSA iscrivono tra i propri ricavi il valore approvato dalla Conferenza delle
Regioni e delle Province, definito dal Ministero in base a dati consuntivi di mobilità degli anni pregressi,
a fronte di un debito verso le aziende del SSR; le aziende del SSR invece sostengono costi effettivi diversi
(maggior o minori) rispetto all’importo dell’Intesa. I due valori sono ovviamente differenti. Risulta quindi
una discrasia tra il dato effettivo e il dato da contabilizzare ai sensi dei principi contabili art.29 d.lgs.
118/2011.
Infine, nel 2013 è proseguito il processo di attuazione con l’adozione, a seguito dell’intesa della
Conferenza Stato-regioni, dei decreti relativi alla revisione degli schemi di bilancio e nota integrativa di
cui al decreto legislativo 118/2011 e alla adozione del percorso attuativo della certificabilità. L’esame
della documentazione trasmessa relativa agli esercizi fino al 2011 ai fini della valutazione straordinaria
della situazione debitoria ha consentito di evidenziare il permanere di criticità e discordanze di rilievo
specie se riferite a regioni ormai da oltre 7 anni in Piano di rientro. Una condizione che non può che
rafforzare nella convinzione che, affinché la adozione di procedure contabili e la revisione complessiva
delle norme contabili possa produrre un risultato strutturale, è necessario che alle procedure
corrispondano adeguate capacità gestionali. Di qui, il rilievo della formazione professionale, nell’ambito
della missione della programmazione sanitaria. Ciò nella consapevolezza della necessità di individuare e
formare professionalità in grado di gestire i nuovi livelli di complessità. Ma anche nella convinzione che
lo sviluppo di queste competenze costituisce uno strumento ulteriore di affiancamento alle Regioni
impegnate in percorsi di riqualificazione e di riorganizzazione per il perseguimento ed il mantenimento
dell’equilibrio economico e dei livelli essenziali di assistenza.
Nel corso del 2013 il percorso formativo ha previsto l’avvio da parte della Direzione generale della
programmazione sanitaria, in partnership con il Ministero dell’economia e finanze, l’Agenas, l’Aifa e
l’Istituto Superiore di Sanità di un’attività di alta formazione rivolta ai professionisti che sono chiamati a
gestire i nuovi livelli di complessità, le nuove sfide e ad interpretare e sostenere il cambiamento.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
261
Appendice 2: Costi e ricavi per Regione
ICOSTIDELLASANITÀ(inmilioni)-anno2013
2013ACQUISTIDIBENI
MANUTENZIONI
ERIPARAZIONI
ASSISTENZA
SANITARIADI
BASE
FARMACEUTICASPECIALISTICARIABILITATIVAINTEGRATIVAOSPEDALIERA
ALTRE
PRESTAZIONI
ALTRISERVIZI
SANITARI
ALTRISERVIZI
NONSANITARI
PIEMONTE1.271,5160,1473,4626,9272,7172,2140,5512,3561,4228,018,0
VALLED`AOSTA34,25,816,018,71,75,83,56,67,216,47,3
LOMBARDIA2.138,5294,9879,31.305,71.093,2242,7232,22.132,41.871,6608,234,0
P.A.BOLZANO153,224,755,545,05,55,841,422,961,226,00,5
P.A.TRENTO137,723,959,567,828,51,021,455,4173,026,00,2
VENETO1.230,7184,9549,3584,4345,532,1110,4505,5852,1421,220,3
FRIULIV.G.388,372,9129,4190,251,963,338,865,756,898,511,9
LIGURIA429,861,6162,3236,1137,590,448,5166,5176,679,77,8
EMILIAR.1.213,6189,5521,7533,9178,06,6115,0611,7771,7336,511,6
TOSCANA1.196,4146,0411,3439,3156,984,577,2290,2385,6244,914,7
UMBRIA272,929,394,0132,517,87,837,540,690,433,52,9
MARCHE480,253,3173,2240,045,173,842,8105,8125,571,41,7
LAZIO1.407,0139,1603,0900,0506,0210,7243,51.258,7643,4466,918,0
ABRUZZO376,857,0150,5222,354,872,527,6120,893,849,511,2
MOLISE85,710,448,846,645,616,18,272,826,613,41,9
CAMPANIA1.202,7155,3640,0869,7733,7290,6170,1822,2208,9238,424,8
PUGLIA1.152,5119,6516,2626,3284,9160,2113,3729,2317,6121,63,8
BASILICATA165,123,780,480,936,844,728,217,932,822,11,2
CALABRIA457,040,2249,1314,1120,065,483,0190,9134,750,94,6
SICILIA1.049,1131,6592,8811,2524,0167,6202,4704,5391,4123,35,5
SARDEGNA514,673,5203,0300,7119,164,767,692,3118,577,020,0
Totale15.357,71.997,26.608,98.592,34.759,41.878,41.853,38.524,97.101,03.353,3221,7
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
262
SEGUE: I COSTI DELLA SANITÀ
2013
GODIMENTODI
BENIDITERZI
PERSONALE
RUOLO
SANITARIO
+INDENNITÀDE
MARIA
PERSONALE
RUOLO
PROFESSIONALE
PERSONALE
RUOLOTECNICO
PERSONALE
RUOLO
AMMINISTRATIVO
TOTALESPESE
DIPERSONALE
SPESE
AMMINISTRATIVE
EGENERALI
SERVIZI
APPALTATI
IMPOSTEE
TASSE
ONERI
FINANZIARI
TOTALECOSTI1
PIEMONTE109,42.210,811,1344,3271,22.837,5185,3343,9220,230,38.163,7
VALLED`AOSTA7,087,10,414,411,6113,59,49,39,40,0271,8
LOMBARDIA163,23.931,022,3666,7445,55.065,6464,4900,8385,06,717.818,5
P.A.BOLZANO8,6459,02,381,249,9592,421,535,435,70,01.135,3
P.A.TRENTO8,2318,51,662,634,7417,321,466,929,90,01.138,1
VENETO127,42.163,19,6355,3216,32.744,3195,5559,6209,543,48.716,2
FRIULIV.G.29,0738,63,9141,764,8949,051,0207,271,00,42.475,5
LIGURIA35,0887,23,0126,581,61.098,453,1205,983,92,13.075,3
EMILIAR.72,52.394,615,4364,7218,62.993,4216,1498,8223,731,98.526,1
TOSCANA72,22.053,213,9295,0163,92.526,0164,6491,5189,231,06.921,6
UMBRIA18,7520,72,154,234,0611,054,4117,745,52,01.608,5
MARCHE27,7797,82,5125,168,0993,462,7104,877,90,52.679,9
LAZIO84,12.385,69,3222,4212,42.829,7167,9636,9221,2106,810.442,8
ABRUZZO27,8641,32,175,248,9767,558,0111,858,50,62.261,2
MOLISE2,5168,80,219,310,4198,815,327,314,92,2637,1
CAMPANIA51,02.382,78,4247,4192,92.831,4173,3436,1230,517,79.096,2
PUGLIA39,61.638,56,2203,4142,31.990,4127,0333,5157,411,46.804,5
BASILICATA6,9307,41,445,422,3376,423,137,929,80,21.008,3
CALABRIA29,5957,74,8118,9102,21.183,791,8111,986,320,93.234,2
SICILIA43,72.369,49,8254,6234,92.868,7193,7235,6223,645,78.314,5
SARDEGNA35,3993,73,5109,774,51.181,372,7165,929,96,93.143,0
Totale999,428.406,7133,93.927,92.700,835.169,42.422,35.638,72.633,2360,8107.472,0
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
263
SEGUE: I COSTI DELLA SANITÀ
ICOSTIDELLASANITÀ(inmilioni)-anno2012
2012ACQUISTIDIBENI
MANUTENZIONI
ERIPARAZIONI
ASSISTENZA
SANITARIADI
BASE
FARMACEUTICASPECIALISTICARIABILITATIVAINTEGRATIVAOSPEDALIERA
ALTRE
PRESTAZIONI
ALTRISERVIZI
SANITARI
ALTRISERVIZI
NONSANITARI
PIEMONTE1.275,0172,3475,0643,4288,7172,7144,6528,1583,9247,921,0
VALLED`AOSTA36,76,315,619,01,85,33,45,97,617,46,6
LOMBARDIA2.084,1287,2899,31.328,51.074,6240,1236,02.110,11.782,1556,139,9
P.A.BOLZANO148,124,254,646,05,96,040,123,660,761,50,9
P.A.TRENTO136,425,559,369,426,30,523,156,1173,727,70,2
VENETO1.200,8180,9548,4589,1362,232,3129,0493,3843,0400,421,8
FRIULIV.G.386,373,8130,7196,252,261,944,866,953,8105,513,3
LIGURIA423,462,6162,4246,9137,591,151,9164,9177,665,38,1
EMILIAR.1.184,1199,0525,0551,9176,97,2117,7629,7753,0331,712,8
TOSCANA1.169,1138,1412,2504,7164,984,378,1284,2389,6214,515,3
UMBRIA263,730,088,4135,718,57,738,442,381,331,23,4
MARCHE480,956,4172,7233,245,773,143,3103,0112,786,62,3
LAZIO1.355,2116,6615,4927,0494,0208,7235,11.262,4568,7446,321,3
ABRUZZO368,370,5151,5225,453,773,726,0120,195,252,97,6
MOLISE83,911,350,950,542,515,38,673,125,815,52,2
CAMPANIA1.177,2147,7651,4878,8750,1285,9145,0810,5175,4227,221,4
PUGLIA1.121,8125,0514,9638,0272,0183,7105,5737,7268,2130,24,3
BASILICATA152,825,080,482,334,244,028,417,333,422,00,8
CALABRIA426,239,9247,8332,8118,963,778,7192,7134,651,64,1
SICILIA1.018,3133,6591,6870,5515,8166,9205,9710,5363,4132,59,5
SARDEGNA483,273,1200,1322,0119,158,867,889,4114,475,823,3
Totale14.975,51.998,96.647,88.891,34.755,41.882,81.851,48.521,86.798,13.300,0240,1
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
264
SEGUE: I COSTI DELLA SANITÀ
2012GODIMENTODI
BENIDITERZI
PERSONALE
RUOLO
SANITARIO+IND.
DEMARIA
PERSONALE
RUOLO
PROFESSIONALE
PERSONALE
RUOLOTECNICO
PERSONALE
RUOLO
AMMINISTRATIVO
TOTALESPESE
DIPERSONALE
SPESE
AMMINISTRATIVE
EGENERALI
SERVIZI
APPALTATI
IMPOSTEE
TASSE
ONERI
FINANZIARITOTALECOSTI1
PIEMONTE111,42.242,511,2352,8276,12.882,7179,2350,7223,428,58.328,7
VALLED`AOSTA7,586,80,414,411,5113,09,110,59,30,0275,3
LOMBARDIA157,33.946,821,8673,9451,05.093,5460,8873,1386,26,717.615,4
P.A.BOLZANO8,5458,72,382,049,9592,820,540,635,90,11.169,8
P.A.TRENTO8,2318,41,662,334,5416,818,867,629,90,01.139,8
VENETO129,12.163,69,8354,3218,82.746,5198,9552,7208,844,08.680,9
FRIULIV.G.28,1743,93,8139,463,0950,149,8203,868,30,12.485,6
LIGURIA34,9903,23,1127,383,21.116,852,1202,385,45,13.088,1
EMILIAR.74,32.410,516,2365,6221,13.013,3229,9497,4220,541,18.565,4
TOSCANA77,72.079,013,5294,4167,32.554,2164,8556,0189,032,67.029,2
UMBRIA20,1521,51,953,833,6610,952,8128,244,84,11.601,7
MARCHE28,3812,22,5122,467,91.005,063,1102,978,00,52.687,6
LAZIO87,62.435,69,5230,9218,22.894,2140,5745,0226,8111,210.456,1
ABRUZZO26,8638,31,974,150,0764,356,3108,858,32,72.261,9
MOLISE2,8172,30,220,011,0203,517,328,015,11,3647,4
CAMPANIA57,32.463,39,4263,1200,02.935,7179,2434,6237,713,29.128,5
PUGLIA40,11.674,46,4213,3146,22.040,3141,4338,2156,012,46.829,8
BASILICATA8,9311,31,445,922,0380,629,537,729,40,21.007,0
CALABRIA29,4983,55,1122,8106,41.217,884,7107,787,321,33.239,3
SICILIA42,92.371,29,9263,2238,32.882,5194,3228,2221,441,38.329,1
SARDEGNA35,4984,23,5109,274,01.170,873,6161,689,47,23.165,2
Totale1.016,728.720,8135,43.985,12.743,935.585,22.416,75.775,62.700,8373,6107.731,9
Fonte:elaborazioniCortedeicontisudatiNSISMinisterosalute
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
265
I COSTI DELLA SANITÀ (ANNI 2012 -2013)
Dati per regioni - (valori assoluti in milioni di euro)
(comprensivi di ammortamenti, rivalutazione svalutazioni, saldo minus plusvalenze e gestione intramoenia)
2013
TOTALE
COSTI1
AMMORTAMENTI
RIVALUTAZIONI
E
SVALUTAZIONI
SALDO VOCI
ECONOMICHE
RICAVI
INTRAMOENIA
COMP ARTECI
P AZIONE
P ERSONALE
INTRAMOENIA
SALDO
INTRAMOENIA
Totale costi
con voci
economiche e
saldo
intramoenia
PIEMONTE 8.163,7 187,1 4,9 -9,4 103,0 87,8 15,2 8.349,9
VALLE D`AOSTA 271,8 6,5 0,0 -0,1 2,7 2,1 0,6 277,9
LOMBARDIA 17.818,5 460,6 22,2 -452,6 208,6 162,0 46,6 18.707,3
P. A. BOLZANO 1.135,3 24,7 0,2 12,7 1,8 1,4 0,5 1.147,0
P. A. TRENTO 1.138,1 35,3 0,4 -6,2 9,3 7,4 1,9 1.178,0
VENETO 8.716,2 256,4 3,3 -26,7 107,3 87,2 20,1 8.982,5
FRIULI V. G. 2.475,5 72,8 0,6 -9,1 27,3 23,1 4,2 2.553,7
LIGURIA 3.075,3 71,1 0,2 -43,4 40,4 33,1 7,3 3.182,7
EMILIA R. 8.526,1 258,4 7,5 -118,6 129,9 99,7 30,2 8.880,4
TOSCANA 6.921,6 248,3 8,4 -46,8 113,2 80,2 33,0 7.192,1
UMBRIA 1.608,5 34,7 0,7 -17,3 13,2 10,7 2,6 1.658,6
MARCHE 2.679,9 74,4 1,0 -55,2 35,7 29,2 6,4 2.803,9
LAZIO 10.442,8 198,5 0,6 -131,3 103,3 84,2 19,1 10.754,0
ABRUZZO 2.261,2 44,6 1,1 -59,2 16,2 14,8 1,4 2.364,7
MOLISE 637,1 8,0 0,1 -9,9 3,3 2,7 0,6 654,4
CAMPANIA 9.096,2 138,9 8,1 -420,5 42,8 38,4 4,3 9.659,4
PUGLIA 6.804,5 113,1 0,8 -153,3 34,4 26,4 8,0 7.063,7
BASILICATA 1.008,3 27,4 0,0 -16,9 4,7 3,7 1,0 1.051,7
CALABRIA 3.234,2 22,8 0,0 -69,2 8,7 9,2 -0,5 3.326,6
SICILIA 8.314,5 168,3 5,8 -189,7 38,3 35,3 3,0 8.675,2
SARDEGNA 3.143,0 55,7 0,4 -50,6 14,1 11,9 2,2 3.247,5
107.472,0 2.507,5 66,4 -1.873,3 1.058,3 850,6 207,7 111.711,4
2012
TOTALE
COSTI1
AMMORTAMENTI
RIVALUTAZIONI
E
SVALUTAZIONI
SALDO VOCI
ECONOMICHE
RICAVI
INTRAMOENIA
COMP ARTECI
P AZIONE
P ERSONALE
INTRAMOENIA
SALDO
INTRAMOENIA
Totale costi
con voci
economiche e
saldo
intramoenia
PIEMONTE 8.328,7 190,0 5,9 -57,7 113,8 97,2 16,6 8.565,7
VALLE D`AOSTA 275,3 9,4 0,2 -3,9 3,2 2,8 0,4 288,4
LOMBARDIA 17.615,4 456,4 23,5 -556,5 222,7 181,5 41,2 18.610,6
P. A. BOLZANO 1.169,8 24,7 2,9 17,4 1,7 1,2 0,5 1.179,5
P. A. TRENTO 1.139,8 39,0 -0,1 -19,9 9,3 7,5 1,8 1.196,7
VENETO 8.680,9 271,2 3,1 -53,5 108,3 87,2 21,1 8.987,6
FRIULI V. G. 2.485,6 75,7 1,5 -30,1 27,4 23,3 4,1 2.588,8
LIGURIA 3.088,1 79,7 1,0 -66,9 43,9 36,3 7,6 3.228,1
EMILIA R. 8.565,4 264,1 23,4 -265,1 131,4 102,3 29,2 9.088,9
TOSCANA 7.029,2 241,1 28,4 -122,8 115,5 83,6 31,9 7.389,5
UMBRIA 1.601,7 39,9 2,1 -45,1 13,0 10,1 2,9 1.685,9
MARCHE 2.687,6 69,3 1,3 -68,9 35,0 27,8 7,1 2.819,9
LAZIO 10.456,1 208,7 2,2 -412,2 115,3 100,6 14,7 11.064,5
ABRUZZO 2.261,9 45,5 1,2 -87,4 17,3 15,5 1,8 2.394,2
MOLISE 647,4 8,0 0,1 -16,6 3,0 2,5 0,5 671,5
CAMPANIA 9.128,5 134,6 10,6 -582,9 47,2 46,5 0,7 9.855,8
PUGLIA 6.829,8 105,4 28,5 -82,1 40,6 35,0 5,6 7.040,2
BASILICATA 1.007,0 27,8 0,0 -24,2 5,0 4,1 0,9 1.058,2
CALABRIA 3.239,3 41,6 0,0 -123,3 10,2 8,0 2,2 3.402,0
SICILIA 8.329,1 169,9 24,4 -189,1 45,0 41,6 3,3 8.709,1
SARDEGNA 3.165,2 50,8 1,2 -64,5 15,3 14,6 0,7 3.281,1
107.731,9 2.552,8 161,3 -2.855,0 1.124,1 929,2 194,9 113.106,0
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS.
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
266
I RICAVI DELLA SANITÀ
(per regioni - valori assoluti in milioni di euro) anno 2012 – 2013
2013
CONTRIBUTIDAREGIONE(quota
FSindistintoequotaFSvincolata)
CONTRIBUTIDAREGIONE(extra
fondo)
CONTRIBUTIINC/ESERCIZIODA
ENTIPUBBLICI
CONTRIBUTIINC/ESERCIZIODA
ENTIPRIVATI
RICAVIPERPRESTAZIONI
SANITARIEPUBBLICIDELLA
REGIONEEPRESTAZIONINON
SOGGETTEACOMPENSAZIONE
RICAVIPERPRESTAZIONI
SANITARIEPRIVATI
RICAVIPERPRESTAZIONINON
SANITARIE
CONCORSIRECUPERIERIMBORSI
PERATTIVITÀTIPICHE
COMPARTECIPAZIONI
ENTRATEVARIE
INTERESSIATTIVI
COSTICAPITALIZZATI
TOTALEnettocopertureeUlteriori
trasferimentidaProvinceautonomee
RSS
PIEMONTE 7.805,1 100,0 32,4 7,0 6,7 18,7 29,9 42,0 144,1 9,4 2,0 127,1 8.324,4
VALLE D`AOSTA 218,8 1,9 0,0 0,1 0,1 1,9 0,2 1,5 5,3 0,3 0,0 6,5 236,6
LOMBARDIA 17.186,9 0,0 80,9 26,7 47,6 152,9 54,7 89,3 236,7 32,9 0,6 277,3 18.186,5
PROV.BOLZANO 839,9 0,0 0,0 0,0 0,6 14,0 0,6 13,6 18,5 2,7 0,0 24,6 914,4
PROV. TRENTO 890,6 0,0 0,0 0,0 1,2 10,7 0,3 3,2 15,5 1,5 0,0 35,7 958,9
VENETO 8.402,0 0,0 59,7 8,6 9,0 55,3 2,4 49,5 192,3 21,5 0,6 111,8 8.912,9
FRIULI V.G. 2.144,1 0,0 165,6 2,2 0,7 18,6 13,0 14,0 46,2 4,9 0,2 74,8 2.484,3
LIGURIA 2.973,1 0,2 32,5 10,3 3,7 11,7 0,5 10,5 43,5 13,4 0,1 51,0 3.150,7
E. ROMAGNA 7.751,1 138,6 147,2 0,9 14,4 76,2 1,0 109,6 159,7 18,7 0,4 130,1 8.548,0
TOSCANA 6.617,2 0,0 22,9 3,4 9,9 42,4 4,8 45,9 167,1 16,5 0,3 132,3 7.062,8
UMBRIA 1.588,1 1,0 1,3 0,7 2,0 10,4 0,0 10,4 30,7 2,7 0,1 26,3 1.673,8
MARCHE 2.747,2 0,0 0,2 0,8 0,6 18,3 0,3 8,3 45,8 6,4 0,0 48,9 2.876,7
LAZIO 9.807,9 0,0 128,4 6,4 12,3 60,5 3,1 52,1 134,5 8,6 1,1 139,2 10.354,2
ABRUZZO 2.368,2 0,0 3,4 0,6 0,8 13,2 0,6 5,4 41,1 3,8 0,2 34,9 2.472,1
MOLISE 561,0 0,0 -1,2 0,0 0,1 2,3 0,2 1,0 5,2 0,6 0,2 4,2 573,5
CAMPANIA 9.797,5 0,0 31,7 0,9 1,1 31,9 1,9 24,2 58,7 19,1 1,6 48,2 10.016,8
PUGLIA 6.984,0 0,0 78,0 0,3 1,6 25,5 2,5 9,0 56,9 4,4 0,8 50,3 7.213,3
BASILICATA 1.014,1 6,3 3,6 0,4 1,1 4,4 0,2 1,6 12,0 1,4 0,0 23,4 1.068,5
CALABRIA 3.469,2 0,0 15,0 0,1 1,5 6,4 1,6 16,3 27,9 2,7 0,0 11,3 3.552,0
SICILIA 8.620,9 0,0 42,7 0,9 2,8 35,3 5,0 35,1 50,3 5,5 0,3 88,8 8.887,6
SARDEGNA 2.820,7 0,0 50,3 0,3 0,4 8,2 1,9 5,7 29,2 6,5 0,4 16,2 2.939,8
Totale 104.607,6 248,0 894,7 70,5 118,2 618,8 124,9 548,3 1.521,2 183,6 9,1 1.462,8 110.407,7
2012
CONTRIBUTIDAREGIONE
(quotaFSindistintoequotaFS
vincolata)
CONTRIBUTIDAREGIONE
(extrafondo)
CONTRIBUTIIN
C/ESERCIZIODAENTI
PUBBLICI
CONTRIBUTIIN
C/ESERCIZIODAENTI
PRIVATI
RICAVIPERPRESTAZIONI
SANITARIEPUBBLICI
DELLAREGIONEE
PRESTAZIONINON
SOGGETTEA
COMPENSAZIONE
RICAVIPERPRESTAZIONI
SANITARIEPRIVATI
RICAVIPERPRESTAZIONI
NONSANITARIE
CONCORSIRECUPERIE
RIMBORSIPERATTIVITÀ
TIPICHE
COMPARTECIPAZIONI
ENTRATEVARIE
INTERESSIATTIVI
COSTICAPITALIZZATI
TOTALEnettocoperturee
Ulterioritrasferimentida
ProvinceautonomeeRSS
PIEMONTE 7.884,8 100,0 57,5 10,1 7,2 20,6 32,4 53,1 153,0 9,6 0,1 122,1 8.450,6
VALLE D`AOSTA 219,2 1,5 12,8 0,1 0,9 1,8 0,3 1,3 5,7 0,4 0,0 9,4 253,4
LOMBARDIA 17.107,7 0,0 89,6 39,6 46,7 168,6 58,0 99,6 238,7 33,6 2,6 270,3 18.154,9
PROV.BOLZANO 840,8 0,0 0,0 0,0 9,7 14,3 0,6 13,9 17,7 2,5 0,1 24,7 924,6
PROV. TRENTO 893,3 0,0 0,8 0,0 1,2 10,2 0,3 3,6 16,1 1,6 0,1 40,3 967,6
VENETO 8.456,4 0,0 24,4 9,8 10,0 58,3 3,7 47,6 195,5 24,0 1,9 102,9 8.934,4
FRIULI V.G. 2.152,2 0,0 168,7 2,0 0,6 20,7 13,2 13,9 47,5 5,0 1,3 92,4 2.517,5
LIGURIA 3.022,3 0,1 37,2 5,7 3,1 12,8 0,6 10,3 46,1 14,3 0,2 60,0 3.212,8
E. ROMAGNA 7.882,2 122,9 174,0 1,6 24,3 75,5 1,1 97,8 152,5 18,0 0,9 123,2 8.673,7
TOSCANA 6.691,6 5,7 76,1 6,6 11,1 46,8 6,9 59,8 153,7 19,2 0,5 129,7 7.207,7
UMBRIA 1.609,7 1,0 1,1 0,4 2,2 11,4 0,0 11,1 31,4 2,8 0,5 31,4 1.703,1
MARCHE 2.756,8 0,0 4,7 0,5 2,7 18,7 2,2 9,4 49,2 4,5 0,3 43,1 2.892,3
LAZIO 9.929,1 0,0 181,7 9,9 20,7 72,7 1,4 58,2 145,5 12,4 0,8 146,8 10.579,2
ABRUZZO 2.387,4 0,0 20,4 0,8 0,8 13,0 0,6 5,9 40,7 3,2 0,2 31,7 2.504,7
MOLISE 569,4 0,0 -4,1 0,0 0,2 2,4 0,1 1,6 5,9 0,6 0,0 4,8 580,9
CAMPANIA 9.829,3 0,0 31,9 2,4 2,0 34,8 2,0 36,8 61,6 21,1 0,9 47,0 10.069,8
PUGLIA 6.993,6 30,3 37,0 0,4 3,2 21,1 2,6 9,3 63,9 5,6 1,7 47,2 7.215,9
BASILICATA 1.025,6 4,2 6,3 0,3 1,4 5,3 0,1 2,7 13,9 1,9 0,0 22,8 1.084,5
CALABRIA 3.471,4 0,0 26,1 0,5 1,1 7,4 1,2 14,6 28,5 3,7 0,1 27,5 3.582,1
SICILIA 8.646,8 0,0 43,8 1,0 4,0 33,8 5,2 34,8 51,8 6,6 0,4 88,5 8.916,7
SARDEGNA 2.846,5 0,0 49,8 0,3 0,5 10,4 1,9 6,9 29,0 8,0 0,9 13,8 2.968,1
Totale 105.215,9 265,7 1.039,9 92,1 153,7 660,6 134,5 592,2 1.548,0 198,8 13,4 1.479,7 111.394,5
Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS.
II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Sezioni riunite in sede di controllo 2014
267
I RISULTATI DI ESERCIZIO (per regioni - valori assoluti in milioni di euro) anno 2012 e 2013
2013
TOTALERICAVI
alnettodelle
copertureedegli
ulterioritrasfdelle
regionieprov
autonome
TOTALE
COSTICON
VOCI
ECONOM.E
SALDO
INTRAMOENI
A
SALDO
MOBILITA
'EXTRA
SALDO
MOBILITA'
INTERNAZI
ONALE
UTILEO
PERDITA
DI
ESERCIZIO
Aziendein
utile
altre
differenze
Ulteriori
iscrizioni/
rischi
valutatidal
"Tavolo"
UTILEO
PERDITADI
ESERCIZIO
conrischi
primadelle
coperture
Ulteriori
trasferimenti
daProv
Autonomee
RegaStatuto
Speciale
Coperture
contabilizzate
nelCE
validateda
Tavolo
UTILEO
PERDITADI
ESERCIZIO
concoperture
contabilizzate
nelCEe
validatedal
Tavolo
ulteriori
perdite/
avanzianni
precedenti
coperture
ulteriori
rispettoa
quelle
contabilizzate
suCE
UTILEO
PERDITADI
ESERCIZIO
coerentecon
verbale
Tavolo
PIEMONTE8.324,4-8.349,9-7,5-7,8-40,71,10,00,0-41,90,050,08,10,00,08,1
VALLED`AOSTA236,6-277,9-11,90,0-53,24,04,20,0-53,057,20,04,20,00,04,2
LOMBARDIA18.187,0-18.707,3555,0-24,410,20,10,20,010,30,00,010,30,00,010,3
PROV.BOLZANO914,4-1.147,0-6,50,0-239,10,055,00,0-184,1239,90,055,80,00,055,8
PROV.TRENTO958,9-1.178,0-16,90,0-236,00,017,90,0-218,2236,00,017,90,00,017,9
VENETO8.912,9-8.982,575,819,325,517,90,00,07,60,00,07,60,00,07,6
FRIULIV.G.2.484,3-2.553,729,50,0-39,99,66,50,0-42,941,40,0-1,50,00,0-1,5
LIGURIA3.150,7-3.182,7-56,7-2,5-91,30,00,00,0-91,30,091,30,00,05,75,7
EMILIAROMAGNA8.548,0-8.880,4336,7-2,02,30,625,0-25,41,30,00,01,30,00,01,3
TOSCANA7.062,8-7.192,1131,90,32,80,10,40,03,10,00,03,1-3,10,00,0
UMBRIA1.673,8-1.658,69,40,024,60,00,00,024,60,00,024,60,00,024,6
MARCHE2.876,7-2.803,9-33,7-1,637,55,40,00,032,10,00,032,10,00,032,1
LAZIO10.354,2-10.754,0-199,1-10,9-609,90,00,0-93,0-702,90,0868,0165,112,30,0177,4
ABRUZZO2.472,1-2.364,7-69,6-1,636,235,80,00,00,30,00,00,30,00,00,3
MOLISE573,5-654,429,50,0-51,40,00,1-0,4-51,70,022,4-29,3-182,80,8-211,4
CAMPANIA10.016,8-9.659,4-310,7-27,419,312,80,0-0,46,10,0107,1113,2-53,10,060,1
PUGLIA7.213,3-7.063,7-180,1-9,1-39,60,00,00,0-39,60,046,67,00,00,07,0
BASILICATA1.068,5-1.051,7-19,1-1,1-3,42,72,70,0-3,40,00,0-3,40,00,0-3,4
CALABRIA3.552,0-3.326,6-251,7-4,3-30,60,00,00,0-30,60,0109,478,80,00,078,8
SICILIA8.887,6-8.675,2-188,5-17,86,010,5-97,8-102,30,0108,36,10,00,06,1
SARDEGNA2.939,8-3.247,5-53,10,0-360,90,6-17,60,0-379,1345,20,0-33,90,00,0-33,9
Totale110.408,2-111.711,4-237,3-91,1-1.631,6101,494,4-217,0-1.855,6919,81.403,3467,5-226,76,4247,2
LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO
Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI
2014 Sezioni riunite in sede di controllo
268
SEGUE: I RISULTATI DI ESERCIZIO
2012
TOTALERICAVI
alnettodelle
copertureedegli
ulterioritrasfdelle
regionieprov
autonome
TOTALE
COSTICON
VOCI
ECONOM.E
SALDO
INTRAMOENI
A
SALDO
MOBILITA
'EXTRA
SALDO
MOBILITA'
INTERNAZI
ONALE
UTILEO
PERDITA
DI
ESERCIZIO
Aziendein
utile
altre
differenze
Ulteriori
iscrizioni/
rischi
valutatidal
"Tavolo"
UTILEO
PERDITADI
ESERCIZIO
conrischi
primadelle
coperture
Ulteriori
trasferimenti
daProv
Autonomee
RegaStatuto
Speciale
Coperture
contabilizzate
nelCE
validateda
Tavolo
UTILEO
PERDITADI
ESERCIZIO
concoperture
contabilizzate
nelCEe
validatedal
Tavolo
ulteriori
perdite/
avanzianni
precedenti
coperture
ulteriori
rispettoa
quelle
contabilizzate
suCE
UTILEO
PERDITADI
ESERCIZIO
coerentecon
verbale
Tavolo
PIEMONTE8.450,6-8.565,76,60,0-108,50,0-0,10,0-108,60,0130,021,4-883,0864,02,4
VALLED`AOSTA253,4-288,4-13,50,7-47,80,70,00,0-48,449,10,00,70,00,00,7
LOMBARDIA18.155,3-18.610,6458,20,03,00,0-0,70,02,30,00,02,30,00,02,3
PROV.BOLZANO924,6-1.179,57,4-16,3-263,80,0-3,816,4-251,3243,40,0-7,90,00,0-7,9
PROV.TRENTO967,6-1.196,7-17,40,0-246,50,11,40,0-245,2246,50,01,40,00,01,4
VENETO8.934,4-8.987,694,80,041,730,20,10,011,60,00,011,60,00,011,6
FRIULIV.G.2.517,5-2.588,833,50,0-37,924,4-3,00,0-65,362,30,0-3,00,00,0-3,0
LIGURIA3.212,8-3.228,1-31,50,0-46,80,00,60,0-46,20,046,80,60,065,265,8
EMILIAROMAGNA8.673,7-9.088,9367,81,0-46,40,20,0-1,0-47,60,047,70,00,00,00,0
TOSCANA7.207,7-7.389,5131,90,0-49,90,70,00,0-50,60,0-50,60,047,5-3,1
UMBRIA1.703,1-1.685,9-7,60,09,75,1-0,1-0,14,40,00,04,40,00,04,4
MARCHE2.892,3-2.819,9-22,50,049,96,20,00,043,70,00,043,7-88,559,514,7
LAZIO10.579,2-11.064,5-119,05,2-599,28,90,0-5,2-613,20,0808,7195,40,00,0195,4
ABRUZZO2.504,7-2.394,2-101,40,09,10,10,00,29,20,042,051,3-47,70,03,5
MOLISE580,9-671,535,80,0-54,80,00,00,0-54,80,031,3-23,5-54,70,0-78,3
CAMPANIA10.069,8-9.855,8-299,10,0-85,225,80,00,0-111,00,0233,0122,00,00,0122,0
PUGLIA7.215,9-7.040,2-171,70,24,10,30,03,80,00,03,8-221,7224,06,1
BASILICATA1.084,5-1.058,2-19,10,07,23,30,00,03,90,00,03,9-8,516,812,1
CALABRIA3.582,1-3.402,0-250,00,3-69,60,80,0-0,3-70,70,0114,243,50,00,043,5
SICILIA8.916,7-8.709,1-203,50,24,312,00,0-0,2-7,80,07,80,00,00,00,0
SARDEGNA2.968,1-3.281,1-65,20,0-378,113,60,40,0-391,3392,81,40,00,01,4
Totale111.394,9-113.106,0-185,4-8,9-1.905,4132,5-5,39,8-2.033,3994,11.461,4422,3-1.304,11.277,1395,2
Corte conti-rapporto-coordinamento-fp  2014

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  • 1. CORTE DEI CONTI ----------------- SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO ---------------- Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica Maggio 2014
  • 3. CORTE DEI CONTI ----------------- SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO ---------------- Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica Maggio 2014
  • 4. Il Rapporto, approvato dall’adunanza delle Sezioni riunite in sede di controllo del 27 maggio 2014 (Del. n. 5/SSRRCO/RCFP/14), è stato redatto dai magistrati Cinzia Barisano, Natale A.M. D’Amico, Enrico Flaccadoro, Mario Nispi Landi, Vincenzo Palomba e Salvatore Tutino. Hanno contribuito alla stesura del Rapporto, il dott. Stefano Fantacone, la dott.ssa Lucia Marra e il dott. Maurizio Pala Per le analisi di base e per le simulazioni econometriche la Corte si è avvalsa del contributo del Centro Europa Ricerche. Hanno inoltre collaborato: Rosaria Calafato, Caterina Francione, Chiara Grassi, Marina Mammola, Lucia Mauta, Renato Manzoni, Elisabetta Marcatili, Giuseppe Padula, Nicoletta Rizzi e Rosanna Vasselli. L’editing è stato curato da Marina Mammola e Giuseppina Scicolone.
  • 5. INDICE Pag. SINTESI E CONCLUSIONI I PARTE PRIMA I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Pag. 3 Il conseguimento degli obiettivi La revisione del percorso programmatico e la manovra di finanza pubblica “ 3 L’andamento della spesa e delle entrate “ 9 Il quadro per il 2014 “ 13 Il pareggio strutturale del bilancio e il percorso di rientro dell’Italia “ 15 ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING “ 27 PARTE SECONDA GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE L’IRPEF: UN’“ARMA” SPUNTATA Pag. 51 Distribuzione e redistribuzione: gli spazi del fisco e i limiti dell’Irpef “ 52 Evasione ed erosione: spine del sistema, spine dell’Irpef “ 62 Autonomie impositive e vincoli redistributivi “ 73 La manovrabilità dell’Irpef e i condizionamenti della politica fiscale “ 79 LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE “ 87 I limiti del vecchio ISEE “ 88 Le novità dell’ISEE 2014 “ 89 Dichiarazioni, autocertificazioni e controlli 90 Le evidenze quantitative dell’ISEE 90 Gli effetti della riforma dell’ISEE 93 LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA “ 99 Il bilancio dello Stato nel quadro dei conti pubblici “ 100 Un confronto tra previsioni e consuntivo: il conto dello Stato “ 102 I consumi intermedi “ 104 La spesa in conto capitale e il bilancio dello Stato “ 107 Il sostegno degli investimenti e la riprogrammazione del cofinanziamento nazionale “ 113
  • 7. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ Pag. 119 La spesa per settori di intervento e per livello di governo nell’ultimo decennio 120 Il “censimento” di ministeri, enti e società dell’Amministrazione centrale “ 122 La misura del costo dell’amministrazione centrale “ 124 Il settore della cultura: prime riflessioni su organizzazione e costi “ 126 Il settore dell’agricoltura: prime riflessioni su organizzazione e costi “ 134 Le società strumentali delle amministrazioni centrali “ 141 UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO “ 167 Andamento dell’occupazione nel settore pubblico e la spesa per redditi da lavoro dipendente “ 167 Criticità e debolezze nell’assetto ordinamentale e retributivo dei dipendenti pubblici “ 169 Un’agenda per il riavvio della contrattazione collettiva “ 173 I nodi irrisolti della dirigenza pubblica “ 175 IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO “ 177 Le amministrazioni locali: obiettivi e risultati “ 178 I meccanismi di controllo della spesa “ 185 LA SANITÀ: I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO “ 221 La spesa sanitaria nel 2013 “ 222 I risultati del settore nei preconsuntivi delle aziende sanitarie “ 227 I risultati nelle Regioni in Piano di rientro “ 240 I temi all’attenzione “ 244 INDICE DEI RIQUADRI La metodologia europea per il calcolo del saldo strutturale Pag. 17 L’Irpef e il “fiscal drag” “ 60 La quantificazione del reddito e del patrimonio “ 96 Il controllo delle dichiarazioni rese dagli utenti “ 97 Spesa in conto capitale dello Stato e flessibilità di bilancio “ 109 Le società partecipate dallo Stato: ricognizione e valori economici complessivi “ 142 L’incidenza delle manovre finanziarie “ 182 Il Patto delle Regioni nel 2013 “ 185 Le regole del Patto degli enti locali nel 2013 “ 197 La spesa sanitaria nel quadro di previsione del DEF 2014 “ 225 Il contenimento della spesa per dispositivi medici “ 229 Il monitoraggio della spesa farmaceutica “ 232 Gli interventi del DL 35/2013 e del DL 102/2013 sul settore sanitario: gli sviluppi più recenti “ 245
  • 9. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica I Sezioni riunite in sede di controllo 2014 SINTESI E CONCLUSIONI 1. Il Rapporto di coordinamento guarda, più che nel passato, al percorso che attende il Paese nei prossimi anni. Un percorso particolarmente stringente, che può rivelarsi di non facile realizzabilità e che, tuttavia, l’elevato peso del debito pubblico e la vulnerabilità che ne deriva, rende ancora più difficile e urgente. Il DEF 2014 ne ha dato una puntuale rappresentazione: l’indebitamento nominale, in quota di prodotto, è previsto in continua riduzione, collocandosi a fine periodo allo 0,3 per cento del Pil, un livello equivalente a quello del 1960 e il più basso dal 1946 a oggi. La spesa corrente si riduce nel periodo di 2,7 punti in termini di prodotto rispetto al 2013. Nonostante che gli andamenti tendenziali siano già collocati su un sentiero di rigore, per il 2015 e 2016 il rispetto degli obiettivi in termini strutturali richiede una correzione pari, rispettivamente, allo 0,3 e 0,6 del prodotto. La correzione porterebbe, sempre a fine periodo, il saldo di bilancio in avanzo, un risultato che l’economia italiana non realizza dal lontano 1925. Obiettivo del Rapporto è, in primo luogo, valutare in quale misura gli interventi finora previsti dal Governo per rimuovere le difficoltà e le rigidità, che da lungo tempo incidono negativamente sulla crescita del Paese, possano concorrere al percorso di riequilibrio agevolandone la realizzabilità. Ciò, riducendo il rilievo di quelli che possono essere gli impatti indesiderati e ampliando l’effetto atteso sui parametri dello sviluppo. A questo mira la prima parte del Rapporto che, dopo un esame dei risultati del 2013, offre prime valutazioni sui possibili effetti sul potenziale di crescita delle riforme annunciate dal Governo. Complementare è il secondo obiettivo: valutare l’adeguatezza della “strumentazione” di politica economica a muovere in direzione di una riqualificazione, oltre che di un tendenziale contenimento, della spesa. Un esame che è condotto a partire dai risultati degli ultimi esercizi e dalle più recenti modifiche intervenute nella normativa. Sono tre, in questo caso, gli angoli visuali assunti nell’analisi. Il primo è inteso a verificare la possibilità di ricorso a strumenti di distribuzione dell’onere fiscale, oltre che di selezione dell’accesso a benefici pubblici e/o di differenziazione delle modalità con cui i servizi alla collettività vengono garantiti. A questo fine, l’esame va al principale tributo, l’Irpef, per valutare come, anche alla luce delle modifiche intervenute più di recente, sia possibile far riferimento ad esso per politiche redistributive. L’analisi si estende ad esaminare caratteristiche e potenzialità di uno strumento, l’Isee, nato alcuni anni fa
  • 10. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA II Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo (e di recente modificato) proprio per sopperire alle difficoltà dell’imposta sui redditi delle persone fisiche nel gestire l’accesso alla spesa sociale. Il secondo punto di osservazione è dato dall’operare delle amministrazioni centrali in direzione di un adeguamento degli assetti organizzativi e del conseguente ridimensionamento, in termini di strutture e di spesa, a fronte del mutare della ripartizione dei compiti istituzionalmente attribuiti ai diversi livelli di governo. In questo caso, pur se solo con alcuni esempi, si allarga lo sguardo alle modalità assunte da una organizzazione che ha scelto in più occasioni di trasferire all’esterno (ma solo apparentemente) rilevanti quote del proprio impegno settoriale, riducendo, almeno in parte, il significato di una rappresentazione della gestione che faccia riferimento al solo quadro ufficiale. Le misure di contenimento non possono non considerare tale area. Vi è, infine, la necessità di guardare alla capacità degli strumenti - che da circa un decennio sono il riferimento dell’azione delle amministrazioni territoriali - di affrontare l’impegno richiesto: si tratta del Patto di stabilità interno e di quello della Salute. A partire dal prossimo esercizio, il contributo “standard” agli equilibri da parte degli enti territoriali sarà garantito attraverso il pareggio del saldo complessivo di bilancio, mentre - attraverso il Patto di stabilità interno - sarà possibile prevedere un contributo ulteriore agli obiettivi di finanza pubblica. Passi significativi sono stati fatti negli ultimi esercizi nella gestione della flessibilità territoriale a livello regionale (con i diversi sistemi di Patto regionale …) ed il riferimento a tali esperienze potrà favorire il passaggio ad una “forma integrata”; ma è anche vero che occorre sciogliere i nodi che rimangono sul fronte delle regole standard, che devono garantire il funzionamento del sistema su cui applicare il vincolo fiscale. Per il settore sanitario, la necessità di trovare al suo interno le risorse per affrontare i nuovi bisogni e le somme da destinare al finanziamento degli investimenti, oltre a non ridurre l’impegno che si presenta per gli esercizi a venire, richiama proprio una revisione delle modalità e condizioni dell’accesso ai servizi sanitari. 2. Nel 2013, gli obiettivi di finanza pubblica sono stati conseguiti, con un indebitamento rimasto stabile al 3 per cento del Pil in termini nominali e diminuito di sei decimi di punto nella dimensione strutturale. Al risultato si è giunti in virtù di un forte contenimento del disavanzo di conto capitale che, a consuntivo, ha presentato un valore inferiore di quasi 14 miliardi rispetto alle iniziali stime programmatiche. Evoluzioni di segno opposto e di analoghe dimensioni hanno interessato il saldo di parte corrente. A sintesi di questi andamenti, l’avanzo
  • 11. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica III Sezioni riunite in sede di controllo 2014 primario è sceso dal 2,5 al 2,2 per cento del Pil. Altresì determinante è stato il contributo fornito dalle Amministrazioni locali, il cui saldo primario ha registrato, a fine, anno, un avanzo di 3,6 miliardi, a fronte di un deficit atteso di 7 miliardi. La contrazione della spesa in conto capitale ha consentito di compensare la caduta del gettito fiscale, diminuito lo scorso anno dello 0,7 per cento. E’ la seconda volta, dopo il 2009, che le entrate si riducono in valore assoluto; un fenomeno mai verificatosi nei precedenti cinquant’anni. L’andamento del gettito ha continuato ad essere penalizzato dalla recessione dell’economia e dalla conseguente erosione delle basi imponibili. L’output gap ha toccato, lo scorso anno, il punto di massima profondità dall’inizio della crisi. Dopo un biennio di riduzione, le uscite primarie correnti sono tornate a crescere. L’incremento (+1,3 per cento) è stato superiore alla diminuzione (-0,5 per cento). E’ tuttavia proseguita la flessione della spesa per redditi (-0,7 per cento) e per consumi intermedi (-1,4 per cento). Anche gli interessi sul debito sono diminuiti, grazie al continuo ridimensionamento dello spread. Nel complesso, l’aumento della spesa corrente – imputabile a prestazioni sociali e contributi alla produzione - è stato inferiore alla riduzione della spesa in conto capitale; le uscite totali sono, pertanto, diminuite dello 0,2 per cento, rimanendo per oltre 12 miliardi al di sotto delle indicazioni programmatiche del DEF 2013. Questi andamenti non sembrano aver compromesso i progressi realizzati negli anni precedenti, in termini di riduzione del grado di inerzia di alcune componenti della spesa corrente; permane, tuttavia, la preoccupazione per la flessione della spesa in conto capitale, che continua a garantire il rispetto degli obiettivi di saldo, pregiudicando però, in tal modo, il mantenimento e il rinnovamento del capitale infrastrutturale del paese. 3. Nel corso del 2013, ha preso corpo una sostanziale revisione della politica di bilancio. Il protrarsi della recessione e le esigenze di restituire alla manovra una funzione di stabilizzazione del ciclo hanno portato ad allentare il percorso programmatico. Ne è conseguita l’adozione di misure di segno espansivo, per un ammontare pari a 0,6 punti di Pil. Per l’operare dei provvedimenti varati negli anni precedenti, il segno complessivo della manovra è però rimasto restrittivo, come testimonia la riduzione del saldo strutturale. La manovra di finanza pubblica non si è limitata a perseguire obiettivi di sostegno della crescita. Il passaggio alla nuova legislatura ha innescato una discontinuità nelle scelte di governo, manifestatasi nell’adozione di provvedimenti volti a rimuovere alcuni capisaldi della manovra correttiva in essere e, quindi, a cambiare il profilo della legislazione vigente. Si è trattato di un passaggio
  • 12. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA IV Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo complesso, che ha reso incerto il raggiungimento degli obiettivi di saldo e ha indebolito il disegno della politica di bilancio. Molto evidente è stata la divaricazione venutasi a creare fra il mantenimento di un impatto neutrale sui saldi, da una parte, e la movimentazione di ampie risorse all’interno del bilancio, dall’altra. I principali provvedimenti adottati nel 2013 hanno mosso risorse per quasi 15 miliardi, con un effetto sul saldo inferiore a 6 miliardi. Per il 2014, gli stessi provvedimenti sono attesi produrre un impatto sull’indebitamento inferiore a 1,5 miliardi, pur muovendo risorse per quasi 20 miliardi. Se considerata dal lato della ricomposizione del bilancio, l’azione di finanza pubblica è stata dunque tutt’altro che marginale e potenzialmente portatrice di effetti, sia macroeconomici che distributivi. Una compiuta valutazione di questi effetti è, però, resa difficile dalla numerosità delle misure adottate e dalla marginalità infine riservata a obiettivi più qualificanti. Con il 2014, la manovra di finanza pubblica tornerà ad operare in condizioni di crescita dell’economia e di riduzione dell’output gap. Non mancano incertezze sulla forza della ripresa che si va configurando, ma vi è, al momento, consenso sul fatto che da quest’anno il Pil tornerà ad aumentare, dopo la riduzione del 2012- 2013. Ciò consentirà di uscire da una conduzione emergenziale del bilancio, ma non offrirà margini di espansione dello stesso. L’operare della governance europea richiede, infatti, di proseguire il consolidamento della finanza pubblica. In primo luogo, perché il percorso verso il pareggio del saldo strutturale non è stato completato. In secondo luogo, perché in fasi di ciclo positivo, quale è quella attesa, il mantenimento di un pareggio strutturale implica la realizzazione di saldi attivi, che dovranno essere tanto più ampi quanto più robusta dovesse rivelarsi l’espansione del Pil. Per la politica di bilancio italiana, una vera e propria rivoluzione. Il raggiungimento del pareggio strutturale era previsto per quest’anno. Con l’approvazione del DEF 2014 è stato però deciso di sospendere temporaneamente il processo di rientro, che riprenderà nel 2015; l’obiettivo sarà conseguito nel 2016. L’attuazione nel nuovo modello di governance europeo inizia dunque, in Italia, con un rinvio. Una scelta motivata alla luce dell’eccezionale profondità dell’output gap ereditato dal 2013 e dalla necessità di guadagnare il tempo necessario per avviare interventi riformatori ritenuti capaci di rilanciare le prospettive di crescita della nostra economia.
  • 13. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica V Sezioni riunite in sede di controllo 2014 La richiesta di deroga è stata esaminata dalla Commissione europea nell’ambito delle valutazioni dei documenti programmatici nazionali e delle conseguenti Raccomandazioni rese note il 2 giugno. Non può, inoltre, essere trascurato il fatto che la misurazione dei valori di saldo strutturale presenta non trascurabile elementi di incertezza, legati in particolare all’elevata sensibilità che esso mostra rispetto gli andamenti del tasso di disoccupazione. Per illustrare i vincoli che si presentano alla politica di bilancio in una fase di progressiva chiusura dell’output gap, il Rapporto presenta una serie di esercizi, volti a misurare gli effetti di shock positivi di crescita sul percorso di rientro del deficit strutturale. I risultati mostrano come la necessità di uno sforzo collettivo aggiuntivo, con cui raggiungere il pareggio del saldo strutturale, permarrebbe anche in presenza di shock positivi sulla crescita. Solo un aumento della produttività totale dei fattori, elevando in misura consistente il livello del prodotto potenziale, consentirebbe di avvicinare il pareggio limitando l’intensità della correzione di finanza pubblica. Nell’insieme, dunque, gli esercizi condotti confermano l’esigenza di adottare politiche capaci di sospingere un generalizzato aumento del grado di efficienza del sistema produttivo. 4. Un’analisi comparativa tra l’Italia e alcuni Paesi europei (Germania, Francia, Spagna e Regno Unito) con riferimento ai principali aggregati di spesa pubblica (spesa complessiva, spesa per interessi e spesa primaria), nel periodo 2002-2012 mette in rilievo come in tutti i Paesi (e per la media EU), ad eccezione della Germania, nell’ultimo decennio la quota della spesa pubblica rispetto al PIL sia cresciuta, in particolare negli anni della crisi economica e finanziaria. L’Italia presentava, all’inizio del periodo, una spesa primaria più bassa di quella tedesca (41,5 per cento rispetto a 45,0 per cento). A fine 2012 tale rapporto risultava invertito (45,2 per cento l’Italia, 42,3 per cento la Germania). Nei primi anni del decennio la Germania ha avviato un piano di importanti riforme che l’ha condotta a ridurre considerevolmente il rapporto tra spesa pubblica e Pil. Ciò le ha consentito, al giungere della crisi, nel 2008, una gestione anticiclica della spesa, senza che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio.
  • 14. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA VI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Ha potuto attraversare la crisi e approcciare la nuova fase di ripresa globale in una situazione economica decisamente migliore sia della media dell’Unione, sia, in particolare, di quella italiana. Sembra ragionevole che l’Italia si dia come obiettivo di giungere al termine della fase espansiva dell’economia globale, che stentatamente si avvia, con un livello della spesa in rapporto al prodotto simile a quello che la Germania seppe raggiungere nel 2007. Per compiere una valutazione complessiva riguardo ai risparmi di spesa teoricamente necessari per cogliere tale risultato, si è proceduto a un esercizio di benchmarking, assumendo, quindi, come riferimento la quota di prodotto che la Germania destinava al finanziamento delle diverse funzioni pubbliche nel 2007. Sulla base di questa ipotesi, confrontando l’Italia del 2012 con la Germania del 2007, si sono delineate, in riferimento alle varie funzioni pubbliche, differenze, non tutte riconducibili a scelte proprie del modello nazionale. L’Italia spende di più in otto delle dieci funzioni; la differenza è particolarmente significativa per la Protezione sociale, la Sanità e i Servizi generali. Le uniche aree nelle quali la spesa italiana risulta più bassa di quella tedesca sono quelle relative ad Abitazioni e assetto del territorio e alle Attività ricreative, culturali e di culto. Complessivamente, la spesa pubblica sarebbe inferiore di 4,5 punti di Pil se ciascuna funzione pubblica assorbisse nell’Italia di oggi la stessa quota di Pil del 2007 in Germania. Di questa differenza 2,7 punti sarebbero già riassorbiti nel 2018 nel quadro tendenziale. All’inizio del decennio scorso la Germania seppe cogliere l’occasione che le era offerta da un periodo di forte espansione dell’economia globale per introdurre radicali riforme del mercato del lavoro e per ridurre in modo sensibile il valore della propria spesa pubblica. In appena un decennio la “grande malata” è tornata ad essere “la locomotiva d’Europa”, capace di fronteggiare meglio degli altri la crisi economica globale. Oggi la Germania ha un reddito pro-capite (a prezzi correnti) che è del 21 per cento superiore a quello italiano (nel 2002 era sostanzialmente uguale) e un tasso di disoccupazione (5,3 per cento) pari a meno della metà di quello italiano (12,2 per cento).
  • 15. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica VII Sezioni riunite in sede di controllo 2014 L’Italia, invece, negli anni di espansione dell’economia mondiale che hanno contraddistinto la prima parte del decennio scorso, ha lasciato crescere la propria spesa pubblica e ha rinviato le necessarie riforme dal lato dell’offerta. Si è così giunti, nel 2007, all’apice della fase di espansione, con un valore della spesa pubblica in rapporto al Pil pari al 47,6 per cento, di quasi quattro punti superiore a quello tedesco (43,5 per cento). La sfiducia dei mercati ci ha costretto a compiere un severo aggiustamento di finanza pubblica nel corso della recessione, con evidenti effetti pro ciclici. Ora sembra presentarsi una nuova fase di espansione dell’economia globale; occorre che la nuova opportunità non vada perduta. 5. Il sistema tributario italiano è caratterizzato da un livello di prelievo eccessivo e mal distribuito. Le ragioni dell’economia e della politica spingono per una riduzione ed un riequilibrio della pressione tributaria, ma devono confrontarsi con i vincoli della finanza pubblica e con l’idoneità degli strumenti a disposizione. E’ in questo trade-off che cercano di trovare spazio le politiche redistributive, siano esse basate su una concomitante riduzione del livello del prelievo e della spesa pubblica ovvero su uno spostamento del carico impositivo tutto interno al sistema tributario. Fra le politiche del secondo tipo, un ruolo determinante ha avuto, e continua ad avere, l’Irpef, l’imposta più importante quanto a gettito (il 36 per cento delle entrate tributarie della P.A.) e quanto ad estensione della platea dei contribuenti (oltre 41 milioni nel 2012). Un ruolo che si manifesta sia nella capacità d’influire, unitamente al prelievo contributivo, sulla misura del cuneo fiscale; sia nel sovraccarico di responsabilità ad essa accollate: da quelle di gettito a quelle redistributive; da quelle di contribuire (tramite le sue addizionali) al finanziamento degli enti territoriali a quelle di regolare e selezionare l’accesso alla spesa sociale. Nei suoi quaranta anni di vita, l’Irpef è stata oggetto di ampie e ricorrenti riforme (tre nell’ultimo decennio), è stata argomento di diversi disegni di legge di riforma fiscale (tre solo nell’ultimo quadriennio) ed è stata interessata da una molteplicità di interventi specifici. Nel corso dei primi cinque mesi del 2014, in particolare, si registrano già due integrazioni del sistema delle detrazioni (la prima nella legge di stabilità 2014, la seconda rappresentata dal “bonus” introdotto dal DL 66/2014). E ulteriori modifiche si profilano nella prospettiva della recente legge delega “per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” (n. 23/2014).
  • 16. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA VIII Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Si è trattato, in tutti i casi, di misure rilevanti, la cui efficacia, tuttavia, è risultata in larga parte condizionata dai limiti propri dell’imposta: quelli originari, espressi nel disegno che guidò i riformatori degli anni ’70 del secolo scorso, e quelli sopravvenuti nel corso degli anni, anche sotto la spinta di istanze settoriali tese a risolvere in ambiti ristretti quelli che erano, e restano, i punti deboli dell’imposta e, più in generale, del sistema tributario del nostro Paese. L’Irpef contribuisce significativamente a dare un contenuto ai due problemi che caratterizzano l’assetto impositivo in Italia: un prelievo elevato, con pesanti ricadute sul costo del lavoro e sugli equilibri dei sistemi produttivi; un prelievo segnato da una distribuzione che nella difficoltà di applicare concretamente le norme tributarie, finisce per vanificare anche il più equilibrato dei tax design. L’asimmetria che ne consegue, fra il paese reale e il paese fiscale, trova nell’Irpef una delle più significative spiegazioni. Ci si sofferma, poi sulle “spine” dell’imposta: l’evasione e l’erosione. Pur nell’incertezza sulle dimensioni effettive del fenomeno, non c’è dubbio che l’evasione fiscale nel nostro Paese trova, in larga parte, origine e spiegazione proprio nell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il confronto internazionale continua a penalizzarci, anche a causa dell’intreccio fra evasione, corruzione ed economia sommersa. Ma, anche restando nei confini nazionali occorre prendere atto delle non confortanti evidenze che emergono, soprattutto sotto il profilo distributivo, dalle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti. Minori incertezze contraddistinguono, invece, l’erosione fiscale e riguardano non tanto le dimensioni del fenomeno, quanto le ragioni delle decisioni legislative che ne sono all’origine e le finalità associate ad un suo ridimensionamento. Analisi governative hanno portato a ricostruire l’ampio reticolo di esenzioni, agevolazioni, regimi speciali che depaupera anche la base imponibile dell’Irpef. Il confronto internazionale, d’altro canto, testimonia la forte ipoteca delle c.d. “spese fiscali” sulle dimensioni dell’intervento pubblico nell’economia. Nel caso dell’Irpef, peraltro, il ridimensionamento della base imponibile ha assunto nel tempo le caratteristiche di una vera e propria “fuga dalla progressività”. Naturale, dunque, la scelta di intervenire, resa operativa da ultimo dalla legge di stabilità 2014. Anche in questo settore, tuttavia, si riproporrà il difficile bilanciamento fra ragioni dell’economia ed equilibri della finanza pubblica, nella consapevolezza che un ridimensionamento delle agevolazioni fiscali produrrà effetti diversi, a seconda che lasci inalterati tutti gli altri parametri dell’Irpef (con ciò inasprendo il livello del prelievo) ovvero che rappresenti l’occasione proprio per un riassetto dell’intera impalcatura dell’imposta (a cominciare da scaglioni e aliquote) e per una chiara azione di redistribuzione del prelievo.
  • 17. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica IX Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Fra i limiti sopravvenuti all’operatività dell’Irpef va annoverato l’intreccio crescente con le addizionali destinate al finanziamento di Comuni e Regioni. L’esplosione del fenomeno, associata ad un’incontrollata diversificazione territoriale delle aliquote, ha finito per impattare sull’Irpef alterandone l’incidenza e distorcendo ancor più gli equilibri distributivi. Il Rapporto dà conto dei risultati di una analisi che testimonia come, a risentire di tale intreccio, oltre ai contribuenti, sia la politica fiscale che, da un lato, vede ristretta l’area entro cui esercitare i propri obiettivi redistributivi e di gettito e, dall’altro, deve confrontarsi con scelte non sempre in sintonia effettuate da parte degli enti territoriali. Si analizzano, infine, quelli che appaiono come dei veri e propri limiti specifici all’impiego dell’Irpef come strumento di governo della fiscalità. Quello più conclamato è certamente costituito dalla ridotta attendibilità dei redditi dichiarati da una quota rilevante della platea dei contribuenti; aspetto, questo, che è, fra l’altro, all’origine della costruzione dell’ISEE e della combinazione redditi- patrimonio ai fini della “prova dei mezzi” per accedere alla spesa sociale. Ci sono, poi, altri due limiti che hanno a che fare con l’assetto normativo che disciplina l’imposta: quello, innanzitutto, che restringe la praticabilità di interventi selettivi basati sulle aliquote (destinati, data la struttura per scaglioni, a ripercuotersi sui più disparati livelli di reddito); e quello, in secondo luogo, che frena e distorce l’efficacia di politiche redistributive basate sulle detrazioni d’imposta, in larga parte vanificate dal fenomeno dell’incapienza. C’è infine una sorta di limite sociologico e di psicologia sociale a modificare la struttura dell’Irpef: la riluttanza del decisore politico ad assumere decisioni di natura tributaria in una prospettiva che non si configuri come uno sgravio generalizzato. Accade così che scelte selettive, rientranti nell’ambito proprio e naturale della funzione della nostra principale imposta, siano affidate a strumenti “surrogati” ed improvvisati: dai “prelievi di solidarietà” (per livello o per tipologia di reddito), ai “bonus”, ai tagli retributivi tout court. Tutte scelte che allontanano e rendono più difficile l’attuazione di un disegno razionale, equo e strutturale di riduzione e di redistribuzione dell’onere tributario. 6. L’ISEE, l’indicatore che regola le condizioni di accesso alle prestazioni sociali agevolate, ha registrato una larga diffusione nel nostro Paese: lo hanno utilizzato poco più del 31 per cento dei quasi 60 milioni di italiani, ossia quella parte di popolazione collocata nei livelli più bassi di tenore di vita; vi hanno ricorso soprattutto i cittadini del Mezzogiorno, in misura doppia rispetto a quelli del centro e tripla rispetto alla popolazione del nord).
  • 18. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA X Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo A distanza di quindici anni dalla sua introduzione, si è recentemente proceduto ad una revisione dell’istituto, con l’obiettivo di porre rimedio ai limiti registrati nel tempo. Il nuovo istituto non ha intaccato i caposaldi teorici e le preferenze consolidate della politica economica: risultano confermati l’abnorme ruolo assegnato al patrimonio familiare ai fini della determinazione dell’indicatore; la non piena separazione nella misurazione del reddito e del patrimonio; la definizione della scala di equivalenza impiegata per graduare l’ISEE in relazione al numero e ad altre caratteristiche del nucleo familiare. Le novità che si registrano, tuttavia, riescono a ridurre alcuni difetti dell’ISEE pre riforma. Da un lato, infatti, la valutazione del tenore di vita del nucleo familiare avviene tenendo conto di tutte le tipologie di reddito e di patrimonio, superando le esclusioni del passato. Dall’altro, si ridefinisce la famiglia di riferimento e la relativa scala di equivalenza: sia individuando i requisiti del nucleo familiare “di fatto”, sia accordando più incisivi benefici alle famiglie con più di due figli e/o con componenti disabili. Una terza modifica di rilievo è costituita dalla definizione differenziata di nucleo in base al tipo di prestazione agevolata richiesta: ne deriva che possono essere calcolati più ISEE per lo stesso richiedente, ma anche che si riduce la necessità che gli Enti erogatori delle diverse prestazioni procedano alla fissazione di specifici criteri selettivi. Infine, va registrata la novità di una scala di equivalenza in cui trova maggior rilievo la presenza di figli: si conferma il peso per nuclei con figli minori; viene aumentata la già prevista maggiorazione per i figli minori di tre anni; si introduce una nuova maggiorazione del peso per le famiglie con almeno tre figli, senza specificare né la condizione di essere a carico, né l’età. Fra le novità dell’istituto riformato non compare, invece, l’estensione dell’area di applicazione. Da questo punto di vista, dunque, il nuovo ISEE conferma i limiti del vecchio: l’istituto è applicabile alla generalità di servizi o di prestazioni economiche resi dall’operatore pubblico ma continuano a pesare le esclusioni di prestazioni assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario. In ogni caso, gli effetti della riforma, misurati attraverso un modello di microsimulazione, segnalano significative differenze rispetto al vecchio ISEE soprattutto in quattro direzioni: i) l’assegnazione di un maggior rilievo, nella costruzione dell’indicatore, al patrimonio, rispetto al reddito; ii) maggiori vantaggi
  • 19. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XI Sezioni riunite in sede di controllo 2014 al lavoro dipendente; iii) più pronunciata attenzione a favore delle famiglie con tre o più figli; iv) maggiore valorizzazione per i nuclei con componenti disabili e non autosufficienti. Il potenziamento del nuovo ISEE riflette, peraltro, il forte potenziamento dell’attività di controllo, conseguente all’evoluzione della disponibilità di banche dati e degli accresciuti poteri dei controllori. Un significativo valore aggiunto rispetto al passato, che promette un salto della qualità delle informazioni raccolte sulla base delle dichiarazioni rese dai cittadini (DSU) e assicura la costruzione di un indicatore in grado di discriminare con maggiore equità tra i diversi nuclei richiedenti l’accesso alle prestazioni sociali. Dovrebbe dunque attenuarsi il paradossale criterio selettivo che di fatto ha prevalso fino ad oggi, fondato sulla propensione a dichiarare il falso pur di accedere alle agevolazioni. 7. L’impatto della crisi finanziaria internazionale e i conseguenti ripetuti interventi correttivi del disavanzo pubblico, hanno prodotto, nei conti pubblici dell’Italia, un notevole raddrizzamento, da imputare non soltanto all’aumento del prelievo fiscale, ma anche al contenimento della spesa. Se si osservano i risultati del quadriennio 2010-2013, nei dati cumulati, le spese delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi diminuiscono dell’1,4 per cento; la spesa primaria dello Stato addirittura di quasi il 6 per cento. Due puntualizzazioni: il 2013 segna una parziale interruzione del percorso di riduzione della spesa, con un rimbalzo che è più accentuato per lo Stato che per la spesa pubblica complessiva. In secondo luogo, il riequilibrio realizzato nel quadriennio è caratterizzato da un crescente sacrificio degli investimenti e delle spese in conto capitale. Una tendenza che accomuna amministrazione centrale ed amministrazioni territoriali. La portata del contenimento della spesa statale viene colta con più efficacia se si evidenzia la sola spesa finale per prestazione diretta di servizi alla collettività e per la realizzazione di opere pubbliche. A tal fine, i consuntivi vanno considerati al netto dei trasferimenti correnti e in conto capitale destinati agli altri enti della pubblica amministrazione e, in particolare, alle amministrazioni regionali e locali. Al netto di tali componenti, la spesa primaria dello Stato risulta diminuita, rispetto al 2010, di quasi il 6 per cento. Uno sforzo di contenimento di grande rilievo, anche se del tutto sbilanciato nella sua composizione interna: ad una riduzione del 3,4 per cento delle spese correnti (al netto degli interessi e dei trasferimenti ad enti pubblici) fa, infatti, riscontro la caduta delle spese in conto capitale che ha raggiunto il 26 per cento. La divaricazione tra spese correnti e in
  • 20. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA XII Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo conto capitale si amplia nel consuntivo del 2013, che registra il ritorno alla crescita delle prime (+2,0 per cento) e una pesante ulteriore decelerazione delle seconde (-27,3 per cento). Nel Conto dello Stato il confronto tra il consuntivo e le proiezioni predisposte in occasione del DEF 2013 evidenzia un’inversione di segno nell’andamento delle spese correnti al netto degli interessi: si prevedeva una flessione dell’1,4 per cento, mentre il risultato indica per il 2013 un aumento del 2,5 per cento. Si tratta di circa 13 miliardi in più di spesa corrente primaria, solo in parte compensata da una riduzione della spesa per interessi che, sempre rispetto alle proiezioni dell’aprile 2013, ha superato i due miliardi. All’aumento della spesa corrente primaria, rispetto al 2012, ha concorso in misura non trascurabile (oltre 2,5 miliardi) la dinamica delle altre spese correnti e, in particolare, dei contributi alla produzione. Si può rilevare come l’intero contributo in termini di contenimento delle spese sia da imputare alla caduta della spesa in conto capitale, che evidenzia una marcata deviazione dal profilo indicato nel DEF 2013, che rifletteva una stima degli effetti di sostegno assegnati ai più recenti provvedimenti. Così, a fronte di un incremento degli investimenti fissi lordi previsto superiore al 23 per cento si verifica, a consuntivo, una flessione del 20 per cento; mentre ancora maggiore (30 per cento) è la caduta dei “Contributi agli investimenti esterni”, per i quali si era previsto, invece, un aumento dell’8 per cento. Tra i fattori alla base dell’andamento sfavorevole, rispetto alle previsioni, della spesa in conto capitale dello Stato nel 2013 vanno segnalate, in particolare, con riguardo agli investimenti fissi lordi, le minori erogazioni di somme connesse alla ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto in Abruzzo e in Emilia e, con riferimento ai contributi agli investimenti, la mancata sottoscrizione dei contratti di programma con Anas e Ferrovie dello Stato. Nel 2013, i consumi intermedi dello Stato, secondo la definizione della contabilità nazionale, segnano ancora una riduzione (-0,6 per cento) rispetto al 2012; un risultato molto distante sia da quello conseguito lo scorso anno (-16,7 per cento) sia dalla previsione che era stata avanzata nel momento del DEF di aprile 2013 (-9 per cento). Ma l’analisi dei fattori che hanno determinato questo apparente minor rigore nel controllo della spesa statale richiede qualche puntualizzazione, al fine di non avanzare giudizi affrettati sull’efficacia dei provvedimenti intesi a ridurre ancora i livelli della spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni statali.
  • 21. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XIII Sezioni riunite in sede di controllo 2014 L’accorpamento dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha, infatti, determinato l’inclusione nel bilancio dello Stato delle entrate e delle spese concernenti tutti i giochi, le scommesse e le lotterie, fino al 2012 gestite dai Monopoli. Se si effettua un confronto omogeneo dei risultati di bilancio, escludendo dal 2013 gli aggi di riscossione, la spesa per consumi intermedi risulterebbe segnare una riduzione di poco inferiore al 9 per cento, in luogo dell’aumento di oltre il 15 per cento che si evidenzia nelle risultanze del rendiconto dello Stato. Un andamento che indicherebbe come, anche nell’anno passato, le misure di controllo degli acquisti abbiano fornito esiti positivi. 8. A partire dal 2001, a seguito di modifiche istituzionali in senso federalista, competenze e spesa pubblica avrebbero dovuto orientarsi, in misura crescente, verso le amministrazioni territoriali, mentre una tendenza di segno opposto avrebbe dovuto segnare l’amministrazione centrale, non più (o in misura minore) chiamata ad assolvere ad alcune funzioni e alla prestazione di alcuni servizi alla collettività, ormai di competenza regionale e locale. Ciò riguarda, in modo particolare, alcuni settori di attività, come l’agricoltura, il sostegno delle imprese, l’ambiente e la cultura (per non dire della sanità). Il sovraccarico di funzioni (e la conseguente lievitazione delle risorse pubbliche impegnate), eventualmente rilevabile in capo alle amministrazioni centrali, può essere valutato, con maggiore ponderazione, proprio se rapportato alle attese derivanti dall’attuazione del federalismo, che avrebbe dovuto comportare il trasferimento di intere funzioni (o di parti di esse) alla competenza delle amministrazioni territoriali. Gli obiettivi di razionalizzazione degli enti pubblici statali e di riduzione dei loro costi di funzionamento sono targets ormai ricorrenti da quasi un quindicennio, anche se assumono un rilievo più pronunciato in una fase nella quale il riequilibrio strutturale dei conti pubblici affida un ruolo decisivo all’operazione di spending review. A partire dal 2001, le leggi finanziarie annuali hanno sistematicamente introdotto disposizioni per il riordino degli enti pubblici e per il conseguimento di risparmi di spesa. Più di recente, il DL n. 112/2008 ha integrato la disciplina con il meccanismo “taglia enti”, mentre con il DL n. 95/2012 è stata attribuita al Commissario straordinario per la spending review il potere di proporre regolamenti per il riordino degli enti pubblici. Numerosi sono stati anche gli interventi normativi
  • 22. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA XIV Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo di razionalizzazione e di contenimento dei costi dell’ampia platea delle società partecipate. Tuttavia, come è stato osservato, tutti gli interventi che si sono susseguiti hanno affrontato il tema degli enti pubblici prevalentemente con un approccio emergenziale di tipo quantitativo, privilegiando la prospettiva di una rapida resa in termini di tagli. E’ mancata, in altri termini, una riflessione ponderata sulle linee strategiche del riordino degli enti, sostenuta da una approfondita ricognizione per settori di intervento, per categorie di soggetti, per profili organizzativi e contabili e, pertanto, in grado di avanzare proposte di razionalizzazione e di assicurare, in modo mirato e non lineare, risparmi effettivi e permanenti di spesa. Allo scopo di effettuare un riesame critico degli strumenti di coordinamento, il Rapporto propone i primi risultati di una ricognizione avviata dalla Corte, la cui finalità principale è di disporre di elementi di informazione che consentano valutazioni sulla razionalità e sul costo di una organizzazione amministrativa che, certamente, vede ancora ampiamente presente in diversi settori di intervento l’amministrazione dello Stato centrale, se non una proliferazione di enti strumentali e società nell’orbita dei ministeri. La rilevazione effettuata – che dovrà costituire lo spunto per una linea di lavoro continuativa - intende ricostruire il quadro della distribuzione di competenze e dei corrispondenti costi per l’Erario che, nei diversi settori di intervento, vede la compresenza delle strutture ministeriali e di numerosi enti strumentali e società partecipate. Una compresenza che, quando non sia finalizzata a fornire, con una chiara distinzione di ruoli, ben identificati servizi alla collettività, può determinare sovrapposizioni di compiti, talvolta duplicando funzioni e costi. Una duplicazione che può riguardare anche la distribuzione di funzioni tra enti e società. Il criterio generale di riferimento è stato quello di “censire” gli enti, gli organismi e le società sottoposte alla vigilanza di uno o più Ministeri o della Presidenza del Consiglio, allargando opportunamente il perimetro osservato all’elenco ISTAT relativo alle amministrazioni centrali, poco meno della metà delle quali risulta soggetta alla vigilanza. In coerenza con tale scelta estensiva, ai flussi di spesa per settori di attività direttamente riferibili al bilancio dello Stato sono stati affiancate informazioni sulle erogazioni a qualsiasi titolo destinate agli enti e alle società vigilate, sulla base di una complessa estrazione di dati contabili per ciascuno dei soggetti istituzionali censiti.
  • 23. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XV Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Si è, in tal modo, proposta una misurazione della spesa che il bilancio dello Stato mobilita per il funzionamento dell’intera costellazione riferibile, secondo le stime della Corte, all’amministrazione centrale, nei diversi programmi o settori di attività. Allo stato dell’indagine, l’ammontare delle risorse “pagate” annualmente dallo Stato agli enti e alle società del “censimento” risulterebbe dell’ordine di 25 miliardi (un valore calcolato come media triennale): poco meno di 17 miliardi di tali pagamenti sono destinati ad unità istituzionali ricomprese nel perimetro Istat (S 1311), mentre ad enti e società esterne sono diretti circa 8,5 miliardi, quasi per intero assegnati alle società. In termini generali, non può ritenersi che questo criterio di misurazione sia in grado di rappresentare, in modo esauriente, il peso sulla finanza statale riconducibile alle società vigilate, la cui attività conosce anche canali diversi di sostegno. Basti pensare come le società che operano nel settore energetico trovino copertura dei costi sostenuti per l’espletamento della loro attività in componenti tariffarie costituenti “oneri generali di sistema”, corrisposte dagli utenti finali come voce di costo delle bollette energetiche. E per importi ingenti. Considerazioni più operative, che affrontano i quesiti più critici in tema di mantenimento, soppressione o, comunque, revisione organizzativa e della spesa, sono avanzate nell’ambito di due specifici approfondimenti settoriali, relativi alla cultura e all’agricoltura, comparti nei quali la struttura organizzativa rilevata dalla Corte si articola, rispettivamente, in 27 e 25 enti e società direttamente riferibili ai ministeri vigilanti. Attraverso un esame dell’attività e dell’organizzazione dei principali enti (e società) dei due settori prescelti si esprimono alcune valutazioni sulla sovrapposizione con le competenze affidate agli organi ministeriali o esercitate da altri soggetti istituzionali operanti nel medesimo comparto e, di conseguenza, sulla razionalità dell’assetto consolidato e sulla congruità del costo a carico della finanza statale. La ricognizione delle società partecipate e vigilate strumentali per le amministrazioni dello Stato ha costituito, infine, l’occasione per comporre un quadro di informazioni contabili e organizzative utili per trarre indicazioni di prospettiva in termini di revisione o razionalizzazione degli assetti esistenti. Le privatizzazioni degli anni novanta, infatti, non hanno impedito il successivo processo di estensione del settore pubblico nell’economia, anche attraverso il ripetuto ricorso alla “societarizzazione” di funzioni amministrative, realizzata tramite la dilatazione del modello c.d. “in house”. Delle cinquanta società di cui lo Stato è azionista di
  • 24. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA XVI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo riferimento, 23 svolgono attività prevalentemente strumentale per le amministrazioni centrali. Quest’ultime sono quelle maggiormente sensibili a processi di razionalizzazione. L’esercizio di funzioni tipiche delle Amministrazioni di controllo o vigilanti può porre problemi di duplicazione se all’interno dell’Amministrazione permangono e continuano ad operare strutture dedicate al medesimo fine. 9. Le risultanze del consuntivo 2013 e le stime contenute nel Documento di economia e finanza 2014, confermano il trend in diminuzione della spesa per redditi da lavoro dipendente, ritornata sotto controllo a seguito degli interventi avviati con il decreto-legge n. 78 del 2010. Nell’ultimo triennio la riduzione complessiva ha raggiunto i 4,6 punti percentuali. Il rapporto fra spesa di personale e prodotto interno lordo è previsto attestarsi, nel 2015, su un valore inferiore al 10 per cento; un dato che collocherebbe l’Italia ben al di sotto della media dei Paesi appartenenti all’Unione Europea. Secondo le rilevazioni della Ragioneria Generale dello Stato, è proseguita anche nel 2013, seppure con valori più contenuti, la diminuzione degli occupati nel settore pubblico che, a partire dal 2008, ha superato i sei punti percentuali. Questi risultati sono l’effetto di misure severe ed eccezionali, non replicabili all’infinito e solo in parte di carattere strutturale. Le misure di contenimento della spesa, in particolare, hanno in parte acuito le criticità e le debolezze del sistema del Pubblico impiego in Italia. Preoccupa, innanzitutto, il progressivo innalzamento dell’età media dei dipendenti, con dati che collocano l’Italia nei valori più alti nel confronto effettuato dall’OCSE tra i maggiori Paesi industrializzati: oltre il 50 per cento del personale pubblico si colloca, nel nostro Paese, nella fascia di età superiore ai 50 anni. Sotto il profilo dell’assetto retributivo, il sistema italiano è negativamente caratterizzato dalla scarsa incidenza, sul totale dei compensi percepiti, delle voci realmente finalizzate ad incentivare la produttività dell’amministrazione ed il merito individuale. Durante l’intero periodo della privatizzazione, al di là di reiterate affermazioni di principio, la leva salariale non ha mai rappresentato uno strumento per favorire l’innovazione e il cambiamento. L’avvio di una politica in tal senso, secondo le indicazioni contenute nel d.lgs. n. 150 del 2009, appare, al momento, fortemente condizionato dalla scarsità delle risorse disponibili.
  • 25. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XVII Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Alla ripresa della contrattazione collettiva nazionale è, dunque, affidato il non facile compito di assicurare una fisiologica dinamica delle componenti retributive fisse – compatibile con gli andamenti di finanza pubblica – e la contestuale revisione dei meccanismi che attualmente disciplinano la contrattazione di secondo livello, per la costruzione di un effettivo meccanismo retributivo incentivante e premiante. Vanno affrontati i nodi, tuttora irrisolti, della dirigenza pubblica. A fronte di una sostenuta dinamica retributiva non è mai decollato un efficace sistema di valutazione della capacità manageriale, che avrebbe dovuto essere il presupposto per la corresponsione dell’indennità di risultato. Il sistema di conferimento e di rotazione degli incarichi va contemperato con l’esigenza di garantire il principio dell’autonomia gestionale dei dirigenti, rispetto agli organi politici di vertice delle amministrazioni. Necessita, infine, di revisione l’attuale collocazione a livello dirigenziale di uffici che svolgono compiti interni alla struttura organizzativa nella quale sono inseriti. Al di là delle criticità evidenziate, gli interventi in materia di pubblico impiego devono rappresentare un momento del complessivo ridisegno dell’assetto organizzativo e delle modalità di agire delle pubbliche amministrazioni. Le politiche di personale devono ritrovare coerenza, sotto il profilo della individuazione del fabbisogno di professionalità nei diversi settori e sul territorio, con una prioritaria definizione dei compiti del settore pubblico e della loro distribuzione tra i diversi livelli di governo. 10. Anche nel 2013 le amministrazioni locali hanno ottenuto un risultato migliore delle attese. Le spese complessive al netto degli interessi presentano per il terzo anno consecutivo una contrazione in termini assoluti, risultando in riduzione anche in termini di prodotto. Nell’ultimo triennio la contrazione ha superato il punto di Pil. Invariata, sempre in termini di prodotto, risulta la spesa corrente che consolida, quindi, i miglioramenti registrati negli ultimi anni. Il quadro tendenziale non offre le condizioni per un allentamento degli obiettivi a cui è chiamato il mondo delle autonomie. Tra il 2014 e il 2016 la spesa corrente delle amministrazioni territoriali, al netto della sanità, dovrebbe ridursi di 7 decimi di punto in rapporto al prodotto, con una flessione in termini nominali di oltre il 5 per cento. Un risultato che, seppur diluito nel triennio, già indica la difficoltà dell’aggiustamento richiesto, a prescindere dello sforzo ulteriore che
  • 26. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA XVIII Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo potrebbe essere necessario per garantire carattere strutturale agli interventi di riduzione delle entrate disposti con il DL 66/2014 (da coprire necessariamente attraverso un ulteriore taglio della spesa).Un quadro, è bene rammentarlo, in cui la spesa in conto capitale è prevista ancora in riduzione attestandosi all’1,5 per cento del Pil, rispetto al già modesto 1,8 per cento del 2013. Il 2013 ha messo in rilievo anche il limite raggiunto dalla strumentazione posta finora in essere per il coordinamento della finanza pubblica. In questi anni, per gli enti locali, l’efficacia delle misure contenimento è stata affidata più a meccanismi di riduzione delle risorse che all’operare di una regola fiscale, di volta in volta modificata per rispondere a esigenze ulteriori o per rimuovere difficoltà operative. Inefficace nel governare il contenimento della dinamica della spesa corrente, la regola si è tradotta in un progressivo processo di riduzione della spesa in conto capitale. Da qui l’importanza crescente delle misure di rafforzamento del Patto - tagli di risorse ed interventi di spending review - per assicurare il contributo delle autonomie locali alla finanza pubblica, instradando le amministrazioni su un percorso di revisione ed efficientamento della spesa corrente, che lo strumento del Patto non è di per sé riuscito a indurre con successo. Anche nel 2013, a fronte delle misure destinate ad accelerare la spesa in conto capitale, l’effetto prodotto è rimasto di fatto limitato ad una agevolazione rispetto agli stringenti saldi programmatici (un allentamento molto consistente che nella sostanza ha annullato la manovra che il comparto avrebbe dovuto adottare per assicurare il contributo richiesto) ma non ha favorito una maggiore spesa rispetto a quella consentita dai limiti del Patto. Inoltre, nonostante il buon operare delle flessibilizzazioni a livello regionale (i Patti di solidarietà), due risultati danno evidenza del limite raggiunto dalla regola fiscale: se oltre la metà della spesa in conto capitale pagata dalle amministrazioni comunali è imputabile a maggiori spazi ottenuti rispetto ai vincoli del Patto (un’apparente conferma che questo strumento agisce come freno alla spesa per investimenti), ad un tempo nell’esercizio sono risultati ampi i margini rimasti inutilizzati per ulteriori pagamenti. Su tali andamenti, più che il vincolo del Patto sembra aver inciso la condizione di fragilità finanziaria degli enti o la riduzione della stessa capacità progettuale conseguente all’incertezza sulla disponibilità di risorse anche per i continui mutamenti nel sistema di finanziamento. Anche per le Regioni, gli obiettivi sempre più stringenti del Patto si sono riflessi, come nel passato, in una riduzione dei pagamenti in conto capitale, resa meno problematica solo da una sempre più netta flessione degli impegni per spese di investimento che si conferma anche nell’esercizio appena concluso.
  • 27. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XIX Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Per questi enti, differenze residuano nelle spese per il personale, per l’acquisto di beni e servizi, nell’utilizzo di beni di terzi, oltre che nelle spese per gli organi istituzionali; anche se i margini di risparmio non devono esser sopravvalutati. I dati relativi alla gestione 2013 sembrano ancora una volta confermare la tendenza, pur tra differenze ancora significative, ad una contrazione del ruolo di spesa diretta (al netto di quella destinata alla sanità). Le Regioni sembrano veder evolvere il proprio ruolo nel raccordo e nel coordinamento degli interventi delle amministrazioni locali e di quelli infrastrutturali di matrice comunitaria. L’azzeramento delle risorse per le funzioni trasferite e il ritardo nella definizione di livelli essenziali di assistenza in importanti segmenti costituzionalmente tutelati (assistenza e trasporti) hanno contribuito a rendere la funzione obiettivo di questi enti meno chiara. Difficile è, oggi, immaginare una riconfigurazione del Patto che non si fondi su un ridisegno complessivo del sistema di finanziamento di Regioni ed enti locali. Ciò significa muovere con decisione, ma anche con realismo. Non si può più rimandare il completamento del sistema di finanziamento, la definizione di un sistema basato sulle capacità fiscali standard, l’individuazione, come si è fatto nella sanità, di fabbisogni e costi standard e meccanismi di responsabilizzazione che offrano un riferimento chiaro per il governo della spesa e la garanzia di livelli adeguati dei servizi per i cittadini. Il rilievo delle incertezze sulla disponibilità di risorse e dei ritardi nella definizione dei bilanci di previsione, che sembrano ripetersi anche nel corrente esercizio, consigliano una attenta valutazione delle scelte da assumere e rafforzano l’utilità di interventi che incidano sulla rapidità e certezza degli esiti. Sono infatti le incertezze sulla disponibilità delle risorse, i tagli, le difficoltà di operare una effettiva programmazione dell’esercizio (in sintesi i vincoli finanziari) piuttosto che gli ostacoli attribuiti alla regola fiscale ad incidere sulla gestione. Senza un’attenta revisione e selezione delle funzioni da conservare a garanzia dei LEA e per gli interventi a sostegno della crescita, ulteriori inasprimenti rischiano di tradursi in ulteriori (e in certa misura “casuali”) differenze nelle garanzie offerte a cittadini e alle imprese o, peggio, in squilibri nascosti destinati a generare costi futuri. 11. Il processo di riassorbimento dei disavanzi sanitari nelle regioni in squilibrio strutturale è proseguito anche nel 2013, pur presentando alcune incertezze. Non in tutte le Regioni i risultati economici mantengono il trend positivo degli anni precedenti: in alcune si segnalano ancora le insufficienze nella qualità dei
  • 28. RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA XX Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo servizi resi, nella appropriatezza e nella organizzazione delle strutture, che sono alla base delle difficoltà economiche esplose negli squilibri strutturali. Si sta rivelando più difficile riassorbire in maniera duratura i disavanzi e più complesso risulta l’utilizzo degli strumenti di correzione. Con maggior frequenza si propone la difficoltà di conciliare le necessità proprie del settore (assistito da garanzie costituzionali, i LEA) e quelle delle altre funzioni regionali, sempre (e forse da troppo tempo) in sofferenza finanziaria. Ciò nonostante, i progressi nel contenimento dei costi trovano comunque una conferma nel dato di consuntivo: la spesa è stata di circa 2 miliardi inferiore alle attese, confermando la sua stabilizzazione in termini di prodotto al 7 per cento. La rete di valutazione costituita dai “Tavoli di monitoraggio e verifica” ha continuato a svolgere un ruolo prezioso a garanzia di un aggiustamento che sia realmente strutturale. La definizione di regole contabili e l’esercizio dei conseguenti controlli hanno consentito di prevedere uno stretto sistema di garanzie a tutela dell’aggiustamento, creando una “cortina di protezione” sulla destinazione dei fondi. Le misure introdotte dai provvedimenti che hanno avviato a soluzione il riassorbimento dei ritardi di pagamento delle amministrazioni pubbliche dovrebbero impedire il ripetersi in futuro dei fenomeni di ritardo nel fluire delle somme destinate al sistema sanitario e naturalmente, di quelle che si configurano come vere e proprie distrazioni di risorse per altre esigenze e finalità. Non privo di aspetti problematici, non solo da questo punto di vista, è il provvedimento che consente di destinare ad altre finalità gli sforzi fiscali attivati per gestire il processo di rientro degli squilibri sanitari. Una disposizione che spezza il collegamento tra un prelievo e la sua destinazione specifica, fondamento del “contratto” sottoscritto con i contribuenti al momento della definizione dei Piani di rientro. La destinazione ad altre finalità o, come in alcuni casi, il loro utilizzo per coprire oneri connessi alle anticipazioni necessarie per dare liquidità alle regioni, introduce elementi di opacità nel sistema, specie se tali importi sono dovuti a squilibri esistenti in altri settori. Infine, il settore sanitario si trova oggi di fronte a scelte ancora impegnative anche dal punto di vista finanziario: interessato, da un lato, da ulteriori pressioni per una riduzione ulteriore di risorse, dall’altro, da necessità legate al progresso tecnico e all’accesso a nuovi e costosi strumenti di cura e, da un altro lato ancora, dalla difficoltà di mantenere elevati prelievi fiscali locali.
  • 29. SINTESI E CONCLUSIONI CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica XXI Sezioni riunite in sede di controllo 2014 La scelta di non intaccare, almeno nel breve periodo, le risorse destinate alla sanità, ma di trovare all’interno del settore le risorse per affrontare i nuovi bisogni e le somme da destinare al finanziamento degli investimenti, non riduce l’impegno che si presenta per gli esercizi a venire. A queste necessità se ne vanno aggiungendo altre. Come quella di creare condizioni competitive in tema di salute con gli altri paesi UE, derivante dall’applicazione della Direttiva Europea 2011/24 UE; di garantire adeguati standard di qualità e sicurezza delle cure ai cittadini italiani ed europei e di adeguare i nuovi livelli essenziali di assistenza; di rilanciare e rafforzare l’assistenza territoriale a causa della prevalenza di patologie croniche – degenerative dovute all’invecchiamento della popolazione; di superare le criticità, sempre più rilevanti ed emergenti su buona parte del territorio nazionale, derivanti dall’inquinamento ambientale, con inevitabili ricadute sulla salute dei cittadini e, quindi, sulla spesa sanitaria. Tutti aspetti su cui il nuovo Patto della salute sarà chiamato a dare risposte effettive. L’importanza e l’urgenza di accelerare gli interventi di riadeguamento delle strutture e di miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni rese ai cittadini richiede, poi, la revisione dei meccanismi che governano il funzionamento del settore e il potenziamento degli strumenti a disposizione delle amministrazioni territoriali per la gestione delle prestazioni. Tutto ciò non può essere più, tuttavia, un alibi per un allungamento senza limiti del riassorbimento degli squilibri.
  • 30. PARTE PRIMA I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO
  • 32. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 3 I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI IL CONSEGUIMENTO DEGLI OBIETTIVI 1. Nel 2013, le Pubbliche amministrazioni italiane hanno registrato un indebitamento di 47,3 miliardi di euro, pari al 3 per cento del Pil, gli stessi valori con cui si era chiuso il 2012. É stato così conseguito l’obiettivo fissato nei documenti programmatici predisposti nel corso dell’anno (tavola 1). Al risultato si è giunti in virtù di un forte contenimento del disavanzo di conto capitale che, a consuntivo, ha presentato un valore inferiore di quasi 14 miliardi rispetto alle stime del DEF 2013; lo scostamento rispetto alle successive valutazioni programmatiche (Nota di aggiornamento al DEF 2013 e Nota Tecnico-Illustrativa alla legge di stabilità 2014) è stato più contenuto, ma ugualmente consistente, nell’ordine dei 7 miliardi euro. Evoluzioni di segno opposto e di analoghe dimensioni hanno interessato il saldo di parte corrente. A sintesi di questi andamenti, l’avanzo primario è sceso da 39,1 a 34,7, miliardi e dal 2,5 al 2,2 per cento del Pil, un andamento non anticipato dai documenti governativi. TAVOLA 1 I SALDI DI BILANCIO DELL’ITALIA NEL 2013: RISULTATI E OBIETTIVI PROGRAMMATICI Risultato effettivo (1) NTI Legge stabilità 2014 (2) Nota Agg. DEF 2013 (3) DEF 2013 (4) (1)-(2) (1)-(3) (1)-(4) Milioni di euro Indebitamento netto -47.321 -47.076 -48.722 -45.408 -245 1.401 -1.913 Saldo corrente -13.998 -7.072 -7.884 2.586 -6.926 -6.114 -16.584 Saldo primario 34.722 36.873 35.226 38.484 -2.151 -504 -3.762 Saldo in conto capitale -33.323 -40.004 -40.839 -47.994 6.681 7.516 14.671 In % del Pil Indebitamento netto -3,0 -3,0 -3,1 -2,9 0,0 0,1 -0,1 Saldo corrente -0,9 -0,5 -0,5 0,2 -0,4 -0,4 -1,1 Saldo primario 2,2 2,4 2,3 2,4 -0,1 0,0 -0,2 Saldo in conto capitale -2,1 -2,6 -2,6 -3,1 0,4 0,5 0,9 DifferenzeStime programmatiche Fonte: Istat, Pil e indebitamento AP, marzo 2014, e documenti programmatici. 2. Determinante, per il rispetto degli obiettivi di indebitamento del 2013, è stato il contributo delle Amministrazioni locali. Il saldo primario di queste ultime è risultato migliore di quasi 11 miliardi rispetto alle previsioni del DEF, registrando un avanzo di 3,5 miliardi, laddove era invece atteso un disavanzo di 7 miliardi (tavola 2). Un andamento ascrivibile per intero al forte contenimento della spesa. Di segno opposto
  • 33. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 4 sono state le evoluzioni osservate per gli altri livelli di governo. Sempre nel confronto con i dati programmatici, le Amministrazioni centrali hanno subito una compressione delle entrate di oltre 4 miliardi, aumentando al contempo di quasi 8 miliardi le spese, in parte per i maggiori trasferimenti che è stato necessario effettuare a seguito dell’abolizione dell’IMU sulla prima casa; gli Enti previdenziali hanno registrato minori entrate per 1,9 miliardi. TAVOLA 2 L’ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA PER LIVELLI DI GOVERNO: SCOSTAMENTI FRA RISULTATI EFFETTIVI E PROGRAMMATI (MILIONI DI EURO) Stime DEF aprile 2013 Risultato effettivo Differenze 2013/2012 Amministrazioni centrali Entrate finali 411.207 406.880 -4.327 0,4 Uscite finali netto interessi 368.789 376.556 7.767 0,8 Saldo primario 42.418 30.324 -12.094 -4,8 Amministrazioni locali Entrate finali 232.688 233.495 807 -1,6 Uscite finali netto interessi 239.722 229.925 -9.797 -1,0 Saldo primario -7.034 3.570 10.604 -29,1 Enti previdenziali Entrate finali 329.172 327.283 -1.889 2,1 Uscite finali netto interessi 325.608 326.026 418 2,5 Saldo primario 3.564 1.257 -2.307 -53,8 Fonte: DEF 2014. 3. Nel confronto europeo, il percorso di riequilibrio dell’Italia ha evidenziato, lo scorso anno, una pausa (tavola 3). Alla stabilità dell’indebitamento italiano si é contrapposta la discesa del disavanzo medio dell’Eurozona, dal 3,7 al 3 per cento del Pil. Più pronunciate sono state le riduzioni messe a segno dagli altri paesi colpiti, due anni fa, dalla crisi dei debiti sovrani (l’eccezione essendo costituita dalla Grecia). Al di fuori dell’Europa, è stata particolarmente consistente la discesa del deficit degli Stati Uniti (dal 9,2 al 6,2 per cento del Pil), mentre nel Regno Unito il disavanzo è rimasto sostanzialmente immutato. In Giappone, l’orientamento espansivo impresso alle leve della politica economica ha dato avvio a un ampliamento del saldo di bilancio. Anche se meno brillanti di quelli ottenuti da altri paesi, i risultati di indebitamento dell’Italia hanno rispettato gli obiettivi fissati in sede europea. Nel contesto delle nuove regole del Fiscal compact, al nostro paese è richiesta una riduzione del saldo strutturale di mezzo punto all’anno, fino al raggiungimento del pareggio (obiettivo di medio termine). Secondo le elaborazioni della Commissione, l’Italia ha diminuito il proprio indebitamento strutturale dall’1,5 allo 0,9 per cento (sempre tavola 3), rispettando, dunque, le condizioni di rientro.
  • 34. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 5 TAVOLA 3 LA FINANZA PUBBLICA ITALIANA NEL CONFRONTO EUROPEO (IN % PIL) Indebitamento strutturale 2012 2013 2012 2013 2012 2013 2012 2013 ITALIA -3,0 -3,0 2,5 2,2 127,0 132,6 -1,5 -0,9 Germania 0,1 0,0 2,5 1,7 81,0 78,4 0,3 0,6 Francia -4,9 -4,3 -2,3 -2,0 90,6 93,5 -3,8 -3,0 Grecia -8,9 -12,7 -3,9 -8,7 157,2 175,1 -1,0 2,0 Irlanda -8,2 -7,2 -4,5 -2,5 117,4 123,7 -7,9 -6,2 Portogallo -6,4 -4,9 -2,1 -0,6 124,1 129,0 -3,5 n.d. Spagna -10,6 -7,1 -7,6 -3,7 86,0 93,9 -4,1 -2,8 Media Eurozona -3,7 -3,0 -0,6 -0,1 92,7 95,0 -2,1 -1,3 Regno Unito -6,1 -5,8 -3,1 -2,8 89,1 90,6 -6,2 -4,8 Stati Uniti -9,2 -6,2 -5,3 -2,5 102,4 104,5 n.d. n.d. Giappone -8,7 -9,0 -6,6 -6,9 237,3 244,0 n.d. n.d. Per memoria: Italia - media Eurozona 0,7 0,0 3,1 34,3 37,6 0,6 0,4 Indebitamento Saldo primario Debito Fonte: Commissione europea, Spring forecasts. LA REVISIONE DEL PERCORSO PROGRAMMATICO E LA MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA 4. La realizzazione degli obiettivi del 2013 deve essere valutata alla luce di tre fattori: la sostanziale revisione apportata al percorso programmatico; l’azione svolta, nell’anno, dalla manovra di finanza pubblica; il contributo fornito dalle singole voci di spesa ed entrata all’invarianza del saldo di bilancio. Da questi fattori discendono le criticità e le opportunità che gli andamenti dello scorso anno lasciano in eredità al 2014. Con riferimento al primo punto, il rasserenamento delle condizioni finanziarie internazionali e il superamento della crisi del debito hanno consentito, già a partire dalla seconda metà del 2012, di ricalibrare gli obiettivi di bilancio in funzione delle esigenze di stabilizzazione del ciclo economico, pur preservando il percorso di riequilibrio di medio periodo della finanza pubblica. In coerenza con questa diversa impostazione, i documenti programmatici del 2013 hanno rivisto dall’1,8 al 3 per cento l’obiettivo annuo di indebitamento (grafico 1), valore, come si è visto, poi effettivamente conseguito. Nell’orizzonte di medio periodo, il pareggio nominale di bilancio, che il DEF 2012 prevedeva già al 2015, è stato posposto al 2017. La revisione degli obiettivi è stata resa possibile, oltre che dal miglioramento dell’ambiente esterno, dal passaggio al nuovo modello di governance europea che, imponendo il pareggio del saldo strutturale, consente la conservazione di disavanzi nominali, in presenza di valori negativi dell’output gap. Una situazione in cui l’economia italiana ha continuato a trovarsi per tutto il 2013. Lo scorso anno, il Pil è infatti diminuito, dell’1,9 per cento (dello 0,4 per cento nei valori nominali), in
  • 35. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 6 presenza di una contrazione della domanda interna del 2,7 per cento. A seguito di questi andamenti, il vuoto di prodotto della nostra economia ha raggiunto il punto di massima profondità dall’inizio della crisi, passando, secondo le misure proposte dalla Commissione europea, dal -3 al -4,3 per cento del Pil potenziale (grafico 2). Solo nell’ultimo trimestre dello scorso anno le variazioni del prodotto sono tornate positive, con un modestissimo incremento congiunturale dello 0,1 per cento. In queste condizioni, l’attuazione delle regole europee ha consentito un allentamento del grado di stringenza della politica di bilancio. Se nel 2013 gli obiettivi di indebitamento sono stati rispettati, è dunque per via dell’adozione di un percorso programmatico più sostenibile dal punto di vista dell’economia reale e per questo più credibile. GRAFICO 1 LA REVISIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI DI INDEBITAMENTO (IN % DEL PIL) -4,0 -3,5 -3,0 -2,5 -2,0 -1,5 -1,0 -0,5 0,0 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 DEF 2012 Nota aggiornamento 2012 DEF 2013 Nota aggiornamento 2013 GRAFICO 2 L’OUTPUT GAP DELL’ECONOMIA ITALIANA (IN % DEL PIL POTENZIALE) 3,4 1,8 -3,5 -1,7 -1,4 -3,0 -4,3 -5,0 -4,0 -3,0 -2,0 -1,0 0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fonte: Commissione europea, Spring forecasts e banca dati Ameco. 5. Alla rivisitazione del percorso programmatico è conseguita l’adozione di manovre di segno espansivo, che hanno cominciato a esercitare i loro effetti nel 2013.
  • 36. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 7 Secondo le quantificazioni ufficiali, con le misure di stimolo contenute nella legge di stabilità 2013 e nel DL 35/2013 il bilancio pubblico avrebbe registrato, lo scorso anno, un ampliamento, in quota di Pil, dello 0,6 per cento. La legge di stabilità per il 2014 ha anch’essa segno espansivo ed eleva di due decimi di punto il disavanzo programmatico di quest’anno. Questi interventi hanno, tuttavia, attenuato e non annullato, l’impostazione restrittiva della manovra di finanza pubblica. La misura di stance fiscale ufficialmente usata in sede europea è la variazione del saldo strutturale e, come già si è visto, questa grandezza ha registrato nel 2013 una correzione di 0,6 punti. Lo scorso anno, l’impulso restrittivo trasmesso dalla manovra di finanza pubblica all’economia è stato, quindi, minore che nel 2012 (2,2 punti di Pil, grafico 3), ma ugualmente consistente se rapportato alle condizioni di profonda recessione dell’economia. Per altro verso, ciò significa che i risultati di bilancio del 2013 sono stati ottenuti anche grazie agli elementi di disciplina incorporati nei provvedimenti varati negli anni precedenti, fatto che evidenzia un consolidamento delle tendenze di fondo della finanza pubblica italiana. GRAFICO 3 LA STANCE DELLA POLITICA FISCALE IN ITALIA (VARIAZIONI DEL SALDO STRUTTURALE IN % DEL PIL; SEGNO NEGATIVO INDICA RESTRIZIONE) -2,2 -0,6 -0,2 -0,5 -0,1 -2,5 -2,0 -1,5 -1,0 -0,5 0,0 2012 2013 2014 2015 2016 Fonte: DEF 2014. 6. Nel 2013, la manovra di finanza pubblica non si è limitata a perseguire obiettivi di sostegno della crescita. Il passaggio alla nuova legislatura ha innescato una discontinuità nelle scelte di governo, manifestatasi nell’adozione di provvedimenti volti a rimuovere alcuni capisaldi della manovra correttiva in essere e, quindi, a cambiare il profilo della legislazione vigente. In quest’ottica si è deciso di sopprimere l’IMU sulla prima casa (DL 102-133/2013) e di rinviare dal 1° luglio al 1° ottobre l’aumento di 1 punto percentuale dell’aliquota ordinaria dell’Iva (DL 76/2013). Si è trattato di un passaggio complesso, che ha innanzitutto richiesto di reimpostare le forme della tassazione immobiliare, poi di trovare le coperture finanziarie volte a evitare che le modifiche apportate alla legislazione vigente determinassero effetti sui saldi. Ne è derivata una situazione di incertezza, tanto che dopo la pubblicazione della Nota di Aggiornamento al DEF 2013, che abitualmente incorpora i preconsuntivi dell’anno, il
  • 37. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 8 governo è dovuto intervenire per garantire il contenimento del deficit nel limite del 3 per cento: si fa riferimento, in particolare al taglio di spesa contenuto nel DL 102/2013 (circa 1,6 miliardi di euro, comprensivi dei proventi, circa 500 milioni di euro, derivanti da dismissioni di immobili pubblici) e all’aumento degli acconti della tassazione sulle società per far fronte al mancato incasso di parte delle risorse necessarie alla copertura dell’eliminazione della 1° rata dell’IMU sull’abitazione principale (d.m. 30/11/2013). Come la Corte ha avuto modo di evidenziare nelle Audizioni svolte nel corso del 2013, il disegno della politica di bilancio è stato indebolito da queste incertezze, che hanno favorito una frammentarietà degli interventi, riscontrabile anche nell’impostazione della Legge di stabilità per il 2014. Il problema si rileva a seguito della forte divaricazione venutasi a creare fra la conservazione di un impatto neutrale sui saldi, da una parte, e la movimentazione di ampie risorse all’interno del bilancio, dall’altra. I principali provvedimenti adottati nel 2013 hanno mosso risorse, nell’anno, per quasi 15 miliardi, con un effetto sul saldo inferiore a 6 miliardi. Per il 2014, gli stessi provvedimenti sono attesi produrre un impatto sull’indebitamento inferiore a 1,5 miliardi, pur attivando risorse per quasi 20 miliardi (tavola 4). Se considerata dal lato della ricomposizione del bilancio, l’azione di finanza pubblica è stata dunque, pur all’interno di un’impostazione restrittiva, tutt’altro che marginale e potenzialmente portatrice di effetti, sia macroeconomici, sia distributivi. Una compiuta valutazione di questi effetti è però resa difficile dalla numerosità delle misure adottate e dalla marginalità alfine riservata ad alcuni obiettivi qualificanti, come ad esempio la riduzione del cuneo fiscale, uscita fortemente ridimensionata, rispetto agli annunci, dal disegno di legge di stabilità per il 2014. TAVOLA 4 EFFETTI FINANZIARI DEI PRINCIPALI PROVVEDIMENTI DI FINANZA PUBBLICA ADOTTATI NEL 2013 (MILIONI DI EURO) 2013 2014 2015 Reperimento risorse 9.135,2 18.026,2 18.790,7 - Maggiori entrate 5.664,9 11.936,3 10.356,5 - Minori spese 3.470,3 6.089,9 8.434,2 - minori spese correnti 1.698,8 3.732,3 6.155,9 - minori spese c. capitale 1.771,5 2.357,5 2.278,3 Utilizzo risorse 14.787,5 19.414,5 14.287,6 - Minori entrate 5.877,7 8.674,2 9.169,4 - Maggiori spese 8.909,8 10.740,4 5.118,2 - maggiori spese correnti 1.473,2 5.689,8 2.624,6 - maggiori spese c. capitale 7.436,6 5.050,5 2.493,6 Effetto netto -5.652,4 -1.388,3 4.503,1 - Maggiori Entrate nette -212,9 3.262,2 1.187,1 - Minori Spese nette -5.439,5 -4.650,5 3.316,0 Nota: DL 35, 54, 63,69,76,101,102, 104,120, 133 del 2013 e legge di stabilità 2014. Fonte: elaborazioni sulle Relazioni tecniche ai provvedimenti.
  • 38. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 9 L’ANDAMENTO DELLA SPESA E DELLE ENTRATE 7. Nel 2013, dopo un biennio di riduzione, le uscite primarie correnti sono tornate a crescere (tavola 5). L’incremento (+1,3 per cento) è stato superiore alla precedente diminuzione (-0,5 per cento). Il risultato è stato determinato, oltre che dalla prosecuzione della tendenza alla crescita della spesa per prestazioni sociali (+2,7 per cento), dall’aumento delle altre uscite correnti (+5,6 per cento), che erano invece diminuite di oltre 6 miliardi nel biennio 2011-2012. E’ di contro proseguita la flessione della spesa per redditi (-0,7 per cento) e per consumi intermedi (-1,4 per cento). Nel contempo è tornata a scendere la spesa per interessi, registrando una flessione del 5,1 per cento e riducendosi di due decimi di punto in quota di Pil. Nuove contrazioni hanno interessato la spesa in conto capitale, diminuita lo scorso anno di oltre 6 miliardi (-13 per cento). La riduzione è stata maggiore per i contributi e i trasferimenti in conto capitale (-18 per cento circa per entrambe le componenti), mentre gli investimenti pubblici sono scesi del 9,2 per cento. TAVOLA 5 LA SPESA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE 2010 2011 2012 2013 2012 2013 Redditi da lavoro dipendente 172.002 168.415 165.165 164.062 -1,9 -0,7 Consumi intermedi 135.726 135.726 131.858 130.065 -2,8 -1,4 Pensioni e altre prestazioni 298.418 304.211 311.119 319.525 2,3 2,7 Altre spese correnti 63.802 59.037 57.466 60.709 -2,7 5,6 Totale spese correnti al netto interessi 669.948 667.389 665.608 674.361 -0,3 1,3 Interessi passivi 71.153 78.397 86.474 82.043 10,3 -5,1 Totale spese correnti 741.101 745.786 752.082 756.404 0,8 0,6 Investimenti fissi 33.424 31.985 29.932 27.166 -6,4 -9,2 Contributi c/capitale 17.850 18.137 17.564 14.312 -3,2 -18,5 Altri trasferimenti 1.562 -1.442 1.295 1.058 -189,8 -18,3 Totale spese in conto capitale 52.836 48.680 48.791 42.536 0,2 -12,8 Totale spese primarie 722.784 716.069 714.399 716.897 -0,2 0,3 Totale spese 793.937 794.466 800.873 798.940 0,8 -0,2 Milioni di € Variazioni % Fonte: Istat, cit. Nel confronto con i valori programmatici, anche nel 2013 la spesa totale è risultata al di sotto delle stime (tavola 6). Un risultato, apparentemente, di grande rilievo, tanto più se si considera che, nel suo valore di facciata, la manovra di finanza pubblica ha fornito un impulso addizionale alle uscite del bilancio pubblico per quasi 6 miliardi di euro. La valutazione sui risparmi conseguiti nel confronto con le indicazioni
  • 39. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 10 programmatiche deve, però, considerare come si sia mancato di conseguire l’annunciata ricomposizione della spesa in favore della componente in conto capitale. La differenza fra valori effettivi e programmati delle uscite in conto capitale (quasi 13 miliardi rispetto al DEF 2013, oltre 8 miliardi nel confronto con la Nota di aggiornamento) spiega, infatti, per intero, i risparmi conseguiti. La spesa primaria corrente è invece rimasta al di sopra delle attese, con l’unica eccezione, peraltro poco rilevante nella dimensione, della componente per prestazioni sociali. Nel totale, il dato effettivo di spesa corrente mostra un importo più elevato di quasi 3 miliardi rispetto al DEF, mentre lo scostamento dal preconsuntivo contenuto nella Nota di aggiornamento è di oltre 1,5 miliardi. Se rapportate all’esperienza storica e se considerate nei valori reali, le dinamiche della spesa corrente restano comunque particolarmente contenute. Il rallentamento della spesa corrente sembrerebbe avere assunto caratteri di strutturalità. Ciò, fondamentalmente, per due motivi. In primo luogo, continuano a registrarsi flessioni di componenti, come la spesa per redditi, che nel passato sono state tipicamente trainate da fattori di inerzia, irrigidendo la gestione del bilancio. In secondo luogo, all’interno della spesa corrente, è stata molto più pronunciata che in passato la crescita della componente destinata al sostegno della disoccupazione, Si consideri, al riguardo, che le voci “indennità di disoccupazione” e “CIG” spiegano quasi il 14 per cento dell’aumento registrato dalla spesa primaria corrente fra il 2007 e il 2013, a fronte di un peso, sullo stesso aggregato, inferiore al 2 per cento. Evidentemente, sono queste dinamiche di spesa che si invertiranno in presenza di un rafforzamento del ciclo economico. L’accresciuta rilevanza degli interventi a sostegno della disoccupazione è, inoltre, in linea col nuovo modello di governance europeo, basato sulla conservazione del pareggio strutturale di bilancio. Nel complesso, gli andamenti di spesa corrente del 2013 non sembrano aver pregiudicato i progressi realizzati negli anni precedenti, in termini di riduzione del grado di inerzia di alcune componenti e di recupero della funzione anticiclica di una parte del bilancio pubblico. Permane, di contro, la preoccupazione sulla continua flessione della spesa in conto capitale, che continua a garantire il rispetto degli obiettivi di saldo, pregiudicando però, in tal modo, il mantenimento e il rinnovamento del capitale infrastrutturale del paese.
  • 40. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 11 TAVOLA 6 GLI SCOSTAMENTI DELLA SPESA DAI VALORI PROGRAMMATICI (MILIONI DI EURO) Risultato effettivo (1) NTI Legge stabilità 2014 (2) Nota Agg. DEF 2013 (3) DEF 2013 (4) (1)-(2) (1)-(3) (1)-(4) Redditi da lavoro dipendente 164.062 164.258 164.172 163.587 -196 -110 475 Consumi intermedi 130.065 129.135 129.580 128.561 930 485 1.504 Pensioni e altre prestazioni 319.525 320.549 320.549 319.920 -1.024 -1.024 -395 Altre spese correnti 60.709 58.045 58.451 59.309 2.664 2.258 1.400 Totale spese correnti al netto interessi 674.361 671.986 672.752 671.377 2.375 1.609 2.984 Interessi passivi 82.043 83.949 83.949 83.892 -1.906 -1.906 -1.849 Totale spese correnti 756.404 755.935 756.701 755.269 469 -297 1.135 Totale spese in conto capitale 42.536 50.084 50.918 55.297 -7.548 -8.382 -12.761 Totale spese finali netto interessi 716.897 722.070 723.670 726.674 -5.173 -6.773 -9.777 Totale spese complessive 798.940 806.019 807.618 810.566 -7.079 -8.678 -11.626 Valori DIfferenze Fonte: Istat cit. e documenti programmatici. 8. Anche nel 2013 le maggiori criticità del bilancio pubblico si sono manifestate dal lato delle entrate. É stata registrata una diminuzione in valore assoluto dello 0,3 per cento nell’aggregato e dell’1 per cento nella sola componente tributaria (tavola 7). Nella serie storica degli ultimi cinquant’anni, una caduta delle entrate totali si era verificata solo nel 2009, in coincidenza con la grande recessione dell’economia mondiale. Sull’inattesa riduzione delle entrate tributarie correnti hanno pesato gli andamenti delle imposte indirette (-3,6 per cento) e dei contributi sociali (-0,5 per cento), solo parzialmente compensati dall’aumento delle imposte dirette (0,6 per cento) e delle altre entrate correnti non tributarie (4,9 per cento). Rispetto alle iniziali proiezioni programmatiche sono mancati all’appello quasi 14 miliardi di gettito (tavola 8). Gi scostamenti, si sono ridimensionati con la predisposizione dei successivi documenti, ma sono rimasti consistenti. Il confronto con la Nota Tecnico-Illustrativa alla legge di stabilità 2014, che incorpora anche gli effetti di riduzione delle imposte indirette associati all’eliminazione della seconda rata dell’IMU sulla prima casa, evidenzia il permanere di una differenza ancora superiore a 7 miliardi di euro.
  • 41. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 12 TAVOLA 7 LE ENTRATE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE 2010 2011 2012 2013 2012 2013 Totale entrate tributarie correnti 443.933 448.017 471.505 464.299 5,2 -1,5 Imposte dirette 226.050 226.366 237.132 238.452 4,8 0,6 Imposte indirette 217.883 221.651 234.373 225.847 5,7 -3,6 Contributi sociali 213.828 216.499 215.967 214.977 -0,2 -0,5 Altre entrate correnti non tributarie 60.123 60.149 60.188 63.130 0,1 4,9 Totale entrate correnti 717.884 724.665 747.660 742.406 3,2 -0,7 Imposte in conto capitale 3.497 6.981 1.551 4.147 -77,8 167,4 Entrate in conto capitale non tributarie 2.637 3.708 4.306 5.066 16,1 17,6 Totale entrate in conto capitale 6.134 10.689 5.857 9.213 -45,2 57,3 TOTALE ENTRATE 724.018 735.354 753.517 751.619 2,5 -0,3 Variazioni %Milioni di € Fonte: Istat, cit. TAVOLA 8 GLI SCOSTAMENTI DELLE ENTRATE DAI VALORI PROGRAMMATICI (MILIONI DI EURO) Risultato effettivo (1) NTI Legge stabilità 2014 (2) Nota Agg. DEF 2013 (3) DEF 2013 (4) (1)-(2) (1)-(3) (1)-(4) Imposte dirette 238.452 233.849 233.827 235.836 4.603 4.625 2.616 Imposte indirette 225.847 235.288 235.287 241.181 -9.441 -9.440 -15.334 Contributi sociali 214.977 218.190 218.167 220.420 -3.213 -3.190 -5.443 Altre entrate correnti non tributarie 63.130 61.536 61.536 60.418 1.594 1.594 2.712 Totale entrate correnti 742.406 748.863 748.817 757.855 -6.457 -6.411 -15.449 Imposte in conto capitale 4.147 3.199 3.199 824 948 948 3.323 Entrate in conto capitale non tributarie 5.066 6.881 6.880 6.479 -1.815 -1.814 -1.413 Totale entrate in conto capitale 9.213 10.080 10.079 7.303 -867 -866 1.910 Totale entrate 751.619 758.943 758.896 765.158 -7.324 -7.277 -13.539 Valori DIfferenze Fonte: Istat cit. e documenti programmatici. L’andamento del gettito ha riflesso l’operare di diversi fattori. In senso sfavorevole hanno influito il prolungamento della recessione e la conseguente erosione delle basi imponibili; in direzione di una ricomposizione hanno agito le manovre adottate nel corso dell’anno, che hanno spostato, sia pur temporaneamente, il peso fiscale dall’imposizione indiretta (eliminazione dell’IMU sull’abitazione principale e
  • 42. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 13 rinvio dell’aumento dell’aliquota ordinaria IVA) all’imposizione diretta (aumento degli acconti di imposta); nel senso di un rafforzamento, infine, hanno agito le manovre degli anni passati, a seguito delle quali hanno operato misure di incremento delle entrate pari, al loro valore di facciata, a circa 4,4 miliardi di euro (grafico 4). L’intervento discrezionale sul gettito è dunque rimasto consistente, anche se in forte ridimensionamento rispetto al livello record toccato nel 2012 (oltre 40 miliardi). Gli effetti delle manovre succedutesi in questi anni determineranno un aumento discrezionale di gettito anche nel 2014 (poco oltre 2 miliardi); solo nel 2015 il segno si invertirebbe (-1,5 miliardi). Più in generale, si deve osservare come la flessione del gettito, se da una parte ha reso più difficile il conseguimento degli obiettivi di saldo, dall’altra ha permesso di avviare una prima riduzione della pressione fiscale, scesa, nel 2013, di due decimi di punto. In tal modo, l’andamento delle entrate è tornato, lo scorso anno, a svolgere una funzione stabilizzatrice del ciclo economico, ruolo sacrificato, nel 2012, alle esigenze dell’emergenza finanziaria. GRAFICO 4 L’EFFETTO DELLE MANOVRE SUL GETTITO FISCALE (VALORI DI FACCIATA, MILIARDI DI EURO) -5.000 0 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Fonte: Relazioni tecniche. IL QUADRO PER IL 2014 9. I risultati conseguiti nel 2013, pur contrassegnati dal pieno rispetto degli obiettivi di saldo, trasmettono al 2014 un’eredità impegnativa. Sia le modalità che hanno portato a stabilizzare l’indebitamento al 3 per cento, sia le condizioni di contesto in cui è maturata la definizione del percorso programmatico, potranno, infatti, difficilmente ripetersi. Una prima difficoltà nasce, quasi paradossalmente, dal miglioramento del ciclo economico. Anche se gli andamenti del primo trimestre sono rimasti al di sotto delle attese, l’insieme degli indicatori disponibili mostra un rafforzamento prospettico dei livelli di attività e le previsioni disponibili convergono nello stimare per quest’anno una variazione positiva del Pil, dopo la contrazione registrata nel 2012-2013. Verranno quindi progressivamente meno quei margini presenti nel 2013 e che, a fronte di un
  • 43. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 14 output gap in aumento, hanno consentito di allentare il percorso programmatico. Il tema è analiticamente complesso e ad esso il presente Rapporto dedica uno specifico capitolo di approfondimento. L’inasprimento del vincolo europeo è però ben evidente nella predisposizione del nuovo quadro programmatico contenuto nel DEF 2014. Il Documento delinea un percorso tendenziale particolarmente virtuoso, con un disavanzo che, a fine periodo, scenderebbe allo 0,3 per cento del Pil, un livello equivalente a quello del 1960 e il più basso dal 1946 a oggi (grafico 5). Ciò nonostante, per garantire il rispetto degli obiettivi di indebitamento strutturale vi è la necessità di apportare una ulteriore manovra correttiva, che il DEF quantifica in tre decimi di punto in quota di Pil nel 2015 e in sei decimi di punto nel 2016. A seguito di questa correzione, il sentiero programmatico prevede il conseguimento, nel 2018, di un attivo di bilancio, un risultato che l’Italia non realizza dal lontano 1925 e che, dall’anno dell’unificazione, ha conseguito solo 16 volte. Ciò deriva dal fatto che in fasi di ciclo positivo, quale è quella attesa, il mantenimento di un pareggio strutturale implica, necessariamente, la realizzazione di avanzi nominali di bilancio, che dovranno essere tanto più ampi quanto più robusta dovesse rivelarsi l’espansione del Pil. Per la politica di bilancio italiana, una vera e propria rivoluzione. GRAFICO 5 INDEBITAMENTO TENDENZIALE E PROGRAMMATICO PER GI ANNI 2014-2018 (% DI PIL) -3 -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 2014 2015 2016 2017 2018 Tendenziale Programmatico Fonte: DEF 2014. All’interno di questo percorso, lungo il quale occorrerà comunque avviarsi, la legge costituzionale offre alcuni margini di flessibilità, che il Governo ha già deciso di utilizzare. Considerando le circostanze recessive eccezionali ereditate del 2013, è stata ottenuta dal Parlamento l’autorizzazione a rinviare al 2016 il raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio. L’adozione di un ampio ventaglio di riforme economiche e istituzionali e un diverso passo imposto alla loro realizzazione costituiscono, nella valutazione del Governo, i presupposti capaci di dare credibilità a questa scelta in sede europea. Si ritiene, in tal modo, di poter superare i rilievi sul mancato rispetto, per quest’anno, del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio
  • 44. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 15 termine, che la Commissione ha già espresso lo scorso ottobre, nella sua analisi sul Documento di bilancio. 10. Un secondo tema che il 2013 lascia in eredità al corrente anno è quello della composizione dell’aggiustamento. Negli andamenti del 2013 e nel confronto con i valori programmatici, l’equilibrio di bilancio è stato preservato attraverso una riduzione della spesa, che ha compensato la diminuzione registrata dal gettito tributario. La sostituzione fra spese ed entrate non è stata però virtuosa: contrariamente alle attese, il ridimensionamento delle uscite ha, infatti, interessato la solo componente in conto capitale. Inoltre, nella legislazione vigente, e prima dell’approvazione del DL 66/2014, l’impostazione della manovra di finanza pubblica non accoglie l’esigenza di costruire un bilancio pubblico con meno spese e meno entrate. Al contrario, i provvedimenti adottati nel 2013 (vedi tavola 4) determinano un aumento della dimensione della spesa e delle entrate, per, rispettivamente, 4,6 e 3,3 miliardi. Il DL 66 sposa un’impostazione diversa, finanziando il bonus fiscale con una revisione della spesa corrente. Rafforzare questa direzione di marcia permetterebbe di compiere quella scelta decisa, in termini di ricomposizione del bilancio pubblico, che ha mancato di concretizzarsi nel corso del 2013. Anche questo passaggio costituirebbe, per la politica di bilancio italiana, un’innovazione fondamentale. 11. Nella legislazione vigente, la manovra di finanza pubblica conserva, anche nel 2014, una stance restrittiva, ma di lieve entità (0,2 per cento del Pil, grafico 3); dal lato delle entrate, sono in vigore misure di aumento per 2 miliardi (grafico 4). Nel confronto con il passato biennio, l’impostazione della manovra di bilancio si avvicina, dunque, alla soglia di neutralità, una condizione propedeutica al consolidamento del ciclo economico. Non si può, tuttavia, mancare di considerare come il potenziale di sviluppo dell’economia italiana si sia, in questi anni di crisi, fortemente ridimensionato. Lo testimoniano gli stessi valori programmatici di crescita, del tutto insufficienti a prefigurare un ritorno del prodotto ai livelli pre-crisi. In presenza di vincoli stringenti sui livelli di indebitamento, una spinta alle prospettive di sviluppo può venire dall’effettiva attuazione di un percorso di riforme ad ampio spettro, volto a rimuovere le cause del differenziale di crescita che penalizza, da molti anni, l’economia italiana nel confronto internazionale. Una simile azione potrà consentire, già nel 2014, di conciliare più facilmente gli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica e di rafforzamento dl ciclo economico. IL PAREGGIO STRUTTURALE DEL BILANCIO E IL PERCORSO DI RIENTRO DELL’ITALIA Le nuove regole europee 12. Le nuove regole europee, accolte nel dettato costituzionale italiano con la legge 243/2012, fissano gli obiettivi di indebitamento pubblico non più in termini nominali, ma nei valori cosiddetti strutturali. Questi ultimi sono ricavati sottraendo al saldo di bilancio, oltre alle componenti una tantum, la componente ciclica, ossia quella
  • 45. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 16 parte attribuibile alle oscillazioni dell’economia intorno al tasso di crescita potenziale. Dal punto di vista metodologico l’applicazione delle nuove regole richiede, dapprima di calcolare lo scostamento fra i livelli del Pil potenziale e del Pil effettivo (output gap), poi di misurare l’impatto di tale scostamento sul saldo di bilancio. Il riquadro “La metodologia europea per il calcolo del saldo strutturale” fornisce una illustrazione di dettaglio sulla metodologia usata, a tal fine, dalla Commissione europea e adottata dai paesi dell’Eurozona. Dal punto di vista del funzionamento, le regole europee operano imponendo il vincolo di un saldo strutturale in pareggio. Per definizione, questo comporta che le uniche variazioni ammesse nel livello del bilancio pubblico siano quelle di natura ciclica, indotte dal funzionamento degli stabilizzatori automatici. Salvo specifiche eccezioni, ciò implica che eventuali politiche discrezionali possano essere attuate soltanto attraverso una ricomposizione del bilancio, non per il tramite di un intervento sul saldo. All’interno della nuova governance europea, il tema di una diversa distribuzione della risorse, per livelli dati di indebitamento nominale, si appresta a divenire centrale. In espansione, quando gli stabilizzatori automatici operano in direzione di un rafforzamento del bilancio (tramite, ad esempio, un aumento del gettito o una riduzione della spesa per ammortizzatori sociali) l’indebitamento nominale dovrà costantemente migliorare in quota di Pil. Per l’Italia, secondo la misura di elasticità del bilancio pubblico al ciclo economico utilizzata dalla Commissione, la dimensione del miglioramento deve essere pari a 0,55 punti per ogni punto di riduzione dell’output gap. Non sono previsti limiti superiori a questo meccanismo: in presenza di un ciclo espansivo molto lungo, il saldo di bilancio potrebbe raggiungere valori positivi anche elevati. In recessione, è ammesso il movimento opposto, per cui il saldo di bilancio nominale può peggiorare. In questo caso vi è, però, un limite inferiore: il disavanzo non può oltrepassare il 3 per cento del Pil, il primigenio parametro del Trattato di Maastricht. In ogni caso, non è ammessa una deviazione eccessiva dall’obiettivo di medio termine. Il meccanismo funziona a partire dal momento in cui viene conseguito il pareggio del saldo strutturale. Ai paesi che, come l’Italia, ancora non hanno raggiunto questo obiettivo, è imposto un percorso di rientro, che richiede livelli minimi di correzione anche in presenza di un approfondimento dell’ouptut gap. Quando ciò si verifica, la politica di bilancio assume un orientamento pro-ciclico. L’aggiustamento minimo richiesto all’Italia è di almeno 0,5 punti annui. E’ possibile rinviare tale aggiustamento, ma solo nel caso sia possibile invocare la presenza di “circostanze eccezionali”, come fatto dal Governo italiano in considerazione della profondità raggiunta, lo scorso anno, dall’output gap. Il rinvio non fa, comunque, venir meno l’esigenza della correzione. Il DEF 2014 indica, infatti, la ripresa del percorso di rientro già a partire dal 2015.
  • 46. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 17 LA METODOLOGIA EUROPEA PER IL CALCOLO DEL SALDO STRUTTURALE La definizione di saldo strutturale. Formalmente, la metodologia opera la seguente scomposizione: 1 ) dove il saldo strutturale (Is), non osservabile, è definito come differenza fra l’indebitamento nominale (In), rilevato dalle statistiche ufficiali Istat e la sua componente ciclica (Ic), a sua volta misurata come prodotto fra l’output gap e un coefficiente di elasticità del bilancio pubblico al ciclo economico: 2) dove OG è l’output gap e μ è il coefficiente di elasticità. Nessuno di questi due termini è osservabile. Essi devono essere computati con apposita metodologia. L’output gap. Esso è definito come scostamento percentuale del Pil dal suo livello potenziale: 3) dove Y* è il prodotto potenziale, a sua volta definito attraverso la seguente funzione di produzione Cobb- Douglas: 4) Al’interno dell’equazione che definisce il prodotto potenziale, K è posto uguale al suo livello effettivo ed è dunque una variabile osservata. L e TFP sono invece stimate attraverso apposite equazioni. La stima di L. Il contenuto di lavoro all’interno di Y* è specificato nel seguente modo: 5) Dove POP è la popolazione in età di lavoro, TP e il tasso di partecipazione, NAWRU è il tasso di disoccupazione compatibile con la stabilità dell’inflazione salariale e H sono le ore lavorate. Fra queste variabili, il NAWRU non è osservabile. A parità di altre condizioni, l’input di lavoro e il prodotto potenziale saranno tanto più bassi quanto più bassi sono la popolazione in età lavorativa, il tasso di partecipazione e le ore lavorate e quanto più elevato è il valore del NAWRU. La formulazione proposta mira a cogliere diversi aspetti capaci di influire sul livello del prodotto potenziale dal lato del mercato del lavoro. In particolare, le variabili POP e TP danno misura, rispettivamente, di fattori demografici e istituzionali, mentre attraverso il NAWRU vengono distinte le componenti strutturale e ciclica della disoccupazione, essendo solo la prima a entrare nel computo del Pil potenziale. L’utilizzo del NAWRU implica che, all’interno del modello, la disoccupazione strutturale sia definita in base alla sua neutralità rispetto al tasso di inflazione, richiamando in questo modo il concetto di tasso naturale. Dal punto di vista computazionale, POP e TP sono introdotti nell’equazione come valori di trend calcolati attraverso il filtro HP, mentre il NAWRU è stimato attraverso un filtro di Kalman applicato alla curva di Phillips. Per quest’ultima viene adottata la seguente specificazione: 6) Dove w sono i salari, pr, ws e tot sono tre variabili esogene rappresentati la produttività, la quota dei salari sul valore aggiunto e le ragioni di scambio. L’equazione ammette che la dinamica salariale di equilibrio possa essere modificata da shock su queste tre componenti esogene. Per il resto, si richiede che i salari diminuiscano, in base all’elasticità β, quando il tasso di disoccupazione (u) sale al di sopra del NAWRU e
  • 47. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 18 viceversa. Il grafico seguente illustra i valori del NAWRU secondo le ultime elaborazioni della Commissione europea, ponendoli a confronto con i livelli effettivi del tasso di disoccupazione. Tra il 2000 e il 2011, il NAWRU è rimasto all’interno di un intervallo di un punto e mezzo, compreso fra un massimo del 9 per cento e un minimo del 7,5 per cento. Nel biennio 2012-2013 si osserva invece un balzo di due punti, che porta al valore di massimo del periodo, pari al 10.4 per cento. Nel confronto con il tasso di disoccupazione, tra il 2004 e il 2011, il NAWRU si è collocato al di sopra di quest’ultimo, indicando condizioni di tensione sul mercato del lavoro. Uno stato di sotto occupazione si osserva solo nei periodi 2000-2002 e 2012-2013. ITALIA: NAWRU E TASSO DI DISOCCUPAZIONE Fonte: Fonte: Commissione europea, Spring forecasts 2014,banca dati Ameco e Istat. La stima di TFP. La TFP è il residuo della funzione di produzione, che viene canonicamente considerato come una misura di efficienza del sistema. Per scomporre la componente di trend da quella ciclica, si utilizza la seguente definizione: 7) dove il primo termine è il prodotto ponderato dell’efficienza del lavoro e del capitale, mentre il secondo termine misura il grado di utilizzo dei due fattori. L’idea è che, dato un trend di lungo periodo dell’efficienza produttiva, questo assuma oscillazioni cicliche misurabili attraverso il grado di utilizzo dei fattori. Dal momento che il NAWRU fornisce già una misura di utilizzo del lavoro, nella stima la componente ciclica di TFP viene espressa rispetto al grado di utilizzo del capitale, secondo una relazione identificata attraverso un filtro di Kalman. L’andamento filtrato della TFP è riportato, su scala logaritmica, nel grafico 2. Secondo questa elaborazione, l’efficienza dell’economia italiana sarebbe aumentata fra il 2000 e il 2004, per poi diminuire nel biennio 2005-2006. Fra il 2007 e il 2010 si sarebbe avuta una stabilizzazione, che ha lasciato il posto, nell’ultimo triennio (2011-2013), a un’accentuata flessione. A fine periodo, il livello della TFP risulterebbe comunque superiore a quello dell’inizio del passato decennio.
  • 48. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 19 ITALIA: LIVELLI DI TFP (LOGARITMI) -7.1280 -7.1270 -7.1260 -7.1250 -7.1240 -7.1230 -7.1220 -7.1210 -7.1200 20002001200220032004200520062007200820092010201120122013 Fonte: Commissione europea, Spring forecasts 2014, banca dati Ameco e Istat. L’elasticità al ciclo del bilancio pubblico. Come abbiamo visto, la sensibilità al ciclo del bilancio pubblico è misurata attraverso un unico parametro basato sul concetto di semi- elasticità, applicato direttamente alla misura dell’output gap. Questa formulazione, estremamente semplice, nasconde un lavoro di maggior dettaglio fatto sulle singole voci del bilancio e sulle loro determinanti macroeconomiche. Dalle singole elasticità è ricavato un valore medio (pari per l’Italia a 0,55), che rappresenta il parametro µ utilizzato per misurare la componente ciclica del bilancio pubblico italiano. Le entrate sono la parte del bilancio pubblico che risponde maggiormente alle oscillazioni del ciclo. La metodologia ripresa dall’Ocse contempla una misurazione dell’elasticità delle entrate rispetto alle varie basi imponibili. L’elasticità è superiore a 1 nel caso di imposte sul reddito che abbiano una struttura progressive, mentre è indicata pari o vicina all’unità per le tasse sui profitti e per le imposte indirette. Nel caso dei contributi sociali, viene misurata un’elasticità inferiore a 1. Dal lato delle spese, la componente ciclica è molto meno pronunciata per l’insieme dei paesi europei e sostanzialmente nulla per l’Italia, dove le risorse per il sostegno della disoccupazione sono state, in passato, molto basse. Simulazioni numeriche 13. Una rappresentazione degli ipotetici valori di indebitamento nominale ammessi sotto la nuova regola europea è riportata nel grafico 1, dove è stato considerato l’intervallo di output gap effettivamente misurato dalla Commissione per l’Italia nel periodo 1965-2013 (compreso fra un minimo di -4,5 per cento toccato nel 1965 e un massimo di 3,3 per cento raggiunto nel 1989; nel 2013 l’ouput gap si è collocato in prossimità del minimo storico, su un livello del 4,3 per cento). Considerando questo intervallo di oscillazione come rappresentativo anche del ciclo economico futuro, l’indebitamento nominale italiano potrebbe risultare compreso, sotto l’operare delle regole europee, fra un disavanzo massimo del 2,5 per cento del Pil e un
  • 49. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 20 surplus di quasi il 2 per cento. Con riferimento al primo valore, si può osservare come il limite del 3 per cento risulti quindi già “superato” nel funzionamento della regola. Con riferimento ai valori di surplus, si può osservare come il valore di massimo riportato nel grafico (1,9 per cento) sia molto vicino al dato del 1925, quando l’indebitamento nominale italiano registrò un avanzo dell’1,7 per cento, il più elevato della serie storica dall’Unità a oggi. Va altresì osservato che, in oltre 150 anni, il bilancio pubblico italiano è stato in surplus solo 16 volte, l’ultima delle quali proprio nel 1925. GRAFICO 1 MASSIMI VALORI DI INDEBITAMENTO NOMINALE AMMESSI IN PRESENZA DI DIVERSI LIVELLI DI OUTPUT GAP -3 -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2 2.5 -4.5 -4 -3.5 -3 -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 Indebitamentonominaleammesso Output gap Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea, banca dati Ameco. Venendo al saldo strutturale, il grafico 2 ne riporta l’andamento di lungo periodo, calcolato applicando alla serie storica dell’indebitamento del Fmi i valori di output gap elaborati dalla Commissione. La ricostruzione è possibile per il periodo 1965-2013. In questo lungo arco di tempo il saldo strutturale è stato in pareggio solo nel 1966 ed è rimasto al di sopra dello 0,5 per cento solo nel 1965 e nel 2013. A seguito della forte correzione impressa nel passato biennio, l’attuale livello di indebitamento strutturale è pertanto già molto basso nella prospettiva storica. Per gli anni a venire, la regola europea impone un suo ulteriore ridimensionamento.
  • 50. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 21 GRAFICO 2 SALDO STRUTTURALE DELL’ITALIA: UNA PROSPETTIVA DI LUNGO PERIODO -14.0 -12.0 -10.0 -8.0 -6.0 -4.0 -2.0 0.0 2.0 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Fonte: Elaborazioni su dati Fmi e Commissione europea, banca dati Ameco. Il grafico 3 offre un’ulteriore evidenza, illustrando la relazione venutasi a determinare, nel periodo 2011-2016, fra le variazioni dell’output gap e del saldo strutturale. Queste ultime rappresentano l’indicatore ufficiale della stance di politica di bilancio utilizzata dalla Commissione. I dati sono ripresi dal DEF e rappresentano, per il 2014-2016 il percorso programmatico tracciato dal governo. La manovra di finanza pubblica ha una stance restrittiva (segno negativo) per tutto il periodo, indipendentemente dal fatto che la fase ciclica sia recessiva (2012-2013). La manovra di finanza pubblica è dunque stata fortemente pro-ciclica nel 2012-2013, è attesa divenire anti-ciclica nel 2014-2015, dovrebbe essere neutrale nel 2016 (quando verrebbe raggiunto il pareggio strutturale). GRAFICO 3 VARIAZIONI DELL’OUTPUT GAP E STANCE DI POLITICA FISCALE -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2012 2013 2014 2015 2016 Variazioni ouput gap Variazioni saldo strutturale del bilancio pubblico Fonte: elaborazioni su dati DEF 2014.
  • 51. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 22 L’evidenza mostra come l’adozione di una regola di pareggio del saldo strutturale possa tradursi in una rivoluzione copernicana per la politica di bilancio italiana. Per la prima volta, si eserciterà infatti un vincolo stringente nelle fasi espansive del ciclo, imponendo la realizzazione di avanzi di bilancio che potrebbero avvicinare il 2 per cento del Pil. Le variazioni del saldo, inoltre, potranno essere determinate solo dall’azione degli stabilizzatori automatici, mentre interventi di natura discrezionale potranno essere realizzati soltanto attraverso una ricomposizione del bilancio pubblico. La disciplina è rafforzata verso il basso, nel senso che, anche in fasi recessive, l’indebitamento non potrà comunque superare il 3 per cento del Pil. Abbiamo inoltre osservato come, nonostante le attuali condizioni della finanza pubblica italiana siano, in termini di saldo strutturale, le migliori dalla metà dagli anni Sessanta, esse ancora non soddisfino il criterio europeo del pareggio. Uno sforzo correttivo aggiuntivo di mezzo punto di Pil (0,8 decimi secondo le ultime proiezioni della Commissione) è ancora necessario. Il valore è apparentemente piccolo, ma occorre considerare che nel passato triennio è già stata realizzata una correzione di 3 punti; il costo marginale di una nuova manovra potrebbe rivelarsi elevato. Nel nuovo impianto di governance europea, la stringenza del vincolo di bilancio per il nostro paese non si esercita, quindi, solo nel funzionamento a regime della regola, quanto nel fatto che, proprio per andare a regime, ossia per pareggiare il saldo strutturale, viene richiesto un aggiustamento in presenza di un output gap ancora profondamente negativo e di livelli di disoccupazione collocati su valori di massimo storico. Simulazioni econometriche Per meglio inquadrare la questione dal punto di vista quantitativo, sono state condotte alcune simulazioni econometriche, volte a misurare l’impatto di shock favorevoli di crescita sul percorso di rientro del saldo strutturale. Sono stati effettuati, a tal fine, tre esercizi con il modello econometrico del CER, adattato per incorporare la metodologia di calcolo dell’output gap utilizzata dalla Commissione. Gli shock considerati sono i seguenti: shock 1: rimodulazione del bilancio pubblico secondo le indicazioni contenute nel programma #lasvoltabuona; shock 2: adozione di misure di incentivazione degli investimenti in ricerca e sviluppo; shock 3: riforma del mercato del lavoro e dei prodotti; Il primo shock simula gli effetti di un ampio spettro di misure di espansione del bilancio pubblico (bonus 80 euro, riduzione IRAP, investimenti in edilizia scolastica, ulteriori pagamenti debiti PA), coperti attraverso tagli di spesa, introiti associati a rientro capitali, maggiore Iva generata dal pagamento debiti PA, aumento tassazione sulle rendite finanziarie e incremento di altre entrate in conto capitale. Nello svolgimento dell’esercizio si è, inoltre, supposto che i tagli di spesa colpiscano effettivamente fenomeni di spreco e che, di conseguenza, essi possano favorire un aumento di efficienza della PA. Assimilando questo aumento di efficienza a un incremento della produttività, l’esercizio incorpora una riduzione della dinamica del deflatore dei consumi pubblici rispetto allo scenario di base. Per tutto il periodo
  • 52. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 23 considerato, è stato imposto il vincolo dell’invarianza del saldo nominale, per cui le misure di tipo espansivo hanno sempre, nell’esercizio, una piena copertura. E’ stata così simulata una manovra di ricomposizione del bilancio pubblico che genera i suoi effetti espansivi non attraverso la variazione del saldo, ma per l’operare di valori diversi dei moltiplicatori fiscali. In particolare, nell’esercizio, risultano più elevati i valori dei moltiplicatori dell’imposizione diretta e degli investimenti pubblici (che agiscono in senso espansivo) rispetto a quelli delle entrate in conto capitale e della tassazione sulle rendite finanziarie (che incidono invece in senso restrittivo). L’effetto demoltiplicativo delle riduzioni di spesa è invece attenuato dal ricordato miglioramento di efficienza della macchina amministrativa. Il secondo shock è molto più semplice. L’impulso è trasmesso da un aumento delle agevolazioni fiscali concesse agli investimenti in R&S, che genera un maggiore indebitamento iniziale. Il canale di trasmissione è rappresentato da un aumento della produttività del lavoro, innescato dai maggiori investimenti in ricerca. L’esercizio simula, dunque, un’espansione del bilancio pubblico, ossia un impulso di domanda, che genera però effetti virtuosi diretti sul lato dell’offerta. Il terzo shock misura gli effetti di un programma di riforme volto a rendere più efficiente il funzionamento del mercato del lavoro e dei prodotti. Gli effetti sulla domanda di questo programma sono stati ricavati dal DEF 2014 (tavola III.8 del Programma di stabilità). Ad esso si è aggiunto un impulso diretto sulla produttività totale dei fattori (TFP), pari all’1 per cento nel primo anno di simulazione e allo 0,2 per cento nei successivi periodo. La considerazione di un aumento di TFP è giustificata dalla natura stessa di un programma di efficientamento dei mercati, che ha fra i suoi obiettivi proprio quello di accrescere la produttività del sistema. Per altro verso, lo shock su TFP serve per adattare l’esercizio alla logica del modello di determinazione dell’output gap adottato dalla Commissione europea. In questo modello, il Pil potenziale costituisce una funzione ritardata del Pil effettivo. Impulsi che agiscono sulle sole componenti di domanda hanno quindi, per costruzione, effetti maggiori sul Pil effettivo che sul Pil potenziale, determinando una riduzione dell’output gap e, a parità di indebitamento nominale, un peggioramento del saldo strutturale. Considerare uno shock diretto su TFP consente di aumentare direttamente il Pil potenziale e di superare questo limite. I risultati degli esercizi in termini di crescita, output gap, indebitamento nominale e saldo strutturale sono stati confrontati con il profilo programmatico assunto nel DEF 2014. La crescita. Tutte le simulazioni conducono a una maggiore crescita, anche se con tempi e intensità diverse. E’ interessante osservare come una manovra di ricomposizione del bilancio pubblico avrebbe effetti del tutto analoghi a quelli associabili a un programma di riforma dei mercati. In entrambi i casi, a fine periodo il livello del Pil effettivo risulterebbe superiore di un punto e mezzo rispetto al scenario di base. Il primo shock ha inoltre effetti più rapidi, mentre gli impulsi dello shock 3 tendono ad aumentare nella seconda parte del periodo di simulazione. Allo shock 2 è riconducibile un aumento di crescita di entità più modesta (0,5 punti a fine periodo). A questi andamenti corrispondono differenze significative in termini di output gap (grafico 5). Il vuoto di prodotto si riduce nel caso degli shock 1 e 2. La ragione è quella indicata in precedenza. Anche se significativa (come nello shock 1), un’accelerazione della crescita che passa attraverso le componenti di domanda
  • 53. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 24 trasmette impulsi ritardati sul Pil potenziale. Lo stesso avviene se un miglioramento dal lato dell’offerta, come quello che si ha nel caso di un aumento della produttività del lavoro, aumenta la crescita attraverso un rafforzamento delle componenti della domanda (nel caso dello shock 2, investimenti ed esportazioni). L’output gap aumenta, invece, nello shock 3, che agisce direttamente sul Pil potenziale. Equivalenti in termini di impulsi trasmessi alla crescita effettiva, gli shock 1 e 3 si differenziano, quindi, per avere effetti opposti sul livello di output gap. GRAFICO 4 VARIAZIONI CUMULATE DEL PIL SOTTO DIVERSI SHOCK 100.0 101.0 102.0 103.0 104.0 105.0 106.0 107.0 108.0 t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5 Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3 Fonte: modello econometrico CER. GRAFICO 5 LIVELLI DELL’OUTPUT GAP SOTTO DIVERSI SHOCK -5.0 -4.0 -3.0 -2.0 -1.0 0.0 1.0 2.0 t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5 Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3 Fonte: modello econometrico CER.
  • 54. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 25 L’indebitamento e il saldo strutturale. Il grafico 6 riporta i risultati delle simulazioni per l’indebitamento nominale. Non si osservano scostamenti significativi rispetto allo scenario di base. Nel caso dello shock 1 la differenza è nulla per costruzione; negli altri esercizi l’indebitamento migliora lievemente, con un avanzo, a fine periodo, superiore di un decimo di punto rispetto allo scenario programmatico. Molto più importanti sono gli effetti sul saldo strutturale (grafico 7). Quest’ultimo aumenta nel caso dei primi due esercizi, allontanandosi dal pareggio. Particolarmente rilevante è l’allontanamento dall’obiettivo del pareggio nel caso del primo shock. Trova così una misurazione compiuta il fatto, già evidenziato, che all’interno del nuovo modello di governance europea il miglioramento delle condizioni di crescita non allevia il vincolo di finanza pubblica imposto attraverso il pareggio del saldo strutturale. Rispetto a uno scenario di base, è necessario che a una crescita più robusta corrispondano miglioramenti più robusti del saldo nominale, un risultato a cui sarebbe possibile giungere lasciando operare pienamente gli stabilizzatori automatici del bilancio pubblico. Il saldo strutturale migliora invece, sensibilmente, nel caso del terzo shock, passando in attivo già al tempo t+2. In questo caso, si aprirebbe quindi lo spazio per una manovra espansiva del bilancio, volta ad avvicinare, ma in questo caso dall’alto, l’obiettivo del pareggio. Ciò significa che, all’interno dello schema europeo, una discrezionalità sul livello dell’indebitamento nominale può essere recuperata solo dopo essere riusciti a stimolare un aumento del prodotto potenziale. GRAFICO 6 VALORI DI INDEBITAMENTO NOMINALE SOTTO DIVERSI SHOCK -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5 Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3 Fonte: modello econometrico CER.
  • 55. I RISULTATI DEL 2013 E IL CONFRONTO CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 26 GRAFICO 6 VALORI DEL SALDO STRUTTURALE SOTTO DIVERSI SHOCK -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 0.2 0.4 0.6 t t+1 t+2 t+3 t+4 t+5 Baseline Shock 1 Shock 2 Shock 3 Fonte: modello econometrico CER.
  • 56. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 27 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 1. Come si è ampiamente documentato negli ultimi due “Rapporti”1 , il livello eccezionalmente elevato raggiunto dal debito pubblico costringerà nei prossimi anni la nostra finanza pubblica entro un percorso molto stretto; per alcuni lustri occorrerà mantenere consistenti avanzi primari, cioè saldi positivi fra le entrate e le spese al netto degli interessi. Altrimenti detto, la finanza pubblica preleverà dall’economia una quantità di risorse maggiore di quella che renderà in forma di beni e servizi ovvero di trasferimenti. In un contesto siffatto, la discussione intorno a quantità e qualità della spesa pubblica si fa cruciale: è opinione ormai che simili ripetuti e consistenti avanzi primari non potranno essere raggiunti attraverso incrementi di una già eccezionalmente elevata pressione fiscale, ma andranno invece perseguiti attraverso manovre di riduzione della spesa. In linea astratta, una riduzione della spesa pubblica può anzitutto partire da quelli che nel linguaggio corrente vengono chiamati “sprechi”: buona parte della produzione pubblica di beni e servizi è sottratta alle pressioni competitive; in tale situazione, è ragionevole presumere che il processo produttivo si allontani dalla frontiera efficiente, e quindi che una stessa quantità e qualità di prodotto potrebbe essere ottenuta, in un’ottica di stretta misurazione economica, con quantità minori di inputs. La difficoltà di questo approccio consiste nel fatto che non è immediatamente verificabile dove si collocherebbe la frontiera efficiente, proprio perché nella generalità dei casi si tratta di produzioni che non hanno equivalenti di mercato. Altra strada possibile è quella di ridurre la quantità di beni e servizi prodotti. Ad esempio, al principio degli anni ’90 fu assunta la decisione che il settore pubblico non si sarebbe più occupato di produzioni alimentari ovvero di servizi assicurativi di massa. In questo caso, la puntuale quantificazione dei risparmi di spesa raggiungibili è strettamente legata alle scelte politiche in ordine all’estensione dell’intervento pubblico, scelte politiche che di volta in volta possono mutare. La terza strada, quella che prevede la riduzione della qualità di beni e servizi prodotti, viene in generale esclusa, anche se in pratica talora perseguita: si pensi per esempio alle “code” che si generano per l’accesso ad alcuni servizi pubblici, e che in sostanza configurano un peggioramento del servizio prestato, spesso conseguenza della riduzione delle risorse allocate. Tutte le vie di riduzione della spesa sommariamente descritte presentano serie difficoltà di quantificazione a-priori. Ecco perché può essere utile ricorrere ai confronti internazionali: quante risorse destinano a determinate funzioni pubbliche paesi a noi simili, con i quali amiamo confrontarci e con i quali al tempo stesso competiamo sui mercati? E’ ovvio che ciascun contesto economico ed istituzionale presenta sue specificità, quindi non bisogna pretendere da tali confronti più di quanto essi possono dare. E tuttavia, in mancanza di meglio, da questi confronti è possibile almeno giungere a individuare le aree di spesa sulle quali è opportuno poi approfondire l’analisi micro- economica per giungere alle riduzioni di spesa desiderate. 1 Cfr. Corte dei conti – Sezioni Riunite in sede di controllo, “Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica”, maggio 2012, pp. 21-29, e Corte dei Conti – Sezioni Riunite in sede di controllo, “Rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica”, maggio 2013, pp. 29-44.
  • 57. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 28 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Nel presente contributo l’attenzione si volge ad un’analisi comparativa (con la media della “Europa a 15” e con i principali paesi europei, cioè Germania, Francia, Spagna e Regno Unito), non solo evidenziando i più importanti aggregati relativi alla spesa pubblica (spesa totale della PA, spesa per interessi, spesa primaria) ma prestando particolare attenzione alle statistiche della spesa pubblica secondo la classificazione COFOG (Classification of Functions of Government)2 , quale riferimento essenziale per il confronto tra i paesi europei nel quadro delle statistiche di finanza pubblica definite in termini di contabilità nazionale. 2. L’andamento della spesa pubblica complessiva rispetto al PIL, nei paesi della EU a 15 e nei principali paesi europei, per gli ultimi dieci anni disponibili (grafico 1), evidenzia una crescita per tutti i paesi considerati (e per la media EU), in particolare modo negli anni della crisi (2008-2012), ad eccezione della Germania. L’Italia, che nel 2002 presentava una quota di spesa pubblica rispetto al PIL sostanzialmente in linea con la media EU (47,1 per cento rispetto a 46,7 per cento) e di quasi un punto più bassa della Germania (47,9 per cento), si caratterizza, fino al 2008, per un aumento modesto (+1,5 per cento) che comunque mantiene la spesa al di sotto del 50 per cento del prodotto interno lordo. Negli anni successivi, in conseguenza della crisi e di una caduta del PIL3 , la quota della spesa è salita al di sopra del cinquanta per cento, raggiungendo l’apice nel 2009 (51,9 per cento) per assestarsi al 50,6 per cento nel 2012, quindi 3,5 punti percentuali superiore al 2002. Da rilevare l’importante incremento, nel periodo considerato, della spesa pubblica della Francia (da 52,9 per cento a 56,6 per cento), della Spagna (+8,9 per cento rispetto al periodo iniziale) e del Regno Unito (dal 40,9 per cento al 47,9 per cento). Va evidenziato l’andamento della spesa pubblica della Germania che, mentre avviava un sostanziale piano di riforme riguardante il welfare e il mercato del lavoro4 , ha ridotto negli anni 2003-2006 la spesa pubblica in rapporto al prodotto di più di tre punti percentuali (43,5 per cento nel 2007); ciò le ha consentito di incrementare considerevolmente, in funzione anticiclica, il livello della spesa negli anni della crisi, fino al 48,3 per cento del 2009, per poi ritornare sui suoi passi fino al 44,7 per cento nel 2012, con una riduzione complessiva di 3,2 punti percentuali nel decennio. Sostanzialmente negli anni 2002-2012 tutti i principali paesi hanno incrementato la quota della spesa pubblica sul PIL ad eccezione della Germania. 2 La classificazione COFOG, recepita nel Sistema dei conti nazionali dal Regolamento CE 113/2002, che ha emendato il SEC95, si articola in tre livelli successivi di dettaglio: Divisioni, Gruppi e Classi. 3 Tasso di crescita del PIL per i principali paesi europei: anni 2002-2012 Fonte dati: Eurostat, Gdp and mai component, percentage chenge of previous period. 4 Le riforme si sono caratterizzate per un’ampia riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali: rafforzamento del collocamento, creazione dei cosiddetti mini-job, riduzione del sussidio di disoccupazione e la sua limitazione nel tempo, alta flessibilità del lavoro, orario di lavoro ridotto a fronte di riduzione del salario, nella fase più acuta della crisi. 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 EU 15 1,2 1,3 2,4 2,0 3,2 3,0 0,1 -4,6 2,0 1,5 -0,5 Germania 0,0 -0,4 1,2 0,7 3,7 3,3 1,1 -5,1 4,0 3,3 0,7 Spagna 2,7 3,1 3,3 3,6 4,1 3,5 0,9 -3,8 -0,2 0,1 -1,6 Francia 0,9 0,9 2,5 1,8 2,5 2,3 -0,1 -3,1 1,7 2,0 0,0 Italia 0,5 0,0 1,7 0,9 2,2 1,7 -1,2 -5,5 1,7 0,4 -2,4 Regno Unito 2,3 3,9 3,2 3,2 2,8 3,4 -0,8 -5,2 1,7 1,1 0,3
  • 58. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 29 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 GRAFICO 1 ANDAMENTO SPESA PUBBLICA/PIL, ANNI 2002-2012 35,0 40,0 45,0 50,0 55,0 60,0 EU 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito L’andamento della spesa corrente rispetto al PIL dei paesi considerati (più la media EU) riflette sostanzialmente l’andamento della spesa totale. Tutti i paesi, ad esclusione della Germania, hanno visto questo aggregato espandersi. L’Italia, che nel 2002 presentava un valore di 43,5 per cento, vicino al valore della media EU (43,2 per cento), ha registrato un aumento di 5 punti percentuali; la Spagna di quasi 8 punti percentuali, il Regno Unito di più di 6, la Francia di circa 3,5 punti. Più interessante risulta l’analisi della spesa per interessi e, di conseguenza, l’andamento della spesa primaria (cioè quella al netto degli interessi). La spesa per interessi dell’Italia (tavola 1) era pari al 5,6 per cento del PIL nel 2002 e dopo essere scesa fino a toccare il valore minimo nel 2010 (4,5 per cento), di nuovo nel 2012 ha ampiamente superato il cinque per cento (5,4 per cento). La media della EU ha presentato, per tutto il periodo considerato, valori intorno al 3 per cento. TAVOLA 1 SPESA PER INTERESSI/PIL DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI Fonte dati: Eurostat, Public government expenditures. 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 EU 15 3,2 3,0 2,9 2,8 2,7 2,8 2,9 2,7 2,8 3,0 3,0 Germania 3,0 3,0 2,9 2,8 2,9 2,8 2,8 2,7 2,5 2,5 2,4 Spagna 2,7 2,4 2,0 1,8 1,6 1,6 1,6 1,8 1,9 2,5 3,0 Francia 3,0 2,8 2,8 2,7 2,6 2,7 2,9 2,4 2,4 2,6 2,6 Italia 5,6 5,1 4,8 4,7 4,6 4,9 5,1 4,6 4,5 4,8 5,4 Regno Unito 2,0 1,9 1,9 2,1 2,0 2,2 2,2 1,9 2,9 3,3 3,0
  • 59. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 30 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo La spesa al netto degli interessi (grafico 2) nel decennio considerato è aumentata di 3,5 punti percentuali di PIL nella media EU, di 8,5 punti in Spagna, di 4,2 punti in Francia, di sei punti nel Regno Unito; nel nostro Paese è aumentata di 3,7 punti percentuali. Rispetto al 2002 quindi, di fronte a una quota di interessi sostanzialmente stabile, l’Italia ha visto questo aggregato salire dal 41,5 per cento al 45,2 per cento. L’unico grande paese che nel corso degli anni 2002-2012 ha ridotto l’incidenza della spesa al netto degli interessi è stata la Germania, che l’ha abbassata di quasi tre punti percentuali. Fatto uguale a 100 il rapporto fra spesa primaria e prodotto nel 2002 si osserva (tavola 2) che, dieci anni dopo, in Italia quel rapporto si colloca a 108,9, in linea con la media dei paesi EU (108,0) e con la Francia (108,3), è inferiore rispetto al Regno Unito (115,3) e alla Spagna (123,6). La sola Germania, fra i grandi paesi, ha visto questo aggregato scendere rispetto al valore del 2002 (94,0). GRAFICO 2 ANDAMENTO SPESA PRIMARIA AL NETTO DEGLI INTERESSI /PIL: ANNI 2002-2012 35,0 37,0 39,0 41,0 43,0 45,0 47,0 49,0 51,0 53,0 55,0 EU 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat. TAVOLA 2 SPESA PRIMARIA/PIL DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI: BASE 2002 = 100 Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat. Paese 2002 2007 2012 EU 15 100,0 98,9 108,0 Germania 100,0 90,5 94,0 Spagna 100,0 103,7 123,6 Francia 100,0 100,0 108,3 Italia 100,0 102,9 108,9 Regno Unito 100,0 105,6 115,3
  • 60. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 31 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 3. Come accennato in precedenza, l’attenzione si concentra ora sulla ripartizione della spesa pubblica secondo la classificazione, o meglio, le divisioni COFOG5 . Si procede anzitutto, per l’anno 2012, a un confronto tra l’Italia e i principali paesi europei. Successivamente si proseguirà con un esercizio di benchmarking: dall’analisi fin qui condotta, appare abbastanza naturale scegliere come riferimento la Germania, cioè il Paese dell’Unione che ha saputo far meglio, fra quelli qui considerati, negli anni della crisi, e l’unico che ha ridotto in modo considerevole nel corso del decennio l’incidenza della spesa pubblica sul prodotto. In particolare il riferimento scelto sarà costituito dalla Germania del 2007, cioè dell’anno immediatamente precedente la grande crisi economica che ha colpito l’economia globale. L’argomentazione sottostante tale scelta considera come la Germania, allora “grande malato di Europa”, nei primi anni del decennio considerato, cioè in una fase espansiva del ciclo mondiale, abbia avviato un piano di importanti riforme che le ha consentito di abbassare considerevolmente il rapporto spesa pubblica/PIL. E’ quindi giunta alla fine della fase ciclica espansiva e all’avvio della grande crisi con una situazione di finanza pubblica che le ha consentito una gestione anticiclica della spesa, senza che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio. Come risultato, ha attraversato la crisi e ha affrontato la nuova fase di ripresa globale in una situazione economica decisamente migliore sia della media dell’Unione, sia, in particolare, di quella italiana. In appena un decennio, la “grande malata” è tornata ad essere “la locomotiva” d’Europa. Sembra ragionevole che l’Italia si dia come obiettivo di giungere al termine della fase espansiva dell’economia globale, che stentatamente si avvia, con un livello della spesa in rapporto al prodotto simile a quello che la Germania seppe raggiungere nel 2007. TAVOLA 3 SPESA PUBBLICA TOTALE/PIL DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI, RIPARTITA NELLE DIVISIONI COFOG NEL 2012 Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat. 5 La classificazione COFOG (acronimo di Classification of Functions of Government), è articolata, al primo livello, in Divisioni: 1) Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; 2) Difesa; 3) Ordine pubblico e sicurezza: 4) Affari economici; 5) Protezione dell’ambiente; 6) Abitazioni e assetto territoriale; 7) Sanità; 8) Attività ricreative, culturali e di culto; 9) Istruzione; 10) Protezione sociale. COFOG EU 15 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito Totale 50,1 44,7 47,8 56,6 50,6 47,8 Servizi generali 6,9 6,1 6,1 5,9 9,1 5,7 Difesa 1,3 1,1 1,0 1,9 1,4 2,3 Ordine pubblico e sicurezza 1,8 1,6 2,1 1,8 1,9 2,4 Affari economici 4,3 3,4 7,7 3,7 3,4 2,8 Protezione dell'ambiente 0,8 0,6 0,8 1,1 0,9 0,9 Abitazioni e assetto del territorio 0,8 0,5 0,4 1,9 0,7 0,8 Sanità 7,4 7,0 6,2 8,3 7,3 7,9 Servizi ricreativi, culturali e culto 1,1 0,8 1,3 1,4 0,7 1,0 Istruzione 5,0 4,3 4,5 6,1 4,2 6,0 Protezione sociale 20,6 19,4 17,7 24,4 21,0 17,9
  • 61. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 32 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Nel 2012, come si è già osservato, e come risulta dalla tavola 3, l’Italia presenta una quota della spesa pubblica sul PIL abbastanza in linea con la media EU a 15 (+0,5 per cento), inferiore, fra i paesi simili per grandezza e condizioni economiche, solo alla Francia (-6 per cento) ma di quasi tre punti superiore al Regno Unito e alla Spagna e di quasi 4 punti alla Germania. Nel dettaglio si osserva come l’Italia spenda di più, rispetto alla media EU, per i Servizi generali (nei quali sono compresi gli interessi sul debito) e per la Protezione sociale (+0,4 per cento); spenda di meno per gli Affari economici (- 0,9 per cento), per i Servizi ricreativi, culturali e di culto (-0,4 per cento), per l’Istruzione (-0,8 per cento). Risultano sostanzialmente in linea le altre funzioni. Data l’elevata entità della spesa per interessi del nostro Paese (come evidenziato in precedenza) è opportuno fare riferimento alla spesa primaria e alla sua ripartizione nelle funzioni COFOG.6 TAVOLA 4 SPESA PRIMARIA/PIL DELL’ITALIA E DELLA GERMANIA, RIPARTITA PER FUNZIONI, PER GLI ANNI 2002-2007- 2012 Fonte dati: Elaborazione Corte dei conti su dati Eurostat, General government expenditure by function (COFOG). La tavola 4 mostra, per gli anni 2002, 2007 e 2012, la spesa primaria dell’Italia e della Germania. Una prima considerazione riguarda l’evidenza che nel 2002 il nostro paese presentava una spesa primaria di 3,4 punti percentuali inferiore a quella tedesca e che, in seguito alle riforme effettuate dalla Germania negli anni 2003-2006 si è assistito ad un’inversione, con la spesa primaria italiana che è aumentata (42,7 per cento nel 6 L’informazione sulla distribuzione funzionale della spesa per interessi non è disponibile ma, poiché gli interessi passivi costituiscono, la totalità delle spese per redditi da capitale (di cui si conosce invece la ripartizione per funzioni) è possibile ricavare, per sottrazione, la spesa primaria. La spesa per redditi da capitale si concentra, per più del 90 per cento, sulla prima COFOG (Servizi generali). Analoghe considerazioni valgono per gli altri paesi (Ministero dell’economia e delle finanze, “La spesa pubblica in Europa: metodi, fonti, elementi per l’analisi – dicembre 2011). Italia Germania 2012 2012 Totale 5,4 2,4 Servizi generali 5,3 2,4 Spesa totale al netto degli interessi Germania Germania Germania Italia Italia Italia classificata per COFOG 2002 2007 2012 2002 2007 2012 Totale 44,9 40,7 42,3 41,5 42,7 45,2 Servizi generali 3,1 3,0 3,7 3,9 3,7 3,8 Difesa 1,1 1,0 1,1 1,1 1,3 1,4 Ordine pubblico e sicurezza 1,7 1,5 1,6 2,0 1,9 1,9 Affari economici 4,1 3,2 3,4 4,1 3,9 3,4 Protezione dell'ambiente 0,6 0,5 0,6 0,9 0,8 0,9 Abitazioni e assetto del territorio 1,1 0,8 0,5 0,1 0,7 0,7 Sanità 6,9 6,5 7,0 6,3 6,8 7,3 Servizi ricreativi, culturali e culto 0,9 0,8 0,8 0,9 0,9 0,7 Istruzione 4,2 3,9 4,3 4,7 4,6 4,2 Protezione sociale 21,2 19,4 19,4 17,6 18,1 21,0
  • 62. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 33 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 2007) rispetto a quella tedesca che è scesa (40,7 per cento). Nel 2012 l’Italia presentava una spesa primaria di 3,7 punti percentuali superiore al 2002, mentre la Germania di 2,6 punti percentuali più bassa. 4. Se prendiamo l’anno 2007 della Germania come benchmark (sulla base delle ipotesi descritte in precedenza), abbiamo un’indicazione di quali siano le funzioni COFOG nelle quali il nostro paese spende di più e il potenziale target di spesa. Dalla tavola 5 si ricava che l’Italia spende nel 2012 di più di quanto la Germania spendeva nel 2007 in tutte le funzioni ad esclusione della sesta (Abitazioni e assetto del territorio, -0,1 per cento) e l’ottava (Servizi ricreativi, culturali e di culto (-0,1 per cento). Per le restanti funzioni, per avvicinarsi alla situazione tedesca del 2007, sarebbero necessarie riduzioni, di differente entità, dall’1,6 per cento per la Protezione sociale, allo 0,2 per cento per gli Affari economici, passando per lo 0,8 per cento del PIL per i Servizi generali (escludendo la quota di interessi passivi) e la Sanità. TAVOLA 5 DIFFERENZE TRA LA GERMANIA NEL 2007 E L’ITALIA NEL 2012, DELLA SPESA PRIMARIA/PIL PER FUNZIONI COFOG E QUANTIFICAZIONE DEI POSSIBILI RISPARMI (IN % PIL) Se la spesa pubblica complessiva italiana si collocasse sullo stesso livello raggiunto dalla Germania nel 2007, essa sarebbe inferiore di 4,5 punti di PIL. Occorre ricordare che di questa differenza circa 2,7 punti sarebbero già riassorbiti nel quadro tendenziale presentato dal Governo con il Documento di economia e finanza 2014, entro il 2018. Germania Italia COFOG 2007 2012 Totale 40,7 45,2 -4,5 Servizi generali 3,0 3,8 -0,8 Difesa 1,0 1,4 -0,4 Ordine pubblico e sicurezza 1,5 1,9 -0,4 Affari economici 3,2 3,4 -0,2 Protezione dell'ambiente 0,5 0,9 -0,4 Abitazioni e assetto del territorio 0,8 0,7 0,1 Sanità 6,5 7,3 -0,8 Servizi ricreativi, culturali e culto 0,8 0,7 0,1 Istruzione 3,9 4,2 -0,3 Protezione sociale 19,4 21,0 -1,6 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze
  • 63. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 34 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 5. Vediamo ora, partendo dalle funzioni COFOG che presentano i valori più rilevanti, a quali sottosezioni (i cd. Gruppi) fanno riferimento gli scostamenti evidenziati. TAVOLA 6 SPESA PER SERVIZI GENERALI La spesa per “Servizi Pubblici Generali” è, per la Germania, lo 0,8 per cento del PIL inferiore a quella italiana (tavola 6). In particolare, nel nostro Paese sono particolarmente elevati i costi relativi agli “Organi legislativi ed esecutivi, affari esteri, fiscali e finanziari”, che pesano sul PIL un punto percentuale in più che in Germania. TAVOLA 7 SPESA PER LA SANITÀ La spesa sanitaria tedesca vale anch’essa lo 0,8 per cento del PIL meno della spesa sanitaria italiana. Le voci più significative (tavola 7) evidenziano che il nostro paese spende l’1,5 per cento di PIL in più per i servizi ospedalieri e lo 0,5 per cento in più per i servizi non ospedalieri, mentre risultano considerevolmente inferiori le spese per gli investimenti (attrezzature e apparecchiature), dello 0,9 per cento del PIL. Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Servizi pubblici generali 3,0 3,8 -0,8 di cui: Organi legislativi ed esecutivi, affari esteri, fiscali e finanziari 1,5 2,5 -1,0 Aiuti economici internazionali 0,1 0,1 0,0 Servizi generali 0,8 0,7 0,1 Ricerca di base 0,4 0,3 0,1 R & S per i servizi pubblici generali 0,0 0,0 0,0 Servizi pubblici generali 0,1 0,1 0,0 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Salute 6,5 7,3 -0,8 di cui: Prodotti, attrezzature e apparecchi sanitari 1,6 0,7 0,9 Servizi non ospedalieri 1,9 2,4 -0,5 Servizi ospedalieri 2,6 4,1 -1,5 Servizi di sanità pubblica 0,0 0,0 0,0 R & S per la sanità 0,1 0,1 0,0 Sanità n.a.ac. 0,4 0,1 0,3 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze
  • 64. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 35 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 8 SPESA PER LA PROTEZIONE SOCIALE Per la “Protezione sociale” il nostro Paese spende, nel complesso, l’1,6 per cento del PIL in più della Germania. Osservando la ripartizione per sotto settori si nota che la Germania spende di più per disabili e malati (0,6 per cento), per la famiglia (0,3 per cento) e per la disoccupazione (1,8 per cento); meno per pensioni di vecchiaia (4,6 per cento) e reversibilità (0,8 per cento). Come già noto, risulta confermato che la spesa per protezione sociale italiana è sostanzialmente concentrata sul sistema previdenziale; al contrario quella tedesca è più focalizzata sugli ammortizzatori sociali e la famiglia. Occorre peraltro considerare, che con il graduale manifestarsi degli effetti dei ripetuti interventi sul sistema previdenziale pubblico, in futuro la spesa previdenziale italiana risentirà meno di quella tedesca del progressivo invecchiamento della popolazione, e quindi la differenza relativa alla quota di spesa destinata alla previdenza sarà destinata a contrarsi. 6. Le tre funzioni illustrate nel paragrafo precedente (Servizi generali, Sanità e Protezione sociale) sono quelle più significative totalizzando, nel complesso, un ammontare di spesa in rapporto al PIL maggiore del 3,2 per cento rispetto alla Germania. Ma anche riguardo ad altre funzioni emergono differenze significative. Per quanto riguarda la Difesa (tavola 9) il nostro paese spende lo 0,4 per cento del Pil in più della Germania, concentrati nella difesa militare. Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Protezione sociale 19,4 21,0 -1,6 di cui: Malattia e invalidità 2,5 1,9 0,6 Vecchiaia 9,5 14,1 -4,6 Superstiti 2,0 2,8 -0,8 Famiglia 1,4 1,1 0,3 Disoccupazione 2,8 1,0 1,8 Abitazioni 0,0 0,0 0,0 Esclusione sociale n.a.c. 0,3 0,1 0,2 R & S per la protezione sociale 0,0 0,0 0,0 Protezione sociale n.a.c. 0,8 0,0 0,8 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze
  • 65. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 36 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 9 SPESA PER LA DIFESA TAVOLA 10 SPESA PER ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA L’Italia spende uno 0,4 per cento del Pil in più anche in altre due funzioni COFOG: Ordine pubblico e sicurezza (tavola 10) e Protezione dell’ambiente (tavola 11). Nel primo caso risultano più elevate le spese relative ai servizi di polizia (0,5 per cento) e per le carceri (0,1 per cento) mentre risultano di un decimo di PIL più basse le spese per i tribunali. Nell’ambito delle spese per la protezione dell’ambiente, invece, il nostro paese spende più del doppio della Germania (lo 0,3 per cento) sia per il trattamento dei rifiuti che per la protezione delle biodiversità e dei beni paesaggistici; presenta invece una minore spesa per la riduzione dell’inquinamento (un decimo di Pil) e per il trattamento delle acque reflue (due decimi). Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Difesa 1,0 1,4 -0,4 di cui: Difesa militare 0,8 1,3 -0,5 Difesa civile 0,0 0,0 0,0 Aiuti militari all'estero 0,1 0,0 0,1 R & S per la difesa 0,1 0,0 0,1 Difesa n.a.c. 0,0 0,0 0,0 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Ordine pubblico e sicurezza 1,5 1,9 -0,4 di cui: Servizi di polizia 0,7 1,2 -0,5 Servizi antincendio 0,2 0,2 0,0 Tribumali 0,4 0,3 0,1 Carceri 0,1 0,2 -0,1 R & S per ordine pubblico e sicurezza 0,0 0,0 0,0 Ordine pubblico e sicurezza n.a.c. 0,1 0,0 0,1 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze
  • 66. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 37 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 11 SPESA PER PROTEZIONE DELL’AMBIENTE Le ultime due funzioni nelle quali la spesa italiana risulta maggiore di quella tedesca sono l’Istruzione e gli Affari economici. Nell’ambito della prima (tavola 12), per la quale l’Italia spende tre decimi di Pil, nel dettaglio delle sotto funzioni si rileva che la spesa è più elevata per l’istruzione pre-scolastica e secondaria mentre è molto più bassa per quella universitaria (circa la metà di quella tedesca). TAVOLA 12 SPESA PER L’ISTRUZIONE Nell’ambito degli “affari economici”, per i quali spendiamo due decimi di punto di Pil in più dei tedeschi, si evidenzia una maggiore spesa del nostro Paese in particolare per i Trasporti (0,5 per cento) e per la R & S, un decimo di punto in più si riscontra per Agricoltura, silvicoltura, caccia e pesca e per le Attività estrattive, manifatturiere ed edilizie. Al contrario spendiamo lo 0,6 per cento del Pil in meno per gli “Affari economici, commerciali e del lavoro”. Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Protezione dell'ambiente 0,5 0,9 -0,4 di cui: Trattamento dei rifiuti 0,2 0,5 -0,3 Trattamento delle acque reflue 0,2 0,0 0,2 Riduzione dell'inquinamento 0,1 0,0 0,1 Protezione delle biodiversità e dei beni paesaggistici 0,0 0,3 -0,3 R & S per la protezione dell'ambiente 0,0 0,0 0,0 Protezione dell'ambiente n.a.c. 0,0 0,0 0,0 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Istruzione 3,9 4,2 -0,3 di cui: Istruzione pre-scolastica e primaria 1,0 1,5 -0,5 Istruzione secondaria 1,7 1,8 -0,1 Istruzione post-secondaria non superiore 0,1 0,1 0,0 Istruzione universitaria 0,8 0,4 0,4 Istruzione di diverso tipo 0,1 0,1 0,0 Servizi ausiliari dell'istruzione 0,2 0,2 0,0 R & S per l'istruzione 0,0 0,0 0,0 Istruzione n.a.c. 0,0 0,1 -0,1 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze
  • 67. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 38 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 13 SPESA PER GLI AFFARI ECONOMICI Infine possiamo evidenziare le sottocategorie delle uniche due funzioni per le quali la spesa italiana risulta leggermente più bassa di quella tedesca (di un decimo di punto, in entrambi i casi) che, come abbiamo visto in precedenza, risultano essere Abitazioni e assetto del territorio e Attività ricreative, culturali e di culto. Per la prima delle due l’Italia spende un decimo in più per l’assetto territoriale, l’approvvigionamento idrico e l’illuminazione stradale, mentre una minore spesa si rileva per lo sviluppo delle abitazioni. Per quanto riguarda la seconda funzione, invece, si rileva una minore spesa del nostro paese per le attività ricreative e culturali e una maggiore spesa per i servizi di culto e per la comunità. Conclusioni 7. Nel presente capitolo si è condotta un’analisi comparativa tra il nostro Paese e i principali paesi europei (Germania, Francia, Spagna e Regno Unito) con riferimento ai principali aggregati di spesa pubblica (spesa complessiva, spesa per interessi e spesa primaria), nel periodo 2002-2012. Si è rilevato come in tutti i paesi (e per la media EU), ad eccezione della Germania, nell’ultimo decennio la quota della spesa pubblica rispetto al Pil sia cresciuta, in particolare negli anni della crisi economica e finanziaria. E’ emerso come il nostro paese presentasse, all’inizio del periodo preso in esame, una spesa primaria più bassa di quella tedesca (41,5 per cento rispetto a 45,0 per cento) e come il rapporto risulti invertito al termine del 2012 (45,2 per cento l’Italia, 42,3 per cento la Germania). Infine, al fine di compiere una valutazione complessiva riguardo ai risparmi di spesa teoricamente possibili, si è proceduto a un esercizio di benchmarking, assumendo come riferimento la quota di prodotto che la Germania ha destinato al finanziamento delle diverse funzioni pubbliche nel 2007. L’argomentazione sottostante tale scelte considera come la Germania nei primi anni del decennio considerato abbia avviato un piano di importanti riforme che l’ha Anno 2007 2012 COFOG Germania Italia Affari economici 3,2 3,4 -0,2 di cui: Affari generali economici, commerciali e del lavoro 0,7 0,1 0,6 Agricoltura, silvicoltura, pesca e caccia 0,2 0,3 -0,1 Combustibili ed energia 0,1 0,0 0,1 Attività estrattive, manifatturiere ed edilizie 0,3 0,4 -0,1 Trasporti 1,5 2,0 -0,5 Comunicazioni 0,0 0,0 0,0 Altri settori 0,1 0,2 -0,1 R & S per gli affari economici 0,1 0,3 -0,2 Affari economici n.a.c. 0,1 0,0 0,1 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Eurostat differenze
  • 68. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 39 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 condotta a ridurre considerevolmente il rapporto tra spesa pubblica e PIL. Ciò le ha consentito, al giungere della crisi, nel 2008, una gestione anticiclica della spesa, senza che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio. Come risultato, ha attraversato la crisi e ha approcciato la nuova fase di ripresa globale in una situazione economica decisamente migliore sia della media dell’Unione, sia, in particolare, di quella italiana. Sembra ragionevole che l’Italia si dia come obiettivo di giungere al termine della fase espansiva dell’economia globale che stentatamente si avvia, ragionevolmente cioè entro il prossimo lustro, con un livello della spesa in rapporto al prodotto simile a quello che la Germania seppe raggiungere nel 2007. Sulla base di questa ipotesi, confrontando l’Italia del 2012 con la Germania del 2007, sono emerse significative differenze ma tutte riconducibili a scelte proprie del modello nazionale. E’ emerso come l’Italia spenda di più in otto delle dieci funzioni; la differenza è particolarmente significativa per la Protezione sociale, la Sanità e i Servizi generali. Le uniche aree nelle quali la spesa italiana risulta più bassa di quella tedesca sono quelle relative alle Abitazioni e assetto del territorio e alle Attività ricreative, culturali e di culto. Complessivamente, se ciascuna funzione pubblica assorbisse nell’Italia di oggi la stessa quota di Pil che assorbiva nella Germania del 2007, si realizzerebbero risparmi pari al 4,5 per cento del Pil. Di questa differenza circa 2,7 punti sarebbero riassorbiti entro il 2018, come previsto nel quadro tendenziale presentato dal Governo nel DEF 2014. All’inizio del decennio scorso la Germania seppe cogliere l’occasione che le era offerta da un periodo di forte espansione dell’economia globale per introdurre radicali riforme del mercato del lavoro e per ridurre in modo sensibile il valore della propria spesa pubblica. In appena un decennio la “grande malata” è tornata ad essere “la locomotiva d’Europa”, capace di fronteggiare meglio degli altri la crisi economica globale. Oggi la Germania ha un reddito pro-capite (a prezzi correnti) che è del 21 per cento superiore a quello italiano (nel 2002 era sostanzialmente uguale7 ) e un tasso di disoccupazione (5,3 per cento) pari a meno della metà di quello italiano (12,2 per cento)8 . L’Italia, invece, negli anni di espansione dell’economia mondiale che hanno contraddistinto la prima parte del decennio scorso, ha lasciato crescere la propria spesa pubblica e ha rinviato le necessarie riforme dal lato dell’offerta. Come risultato si è giunti, nel 2007, all’apice della fase di espansione, con un valore della spesa pubblica in rapporto al Pil pari al 47,6 per cento, di quasi quattro punti superiore a quello tedesco (43,5 per cento). La sfiducia dei mercati ci ha costretto a compiere un severo aggiustamento di finanza pubblica nel corso della recessione, con evidenti effetti pro ciclici. Ora sembra presentarsi una nuova fase di espansione dell’economia globale; occorre che la nuova opportunità non vada perduta. 7 Eurostat, GDP pro capite, a prezzi correnti, anno 2012. 8 Eurostat, tasso di disoccupazione, anno 2013.
  • 72. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 43 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Appendice 1: Accordi contrattuali Il “Piano per un’Unione economica e monetaria autentica e approfondita” (COM(2012)777 final) adottato dalla Commissione il 28 novembre 2012 e il rapporto “Verso un’autentica Unione economica e monetaria”, presentato a giugno del 2012 e aggiornato nel successivo dicembre dal Presidente del Consiglio europeo, tracciano le tappe di un percorso graduale di rafforzamento dell’Unione economica e monetaria. Per quanto riguarda in particolare il Piano, esso propone misure a breve, medio e lungo termine per rafforzare la cooperazione e l’integrazione a livello finanziario, di bilancio, economico e politico. Fra le misure da attuare a breve termine per completare il quadro di governance per il coordinamento delle politiche economiche in generale e la moneta unica in particolare, vi sono gli “accordi contrattuali”, corredati da un sostegno finanziario (strumento di convergenza e di competitività), che hanno l’obiettivo di aiutare gli Stati membri, le cui difficoltà possono ripercuotersi sull’intera zona euro, a intraprendere le riforme necessarie. Gli accordi sarebbero negoziati tra i singoli Stati membri e la Commissione, discussi nell’Eurogruppo e conclusi dalla Commissione con lo Stato membro. Sarebbero obbligatori per gli Stati membri della zona euro soggetti alla procedura per gli squilibri eccessivi, e il piano d’azione correttivo che essi sono tenuti a presentare nel quadro della procedura costituirebbe la base dell’accordo da negoziare con la Commissione. Per gli Stati membri della zona euro soggetti ad un’azione preventiva in relazione ai loro squilibri macroeconomici, la partecipazione sarebbe volontaria e comporterebbe la presentazione di un piano d’azione analogo a quello previsto ai sensi della procedura per gli squilibri eccessivi. Gli accordi sarebbero quindi sempre basati sulle raccomandazioni specifiche per paese formulate nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici. Il piano d’azione presentato dallo Stato membro sarebbe in seguito valutato dalla Commissione, e il pacchetto definitivo di riforme e di misure e i tempi della loro attuazione sarebbero decisi con un accordo, dopo aver ottenuto, se del caso, l’approvazione del parlamento nazionale secondo le procedure nazionali. Le riforme stabilite negli accordi contrattuali beneficerebbero di un sostegno finanziario, il cui uso verrebbe definito nel quadro dell’accordo contrattuale concluso tra lo Stato membro in questione e la Commissione (qualora la Commissione constatasse a posteriori che lo Stato membro non ha rispettato pienamente il contratto, il sostegno finanziario potrebbe essere ritirato). Secondo quanto previsto dal Piano, i contributi finanziari necessari per lo strumento potrebbero essere basati su un impegno degli Stati membri della zona euro o su un obbligo giuridico in tal senso sancito nella normativa UE sulle risorse proprie. Solo gli Stati membri contribuenti potrebbero concludere un accordo contrattuale con la Commissione e beneficiare del sostegno finanziario. Il sostegno offerto dallo strumento di convergenza e competitività sarebbe coerente e compatibile con il sostegno proveniente dai fondi strutturali, e in particolare il fondo sociale europeo. Successivamente, nella Comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2013)165 final), del 20 marzo 2013 (“Creazione di uno strumento di convergenza e di competitività”), la Commissione europea ha illustrato le diverse opzioni riguardanti alcune tematiche e ha chiesto il parere delle parti interessate. A riguardo occorre evidenziare che, nella risoluzione di maggio 2013, il Parlamento europeo ha avanzato delle raccomandazioni con riferimento allo strumento di competitività e convergenza. In particolare, lo strumento dovrebbe basarsi su meccanismi di solidarietà e convergenza evitando sovrapposizioni con le politiche di coesione; dovrebbe essere adottato secondo la procedura legislativa ordinaria; lo strumento dovrebbe inoltre applicarsi all’area euro pur rimanendo accessibile agli altri membri dell’UE; lo strumento dovrebbe evitare problemi legati all’azzardo morale, per cui la Commissione dovrebbe assicurarsi che le riforme non siano ritardate fino al raggiungimento dell’ammissibilità al sostegno finanziario e che lo strumento non fornisca incentivi a riforme che sarebbero state attuate anche in assenza di un sostegno dell’Unione. In particolare, per quanto riguarda la tematica “il finanziamento e l’erogazione dello strumento finanziario di sostegno agli accordi contrattuali”, la Commissione considera le seguenti opzioni: - Tutti gli Stati membri partecipanti contribuirebbero ad un meccanismo di sostegno indipendentemente dal fatto che ne richiedano o meno l’intervento; - Il meccanismo potrebbe basarsi su contributi specifici, da calcolare in base al Reddito nazionale lordo (RNL) di ciascun Paese partecipante, o sui proventi di nuove risorse finanziarie specifiche ad esso destinato. In ogni caso il meccanismo dovrebbe essere incluso nel bilancio dell’UE come entrata esterna
  • 73. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 44 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo con destinazione specifica, che quindi non rientrerebbe nei massimali fissati nel regolamento sul quadro finanziario pluriennale; - Il meccanismo sarebbe oggetto di un nuovo atto giuridico che definirebbe i beneficiari potenziali e autorizzerebbe la spesa; - Quanto alle modalità di funzionamento, si potrebbe prevedere il pagamento di una somma forfettaria per ogni accordo contrattuale: la definizione, l’uso e l’esborso degli importi in questione sarebbero soggetti a condizioni rigorose specificate nell’accordo contrattuale e legate all’attuazione delle riforme concordate; - Il nuovo strumento finanziario dovrebbe essere coerente e complementare con gli strumenti esistenti, come i Fondi strutturali, e in particolare il Fondo sociale europeo; - Il sostegno finanziario potrebbe essere erogato a scadenze regolari collegate al calendario concordato per le riforme. La Commissione potrebbe rivolgere avvertimenti agli Stati membri che non rispettino il contratto, chiedendo loro di correggere la deviazione, anche con un nuovo calendario e in caso di inadempienza verrebbe ritirato il sostegno finanziario. Disposizioni simili si applicherebbero nei casi in cui lo Stato membro annulli riforme attuate in precedenza o decida di adottare misure supplementari in conflitto con gli obiettivi delle riforme concordate. In Italia, la V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione economica) della Camera dei deputati e la XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) del Senato hanno analizzato la Comunicazione della Commissione europea e hanno espresso parere favorevole con alcune condizioni: coinvolgimento in maniera sistematica e in una fase precoce della negoziazione degli accordi bilaterali dei Parlamenti nazionali; chiarimenti sulla natura e valore giuridico degli accordi contrattuali; subordinazione del ricorso agli accordi contrattuali, solo previa dimostrazione del loro valore aggiunto rispetto alle procedure di coordinamento vigenti per il coordinamento ex ante delle strategie macroeconomiche nell’ambito del Semestre europeo; complementarità del nuovo strumento con gli strumenti finanziari esistenti; condizioni rigorose per l’accesso al finanziamento dello strumento di convergenza e un sistema di monitoraggio efficace. Il Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013 ha definito gli elementi essenziali dei partenariati per la crescita, l’occupazione e la competitività (cosiddetti “strumenti di convergenza”), invitando tuttavia il presidente del Consiglio europeo, in stretta collaborazione con il presidente della Commissione europea, a proseguire i lavori su un sistema di accordi contrattuali reciprocamente concertati e sui meccanismi di solidarietà correlati, e a riferire al Consiglio europeo nella riunione dell’ottobre del 2014 nella prospettiva di giungere a un accordo complessivo su entrambi gli elementi. Appendice 2: Clausola sugli investimenti Nel corso degli ultimi anni, nel quadro delle strategie di risanamento dei conti pubblici, sono stati realizzati tagli alla spesa che, in misura diversa da Stato a Stato, hanno penalizzato in particolare gli investimenti pubblici. Nel “Piano per una unione economica e monetaria autentica e approfondita” (c.d. Blueprint)9 , la Commissione si era impegnata a individuare, nell’ambito del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, dei metodi per tener conto dei programmi di investimento in sede di valutazione dei programmi di stabilità e convergenza. In particolare “a determinate condizioni, programmi di investimenti pubblici straordinari con un impatto certo sulla stabilità delle finanze pubbliche possono essere considerati una deviazione temporanea dall’obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo. Questo metodo potrebbe applicarsi, ad esempio ai progetti pubblici di investimento cofinanziati dall’Unione, coerentemente con il quadro relativo alle condizioni macroeconomiche”. L’impegno espresso nel Blueprint ha acquisito valore normativo con l’art. 16(2) del regolamento(UE) n.473 del 201310 ed ha avuto il supporto dei Capi di Stato o di Governo a conclusione dei Consigli europei di ottobre e dicembre 2012, nonché di marzo e giugno 2013. 9 COM(2012)777 final. 10 L’art. 16(2) del regolamento(UE) n. 473/2013 così recita: “Entro il 31 luglio 2013 la Commissione riferisce in merito alle possibilità offerte dal quadro di bilancio dell’Unione esistente per equilibrare la necessità di investimenti pubblici produttivi con gli obiettivi della disciplina di bilancio nel braccio preventivo del PSC, nel pieno rispetto di quest’ultimo”.
  • 74. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 45 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Conseguentemente, la Commissione ha vagliato più opzioni per progettare una clausola sugli investimenti da applicare nell’ambito del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, implementando l’art. 5 (1) del regolamento(CE) n.1466 del 199711 . Il 3 luglio 2013, il Vice–Presidente della Commissione europea e Commissario per gli affari economici e finanziari ha inviato ai suoi colleghi una lettera contente maggiori dettagli su quella che viene definita la “clausola sugli investimenti”, stabilendo che la Commissione valuterà l’opportunità di consentire scostamenti temporanei dall’OMT definito nelle raccomandazioni per uno Stato membro, o dal percorso di avvicinamento ad esso, qualora le seguenti condizioni siano verificate: - la crescita economica dello Stato membro rimane negativa o comunque ben al di sotto del suo valore potenziale; - lo scostamento non determina un disavanzo pubblico in eccesso rispetto alla soglia del 3 per cento del Pil e la regola del debito è rispettata; - lo scostamento è relativo alla spesa nazionale per progetti di investimento co-finanziati dall’Unione europea nell’ambito della politica strutturale e di coesione, delle Reti trans-europee o del meccanismo per collegare l’Europa. I progetti devono avere sul bilancio pubblico un effetto di lungo termine positivo, diretto e verificabile. Inoltre, la lettera specifica che l’applicazione delle disposizioni del Patto di stabilità e crescita relative a scostamenti temporanei dall’OMT o dal sentiero di convergenza da esso è legata alle attuali condizioni economiche di output gap ampiamente negativi, per cui una volta superate e le previsioni per lo Stato membro mostreranno un ritorno a tassi di crescita positivi e prossimi al valore potenziale, ogni scostamento dall’OMT o dal percorso di avvicinamento ad esso dovrà essere compensato così da non rallentare il processo di convergenza. La clausola sugli investimenti verrà applicata a partire dalla valutazione dei bilanci nazionali per il 2014 e dei consuntivi del 2013. Essa verrà inoltre sottoposta a revisione annualmente in tempo utile per la presentazione dei programmi di stabilità. Il 15 novembre 2013 la Commissione europea ha espresso il proprio parere sul documento programmatico di bilancio dell’Italia per il 2014 (C(2013)8005 final)12 , in cui si prevedeva, tra l’altro, che il disavanzo pubblico dovesse scendere dal 3 per cento del 2013 al 2,5 per cento nel 2014, mantenendosi cioè 0.7 punti percentuali più elevato di quanto previsto nel Programma di stabilità; parte della differenza (circa 1/2 punto percentuale del Pil) era dovuta ad un peggioramento delle prospettive economiche per il 2013-2014, un ulteriore 1/4 punto percentuale del Pil era attribuibile all’aumento della spesa per investimenti previsto nel documento programmatico di bilancio, collegato all’attivazione della “clausola sugli investimenti”. La Commissione europea ha espresso parere non favorevole all’attivazione della clausola sugli investimenti da parte del governo italiano in quanto nel 2014 l’Italia non avrebbe compiuto progressi sufficienti verso l’osservanza del criterio del debito a causa di un insufficiente aggiustamento strutturale (secondo le previsioni della Commissione 0.12 punti percentuali del Pil contro gli 0.66 punti percentuali richiesti). Inoltre la raccomandazione specifica formulata nei confronti dell’Italia nel luglio 2013 domandava di raggiungere l’OMT di un pareggio strutturale nel 2014, invece il documento di bilancio rinvia il conseguimento dell’OMT al 2015, con un aggiustamento strutturale previsto di soli 0.2 punti percentuali del Pil nel 2014, a causa della maggiore spesa per investimenti (per applicazione della “clausola sugli investimenti”). Conseguentemente, la Commissione ha concluso che l’Italia, non rispettando il criterio del debito per il 2014, non può beneficiare della “clausola sugli investimenti”, dovendo pertanto continuare a compiere progressi sufficienti verso l’obiettivo a medio termine anche nel 2014, garantendo un aggiustamento strutturale di almeno 0.5 punti percentuali del PIL. 11 L’art. 5(1) del regolamento (CE) n. 1466/97 (modificato dal regolamento (UE) n. 1175/2011) stabilisce tra l’altro che “Nel definire il percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine per gli Stati membri che non l’hanno ancora raggiunto e nel consentire una deviazione temporanea da tale obiettivo per gli Stati membri che l’hanno già conseguito, a condizione che sia mantenuto un opportuno margine di sicurezza rispetto al valore di riferimento per il disavanzo e che si preveda che la posizione di bilancio ritorni all’obiettivo a medio termine entro il periodo coperto dal programma, il Consiglio e la Commissione tengono conto soltanto dell’attuazione di importanti riforme strutturali idonee a generare benefici finanziari diretti a lungo termine, compreso il rafforzamento del potenziale di crescita sostenibile, e che pertanto abbiano un impatto quantificabile sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche”. 12 In ottemperanza all’art. 7 del regolamento(UE) n.473/2013 “Sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro”.
  • 75. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 46 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Come è noto, l’Italia ha ora – con l’approvazione del nuovo DEF e con la predisposizione del nuovo programma di stabilità – invocato la presenza di circostanze eccezionali che giustificherebbero nel 2014 l’allontanamento temporaneo dal sentiero di rientro verso l’OMT e dal percorso prescritto di riduzione del debito. Appendice 3: Eurobonds ed Eurobills Alle due proposte di regolamento (Two Pack) approvate dal Parlamento europeo il 12 marzo 2013, è stata allegata una dichiarazione della Commissione europea con la quale la Commissione medesima si impegnava a istituire un gruppo di esperti per approfondire l’analisi sugli eventuali vantaggi, rischi, requisiti e ostacoli per la sostituzione parziale delle emissioni nazionali di debito con emissioni comuni, sotto forma di redemption fund ovvero di eurobills. Il gruppo di esperti è stato costituito nel mese di luglio 2013 e il 31 marzo scorso ha presentato la sua relazione finale alla Commissione, la quale valuterà il rapporto e se del caso farà proposte entro la fine del suo mandato. Il gruppo ha esaminato i diversi schemi riguardanti la emissione congiunta di titoli di debito, proposti da diversi soggetti nel corso del 2011 e del 2012 con l’obiettivo di ricostruire la stabilità nell’area dell’euro, di ridurre il debito complessivo e di stabilizzare il mercato dei titoli sovrani. In particolare ha concentralo la sua attenzione sul "Debt Redemption Fund and Pact” (DRF/P) e sugli “Eurobills”. Questi schemi hanno diverse caratteristiche: l’idea del DRF/P è stata concepita come un meccanismo temporaneo per fronteggiare l’eccessivo debito pubblico e per creare un ponte finanziario verso una maggiore convergenza economica che renda credibile la clausola di no bail out. Gli Eurobills sono stati concepiti come un mezzo per contribuire a stabilizzare il mercato dei debiti sovrani in periodi di forte turbolenza e per offrire uno strumento finanziario sicuro e liquido che possa aiutare una ulteriore integrazione finanziaria e che potrebbe diventare uno meccanismo permanente di emissioni congiunte. In estrema sintesi, le conclusioni del gruppo di lavoro affermano che entrambi gli schemi analizzati potrebbero aiutare a stabilizzare il mercato dei titoli sovrani e aiutare la trasmissione della politica monetaria, promuovere la stabilità finanziaria e accrescere l’integrazione dei mercati, sebbene in modi differenti, e con differenti implicazioni di lungo termine. Questi meriti sarebbero però accompagnati da rischi economici, finanziari e di moral hazard. Il gruppo ha suggerito che sarebbe prudente verificare l’effettiva efficienza della nuova governance economica europea prima di assumere ogni decisione riguardo alla emissione congiunta di titoli di debito. Secondo l’opinione del gruppo, in assenza di emendamenti ai trattati, l’emissione congiunta di titoli potrebbe avvenire solo nella forma di garanzie offerte pro quota dai singoli stati membri, e, soprattutto per il DRF/P, solo attraverso accordi intergovernativi e al prezzo di sollevare questioni relativi alla legittimazione democratica. Emendamenti ai trattati sarebbero necessari per arrivare alla emissione congiunta di titoli di debito che prevedano garanzie congiunte, protezione contro il rischio di moral hazard e una adeguata attenzione verso la questione della legittimazione democratica. Appendice 4: Gli squilibri macroeconomici La procedura per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici è disciplinata da due regolamenti13 approvati nell’ambito di un pacchetto complessivo di sei atti legislativi (il cosiddetto Six pack). La procedura si articola in una parte preventiva ed in una correttiva. La parte preventiva si apre con una relazione annuale della Commissione europea (che dà avvio al meccanismo di allerta), contenente una valutazione economica e finanziaria basata su un quadro di valutazione, con una serie di indicatori, per ciascuno dei quali sono previste soglie minime e massime il superamento delle quali segnala un potenziale squilibrio. Successivamente la Commissione trasmette la relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. Il Consiglio (e per i profili relativi ai Paesi dell’eurozona anche 13 - Regolamento (UE) n. 1174/2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro; - Regolamento (UE) n. 1176/2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici.
  • 76. I. I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 47 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 l’Eurogruppo) esamina e sottopone a valutazione globale la relazione nell’ambito della sorveglianza multilaterale sulle politiche economiche. La Commissione, tenuto conto delle discussioni in seno al Consiglio e all’Eurogruppo, in caso di sviluppi economici significativi e imprevisti che richiedano un’analisi urgente, prepara un esame approfondito per ogni Stato che, a suo avviso, può presentare squilibri eccessivi14 . Qualora la Commissione, sulla base dell’esame approfondito, ritenga che uno Stato membro presenti degli squilibri, ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio e l’Eurogruppo. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, conformemente alla procedura di cui all’articolo 121, paragrafo 2, TFUE, può rivolgere allo Stato membro in questione le necessarie raccomandazioni, informandone il Parlamento europeo. Se in seguito all’esame approfondito, la Commissione ritiene che uno Stato membro presenta squilibri eccessivi, allora si apre la procedura per gli squilibri eccessivi che si articola nelle seguenti fasi: - il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una raccomandazione in cui constata l’esistenza di uno squilibrio eccessivo e raccomanda allo Stato in questione l’adozione di misure correttive. La raccomandazione precisa il termine entro cui lo Stato interessato deve presentare un piano d’azione correttivo; - lo Stato interessato presenta entro il termine indicato dal Consiglio, il piano d’azione correttivo che dispone le misure specifiche attuate o che intende attuare; - il Consiglio valuta il piano d’azione correttivo entro due mesi dalla sua presentazione e, qualora lo consideri soddisfacente, lo approva, su proposta della Commissione, adottando una raccomandazione in cui elenca le misure specifiche necessarie e i termini per la loro adozione e stabilisce un calendario per la sorveglianza; - qualora le misure adottate o previste nel piano d’azione correttivo o il calendario per la loro esecuzione siano invece ritenuti non sufficienti, il Consiglio adotta, su proposta della Commissione, una raccomandazione in cui chiede allo Stato interessato di presentare, di norma entro due mesi, un nuovo piano correttivo, esaminato secondo la stessa procedura sopra richiamata; - sulla base di una relazione della Commissione, il Consiglio valuta, entro il termine stabilito nella raccomandazione, se lo Stato interessato ha adottato le misure raccomandate. Qualora ritenga che tali misure non siano state assunte, il Consiglio, su proposta della Commissione:  adotta una decisione, secondo le regole della maggioranza inversa, in cui dichiara l’inadempienza. Lo Stato interessato può chiedere la convocazione di una riunione del Consiglio per porre ai voti la decisione;  adotta una raccomandazione, sempre a maggioranza inversa, che fissa nuovi termini per l’adozione delle misure correttive; - se il Consiglio ritiene che siano state adottate le misure correttive raccomandate, la procedura è sospesa, e il monitoraggio prosegue secondo il calendario stabilito dalle raccomandazioni del Consiglio; - il Consiglio, su proposta della Commissione, abroga le raccomandazioni assunte non appena ritiene che lo Stato interessato non presenti più squilibri eccessivi rilevati e fa una dichiarazione pubblica al riguardo. Il 13 novembre 2013, la Commissione europea ha presentato al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea e al Comitato economico e sociale europeo, la Relazione 2014 sul meccanismo di allerta (COM(2013)790 final), allegata all’Analisi annuale sulla crescita, la quale ha evidenziato l’accumulo di squilibri in 16 Stati membri15 , tra cui l’Italia. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, nel quadro di valutazione aggiornato, alcuni indicatori superano la soglia indicativa: perdite di quote di mercato delle esportazioni, deprezzamento del tasso di cambio effettivo reale e debito della pubblica amministrazione, elevato debito pubblico, aumento notevole della disoccupazione (soprattutto del tasso di disoccupazione giovanile), della povertà e dell’esclusione sociale. In conclusione, la 14 L’art. 2 del Regolamento (UE) n. 1176/2011 definisce «squilibri»: ogni tendenza che possa determinare sviluppi macroeconomici che hanno, o potrebbero avere, effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione; «squilibri eccessivi»: squilibri gravi, compresi quelli che mettono o potrebbero mettere a rischio il corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria. 15 Gli Stati membri per i quali la Commissione ha proceduto a un esame approfondito sono: Spagna, Slovenia, Francia, Italia, Ungheria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Malta, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Regno Unito, Germania, Lussemburgo e Croazia.
  • 77. ANALISI DELLA SPESA PUBBLICA IN EUROPA: UN ESERCIZIO DI BENCHMARKING 48 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Commissione ha ritenuto utile, anche tenendo conto degli squilibri riscontrati in aprile, di esaminare ulteriormente i rischi insiti nella persistenza degli squilibri. Il 5 marzo 2014 la Commissione europea ha comunicato al Parlamento europeo, al Consiglio e all’Eurogruppo i “Risultati degli esami approfonditi ai sensi del regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici” (COM(2014)150 final), nel quale ha rilevato squilibri in Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Slovenia, Finlandia, Svezia e Regno Unito. Tra questi Croazia, Italia e Slovenia presentano squilibri giudicati eccessivi. L’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico e un’azione politica rigorosa; in particolare deve contrastare un debito pubblico molto elevato e una competitività esterna debole. Nel Documento di Economia e finanza 2014, il Governo italiano ha previsto alcune misure correttive (alcune adottate nel 2013, altre in programma per il 2014) per migliorare la competitività esterna del nostro Paese, favorendo l’internalizzazione delle imprese e l’accesso in nuovi mercati. In particolare, le azioni in programma per il 2014 sono: - Potenziamento del sistema di garanzie dello Stato in favore di operazioni di export e internalizzazione; - Estensione del numero di settori e mercati oggetto dell’attività di promozione dell’ICE; - Voucher per l’assunzione di export manager temporanei; - Rafforzamento del coordinamento tra ICE e Camere di Commercio; - Rafforzamento del supporto di INVITALIA; - Attuazione del Programma Destinazione Italia. Per quanto riguarda invece la sostenibilità del debito pubblico, le azioni in programma per il 2014, previste nel Documento di economia e finanza 2014 sono: - Spending review: implementazione delle misure di revisione della spesa, con nuovi obiettivi di risparmi; - Privatizzazioni: realizzare privatizzazioni delle società pubbliche per 0,7 per cento del Pil l’anno nel periodo 2014-2017; - Contenimento degli stipendi apicali. Qualora la Commissione ritenesse insufficienti le riforme e gli obiettivi esplicitati dagli Stati membri che presentano squilibri eccessivi (come l’Italia) nel Programma nazionale di riforma (PNR) e nel Programma di stabilità (PS) essa potrà presenterà una raccomandazione al Consiglio per fare in modo che gli Stati membri interessati adottino misure correttive nell’ambito del braccio correttivo della PSM. Se necessario, all’inizio di giugno saranno prese ulteriori misure nell’ambito della procedura per i disavanzi eccessivi.
  • 78. PARTE SECONDA GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE
  • 80. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 51 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 1. L’Irpef, con 41 milioni di contribuenti e con un gettito pari al 36 per cento dell’insieme delle entrate tributarie, contribuisce significativamente a dare un contenuto ai due problemi che caratterizzano il sistema tributario del nostro paese: un prelievo elevato, con pesanti ricadute sul costo del lavoro e sugli equilibri dei sistema produttivo; un prelievo mal distribuito, che sottolinea una penalizzante divaricazione fra il paese reale e il paese fiscale. A questi profili e ai limiti denunciati dalla nostra principale imposta nell’assolvere alle responsabilità a essa affidate è dedicato il primo dei quattro paragrafi in cui si articola questo capitolo del Rapporto. Nel secondo paragrafo ci si sofferma, invece, su quelle che sono le “spine” dell’imposta: l’evasione e l’erosione. Nel primo caso, il confronto internazionale continua a penalizzarci, anche a causa dell’intreccio fra evasione, corruzione ed economia sommersa. Ma, anche restando nei confini del sistema paese occorre prendere atto delle non confortanti evidenze che emergono, soprattutto sotto il profilo distributivo, dalle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti. Quanto all’erosione, più delle dimensioni effettive del fenomeno delle “spese fiscali” (ampiamente diffuso nella realtà internazionale), spingono ad una riflessione le ragioni che ne sono all’origine: da quelle che riflettono in modo trasparente il ruolo redistributivo affidato all’Irpef, a quelle che sono espressione di meno trasparenti “fughe dalla progressività”, nel tentativo di trovare a livello settoriale una “scorciatoia” rispetto ai ritardi di una riforma intonata alla riduzione della pressione fiscale. Fra i limiti sopravvenuti all’operatività dell’Irpef va annoverato l’intreccio crescente con le addizionali destinate al finanziamento di Comuni e Regioni. L’esplosione del fenomeno, associata ad un’incontrollata diversificazione territoriale, ha finito per impattare sull’imposta “madre” alterandone l’incidenza e distorcendo ancor più gli equilibri distributivi. A risentire di tale intreccio, oltre ai contribuenti, è la politica fiscale che, da un lato, vede ristretta l’area entro cui esercitare i propri obiettivi redistributivi e di gettito e, dall’altro, deve confrontarsi con scelte non sempre in sintonia effettuate da parte degli enti territoriali. Nel quarto paragrafo, infine, si declinano quelli che appaiono come dei veri e propri limiti specifici all’impiego dell’Irpef come strumento di governo della fiscalità. Due hanno a che fare con l’assetto normativo che disciplina l’imposta: quello, innanzitutto, che restringe la praticabilità di interventi selettivi basati sulle aliquote (destinati, data la struttura per scaglioni, a ripercuotersi sui più disparati livelli di reddito); e quello, in secondo luogo, che frena e distorce l’efficacia di politiche redistributive basate sulle detrazioni d’imposta, in larga parte vanificate dal fenomeno dell’incapienza. C’è infine un terzo limite, identificabile in una sorta di vincolo sociologico e di psicologia sociale a modificare la struttura dell’Irpef: la riluttanza del decisore politico ad assumere decisioni di natura tributaria in una prospettiva che non si configuri come uno sgravio generalizzato. Accade così che scelte selettive, rientranti nell’ambito proprio e naturale della funzione della nostra principale imposta, siano affidate a strumenti “surrogati” ed improvvisati: dai “prelievi di solidarietà” (per livello o per tipologia di reddito), ai “bonus”, ai tagli retributivi tout court..
  • 81. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 52 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo DISTRIBUZIONE E REDISTRIBUZIONE: GLI SPAZI DEL FISCO E I LIMITI DELL’IRPEF 2. La realtà del nostro paese è contrassegnata da pronunciate diseguaglianze distributive, sia dal lato del reddito che da quello della ricchezza. Fra la metà degli anni ottanta e la fine del primo decennio del duemila1 :  il reddito reale disponibile del 10 per cento più ricco della popolazione italiana è cresciuto ad un tasso 5,5 volte più alto di quello relativo ai redditi dei più poveri (1,1 per cento contro lo 0,2 per cento). Fra i paesi dell’area Ocse, solo la Germania e la Svezia hanno registrato un divario più elevato;  la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi è aumentata di circa il 10 per cento nella media dell’area Ocse (con l’indice di concentrazione di Gini2 passato da 0,28 a 0,31) a fronte di oltre il 16 per cento nel caso dell’Italia (indice cresciuto da 0,30 a 0,35). La “mappa della disuguaglianza” costruita sulla base delle dichiarazioni dei redditi 2011 fa emergere3 :  un indice di Gini (0,44) che, oltre ad essere oggettivamente molto alto, riflette marcate differenze territoriali (nel Mezzogiorno, indice più elevato di oltre 3 punti percentuali rispetto al Centro Nord);  una distribuzione del reddito piuttosto concentrata, con il 10 per cento dei contribuenti più ricchi che detiene il 28,7 per cento del reddito complessivo netto e con l’1 per cento più ricco che ne detiene il 6,9 per cento;  rispetto al 2007, l’anno prima dell’inizio della crisi, l’indice di Gini risulta aumentato di quasi un punto percentuale interrompendo una tendenza alla diminuzione che aveva interessato la maggioranza delle province italiane dal 2000. Parallelamente, tornano ad ampliarsi i divari territoriali che, al contrario, avevano registrato una convergenza nella prima parte del decennio. 3. Quanto alla distribuzione della ricchezza, le analisi della Banca d’Italia4 hanno evidenziato che alla fine del 2012:  la ricchezza netta delle famiglie italiane ammontava a poco più di 8.500 miliardi di euro: il 61 per cento in attività reali (di cui i 4/5 in abitazioni) e il 39 per cento in attività finanziarie (al netto delle passività);  la ricchezza netta per famiglia risultava pari, in media, a oltre 357 mila euro, ma la sua distribuzione era caratterizzata da un elevato grado di concentrazione. In proposito, le rilevazioni a fine 2010 indicavano che la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 9,4 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco ne deteneva quasi il 46 per cento. 1 OECD (2011), Growing Income Inequality in OECD Countries: What Drives It and How Can Policy Tackle It? 2 L’indice di concentrazione di Gini rappresenta la misura più comunemente usata per misurare la disuguaglianza. Esso varia tra 0, quando vi è perfetta uguaglianza, e 1, quando tutto il reddito è concentrato nelle mani di un solo individuo. 3 Acciari P. – Mocetti S. (2013), Una mappa della disuguaglianza del reddito in Italia, Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional papers), n. 208 4 Banca d’Italia (2013), La ricchezza delle famiglie italiane, Banca d’Italia, Supplementi al Bollettino Statistico, Indicatori monetari e finanziari.
  • 82. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 53 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Il confronto internazionale, d’altra parte, rivela che5 :  la quota della ricchezza netta mondiale detenuta dalle famiglie italiane sarebbe pari a circa il 4,9 per cento, significativamente superiore alla quota italiana del Pil (meno del 3 per cento) e della popolazione (meno dell’1 per cento) del pianeta.  in Italia c’è il 7,4 per cento di coloro che, nel mondo, hanno una ricchezza superiore a 100 mila dollari (ci precedono solo il Giappone e gli USA) e il 4,6 per cento (quasi 1,5 milioni) di quelli che si collocano oltre 1 milione di dollari (ci precedono anche Germania, UK e Francia);  l’1 per cento più ricco delle famiglie italiane detiene una quota di ricchezza (14,8 per cento della ricchezza complessiva) non lontana da quella detenuta dal 60 per cento delle famiglie più povere (16,5 per cento). 4. A fronte di tale realtà, si colloca un prelievo fiscale eccessivo e mal distribuito. Alla fine del 2013, la pressione fiscale si è commisurata al 43,8 per cento (grafico 1), quasi tre punti oltre il livello segnato all’inizio del terzo millennio e quasi quattro rispetto al valore medio degli altri ventisei paesi UE (40 per cento, in riduzione nell’ultimo decennio). GRAFICO 1 LA PRESSIONE FISCALE: ITALIA VS UE Fonte: elaborazione su dati ISTAT, Eurostat, MEF. 5 Credit Suisse Research, Global Wealth Report 2013.
  • 83. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 54 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Le prospettive, d’altra parte, non suggeriscono significativi cambiamenti nella graduatoria europea che vede l’Italia al quinto posto: in un contesto in cui continua a prevalere la tendenza alla flessione, le previsioni ufficiali per il nostro paese (DEF 2014) annunciano un prelievo in aumento, posponendo al 2017-18 i primi segnali di un’inversione di tendenza. Ancora più significativo risulta il divario che si registra fra Italia ed Europa con riferimento alla distribuzione del prelievo complessivo. L’evidenza delle aliquote implicite gravanti sui principali aggregati macroeconomici segnala, infatti, uno squilibrio fra l’onere a carico dei fattori produttivi e quello sopportato dai consumi e dal patrimonio (tavola 1). L’Italia è al secondo posto quanto a prelievo gravante sui redditi da lavoro (con il 42,3 per cento, sei punti oltre la media europea); al primo posto in quello sui redditi d’impresa (25 per cento, ossia quasi il 50 per cento in più della media UE); al ventiquattresimo posto (con il 17,4 per cento) nel prelievo sui consumi, quasi tre punti in meno rispetto alla UE. TAVOLA 1 ALIQUOTE IMPLICITE DI TASSAZIONE: ITALIA-UE Per quanto, invece, riguarda il prelievo sugli immobili, la realtà italiana ha subito un repentino mutamento a seguito dell’introduzione dell’IMU: il gettito, tradizionalmente pari, in termini di Pil, alla metà di quello medio UE (1,4 per cento), è pressoché raddoppiato in termini reali, determinando l’omologazione dell’Italia all’Europa. L’eccesso di prelievo gravante sul fattore lavoro trova conferma nei dati che l’OCSE6 elabora annualmente con riferimento alla figura tipo del lavoratore dipendente con un reddito pari a quello medio di contabilità nazionale (tavola 2). Nel 2013, il cuneo fiscale (differenza fra costo del lavoro e retribuzione netta) sul lavoratore senza carichi familiari è risultato nel nostro paese superiore di quasi sei punti rispetto a quello medio dell’area euro, segnando (fenomeno comune solo alla Spagna) un ampliamento rispetto agli inizi del secolo. 6 Da ultimo, Ocse, Taxing Wages 2014. (%) ranking (%) ranking (%) ranking Italia 42,3 2^ 25 1^ 17,4 24^ UE (27) 35,8 17 20,1 Differenza 6,5 8 -2,7 Lavoro Impresa Consumi Fonte: Eurostat, Taxation Trends, 2013. Funzioni economiche
  • 84. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 55 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 2 IL CUNEO FISCALE NEI PAESI OCSE: 2000-2013(1) 5. Il gettito tributario del nostro paese proviene per i tre quarti da quattro grandi imposte: l’Irpef, l’IVA, l’Ires e l’Irap. Un livello di concentrazione aumentato rispetto al 2000 (era al 70 per cento), essenzialmente per effetto della dinamica segnata dall’Irpef che, da sola, spiega quasi il 36 per cento delle entrate tributarie della Pubblica Amministrazione. A questa realtà si accompagna l’evidenza di una struttura del prelievo contraddistinta da una limitata potenzialità redistributiva, anche a causa di un ridotto perimetro della progressività. Si consideri in proposito che fra le fonti del gettito complessivo delle Amministrazioni pubbliche (752 miliardi):  poco meno di un terzo è rappresentato dai contributi sociali, prelievo proporzionale sui redditi da lavoro;  quasi un altro terzo è rappresentato dalle imposte indirette , che certamente non sono ispirate a progressività. La stessa IVA (15 per cento del gettito totale), se ha un carattere leggermente progressivo rispetto alla spesa, è regressiva rispetto al reddito;  le imposte sulla ricchezza immobiliare risentono di una significativa divaricazione fra il valore del patrimonio abitativo dichiarato ai fini fiscali e la ricchezza immobiliare effettiva7 . Peraltro, le periodiche rivalutazioni e, da ultimo, i moltiplicatori applicati per determinare l’imponibile IMU e Tasi (dal 2014), hanno comportato l’accentuazione delle distorsioni implicite in un sistema catastale obsoleto;  la discriminazione qualitativa e quantitativa sul versante impositivo è affidata essenzialmente all’Irpef, ossia a poco più di un quinto delle entrate complessive della Pubblica Amministrazione. 7 Secondo l’Agenzia del Territorio (Gli immobili in Italia, 2012), il valore di mercato del patrimonio abitativo è 2,1 volte quello assunto dal fisco a base dell’IMU. Paese 2013 Differenza vs 2000 Belgio 55,8 -1,3 Francia 48,9 -1,5 Germania 49,3 -3,6 Italia 47,8 0,7 Svezia 42,9 -7,2 Spain 40,7 2,1 Olanda 36,9 -3,1 Danimarca 38,2 -5,9 Regno Unito 31,5 -1,1 Irlanda 26,6 -2,3 OECD- media 35,9 -0,8 OECD-EU21 42 -1,6 Fonte: elaborazioni su dati OCSE, Database Tax. Il cuneo fiscale nei paesi Ocse: 2000-2013 (1) (1) Prelievo fiscale e contributivo sulla retribuzione media del lavoratore dipendente senza carichi di famiglia in percentuale del costo del lavoro.
  • 85. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 56 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Non deve dunque meravigliare la fotografia tracciata da Eurostat8 , secondo cui:  l’azione redistributiva operata sulla distribuzione primaria dall’intervento pubblico ha ridotto di 9 punti la disuguaglianza nella media dei paesi UE. L’Italia, con una riduzione inferiore a 6 punti si colloca agli ultimi posti nella graduatoria fra paesi;  nella realtà italiana, pesa il più basso apporto dei trasferimenti monetari, ma anche la più contenuta redistribuzione riconducibile al prelievo fiscale. 6. Interessata nell’ultimo decennio da tre successivi interventi di ampio respiro (2003, 2005, 2007) e, più recentemente, da un duplice ritocco delle detrazioni d’imposta (2013, 2014), la struttura dell’Irpef ha finito per caratterizzarsi per un’accentuata progressività e, in un contesto favorevole al prodursi del fenomeno del “fiscal drag”, ha determinato significativi aumenti del prelievo (si veda il riquadro “L’Irpef e il fiscal drag”). Fra il 2000 e il 2014 il numero degli scaglioni è rimasto invariato (cinque) ma la distanza fra l’aliquota massima (scesa dal 45,5 per cento al 43 per cento) e quella minima (aumentata dal 18,5 per cento al 23 per cento) si è ridotta di sette punti. Conseguentemente, e anche per la rimodulazione delle detrazioni e della soglia di esenzione, la progressività si è accentuata, in particolare sui redditi medi (colpiti dal “salto” di aliquota di 11 punti nel passaggio dal secondo al terzo scaglione, appena superati i 28 mila euro di imponibile). Significative indicazioni in ordine alle potenzialità dell’Irpef e delle specificità della realtà italiana possono trarsi sulla scorta della tradizionale indagine dell’Ocse9 , basata sulla tassazione di alcune figure di contribuente tipo. Una prima indicazione si registra (tavola 3) per quanto riguarda l’entità del prelievo che, nel 2013, colloca il contribuente italiano single al 21,5 per cento e al sesto posto nella graduatoria dei 34 paesi dell’area Ocse (davanti a molte realtà nordeuropee). Sensibile l’accelerazione registrata rispetto al 2000: i quasi due punti di aumento dell’aliquota hanno comportato un balzo di cinque posti nel ranking internazionale. 8 Atkinson, A.B. – Marlier, E. (2010), Income and living conditions in Europe. Eurostat- Statistical Books. 9 L’Ocse effettua annualmente un confronto internazionale basato sull’andamento della retribuzione di un lavoratore dipendente pari a quella media di contabilità nazionale. Le tipologie di contribuente utilizzate si riferiscono al single e al lavoratore con carichi di famiglia, nelle loro diverse articolazioni. Per ciascuna di esse, applicando la normativa vigente (prelievo fiscale e contributivo, sussidi monetari,…) si ricostruisce il prelievo relativo a tre livelli di reddito: quello “medio” di contabilità nazionale e quelli pari al 67 per cento e, rispettivamente, al 167 per cento di quello medio.
  • 86. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 57 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 3 L'INCIDENZA DELL'IMPOSTA SUL REDDITO: ITALIA VS EUROPA, 2000-2013(1) In direzione opposta si è mosso il prelievo nel caso del contribuente con coniuge e due figli a carico: il 14,4 per cento del 2013 segnala una riduzione di oltre un punto rispetto all’inizio del secolo; ciò che, in presenza di più incisivi ridimensionamenti del ruolo dell’Income Tax di altri paesi, non ha impedito al contribuente italiano un avvicinamento (dal 13^ all’11^ posto) alla vetta della graduatoria Ocse. 7. La ridotta tassazione dei redditi accordata al contribuente con familiari a carico esprime un’esigenza di “discriminazione qualitativa” pressoché generalizzata nei sistemi tributari internazionali. Verificare quanto essa sia significativa consente di esprimere un giudizio circa il livello di attenzione dei diversi paesi nei confronti della tassazione del reddito familiare. Le stime Ocse risultano indicative anche su questo versante, pur nella consapevolezza della molteplicità delle variabili che possono influire sulla determinazione del livello di tassazione familiare (la composizione del nucleo; i sistemi di tassazione, basati sull’individuo o sulla famiglia; l’intreccio fra equità orizzontale ed equità verticale e la graduazione degli “aiuti” alla famiglia in misura inversamente proporzionale al crescere del reddito; l’affiancamento all’imposta personale sul reddito di forme di trasferimento monetario legate alla composizione e al reddito del nucleo familiare,…). 2013 var. sul 2000 2013 2010 2013 var. sul 2000 2013 2010 Danimarca 35,8 3,5 1 1 31,8 6,2 1 3 Belgio 28,6 -0,5 2 2 17,5 -1,4 7 6 Islanda 27,9 2,6 3 6 18,5 2,3 5 12 Australia 23,1 -3,5 4 5 23,1 -2,5 2 4 Finlandia 22,5 -4,3 5 3 22,5 -4,3 3 1 Italia 21,5 1,7 6 11 14,4 -1,2 11 13 Norvegia 21,4 -1,5 7 8 18,9 0,7 4 8 Germania 19,1 -3,6 8 9 0,8 -0,7 30 31 Svezia 18,0 -8,7 9 4 18,0 -8,7 6 2 Spagna 16,6 3,1 14 21 9,0 3,8 16 22 Austria 16,2 3,3 15 23 14,2 2,5 12 16 Portogallo 16,2 4,7 16 24 6,1 0,0 24 21 Olanda 15,7 6,1 18 27 15,2 10,4 9 24 Regno Unito 14,7 -2,7 21 15 14,7 -2,7 10 11 Francia 14,6 -1,1 22 18 8,5 1,2 19 18 Media Ocse 15,5 -0,5 10,2 -1,1 Ranking OcseRanking Ocse di un lavoratore dipendente pari a quella media di contabilità nazionale (per l'Italia, 29.704 euro nel 2013). (1) L'incidenza del prelievo è calcolata applicando la normativa fiscale vigente in ciascun paese alla retribuzione Fonte: elaborazioni su dati Ocse. Paesi contribuente single contribuente con coniuge e 2 figli Incidenza prelievo (%) Incidenza prelievo (%)
  • 87. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 58 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Tenendo presenti tali caveat è comunque possibile rilevare che, fra il 2000 e il 2013, nel nostro paese è aumentata l’attenzione del fisco nei confronti della famiglia monoreddito e con figli. In particolare, il confronto intertemporale e fra paesi evidenzia che (grafico 2): GRAFICO 2 IMPOSTA SUI REDDITI E FAMIGLIA IN ALCUNI PAESI: 2000-2013 (RIDUZIONE DI PRELIEVO RISPETTO AL SINGLE) Fonte: elaborazione su dati OCSE.  nel 2013, a parità di reddito (uguale alla retribuzione media del lavoratore dipendente), lo “sconto” di cui ha beneficiato il lavoratore italiano con carichi familiari ha comportato la riduzione di un terzo dell’aliquota media gravante sul contribuente senza carichi. Rispetto al 2000 (quando la riduzione si commisurava ad un quinto), si tratta di una “discriminazione qualitativa” significativa che pone il nostro paese in sintonia con realtà (come la Francia, il Belgio e la Germania) che utilizzano specifici meccanismi agevolativi nella tassazione dei redditi familiari (quotient familial e splitting);  il risultato italiano si è concretizzato soprattutto attraverso l’adeguamento delle detrazioni per figli a carico e risulterebbe di dimensioni pressoché doppie ove si tenesse conto anche degli effetti prodotti dall’assegno per il nucleo familiare. L’entità dello “sconto” fiscale (come pure dell’assegno per il nucleo familiare) è saldamente ancorata al livello del reddito del nucleo, la cui crescita ne riduce progressivamente la portata, fino a determinarne la scomparsa; ciò che confina lo “sconto” ai livelli di reddito medio-bassi, in un intreccio di discriminazione qualitativa e quantitativa.
  • 88. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 59 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 8. La terza indicazione che è possibile trarre dall’indagine periodica dell’Ocse riguarda il grado di progressività dell’imposizione personale sui redditi, quale emerge per i tre livelli retributivi assunti dall’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: quello pari alla retribuzione media da lavoro dipendente e quelli corrispondenti al 67 per cento e, rispettivamente, al 167 per cento di tale retribuzione. Il confronto (grafico 3) suggerisce che, rispetto al 2000, la nostra Irpef ha fatto registrare un lieve aumento del grado di progressività che, tuttavia, continua ad essere più contenuto rispetto a quello implicito nell’operare della Income Tax di altri paesi. In particolare, emergono le seguenti indicazioni:  fatto uguale a 100 il prelievo sulla retribuzione media, quelli relativi agli altri due livelli reddituali sono compresi, nel 2000, in un arco di circa 51 punti (il 24 per cento in meno gravante sul reddito pari al 67 per cento di quello medio e il 27 per cento in più gravante sul reddito pari al 167 per cento di quello medio);  il divario risulta lievemente cresciuto nel 2013 (fino a circa 52 punti), a testimonianza di un assetto Irpef appena più progressivo rispetto a tredici anni prima. Ma tale risultato è il frutto di due opposte tendenze: da un lato, una più contenuta azione redistributiva nei confronti dei redditi medio-bassi (l’indagine Ocse mostra che in corrispondenza di un livello di reddito pari al 67 per cento di quello medio il differenziale di prelievo si è ridotto di cinque punti rispetto al 2000); dall’altro, un’accentuazione del grado di progressività per i livelli di reddito più elevati (per un reddito pari al 167 per cento di quello medio, il differenziale di prelievo è cresciuto di quasi sei punti);  il grado di progressività e le tendenze manifestate nell’arco di tempo in esame avvicinano la realtà italiana a quella francese. Piuttosto lontane restano, invece, le distanze da altri paesi, come la Svezia e il Regno Unito, la cui imposta sul reddito delle persone fisiche ha combinato, fra il 2000 e il 2013, un’accresciuta attenzione nei confronti dei livelli di reddito più bassi con un’accelerazione della progressività a carico dei redditi eccedenti quello medio. GRAFICO 3 GRADO DI PROGRESSIVITÀ DELL'IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE IN ALCUNI PAESI: 2000 VS 2013
  • 89. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 60 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Fonte: elaborazioni su dati Ocse. L’IRPEF E IL “FISCAL DRAG” 1. Il drenaggio fiscale (o “fiscal drag”) consiste nell’aumento di carico fiscale prodotto dalla combinazione fra progressività dell’imposta e inflazione. É quanto avviene, in particolare, nel caso dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), allorquando, in presenza di parametri (scaglioni, detrazioni, deduzioni) definiti in termini nominali, un aumento monetario della base imponibile comporta, a parità di reddito reale, una crescita dell’aliquota media: sia perché parti di imponibile possono slittare verso aliquote superiori; sia perché detrazioni e deduzioni in cifra fissa finiscono per perdere di peso di fronte all’inflazione; sia, infine, perché in presenza di detrazioni decrescenti al crescere del reddito, un aumento monetario dell’imponibile determina un parallelo ridimensionamento dell’importo della detrazione. In passato, ed in contesti inflazionistici pronunciati, il nostro legislatore è intervenuto più volte sulla struttura dell’Irpef per tenere conto del fenomeno (l’ultimo intervento legislativo, esplicitamente finalizzato al recupero del “fiscal drag”, si registrò con la legge finanziaria 2001). 2. Indicazioni circa l’entità del fiscal drag nell’ultimo decennio e il ruolo “compensativo” svolto dalla politica tributaria possono trarsi dal prospetto che segue in cui sono quantificati gli effetti dei tre fattori (progressività, fiscal drag monetario e politica tributaria) che, fra il 2001 e il 2013, hanno concorso a definire il livello del prelievo Irpef a carico di un lavoratore dipendente con un reddito pari a quello medio di contabilità nazionale.
  • 90. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 61 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 FATTORI DI VARIAZIONE DELL’IRPEF SULLA RETRIBUZIONE MEDIA: 2001-2013 (in % del reddito imponibile di un dipendente con coniuge e due figli a carico) Fonte: CER-Ires, La dinamica salariale fra inflazione, federalismo e fiscal drag, 2013. Le indicazioni che emergono possono essere riassunte nei termini seguenti:  per una metà degli anni considerati vi è una quota (seppure piccola) di crescita del prelievo dovuta ad un aumento del salario reale. Degli anni restanti, tre si caratterizzano per l’assenza di qualunque variazione imputabile alla progressività dell’imposta (a testimonianza dell’invarianza del salario lordo reale), mentre per altri tre (dal 2011 al 2013) il fenomeno assume un segno negativo (conseguenza di una riduzione del salario reale);  in tutti gli anni opera il fiscal drag monetario, le cui dimensioni appaiono direttamente correlate ai livelli d’inflazione (tipiche le “punte” del 2003, 2008 e del biennio 2011-12), nonché al grado di elasticità dell’imposta (relativamente più elevato nel caso del contribuente “coniugato” che, usufruendo di maggiori detrazioni, è più esposto al fiscal drag);  l’azione del legislatore solo in alcuni anni determina una variazione del peso dell’Irpef: sono gli anni delle riforme (2003, 2005 e 2007) e, limitatamente al contribuente “coniugato”, anche il 2002 e il 2013 (a seguito dell’adeguamento delle detrazioni per familiari a carico). In queste occasioni, e soprattutto per il “coniugato”, la riduzione di prelievo dovuta alla politica tributaria va oltre un’integrale compensazione del fiscal drag, provocando un aumento del salario reale netto maggiore di quello del salario reale lordo. Prelievo anno precedente Fiscal drag reale Fiscal drag monetario Fiscal drag totale Politica tributaria Totale Prelievo nell'anno (1) (2) (3) (4)=(2)+(3) (5) (6)=(4)+(5) (7)=(1)+(6) 2002 14,5 0,0 0,4 0,4 -2,1 -1,7 12,8 2003 12,8 0,1 0,7 0,9 -1,4 -0,5 12,3 2004 12,3 0,3 0,5 0,8 0,0 0,8 13,1 2005 13,1 0,4 0,4 0,8 -1,9 -1,1 12,0 2006 12,0 0,2 0,4 0,6 0,0 0,6 12,6 2007 12,6 0,0 0,4 0,3 -1,4 -1,1 11,6 2008 11,6 0,0 0,6 0,6 0,0 0,6 12,2 2009 12,2 0,2 0,2 0,4 0,0 0,4 12,6 2010 12,6 0,1 0,2 0,4 0,0 0,4 13,0 2011 13,0 -0,2 0,5 0,2 0,0 0,2 13,2 2012 13,2 -0,4 0,6 0,2 0,0 0,2 13,4 2013 13,4 -0,1 0,4 0,3 -0,9 -0,6 12,8 Anno Variazioni del prelievo dovute a:
  • 91. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 62 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo EVASIONE ED EROSIONE: SPINE DEL SISTEMA, SPINE DELL’IRPEF 9. Per quanto significativo, il ruolo dell’Irpef fin qui emerso è parziale e limitato: livello del prelievo complessivo, incidenza dell’imposta sulle singole figure di contribuente, dimensioni della discriminazione verticale e orizzontale riflettono, tutti, l’immagine di un assetto solo formalmente in regola con i dettami normativi10 . Ma la realtà è diversa nella misura in cui deve tenere conto di due variabili che influiscono pesantemente sul livello e sulla distribuzione del prelievo: l’evasione e l’erosione. Variabili che, unitamente ai parametri principali definiti dalle norme (scaglioni e aliquote), concorrono a definire la mappa “ufficiale” del sistema Irpef. I tratti più salienti di tale mappa possono essere così sintetizzati (tavola 4): TAVOLA 4 LA DISTRIBUZIONE DEI CONTRIBUENTI IRPEF (2011) 10 Le quantificazioni dell’Ocse richiamate nel precedente paragrafo si basano, infatti, sulla puntuale applicazione della normativa fiscale a determinati livelli di reddito. Tipologia di reddito prevalente(1) Complesso contribuenti Dipendenti Pensionati Impren- ditori Autonomi con partita IVA Redditi da parteci- pazione Contribuenti (migliaia) 41.321 48,7 34,1 3,7 1,3 3,4 Reddito (milioni) 804.526 53,8 29,8 4,0 4,0 4,5 Imposta netta (milioni) 152.219 55,8 25,6 3,7 5,8 5,3 Primo 50% contribuenti - quota reddito 18,8 22,6 25,0 14,4 16,8 14,5 - quota imposta 6,5 10,0 7,7 5,8 8,7 5,8 Ultimo 5% contribuenti - quota reddito 22,9 20,6 16,7 24,4 25,1 27,3 - quota imposta 38,5 35,2 30,2 41,5 33,3 46,1 Imposta netta media (migliaia) 4,82 5,14 3,75 5,37 17,89 7,56 Incapienti - numero 9.731 3.960 3.689 483 59 328 - in % totale tipologia 23,5 19,7 26,2 31,3 10,7 23,5 Contribuenti oltre 100 mila € - numero 428.032 170.265 19.965 19.517 59.814 32.515 - in % totale tipologia 1,04 0,85 0,14 1,27 10,78 2,33 Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF. (1) Nella tavola sono riportate le più rilevanti tipologie di reddito prevalente (classificazione dei contri- buenti sulla base della tipologia di reddito più rilevante, fra quelli dichiarati). Fra quelle non comprese, che esprimono circa l'8% dei contribuenti, la più significativa riguarda il "proprietario di fabbricati". distribuzione % in % totale
  • 92. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 63 Sezioni riunite in sede di controllo 2014  i contribuenti che dichiarano prevalentemente reddito da lavoro dipendente esprimono quasi il 54 per cento del reddito complessivo e pagano quasi il 56 per cento dell’intera Irpef. Nella stessa direzione (quota d’imposta superiore alla quota di reddito) vanno gli autonomi con partita Iva e i redditi da partecipazione. Opposta la direzione marcata dai pensionati e dagli imprenditori: redditi di livello più basso si traducono in una sottodimensionata partecipazione al complessivo gettito dell’imposta;  la distribuzione del reddito e dell’imposta è molto articolata. La prima metà dei contribuenti (i primi 10 “ventili”11 , oltre 20,6 milioni con reddito più basso) dichiara il 18,8 per cento del reddito complessivo pagando appena il 6,5 per cento della relativa imposta. Il 5 per cento di quelli con il reddito più elevato (ultimo “ventile”, poco più di 2 milioni) dichiara quasi il 23 per cento del reddito complessivo e paga oltre il 38 per cento dell’imposta;  la distribuzione per tipologia di reddito prevalente segnala una distribuzione più uniforme per i dipendenti e i pensionati: la quota di reddito dichiarata dal primo 50 per cento della scala dei redditi si aggira intorno ad un quarto del totale, a fronte di risultati molto più modesti per le altre tipologie reddituali, indicativi di redditi medi significativamente più bassi (per imprenditori e redditi da partecipazione). Per contro, queste ultime tipologie vedono concentrata gran parte del reddito e dell’imposta nel 5 per cento dei contribuenti “più ricchi”. Insomma, fra i redditi non soggetti a ritenuta alla fonte si manifesta una realtà fortemente differenziata: da un lato la gran massa dei contribuenti appiattita su livelli reddituali molto contenuti; dall’altra, una ridotta quota di contribuenti che esprime la gran parte del reddito e dell’imposta assolta dalla categoria;  la conclusione che precede trova conferma nel numero degli “incapienti”12 : in complesso sono circa 10 milioni, quasi un quarto dei dichiaranti. Ma fra le tipologie a più alta diffusione del fenomeno si segnalano (accanto ai pensionati, con un 26 per cento di soggetti incapienti) anche gli imprenditori con una quota (31,3 per cento) nettamente più elevata della media di sistema;  una seconda conferma si ricava guardando ai contribuenti che dichiarano più di 100 mila euro. Nel complesso si tratta di 428 mila soggetti, ossia poco più dell’1 per cento dell’intera platea Irpef. Ma quote più alte si registrano proprio per quelle tipologie di reddito (redditi da impresa, redditi da partecipazione, redditi da lavoro autonomo) che si segnalano per la base reddituale (il primo 50 per cento dei contribuenti) relativamente più povera. Le statistiche ufficiali, insomma, testimoniano la coesistenza di due facce dell’Irpef: da una parte, quella che racchiude la gran massa dei contribuenti soggetti a ritenute alla fonte; dall’altra, quella che riflette la realtà di redditi autocertificati. 10. L’evasione fiscale continua ad essere per il nostro Paese un problema di straordinaria gravità, tra le prime cause, se non la principale, delle difficoltà del sistema produttivo, dell’elevato costo del lavoro, dello squilibrio dei conti pubblici, del malessere sociale esistente. 11 Divisione della platea dei contribuenti in 20 parti uguali, ognuna pari al 5 per cento. 12 Contribuenti che dichiarano un reddito talmente basso da risultare esentati dal pagamento dell’imposta.
  • 93. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 64 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Il confronto internazionale (grafico 4), riferito al più ampio fenomeno dell’economia sommersa, vede l’Italia ai vertici quanto a dimensioni del fenomeno: il 21,1 per cento del Pil nel 2013, nonostante la lieve flessione registrata nel corso degli anni più recenti; un livello che colloca il nostro paese ai vertici della graduatoria UE-17, in compagnia di Estonia, Grecia, Cipro, Malta e Slovenia. GRAFICO 4 L'ECONOMIA SOMMERSA IN EUROPA (2013) Fonte: European Commission, Tax reforms in EU Member States 2013, European Economy 5/2013. Per quanto invece concerne la componente evasione fiscale, vanno innanzitutto richiamate le recenti stime effettuate dall’Agenzia delle Entrate, con specifico riferimento all’Iva e all’Irap. Nel primo caso l’evasione, misurata attraverso la “propensione a non dichiarare” (come l’Agenzia rappresenta il fenomeno), pur mostrando un ridimensionamento nel corso dell’ultimo decennio, resta significativamente elevata. Nel 2011, la sottrazione di base imponibile, circa 250 miliardi in valore assoluto, si commisura al 27 per cento dell’imponibile potenziale, quattro punti in meno rispetto al 2000. Nello stesso anno, il gettito che è venuto a mancare alle casse dello Stato è risultato pari al 28 per cento del gettito potenziale (era il 32 per cento nel 2000), con una sottrazione d’imposta dell’ordine di 46 miliardi.
  • 94. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 65 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Nel caso dell’Irap, invece, la “propensione a non dichiarare” (stimata per le annualità 2007-2009 al 19,4 per cento), conferma che, anche se in diminuzione, l’evasione fiscale resta un fenomeno molto grave per il sistema tributario e per l’economia del nostro paese. Per l’insieme dei due tributi, dunque, il vuoto di gettito creato dall’evasione sarebbe ammontato nel solo 2011 ad oltre 50 miliardi. Una cifra di tutto rispetto, anche se limitata ad un segmento del nostro sistema tributario: due sole imposte che, con meno di 150 miliardi, spiegano appena un quinto delle entrate tributarie complessive della pubblica amministrazione; restando invece escluse altre forme di prelievo ugualmente rilevanti e “a rischio”, come l’Irpef. Le implicazioni del fenomeno emergono nettamente quando si va a calcolare la pressione fiscale “effettiva”, rapportando il carico impositivo solo al Pil “dichiarato” al fisco, con esclusione della ricchezza non dichiarata (ma ricompresa, per stima, nel Pil ufficiale). Un esercizio di questo tipo, condotto depurando il Pil dell’ammontare stimato dei redditi evasi, ha consentito sia di correggere verso l’alto il livello della pressione fiscale (quella “effettiva” si è impennata oltre il 50 per cento, più di dieci punti rispetto a quella “apparente”), sia di evidenziare un ampliamento della distanza dai partners europei (penalizzati da tassi di evasione più contenuti). La variabile evasione, insomma, incide profondamente sul livello della pressione fiscale, ne falsa la corretta percezione, distorce la sua distribuzione e rende il confronto con l’Europa più penalizzante. 11. La gravità del fenomeno, d’altra parte, risulta accentuata dalla sua distribuzione (si veda il riquadro: “La distribuzione dell’evasione”), e dalle ulteriori distorsioni che ne derivano. E’ evidente, in proposito, il ruolo giocato da una serie di variabili soggettive (la tipologia dei contribuenti) ed oggettive (l’area impositiva, la natura e le modalità di effettuazione delle transazioni). Sotto tali profili, un’imposta come l’Irpef, è per sua natura particolarmente esposta all’evasione: sia per l’ampiezza della base imponibile a rischio, sia per la progressività che caratterizza le sue aliquote, sia, infine, per il legame che si viene ad instaurare fra evasione fiscale ed evasione da spesa sociale: l’evasore fiscale, infatti, riesce spesso a collocarsi in posizione reddituale utile per conseguire, in aggiunta ai frutti diretti dell’evasione, anche i benefici dello stato sociale. Questa particolare esposizione all’evasione finisce per intaccare, fino a metterlo in discussione, il fondamentale ruolo che l’Irpef ha assunto sin dalla sua introduzione per l’attuazione dei principi dell’equità verticale ed orizzontale. Una conclusione, questa, che risulta ancora più rilevante ove si consideri che la nostra principale imposta rappresenta oggi, insieme agli assegni familiari, il principale strumento per attenuare il carico fiscale delle famiglie a basso reddito e con un numero elevato di componenti; sebbene non sia lo strumento di sostegno più adatto non essendo previsti meccanismi di sussidio o forme di “imposta negativa”.
  • 95. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 66 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Le più recenti stime13 sulle dimensioni dell’evasione Irpef sono riferite a un anno d’imposta lontano: il 2004, quando l’imposta riguardava poco più di 40 milioni di contribuenti (circa il 70 per cento della popolazione italiana), che avevano dichiarato redditi per 680 miliardi e pagato un’imposta per 124 miliardi (pari a un terzo delle entrate tributarie delle Amministrazioni pubbliche). Ciononostante, dovrebbero riflettere tendenze tuttora in corso. TAVOLA 5 L'EVASIONE IRPEF: DIFFERENZE PER GENERE, ETÀ, TERRITORIO E REDDITO (2004) I risultati ottenuti per l’intera platea dei soggetti Irpef indicano un tasso medio di evasione pari al 13,5 per cento dei redditi (tavola 5). Più in dettaglio, dall’analisi emerge una maggiore propensione a evadere per i contribuenti più giovani (19,9 per cento, contro 10,6 per coloro che si trovano nella classe intermedia e 2,7 per gli ultra sessantaquattrenni), per quelli che vivono nel Centro (17,4 per cento, contro 14,8 nel Nord e 7,9 nel Sud) e per gli uomini (17,3 per cento contro 9,9 delle donne). Ancora più significative sono le indicazioni che emergono distinguendo i contribuenti per tipologia 13 Marino M.R. – Zizza R., L’evasione dell’Irpef: una stima per tipologia di contribuente, SIEP, 2008. Le stime, condotte nell’ambito dell’Ufficio studi Banca d’Italia, sono basate sul confronto fra i dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane del 2004 della Banca d’Italia e quelli delle dichiarazioni fiscali relative ai redditi dello stesso anno. Tasso di evasione (% ) Genere Uomo 17,3 Donna 9,9 Classi di età età < = 44 19,9 44 < età < = 64 10,6 età > 64 2,7 Area geografica Nord 14,8 Centro 17,4 Sud 7,9 Tipologia contribuente Lavoratore dipendente -1,6 Pensionato -0,8 Lavoratore autonomo / imprenditore 56,3 Rentier 83,7 Pensionato e lavoro dipendente -7,7 Lavoratore autonomo con lavoro dipendente o con pensione 44,6 Categoria residuale (1) -47,5 Intera popolazione 13,5 Caratteristiche Fonte: Marino M.R. - Zizza R., L’evasione dell’Irpef: una stima per tipologia di contribuente, Banca d'Italia-Siep, 2008. (1) Che include, tra gli altri, i contribuenti con posizione lavorativa tripla.
  • 96. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 67 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 di redditi percepiti: particolarmente elevato risulta il tasso di evasione del lavoro autonomo e dei titolari di solo redditi da fabbricati, a fronte di un’evasione modesta o addirittura negativa dei titolari di reddito da lavoro dipendente o da pensione. 12. L’altra “spina” del sistema tributario, e in particolare dell’Irpef, è rappresentata dall’erosione fiscale, ossia dall’insieme di quei trattamenti tributari differenziati (deduzioni, detrazioni, esclusioni, esenzioni e aliquote ridotte) che, traducendosi in una riduzione di gettito, producono sul bilancio pubblico un effetto analogo ad un aumento di spesa (da cui il termine tax expenditures). Il fenomeno, ovviamente, non è solo italiano. Come non appartiene solo al nostro Paese la consapevolezza degli ulteriori effetti (oltre quello di deprimere il gettito) generati dal fenomeno: i) l’aggiramento delle regole che presidiano il livello, l’evoluzione e la copertura della spesa pubblica; ii) il vulnus che si determina nella capacità di valutare in quale misura l’allocazione delle risorse pubbliche rifletta le priorità politiche; iii) il concreto rischio, infine, di generare effetti negativi dal punto di vista dell’equità (verticale ed orizzontale) del sistema tributario. Molti paesi (diciotto solo nella UE-27) sono da tempo impegnati a monitorare il fenomeno in vista di una sua revisione. Fra essi l’Italia, che ha recuperato velocemente il suo ritardo. Recentemente, nell’ambito della legge delega per la revisione del sistema fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23): i) si è introdotto l’obbligo per il Governo di redigere, con cadenza annuale, un rapporto sulle spese fiscali; ii) lo si è delegato ad introdurre disposizioni finalizzate alla riduzione, eliminazione o modifica delle spese fiscali che appaiono superate o ingiustificate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione; iii) si è stabilito che le risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali vadano a confluire, unitamente al recupero di evasione, in un “Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale”. Ma già da tempo si era posto mano al problema attraverso il censimento operato da un apposito Gruppo di lavoro istituito presso il MEF14 . Da esso è emerso che le agevolazioni fiscali individuate (720, in tutto) si distribuiscono fra tutti i settori impositivi (tavola 6), anche se l’impatto sul gettito (quantificato in quasi 254 miliardi di euro) si concentra per il 65 per cento sulle prime dieci, coinvolgendo un elevato numero di beneficiari (fino ai 36,3 milioni della detrazione per i redditi da lavoro e pensione) e livelli medi di beneficio fortemente diversificati e talora molto rilevanti. Stando a tale censimento il fenomeno dell’erosione fiscale presenterebbe, dunque, dimensioni superiori a quelle dell’evasione. E la quota che insiste sulla struttura dell’Irpef è molto significativa, sia nel numero delle agevolazioni (176, circa un quarto del totale), sia nelle ricadute sul gettito (ben 105 miliardi, ossia quasi il 40 per cento dei “costi” complessivi prodotti dal fenomeno). Peraltro, una grossa fetta delle agevolazioni riguardanti l’Irpef assume connotati particolari, venendosi a configurare come una sorta di eccezione alla progressività dell’imposta. Il fenomeno riguarda quei redditi che, fin dalla nascita dell’Irpef, sono soggetti a tassazione sostitutiva (attività finanziarie) o lo sono con determinazione catastale dell’imponibile (terreni e fabbricati). Ma si tratta anche di altri redditi che nel corso degli anni sono stati esclusi da tassazione (prima casa) o sono stati assoggettati a 14 http://www.mef.gov.it/ primo-piano/documenti/ 20111229/ Relazione_finale_del_gruppo_di_lavoro_ sullxerosionefiscale.pdf.
  • 97. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 68 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo prelievo sostitutivo (remunerazioni della produttività, regime dei minimi e delle nuove iniziative produttive, cedolare secca sugli affitti, ecc…). Un fenomeno di “fuga dall’Irpef” (e dalla sua progressività) che non è mai cessato e, anzi, è aumentato di pari passo con la crescita del prelievo complessivo, configurandosi come una sorta di “scorciatoia” - perseguita da questa o quella categoria - rispetto alle difficoltà e ai ritardi di una riforma tributaria intonata alla riduzione della pressione fiscale. TAVOLA 6 AGEVOLAZIONI, ESENZIONI, REGIMI AGEVOLATI In ogni caso, un fenomeno che ha condotto alla proliferazione di regimi agevolativi (tavola 7) suscettibili di intaccare significativamente la base imponibile dell’imposta, con un effetto erosione che può essere stimato non inferiore a 110 miliardi, ossia circa il 14 per cento del reddito dichiarato ai fini Irpef, cui si aggiungono circa 10 miliardi di imponibile sottratto, tout court, a tassazione. A FAVORE DELLE PERSONE FISICHE 176 104.864 - per la casa 21 9.489 - per la famiglia 27 21.056 - per lavoro e pensioni 61 58.095 - erogazioni liberali e terzo settore 19 135 - altre 48 16.089 di cui: fiscalità finanziaria 15.878 A FAVORE DI ENTI NON COMMERCIALI 47 392 A FAVORE DELLE IMPRESE 78 31.954 - imposte dirette 50 23.668 - crediti d'imposta 23 1.386 - Irap 5 6.900 CHE LEGANO IMPONIBILE A RENDITA CATASTALE 2 63.955 IN MATERIA DI ACCISA 61 2.372 IN MATERIA DI IVA 117 40.944 di cui: Beni con aliquota al 10% 25.562 Beni con aliquota al 4% 14.566 IN MATERIA DI REGISTRO E IPOCATASTALI 100 4.015 IN MATERIA DI IMPOSTA SULLE ASSICURAZIONI 5 1.230 IN MATERIA DI TRIBUTI LOCALI 136 4028 TOTALE 720 253.754 Misure Numero Costi (milioni €) Fonte: MEF, Gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, novembre 2011 .
  • 98. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 69 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 7 LE PIÙ SIGNIFICATIVE "FUGHE" DALL'IRPEF D’altra parte, le tipologie di spese fiscali presenti nella struttura della nostra Irpef non sono diverse da quelle di altri paesi (tavola 8): quasi dappertutto, quelle più diffuse e rilevanti riguardano il trattamento dei redditi da lavoro e da pensione e quello della famiglia. Descrizione Contribuenti interessati (migliaia) Natura della misura Imponibile sottratto a progressività (milioni) Imponibile sottratto a tassazione (milioni) Tassazione redditi da attività finanziarie 25.000 Regime sostitutivo 49.700 Redditi agrari e dominicali (tassazione su base catastale) 12.853 2.120 Redditi da fabbricati (tassazione su base catastale) 20.997 35.000 Nuove iniziative produttive 66.901 Regime sostitutivo 300 Deduzione abitazione principale 24.200 Deduzione 8.510 Detassazione premi produttività 6.793 Regime sostitutivo 13.350 Regime dei minimi 622 Regime sostitutivo 6.017 Regime agevolato per associazioni sportive dilettantistiche, bande, cori 50 Regime speciale 100 Cedolare secca 504 Regime sostitutivo 4.219 Fonte: elaborazione e stime CER su dati Dipartimento Finanze-MEF e del Gruppo di lavoro sull'erosione fiscale (Relazione finale novembre 2011).
  • 99. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 70 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 8 PRINCIPALI SPESE FISCALI NEL SISTEMA DELL’IMPOSTA PERSONALE SUL REDDITO IN EUROPA Fonte: European Commission, Tax reforms in EU Member States 2013, in European Economy 5/2013. Country Item Cost (% GDP) Tax reduction for pensions 0,64 Tax deduction sole own dwelling 0,29 Tax reduction for energy savings 0,21 Tax reduction housing saving 0,21 Tax reduction for 3rd pillar pension savings 0,14 Exemption for labour income from shift work 0,08 Tax subsidy for owner-occupied housing (incl. child bonus)* 0,05 Tax reduction for private renovation 0,06 Tax incentives for old age private pension 0,05 Work-related allowances 1,00 Deductions for investments in housing 0,18 Allowances related to joint taxation 0,17 Allowances for social security contributions 0,11 Exemptions from awards for lottery, bets, etc. 0,09 Tax deduction for household employees 0,18 Tax relief on pensions 0,16 Work credit 0,12 Tax deduction for nursery services 0,09 Tax deduction for savings payments 0,07 Tax credit for employment income, pensions and self- employent income 2,41 Tax credit for dependent family members 0,67 Tax deduction for self-employed 0,31 Tax exemptions for certain capital payments 0,15 Tax deduction for debtless own dwelling 0,06 Tax deduction for donations 0,06 Tax deduction of schooling costs 0,04 Relief on imputed rents on owner-occupied housing (single homes and apartments) 0,69 Exemption of child benefits 0,43 Relief on the return on pension savings 0,40 Deferred tax on capital gains from housing (single homes and apartments) 0,25 Reduced tax on realised capital gains from housing 0,25 Relief for registered pension schemes 1,40 Exemption of gains arising on disposal of only or main residence 0,61 Persona tax credits 0,25 Relief for individual savings accounts 0,10 Relief for entrepreneurs' qualifyng business disposals 0,11 Source: Commission services based on national sources. Note: * The tax expenditure has already been abolished. Sweden United Kingdom Belgium Germany Spain France Italy Netherlands
  • 100. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 71 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 13. Ma come si distribuiscono le spese fiscali e quanto incidono nel delineare il profilo distributivo dell’Irpef? La risposta che si trae sulla base dei redditi dichiarati al fisco permette di rilevare che (grafico 5):  l’operare di tutte le agevolazioni in essere (che nelle statistiche sulle dichiarazioni dei redditi si identificano con le deduzioni e le detrazioni d’imposta) produce un forte ridimensionamento dell’aliquota media effettiva che, per l’insieme della platea dei contribuenti, passa dal 27,3 per cento (di un astratto sistema privo di deduzioni e detrazioni) al 19 per cento del sistema vigente (in cui il peso delle aliquote Irpef è “mitigato” da deduzioni e detrazioni);  tale risultato è in larga parte riconducibile all’effetto delle detrazioni d’imposta che spiegano ben 7 degli 8,3 punti di riduzione del prelievo;  i benefici si distribuiscono in maniera nettamente differenziata per classi di reddito: dai 18/14 punti di quelle iniziali (fino a circa 15 mila euro) che, non più coperte da una no-tax area, si troverebbero improvvisamente esposte al prelievo dell’aliquota iniziale Irpef (23 per cento); ai 7/5 punti di quelle intermedie (fra i 26 e i 50 mila euro), in cui alla più contenuta perdita derivante dalla scomparsa delle detrazioni si associa quella crescente prodotta dall’eliminazione degli oneri deducibili); ai 3/2 punti delle classi di reddito più alte (oltre i 70 mila euro), toccate soprattutto dalla scomparsa degli oneri deducibili. GRAFICO 5 LA DISTRIBUZIONE DELLE AGEVOLAZIONI IRPEF PER LIVELLI DI REDDITO Fonte: elaborazione Corte dei conti. Se ne deduce che, nell’ipotesi più inverosimile di un azzeramento di tutti i regimi agevolativi esistenti, ad essere più colpite sarebbero proprio le classi di reddito più basse,
  • 101. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 72 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo ossia quelle che risultano le naturali destinatarie degli “sconti” che nel sistema vigente concorrono a definire il profilo della progressività dell’imposizione. In realtà, nell’immediato, le scelte di politica fiscale sembrano avere un obiettivo più limitato: quello, fissato dalla legge di stabilità 2014, di un taglio in grado di assicurare risorse in misura crescente, dai 3 miliardi del 2015 ai 10 del 2017. Ciononostante, i precedenti in materia non consentono di sottovalutare l’entità dell’impegno richiesto al policy maker. Si consideri in proposito che un intervento di razionalizzazione dell’intera materia delle agevolazioni fiscali è stato previsto più volte negli ultimi tre anni, ma non ha mai trovato concreta attuazione. La previsione di tagli selettivi e quella di tagli lineari ha lasciato il campo all’attivazione di “clausole di salvaguardia” (l’aumento dell’IVA), risolvendosi la riduzione delle agevolazioni in micro interventi (come quello che, recentemente, ha abbassato il tetto di detraibilità delle spese per assicurazioni vita e infortuni). A fronte dei 20 miliardi di recupero di gettito allocati nel bilancio 2011, l’operazione di razionalizzazione ha, dunque, potuto sinora contare in “tagli” per poche decine di milioni di euro. E anche l’intervento meno impegnativo previsto dalla legge di stabilità 2014 (revisione degli oneri detraibili, per circa 500 milioni entro il mese di gennaio di quest’anno) è rimasto quasi subito inattuato, sostituito da risorse da trarre dalla spending review e rinviato all’attuazione della delega per la riforma tributaria. LA DISTRIBUZIONE DELL’EVASIONE L’evasione fiscale, oltre a incidere sul gettito, altera la distribuzione del prelievo sulla platea dei contribuenti, con pesanti ricadute sul reddito disponibile delle famiglie, e sulla concorrenza e competitività del sistema produttivo e, non da ultimo, sull’efficacia della politica economica. Secondo l’Agenzia delle Entrate, a livello territoriale, il Sud e le Isole si presentano come le realtà ove è più intensa la “propensione all’evasione” (oltre il 40 per cento l’Iva e oltre il 29 per cento l’Irap), a fronte di livelli pressoché dimezzati nel Nord del Paese. Le differenze si invertono se, invece, si guarda ai valori assoluti: la maggior parte dell’evasione si concentra nelle aree del Nord-Ovest e del Nord-Est, nelle quali si realizza la quota più rilevante del volume d’affari e del reddito. La distribuzione per settori economici conferma, a sua volta, l’elevata propensione ad evadere in Agricoltura e nel Terziario privato, con un tasso compreso fra tre e cinque volte quello calcolato per l’Industria in senso stretto. LA PROPENSIONE AD EVADERE L'IVA E L'IRAP – MEDIA 2007 – 2009 (importi in milioni di euro) Italia Nordovest Nordest Centro SudIsole Agricoltura IndustriaSS Costruzioni Commercio,trasportie comunicazioni Credito,attivitàimmobiliari mprenditoriali PubblicaAmministrazione ealtreattivitàdiservizio IVA gettito evaso 38.269 9.944 6.738 6.910 14.677 propensione all'evasione 29,3 25,7 24,5 24,6 40,1 IRAP gettito evaso 8.342 1.811 1.740 1.973 2.818 358 883 572 2820 2.867 841 propensione all'evasione 19,4 12,7 17,5 21,4 29,4 37,8 7,8 17,9 24,8 32,7 11,3 Imposte Aree territoriali Settori Fonte: elaborazione su dati Agenzia delle entrate.
  • 102. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 73 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 AUTONOMIE IMPOSITIVE E VINCOLI REDISTRIBUTIVI 14. Fra i limiti sopravvenuti all’operatività dell’Irpef va annoverato l’intreccio crescente con le addizionali destinate al finanziamento di Comuni e Regioni. Differenze di pressione fiscale a livello territoriale sono nella logica del federalismo fiscale. E fin dalla predisposizione della legge delega risultava chiaro che con il federalismo si sarebbe contribuito in misura diversa e si sarebbero avuti servizi diversi a seconda della residenza e del luogo di attività dei contribuenti nonché della capacità dei cittadini di scegliere governi locali in grado di evitare sprechi ed inefficienze ed ingiustificati aumenti di prelievo. In tale contesto, le preoccupazioni per eventuali effetti distorsivi riflettevano essenzialmente il rischio che - nell’ambito del sistema di finanziamento degli enti decentrati - la mancanza di coordinamento fra la componente tributaria e quella dei trasferimenti perequativi potesse tradursi in rilevanti effetti redistributivi fra territori e fra tipologie di enti. Minore attenzione, invece, era prestata al medesimo rischio per come era concretamente “avvertito” dagli amministrati: quello di significative differenze territoriali nel prelievo a carico di famiglie e di imprese, pur in presenza di un uguale imponibile e dell’assenza di apprezzabili divari nel livello delle prestazioni. Stando ai risultati maturati sul versante delle addizionali regionale e comunale all’Irpef, la seconda tipologia di rischio si è rivelata concreta. Una prima indicazione in tal senso si trae avendo riguardo alla struttura delle aliquote che testimoniano di un ricorso alla leva fiscale molto differenziato sul territorio (tavola 9). Le aliquote dell’addizionale regionale all’Irpef, in particolare, sono mediamente più alte nel Mezzogiorno dove sono più diffuse le Regioni con disavanzi sanitari elevati, su cui incombono gli incrementi automatici di aliquota. A livello comunale, il confronto basato sugli enti capoluoghi di regione segnala, a sua volta, che le aliquote dell’addizionale risultano più elevate nei Comuni delle Regioni a statuto ordinario (eccezion fatta per Firenze) rispetto a quelli delle Regioni a statuto speciale. Il divario massimo è pari a 0,9 punti, ossia quello che intercorre fra la più alta aliquota vigente (Comune di Roma ) e l’assenza di prelievo (aliquota zero) nel comune di Trento. Alle differenze di aliquote si aggiungono quelle, non meno rilevanti, che discendono dal modo in cui ogni governo decentrato ha utilizzato la facoltà di intervenire su altri elementi strutturali delle due addizionali: dalla progressività, alla determinazione della base imponibile, alle esenzioni.
  • 103. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 74 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 9 ALIQUOTE DELLE ADDIZIONALI IRPEF (1) La libertà di aliquota riconosciuta a ciascun ente ha condotto indifferentemente a scegliere fra: un’unica aliquota per tutti i livelli di reddito; più aliquote, improntate a progressività; sistema di progressività per classi o per scaglioni; scaglioni di reddito imponibile coincidenti con quelli Irpef ovvero fissati in totale autonomia; facoltà di introdurre forme di esenzione (Comuni); facoltà di accordare detrazioni aggiuntive per carichi di famiglia e a favore dei contribuenti “incapienti”, nonché di disporre di detrazioni dall’addizionale dovuta, in luogo di sussidi, voucher e altre misure di sostegno sociale (Regioni). Per quanto riguarda l’addizionale regionale all’Irpef, ad esempio, sono state 11 le Regioni (o Province autonome) che nel 2013 hanno adottato un’aliquota unica e delle restanti 10 che hanno optato per la progressività, 5 hanno scelto quella per “classi” (aliquota, crescente al crescere del reddito, applicata all’intero imponibile) e cinque quella per “scaglioni” (come per l’Irpef, aliquote differenziate per ciascuno degli scaglioni in cui si distribuisce l’imponibile). D’altra parte, la progressività per scaglioni è talora (Piemonte) solo apparente, in considerazione degli appena 4 centesimi di punto che differenziano l’aliquota del primo scaglione da quella del quinto. Regione Addizionale regionale Addizionale comunale (2) Piemonte 1,69 0,8 Lombardia 1,38 0,8 Liguria 1,23 0,8 Veneto 1,23 0,8 Emilia Romagna 1,63 0,7 Toscana 1,42 0,2 Umbria 1,43 0,8 Marche 1,32 0,8 Lazio 1,73 0,9 Abruzzo 1,73 0,6 Molise 2,03 0,8 Campania 2,03 0,8 Puglia 1,36 0,8 Basilicata 1,23 0,8 Calabria 2,03 0,8 Valle d'Aosta 1,23 0,3 Trentino Alto Adige (Trento) 1,23 0,0 Trentino Alto Adige (Bolzano) 1,23 0,2 Friuli Venezia Giulia 1,23 0,8 Sicilia 1,73 0,8 Sardegna 1,23 0,7 (2) Aliquote per l'anno d'imposta 2013 relative ai capoluoghi di Regione. Fonte: siti istituzionali delle Regioni e MEF - Dipartimento delle finanze, fiscalità locale. (1) Per le Regioni e i Comuni che prevedono aliquote differenziate per classi o scaglioni di reddito, aliquota media relativa all'imponibile dichiarato.
  • 104. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 75 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 15. Sono diverse, insomma, le variabili fiscali che concorrono a determinare il livello del prelievo sul territorio e l’onere sopportato dalle famiglie. Un prelievo che va sommarsi a quello dell’Irpef, determinando un significativo aumento dell’incidenza complessiva a carico dei contribuenti: circa due punti (dal 19,2 per cento al 21,1 per cento) in corrispondenza del reddito dichiarato dal contribuente medio italiano (tavola 10). TAVOLA 10 REDDITO E INCIDENZA DEL PRELIEVO SUL TERRITORIO (2012) Un aumento che, d’altra parte, si distribuisce in misura molto diversa sul territorio: tanto che, se il differenziale di prelievo dovuto alla sola Irpef si fissa in 5,8 punti (fra il 15,6 per cento della Calabria e il 21,4 per cento del Lazio), quello riconducibile alla combinazione fra Irpef e addizionali si colloca a 6,4 punti (fra il 17,3 per cento della Basilicata e il 23,7 per cento del Lazio). Le differenze delle due addizionali (grafico 6) sembrano dipendere dalla collocazione territoriale (nel Nord il prelievo è generalmente più basso rispetto al Centro-Sud); dalla forma dell’ordinamento regionale (in genere, si paga di più nelle Regioni a statuto ordinario che non in quelle a statuto speciale): dall’assoggettamento (o meno) a procedura di rientro per disavanzi sanitari eccessivi (che, da sola, spiega un’aliquota più elevata). Irpef Addizionale regionale Addizionale comunale Totale Piemonte 106,6 19,4 1,5 0,5 21,4 Valle d'Aosta 107,7 19,5 1,1 0,1 20,7 Lombardia 118,5 21,0 1,3 0,4 22,7 Liguria 107,1 19,8 1,4 0,6 21,8 Trentino Alto Adige 107,0 19,5 1,0 0,0 20,5 Veneto 103,9 18,9 1,1 0,5 20,6 Friuli Venezia Giulia 104,2 19,0 1,1 0,4 20,4 Emilia Romagna 108,4 19,5 1,5 0,5 21,5 Toscana 102,2 19,2 1,2 0,5 20,8 Umbria 94,9 18,1 1,3 0,6 19,9 Marche 93,4 17,6 1,2 0,6 19,4 Lazio 110,7 21,4 1,6 0,7 23,7 Abruzzo 85,2 17,2 1,4 0,5 19,1 Molise 77,2 16,3 1,8 0,5 18,5 Campania 82,6 17,1 1,8 0,5 19,4 Puglia 78,0 16,3 1,4 0,5 18,2 Basilicata 76,4 15,7 1,1 0,5 17,3 Calabria 72,3 15,6 1,7 0,5 17,9 Sicilia 79,1 16,8 1,5 0,6 18,8 Sardegna 86,0 17,4 1,1 0,4 18,9 TOTALE 100,0 19,2 1,4 0,5 21,1 Nord-Ovest 113,9 20,4 1,4 0,5 22,3 Nord-Est 106,0 19,2 1,3 0,5 20,9 Centro 104,4 20,0 1,4 0,6 22,0 Sud e Isole 80,0 16,7 1,5 0,5 18,8 Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF. Aliquota media effettiva (%) Reddito medio (Italia = 100) Regione
  • 105. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 76 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo GRAFICO 6 IL PESO DELLE ADDIZIONALI REGIONALI E COMUNALI ALL’IRPEF Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento delle finanze - MEF. Sono, questi, fattori che registrano una convergenza particolare nelle realtà del Mezzogiorno, che arrivano a scontare un prelievo pari a più di due volte quello minimo che si registra in alcune Regioni del Nord: un rapporto destinato ad aumentare nel corso del biennio 2014-2015, allorché le Regioni potranno esercitare la facoltà di aumentare l’aliquota di complessivi 1,6 punti. Viceversa, il divario di prelievo non riflette, diversamente dall’Irpef, le differenze reddituali che si registrano a livello regionale: differenze che, fatto uguale a 100 il livello medio nazionale, sono comprese fra il 72,3 della Calabria e il 118,5 della Lombardia. E’ quanto emerge dal grafico 7 che consente di sottolineare il diverso contributo che danno le addizionali alla determinazione del prelievo complessivo (Irpef + addizionali) in ciascuna regione: un contributo che risulta più contenuto nelle regioni “più ricche” (Trentino, Valle d’Aosta, Lombardia,…) e che, invece, appare più pronunciato i quelle “più povere” (in genere situate nel Mezzogiorno). Le addizionali, dunque, finiscono per alterare il profilo distributivo impresso dall’imposta “madre”, sottolineando l’assenza di coordinamento della politica fiscale fra centro e periferia del Paese. Sembra emergere, insomma, una sorta di “regola distorsiva”, in virtù della quale i territori con redditi medi più bassi, espressione di economie più in affanno, sono penalizzati da una pressione fiscale locale più elevata.
  • 106. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 77 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 GRAFICO 7 LA TASSAZIONE DEL REDDITO A LIVELLO REGIONALE: QUOTA DELLE ADDIZIONALI IRPEF SUL PRELIEVO COMPLESSIVO A CARICO DEL REDDITO MEDIO Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF. 16. Queste conclusioni trovano conferma nell’andamento che il fenomeno ha registrato nell’ultimo decennio. Fra il 2003 e il 2013, le addizionali Irpef sono aumentate in misura significativa: sia quanto a gettito complessivo (quasi raddoppiato, da 7,7 a 15 miliardi), sia quanto ad incidenza sul reddito medio dichiarato (dall’1,4 per cento all’1,7 per cento). Ma tale andamento non risulta uniforme a livello territoriale: in alcune Regioni (Lazio, Campania, Molise, Sicilia, sottoposte a piano di rientro; ma anche Emilia) gli aumenti dell’aliquota media effettiva sfiorano il doppio della media nazionale; in altre (Trentino, Veneto, Marche, Val d’Aosta), invece, mostrano livelli più che dimezzati (grafico 8). E questa diversa dinamica si traduce nel diverso contributo fornito dalle addizionali all’aumento della complessiva tassazione sul reddito delle famiglie (grafico 9): dal 70 per cento, quello più elevato, registratosi in Emilia Romagna, al 17 per cento, quello più basso, registratosi in Trentino.
  • 107. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 78 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo GRAFICO 8 L'AUMENTO DELLE ADDIZIONALI IRPEF SUL TERRITORIO: 2003-2012 Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze - MEF. Insomma, l’esplosione del fenomeno, associata ad un’incontrollata diversificazione territoriale, ha finito per impattare sull’Irpef alterandone l’incidenza e gli equilibri distributivi. Si tratta di differenze che - anche in associazione con altre variabili di natura non tributaria - possono provocare reazioni di comportamento da parte dei contribuenti. Talora potrebbe trattarsi “solo” di una “delocalizzazione”, nella misura in cui i contribuenti e le famiglie fossero indotte a spostare la propria residenza per garantirsi un più contenuto peso delle addizionali Irpef. GRAFICO 9 L'AUMENTO DEL PRELIEVO SUL TERRITORIO: IL RUOLO DELLE ADDIZIONALI IRPEF (2003-2012) Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Finanze – MEF.
  • 108. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 79 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Altre volte potrebbero aversi ricadute negative sotto il profilo della tax compliance. E si tratta, in entrambi i casi, di reazioni che finiscono per colpire più pesantemente le realtà economiche più povere: quelle che, contando su una ridotta capacità fiscale del proprio territorio e costrette ad aumentare le aliquote per ripianare i deficit della sanità, finiscono per deprimere ulteriormente l’economia del territorio e la capacità di generare base imponibile. Un circolo vizioso, questo, che si concentra in misura particolare nel Mezzogiorno. Ma a soffrire di un sistema fiscale fortemente differenziato sul territorio – meno per scelta e più per necessità ed inevitabilità - sono anche la gestione amministrativa del prelievo e il coordinamento della complessiva politica fiscale. Regole tributarie territorialmente differenziate comportano, inevitabilmente, costi amministrativi più elevati. La coesistenza di livelli di tassazione significativamente differenziati finisce, d’altra parte, per introdurre elementi di incertezza e di alterazione nel ruolo della politica fiscale nazionale che, da un lato, vede ristretta l’area entro cui esercitare i propri obiettivi redistributivi e di gettito e, dall’altro, deve confrontarsi con scelte non sempre in sintonia da parte degli enti territoriali. LA MANOVRABILITÀ DELL’IRPEF E I CONDIZIONAMENTI DELLA POLITICA FISCALE 17. Evasione, erosione, “fughe” dalla progressività, sono all’origine di un sistematico svuotamento della base imponibile dell’Irpef, finendo per intaccare la portata e l’efficacia redistributiva dell’imposta: sia per le distorsioni che introducono (per livelli e tipologie reddituali; per territorio e per settore economico) nel livello e nella distribuzione del prelievo; sia per le risorse che sottraggono ad impieghi in funzione redistributiva, siano essi sgravi di imposte o aumenti della quantità o qualità della spesa pubblica. Alle responsabilità redistributive che il sistema fiscale affida all’Irpef, la nostra principale imposta è dunque in grado di fornire risposte limitate. Questa consapevolezza è all’origine dell’ideazione dell’ISEE – l’indicatore destinato a misurare la condizione economica delle famiglie italiane ai fini delle modalità di accesso alle prestazioni dello stato sociale (si veda il capitolo dedicato a “Le potenzialità del nuovo ISEE”) – e dell’esigenza di supplire alle lacunose indicazioni sulla capacità contributiva provenienti dalle dichiarazioni dei redditi, integrandole con quelle relative al patrimonio mobiliare e immobiliare. A questo primo limite, espressione della “patologia” dell’imposta, se ne aggiungono, tuttavia, degli altri, insiti nell’assetto e nel “fisiologico” operare dell’Irpef. L’impalcatura dell’imposta è unica per tutti gli oltre 41 milioni di contribuenti: unica è la scala delle aliquote, unica è l’articolazione degli scaglioni di reddito; uguali per tutti sono i criteri che regolano la fruibilità di oneri deducibili e detraibili. Talché, gli obiettivi di discriminare fra diverse tipologie di contribuenti e di reddito sono affidati alle detrazioni d’imposta: quelle riconosciute ai redditi da lavoro dipendente e assimilati
  • 109. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 80 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo (comprese le pensioni) e a una limitata casistica di “altri redditi”; quelle che competono a fronte di familiari a carico. La leva dell’Irpef, insomma, non si presta a scelte di politica tributaria tarate su differenze di trattamento fra i contribuenti che non siano in linea con quanto l’unicità dell’imposta consente. Tale consapevolezza, ad esempio, ha condotto in passato all’impiego dello strumento alternativo dell’assegno per il nucleo familiare, che ha come destinatari esclusivi i lavoratori dipendenti (e i pensionati da lavoro dipendente). Talora può invece accadere che esigenze congiunturali e risorse finanziarie limitate suggeriscano temporanee “eccezioni” al funzionamento dell’Irpef. Nell’ultimo quindicennio questo è accaduto tre volte:  nel 2000 (DL 268, conv. l. 354), quando si accordò a lavoratori dipendenti, a titolo d’acconto sugli sgravi futuri, la restituzione dell’imposta trattenuta, fino a un massimo di 350 mila lire, e si elargì ai pensionati al minimo un bonus di 200 mila lire;  nel 2007 (DL 159, conv. l. 222), con il riconoscimento di una somma di 150 euro (aumentata dello stesso ammontare per ciascun familiare a carico) a tutti i soggetti Irpef con imposta netta 2006 pari a zero, “quale rimborso forfetario di parte delle maggiori entrate tributarie affluite all’erario”;  nel 2014 (DL 66), con cui si riconosce ai percettori di redditi da lavoro dipendente - con Irpef “lorda” di importo superiore a quello della detrazione da lavoro dipendente - un credito, rapportato al periodo di lavoro nel 2014. L’entità del bonus, fissata in 640 euro fino a 24 mila euro di reddito complessivo, è successivamente soggetta ad un rapido “decalage”, azzerandosi al livello di 26 mila euro. 18. L’intervento più recente (DL 66/2014) rappresenta, senza dubbio, una misura rilevante: sia per gli obiettivi perseguiti (la riduzione del cuneo fiscale, innanzitutto); sia per l’impatto sui conti pubblici (la RT stima in 6,7 miliardi gli oneri in termini di indebitamento netto); sia per la sua estensione (che, sulla base delle evidenze dei redditi dichiarati per il 2012, coinvolge circa 11 milioni di contribuenti Irpef); sia, infine, per il beneficio arrecato a ciascuno dei soggetti interessati. I suoi effetti, misurati in termini di riduzione del prelievo (come, sostanzialmente, si configura la misura), non registrano precedenti nei quaranta anni di storia dell’Irpef: rispetto all’assetto dell’imposta scaturito dalla legge di stabilità 2014, il beneficio prodotto dal DL 66 è massimo per i redditi più bassi (7 punti in corrispondenza di un reddito pari a 9 mila euro), ma si mantiene a livelli significativi (circa 3 punti) fino a 24 mila euro (grafico 10). A tali risultati si accompagnano tuttavia alcuni limiti, espressione dei vincoli che pesano sulla manovrabilità dell’Irpef.
  • 110. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 81 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 GRAFICO 10 L'INCIDENZA DELL'IRPEF 2014: EFFETTI DEL DL 66 Fonte: Elaborazioni Corte dei conti. Il primo è rappresentato proprio dalla platea dei soggetti interessati dalla misura. Se, come si è anticipato, il loro numero è elevato, restano comunque esclusi da ogni beneficio oltre 29 milioni di contribuenti (tavola 11), ivi compresi 4 milioni di dipendenti incapienti e tutti i 15 milioni di pensionati: soggetti che non rilevano nella logica, enunciata dal DL, di “riduzione del cuneo fiscale”, ma che avrebbero un peso determinante nel conseguimento del parallelo obiettivo di rilancio dei consumi. Insomma, la selettività degli obiettivi perseguiti dal legislatore e i vincoli di risorse che hanno guidato la modulazione dell’intervento finiscono per impattare sulle regole distributive implicite nel funzionamento dell’Irpef. Ciò che offre il destro per richieste di estensione del perimetro dello sgravio. -10 -5 0 5 10 15 20 25 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 Incidenza% Reddito (migliaia euro) normativa 2014 Dl 66/2014
  • 111. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 82 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 11 IL BONUS DEL DL 66/2014: CONTRIBUENTI INCLUSI, SEMI INCLUSI, ESCLUSI Il secondo limite è costituito dai meccanismi che regolano la fruizione e la perdita del bonus. Da un lato, l’esclusione degli incapienti determina paradossali ricadute sotto il profilo distributivo: il soggetto con un reddito di 8.147 euro, essendo troppo “povero”, non paga nulla di Irpef e, dunque, non ha diritto a vedersi riconosciuto il bonus 2014; il soggetto appena meno “povero” (reddito di 8.148 euro) paga 1 euro di Irpef e, solo per questo, ha diritto a percepire i 640 euro introdotti dal DL 66/2014. Dall’altro, la progressiva riduzione, fino al venir meno, del bonus determina vistosi salti del prelievo a carico dei contribuenti che si collocano fra i 24 e i 26 mila euro di imponibile (circa 2 milioni), colpiti da un prelievo marginale che arriva a superare il 60 per cento (grafico 11). GRAFICO 11 IL PRELIEVO MARGINALE IRPEF: DL 66 VS NORMATIVA 2014 Fonte: elaborazioni Corte dei conti. Lavoratori dipendenti con reddito (€): - fino a 8.147 4,2 10,5 esclusa - fra 8.148 e 24.000 8,9 22,2 totale - oltre 24.000 e fino a 26.000 2 5,0 parziale, decrescente - oltre 26.000 5,5 13,7 esclusa Totale 20,6 51,4 Pensionati - tutti 15,1 37,7 esclusa Altri contribuenti - tutti 4,4 11,0 esclusa In complesso 40,1 100,0 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati MEF-Dipartimento Finanze. Tipologie di contribuenti Numero (milioni) In % platea contribuenti Spettanza bonus 20 30 40 50 60 70 9 11 13 15 17 19 21 23 24,5 25,5 27 29 Aliquotamarginale(%) Reddito (migliaia euro) normativa 2014
  • 112. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 83 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 19. Proprio l’incapienza identifica uno dei principali limiti dell’Irpef: l’impossibilità di fruire, in tutto o in parte, dei benefici accordati dalla normativa fiscale (sotto forma di deduzioni e detrazioni) per chi ha un livello di reddito (e di imposta) già tanto basso da non lasciare spazio a “sconti”. Si tratta di un fenomeno molto ampio che nel 2012 coinvolge oltre 9 milioni di contribuenti e determina un mancato beneficio quantificabile in oltre 6 miliardi: la differenza fra gli “sconti” che il sistema Irpef riconosce ai contribuenti sotto forma di deduzioni (ad esempio per contributi obbligatori) e detrazioni (ad esempio per spese mediche) e quelli che i contribuenti possono concretamente utilizzare avendo un’imposta “lorda” da compensare. Al di là delle sue dimensioni, il fenomeno ha rilevanti ricadute. Intanto sul piano distributivo: l’incapienza si concentra, per definizione, sui più bassi livelli di reddito e sulle tipologie reddituali soggette a ritenute alla fonte (lavoro dipendente e pensioni) che, dunque, finiscono per risultare penalizzati relativamente ai contribuenti capienti per il solo fatto di non essere o essere meno bisognosi (tavola 12). In secondo luogo, per ciò che concerne l’utilizzo dell’Irpef ai fini di una politica fiscale selettiva: un utilizzo che si rivela sempre più limitato, sia sotto il profilo dell’equità verticale che sotto quello dell’equità orizzontale. Nella popolazione degli esenti, infatti, non vi è differenziazione del trattamento fiscale in base al reddito: i molto poveri e i meno poveri sono trattati allo stesso modo. E le politiche di sostegno ai redditi bassi attuate per via fiscale, come ad esempio l’aumento delle detrazioni per carichi familiari, offrono in molti casi solo adeguamenti teorici, destinati in concreto a restare inapplicati proprio a causa dell’effetto incapienza. TAVOLA 12 LA DISTRIBUZIONE DELL'INCAPIENZA (IMPORTI IN MILIARDI) Totale di cui: incapienti Totale di cui: incapienti fino a 15 mila € 18,8 138,8 4,9 0,4 29,7 27,9 6,5 8,3 da 15 a 29 mila € 14,5 305,6 6,5 0,0 72,1 25,0 0,2 47,3 oltre 29 mila € 7,0 352,3 12,2 0,0 106,4 9,8 0,0 96,7 dipendente 20,8 457,0 5,0 0,0 123,9 34,4 2,5 92,0 pensione 15,1 279,9 4,1 0,0 71,8 23,9 3,1 50,9 altri 4,4 59,7 14,4 0,4 12,5 4,3 1,2 9,4 Totale 40,3 796,7 23,5 0,4 208,2 62,7 6,8 152,3 Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento delle finanze-MEF - Dichiarazione redditi persone fisiche 2012. Imposta netta Classi di reddito complessivo Classi di reddito complessivo Oneri deducibili Detrazioni e oneri detraibiliContribuenti (milioni) Reddito complessivo (al netto della cedolare secca) Imposta lorda
  • 113. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 84 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 20. Ma il più rilevante limite all’utilizzo dell’Irpef è esterno alla struttura stessa dell’Irpef ed è rappresentato dalla difficoltà della politica economica a intervenire in misura significativa sulla struttura dell’imposta. Si tratta di un freno che ha delle spiegazioni nella composizione della platea dei contribuenti Irpef, contrassegnata da una sorta di “interclassismo fiscale”. E in effetti, nella misura in cui la gestione della politica fiscale obblighi a fissare delle priorità e ad effettuare delle scelte, il compito del policy maker può risultare diversamente condizionato dalle caratteristiche della platea dei contribuenti: più nette sono le separazioni (e le contrapposizioni di interessi), maggiore sarà la praticabilità di politiche basate su una diversa distribuzione dell’onere del prelievo. Per contro, la “saldatura” di interessi che si viene a creare fra diverse categorie di contribuenti (dipendenti, autonomi, rentier,…) allorquando al reddito di specie si affiancano altre fonti reddituali, rende più difficile il compito del policy maker, che si vede ristretti gli spazi su cui poter operare senza essere costretto a fare i conti con una forte opposizione. Le evidenze dell’Irpef ci dicono che il livello di condizionamento della politica fiscale è aumentato nel tempo. E’, questa, anche la conseguenza di un fenomeno: l’aumento della numerosità dei cespiti a disposizione di ogni contribuente. Rispetto al passato, in cui ogni contribuente era titolare del proprio reddito di specie e (mediamente) di una frazione marginale di altri redditi, il presente offre una realtà ben diversa. Nel 2012, in particolare, si registra una composizione variegata del reddito complessivo. Gli oltre 41 milioni di contribuenti hanno dichiarato di possedere quasi 78 milioni di cespiti di diverso tipo (lavoro dipendente, pensione, fabbricati, lavoro autonomo, impresa, ecc..), con una media individuale (quasi 1,9 tipi) che sottintende un aumento del numero di coloro che posseggono più di tre tipi di reddito e il continuo ridimensionamento del peso dei contribuenti possessori di reddito da unica fonte. GRAFICO 12 IRPEF 2012: NUMERO DI CESPITI PER CLASSI DI REDDITO DICHIARATO Fonte: elaborazioni Corte dei conti.
  • 114. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 85 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Il fenomeno, crescente al crescere del reddito (grafico 12), testimonia il superamento dell’identità “un contribuente, un reddito”. Una trasformazione, questa, che non può non avere riflessi sul grado di manovrabilità della politica fiscale e, innanzitutto, dell’Irpef. Quando lo stesso contribuente possiede redditi da fonti diverse, non soltanto ogni proposta di redistribuire il carico tributario tra i diversi tipi di reddito provoca conflitti interni a livello di singolo contribuente e rende difficile la formazione del consenso necessario, ma si accentua anche la competizione tra i possessori dei vari tipi di reddito per ottenere trattamenti preferenziali. 21. C’è, infine, una sorta di limite sociologico e di psicologia sociale a modificare la struttura dell’Irpef: la riluttanza del decisore politico ad assumere decisioni di natura tributaria in una prospettiva che non si configuri come uno sgravio generalizzato. Accade così che scelte selettive, rientranti nell’ambito proprio e naturale della funzione della nostra principale imposta, siano affidate a strumenti “surrogati” ed improvvisati: dai “prelievi di solidarietà” (per livello o per tipologia di reddito), ai “bonus”, ai tagli retributivi tout court. Tutte scelte che allontanano e rendono più difficile l’attuazione di un disegno razionale, equo e strutturale di riduzione e di redistribuzione dell’onere tributario. Per rendersene conto è sufficiente considerare gli effetti derivanti da alcune misure che incidono sul reddito disponibile, determinando – direttamente o indirettamente – una diversità di prelievo a seconda della tipologia del contribuente e del reddito. Ci si riferisce a:  il prelievo di solidarietà (in misura pari al 6 per cento, 12 per cento e 18 per cento) gravante sulle quote di trattamento pensionistico eccedenti determinati importi15 (L. 147/2013);  il prelievo di solidarietà sulla quota di reddito complessivo Irpef eccedente i 300 mila euro (L. 147/2013);  l’apposizione di un tetto di 240 mila euro alle retribuzioni pubbliche (DL 666/2014). Tutte misure che, come il bonus accordato dal DL 66/2014, sono formalmente fuori dal perimetro dell’Irpef ma che, di fatto, operano come l’Irpef intrecciandosi con la stessa imposta. Si considerino, in proposito, quattro tipologie di contribuenti interessate a diverso titolo e con diversa intensità dalle misure elencate: i lavoratori dipendenti privati, beneficiari (fino a 26 mila euro di reddito del bonus del DL 66/2014) e, per altro verso, colpiti (per la quota di reddito eccedente i 300 mila euro) dal contributo di solidarietà del 3 per cento; i dipendenti pubblici, anche essi fruitori del bonus ma colpiti dal tetto posto alle retribuzioni (oltre i 240 mila euro), oltrechè dal contributo di solidarietà previsto per i redditi complessivi eccedenti i 300 mila euro; i pensionati, colpiti da due prelievi di solidarietà, quello relativo al reddito di specie, operante poco sopra i 91 mila euro con aliquote crescenti e quello del 3 per cento sul reddito eccedente i 300 mila 15 Precisamente, la trattenuta è pari al 6 per cento sulla quota di trattamento compreso fra 91.251,16 e 130.358,80 euro (da 14 a 20 volte il “minimo Inps”); al 12 per cento sulla quota di trattamento compreso fra 130.358,80 e 195.538,20 euro (da 20 a 30 volte il minimo); al 18 per cento sulla quota di trattamento eccedente i 195.538,20 euro ( 30 volte oltre il minimo).
  • 115. L’IRPEF: UN’”ARMA” SPUNTATA 86 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo euro; i lavoratori autonomi, infine, che sono interessati unicamente dal ricordato prelievo di solidarietà del 3 per cento. E’ possibile rilevare (tavola 13) che l’intreccio di bonus, tagli e tetti produce differenze di prelievo accentuate e divergenti rispetto a quello riconducibile all’operare della struttura “base” dell’Irpef (individuata come benchmark). E ciò si verifica per i livelli di reddito su cui operano le norme specificate: quelli bassi (fino a 26 mila euro) e quelli eccedenti poco più di 91 mila euro annui. In particolare, si osserva che:  quando opera l’Irpef “base”, l’incidenza del prelievo sulla scala dei redditi considerati (24-350 mila euro) è compresa in un arco di poco più di 21 punti (fra il 19,7 per cento e il 41 per cento). Quando, invece, si considerano anche le altre misure che incidono sul reddito disponibile, il divario fra l’aliquota minima e quella massima di prelievo si amplia fino a toccare, nel caso dei dipendenti pubblici, i 42 punti (17 vs 59);  nella graduatoria della tipologia di reddito più colpita, subito dopo i dipendenti pubblici (che subiscono pesantemente l’introduzione di un tetto retributivo) si collocano i pensionati che, per effetto del contributo di solidarietà loro imposto, vedono crescere di 15 punti l’incidenza del prelievo fra i 90 e i 350 mila euro, il triplo di quanto sarebbe avvenuto sulla base della sola Irpef;  le tipologie reddituali che vedono meno stravolta l’incidenza del prelievo sono i dipendenti privati e i lavoratori autonomi, che pagano esclusivamente l’Irpef secondo le regole di inizio 2014, subendo un aggravio solo per i redditi elevati (oltre i 300 mila euro). Al di là di tali specifiche evidenze, questi risultati consentono di sottolineare la componente di “illusione finanziaria” associata a forme di prelievo surrettizie e poco trasparenti rispetto all’impiego palese e responsabile di una leva fiscale come l’Irpef, naturalmente e istituzionalmente deputata a influire sulla distribuzione del carico fiscale. TAVOLA 13 INCIDENZA DEL PRELIEVO PER LIVELLI E TIPOLOGIE DI REDDITO (%) Reddito (migliaia) Benchmark (1) Dipendenti privati Dipendenti pubblici Pensionati Lavoratori autonomi 24 19,7 17,0 17,0 20,4 21,7 26 20,6 20,6 20,6 21,2 22,2 90 35,4 35,4 35,4 35,4 35,4 100 36,2 36,2 36,2 36,5 36,2 130 37,7 37,7 37,7 38,8 37,7 140 38,1 38,1 38,1 39,5 38,1 190 39,4 39,4 39,4 42,3 39,4 200 39,6 39,6 39,6 42,7 39,6 220 39,9 39,9 39,9 43,7 39,9 240 40,2 40,2 40,2 44,5 40,2 250 40,3 40,3 42,5 44,8 40,3 300 40,7 40,7 52,1 46,2 40,7 350 41,0 45,3 59,0 50,1 45,3 (1) Incidenza del prelievo sul dipendente privato secondo la normativa base Irpef in vigore al 1^ gennaio 2014. Fonte: elaborazione Corte dei conti.
  • 116. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 87 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE 1. L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è stato introdotto nel nostro ordinamento alla fine degli anni novanta (d.lgs. 109/1998 e dPCM 221/1999) allo scopo di individuare “criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche”. Il suo ambito di applicazione, dunque, è estremamente ampio ed eterogeneo, riguardando l’erogazione di prestazioni per lo più di carattere sociale e assistenziale che possono essere anche rivolte all’intera popolazione e per le quali vige un principio di razionamento o di tariffazione differenziata sulla base delle condizioni economiche dei richiedenti. La sua logica e l’impianto metodologico si richiamano all’idea che il tenore di vita o la capacità contributiva, utili a definire l’accesso o la compartecipazione alle prestazioni sociali agevolate, debbano essere misurati non solo in base al reddito, ma anche al patrimonio dell’intero nucleo familiare. Da un lato, dunque, l’ISEE rappresenta la risposta alla crescente inidoneità dell’Irpef ad intercettare le effettive condizioni economiche dei cittadini, a causa dell’esclusione di significative fattispecie reddituali (per disposizioni di legge o per evasione o elusione fiscale) o della loro lacunosa misurazione. Dall’altro, supera l’approccio su base individuale della stessa Irpef, per tenere conto del tenore di vita dell’insieme delle persone appartenenti al nucleo familiare, espressione sia della composizione e dei redditi dei suoi componenti, sia dalle economie di scala che derivano da una convivenza tra familiari ed affini. L’indicatore che discende dalla considerazione delle risultanze reddituali e patrimoniali della famiglia va dunque reso “equivalente”, tenendo conto della numerosità e di talune caratteristiche individuali (ad esempio la disabilità) presenti in ciascun nucleo familiare. Sulla base di questi elementi, l’ISEE fotografa la capacità contributiva dei membri di ciascuna famiglia per consentire poi agli enti erogatori di servizi agevolati di stabilire se e in base a quale compartecipazione finanziaria (o a ulteriori criteri selettivi) i cittadini possano accedere a tali servizi. Con il passare degli anni, si è registrato il notevole “successo” dell’istituto: dell’intera popolazione italiana, poco meno di un terzo è in possesso di un ISEE in corso di validità e quasi il 40 per cento passa attraverso il sistema ISEE per l’accesso ad almeno una prestazione sociale. Nel contempo, è risultato anche evidente che l’ISEE, ideato per superare i limiti dell’Irpef, ne andava cumulando altri non meno indesiderabili. E così, a distanza di oltre un decennio dall’introduzione dell’istituto, la legge 214/2011, ne ha previsto la riforma, completatasi con l’emanazione di un regolamento attuativo (dPCM n. 159 del dicembre 2013). Il “vecchio” e il “nuovo” ISEE hanno fondamenti comuni per quanto riguarda l’impianto metodologico ma la costruzione scaturita dalla riforma evidenzia significative novità metodologiche, applicative e procedurali. Nei prossimi paragrafi ci si soffermerà su di esse. Successivamente si valuteranno alcuni aspetti quantitativi relativi all’operare del vecchio ISEE. Infine, ricorrendo ad alcuni esercizi di simulazione, si confronteranno gli effetti del vecchio e del nuovo istituto.
  • 117. LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE 88 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo I LIMITI DEL “VECCHIO” ISEE 2. I principali limiti dell’originario ISEE, che sono all’origine della sua riforma possono essere riassunti nei termini seguenti: a) la ricostruzione del complesso dei redditi e delle componenti patrimoniali ha escluso – replicando i limiti dell’Irpef - alcune componenti, ed in particolare redditi già esenti dall’Irpef. La mancata considerazione di trasferimenti e redditi anche rilevanti per modeste condizioni economiche (da quelli esenti a essenziali trasferimenti sociali) costituisce una distorsione: il nucleo familiare percettore di un reddito, pur non ricompreso nell’Irpef, può avere un tenore di vita ben diverso da un nucleo con pari reddito complessivo Irpef, ma senza ulteriori fonti di entrata; b) il campo di applicazione dell’ISEE è stato circoscritto per legge ad alcune fattispecie, escludendo voci del bilancio pubblico dalla valenza redistributiva rilevante (ad es. gli assegni familiari ed i trattamenti previdenziali e sanitari contenenti componenti assistenziali); c) il calcolo dell’ISEE è risultato non del tutto coerente con l’obiettivo di costruire un misuratore di capacità contributiva. Ne sono espressione, la previsione di franchigie per patrimoni immobiliari e mobiliari molto elevate, tali da appiattire e rendere poco differenziati gli indicatori per redditi di ammontare limitato; d) l’impianto dell’istituto si regge sull’autocertificazione degli interessati in ordine agli elementi alla base del calcolo dell’ISEE. I controlli previsti, d’altra parte, sono stati caratterizzati da vincoli normativi e da una distribuzione di competenze (principalmente tra Agenzia delle Entrate e INPS) che ne hanno fortemente ridotto l’operatività. La percezione di tali limiti da parte degli utenti ha ridotto ulteriormente l’attendibilità delle autocertificazioni prodotte; e) la costruzione dell’indicatore era basata su una forte sottostima dei redditi immobiliari1 e sulla sovrastima di quelli finanziari2 , con vantaggi e svantaggi distribuiti piuttosto casualmente e soprattutto non voluti dal decisore politico. Come si vedrà, non tutti questi limiti sono stati rimossi con la riforma dell’istituto. 1 I redditi immobiliari, che entravano spesso in Irpef con una quantificazione catastale che rappresenta un sottomultiplo del reddito di mercato, da utilizzare come proxy del valore d’uso di una componente importante del tenore di vita, contribuivano a loro volta a sottostimare fortemente anche l’indicatore reddituale dell’ISEE. 2 I redditi finanziari, che per semplicità erano stimati come una percentuale fissa dello stock - pari al rendimento medio annuo dei titoli decennali del Tesoro - rappresentavano di fatto una netta sovrastima dei redditi maturati da segmenti di popolazione (quelli che tendono a usare l’ISEE) che spesso non traggono alcun reddito (o quasi) da quote significative di patrimonio mobiliare.
  • 118. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 89 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 LE NOVITÀ DELL’ISEE 2014 3. Il nuovo ISEE è caratterizzato da numerose novità. La prima consiste nella considerazione di tutte le tipologie di reddito e di patrimonio, superando le esclusioni del passato. Una seconda novità sta nella ridefinizione della famiglia di riferimento e della relativa scala di equivalenza: da un lato individuando i requisiti del nucleo familiare “di fatto”, dall’altro accordando più incisivi benefici alle famiglie con più di due figli e/o con componenti disabili. Una terza modifica di rilievo è costituita dalla definizione differenziata di nucleo in base al tipo di prestazione agevolata richiesta: ne deriva che possono essere calcolati più ISEE per lo stesso richiedente, ma anche che si riduce la necessità che gli Enti erogatori delle diverse prestazioni procedano alla fissazione di specifici criteri selettivi. Infine, va registrata la novità di una scala di equivalenza in cui trova maggior rilievo la presenza di figli: si conferma il peso per nuclei con figli minori; viene aumentata la già prevista maggiorazione per i figli minori di tre anni; si introduce una nuova maggiorazione del peso per le famiglie con almeno tre figli, senza specificare né la condizione di essere a carico, né l’età. Fra le novità dell’istituto riformato non compare, invece, l’estensione dell’area di applicazione. Da questo punto di vista, dunque, il nuovo ISEE conferma i limiti del vecchio: l’istituto è applicabile alla generalità di servizi o di prestazioni economiche resi dall’operatore pubblico ma continuano a pesare le esclusioni di prestazioni assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario (per il quale non è prevista una generalizzata applicazione). Nel prospetto che segue vengono riassunte le prestazioni associate all’ISEE, comprendendovi accanto a quelle oggetto di specifiche disposizioni legislative, anche quelle riconducibili all’iniziativa degli Enti erogatori. L’ISEE E LE PRESTAZIONI A CUI SI APPLICA O PER CUI È ESCLUSO Prestazioni nazionali erogate sulla base dell’ISEE Carta Acquisti (Social Card) Assegno per nuclei familiari con almeno tre figli minori Fornitura gratuita o semigratuita dei libri di testo Erogazione borse di studio (ex legge n. 62/2000) Tariffa sociale per servizio distribuz e vendita dell’energia elettrica (bonus elettrico) Agevolazione per il canone telefonico Prestazioni del diritto allo studio universitario Assegno di maternità per le madri prive di altra garanzia assicurativa Principali prestazioni locali che dovrebbero essere erogate sulla base dell’ISEE Asili nido e altri servizi socio-educativi per l’infanzia · Mense scolastiche Altre prestazioni economiche assistenziali (ad es. reddito cittadinanza, minimo vitale) Servizi socio-sanitari diurni, residenziali, ecc. ·Servizi socio-sanitari domiciliari Principali prestazioni che utilizzano discrezionalmente l’ISEE pur in assenza di un obbligo specifico Esenzione ticket sanitari (ad es. Regione Sicilia) Agevolazioni per tributi locali (rifiuti solidi urbani) Agevolazione per trasporto locale Servizio di scuola-bus Agevolazioni per il canone di locazioni in edilizia residenziale pubblica Contributo per il pagamento dei canoni di locazione (ex legge 431/1998) Formulazione graduatorie per il pubblico impiego (ex art. 16 l. 56/87) Agevolazione per tasse universitarie Prestazioni nazionali per cui l’uso dell’ISEE è escluso Integrazione al minimo pensionistico Assegno e pensione sociale Maggiorazione sociale
  • 119. LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE 90 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo dalla legge Pensione di invalidità civile Fonte: Ministero del lavoro, Rapporto ISEE, 2012. L’ISEE riformato continuerà ad essere calcolato in due fasi distinte. Innanzitutto si determina l’ISE (indicatore della situazione economica, che prescinde dalla dimensione e dalle caratteristiche personali della famiglia, come somma dell’indicatore della situazione reddituale (ISR) e del 20 per cento di quello della situazione patrimoniale (ISP). ). Successivamente, si rapporta l’ISE alla scala di equivalenza, determinata dai pesi e dai coefficienti dei componenti del nucleo e delle maggiorazioni spettanti a fronte di specifiche condizioni. Tale rapporto costituisce l’ISEE, l’indicatore della situazione economica equivalente, che ha appunto la natura di un indicatore pro capite corretto per le economie e diseconomie familiari. Se questi sono le linee guida del calcolo, la loro concreta applicazione si articola in una complessa procedura (si veda il riquadro “La quantificazione del reddito e del patrimonio”). DICHIARAZIONI, AUTOCERTIFICAZIONI E CONTROLLI 4. Un’altra area dalla quale ci si aspettava una svolta era quella dei controlli sulla veridicità delle dichiarazioni (DSU) rese dai cittadini che richiedono il rilascio dell’ISEE per accedere ai benefici della spesa sociale. In questo caso, l’attesa non è andata delusa considerato che la riforma interviene sia nella fase immediatamente seguente la dichiarazione del richiedente l’ISEE, mediante controlli automatizzati e scambi telematici di informazioni, sia in quella dei successivi controlli sostanziali. Certo, la DSU resta un’autocertificazione, come in passato. Essa va infatti sempre presentata a Caf, sportelli Inps, Comuni o Enti erogatori, tutti soggetti non in grado di verificare contestualmente la veridicità di quanto dichiarato; viene perciò prevista una rapida trasmissione telematica agli enti (INPS e Agenzia delle Entrate) in grado di validare i dati dichiarati. Ed è qui che le novità diventano rilevanti, con il tentativo di sfruttare le recenti manovre di finanza pubblica che hanno allargato i poteri degli enti controllanti nonché le spese, i movimenti e gli stock finanziari soggetti a rilevazione con flusso telematico. L’impianto che emerge (si veda il riquadro “Il controllo delle dichiarazioni rese dagli utenti”) , sebbene da verificare, pare essere idoneo a portare rapidamente le dichiarazioni ISEE ad un livello di attendibilità più alto di quanto sia avvenuto finora. E’, questa, una condizione necessaria affinché l’ISEE possa assolvere agli obiettivi di selettività cui ormai è improntato l’accesso di larga parte della spesa sociale nel nostro Paese. In tal senso, tale istituto finirebbe per svolgere un ruolo integrativo, quando non sostitutivo, rispetto ai compiti redistributivi affidati sul versante fiscale all’Irpef. LE EVIDENZE QUANTITATIVE DELL’ISEE 5. La platea dei soggetti ISEE è rappresentata da tutti coloro che richiedono l’accesso a servizi agevolati: è, dunque, circoscritta alla parte di popolazione con un più basso tenore di vita.
  • 120. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 91 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Le caratteristiche della platea dei soggetti ISEE emergono dalle evidenze registrate nel 2011, prima cioè della recentissima riforma dell’istituto. E’ così possibile sottolineare che3 (tavola 1): TAVOLA 1 PLATEA ISEE E POPOLAZIONE ITALIANA: ANALISI PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA 4 Anno 2011 Persone (migliaia) Rip. % di colonna Incidenza % su popolazione Famiglie coinvolte (migliaia) Numero medio componenti famiglie coinvolte Nord Ovest 3'022 16.0% 18.7% 1'021 3.0 Nord Est 1'987 10.5% 17.1% 690 2.9 Centro 2'989 15.8% 25.0% 1'035 2.9 Sud e Isole 10'882 57.6% 52.0% 3'731 2.9 ITALIA 18'880 100.0% 31.1% 6'477 2.9  i soggetti che appartengono a nuclei che presentano la DSU per conseguire il rilascio dell’ISEE sono poco più del 31 per cento dei quasi 60 milioni di italiani, a conferma del fatto che la richiesta di prestazioni sociali agevolate riguarda di fatto una parte minore della popolazione, collocata nei livelli più bassi di tenore di vita;  la classificazione per area geografica rivela la forte istanza per un accesso agevolato alle prestazioni sociali da parte del mezzogiorno (il 52 per cento, ossia il doppio rispetto al centro e tre volte rispetto al nord). Si tratta di differenze che riflettono innanzitutto divari territoriali nel tenore di vita. Tuttavia, considerati i ricordati limiti del vecchio ISEE in ordine alle modalità di calcolo e alla carenza dei controlli, è possibile che un qualche ruolo possa averlo giocato anche una diversa propensione a dichiarare puntualmente redditi e patrimoni familiari. Ulteriori indicazioni emergono a proposito dell’età dei componenti i nuclei familiari che hanno presentato la DSU. Le differenziazioni sono marcate e rivelano (tavola 2) che vi è una maggiore propensione delle classi più giovani (osservabile nell’ultima colonna); ciò che si spiega in larga parte con l’esclusione dall’ISEE dei trattamenti previdenziali/assistenziali, fruiti per lo più da anziani. 3 I dati di seguito presentati, ove non esplicitamente indicato, sono tratti dal “Rapporto 2012 sull’ISEE” (Ministero del lavoro) ovvero sono il frutto di stime basate su un modello di microsimulazione a partire dall’indagine Istat SILC 2010 riportata al 2014. 4 La platea ISEE è costituita dalla quota di popolazione residente in famiglie che hanno presentato la DSU.
  • 121. LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE 92 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 2 PLATEA ISEE E POPOLAZIONE ITALIANA: ANALISI PER ETÀ DEI COMPONENTI DEI NUCLEI CHE HANNO PRESENTATO LA DSU5 Migliaia individui Quota % Incidenza % su popolazione Fino a 17 anni 4'852 25.7% 47.4% 18-39 anni 5'721 30.3% 34.4% 40-64 anni 5'815 30.8% 27.1% 65-74 anni 1'189 6.3% 19.4% 75 anni e oltre 1'303 6.9% 21.1% ITALIA 18'880 100.0% 31.1% Infine, la classificazione dei nuclei familiari per classi di valore ISEE (tavola 3) consente di sottolineare che le dichiarazioni rese ai fini del rilascio dell’ISEE si concentrano nei nuclei con un valore basso: oltre i tre quarti al di sotto di 15 mila euro, corrispondenti al 40 per cento delle famiglie italiane. Ma la DSU risulta presentata anche da nuclei con valori decisamente superiori: oltre l’8 per cento per un livello ISEE superiore a 30 mila euro, corrispondente al 28 per cento dell’insieme delle famiglie italiane. TAVOLA 3 NUCLEI FAMILIARI PER CLASSI DI VALORE Famiglie con DSU e Totale famiglie; valori % CLASSI DI ISEE Famiglie che hanno presentato DSU* TOTALE FAMIGLIE** Nullo 10.7% 2.9% 0-3.000 € 9.7% 4.6% 3.000-6.000 € 18.1% 5.9% 6.000-10.000 € 23.6% 11.7% 10.000-15.000 € 14.9% 14.8% 15.000-20.000 € 8.6% 12.7% 20.000-30.000 € 8.3% 18.9% Oltre 30.000 € 8.1% 28.5% TOTALE 100.0% 100.0% * Fonte: rapporto ISEE 2012 ** Fonte: Elaborazioni di modello microsimulazione 5 La platea ISEE è costituita dalla quota di popolazione residente in famiglie che hanno presentato la DSU.
  • 122. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 93 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 GLI EFFETTI DELLA RIFORMA DELL’ISEE 6. La rilevata tendenza a confermare, in sede di attuazione della riforma, i caposaldi del precedente impianto, si è tradotto in nuovi valori dell’ISEE non molto diversi da quello precedente. Ciononostante, le novità apportate rendono plausibile attendersi effetti più marcati nelle seguenti direzioni : a) un maggior rilievo, nella costruzione dell’indicatore, al patrimonio, rispetto al reddito; b) maggiori vantaggi al lavoro dipendente; c) più pronunciata attenzione a favore delle famiglie con tre o più figli; d) maggiore valorizzazione per i nuclei con componenti disabili e non autosufficienti. Le evidenze della tavola 4 confermano l’assunto iniziale: fra i vecchi e i nuovi valori delle soglie di decile ISEE le variazioni sono modeste; ciò che sembrerebbe dover portare alla conclusione che poco o nulla sia cambiato a seguito della riforma dell’istituto. TAVOLA 4 DISTRIBUZIONE DECILICA DELL'ISEE ANTE E POST RIFORMA DECIMI soglia max ante riforma soglia max post riforma I 4'646 4'626 II 8'257 8'168 III 11'450 11'452 IV 14'679 14'723 V 18'348 18'622 VI 22'787 23'312 VII 28'117 29'237 VIII 36'066 37'991 IX 52'179 56'185 X Classe aperta Fonte: elaborazione da modello di microsimulazione. Un altro modo per intercettare gli effetti della riforma è osservare la distribuzione dell’ISEE nelle classi reddituali più basse, quelle interessate alla richiesta dei servizi agevolati. In proposito, la tavola 5 consente di verificare quale è la quota di popolazione che sta sotto una soglia bassa dell’indicatore, pari a 3.000 euro.
  • 123. LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE 94 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 5 CONFRONTO TRA INDICATORI ISEE Quota di popolazione al di sotto delle soglie fissate Quota di popolazione Reddito disp equiv < 1/2 mediana 16,1% ISR (equiv) ante riforma < 3.000 8,9% ISEE ante riforma < 3.000 7,1% ISR (equiv) post riforma < 3.000 9,4% ISEE post riforma < 3.000 6,7% Fonte: modello di microsimulazione Nella tavola si riporta la quota di popolazione con reddito disponibile equivalente al di sotto della metà del valore mediano (16,1 per cento), un indicatore spesso usato per quantificare l’area di povertà relativa. Successivamente sono quantificate le quote di popolazione (prima e dopo la riforma) che si collocano al di sotto di 3mila euro rispettivamente di ISEE e di ISR (il solo indicatore reddituale). Si osserva che con la riforma la quota di popolazione con ISEE sotto la soglia di 3mila euro scende (dal 7,1 per cento al 6,7 per cento) mentre sale quella riferita al solo indicatore reddituale. Se ne deduce che la ratio che ha guidato il riformatore è stata quella di sfavorire maggiormente i possessori di patrimonio. Anche il calcolo delle medie e mediane (tavola 6) prima e dopo la riforma – riferito a ciascuno dei quattro indicatori (ISEE, ISE, ISR e ISP) – conferma tale conclusione. TAVOLA 6 CONFRONTO TRA INDICATORI ANTE E POST RIFORMA Valori medi e mediani in migliaia Ante riforma Post Riforma ISEE - Media 25.8 27.5 - Mediana 18.3 18.6 ISE - Media 52.9 55.9 - Mediana 37.3 37.9 ISR - Media 39.3 36.4 - Mediana 29.7 26.9 ISP - Media 68.2 97.8 - Mediana 21.7 38.9 Fonte: elaborazione da modello di microsimulazione. Risulta infatti evidente come l’ISEE e l’ISE crescano poco con la riforma; ma questo fenomeno scaturisce dalla combinazione di due effetti contrapposti: una riduzione dell’indicatore reddituale (da 39.300 a 36.400 euro) ed un forte aumento di quello patrimoniale (da 68.200 a 97.800), di quasi il 50 per cento.
  • 124. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 95 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Anche i valori assoluti patrimoniali e delle sue componenti (tavola 7) confermano che con la riforma – e a parità di condizioni – crescono entrambe le componenti, ed in particolare quella immobiliare (interessata dal citato aumento del 60 per cento dei valori catastali). TAVOLA 7 CONFRONTO TRA INDICATORI PATRIMONIALI ANTE E POST RIFORMA Somma (miliardi) Media ANTE RIFORMA Valore Immobiliare 3'214 54'112 Valore attività finanziarie 834 14'039 Totale patrimonio 4'048 68'151 Totale patrimonio ai fini Isee (20%) 810 13'630 POST RIFORMA Valore Immobiliare 4'835 81'408 Valore attività finanziarie 972 16'366 Totale patrimonio 5'807 97'774 Totale patrimonio ai fini Isee (20%) 1'161 19'555 Fonte: elaborazione da modello di microsimulazione. Nell’ultima tavole (tavola 8) sono infine presentate le differenze fra i valori ante e post riforma dell’ISEE e di ciascuno dei suoi tre componenti. TAVOLA 8 DIFFERENZE TRA INDICATORI POST E ANTE RIFORMA Analisi per numero di componenti, area geografica, quinti di reddito equivalente e reddito prevalente in famiglia Diff. % ISEE Diff. % ISE Diff. % ISR Diff. % ISP Media Mediana Media Mediana Media Mediana Media Mediana Totale popolazione 6.5 1.5 5.7 1.6 -7.4 -9.4 43.5 79.2 NUMERO COMPONENTI FAMIGLIA 1 componente 14.5 9.2 10.2 2.8 -7.5 -10.3 53.9 361.5 2 componenti 9.5 4.6 8.7 3.9 -7.1 -8.7 45.1 73.4 3 componenti 3.7 -0.8 4.0 0.0 -8.2 -9.2 41.9 70.4 4 componenti 3.5 -0.1 3.9 0.3 -7.6 -10.7 41.7 64.0 5 componenti 1.4 -1.7 6.7 2.7 -5.2 -8.8 41.3 74.8 6 o più componenti -0.9 -4.9 5.0 4.8 -7.0 -0.1 38.9 220.8 AREA GEOGRAFICA Nord Ovest 6.0 0.3 5.2 0.7 -7.4 -9.3 40.5 71.0 Nord Est 5.2 -0.3 4.4 2.0 -7.8 -10.1 40.1 58.7 Centro 7.3 2.7 6.1 2.7 -7.8 -9.3 43.7 66.8 Sud e Isole 7.6 1.9 7.2 0.9 -6.7 -9.6 50.1 127.4 QUINTI DI REDDITO EQUIVALENTE I 6.4 -0.9 6.7 -0.2 -7.2 -8.4 44.9 0.0 II 1.8 -3.8 2.4 -3.4 -9.9 -11.7 48.8 199.4 III 3.5 -1.8 3.0 -0.4 -10.2 -11.8 47.1 88.6 IV 5.3 1.2 4.2 1.7 -8.9 -10.1 46.9 62.1 V 9.0 4.4 8.2 4.9 -4.8 -7.0 39.9 38.6 REDDITO PREVALENTE FAMIGLIA Lavoro dipendente -0.9 -4.7 -0.2 -3.3 -9.8 -10.8 43.3 99.4 Pensioni, imponibili o esenti 12.5 10.2 9.9 8.4 -6.3 -8.3 43.7 70.6 Collaborazione coordinata 10.1 4.4 12.2 13.2 -1.9 -8.0 43.4 54.4 Lavoro autonomo 9.6 7.6 10.2 7.9 -1.2 -3.3 44.8 67.2 Capitale (imm+mob), senza altri redditi 28.3 16.4 27.2 27.3 -5.9 -7.9 43.1 49.1 Capitale (imm+mob), altri redditi presenti 10.2 4.4 10.4 9.3 -6.5 -8.2 42.0 59.8
  • 125. LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE 96 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo E’ possibile sottolineare che la riforma dell’istituto: a) svantaggia i nuclei con un ridotto numero di componenti, a vantaggio di quelli numerosi. A parità di condizione reddituale e patrimoniale, i primi si vedono determinare un valore di ISEE più alto rispetto al passato, laddove i secondi (con valori ISEE inferiori) risultano agevolati nell’accesso alla spesa sociale ; b) accresce leggermente il valore dell’ISEE nel centro e nel mezzogiorno, a testimonianza della “restrizione” che subirebbero i relativi nuclei interessati ad accedere alle prestazioni dello stato sociale; c) avvantaggia il secondo e terzo quinto di reddito equivalente (l’indicatore tradizionalmente usato nelle analisi redistributive) più di quanto faccia con il primo, quello relativo ai più poveri; d) avvantaggia nettamente il lavoro dipendente (ove prevalente in famiglia) svantaggiando i redditi da pensione (effetto atteso, posto che i pensionati posseggono quote più elevate di patrimonio). LA QUANTIFICAZIONE DEL REDDITO E DEL PATRIMONIO Il nuovo ISEE, analogamente al vecchio, viene calcolato come la somma di un indicatore della situazione reddituale ed il 20 per cento di un indicatore della situazione patrimoniale, rapportati alla “scala di equivalenza”, cioè la somma dei pesi/coefficienti attribuiti, a seconda delle caratteristiche, agli individui appartenenti ad un nucleo familiare. In formula abbiamo: ISEE = (ISR + 20% x ISP)/scalaeq Dove ISR è l’indicatore della situazione reddituale, ISP quello della situazione patrimoniale e scalaeq la somma dei singoli pesi/coefficienti. Più è alto il coefficiente attribuito ad un individuo, più si alza il denominatore di questo rapporto e si abbassa di conseguenza l’indicatore di capacità contributiva rappresentato dall’ISEE, attribuito indifferentemente a ciascun membro della famiglia (in ossequio all’ipotesi che le disponibilità familiari siano equamente indirizzate all’interno del nucleo). L’art. 4 del dPCM di riforma stabilisce i criteri per la determinazione dell’indicatore della situazione reddituale (ISR): ai fini del calcolo dell’indicatore, si sommano i redditi dei singoli al netto dei relativi importi deducibili; da tale somma sono poi detratte le spese o le franchigie riferite al nucleo familiare. I redditi considerati sono dunque, oltre al reddito complessivo Irpef, quelli soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta, e ogni altra componente reddituale esente da imposta. All’ammontare del reddito individuale devono essere sottratti fino a concorrenza l’importo degli assegni periodici effettivamente corrisposti al coniuge separato ed ai figli, le spese sanitarie per disabili fino ad un massimo di 5.000 euro, il 20 per cento dei redditi da lavoro dipendente fino ad un massimo di 3.000 euro, il 20 per cento dei redditi da pensione inclusi nel reddito complessivo Irpef fino ad un massimo di 1.000 euro. Dalla somma dei redditi dei componenti il nucleo si sottraggono poi fino a concorrenza le seguenti spese o franchigie familiari: a) il canone annuo previsto nel contratto di locazione fino ad un massimo di 7.000 euro più 500 euro per ogni figlio successivo al secondo; b) la spesa sostenuta per collaboratori domestici e addetti all’assistenza personale di persone non autosufficienti o, in alternativa e in caso di ricovero presso strutture residenziali, l’ammontare della retta versata per l’ospitalità alberghiera; c) una franchigia pari a 4.000 euro per ciascuna persona con disabilità media, incrementati a 5.500 se minorenne;
  • 126. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 97 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 d) una franchigia pari a 5.500 euro per ciascuna persona con disabilità grave, incrementati a 7.500 se minorenne; e) una franchigia pari a 7.000 euro per ciascuna persona non autosufficiente, incrementati a 9.500 se minorenne. Insomma, l’indicatore reddituale è diminuito innanzitutto di alcune spese deducibili dei singoli e poi di quelle del nucleo familiare del dichiarante. Il reddito complessivo Irpef porta con sé una forte sottostima del reddito scaturente dal possesso di immobili, a causa della combinazione di bassi valori catastali e bassa quota di redditività da riportare in Irpef (1 per cento). Per contro, si determina una netta sovrastima dei redditi finanziari. Considerare infatti un reddito figurativo pari al tasso dei BTP decennali o, se minore, al tasso legale maggiorato di un punto, equivale a non considerare che il rendimento di significative quote mobiliari (in primis conti correnti e depositi di vario genere) è spesso nullo o molto più basso, anche a causa delle spese di commissione. La determinazione dell’indicatore patrimoniale è, invece, la parte del nuovo ISEE che subisce meno modifiche sostanziali, riproducendo la logica del vecchio ISEE, anche se con un significativo incremento dei valori immobiliari nell’ordine del 60 per cento, a causa del suo aggancio all’imponibile IMU. Il patrimonio immobiliare infatti è la somma dei valori individuali pari agli imponibili ai fini IMU, cioè ai valori catastali rivalutati dapprima del 5 per cento e poi di un ulteriore 60 per cento introdotto dalla disciplina IMU. Ciascun immobile entra nella sommatoria al netto del valore residuo del debito per mutuo residuo, analogamente alla precedente disciplina. Per la casa di abitazione di proprietà, analogamente alla previgente franchigia ed in parallelo con l’abbattimento reddituale previsto per le famiglie in affitto, è prevista una franchigia di 52.500 euro, questa volta incrementata anche di 2500 euro per ciascun figlio successivo al secondo. Il patrimonio mobiliare, a differenza della precedente formulazione, viene abbondantemente dettagliato nelle sue varie tipologie e modalità di calcolo, permanendo il valore di stock a fine anno, salvo il riferimento antielusivo alla consistenza media annua: depositi e conti correnti bancari e postali, titoli di Stato, obbligazioni, azioni, ecc.. Anche per il patrimonio mobiliare si riduce leggermente la precedente franchigia di circa 15.500 euro, essendo ora stabilita in maniera molto articolata: da 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro. La predetta soglia è incrementata di 1.000 euro per ogni figlio componente il nucleo familiare successivo al secondo. Tale franchigia non si applica ai fini della determinazione dell’indicatore della situazione reddituale. IL CONTROLLO DELLE DICHIARAZIONI RESE DAGLI UTENTI Il controllo di veridicità delle dichiarazioni (DSU) avviene in due fasi. Dapprima l’Agenzia delle entrate verifica con procedure automatizzate per tutte le dichiarazioni il sottoinsieme di dati in possesso dell’anagrafe tributaria, comunicando le corrispondenze e le discrepanze all’INPS. Così sono tempestivamente controllate non solo tutte le informazioni di tipo dichiarativo, ma anche la corrispondenza dei conti finanziari. Ricevuto il primo set di controlli automatizzati, e prendendo per buoni i rimanenti dati dichiarati, l’INPS sarà in grado di calcolare l’ISEE e comunicare agli interessati anche l’esistenza di discrepanze rilevate. Peraltro, in questa fase, si cerca di coniugare l’ampio potere di controlli con l’esigenza di limitare i rischi di contestazioni penali di massa, anche per piccoli errori od omissioni. E’ infatti previsto che in relazione ai dati autocertificati dal dichiarante, l’Agenzia delle entrate, sulla base di appositi controlli automatici, individui l’esistenza di omissioni, ovvero difformità degli stessi rispetto agli elementi conoscitivi in possesso del Sistema informativo dell’anagrafe tributaria, inclusa
  • 127. LE POTENZIALITÀ DEL NUOVO ISEE 98 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo la presenza non dichiarata di rapporti finanziari. In presenza di omissioni o difformità, il soggetto richiedente la prestazione ha la possibilità di modificare la DSU evitando le contestazioni anche penali. In un secondo stadio, dopo le eventuali correzioni apportate dal dichiarante all’originaria DSU, sono effettuati i controlli più complessi mediante la creazione di “liste selettive” che consentono di verificare l’attendibilità delle dichiarazioni rese da un campione di contribuenti.
  • 128. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 99 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 1. Nella prima parte, il Rapporto ha proposto una valutazione generale dell’andamento dei conti pubblici nel 2013 nel quadro dell’evoluzione macroeconomica, con la finalità principale di verificare l’efficacia degli strumenti di coordinamento impiegati negli anni della crisi economico-finanziaria e di trarne indicazioni sul profilo programmatico delineato nei documenti governativi. Particolarmente significativa appare, da questo punto di vista, l’analisi intesa a misurare la distribuzione del peso del riaggiustamento tra le principali categorie e funzioni della spesa pubblica (e delle entrate) e tra livelli di governo, amministrazioni centrali ed enti territoriali. In questo capitolo, in linea con lo schema generale, viene sottoposto a verifica il contributo al riequilibrio dei conti pubblici del 2013 dello Stato, con riguardo alle diverse componenti della spesa e con riferimento agli effetti generati dai principali provvedimenti di contenimento assunti nel periodo 2008-2013. Come illustrato nelle precedenti edizioni del Rapporto, le analisi condotte si svolgono principalmente nel quadro delle definizioni e degli aggregati di finanza pubblica utilizzati nella contabilità nazionale, che costituisce lo schema di riferimento entro il quale si verificano gli obiettivi programmatici europei. Come è noto, la Corte dei conti sottopone il bilancio dello Stato ad un esame molto approfondito che si conclude con la complessa procedura di parificazione del rendiconto generale. In proposito, deve essere sempre sottolineato come le risultanze del rendiconto, espresse nei termini della contabilità pubblica, possano discostarsi, anche significativamente, dai consuntivi di entrata e di spesa elaborati in contabilità nazionale. Una difformità che assume particolare rilievo operativo, se si considera che gli obiettivi programmatici e i saldi, anche quando riferiti al comparto Stato, non possono che riferirsi agli aggregati di contabilità nazionale, mentre gli strumenti di intervento, nella loro articolazione normativa ed amministrativa, applicano necessariamente correzioni al bilancio finanziario dello Stato, muovendosi, dunque, nell’ambito dei momenti propri della contabilità pubblica (stanziamenti, impegni, pagamenti, ecc.). Nei paragrafi seguenti, viene prima esaminato l’andamento segnato negli ultimi anni dalla spesa statale, nel quadro della più generale tendenza al contenimento della spesa pubblica. Si effettua, poi, un confronto tra le previsioni per il 2013 relative al conto dello Stato (nella definizione della contabilità nazionale), predisposte in occasione del DEF di aprile 2013 e i risultati di consuntivo elaborati dall’Istat, allo scopo, soprattutto, di verificare il grado di efficacia degli interventi correttivi con impatto sul 2013. Tale comparazione è condotta con riguardo alle principali categorie economiche della spesa statale oggetto delle misure di contenimento (o di accelerazione), ma con uno specifico approfondimento sulla dinamica degli investimenti e in generale della spesa in conto capitale.
  • 129. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 100 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo IL BILANCIO DELLO STATO NEL QUADRO DEI CONTI PUBBLICI 2. I risultati del conto dello Stato per il 2013, nella definizione di contabilità nazionale, consentono di proporre un raffronto con gli andamenti più generali di finanza pubblica (ampiamente commentati nel capitolo primo) e di misurare quantità e qualità dello sforzo di aggiustamento realizzato nell’ultimo quadriennio. Un periodo che segna una netta inversione di tendenza rispetto all’intero arco degli anni 2000, durante il quale la spesa pubblica, ma soprattutto la spesa statale, avevano registrato una dinamica molto elevata in condizioni di netta decelerazione del Pil (tavola 1). TAVOLA 1 LA SPESA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E DELLO STATO. ANNI 2000-2013 Totale uscite Totale uscite netto interessi Totale uscite Totale uscite netto interessi 1995 5,8 4,7 6,7 5,0 52,5 41,0 37,8 26,5 7,9 1996 5,8 5,9 -1,0 -4,1 52,4 40,9 35,2 24,0 6,0 1997 -0,1 4,3 -3,1 3,0 50,1 40,9 32,7 23,7 4,5 1998 1,3 4,2 -8,3 -7,6 48,7 40,9 28,8 21,0 4,1 1999 1,4 4,4 -0,5 4,1 47,9 41,3 27,7 21,2 3,3 2000 1,3 1,4 -1,8 -2,4 45,9 39,6 25,8 19,6 5,7 1995-2000 2,6 4,1 -3,4 -0,3 5,2 2001 9,2 9,9 12,4 15,3 47,8 41,6 27,7 21,6 4,8 2002 2,4 3,9 1,2 3,3 47,2 41,7 26,9 21,5 3,7 2003 5,5 6,9 1,9 4,0 48,4 43,2 26,6 21,7 3,1 2004 3,0 3,8 2,7 4,1 47,8 43,1 26,2 21,6 4,2 2005 3,8 4,2 4,3 5,1 48,3 43,7 26,6 22,1 2,8 2006 5,3 5,5 6,6 7,3 49,0 44,3 27,3 22,9 3,9 2007 2,4 1,4 3,2 1,9 48,2 43,2 27,1 22,4 4,1 2008 3,5 3,3 0,7 -0,1 49,2 44,0 26,9 22,0 1,3 2009 3,1 4,9 8,4 12,9 52,5 47,9 30,1 25,7 -3,5 2000-2009 4,3 3,9 4,7 6,0 2,7 2010 -0,7 -0,8 -1,9 -2,4 51,1 46,5 28,9 24,6 2,1 2011 0,4 -0,5 -1,2 -3,2 50,4 45,4 28,1 23,4 1,8 2012 0,7 -0,4 0,9 -1,2 51,2 45,6 28,5 23,3 -0,8 2013 -0,2 0,3 -0,3 0,9 51,2 46,0 28,6 23,6 -0,4 2010-2013 0,0 -0,3 -0,6 -1,5 0,7 Variazioni % Inc. % di Pil Variazioni % Anni Amministrazioni pubbliche Stato Amministrazioni pubbliche Stato Pil nominaleTotale uscite Totale uscite netto interessi Totale uscite Totale uscite netto interessi Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Istat. Solo nella seconda metà degli anni novanta il consistente dividendo dell’euro in termini di minore costo del debito pubblico e la contestuale crescita del prodotto nominale (più del 5 per cento medio annuo) avevano prodotto una flessione dell’incidenza della spesa pubblica sul Pil (da poco meno del 53 per cento nel 1995 a circa il 46 per cento nel 2000). Di rilievo era stato, in quell’arco temporale, il contributo
  • 130. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 101 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 offerto dalla spesa dello Stato che segnava una riduzione di quasi il 3,5 per cento all’anno (-0,3 per cento per la spesa primaria) abbassando la propria incidenza sul Pil di ben 12 punti percentuali (7 punti per la primaria). Negli anni duemila, invece, la spesa pubblica primaria dell’intera amministrazione pubblica è cresciuta ad un ritmo medio annuo di poco inferiore al 4 per cento, con la componente statale ancora più dinamica (circa il 6 per cento all’anno). Ciò è intervenuto, come già segnalato, in un periodo concluso con la prima recessione economica: tra il 2000 e il 2009 il Pil è aumentato meno del 3 per cento, in media annua, in termini nominali. A fine periodo, dunque, l’incidenza della spesa pubblica sul Pil ha superato nuovamente il 52 per cento. L’impatto della crisi finanziaria internazionale e i conseguenti ripetuti interventi correttivi del disavanzo pubblico, hanno prodotto, nei conti pubblici dell’Italia, un notevole raddrizzamento, da imputare non soltanto all’aumento del prelievo fiscale, ma anche al contenimento della spesa. Se si osservano i risultati del quadriennio 2010-2013, nei dati cumulati, le spese delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi diminuiscono dell’1,4 per cento; la spesa primaria dello Stato addirittura di quasi il 6 per cento. Due puntualizzazioni: il 2013 segna una parziale interruzione del percorso di riduzione della spesa, con un rimbalzo che è più accentuato per lo Stato che per la spesa pubblica complessiva. In secondo, luogo, come si preciserà più avanti, il riequilibrio realizzato nel quadriennio è caratterizzato da un crescente sacrificio degli investimenti e delle spese in conto capitale. Una tendenza che accomuna amministrazione centrale ed amministrazioni territoriali. La portata del contenimento della spesa statale viene colta con più efficacia se si evidenzia la sola spesa finale per prestazione diretta di servizi alla collettività e per la realizzazione di opere pubbliche. A tal fine, i consuntivi vanno considerati al netto dei trasferimenti correnti e in conto capitale destinati agli altri enti della pubblica amministrazione e, in particolare, alle amministrazioni regionali e locali (tavola 2). Anche al netto di tali componenti, la spesa primaria dello Stato risulta diminuita, rispetto al 2010, di quasi il 6 per cento. Uno sforzo di contenimento di grande rilievo, ma del tutto sbilanciato nella sua composizione interna: ad una riduzione del 3,4 per cento delle spese correnti (al netto degli interessi e dei trasferimenti ad enti pubblici) fa, infatti, riscontro la caduta delle spese in conto capitale che ha raggiunto il 26 per cento. La divaricazione tra spese correnti e in conto capitale si amplia nel consuntivo del 2013, che registra il ritorno alla crescita delle prime (+2,0 per cento) e una pesante ulteriore decelerazione delle seconde (-27,3 per cento).
  • 131. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 102 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 2 LA SPESA PRIMARIA DELLO STATO AL NETTO DEI TRASFERIMENTI ALLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. ANNI 2010-2013 2010 2011 * 2012 2013 2011/ 10 2012/ 11 2013/ 12 var. base 2010 2010 2011 2012 2013 Spese correnti (al netto interessi) 352.516 344.368 336.634 345.186 -2,3 -2,2 2,5 -2,0 92,5 93,3 92,3 93,9 Spese correnti (al netto interessi e trasferimenti enti pubblici) 148.697 146.296 140.738 143.560 -1,6 -3,8 2,0 -3,4 39,0 39,6 38,6 39,0 di cui: Redditi da lavoro dipendente 92.445 90.935 90.003 90.161 -1,6 -1,0 0,2 -2,5 24,3 24,6 24,7 24,5 Consumi intermedi 20.697 21.097 17.565 17.468 1,9 -16,7 -0,6 -15,4 5,4 5,7 4,8 4,7 Contributi alla produzione 5.735 5.226 4.940 5.331 -8,9 -5,5 7,9 -6,4 1,5 1,4 1,4 1,4 Altre spese correnti 20.803 20.692 19.931 22.216 -0,5 -3,7 11,5 7,3 5,5 5,6 5,5 6,0 Altro 9.017 8.346 8.299 8.384 -7,4 -0,6 1,0 -7,0 2,4 2,3 2,3 2,3 Spesa in conto capitale (al netto di trasferimenti enti pubblici) 16.023 16.784 16.207 11.788 4,7 -3,4 -27,3 -26,0 4,2 4,5 4,4 3,2 di cui: Investimenti fissi lordi 5.125 5.085 4.869 3.890 -0,8 -4,2 -20,1 -25,1 1,3 1,4 1,3 1,1 Contributi in conto capitale alle imprese 9.428 9.934 9.540 7.313 5,4 -4,0 -23,3 -21,9 2,5 2,7 2,6 2,0 Altre spese in conto capitale 1.470 1.765 1.798 585 20,1 1,9 -67,5 -45,5 0,4 0,5 0,5 0,2 Spesa totale primaria 381.130 368.987 364.585 367.765 -3,2 -1,2 0,9 -3,5 100,0 100,0 100,0 100,0 Spesa totale al netto di interessi e trasferimenti a enti pubblici 164.720 163.080 156.945 155.348 -1,0 -3,8 -1,0 -5,8 43,2 44,2 43,0 42,2 milioni variazioni % composizione % spesa primaria Spese Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Istat. * La spesa in conto capitale del 2011 è calcolata, per motivi di comparabilità dei risultati, al lordo delle assegnazioni dei diritti d'uso delle frequenze. UN CONFRONTO TRA PREVISIONI E CONSUNTIVO: IL CONTO DELLO STATO 3. L’interruzione, intervenuta nel 2013, nel percorso di contenimento della spesa statale e, soprattutto, la asimmetria che va accentuandosi tra spesa corrente ed investimenti pubblici suggerisce di procedere ad un confronto tra le proiezioni predisposte in occasione del DEF dell’aprile 2013 e il consuntivo Istat. E ciò per tentare una verifica della rispondenza degli andamenti della spesa statale, nel 2013, agli indirizzi programmatici e dell’efficacia degli strumenti allo scopo impiegati. Si tratta di confronti che possono essere condotti solo entro gli schemi definitori della contabilità nazionale (utilizzando, quindi, il Conto dello Stato elaborato secondo le regole del SEC). Ma, in ogni caso, nell’illustrazione che segue si è scelto di mantenere un riferimento costante anche al rendiconto finanziario dello Stato che, pur essendo poco significativo come indicatore delle tendenze dei saldi di finanza pubblica, resta la base di riscontro più adatta per misurare l’efficacia degli strumenti utilizzati per il controllo dei flussi di spesa.
  • 132. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 103 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 3 CONTO DELLO STATO 2011-2013: CONFRONTO TRA PREVISIONI E CONSUNTIVO (milioni) (%) (milioni) % (milioni) % 2011 2012 2013 2011 2012 2013 Redditi da lavoro dipendente 91.520 89.566 88.237 90.935 90.003 90.161 1.924 2,2 -1.329 -1,5 158 0,2 Consumi intermedi 21.647 18.757 17.053 21.097 17.565 17.468 415 2,4 -1.704 -9,1 -97 -0,6 Prestazioni sociali 3.682 3.600 3.730 3.682 3.653 3.835 105 2,8 130 3,6 182 5,0 Trasferimenti ad enti pubblici 197.571 194.601 189.549 198.072 195.896 201.626 12.077 6,4 -5.052 -2,6 5.730 2,9 Altre spese correnti (netto interessi) 29.932 28.416 31.708 30.582 29.517 32.096 388 1,2 3.292 11,6 2.579 8,7 SPESECORRENTI(netto interessi) 344.352 334.940 330.277 344.368 336.634 345.186 14.909 4,5 -4.663 -1,4 8.552 2,5 Interessi passivi 74.519 82.836 80.570 74.498 82.723 78.312 -2.258 -2,8 -2.266 -2,7 -4.411 -5,3 TOTALESPESE CORRENTI 418.871 417.776 410.847 418.866 419.357 423.498 12.651 3,1 -6.929 -1,7 4.141 1,0 TOTALESPESEIN C/CAPITALE 25.012 28.953 28.794 24.619 27.951 22.579 -6.215 -21,6 -159 -0,5 -5.372 -19,2 Investimenti fissi lordi 5.101 5.170 6.359 5.085 4.869 3.890 -2.469 -38,8 1.189 23,0 -979 -20,1 Contributi agli investimenti esterni 11.103 10.481 11.350 11.699 11.338 7.898 -3.452 -30,4 869 8,3 -3.440 -30,3 Contributi agli investimenti ad enti pubblici 11.775 13.070 10.551 11.662 11.744 10.791 240 2,3 -2.519 -19,3 -953 -8,1 Altri trasferimenti in c/capitale -2.967 232 534 -3.827 0 0 -534 -100,0 302 130,2 0 TOTALESPESEFINALI (netto interessi) 369.364 363.893 359.071 368.987 364.585 367.765 8.694 2,4 -4.822 -1,3 3.180 0,9 TOTALESPESEFINALI 443.883 446.729 439.641 443.485 447.308 446.077 6.436 1,5 -7.088 -1,6 -1.231 -0,3 aprile 2013 marzo 2013 (milioni) SPESE DEF ISTAT DEF IstatIstat/Def DIFFERENZE 2013/20122013 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati DEF 2013 e consuntivo Istat. Nel Conto dello Stato, il confronto tra il consuntivo e le proiezioni predisposte in occasione del DEF 2013 evidenzia un’inversione di segno nell’andamento delle spese correnti al netto degli interessi: si prevedeva una flessione dell’1,4 per cento, mentre il risultato indica per il 2013 un aumento del 2,5 per cento. Si tratta di circa 15 miliardi in più di spesa corrente primaria, solo in parte compensata da una minore spesa per interessi che, sempre rispetto alle proiezioni dell’aprile 2013, ha superato i due miliardi (tavola 3). Si può rilevare come l’intero contributo in termini di contenimento delle spese sia da imputare al crollo della spesa in conto capitale, che evidenzia una marcata deviazione dal profilo indicato nel DEF 2013, che rifletteva una stima degli effetti di sostegno assegnati ai più recenti provvedimenti. Così, a fronte di un incremento degli investimenti fissi lordi previsti superiore al 23 per cento si verifica, a consuntivo, una flessione del 20 per cento; mentre ancora maggiore (30 per cento) è la caduta dei Contributi agli investimenti esterni, per i quali si era previsto, invece, un aumento dell’8 per cento. Tra i fattori alla base dell’andamento sfavorevole, rispetto alle previsioni, della spesa in conto capitale dello Stato nel 2013 vanno segnalate, in particolare, con riguardo agli investimenti fissi lordi le minori erogazioni di somme connesse alla ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto in Abruzzo e in Emilia e con riferimento ai contributi agli investimenti la mancata sottoscrizione dei contratti di programma con Anas e Ferrovie dello Stato.
  • 133. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 104 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo La rilevante portata della flessione di investimenti e spese in conto capitale ha indotto a verificare le cause principali del rallentamento attraverso un esame dei principali capitoli di spesa del bilancio dello Stato, i cui risultati sono illustrati, in modo sintetico, nei paragrafi seguenti. Per quanto riguarda la spesa corrente primaria, nel capitolo “Una politica per il pubblico impiego” il Rapporto analizza, sia pure con riferimento all’intero comparto delle amministrazioni pubbliche, le tendenze registrate nel 2013 e i fattori principali alla base degli andamenti osservati. Di seguito, invece, vengono fornite sintetiche informazioni sulla dinamica dei consumi intermedi dello Stato, una voce di spesa di particolare interesse essendo stata, in questi anni, la principale categoria oggetto dei tagli lineari a più riprese applicati al bilancio dello Stato; mentre seguita a costituire un riferimento “privilegiato” anche nel profilo programmatico dei risparmi affidati alla spending review. I CONSUMI INTERMEDI 4. Nel 2013, i consumi intermedi dello Stato, secondo la definizione della contabilità nazionale, segnano ancora una riduzione (-0,6 per cento) rispetto al 2012; un risultato molto distante sia da quello conseguito lo scorso anno (-16,7 per cento) sia dalla previsione che era stata avanzata al momento del DEF di aprile 2013 (-9 per cento). Il dato di consuntivo conferma, con chiara evidenza, quanto già anticipato nel primo capitolo del rapporto: l’anno passato ha visto interrompersi la tendenza verso un deciso contenimento della spesa pubblica corrente al netto degli interessi; e i consumi intermedi, cioè gli acquisti di beni e servizi, non si sottraggono a tale valutazione. Ma l’analisi dei fattori che hanno determinato questo minor rigore nel controllo della spesa richiede qualche puntualizzazione, poiché – come si è più volte illustrato nei precedenti Rapporti – la voce “Consumi intermedi dello Stato” è costruita, nella contabilità nazionale, secondo regole che possono indurre a valutazioni imprecise sulle ragioni alla base dell’andamento annuale. Basti, in proposito, ricordare che la relativamente modesta dimensione di tale categoria di spesa (meno di 20 miliardi) è, a sua volta, composta solo per poco più della metà dalle risultanze del bilancio dello Stato e, per il resto, da “correzioni di contabilità nazionale”, che nella sostanza possono anche ribaltare gli andamenti osservati in sede di rendiconto finanziario. L’osservazione non è priva di rilievo, se si tiene conto del fatto che una delle finalità principali del Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica è di tentare di misurare il grado di efficacia degli strumenti di intervento con impatto sul 2013, i quali, nella loro attuazione amministrativa, non possono che applicarsi al bilancio finanziario dello Stato. Anche con riguardo al 2013, infatti, hanno operato provvedimenti che, attraverso tagli lineari ed accantonamenti, avrebbero dovuto produrre un’importante ulteriore flessione della spesa finale. E’, pertanto, opportuno analizzare i risultati del rendiconto dello Stato in termini finanziari e di integrare solo successivamente le indicazioni che provengono dal raccordo con la contabilità nazionale, nel quale pesano notevolmente voci di spesa non classificate nel bilancio dello stato tra i consumi intermedi (come le attrezzature militari, i servizi di intermediazione finanziaria ecc.).
  • 134. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 105 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 2010 2011 2012 2013 2011/102012/11 2013/12 2010 2011 2012 2013 rendiconto dello Stato 9.800 10.969 10.527 12.183 11,9 -4,0 15,7 47,3 52,0 59,9 69,7 correzioni di contabilità nazionale 10.897 10.128 7.038 5.285 -7,1 -30,5 -24,9 52,7 48,0 40,1 30,3 conto economico dello Stato 20.697 21.097 17.565 17.468 1,9 -16,7 -0,6 100,0 100,0 100,0 100,0 Consumi intermedi milioni di euro variazioni % composizione % Nel prospetto sono poste a confronto le risultanze del rendiconto dello Stato, come parificato dalla Corte dei conti, e il conto dello Stato, come elaborato dall’Istat. La registrazione per competenza economica dei consumi intermedi (secondo il SEC’95) è approssimata al meglio dagli impegni di bilancio, che identificano il momento del perfezionamento di un contratto di fornitura dei beni e servizi, con il conseguente obbligo di pagamento da parte dell’amministrazione (non necessariamente regolato nello stesso esercizio finanziario). Le due componenti mostrano anche nel 2013 andamenti divergenti. Mentre, infatti, gli impegni di spesa per consumi intermedi – come rappresentati nel rendiconto dello Stato – segnano un aumento di quasi il 16 per cento, che fa seguito a un andamento oscillante del biennio precedente, l’insieme delle voci che integrano le correzioni di contabilità nazionale concorrono, con una flessione di circa il 25 per cento rispetto al 2012, a bilanciare l’andamento complessivo della spesa che, come già ricordato, indica un risultato in lieve riduzione (-0,6 per cento) rispetto all’anno precedente. Ma, proprio con riguardo al 2013, anche la consueta analisi separata dei risultati di bilancio e di quelli delle poste correttive di contabilità nazionale non è sufficiente a chiarire quale sia stato, nella sostanza, l’esito dei provvedimenti intesi a ridurre ancora i livelli della spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni statali. Si è, infatti, verificata nel 2013 una modifica negli assetti istituzionali che comporta rilevanti effetti sui livelli di spesa imputabili al bilancio, ma alterando il confronto con gli anni precedenti se non si procede a rendere omogenee le serie storiche. Si tratta, in particolare, degli effetti dell’accorpamento dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato nell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, come previsto dall’articolo 23quater del decreto-legge n. 95 del 2012, che ha comportato l’inclusione nel bilancio dello Stato, sia in uscita che in entrata, delle poste relative giochi, scommesse e lotterie, fino al 2012 gestite nel bilancio dei Monopoli, ente non compreso nella lista delle pubbliche amministrazioni.
  • 135. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 106 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo TAVOLA 4 I CONSUMI INTERMEDI NEL BILANCIO DELLO STATO: IMPEGNI DI SPESA PER TIPOLOGIA 2010 2011 2012 2013 2011/10 2012/11 2013/12 2010 2011 2012 2013 2011 2012 2013 Beni di consumo 1.332 957 1.982 1.052 -28,2 107,2 -46,9 13,6 8,7 18,8 8,6 130 878 20 Pubblicazioni periodiche 19 20 18 15 9,3 -12,8 -13,5 0,2 0,2 0,2 0,1 - - 0 Armi e materiale bellico per usi militari 448 214 224 192 -52,2 4,9 -14,3 4,6 2,0 2,1 1,6 - - - Noleggi, locazioni e leasing operativo 1.045 781 944 799 -25,2 20,9 -15,4 10,7 7,1 9,0 6,6 7 120 7 Manutenzione ordinaria e riparazioni 1.421 1.294 1.296 1.209 -9,0 0,2 -6,8 14,5 11,8 12,3 9,9 57 - 27 Utenze, servizi ausiliari, spese di pulizia 551 580 888 905 5,2 53,2 1,9 5,6 5,3 8,4 7,4 36 - 124 Spese postali e valori bollati 32 34 43 74 4,6 25,8 73,7 0,3 0,3 0,4 0,6 - - 30 Corsi di formazione 223 176 155 161 -21,4 -11,6 3,7 2,3 1,6 1,5 1,3 0 - 0 Spese per accertamenti sanitari resi necessari dall'attività lavorativa 69 197 94 57 187,5 -52,4 -38,7 0,7 1,8 0,9 0,5 103 - 0 Spese di rappresentanza, relazioni pubbliche, convegni e mostre, pubblicità 91 53 48 40 -41,6 -8,9 -17,2 0,9 0,5 0,5 0,3 - - 0 Commissioni, comitati, consigli 329 271 311 140 -17,7 14,6 -54,8 3,4 2,5 3,0 1,2 - - 0 Compensi per incarichi continuativi 172 167 154 160 -2,9 -8,0 4,3 1,8 1,5 1,5 1,3 0 - 0 Studi, consulenze, indagini 118 105 79 76 -10,7 -24,7 -4,0 1,2 1,0 0,8 0,6 - - 0 Aggi di riscossione 504 558 518 3.079 10,6 -7,1 494,3 5,1 5,1 4,9 25,3 - - - Commissioni su titoli 759 641 674 766 -15,6 5,2 13,6 7,7 5,8 6,4 6,3 - - - Indennità di missione e rimborsi spese viaggi 387 349 320 287 -9,7 -8,3 -10,6 3,9 3,2 3,0 2,4 - - - Altri servizi 2.176 4.451 2.657 2.997 104,5 -40,3 12,8 22,2 40,6 25,2 24,6 1.215 - 133 Canoni FIP 123 121 121 172 -1,5 0,2 41,9 1,3 1,1 1,2 1,4 - - - Fitti figurativi 0 0 0 0 0,1 -100,0 0,0 0,0 0,0 0,0 - - - Totale consumi intermedi 9.800 10.969 10.527 12.183 11,9 -4,0 15,7 100,0 100,0 100,0 100,0 1.548 997 342 Aggi di riscossione 2.566 5,1 5,1 4,9 25,3 Totale consumi intermedi al netto degli aggi di riscossione 9.800 10.969 10.527 9.617 11,9 -4,0 -8,6 94,9 94,9 95,1 74,7 TIPOLOGIE di cui: debiti pregressi milioni variazioni % composizione % Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati estratti dal SIRGS-CDC. Dati di preconsuntivo per l’esercizio 2013. La conseguenza di tale modifica di contabilizzazione è quantitativamente rilevante: risultano, infatti, nel rendiconto 2013, quasi 2,7 miliardi di euro di somme da corrispondere ai concessionari delle lotterie a titolo di aggio e da versare all'entrata per gli aggi ed i compensi trattenuti dai concessionari e dai rivenditori dei giochi (capitoli 3565, 3924 e 3926, registrati nella tabella di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze). Si tratta di somme che, in precedenza, non transitavano sul bilancio dello Stato. Come si può osservare dalla tavola, se si normalizza la serie storica dei risultati di bilancio escludendo dal 2013 gli aggi di riscossione, la spesa per consumi intermedi risulterebbe segnare una riduzione di poco meno del 9 per cento. Un andamento che indicherebbe come, anche nell’anno passato, le misure di controllo degli acquisti abbiano fornito esiti positivi. Se si guarda, infine, agli andamenti per le diverse tipologie di beni e servizi, si può osservare come gli impegni segnino una generale flessione, nonostante l’integrazione degli stanziamenti destinati a debiti pregressi in applicazione del DL 35 del 2013, art. 5 (circa 342 milioni). Si osserva la continuità dell’andamento discendente
  • 136. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 107 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 delle spese per pubblicazioni periodiche, per gli accertamenti sanitari resi necessari dall’attività lavorativa, per le spese di rappresentanza, le relazioni pubbliche, i convegni e le mostre, la pubblicità, commissioni comitati e consigli, studi, consulenze e indagini. In particolare, alla forte riduzione degli acquisti di beni di consumo hanno contribuito minori spese di acquisto di beni impegnate dal Ministero dell’interno e della difesa, con riferimento specifico, tra l’altro, alla manutenzione, acquisto e conservazione di mezzi, e al Ministero dell’economia e delle finanze. Si rilevano, infatti, minori somme destinate al rimborso all’Istituto poligrafico e zecca dello Stato Spa per la produzione e spedizione delle carte valori in formato elettronico e altre forniture, e tra quelle da destinare alle spese di organizzazione e funzionamento. Al contrario il Ministero dell’università e della ricerca scientifica registra un aumento delle spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche. La rilevata flessione di quasi il 55 per cento delle spese per commissioni, comitati e consigli è sostanzialmente riconducibile allo spostamento dai consumi intermedi alla categoria economica relativa ai trasferimenti correnti alle imprese, per migliore allocazione della spesa, dell’assegnazione di somme (circa 195 milioni) al Comitato centrale per l’albo degli autotrasportatori da parte dal Ministero delle infrastrutture. Un apprezzabile contributo alla riduzione delle indennità di missione e rimborsi delle spese di viaggio risulta dai dati relativi ai Ministeri dell’interno e della difesa (quasi 36 milioni), non compensato dall’aumento riscontrato sui capitoli del Ministero degli esteri (che, con quasi 15 milioni, praticamente raddoppiano le spese sostenute nel 2012). Di rilievo, infine, l’incremento riscontrato nelle spese comprese tra gli “altri servizi”, tra le quali rilevano quelle imputate al Ministero dell’interno per esigenze connesse ai servizi elettorali e le spese di giustizia e per intercettazione di conversazioni e comunicazioni. LA SPESA IN CONTO CAPITALE E IL BILANCIO DELLO STATO 5. Come è già stato ricordato, il consuntivo di finanza pubblica reso noto dall’Istat nel marzo scorso conferma un andamento assolutamente critico degli investimenti pubblici e della spesa in conto capitale1 che, nel complesso, segna una flessione del 12,9 per cento rispetto al 2012, in netto contrasto con le previsioni che, invece, prefiguravano una ripresa di questa categoria di spesa così rilevante per le prospettive della crescita economica. 1 Il valore della spesa per investimenti risente in maniera significativa dei principi dettati dal Sistema Europeo dei conti (SEC’95) in relazione agli aggregati riferiti agli investimenti da considerare all’interno dei conti di contabilità nazionale. Va infatti tenuto conto che una significativa parte della spesa, che in termini finanziari è in conto capitale, non è considerata come investimento in beni durevoli, bensì inclusa nei costi per beni e servizi dell’esercizio nel quale il bene entra nella disponibilità dell’amministrazione. Si tratta della spesa per ricerca e sviluppo e della spesa per armamenti che, in termini di stanziamenti definitivi, nel bilancio dello Stato 2013 hanno rappresentato complessivamente poco più del 6 per cento del totale della spesa in conto capitale, ma, rispettivamente, più del 12 per cento della categoria Contributi agli investimenti delle AAPP (Cap. 7236 Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca) e più del 48 per cento della categoria Investimenti fissi lordi (Cap. 7120 Spese per costruzione e acquisizione impianti e sistemi per la difesa nazionale). Va, altresì , rilevato che con l’adozione del regolamento 549/2013 relativo al Sistema Europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione europea (SEC2010), a decorrere dal 2014, entrambe le suddette tipologie di spesa saranno classificate come spese di investimento.
  • 137. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 108 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Più precisamente, il quadro programmatico presentato nel DEF 2013 prospettava, nel Conto delle Amministrazioni pubbliche, un aumento della spesa in conto capitale complessiva da 47,8 a 55,3 miliardi, grazie all’incremento dei contributi in conto capitale, pur in presenza di una riduzione degli investimenti fissi lordi del 3,3 per cento. Il dato di consuntivo Istat da un lato rettifica in miglioramento il livello della spesa per il 2012, portandola a 48,7 miliardi, e dall’altro quantifica la spesa 2013 in 42,5 miliardi, in diminuzione per più di 6 miliardi, a causa, soprattutto, di una caduta netta dei contributi agli investimenti, ma anche di un decremento molto più significativo degli investimenti fissi lordi (-9,2 per cento) rispetto a quanto previsto nel DEF, confermando un percorso di impoverimento patrimoniale costante per le amministrazioni pubbliche. Gli investimenti fissi lordi si fermano nel 2013 a poco più di 27 miliardi, mentre, solo due anni prima, sfioravano i 32 miliardi. Le Amministrazioni locali, che all’interno delle pubbliche amministrazioni costituiscono il perimetro ove operano i più stringenti vincoli di finanza pubblica, riducono gli investimenti fissi lordi (-5,6 per cento) in misura relativamente minore rispetto alle Amministrazioni centrali (-20 per cento), ma accentuano in maniera molto significativa il loro trend che nel 2012 era solo leggermente discendente (-1,5 per cento). A ciò non è estranea la parziale inefficacia delle misure contenute nel DL 35/2013 di sblocco dei pagamenti della PA, cui la Nota di aggiornamento al DEF connetteva un aumento di spesa di oltre 4 miliardi rispetto al 2012. TAVOLA 5 INVESTIMENTI FISSI LORDI PER SOTTOSETTORI 2010 2011 2012 2013 2010 2011 2012 2013 Amministrazioni centrali 8.581 9.223 7.803 6.210 0,55 0,58 0,50 0,40 Amministrazioni Locali 24.561 22.481 22.150 20.912 1,58 1,42 1,41 1,34 Enti di previdenza 282 281 -21 44 0,02 0,02 0,00 0,00 Totale PA 33.424 31.985 29.932 27.166 2,15 2,02 1,91 1,74 importi in milioni di euro in % del Pil Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Istat. 6. All’andamento così fortemente discendente degli investimenti fissi delle Amministrazioni centrali ha contribuito largamente il bilancio dello Stato. Il conto economico dello Stato predisposto in occasione del DEF 2013 (tavola 3) prevedeva una spesa in conto capitale di 28,8 miliardi, in leggero decremento complessivo rispetto al 2012 (0,5 per cento), risultante dalla forte riduzione dei contributi ad investimenti di enti pubblici (19,2 per cento), in parte compensata dall’incremento degli investimenti fissi lordi (23 per cento) e dei contributi agli investimenti esterni (8,2 per cento). Il consuntivo presenta un quadro diverso e decisamente peggiore: in valore assoluto, la spesa in conto capitale 2013 supera di poco i 22,5 miliardi e presenta un decremento del 19,2 per cento rispetto al valore 2012, rideterminato da Istat in 27,9 miliardi. Gli investimenti fissi lordi, invece dell’incremento previsto, mostrano una riduzione di 980 milioni: rispetto alla previsione DEF, la riduzione è di circa 2,5
  • 138. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 109 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 miliardi, pari al 38,8 per cento2 . I contributi agli investimenti diminuiscono anch’essi in misura molto elevata: del 30,7 i contributi agli investimenti esterni e del 9,4 per cento quelli ad enti pubblici. Si tratta di esiti connessi, in particolare, ai minori esborsi alle società Ferrovie dello Stato e Anas, a causa della mancata sottoscrizione dei relativi contratti di programma, ed alle minori risorse destinate alle Regioni e Province autonome, alle quali non sono stati erogati 1,4 miliardi di euro per pagamento debiti arretrati e che hanno utilizzato solo in minima parte le assegnazioni per la realizzazione di interventi ricompresi nelle intese istituzionali di programma. Va osservato, in via generale, che gli investimenti fissi lordi costituiscono la misura dell’investimento pubblico rilevata nella quantificazione del Pil, e rappresentano una grandezza aggregata, all’interno della quale non viene isolato il valore né del deprezzamento né dell’obsolescenza dello stock del capitale esistente. La quantificazione del reale apporto dei beni incrementali alla crescita economica di lungo periodo (cioè del Pil potenziale) dovrebbe poter misurare la variazione degli investimenti netti, depurando i valori lordi dal deprezzamento. Nel Conto economico delle risorse e degli impieghi degli anni 2008-2012 esposto dall’Istat nell’Annuario statistico del dicembre 2013, è rilevata una riduzione degli investimenti fissi netti da 76 a 3,8 miliardi, con un crollo, nel solo 2012, dell’86,8 per cento rispetto al 2011, mentre gli ammortamenti, che rappresentano il consumo di capitale fisso per usura fisica ed obsolescenza, nel 2012 aumentano dell’1,6 per cento passando da 276,7 a 281,1 miliardi. Fondamentale è la considerazione delle ricadute sul sistema economico e produttivo che tali variazioni possono comportare nel lungo periodo, considerato che gli ammortamenti, a parità di condizioni, segnalano la perdita di capacità produttiva del sistema Paese mentre gli investimenti fissi netti, cioè i nuovi investimenti, consentono di mantenere invariato lo stock di capitale fisso. La rilevante portata della flessione di investimenti e spese in conto capitale ha indotto a verificare le cause del rallentamento anche attraverso un esame dei principali capitoli del bilancio dello Stato (si veda il Riquadro “Spesa in conto capitale dello Stato e flessibilità di bilancio”). SPESA IN CONTO CAPITALE DELLO STATO E FLESSIBILITÀ DI BILANCIO La spesa in conto capitale iscritta nel bilancio dello Stato costituisce una percentuale non particolarmente elevata della complessiva spesa finale. Nel 2013 gli stanziamenti definitivi in c/capitale (circa 71 miliardi) sfiorano il 12 per cento dei 600 miliardi di spesa finale, peraltro in forza di un significativo incremento rispetto al 2012 (la cui percentuale non raggiungeva il 9 per cento) dovuto allo stanziamento di più di 16 miliardi, avvenuto in corso d’esercizio, per fare fronte al pagamento dei debiti della PA, ex DL 35/2013. In disparte ogni considerazione circa il forte sbilanciamento della spesa finale sulla spesa corrente, quella in conto capitale rappresenta comunque il perimetro concreto ed essenziale di risorse pubbliche su cui costruire politiche economiche finalizzate allo sviluppo. Si tratta di risorse destinate ad investimenti diretti ed a trasferimenti alle 2 In linea con la forte riduzione degli investimenti fissi riscontrata nel consolidato nazionale è la situazione dei pagamenti nel bilancio dello Stato riferiti alla categoria economica XXI “Investimenti fissi lordi” nel bilancio dello Stato. A fronte di 11,18 miliardi di disponibilità che avrebbe potuto essere spesa (6,12 miliardi di impegni di competenza più 5,06 miliardi di residui iniziali) i pagamenti totali hanno ammontato a soli 5,77 miliardi (3,18 miliardi di pagamenti di competenza e 2,58 miliardi di pagamenti in conto residui). Va, in più, nuovamente ricordato che, nella riclassificazione delle spese in conto capitale fatta in sede di contabilità nazionale, le spese per armamenti militari, che presentano una buona capacità di pagamento, non sono rilevati, come nel bilancio dello Stato, nella categoria economica XXI bensì nella categoria relativa alla spesa per consumi intermedi.
  • 139. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 110 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Pubbliche Amministrazioni e imprese, e rappresentano la congiunzione ineludibile tra programmi credibili e crescita effettiva: diventa, quindi, particolarmente importante che esse possano riscontrarsi in stanziamenti concreti, certi e tracciabili. Un quadro di risorse stabili ed effettive va collocato all’interno di una programmazione razionale, che risulti da una rigorosa attività di valutazione del fabbisogno infrastrutturale, dalla definizione di una scala di priorità degli investimenti da realizzare e di pianificazione di azioni rapide da intraprendere. Va, al riguardo, dato atto degli importanti sviluppi normativi originati dalla legge di riforma della contabilità pubblica del 2009, dai decreti legislativi n. 228 e n. 229 del 20113 , dal Codice degli Appalti e dalla normativa sulla trasparenza (d.lgs. 33/2013), che hanno affrontato proprio l’aspetto della programmazione, valutazione, rappresentazione contabile, semplificazione, accelerazione, trasparenza e tracciabilità della spesa per investimenti. Ma va anche osservato che tali innovazioni producono effetti con grande difficoltà. Ad esempio, il dPCM 3 agosto 2012 in materia di linee guida per la valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche e di pianificazione degli investimenti in opere pubbliche non ha trovato ancora concreta applicazione da parte delle amministrazioni pubbliche; i termini previsti dal d.m. 26 febbraio 2013 del Ministero dell’economia e delle finanze in materia di informatizzazione dei dati anagrafici, finanziari, fisici e procedurali relativi alle opere pubbliche dei Ministeri e di monitoraggio dello stato di attuazione delle stesse, sono stati tutti rinviati dal 2013 al 2014 e 2015 (d.m. 10 agosto 2013)4 ; l’obbligo di utilizzo della banca dati AVCPass per la verifica telematica dei requisiti di partecipazione alle gare di appalto è stato rinviato da gennaio 2013 a luglio 2014 (art. 9 del DL 150/2013). In tale contesto, si è inteso verificare se, nel corso della gestione 2013 del bilancio dello Stato, gli stanziamenti di spesa in conto capitale siano stati sostanzialmente conservati, in modo da consentire la realizzazione dei programmi, ovvero siano stati indirizzati a fronteggiare sopravvenute esigenze di flessibilità o crisi di liquidità. A quest’ultimo proposito va, peraltro, evidenziato che i vincoli alla flessibilità della spesa in conto capitale previsti dalla legge di contabilità pubblica, in forza dei quali è precluso l'utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti (artt. 23, comma 3, e 33, comma 4 legge 196/2009), possono essere derogati ai sensi dell’art. 6, comma 14, del DL 95/2012 che consente variazioni compensative di cassa tra “tutti” i capitoli, ove questo si riveli necessario al fine di predisporre i pagamenti previsti nel piano finanziario pluriennale dirigenziale: è stata, dunque, prevista la possibilità (seppure entro il limite del triennio 2012-2014) che, attraverso un semplice decreto del ministro competente, stanziamenti di conto capitale, oltre che essere utilizzati per diversa spesa di investimento, siano destinati a finanziare anche spesa corrente. Sono stati presi in esame gli aggregati di risorse (capitoli di spesa) più significativi sia per entità di stanziamento iniziale che per tipologia di spesa finanziata, e con riguardo a questi, sono state evidenziate le principali variazioni all’interno della spesa in conto capitale e tra spesa in conto capitale e spesa corrente, la sopravvenienza e quantificazione di tagli o di incrementi di risorse, la dinamica dei più significativi capitoli-fondo. La spesa in conto capitale analizzata è riferibile alle categorie economiche 21 “Investimenti fissi lordi”, 22 “Contributi agli investimenti alle AP”, 23 “Contributi agli investimenti alle imprese”, 26 “Altri trasferimenti in conto capitale”, all’interno delle quali sono stati selezionati diciotto capitoli (di cui cinque capitoli-fondo5 ). L’analisi non considera le allocazioni all’interno delle categorie 24 “Contributi agli investimenti alle istituzioni private sociali” e 25 “Contributi agli investimenti verso l’estero” perché di entità non significativa. Inoltre, esclusa dall’analisi perché non direttamente finalizzata all’incremento del capitale fisso è la spesa riferibile alla categoria 31 relativa all’acquisizione di attività finanziarie. Va però osservato che in corso di gestione, la spesa allocata nella categoria 31 è stata oggetto di interventi finanziari particolarmente 3 Del contenuto dei due decreti legislativi si è dato ampiamente conto nel Cap. 7 del Rapporto 2013 sul coordinamento di finanza pubblica – Maggio 2013 – Corte dei conti. 4 Con Circolare RGS 8 aprile 2014, n. 14 sono state date indicazioni per il monitoraggio delle opere pubbliche, ai sensi del d.lgs. 229/2011 5 I capitoli-fondo vengono previsti solo in termini di stanziamento iniziale in quanto sono destinati, nel corso della gestione, ad essere riversati interamente su capitoli operativi.
  • 140. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 111 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 importanti, pur se in gran parte straordinari, che hanno comportato un incremento, in termini di stanziamento definitivo, di 24 miliardi. Si tratta di risorse per la partecipazione a banche, fondi, e organismi internazionali (capitolo 7175) e di risorse previste dal DL 35/2013, per assicurare agli enti territoriali la liquidità necessaria per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili (capitolo 7398). Il capitolo 7398 è stato istituito nel corso del 2013 ed è stato interessato da diversi provvedimenti amministrativi di variazione, il più importante dei quali a seguito della modifica al dl 35/2013 apportata dal DL 102/2013, che ha complessivamente rideterminato la dotazione finale per l’anno 2013 in oltre 16,7 miliardi, integralmente impegnati e pagati per 14,4 miliardi. Le tre Sezioni costituenti il fondo corrispondono a tre diversi piani gestionali sui quali è transitata la spesa destinata al pagamento dei debiti degli enti locali, delle Regioni e degli enti del SSN. Gli enti locali hanno avuto uno stanziamento definitivo di 3,6 miliardi, integralmente impegnato e pagato; le Regioni hanno avuto uno stanziamento definitivo di 5,6 miliardi, integralmente impegnato e pagato per 4,1 miliardi; gli enti del SSN hanno avuto uno stanziamento definitivo di 7,5 miliardi, integralmente impegnato e pagato per 6,7 miliardi. Classificata nell’ambito di questa categoria economica è anche la spesa destinata alla contribuzione per la sottoscrizione al capitale del Meccanismo Europeo di Stabilità (capitolo 7605), per un importo di 5,7 miliardi disposto con il relativo provvedimento di variazione nel corso del 2013. Da quanto sopra emerge che le categorie considerate costituiscono il 93,6 per cento degli stanziamenti iniziali della spesa in c/capitale, ma il 61 per cento degli stanziamenti definitivi di competenza, mentre i diciotto capitoli ne rappresentano circa il 70 per cento. Al netto della spesa imputabile alle categorie economiche escluse, la spesa qui considerata rappresenta circa il 75 per cento della spesa in conto capitale, in termini di stanziamenti iniziali. La percentuale scende al 70 per cento, se si considerano le previsioni di cassa. Una delle ragioni del disallineamento con le disponibilità di cassa, risiede nel fatto che, in presenza di risorse che finanziano attività che (non del tutto fisiologicamente) si realizzano in ritardo o in tempi molto lunghi (es. per contratti di programma), l’amministrazione non sempre provvede a dotare gli stanziamenti di competenza delle corrispondenti disponibilità di cassa, utilizzando queste ultime per altre finalità. La percentuale dei pagamenti di competenza è pari al 57,9 per cento dell’impegno, sempre con riferimento alla spesa qui considerata ed esclusi i cinque capitoli fondo, non interessati dalla fase dell’impegno e del pagamento. Se, invece, l’incidenza si misura sul totale della spesa in conto capitale, la percentuale dei pagamenti di competenza riferiti ai capitoli considerati rappresenta il 26,6 per cento. La scomposizione della spesa in conto capitale 2013 per categorie economiche, distinguendo quelle qui analizzate dal totale, risulta dal seguente prospetto: (importi in milioni) Categoria di spesa previsioni iniziali competenza stanziamenti definitivi competenza autorizzazioni iniziali di cassa autorizzazioni definitive di cassa impegni lordi pagato su competenza pagato su residui pagato totale Investimenti fissi lordi 5.266,57 6.551,42 6.131,42 7.246,45 6.541,03 3.180,46 2.582,17 5.762,63 Contributi agli investimenti alle amministrazioni pubbliche 10.830,99 13.872,52 11.438,90 15.898,79 13.861,63 11.396,95 2.991,15 14.388,10 Contributi agli investimenti alle imprese 10.573,52 11.216,79 11.659,69 12.119,20 11.147,55 6.983,23 2.767,44 9.750,67 Contributi agli investimenti a famiglie i istituzioni sociali private 53,50 53,84 56,65 151,23 53,74 45,49 53,95 99,44 Contributi agli investimenti a estero 395,56 770,45 404,96 779,39 769,10 757,00 6,38 763,38 Altri trasferimenti in c/capitale 14.267,22 11.850,89 14.747,12 11.403,73 11.838,18 3.602,47 1.397,09 4.999,56 Acquisizioni di attività finanziarie 2.338,74 26.964,05 2.493,74 27.347,05 26.963,60 24.597,71 451,08 25.048,79 Spese in c/capitale 43.726,10 71.279,96 46.932,48 74.945,84 71.174,83 50.563,31 10.249,27 60.812,58 Tot. categorie considerate (cat. XXI;XXII;XXIII;XXVI) 40.938,30 43.491,62 43.977,13 46.668,17 43.388,38 25.163,10 9.737,86 34.900,97 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS.
  • 141. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 112 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Dall’analisi fatta derivano le seguenti considerazioni: - i capitoli costituiti da risorse destinate ad investimenti in ambito prevalentemente militare sono quelli che più degli altri mantengono integro lo stanziamento iniziale di competenza anche in termini definitivi, implementano in corso di gestione quello di cassa e presentano un’elevata capacità di pagamento, anche in termini di competenza: può, quindi, sostenersi che la spesa per investimenti in ambito militare è quella con caratteristiche di maggiore certezza. - le realizzazioni più basse si riscontrano nelle grandi opere. Simbolico è il capitolo che finanzia le grandi infrastrutture (7060) che presenta pagamenti sulla competenza inferiori al 40 per cento degli impegni ed una complessiva capacità di pagamento del 33 per cento rispetto alle disponibilità di spesa. La categoria economica di riferimento (26 “Altri trasferimenti in conto capitale”) presenta la capacità di pagamento più bassa e la maggiore reiscrizione in bilancio di somme andate in perenzione (1,41 miliardi). - il settore operativo (escludendo, quindi, i fondi) che ha ricevuto la dotazione iniziale minore è il trasporto rapido di massa e le infrastrutture portuali, mentre, in termini di stanziamenti definitivi, è quello che sostiene l’autotrasporto. Al contrario, il settore destinatario delle risorse più ingenti è quello militare, seguito da quello relativo al finanziamento della rete ferroviaria infrastrutturale. Le ingenti risorse destinate al Gruppo ferrovie dello Stato e, nelle specifico a RFI spa (Rete ferroviaria Italiana), possono porre un problema di controllo della destinazione effettiva delle risorse e di necessità di separazione contabile, non solo con finalità di trasparenza ma anche per escludere il sostegno a settori che operano in regime di concorrenza (ad esempio, l’Alta Velocità) che profilerebbe un illegittimo aiuto di Stato. - nel corso della gestione, stanziamenti iniziali per circa un miliardo sono stati trasferiti da capitoli di conto capitale prevalentemente del Ministero Infrastrutture e trasporti, a capitoli di parte corrente. Posta la legittimità dell’operazione, e riconosciuta la necessità che impegni di spesa volti a far fronte al pagamento di debiti commerciali non risultino sprovvisti della relativa cassa, si richiama qui quanto al riguardo già osservato dalla Corte dei conti6 , circa gli effetti di sostanziale indebolimento sia dei principi di non dequalificazione della spesa in conto capitale, che della controllabilità dei circuiti che la spesa segue in forza di semplici atti interni alle singole amministrazioni, con implicazioni importanti anche in termini di certezza ed effettività delle coperture. Inoltre, con specifico riguardo alle modalità di copertura degli oneri di spesa previsti dal d.l. 102/2013, la Corte ha ulteriormente rimarcato7 l’improprietà dell’utilizzo di riduzioni di spesa in conto capitale per finanziare spesa corrente, disattendendo vincoli specifici operanti sui bilanci pubblici. - il capitolo che ha subito i maggiori trasferimenti verso spesa corrente, in termini relativi (più del 95 per cento dello stanziamento iniziale), è quello destinato al sostegno dell’autotrasporto. - i capitoli relativi a contributi in conto impianti sono quelli che subiscono, in valore assoluto, le decurtazioni maggiori. Gli sfasamenti temporali nella sottoscrizione dei Contratti di programma, parte investimenti, e le lungaggini procedurali determinano un’eccessiva permanenza in bilancio di stanziamenti di risorse che soltanto in minima parte vengono utilizzate in conto competenza, determinando irrigidimento di risorse e incremento continuo ed abnorme della massa dei residui., Sono situazioni di questo tipo che verosimilmente hanno determinato la scelta normativa di consentire lo spostamento dei correlati stanziamenti di cassa, seppure in via derogatoria, destinandoli ad altre finalità, anche di parte corrente in funzione del rispetto del cronoprogramma dei pagamenti. 6 Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2012. Delibera 1/2013 del 23 marzo 2013 - Sezioni Riunite della Corte dei conti. 7 Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2013. Delibera 1/2014 del 18 febbraio 2014 - Sezioni Riunite della Corte dei conti.
  • 142. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 113 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 IL SOSTEGNO DEGLI INVESTIMENTI E LA RIPROGRAMMAZIONE DEL COFINANZIAMENTO NAZIONALE 7. La scarsità di risorse disponibili e l’urgenza di sostenere efficacemente settori in crisi, con misure di impatto più immediato su sviluppo e crescita, hanno determinato effetti rilevanti sulla politica degli investimenti adottata nel 2013, maggiormente ispirata a criteri di rapido avvio, di elevata capacità di assorbimento di spesa, di bassa intermediazione burocratica. La spesa non appare più privilegiare genericamente grandi opere e infrastrutture, ma la continuità dei cantieri e il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori di opere specifiche e prioritarie: il mancato rispetto delle finalità previste entro un termine, prestabilito e relativamente breve, è sanzionato con la revoca delle risorse. In parallelo, si favoriscono programmi mirati a sostenere le economie locali e interventi in settori di maggiore impatto sociale (urbanistica, strade, scuole), ove possibile privilegiando procedure più rapide e snelle. Ed anche i contratti di partenariato pubblico-privato sempre più prediligono opere di importo unitario non elevato. Nel 2013 è stato istituito un Fondo di 2.069 milioni di euro (per il quadriennio 2013-2017) per consentire la continuità dei cantieri in corso o per l’avvio di nuovi lavori, c.d. sblocca cantieri, finalizzato a finanziare interventi di varia natura e opere specifiche (art. 18, comma 1, del DL 69/2013). Con Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 17 luglio 2013, pubblicato sulla GU 14 febbraio 2014, sono stati individuati i criteri di riparto delle risorse allocate sul Fondo per la continuità dei cantieri e gli interventi specifici finanziabili, anche nell’ambito dei programma di interventi di RFI e ANAS (finanziamento di un programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie per cui è stata stanziata e impegnata la somma di 13 milioni, e finanziamento della gestione delle tratte autostradali A24A25 “Strada dei Parchi” per cui è stata stanziata la somma di 82,2 milioni) Nel medesimo decreto è indicata la cadenza temporale da rispettare, onde evitare la revoca dei finanziamenti stessi. A valere sullo stesso Fondo, un importo di 100 milioni di euro è destinato al Programma “6.000 campanili” per interventi nei comuni sotto i 5.000 abitanti coinvolgendo il tessuto delle piccole e medie imprese. Con decreto del MIT del 30 agosto 2013 è stata approvata la Convenzione tra Ministero e Anci con la quale sono stati disciplinati i criteri per l’accesso e l’utilizzo delle risorse. Un primo elenco di 115 progetti risultati ammissibili al finanziamento è stato approvato con d.m. 470 del 27 dicembre 2013 i cui disciplinari sono in corso di approvazione. Con la legge di stabilità 2014, sono stati assegnati ulteriori 50 milioni al Programma, in forza dei quali è stato predisposto un secondo elenco di 59 interventi. Inoltre, il Programma è anche destinatario di risorse derivanti dalla riprogrammazione del cofinanziamento nazionale dei progetti finanziati con i Fondi FESR, come specificato più avanti. Sempre nel 2013 è stato previsto un investimento straordinario di edilizia scolastica, finanziato dall’INAIL fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014-2016, nell’ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego di propri fondi (art. 18, comma 8 e ss. del DL 69/2013). Il recente DL 66/2014 ha inoltre previsto l’esclusione dai limiti previsti dal Patto di stabilità interno della spesa, entro il limite di 122 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015, che i Comuni destinano ad
  • 143. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 114 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo interventi di edilizia scolastica. Il medesimo articolo ha previsto anche un ulteriore finanziamento di 300 milioni degli interventi in materia di edilizia scolastica, a valere sulle assegnazioni relative al periodo di programmazione 2014-2020 del Fondo di sviluppo e coesione, previa verifica dell’utilizzo delle risorse a tal fine assegnate relativamente al periodo 2007-2013 e di quelle destinate dal Ministero delle infrastrutture e trasporti ai programmi stralcio per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. Tra le diverse misure adottate nel 2013 a sostegno degli investimenti va rilevata (art. 19 DL 69/2013) la riduzione a 200 milioni del valore delle nuove opere infrastrutturali di rilevanza strategica da realizzarsi con contratti di partenariato pubblico-privato (la cui progettazione definitiva sia approvata entro il 31 dicembre 2016, per i quali non sono previsti contributi pubblici a fondo perduto ed è accertata la non sostenibilità del piano economico-finanziario), quale requisito per il riconoscimento da parte del titolare del contratto di un credito di imposta a valere sull'IRES e sull'IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell'opera. Si tratta di una delle misure pensate per attrarre capitali privati nella realizzazione delle infrastrutture pubbliche, incentivando tale forma di finanziamento. L’esigenza di fare fronte alla scarsità di risorse pubbliche attraverso incentivi a favore degli investimenti privati è sottolineata in tutti gli ultimi provvedimenti di programmazione economica. Il recente Programma nazionale di riforme (PNR) 2014 suggerisce di aumentare il valore dei singoli bandi di gara, incentrandoli su pacchetti di progetti e non su singole opere, di accentrare le gare, di creare uno standard unificato per i bandi, le procedure e i contratti. Al fine di garantire il closing finanziario, prospetta l’idea di costituire un fondo equity (fondo nazionale di risorse destinate alla progettazione di opere in PPP) e di “rafforzare una qualificata e flessibile struttura centrale di selezione delle opere idonee all’attrazione di capitali privati e di supporto alle stazioni appaltanti”. Si tratta di invertire la tendenza sempre più evidente di uno scarsissimo appeal del PPP nei confronti dell’investitore privato. Se nel 2011 l’ammontare finanziario relativo ai bandi gara per opere pubbliche che prevedevano il PPP era pari a circa 13.101 milioni di euro, nel 2013 è stato pari a 5.154 (7.784 nel 2012) a fronte di un numero stabile di bandi emessi (nel 2011 per un totale di 2.813, nel 2012 pari a 3.051, nel 2013 2.901). A dimostrare il crollo della domanda di opere di importo unitario elevato, basta il dato degli importi delle aggiudicazioni delle gare, a fronte di un numero delle gare aggiudicate che rimane quasi stabile: rispetto agli 8.431 milioni di euro del 2011 relativo ad aggiudicazioni di gare per operazioni di PPP il crollo graduale nel 2012 (6.312 milioni) anticipa quello più rilevante del 2013 (pari a 3.197 milioni di euro). 8. La necessità di evitare dispersione di risorse e di assicurare tempestività agli interventi a sostegno della crescita, ha portato anche ad elevare ad ordinario il reperimento di risorse tramite la revoca di precedenti destinazioni improduttive e attraverso la riprogrammazione dei programmi finalizzata alla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi finanziati con i Fondi strutturali 2007-2013. Lo strumento delle revoche (ulteriormente ampliato con la legge di stabilità 2014 che, per l’individuazione delle risorse da revocare, prevede anche l’intervento diretto del CIPE) può, però, doversi misurare con tempi e procedure, oltre che con regole
  • 144. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 115 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 contabili8 , i cui effetti possono ridimensionare significativamente le attese di nuovi fondi derivanti dalle risorse revocate. Esso può, peraltro, funzionare soltanto se sostenuto da un efficiente controllo delle procedure e monitoraggio fisico delle singole opere ancora non concretamente avviato (v. paragrafo seguente), pur esistendo diversi sistemi di monitoraggio non operanti in maniera integrata né piena, con presumibili ricadute negative in termini di duplicazione di costi e di funzioni9 . 9. La riprogrammazione dell’impegno finanziario dello Stato sui programmi comunitari può generare disponibilità finanziarie anche importanti. Nel 2013 la riprogrammazione delle risorse ha superato i sette miliardi ed è stata articolata in due fasi. La prima è stata effettuata a giugno 2013, a valle del DL 28 giugno 2013, n. 76, e si è basata sulla riduzione del cofinanziamento nazionale di programmi nazionali, le cui risorse liberate sono state destinate prioritariamente a finanziare l’insieme degli strumenti previsti dal citato DL 76 finalizzati a promuovere l’occupazione giovanile e a contrastare la povertà. Le risorse individuate sono state di circa un miliardo, tratte dalla riduzione del cofinanziamento del Programma Operativo Nazionale (PON) dell’obiettivo “Convergenza” e dalla riprogrammazione delle risorse del Piano azione coesione10 , secondo quanto previsto dagli artt. 1 e 3 del DL 76/201311 . La seconda riprogrammazione, più consistente, è stata effettuata a dicembre 2013 ed ha riguardato la somma di 6,2 miliardi, così articolati: 2,2 miliardi da 8 Ad esempio, in materia di infrastrutturazione portuale, nella disponibilità delle Autorità portuali beneficiarie non è immediatamente entrata la complessiva somma di 111 milioni di euro revocata ai sensi dell’art. 15 del DL 83/2012, essendo in parte afferente a contratti di mutuo medio tempore risolti per sopravvenuta decorrenza del periodo di utilizzo. E’ stato necessario, pertanto, modificare l’originaria disposizione, contenuta nel decreto 43/2012, con la previsione di assegnare direttamente all’Autorità portuale beneficiaria la quota-parte delle risorse finanziarie ancora disponibili iscritte nel bilancio dello Stato, relative ai contratti di mutuo risolti; il relativo provvedimento risulta di recente sottoscritto dai Ministri competenti. Ed anche la somma di 34 milioni revocata dalla disponibilità del Piano nazionale di sicurezza stradale (art. 20, comma 1, DL 69/2013) è in gran parte (16,5 milioni) non più utilizzabile perché afferente a somme perente, entrate nelle economie di ciascuna annualità del limite di impegno quindicennale. 9 I sistemi di monitoraggio degli investimenti pubblici più importanti sono costituiti: dal Monitoraggio Opere Pubbliche (MIP) istituito presso il CIPE, dal monitoraggio sulle opere facenti parte del Programma infrastrutture strategiche (PIS) effettuato dalla struttura tecnica all’uopo prevista dall’art.163, comma 3 del Codice degli appalti, dal monitoraggio sulle opere pubbliche di legge obiettivo, effettuato dalla Camera dei deputati in collaborazione con l’AVCP. Nel DEF 2014 – Programma Nazionale di Riforma, parte II – si dà atto anche di un ulteriore progetto di Monitoraggio finanziario delle Grandi Opere Pubbliche (MGO) elaborato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 10 Com’è noto, il 15 novembre del 2011 d’intesa con la Commissione Europea è stato approvato il Piano azione coesione, con il quale è stata definita un’azione strategica di rilancio del Mezzogiorno. Tale azione è finalizzata alla concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), attingendo ai fondi resi disponibili, attraverso una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, nell’ambito dei programmi operativi delle Regioni Convergenza e, in parte, dei programmi delle altre Regioni del Mezzogiorno (Sardegna, Molise e Abruzzo) a rischio disimpegno. Il Piano è attuato attraverso la rimodulazione strategica delle risorse dei singoli programmi operativi, con la riprogrammazione di alcuni programmi regionali maggiormente in ritardo, con spostamento di risorse dei fondi strutturali verso quelli maggiormente performanti, e la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, che viene trasferita al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore degli interventi considerati prioritari dal Piano di azione coesione. In accordo con la Commissione , la riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali avviene attraverso una diversa percentuale della quota di cofinanziamento comunitario elevata dall’originario 50 al 75 per cento (limite massimo di partecipazione), con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale. 11 Gli artt. 1 e 3 del DL 76, pongono a carico del Fondo di rotazione la parziale copertura delle misure ivi previste, mediante rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo già destinate agli interventi del Piano di azione coesione. Con d.m. 48/2013 il finanziamento del Piano di azione coesione da parte del Fondo di rotazione di cui alla legge 183/1987 è stato riprogrammato prevedendo la ripianificazione di 5,58 miliardi, destinati agli interventi e linee di intervento del Piano azione e coesione, secondo il prospetto allegato al d.m., e 322 milioni a favore delle misure previste dagli artt. 1 e 3 del DL 76/2013.
  • 145. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 116 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo riprogrammazione del Fondo Sviluppo e Coesione; 1,8 miliardi da riprogrammazione del Piano azione coesione; 2,2 miliardi da riprogrammazione dei programmi dei Fondi strutturali 2007-2013. Tali risorse sono state finalizzate ancora a rinforzare il sostegno dell’occupazione12 ed il contrasto della povertà13 , ed in più sono state destinate a rafforzare il finanziamento delle misure per lo sviluppo delle economie locali previste dal DL 69/2013. Si tratta: del c.d. “Piano Città”, programma gestito dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti avviato nel 2012 (art. 12 del DL 83/2012) avente ad oggetto interventi di riqualificazione urbana da concludersi entro dicembre 2015; del sopra citato programma “6000 campanili” previsto dall’art. 18 del DL 69/2013, per interventi attuabili da Comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti entro il 2014; di interventi volti alla valorizzazione della dotazione di beni storici, culturali e ambientali, anche in vista di Expo 2015, attraverso progetti presentati da Comuni tra 5000 e 150.000 abitanti da realizzarsi in un periodo massimo di 15 mesi; degli interventi di riqualificazione, messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici scolastici, sempre ai sensi dell’art. 18 del DL 69/2013. A tali interventi sono destinabili fino a 3 miliardi a valere sulle risorse del Piano azione coesione e sulla riprogrammazione dei POR Regioni Campania, Calabria e Sicilia. La disciplina di bilancio europea e il basso livello di domanda interna non consentono politiche espansive sostenute da ulteriore ricorso al debito o da nuovo inasprimento fiscale, e quindi, la scelta di ridurre il cofinanziamento nazionale di programmi comunitari in ritardo di attuazione, ove è maggiore il rischio di disimpegno automatico delle risorse, per indirizzare le risorse su obiettivi aventi un più alto grado di priorità, può considerarsi una strada obbligata. Peraltro, essa cambia la percentuale di finanziamento a carico dei Fondi strutturali sui programmi prescelti ma non modifica il livello complessivo dei Fondi impiegati. Inoltre, consente di realizzare il duplice obiettivo di elevare le performance della spesa nazionale certificata dalle istituzioni comunitarie misurata su un numero di programmi inferiore, e di sottrarre le risorse liberate alla scadenza prevista dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 per l’utilizzo delle risorse, che, secondo la regola al momento vigente “n+2”, è il 2015. Con riguardo al periodo 2014-2020, in applicazione della nuova disciplina prevista dal recente Regolamento UE 1303/201314 , ad aprile 2014 il CIPE ha approvato 12 Rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per 1,2 miliardi (art. 1, comma 53 legge stabilità 2014); interventi per sostenere nuova imprenditorialità per un miliardo (art. 2, comma 1, del DL 145/2013 c.d. Destinazione Italia); rafforzamento della decontribuzione per l’occupazione giovanile per 500 milioni da riduzione del cofinanziamento di PON (DL 76/2013) cui si aggiungono 150 milioni da Piano azione coesione; rafforzamento degli interventi per l’occupazione giovanile e per i lavoratori anziani per 200 milioni (art. 4 legge 99/2013); ricollocazione lavoratori disoccupati per 350 milioni (legge stabilità 2014). 13 Rafforzamento della sperimentazione dello Strumento per l’Inclusione Sociale (SIA) pari a 300 milioni su Piano azione e coesione (legge 99/2013). 14 Il ricorso agli accordi di partenariato si colloca nell’ambito di una profonda revisione del metodo e delle regole di programmazione applicabili al periodo 2014-2020 rispetto a quelle relative al periodo precedente 2007-2013. I nuovi aspetti caratterizzanti sono: a) l’istituzione di un Quadro Strategico Comune per tutti i fondi SIE; b) la concentrazione dell’intervento dei fondi SIE su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia Europa 2020; c) lo stretto collegamento della programmazione nazionale con i programmi nazionali di riforma e i programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri, e con le raccomandazioni specifiche per ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi; d) la ridefinizione delle regole di condizionalità per l’erogazione dei fondi (articolate in tre tipologie: ex ante, definite nelle norme specifiche di ciascun Fondo e riportate nell’accordo di partenariato; rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell’ambito della governance economica; ex post (da completare entro il 31 dicembre 2023), vincolate al raggiungimento di obiettivi predeterminati); e) il 6 per cento degli stanziamenti complessivi per i fondi strutturali è
  • 146. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 117 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 l’Accordo di partenariato che stabilisce per l’Italia il quadro strategico della programmazione nazionale relativa al periodo 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei (denominati fondi SIE), vale a dire i fondi della politica di coesione (Fondo europeo di sviluppo regionale, FESR; Fondo sociale europeo, FSE; e Fondo di coesione, di cui l’Italia non beneficia) nonché il Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Del totale dei Fondi SIE pari a 325 miliardi complessivi, stabilito in coerenza con il Quadro Finanziario pluriennale 2014-2020, all’Italia sono assegnati 32,255 miliardi di euro a prezzi correnti (con un incremento in valori nominali rispetto ai 29,4 miliardi stanziati per 2007-2013), così ripartiti: regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) 22,324 miliardi; regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) 1,102 miliardi; regioni più sviluppate (restanti regioni del centro-nord) 7,692 miliardi; cooperazione territoriale: 1,136 miliardi. Ai fini della politica di coesione per il periodo di programmazione 2014-2020, alle risorse suindicate dei fondi strutturali devono aggiungersi le ulteriori assegnazioni del Fondo europeo per l’aiuto agli indigenti, nell’importo di 670,6 milioni di euro, e dell’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (YEI), pari a 567,5 milioni di euro. Nel complesso, dunque, per la politica di coesione l’Italia beneficia di circa 33,5 miliardi di euro di risorse comunitarie. Inoltre, nell’impostazione strategica dell’Accordo di partenariato devono essere considerate le risorse a titolo di Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che risultano assegnate all’Italia nell’importo di 10.430 milioni di euro, cui si aggiungeranno le risorse del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) la cui quantificazione sarà definita con il relativo regolamento comunitario. Oltre alle risorse comunitarie, alla politica di coesione sono destinate anche le risorse provenienti dal cofinanziamento nazionale, dai fondi regionali e dal Fondo sviluppo e coesione. Nel complesso, il volume di risorse per la coesione territoriale nel ciclo di programmazione 2014-2020, raggiunge i 130 miliardi di euro, di cui 43,8 miliardi di risorse comunitarie, 42,4 miliardi di cofinanziamento (di cui 32,2 miliardi di cofinanziamento nazionale, ex legge di stabilità 2014, e 10,2 miliardi di cofinanziamento regionale), cui si sommano i 43,8 miliardi delle risorse stanziate in bilancio del Fondo di sviluppo e coesione ai sensi della legge di stabilità 2014. L’Accordo, sottoposto alla Commissione per l’approvazione, privilegia l’utilizzo delle risorse nazionali del Fondo sviluppo e coesione (FSC) per i fabbisogni che implicano un impegno finanziario su grandi infrastrutture complesse e interventi ambientali di larga portata il cui percorso temporale può anche superare il ciclo di programmazione, concentrando invece i Fondi strutturali (che incorporano regole volte ad accelerarne l’utilizzo) sul rafforzamento e sviluppo del sistema delle imprese, e sull’attenzione alle persone: lavoro, capitale umano e inclusione sociale. Infatti, l’impostazione strategica definita per i Fondi strutturali e del FEASR, è articolata sui seguenti 11 obiettivi tematici: 1) Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione; 2) Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime; 3) Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo (per il FEASR) e il settore della pesca e dell'acquacoltura (per il FEAMP); 4) Sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori; 5) Promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi; 6) Tutelare l'ambiente riservato ai programmi che hanno raggiunto gli obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020 (riserva di efficacia).
  • 147. LA SPESA STATALE NEL QUADRO DI FINANZA PUBBLICA 118 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo e promuovere l'uso efficiente delle risorse; 7) Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete; 8) Promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori; 9) Promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà; 10) Investire nelle competenze, nell'istruzione e nell'apprendimento permanente; 11) Rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un'amministrazione pubblica efficiente. Alla competitività delle PMI è destinata la quota più elevata dei fondi comunitari (più di 9 miliardi), cui segue il sostegno all’occupazione (4,3 miliardi), all’istruzione (4,1 miliardi), all’inclusione sociale (3,8 miliardi)15 . La gestione del nuovo ciclo di fondi strutturali e della parte residua del precedente avverrà in un quadro istituzionale nuovo, caratterizzato dalla soppressione di un ministro dedicato e dal ritorno a funzioni esercitate da un Sottosegretario su delega del Presidente del Consiglio, oltre che dall’istituzione (art. 10 del DL 101/2013) di un nuovo organo, l’Agenzia per la Coesione territoriale, che, rafforzando la capacità di governo nazionale, dovrebbe poter essere in grado di potenziare il coordinamento e il controllo sull’uso dei fondi, non solo tramite monitoraggio e assistenza tecnica, ma soprattutto attraverso lo svolgimento di attività dirette di autorità di gestione, sia in caso di progetti sperimentali, che in presenza di ritardi e gravi inadempienze. 15 Schede di lettura della Camera dell’Atto del Governo n. 86, presentato ai sensi dell’art. 1, comma 246, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014).
  • 148. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 119 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 1. A partire dal 2001, a seguito di modifiche istituzionali in senso federalista, competenze e spesa pubblica avrebbero dovuto orientarsi, in misura crescente, verso le amministrazioni territoriali, mentre una tendenza di segno opposto avrebbe dovuto segnare l’amministrazione centrale, non più (o in misura minore) chiamata ad assolvere ad alcune funzioni e alla prestazione di servizi alla collettività, ormai di competenza regionale e locale. Ciò riguarda, in modo particolare, alcuni settori di attività, come l’agricoltura, il sostegno delle imprese, l’ambiente e la cultura (per non dire della sanità). Con specifica attenzione a tali settori, nella seconda parte di questo capitolo, si è ritenuto utile verificare, nei dati storici, in quale misura l’andamento effettivo della spesa pubblica si sia conformato al percorso virtuale. Il sovraccarico di funzioni (e la conseguente lievitazione delle risorse pubbliche impegnate), eventualmente rilevabile in capo alle amministrazioni centrali, può essere valutato, con maggiore ponderazione, proprio se rapportato alle attese derivanti dall’attuazione del federalismo, che avrebbe dovuto comportare il trasferimento di intere funzioni (o di parti di esse) alla competenza delle amministrazioni territoriali. Ma la finalità principale della verifica avviata (l’analisi si propone come un punto di partenza di una linea di indagine da approfondire) è quella di disporre di elementi di informazione che consentano valutazioni sulla razionalità e sul costo di una organizzazione amministrativa che, certamente, vede ancora ampiamente presente in diversi settori di intervento l’amministrazione dello Stato centrale. Gli obiettivi di razionalizzazione degli enti pubblici statali e di riduzione dei loro costi di funzionamento sono targets ormai ricorrenti da quasi un quindicennio, anche se assumono un rilievo più pronunciato in una fase nella quale il riequilibrio strutturale dei conti pubblici affida un ruolo decisivo all’operazione di spending review. A partire dal 2001, le leggi finanziarie annuali hanno sistematicamente introdotto disposizioni per il riordino degli enti pubblici e per il conseguimento di risparmi di spesa. Più di recente, il DL n. 112/2008 ha integrato la disciplina con il meccanismo “taglia enti”, mentre con il DL n. 95/2012 è stata attribuita al Commissario straordinario per la spending review il potere di proporre regolamenti per il riordino degli enti pubblici. Tuttavia, come è stato osservato, tutti gli interventi che si sono susseguiti hanno affrontato il tema degli enti pubblici prevalentemente con un approccio emergenziale di tipo quantitativo, privilegiando la prospettiva di una rapida resa in termini di tagli. E’ mancata, in altri termini, una riflessione ponderata sulle linee strategiche del riordino degli enti, sostenuta da una approfondita ricognizione per settori di intervento, per categorie di soggetti, per profili organizzativi e contabili e, pertanto, in grado di avanzare ponderatamente proposte di razionalizzazione e di assicurare, in modo mirato e non lineare, risparmi effettivi e permanenti di spesa. Allo scopo di effettuare un riesame critico degli strumenti di coordinamento, la ricognizione avviata dalla Corte – e della quale si riportano qui i primi risultati - intende ricostruire il quadro della distribuzione di competenze e dei corrispondenti costi per l’erario che, nei diversi settori di intervento, vede la compresenza delle strutture ministeriali e di numerosi enti strumentali e società partecipate. Una compresenza che, quando non sia finalizzata a fornire, con una chiara distinzione di ruoli, ben identificati
  • 149. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 120 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo servizi alla collettività, può determinare sovrapposizioni di compiti, talvolta duplicando funzioni e costi. Una duplicazione che può riguardare anche la distribuzione di funzioni tra enti e società. Il criterio generale di riferimento è stato quello di “censire” gli enti, gli organismi e le società sottoposte alla vigilanza di uno o più Ministeri o della Presidenza del Consiglio, allargando opportunamente il perimetro osservato all’elenco ISTAT relativo alle amministrazioni centrali, poco meno della metà delle quali risulta soggetta alla vigilanza. In coerenza con tale scelta estensiva, ai flussi di spesa per settori di attività direttamente riferibili al bilancio dello Stato sono state affiancate informazioni sulle erogazioni a qualsiasi titolo destinate agli enti e alle società vigilate, sulla base di una complessa estrazione di dati contabili per ciascuno dei soggetti istituzionali censiti. La ricostruzione dovrebbe agevolare analisi e valutazioni finalizzate alla razionalizzazione della spesa e degli apparati statali. Infatti, diviene ad esempio possibile stimare, nell’ambito dei trasferimenti verso enti esterni all’amministrazione centrale, quali degli stessi siano destinati effettivamente al “mercato” (incentivi e sussidi ad imprese produttive, contratti e convenzioni con soggetti privati ecc.) e quali, invece, mascherino, nella sostanza, oneri aggiuntivi indiretti di amministrazione per lo Stato, in una misura che potrebbe correggere anche significativamente le valutazioni sull’impianto funzionale centro/periferia e con modalità che più si prestano a configurare fenomeni elusivi di vincoli e di controllo. Considerazioni più operative, che affrontano i quesiti più critici in tema di mantenimento, soppressione o, comunque, revisione organizzativa e della spesa, sono qui avanzate nell’ambito di due specifici approfondimenti settoriali, relativi all’agricoltura e alla cultura. La ricognizione delle società partecipate e vigilate dalle amministrazioni dello Stato ha costituito, infine, l’occasione per comporre un quadro di informazioni contabili e organizzative utili per trarre indicazioni di prospettiva in termini di revisione o razionalizzazione degli assetti esistenti. L’analisi dei parametri più rilevanti – che ha posto in luce scelte organizzative e gestionali talvolta peculiari – assume a riferimento l’ultimo bilancio approvato. Ciò, peraltro, esclude le sole due società di nuova costituzione (Unirelab e Invimit). LA SPESA PER SETTORI DI INTERVENTO E PER LIVELLO DI GOVERNO NELL’ULTIMO DECENNIO 2. Un primo passaggio seguito nella ricostruzione qui proposta muove da un confronto intertemporale della distribuzione della spesa pubblica in Italia, per categorie funzionali e per livelli di governo. Lo scopo del confronto è quello di verificare se, nel periodo considerato, si siano realizzati, nei diversi settori di attività, spostamenti significativi di competenze e di risorse pubbliche o se, invece, in contrasto con il percorso tracciato nel disegno federalista, le variazioni risultino limitate, se non nulle. I dati sembrano confermare questo secondo scenario, che, tra il 2000 e il 2012, mostra un quadro di livelli di spesa (ma anche di funzioni e competenze) sostanzialmente immodificato nella ripartizione tra amministrazione centrale e amministrazioni territoriali.
  • 150. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 121 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Assume, dunque, ancora maggior forza l’esigenza di esprimere, in primo luogo, qualche valutazione sulla razionalità della permanenza, in capo all’amministrazione centrale, di strutture, competenze e risorse finanziarie per lo svolgimento di funzioni di gestione (e non di mero coordinamento), soprattutto in materie delegate alle amministrazioni territoriali. Ma, in secondo luogo, appare utile concentrare l’attenzione sull’assetto attuale di una Amministrazione centrale che, quand’anche non sia ravvisabile una proliferazione di enti strumentali e di società, presenta, in alcuni settori, una struttura organizzativa complessa e, forse, ipertrofica. 3. Il confronto europeo ed intertemporale sulle tendenze della spesa pubblica per livelli di governo e per categorie funzionali (o settori di attività), pur significativo, non costituisce, tuttavia, un quadro informativo adeguato per lo scopo che ha guidato l’analisi ricognitiva condotta dalla Corte. Va, infatti, osservato che la spesa pubblica, come definita nella contabilità nazionale, si riferisce ad un ben delimitato elenco di unità istituzionali; un elenco composto sulla base di criteri di inclusione sostanzialmente fondati sul grado di dipendenza economico-finanziaria del singolo soggetto dal sostegno delle finanze pubbliche. Tale precisazione è fondamentale nello sviluppo dell’ipotesi di lavoro qui perseguita. Infatti, una lettura meccanica ed esclusiva delle serie storiche della spesa pubblica potrebbe condurre a conclusioni affrettate e imprecise. Anche a fronte di livelli (o quote) di spesa delle amministrazioni centrali e di un elenco ISTAT sostanzialmente immutato nel tempo, può realizzarsi un processo di “esternalizzazione” di competenze e di risorse pubbliche, con la creazione o con il potenziamento di enti e società, solo formalmente esterne al settore delle amministrazioni pubbliche, ma di fatto soggetti funzionalmente e strumentalmente al servizio delle amministrazioni statali, dalle quali peraltro si discosterebbero per essere al riparo dai più rigidi vincoli di bilancio imposti ai fini del rispetto degli obiettivi generali di finanza pubblica. Vi è chiara evidenza come tale tendenza sia, da tempo, in atto. Ma ciò che manca è la disponibilità di informazioni sulle dimensioni del fenomeno, con particolare attenzione alla misura delle risorse statali impegnate per trasferire mezzi finanziari a questi soggetti “satelliti”. Il lavoro qui illustrato intende colmare, almeno in parte, questa lacuna di conoscenze, in tal modo offrendo un quadro più veritiero del costo per la collettività dell’impianto organizzativo dell’amministrazione centrale nei diversi settori di attività e, soprattutto, della reale distribuzione di competenze e di risorse. Si è, dunque, proceduto ad effettuare una ricognizione del complesso di soggetti istituzionali che operano nell’ambito delle Amministrazioni centrali, riclassificati per settore di intervento (tipo COFOG), e per tipologia (amministrazioni pubbliche, enti strumentali, società ecc.). L’indagine ha, necessariamente, dovuto assumere a riferimento una “istantanea” della costellazione di unità rapportabili all’amministrazione centrale. Una rilevazione, in altri termini, che ha più la natura di un “censimento” che non di uno studio della dinamica del fenomeno delle “esternalizzazioni”. Allo stato attuale, l’insufficienza delle informazioni impone, quindi, di rinunciare a procedere in questa direzione, che pure sarebbe fondamentale per una compiuta disamina del fenomeno.
  • 151. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 122 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo IL “CENSIMENTO” DI MINISTERI, ENTI E SOCIETÀ DELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE 4. Il punto di avvio del censimento è costituito dalle rilevazioni sugli enti vigilati disposte, per tutte le amministrazioni pubbliche, dal d.lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza. L’elaborazione della Corte dei conti sui dati raccolti per effetto di tale normativa permette di fornire un primo quadro d’assieme, nel quale 286 soggetti istituzionali sono riclassificati con riferimento al Ministero vigilante (compresa la Presidenza del Consiglio) e attribuiti ai diversi livelli di governo (amministrazione centrale, amministrazioni locali ed enti di previdenza) e, per la componente residuale, distinti tra società ed altri organismi. Ma, in ogni caso, gli adempimenti ex d.lgs 33 non offrono un grado di copertura in linea con l’obiettivo assegnato alla ricognizione programmata. La ragione principale consiste nella rappresentazione parziale che la “trasparenza” offre con riguardo alla definizione di Amministrazione centrale, che discende dall’applicazione delle regole standardizzate che presiedono alla costruzione dei quadri di finanza pubblica, secondo il sistema di contabilità nazionale. Come è noto, a tal fine e ai sensi della legge 196/09, l’Istat è tenuto a rendere noto ogni anno l’elenco delle unità istituzionali che compongono il settore Amministrazioni pubbliche (noto come settore S13) che nel 2013 indica oltre 10 mila unità, 126 delle quali definiscono il perimetro del sottosettore Amministrazione centrale (S1311). Di queste ultime solo 69 unità sono presenti anche nella rilevazione di cui al d.lgs. n.33. E’ necessario, pertanto, completare il quadro ricognitivo integrando nella lista le 57 unità che non sono identificate attraverso gli adempimenti sulla trasparenza. TAVOLA 1 AMMINISTRAZIONI CENTRALI: ENTI E SOCIETÀ VIGILATE Fonte: elaborazione su dati Istat e rilevazioni ex art. 22 d.lgs. n. 33 del 2013 alla data del 30 aprile 2014. totale Amministrazioni centrali Amministrazioni locali Enti di Previdenza totale di cui società di cui altri AFFARI ESTERI 1 1 0 1 AMBIENTE 25 1 24 1 1 26 DIFESA 0 25 1 24 25 GIUSTIZIA 0 22 22 22 INTERNO 1 1 8 8 9 LAVORO E POLITICHE SOCIALI 24 2 22 11 11 35 ECONOMIA E FINANZE 3 3 21 21 24 BENI CULTURALI 22 8 14 15 3 12 37 POLITICHE AGRICOLE 4 4 7 4 3 11 SVILUPPO ECONOMICO 5 5 13 5 8 18 INFRASTRUTTURE 4 3 1 8 6 2 12 UNIVERSITA' E RICERCA 14 14 0 14 PCM 11 11 4 4 15 SALUTE 32 16 16 5 5 37 Totale 146 69 55 22 140 41 99 286 Totale Amministrazioni pubbliche S13 Esterni alla PA Amministrazioni vigilanti
  • 152. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 123 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Con riferimento al solo comparto delle Amministrazioni centrali, il “censimento” qui proposto può, dunque, essere rappresentato come nel prospetto seguente, nel quale ministeri, enti e società sono classificati per settori di intervento (COFOG), sulla base di attribuzioni effettuate dalla Corte in relazione al settore prevalente di attività. La scelta di osservare l’organizzazione dell’amministrazione centrale non dal solo punto di vista del Ministero vigilante, ma per settori di attività, offre un’informazione più adatta al fine di esprimere valutazioni sull’efficienza, sulla razionalità e sui costi dell’articolazione amministrativa attualmente operante per la prestazione di servizi in ciascun comparto. È opportuno precisare che per alcune tipologie di enti la ricognizione proposta contabilizza esclusivamente il soggetto “capofila”, al quale fa riferimento una rete territoriale di enti, talvolta numericamente rilevante (ad esempio UnionCamere, A.C.I. e Autorità portuali). TAVOLA 2 IL PERIMETRO DELL'AMMINISTRAZIONE CENTRALE: MINISTERI, ENTI E SOCIETÀ (consistenza numerica per settori) Fonte: elaborazione su dati Istat e rilevazioni ex art. 22 d.lgs. n. 33 del 2013. *Sulla base del SEC’95, il sistema europeo dei conti, l'elenco delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni pubbliche è predisposto dall'Istat. Il codice di settore generale è S 13, mentre al sottosettore delle amministrazioni centrali è assegnato il codice identificativo S 1311. Escludendo, pertanto, i soggetti vigilati dai Ministeri, ma che operano nei sottosettori delle amministrazioni locali o degli enti di previdenza, il quadro organizzativo riferibile all’amministrazione centrale si compone di 272 unità, 126 delle quali classificate da ISTAT come sottosettore “Amministrazione centrale” e, come tali, produttrici di spesa pubblica ed entrate pubbliche “in senso tecnico”, vale a dire intese come aggregati rilevanti per la costruzione dei quadri di finanza della contabilità nazionale, a loro volta utilizzati per le verifiche sul rispetto dei parametri europei. Le altre 146 unità censite (101 enti pubblici e 45 società) sono escluse dalla definizione Istat di amministrazioni centrali. I criteri per l’inclusione di unità istituzionali nel perimetro delle Amministrazioni pubbliche di contabilità nazionale prescindono, come è noto, dalla natura giuridica del soggetto (tanto che nelle 126 unità sono comprese anche quattro società per azioni), essendo invece prevalente una verifica del grado di autosufficienza del soggetto in Servizi generali delle PA 12 14 13 39 1 7 8 47 31,0 5,5 17,3 Giustizia difesa e ordine pubblico 7 7 3 1 4 11 5,6 2,7 4,0 Affari economici commerciali e del lavoro 6 7 1 13 28 15 4 43 56 10,3 29,5 20,6 Agricoltura 1 2 14 17 4 4 8 25 13,5 5,5 9,2 Trasporti 1 4 1 5 1 7 8 13 4,0 5,5 4,8 Combustibili ed energia 1 2 1 4 4 4 8 3,2 2,7 2,9 Ambiente e territorio 1 1 2 4 1 1 2 6 3,2 1,4 2,2 Sanità 1 2 4 1 8 6 6 14 6,3 4,1 5,1 Attività ricreative 6 1 6 25 1 26 32 4,8 17,8 11,8 Attività culturali 1 9 1 3 13 11 3 14 27 10,3 9,6 9,9 Istruzione 2 3 1 1 7 1 1 8 5,6 0,7 2,9 Protezione sociale 1 1 1 3 20 2 22 25 2,4 15,1 9,2 Totale complessivo 34 36 2 21 2 35 126 101 45 4 146 272 100,00 100,00 100,00 amministrazioni centrali extra PA totale di cui: società enti di ricerca Totale enti società di cui cedute Settori di intervento amministrazioni centrali (S1311)* enti e società vigilate extra PA Totale composizione % Stato enti economici di cui: società enti di assistenza Totale
  • 153. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 124 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo termini di rapporto tra risorse proprie e costi di produzione (c.d. criterio “market/non market”). L’esempio di società di dimensioni rilevanti come l’Anas e le FF.SS è utile a comprendere il criterio: l’Anas è infatti unità ricompresa nelle amministrazioni pubbliche poiché, a differenza delle Ferrovie, non copre con proventi propri almeno il 51 per cento dei costi e, dunque, va considerata convenzionalmente componente del settore pubblico e non del “mercato”. Nella tavola 2, l’insieme delle unità che definiscono le Amministrazioni centrali è, a sua volta, disaggregato in modo da distinguere, da un lato, il comparto Stato (che in CN comprende, sostanzialmente, i Ministeri, la PCM, gli organi costituzionali e le Authorities) e gli Altri enti delle amministrazioni centrali (comparto nel quale l’Anas è, di gran lunga, il soggetto istituzionale di maggior peso). UNA MISURA DEL COSTO DELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE 5. Definito in tal modo il quadro di riferimento generale per soggetti istituzionali identificati e riclassificati per settore di intervento, si è poi proceduto alla più complessa operazione di misurazione della spesa che il bilancio dello Stato mobilita per il funzionamento dell’intera costellazione riferibile, secondo le stime della Corte, all’amministrazione centrale. A tal fine, con l’utilizzo dei codici fiscali di tutte le unità istituzionali censite è stata effettuata la rilevazione dei pagamenti erogati, a qualunque titolo, dal bilancio statale in direzione di tutti i soggetti censiti. La rilevazione è stata effettuata con riferimento alle categorie economiche della spesa nelle quali sono contabilizzati i pagamenti che, a diverso titolo, sono destinati ai soggetti esterni allo Stato: si tratta, principalmente, dei consumi intermedi, degli investimenti fissi lordi, dei trasferimenti correnti e in conto capitale ad imprese e istituzioni sociali e delle acquisizioni di attività finanziarie, voce nella quale sono contabilizzate erogazioni per aumenti di capitale sociale e sottoscrizione di azioni di società. Con tale delimitazione, la spesa statale considerata è al netto di categorie importanti come le spese per interessi, i redditi da lavoro dipendente e i trasferimenti agli altri enti compresi nelle Amministrazioni pubbliche, nelle quali non transitano (se non per importi irrilevanti) risorse destinate ai soggetti del censimento proposto dalla Corte. Al fine di limitare il rischio di alterare la stima della spesa per effetto di andamenti non lineari dei pagamenti, si è scelto di presentare dati che rappresentano la media dei pagamenti del triennio 2010-2012. Secondo i dati esposti nei prospetti seguenti, l’ammontare delle risorse “pagate” annualmente dallo Stato agli enti e alle società del “censimento” risulterebbe dell’ordine di 25 miliardi: un importo che rappresenta un terzo della spesa erogata dallo Stato per il complesso delle categorie economiche prima indicate. Poco meno di 17 miliardi di tali pagamenti sono destinati ad unità istituzionali ricomprese nel perimetro Istat (S 1311), mentre ad enti e società esterne sono diretti circa 8,5 miliardi, quasi per intero assegnati alle società. La maggior parte delle erogazioni si collocano, naturalmente, nelle categorie dei trasferimenti e dei contributi, sia correnti che in conto capitale; ma è interessante evidenziare che una frazione non trascurabile (circa il 13 per cento) transita attraverso la
  • 154. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 125 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 categoria dei “consumi intermedi”, che registra convenzioni e contratti di servizio con enti strumentali e società e, in misura minore (circa il 6 per cento), attraverso la categoria degli investimenti fissi lordi. Va osservato che la distribuzione per settori delle risorse oggetto di rilevazione è molto differenziata. All’interno del perimetro Istat, il bilancio dello Stato indirizza la quota largamente prevalente di pagamenti al funzionamento della Presidenza del Consiglio, degli organi costituzionali, delle agenzie fiscali e delle Autorità (circa 11 miliardi, nel complesso); mentre, se si guarda ai settori di intervento principali, l’incidenza maggiore delle risorse trasferite riguarda i Trasporti, che assorbono poco meno di 7 miliardi (1,8 nell’area Istat, essenzialmente per il finanziamento dell’Anas, e più di 5 miliardi a società esterne, soprattutto per pagamenti alle Ferrovie dello Stato. Con riguardo alle società, si deve sottolineare che l’onere a carico del bilancio dello Stato qui rilevato rappresenta il finanziamento dell’attività svolta in ragione di contratti di programma o di atti convenzionali, ovvero l’apporto al capitale sociale in caso di costituzione di nuove società (nel triennio 2011-13 sono state costituite Difesa Servizi, Unirelab e Invimit). In termini generali, non può ritenersi che questo esaurisca il peso sulla finanza statale riconducibile alle società vigilate, la cui attività conosce anche canali diversi di sostegno. Ad esempio, come rilevato nell’Appendice dedicata a “Le società strumentali delle amministrazioni centrali”, le società che operano nel settore energetico trovano copertura dei costi sostenuti per l’espletamento della loro attività in componenti tariffarie costituenti “oneri generali di sistema”, corrisposte dagli utenti finali come voce di costo delle bollette energetiche. O ancora, con riguardo a società che operano nel settore delle opere pubbliche, lo Stato assume talvolta a proprio carico oneri derivanti dall’ammortamento di rate di mutui stipulati con Cassa Depositi e Prestiti o con altre banche (es. BEI). TAVOLA 3 LA SPESA STATALE NEL PERIMETRO DELL'AMMINISTRAZIONE CENTRALE: PAGAMENTI PER SETTORI DI ATTIVITÀ (MEDIA TRIENNALE 2011-2013) (milioni di euro) Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati Rendiconto generale dello Stato - esercizi finanziari 2011-2013 *al netto dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, dei redditi da lavoro dipendente e Irap, degli interessi e del rimborso sul debito pubblico e delle poste correttive e compensative. I dati relativi ai Ministeri sono, inoltre, al netto dei pagamenti erogati ad enti e società (evidenziati, separatamente, nelle successive colonne della tavola). **Presidenza del Consiglio dei ministeri, organi costituzionali, agenzie fiscali e Autorità. Totale ministeri* altro** enti economici enti di assistenza enti di ricerca Totale al netto ministeri (a) enti società Totale (b) Servizi generali delle PA 11.790 10.364 53 0 2.396 12.813 0 524 524 13.336 25.126 Giustizia difesa e ordine pubblico 10.116 571 - - 571 0 0 0 571 10.687 Affari economici commerciali e del lavoro 15.640 32 82 - 114 127 2.603 2.731 2.844 18.484 Agricoltura 459 140 - 210 350 33 9 42 393 851 Trasporti 920 1.845 - 1.845 38 5.042 5.080 6.925 7.844 Combustibili ed energia 192 4 6 - 154 163 62 62 226 417 Ambiente e territorio 4.601 - - 92 92 0 25 25 117 4.718 Sanità 886 36 52 142 230 58 0 58 288 1.174 Attività ricreative 1.661 - 437 437 13 12 25 462 2.123 Attività culturali 591 - 47 15 61 8 22 30 92 683 Istruzione 1.329 5 3 11 33 52 0 0 0 52 1.381 Protezione sociale 2.946 - 1 1 3 6 12 18 21 2.967 Totale 51.130 10.975 2.167 548 3.041 16.731 283 8.312 8.595 25.326 76.456 Settori di intervento Amministrazioni centrali (S1311) Enti e società vigilate extra Pa Totale (a+b) Totale spesa*** Stato enti e società
  • 155. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 126 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo ***al netto dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, dei redditi da lavoro dipendente e Irap, degli interessi e del rimborso sul debito pubblico e delle poste correttive e compensative. 6. Sulla base della descritta ricognizione di carattere generale, per rispondere non superficialmente ai quesiti che hanno originato l’indagine – centrati sulla verifica di razionalità degli assetti organizzativi esistenti – si è, infine, proceduto ad effettuare un approfondimento limitato a due settori di intervento (o categorie funzionali): la cultura e l’agricoltura. Una scelta che è stata guidata dalla preferenza per settori di attività che, almeno in via di principio, avrebbero dovuto segnare una ridotta presenza delle amministrazioni centrali, in relazione al previsto trasferimento di funzioni alle amministrazioni territoriali. Gli approfondimenti di settore di seguito illustrati assumono il carattere di un focus esemplificativo e sperimentale di indagine, che potrà dar luogo a sviluppi ed estensioni, nel quadro di una linea di lavoro che la Corte intende proseguire nel proprio programma di attività. Del resto, approfondire la questione critica della eventuale sovrapposizione di funzioni e costi anche in un solo settore richiede, necessariamente, di raccogliere e di elaborare una notevole quantità di indicatori ed impone cautela nel trarre conclusioni o proposte in tema di razionalizzazione, riorganizzazione, accorpamenti, internalizzazione, soppressione di enti e società. Si tratta, infatti, di dare risposta a quesiti impegnativi, come: - se siano chiare le motivazioni iniziali alla base dell’esternalizzazione di quella determinata attività; - se permangano nel Ministero di riferimento una o più direzioni generali incaricate di svolgere funzioni analoghe a quelle assegnate all’ente; - se, al contrario, risultino sovrapposizioni di funzioni con lo stesso Ministero o con altro ente; - se emergano condizioni di inefficienza (costi e output) nella resa del servizio da parte dell’ente. IL SETTORE DELLA CULTURA: PRIME RIFLESSIONI SU ORGANIZZAZIONE E COSTI 7. Il tema relativo alle competenze in materia di beni culturali e ai suoi riflessi sull’organizzazione del settore può declinarsi sia in termini intersoggettivi - in relazione, in particolare, al riparto di competenze tra Stato e Regioni – sia in termini interorganici, facendo cioè riferimento al fenomeno della proliferazione degli enti strumentali e delle società partecipate dai Ministeri. Sotto il primo profilo, gli attori delle politiche culturali sono lo Stato e le Regioni, che agiscono nel quadro di competenze delineato dal nuovo articolo 117 della Costituzione. In particolare, la tutela dei beni culturali è affidata alla competenza esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione dei beni culturali e la promozione e organizzazione di attività culturali – che comprendono lo spettacolo e le attività cinematografiche – è attribuita alla legislazione concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.). La Corte ha, peraltro, evidenziato, già prima della XVI legislatura (sent. nn. 478/2002 e 307/2004), che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale “il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze fra Stato e Regioni”.
  • 156. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 127 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 L’assetto disegnato dal legislatore, rinunciando ad una chiara distinzione tra tutela intesa in senso stretto riservata allo Stato e tutto il resto trasferito al livello regionale e locale, prevede pertanto una competenza esclusiva per le sole funzioni e compiti di tutela dei beni culturali (in una accezione più vasta comprensiva anche dell’attività di restauro), mentre le funzioni di promozione, valorizzazione e conservazione risultano accomunate tra loro dovendo il loro esercizio essere svolto nella leale collaborazione tra Stato, Regioni ed enti locali. Un maggior spazio di reale coinvolgimento delle regioni nell’attività di gestione e valorizzazione sarebbe peraltro consentito dalle attuali competenze legislative regionali sulla valorizzazione dei beni culturali attraverso le quali troverebbe forma il compito di promozione di cui all’art. 9 della Costituzione. In tale direzione, infatti, il patrimonio culturale potrebbe essere più efficacemente gestito a livello locale anche alla luce delle competenze legislative in materie affini (ricerca scientifica, formazione professionale, turismo e industria alberghiera) rappresentando un reale strumento di sviluppo complessivo del territorio e della sua collettività. Alla luce dell’attuale riparto di competenze ampio resta dunque l’ambito di operatività del Ministero e delle sue strutture periferiche la cui attività, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, spazia in tutti i settori di attività concernente la tutela, la conservazione, la gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale comprensive anche dello spettacolo e le attività cinematografiche. La riconduzione nell’alveo della competenza statale anche dell’attività di gestione offre giustificazione, oltre che alla capillare articolazione del ministero, anche alla tendenza ad avvalersi di una pluralità di organismi di diversa configurazione ed autonomia sottoposti alla propria vigilanza che operano nell’ambito della cura del patrimonio culturale italiano (Società, Fondazioni, Enti e Istituti), in una logica di progressiva riduzione del ruolo dello Stato nelle politiche di settore a favore di strumenti di gestione maggiormente flessibili e capaci di mobilitare risorse private. Tale possibilità, già prevista dalla legge istitutiva del ministero, trova conferma anche nel Codice dei beni culturali e del paesaggio che consente forme di gestione indiretta della attività di valorizzazione e conservazione. Il panorama delle società, enti e fondazioni facenti capo al Ministero è quindi molto vasto, ma nell’ottica delle analisi sperimentali avviate, l’analisi si è concentrata prendendo in considerazione gli organismi censiti dall’Istat nel settore delle amministrazioni centrali (S 1311) appartenenti, in relazione alla composizione della spesa, alla categoria funzionale COFOG “Attività culturali”; tale ricognizione è stata successivamente integrata attraverso quanto rilevato al 30 aprile 2014 in relazione alla ricognizione effettuata e resa pubblica dall’Amministrazione nella parte del sito istituzionale dedicato alla “trasparenza”. Si tratta di 26 soggetti esterni al Ministero dei beni e le attività culturali e del turismo, di cui 12 appartenenti al perimetro Istat (11 enti e 1 società) e 14 esterni alla PA (11 enti e 3 società), come rappresentati nella Tavola che segue. Il numero di enti e società che l’Amministrazione ha invece fornito nell’ambito delle istruttorie finalizzate alla relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2013 e condotte anche attraverso questionari specifici, mostra che la platea degli enti, facenti capo al Ministero, risulterebbe nettamente superiore (circa 60 organismi tra enti pubblici, enti privati, fondazioni e società vigilati dal Ministero). Va osservato, tuttavia, che quest’ultima ricognizione – oggetto, tuttora, di confronto e verifica con
  • 157. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 128 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo l’amministrazione - comprende, certamente, soggetti istituzionali da collocare tra le amministrazioni territoriali e che, pertanto, non rilevano ai fini della presente indagine. TAVOLA 4 LA “CULTURA” NELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE: LA LISTA DI ENTI E SOCIETÀ Denominazione Amministrazione centrale Enti e Società vigilate extra PA Totale complessivo Stato Enti Società Enti Società Ministero per i beni e le attivita culturali 1 1 Accademia della crusca 1 1 Accademia nazionale dei lincei 1 1 Ales spa arte lavoro e servizi S.p.A 1 1 Arcus spa - società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo S.p.A. 1 1 Cinecittà luce (sostituita con Istituto Luce-Cinecittà S.r.l.) 1 1 Domus mazziniana 1 1 Fondazione biblioteca europea di informazione e cultura - BEIC 1 1 Fondazione festival dei due mondi di Spoleto 1 1 Fondazione Guglielmo Marconi 1 1 Fondazione istituto nazionale dramma antico - inda 1 1 Fondazione la biennale di Venezia 1 1 Fondazione la quadriennale d arte di Roma 1 1 Fondazione MAXXI 1 1 Fondazione ordine mauriziano 1 1 Giunta centrale per gli studi storici 1 1 Istituto italiano di studi germanici 1 1 Istituto luce-Cinecittà srl 1 1 Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione - invalsi 1 1 Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa - indire 1 1 Istituto per la storia del risorgimento italiano 1 1 Istituto storico italiano per il medio evo 1 1 La triennale di Milano 1 1 Museo storico della liberazione 1 1 Scuola archeologica italiana di Atene 1 1 Segretariato europeo per le pubblicazioni scientifiche - SEPS 1 1 Unione accademica nazionale 1 1 Totale complessivo 1 11 1 11 3 27 Fonte: elaborazione Corte dei conti. L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione – INVALSI, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa – INDIRE e
  • 158. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 129 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 l’Istituto italiano di studi germanici che, pur classificati nella COFOG settore cultura, sono in realtà enti di ricerca vigilati dal MIUR e finanziati con una quota del FOE (Fondo per il funzionamento degli enti di ricerca). Altresì, il Segretariato europeo per le pubblicazioni scientifiche – SEPS è un’Organizzazione Non Governativa con status consultivo presso il Consiglio d’Europa. Questi tre organismi, pertanto, non rientrando tra le competenze del ministero, sono stati esclusi dall’analisi. Al netto, quindi, di tali enti rilevante appare comunque la quota di risorse “trasferite” dallo Stato, che supera in media nel triennio 2011-2013 i 58,5 milioni pari al 3,2 per cento dei pagamenti medi nel triennio effettuati dal MIBACT. La Tavola che segue – che per le ragioni esposte perviene ad una stima dei pagamenti che non coincide esattamente con il valore riportato nella tavola 3 - indica in dettaglio quanto trasferito ai singoli enti e società. TAVOLA 5 LA “CULTURA” NELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE: UNA STIMA DEL COSTO DEGLI ORGANISMI STRUMENTALI (in migliaia) Denominazione Ente/Società Media del triennio Ministero per i beni e le attività culturali 1.554 Accademia della crusca 883 Accademia nazionale dei lincei 2.531 Ales SPA Arte Lavoro e Servizi S.p.A 10.010 Arcus SPA - Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo S.p.a. 7.743 Cinecittà Luce (sostituita con Istituto luce-cinecittà srl) 7.400 Fondazione festival dei due mondi di Spoleto 2.552 Fondazione Guglielmo Marconi 49 Fondazione Istituto Nazionale Dramma Antico - INDA 1.211 Fondazione la biennale di Venezia 14.154 Fondazione la quadriennale d arte di Roma 380 Fondazione MAXXI 2.775 Istituto Luce-Cinecitta' SRL 5.025 Istituto per la storia del risorgimento italiano 106 Istituto storico italiano per il medio evo 449 La Triennale di Milano 835 Museo storico della liberazione 17 Scuola archeologica italiana di Atene 552 Totale 58.227 Fonte: elaborazione Corte dei conti Di tali enti e società, oltre ad aver esposto i “trasferimenti” da parte dello Stato, si esamina la mission istituzionale, l’organo che svolge attività di vigilanza, la coerenza della mission con gli obiettivi del ministero e le possibili sovrapposizioni con l’attività svolta dalle strutture ministeriali,. Il nucleo più consistente si articola in enti pubblici vigilati e fondazioni private che gestiscono un proprio patrimonio ed operanti nel settore della valorizzazione dei beni culturali, soprattutto nel campo delle attività di ricerca, studio ed altre attività conoscitive aventi ad oggetto il patrimonio culturale, nel campo delle attività dirette a
  • 159. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 130 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo diffondere la conoscenza del patrimonio culturale e favorirne la fruizione e in ultimo nel campo della elaborazione e attuazione di progetti formativi e di aggiornamento nonché nell’organizzazione di mostre, eventi ed itinerari culturali. Si tratta, peraltro, di antiche e consolidate istituzioni culturali pubbliche e private operanti nel settore, tra cui si segnalano, in particolare, i seguenti enti pubblici vigilati dalla Direzione Generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore: l’Accademia della Crusca (che esercita funzioni di promozione e studio scientifico della lingua italiana in Italia e all’estero attraverso l’istituzione di corsi, convegni e seminari), l’Accademia dei lincei (con funzioni di promozione, coordinamento e diffusione delle conoscenze scientifiche), l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano (con funzioni di promozione degli studi sulla storia d’Italia dal periodo preparatorio dell’Unità e dell’Indipendenza sino al termine della prima guerra mondiale, raccogliendo documenti, pubblicazioni e cimeli, curando edizioni di fonti e di memorie, organizzando congressi scientifici), l’Istituto storico per il medioevo (il cui compito consiste nel dare unità e sistema di pubblicazione alle fonti di storia nazionale e promuoverne lavori preparatori), il Museo storico della liberazione (volto ad assicurare al patrimonio storico nazionale la più completa ed ordinata documentazione degli eventi storici relativi alla lotta per la liberazione di Roma), Domus Mazziniana (cin compiti di ricerca e studio sulla vita, il pensiero e l’opera di Giuseppe Mazzini). Tra gli enti pubblici rientra anche la Scuola archeologica di Atene, vigilata dalla DG per le Antichità, che si occupa di ricerche e scavi archeologici in Grecia e nelle aree di civiltà ellenica e formazione di studiosi tramite la scuola di specializzazione e di perfezionamento). Nell’ambito delle fondazioni vigilate dalla Direzione Generale Paesaggio, Belle arti, Architettura e Arte Contemporanee e diretta ad attività di ricerca, di documentazione, catalogazione, di pubblicazione editoriale nonché all’ organizzazione di esposizioni d’arte o in altri settori (come il design, l’artigianato, la moda), si rilevano: la Biennale di Venezia, la Quadriennale d’arte di Roma e la Triennale di Milano mentre, nel settore teatrale si segnala la Fondazione istituto nazionale del dramma antico – Inda con compiti di coordinamento a livello nazionale dell'attività teatrale presso i teatri greco-romani e produzione e promozione del teatro classico greco e latino, la fondazione Guglielmo Marconi. La Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo - istituita nel 2009 in attuazione della legge n. 69 del 2009, si occupa invece della gestione, della conservazione e della conduzione del proprio patrimonio di arte e architetture contemporanee e fruisce di consistenti apporti a carico del Ministero che interviene con l’erogazione di contributi, con interventi in materia di personale e con il conferimento in uso di beni culturali e beni immobili. Pur nella sostanziale diversità di struttura e finalità, si tratta, in ogni caso, di enti pubblici trasformati nel tempo in enti di diritto privato con il fine di eliminare le rigidità organizzative connesse alla natura pubblica e rendere possibile l'acquisizione di risorse private in aggiunta a quelle statali. L’analisi dei bilanci ha tuttavia evidenziato nel complesso una ancora insufficiente quota di risorse proprie in un’ottica di autonomia ed indipendenza delle fondazioni che, pertanto, continuano a dipendere in gran parte delle contribuzioni pubbliche; risorse che per la fase recessiva che sta attraversando l’Italia, tendono a diminuire costantemente. Quanto infine al ricorso alla struttura societaria, l’attività del Ministero si concentra: nelle attività di promozione del cinema italiano attraverso la Società Cinecittà Luce S.p.A., confluita nella neo istituita Istituto Luce Cinecittà S.r.l.; nelle
  • 160. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 131 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 attività di promozione e sostegno finanziario di progetti e iniziative di investimento concernenti il restauro e il recupero di beni culturali affidate alla Società Arcus S.p.A. e nel miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio archeologico, artistico, architettonico, paesaggistico e archivistico affidato alla Società Ales S.p.A. In relazione alle Società di promozione del settore cinematografico, la Società Cinecittà luce S.p.A. è stata posta in liquidazione in attuazione del decreto-legge n. 98 del 2011 (convertito dalla legge n. 111 del 2011), che ha previsto la costituzione di una nuova Società a responsabilità limitata – l’Istituto Luce – Cinecittà S.r.l. – alla quale trasferire funzioni, attività e quindi risorse umane, strumentali e patrimoniali della preesistente Società, da individuare con decreto del MIBACT. La società è stata costituita nel novembre 2011 (con capitale sottoscritto e interamente versato dal MEF) mentre il citato decreto è stato pubblicato nell’agosto 2013. Tale ritardo ha comportato, nel 2012, una duplicazione di oneri conseguente alla contemporanea gestione delle due società. L’Istituto Luce Cinecittà S.r.l. (ex Cinecittà Luce S.p.A.) nasce come, società che distribuisce film, opere prime e seconde e cortometraggi sostenute dal Ministero, fa produzione documentaristica basata sul patrimonio filmico dell’Istituto Luce - la più grande raccolta di documenti audiovisivi della storia d’Italia - e svolge attività di conservazione e restauro di detto patrimonio filmico, fa infine promozione del cinema non solo nel Paese, ma anche all’estero. Possibili duplicazioni con le attività svolte dalle competenti Direzioni generali possono rinvenirsi nelle attività di supporto e complementari ai compiti espletati nel settore cinematografico dalla strutture ministeriali, che possono ricomprendersi nell’atto di indirizzo del Ministro contenente gli obiettivi strategici della società. In particolare, il riferimento è alla promozione del cinema italiano all’estero, alla gestione dei diritti filmici a qualunque titolo detenuti dallo Stato, nonché all’eventuale gestione, per conto del MIBACT, del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, e dell’annessa contabilità speciale. Di rilevo appaiono, infatti, in tale ambito le attività previste per il 2012 che, accanto alle azioni di promozione, prevedono una ampia serie di attività che vanno dalla gestione dei diritti di utilizzazione e sfruttamento delle opere cinematografiche sostenute dallo Stato (legge 9 marzo 2006 n.80) alla prestazione, a titolo oneroso, di servizi e competenze professionali nel settore cinematografico in favore di enti pubblici e privati; dal supporto agli operatori italiani ed europei per fornire una visione più chiara del settore e del consumo e per la ricerca di coproduttori esteri al fine della definizione dei piani finanziari di produzione alla organizzazione di incontri professionali ed attività di comunicazione sulle principali novità sul cinema e sull’audiovisivo, legate allo sviluppo industriale ed alle possibilità di crescita per imprese ed operatori1 . Quanto alla Società Arcus S.p.A. - costituita nel 2004 in attuazione della legge n. 291 del 2003, partecipata interamente dal MEF e vigilata dal MIBACT – si tratta di una società nata con lo scopo di promuovere e sostenere, sotto il profilo finanziario, tecnico- 1 Ulteriori attività riguardano: lo sviluppo di una funzione di coordinamento delle “Filmcommission” e delle altre forme di intervento determinate dagli enti locali, con l’obiettivo di razionalizzare e potenziare sul territorio l’offerta di servizi per il cinema e l’audiovisivo; la costituzione di una funzione di aggregazione di produttori indipendenti, al fine di assicurare l’offerta e la diffusione commerciale di film sulle nuove piattaforme internet e telefoniche; nuovo e maggiore impulso, con altri operatori nazionali ed europei del settore cinematografico e audiovisivo, all’utilizzo e allo sviluppo delle nuove tecnologie digitali ed all’applicazione di programmi di sostegno e di formazione professionale anche tramite accordi diretti con operatori italiani ed esteri, con le Regioni ed altri enti locali pubblici e privati.
  • 161. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 132 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo economico e organizzativo, progetti ed altre iniziative finalizzate alla realizzazione di interventi di restauro e recupero dei beni culturali ed altre azioni a favore delle attività culturali e dello spettacolo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni e degli enti locali, alla luce del Titolo V della Costituzione. La Società, della quale era stata prevista la liquidazione in attuazione dell’ art. 12, comma 24, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, è stata nuovamente ricostituita con recente art. 39, comma 1-ter, del DL 69/2013 ed è oggi retta da un Amministratore unico, nella persona del Presidente della Società. Per il perseguimento delle funzioni istituzionali la Società, fino al 2010 gestiva e reperiva i mezzi finanziari attraverso la contrazione di mutui nell’ambito delle risorse individuate ai sensi dell’art. 60, comma 4 della legge n. 289 del 2002, pari al 3 per cento degli stanziamenti iscritti nell’apposito capitolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti2 . L’attività concretamente posta in essere non era tuttavia quella di fungere da soggetto esecutore, ma da organismo chiamato a svolgere compiti di promozione e di sostegno di progetti ed iniziative di investimento, sia per il restauro ed il recupero dei beni culturali, sia per altri interventi a favore delle attività culturali e nel settore dello spettacolo. Più in particolare i compiti della società attengono alla selezione dei progetti degli interventi da ammettere a finanziamento al fine di definire il programma delle opere da approvare con decreto ministeriale. Possono, inoltre, essere affidati alla società, per conseguire obiettivi di maggiore economicità, efficienza ed efficacia del processo realizzativo degli interventi inclusi nel programma annuale, compiti e attività di sostegno, promozione, assistenza tecnica e finanziaria relativi alle diverse proposte ed iniziative ammesse al finanziamento, ferme restando le competenze delle Amministrazioni pubbliche in materia di progettazione ed esecuzione di opere, lavori pubblici, tutela, manutenzione e restauro di beni culturali. Appare pertanto palese la scelta di affidare ad una società esterna compiti di valutazione tecnica e di ripartizione di finanziamenti non dissimili da quelli di competenza della Direzione generale per l’organizzazione, gli affari generali, l’innovazione, il bilancio ed il personale; organo dotato di autonomia scientifica e personale idoneo, allo svolgimento dei compiti di assistenza tecnica e finanziaria. D’altra parte la decisione di porre in liquidazione la società si fondava proprio sulla incapacità di reperire ulteriori risorse sul mercato e sulla natura sostanzialmente pubblica dei nuovi organismi cui affidare compiti già propri della struttura ministeriale, con l’effetto di duplicare gli apparati amministrativi. In una logica di spending review resta pertanto un obiettivo essenziale quello di rendere effettivo un compiuto sistema di indicatori e di informative che dimostri il valore aggiunto creato dall’azione della Società e ne giustifichi la sua persistente validità. Il ricorso a società in house è infine limitato alla sola Società “Arte Lavoro e Servizi - Ales S.p.A.” della quale il MiBACT è titolare dell’intero azionariato. 2 Risorse queste non disponibili per l’esercizio 2011, ai sensi dell’art. 32, comma 16 del decreto-legge n. 98 del 2011, e sostituite dal 2012 con una quota parte (fino al 3 per cento), delle risorse del Fondo infrastrutture ferroviarie stradali, assegnata dal CIPE compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica. Alla luce delle citate disposizioni, la Società Arcus S.p.A. ha gestito nel 2012 soltanto le risorse relative alle programmazioni già approvate.
  • 162. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 133 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 La società è stata costituita, ai sensi della legge 196/1997 e del d.lgs. n. 468/1998, il 17.12.1998, con partecipazione azionaria del 30 per cento dal MIBACT e del 70 per cento da “Italia Lavoro S.p.A.”, con la missione di stabilizzare una parte degli addetti a lavori socialmente utili (LSU, oltre 400 unità) provenienti da alcune Società dismesse che avevano operato nel settore dei beni culturali nelle Regioni Lazio e Campania. Nel giugno del 2009 la legge n. 69 del 2009 (art. 26) ha attribuito l’intero pacchetto azionario di Ales S.p.A. al Ministero che, per il tramite della Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale, esercita i diritti dell’Azionista Unico nel confronti della Società in sede di assemblea e, in primo luogo, per l’approvazione del bilancio e di tutti gli atti di particolare rilevanza. Presso la Direzione Generale è stato, inoltre, istituito un “Comitato di controllo analogo”, che verifica preliminarmente gli atti di gestione di Ales S.p.A., rendendo la società, di conseguenza, dipendente sotto il profilo organizzativo rispetto all’Amministrazione controllante e vincolata nell’attività di gestione ordinaria e straordinaria alle prescrizioni del Ministero. Dalla sua istituzione Ales svolge servizi strumentali in favore del Ministero, assicurando, in primo luogo, la manutenzione ad alcuni monumenti e musei e aree archeologiche della Campania e del Lazio e un supporto significativo ai servizi di vigilanza presenti negli stessi spazi espositivi. Sempre per l’espletamento di servizi strumentali in favore del Ministero, Ales opera, con personale ex LSU, anche in Abruzzo, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise, Umbria, Sardegna, Toscana, Lombardia. Nell’esercizio 2012 la società ha portato a termine la fase di integrazione di ulteriori servizi precedentemente affidati dal MIBACT a società esterne per un totale di circa 300 risorse umane aggiuntive su tutto il territorio nazionale, nonché allo sviluppo di nuovi progetti, previsti nel piano industriale, tesi a generare ricavi per l’azienda dal mercato privatistico per i quali si è registrata nel 2012 una sostanziale stasi delle iniziative. Nella stessa direzione la società ha comunque incrementato il numero di contratti e convenzioni relativi a nuovi servizi con alcuni degli istituti del MIBACT dotati di autonomia amministrativa in due specifiche aree di interesse: le attività di supporto tecnico-amministrativo e le attività tecnico-specialistiche per biblioteche e archivi. Ulteriori ricavi provengono nel 2012 da un contratto concernente attività necessarie alla redazione di un progetto esecutivo propedeutico all’affidamento della licenza d’uso del marchio MBACT per attività di merchandising museale, nonché da un progetto formativo dedicato agli addetti di sorveglianza della Provincia di Roma. L’oggetto sociale, limitato al momento della costituzione a servizi nel settore dei beni culturali prioritariamente diretti ad attività di manutenzione e pulizia, è stato pertanto integrato ed ampliato notevolmente, in linea con le modifiche statutarie del 22 gennaio 2010, estendendosi alla ricerca di sponsor, ad attività di supporto alle funzioni del Ministero, a nuovi segmenti di mercato (gestione del marchio e diritti di immagine, pubblicità e promozione di eventi culturali, editoria, riproduzione e commercializzazione di prodotti editoriali propri, supporto all’URP e all’utenza interna del MIBACT). Uno specifico ricorso all’Ales S.p.A. si rinviene anche nel decreto-legge n. 34 del 2011 che prevede, nell’ambito del programma straordinario ed urgente di interventi da realizzarsi nell’area archeologica di Pompei, la possibilità di avvalersi della società per l’espletamento diretto di servizi tecnici.
  • 163. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 134 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Tale evoluzione rispecchia la gestione economica della Società nel cui ambito cresce il valore della produzione riferito a ricavi per prestazioni di servizi fornite al Ministero che supera nel 2012 i 23,2 milioni (14 milioni nel 2011) cui corrisponde un aumento anche dei costi della produzione direttamente correlata all’integrazione dei nuovi servizi e, in gran parte ascrivibile alle spese per il personale. Anche in tal caso in un’ottica di spending review, l’ampio spettro delle attività affidate alla Società, va valutato, da un lato, alla luce delle specifiche competenze in servizio presso il ministero per le attività di supporto tecnico-amministrativo e, dall’altro, in relazione alla possibile sovrapposizione con le competenze affidate agli organi ministeriali 3 e soprattutto alle regioni e agli enti locali in materia di promozione e servizi al pubblico. IL SETTORE DELL’AGRICOLTURA: PRIME RIFLESSIONI SU ORGANIZZAZIONE E COSTI 8. L’analisi, analogamente al settore della cultura, si è concentrata prendendo in considerazione gli organismi censiti dall’Istat nel settore delle amministrazioni centrali (S 1311) appartenenti, in relazione alla composizione della spesa, alla categoria funzionale COFOG “Agricoltura”; tale ricognizione è stata successivamente integrata attraverso quanto rilevato al 30 aprile 2014 in relazione alla ricognizione effettuata e resa pubblica dall’Amministrazione nella parte del sito istituzionale dedicato alla “trasparenza”. Si tratta del Ministero delle politiche agricole e forestali e di 17 unità ricadenti nell’ambito delle Amministrazioni pubbliche centrali, mentre le rimanenti 8 si collocano all’esterno della pubblica amministrazione. Fra le unità esterne, si riscontrano 3 società per azioni, 1 società a responsabilità limitata, 1 consorzio obbligatorio, 1 ente pubblico economico (ISMEA), 1 ente pubblico non economico (EIPLI) ed 1 Istituto zootecnico. L’INRAN compare tra gli enti esterni alla PA in quanto non presente nell’ultima lista S13 pubblicata in GU dall’Istat, riferita all’anno 2013, perché confluito nel Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione In Agricoltura (C.R.A.), ma risulta ancora presente nella lista degli enti vigilati dal ministeri come risulta nella ricognizione effettuata ai sensi dell’art. 22 del DL 33 del 2013. Un quadro sinottico dei 25 enti e della loro collocazione viene fornito nella tavola seguente. 3 Con riferimento agli organi ministeriali si fa riferimento alla Direzione generale per la valorizzazione del Patrimonio Culturale (istituita proprio con lo scopo di dare maggiore incisività nella promozione e nello sviluppo di questo settore al fine di garantire una maggiore conoscibilità e fruibilità dei beni culturali), che tuttavia svolge essenzialmente attività di coordinamento, e alle le Direzioni regionali alcune delle quali finiscono per svolgere attività sostanzialmente nel settore della tutela.
  • 164. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 135 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 6 L’“AGRICOLTURA” NELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE: LA LISTA DI ENTI E SOCIETÀ Denominazione Amministrazione centrale Enti e Società vigilate extra PA Totale complessivo Stato Enti Enti Società Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 1 1 Agenzia di Pollenzo S.p.a. 1 1 Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA 1 1 Buonitalia S.p.a. (in liquidazione) 1 1 C.R.A. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura 1 1 Consorzio Infomercati 1 1 EIPLI - Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia 1 1 Ente nazionale risi 1 1 INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione 1 1 ISA S.p.a.- Istituto per lo sviluppo agroalimentare spa 1 1 ISMEA - Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare 1 1 Istituto Agronomico per l'oltremare 1 1 Istituto nazionale di economia agraria - INEA 1 1 Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale del piemonte liguria e valle d'aosta 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale della lombardia e dell' emilia romagna 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale della puglia e della basilicata 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna "G.Pegreffi" 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale della sicilia"Adelmo Mirri" 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise "G.Caporale" 1 1 Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie 1 1 istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche 1 1 UNIRELAB S.r.l. - Servizi di diagnostica di laboratori per l'industria ippica 1 1 Totale 1 16 4 4 25 Si considerano qui i soli organismi riferibili alla sfera di competenza del Ministero delle politiche agricole dei quali si dà una descrizione sintetica delle attività e delle funzioni svolte, nei suoi riflessi con le competenze assegnate alla struttura
  • 165. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 136 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo ministeriale4 . Tali enti sono comunque rilevanti ai fini delle valutazioni di carattere organizzativo finalizzate ad evidenziare eventuali elementi di sovrapposizione funzionale. Un ruolo di particolare rilievo viene svolto dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), sia per le competenze derivanti dalla normativa comunitaria che per quelle di origine più strettamente nazionale. Esso è infatti il principale ente responsabile per l’attuazione degli indirizzi della Politica agricola comune (PAC), nonché il soggetto cui è delegato il coordinamento, il controllo ed il pagamento dei finanziamenti europei erogati tramite il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) ed il Fondo europeo per lo sviluppo rurale (FEASR). Più limitate appaiono le attività disciplinate da leggi nazionali o da specifiche convenzioni internazionali, riguardanti - rispettivamente - il sostegno contingente a particolari mercati dei prodotti agricoli ed agroalimentari e la gestione degli aiuti alimentari ai paesi in via di sviluppo dovuti alla Convenzione di Londra5 . Limitatamente al settore risicolo, l’Ente nazionale risi (ENR) svolge - in parte - funzioni analoghe a quelle attribuite ad AGEA per gli altri settori della produzione agricola. Infatti, esso è organismo di intervento della Commissione europea per l’attuazione della PAC, nonché organismo pagatore degli aiuti comunitari FEAGA. Accanto a queste funzioni, l’ente affianca importanti attività di sostegno economico e produttivo della produzione risicola derivanti dalla normativa nazionale. In particolare, il proprio Centro di ricerca e sperimentazione svolge un rilevante ruolo per il miglioramento delle varietà e dotazioni sementiere, messe poi a disposizione delle aziende della filiera. Considerata l’importanza della produzione risicola per l’agricoltura italiana (pari al 50 per cento della produzione europea) e viste le competenze tecniche dell’ente ed il suo grado di autonomia finanziaria, appare coerente l’esistenza di un ente separato, sia dall’AGEA che dagli altri centri di ricerca. Gli enti con funzioni di ricerca e sperimentazione facenti capo al Ministero delle politiche agricole hanno subìto, in anni recenti, un parziale processo di razionalizzazione. Nel 2010, l’Ente nazionale sementi elette (ENSE) è stato soppresso, le relative competenze e risorse sono state assorbite dall’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN). Nel 2012 l’INRAN è stato a sua volta soppresso e, nel 2013, esso è stato incorporato nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (C.R.A.). Attualmente, questo ente raggruppa dunque tutte le principali, attività di ricerca scientifica e sperimentazione operanti negli ambiti disciplinari 4 Non risultano vigilati dal ministero delle politiche agricole i seguenti organismi: L’Istituto agronomico per l’oltremare è un organismo tecnico-scientifico che principalmente elabora e cura l’attuazione di progetti di cooperazione internazionale per lo sviluppo dell’agricoltura nei paesi arretrati; esso è vigilato dal Ministero degli affari esteri. La rete degli Istituti zooprofilattici sperimentali è costituita da 10 sedi centrali (elencate sopra) e da un complesso di 90 sezioni diagnostiche periferiche ad essi afferenti. Agli istituti sono attribuite funzioni di sorveglianza della salute pubblica veterinaria ed anche della salubrità degli alimenti, svolgendo attività di sorveglianza epidemiologica, ricerca sperimentale, servizi di diagnostica di laboratorio, produzione di diagnostici e vaccini. Il Ministero della salute vigila sulle loro attività, rappresentando la principale fonte di finanziamento degli istituti, che possono contare anche sulle risorse aggiuntive eventualmente fornite dalle Regioni rientranti nel proprio ambito di competenza territoriale. La rete degli istituti occupa circa 2.500 dipendenti. Il Consorzio Infomercati è stato istituito dalla legge 421 del 1996, con il compito di realizzare un sistema di collegamento informatico e telematico dei mercati all’ingrosso di prodotti agro-alimentari presenti sul territorio nazionale, al fine di garantire la raccolta delle informazioni e la trasparenza nei processi di formazione dei prezzi. La legge istitutiva attribuisce al Consorzio anche il compito di assicurare il collegamento con gli organismi comunitari ed extra-comunitari per la raccolta di informazioni sugli andamenti degli analoghi mercati internazionali. Il Consorzio opera sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico. 5 In quest’ultima attività collabora con il Ministero degli affari esteri.
  • 166. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 137 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 collegati all’agricoltura, silvicoltura e pesca, fruendo della considerevole rete di laboratori ereditata con gli accorpamenti degli enti soppressi, suscettibile di una possibile razionalizzazione. Il numero complessivo dei dipendenti del C.R.A. è attualmente stimabile nell’ordine di grandezza delle 1.500 unità (vedasi più avanti, tavola 3). L’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) è sostanzialmente un ente di ricerca economica finalizzata all’elaborazione delle linee di politica agricola e forestale nazionale, e al supporto delle pubbliche amministrazioni nell’attuazione delle politiche agricole comunitarie. All’istituto è affidata anche la gestione della Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA), un progetto comunitario di rilevazione dati concernente i bilanci e le produzioni di un campione di aziende agricole. L’Istituto di servizi per il mercato agricolo ed alimentare (ISMEA) è un organismo assai composito, che unisce attività di analisi economico-finanziaria e produzione dati con funzioni specifiche di intermediazione finanziaria ed assicurativa, nonché di riordino fondiario e sviluppo dell’impresa agricola (tra cui la gestione degli incentivi del d.lgs. 185 del 2000 nel settore agricolo, affidati per i rimanenti settori ad Invitalia). I servizi informativi e di analisi dell’istituto presentano sia possibili margini di sovrapposizione sia possibili sviluppi di sinergie rispetto alle analoghe attività svolte dal Consorzio Infomercati e dall’INEA. D’altro canto, le funzioni di intermediazione finanziaria, ed in particolare le attività di prestazione di garanzie creditizie e quelle del “Fondo di investimento nel capitale di rischio”, si sovrappongono con le attività di ISA S.p.A., ovvero potrebbero essere svolte più economicamente in combinazione con queste. L’Istituto di sviluppo agroalimentare (ISA) è una società per azioni costituita nel 2005, il cui socio unico è il Ministero delle politiche agricole. Essa svolge funzioni di intermediazione finanziaria, essendo regolarmente iscritta all’elenco generale e speciale degli intermediari finanziari ex d.lgs. 85/1993. La ragione sociale dell’istituto viene individuata, dall’art. 10-ter della legge 80 del 2005, nella delega - da parte del Ministero controllante - delle funzioni di valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera del settore agro-alimentare. Oltre ai contratti di filiera, la società può provvedere ad operazioni di finanziamento - in regime di aiuto ovvero a condizioni di mercato - delle imprese operanti nel settore agricolo. Buonitalia è una società per azioni costituita nel 2003, e partecipata al 70 per cento dal Ministero delle politiche agricole, avente la finalità di promuovere il Made in Italy agroalimentare sui mercati esteri. Il DL 95/2012 ha soppresso la società, peraltro già in liquidazione, trasferendone le funzioni all’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ex ICE). La procedura di liquidazione è ancora in corso. Agenzia di Pollenzo è una società per azioni che annovera tra i propri soci il Ministero delle politiche agricole. Scopo della società è il restauro, la conservazione e la valorizzazione del complesso architettonico Carlo Albertino di Pollenzo, sede dell’Università degli studi di Scienze enogastronomiche. Unirelab è una società a responsabilità limitata di cui è socio unico il Ministero delle politiche agricole. Essa è stata costituita nel 2003 ed offre servizi di diagnostica di laboratorio per l’industria ippica. Lo statuto sociale concede alla società di svolgere ulteriori attività, diverse dalla mera diagnostica tossicologica, quali: gestione di aste di cavalli, centri ippici e sportivi, corsi di formazione, esecuzione di studi e ricerche sul cavallo, pubblicazioni, ecc. Si osservi, inoltre, che i controlli diagnostici effettuati dalla
  • 167. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 138 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo società in esame potrebbero rientrare in linea di massima anche nelle competenze degli Istituti zoo profilattici sperimentali. L’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (EIPLI), la cui competenza si riferisce alla realizzazione e gestione di opere per il miglioramento dell’approvvigionamento idrico in Puglia, Basilicata e Molise, è - allo stato attuale della normativa - in gestione commissariale non prorogabile oltre il 30 Settembre 2014. La procedura di liquidazione è iniziata nel 1979 e non è ancora terminata. 9. Le considerazioni avviate nel precedente paragrafo, a proposito del disegno organizzativo degli enti funzionalmente collegati al Ministero delle politiche agricole, devono essere integrate dall’esame dell’organizzazione del ministero in questione. Essa si articola in tre dipartimenti: Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale (DIPEISR), Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca (DIQPAI), Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della tutela della qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF). Tali dipartimenti sono organizzati in 7 direzioni generali e una rete territoriale degli uffici periferici e dei laboratori dell’ICQRF, per un complessivo di 59 uffici dirigenziali non generali, di cui 16 appartenenti alla rete ICQRF. Nel 2012, la dotazione organica del personale non dirigenziale consisteva di 721 unità. Va inoltre segnalato che, nel 2013 il ministero ha assorbito le risorse umane, strumentali e finanziarie della disciolta Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - Assi (ex UNIRE), il cui personale non dirigenziale è stimabile nell’ordine delle 170 unità. In via generale, dall’esame delle relative declaratorie si può rilevare che l’articolazione delle competenze delle varie direzioni ministeriali ricalca fedelmente il quadro delle funzioni ed attività attribuite al sistema degli enti strumentali. Sotto questo punto di vista, è da notare che a fronte di un organico complessivo ministeriale consistente di circa 950 unità, il sistema dei principali enti strumentali6 del Ministero delle politiche agricole totalizza un numero di dipendenti pari a circa 2.350 unità. Anche volendo escludere - in virtù della sua specifica natura - la funzione di ricerca e sperimentazione scientifica, si rimane in presenza di un apparato organizzativo esterno avente circa 820 dipendenti. Una valutazione specifica delle possibili sovrapposizioni tra ministero ed enti richiede sia la disponibilità di informazioni di dettaglio sulla ripartizione del personale fra gli uffici ministeriali, sia un attenta selezione, accorpamento e matching, delle competenze di tali uffici con quelli dei corrispondenti enti strumentali. Possono in questa sede effettuarsi solo prime valutazioni di carattere generale. In primo luogo, si può osservare che due delle direzioni generali più grandi del ministero, la Direzione per le politiche internazionali e l’Unione europea e la Direzione per lo sviluppo rurale - aventi una struttura organizzativa pari a 15 uffici dirigenziali non generali, vedono assegnate attività in parte analogamente svolte da AGEA ed ENR, due tra i maggiori enti strumentali del ministero, ed in parte anche attività di supporto svolte in materia da INEA ed ISMEA. Per quanto riguarda l’analisi della qualità degli alimenti, si riscontra l’esistenza - oltre che dei laboratori diagnostici della rete ministeriale ICQR - anche dei laboratori 6 Stima riguardante AGEA al netto delle società controllate, ENR, CRA, INEA, ISMEA - incluse le due società strumentali controllate - ed ISA. Circa le fonti dei dati, si veda il paragrafo 3.
  • 168. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 139 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 dell’ex INRAN, e di analoghe attività di diagnostica svolte anche dagli Istituti zoo profilattici, circostanza che suggerisce l’evidente esistenza di margini di razionalizzazione. 10. I rilievi di natura organizzativa, sin qui avanzati, possono trovare ulteriori elementi di approfondimento e valutazione mediante l’esposizione di alcuni dati economico-finanziari relativi agli enti strumentali vigilati dal Ministero delle politiche agricole. Tutti i dati sono stati tratti dalle ultime relazioni disponibili della Corte dei conti, ovvero dagli ultimi bilanci disponibili delle società interessate. Il prospetto seguente riporta i saldi finanziari (entrate meno uscite) per gli enti in contabilità finanziaria e il risultato economico (valore della produzione meno costo della produzione) per gli enti in contabilità economico-patrimoniale: GLI ENTI NELL’ “AGRICOLTURA”: SALDO FINANZIARIO E RISULTATO ECONOMICO (in milioni) Ente ed anno AvanzoDisavanzo finanziario AvanzoDisavanzo finanziario medio 7 Risultato economico PA AGEA (2011) -41,90 -44,83 20,30 CRA (2011) -1,74 12,93 1,70 INEA (2011) 6,43 0,95 -1,78 ENSE (2009) -0,34 0,23 -0,43 ENR (2012) n.d. n.d. -1,53 INRAN (2009) -3,50 1,05 -4,80 Non-PA ISA (2012) n.d. n.d. 3,04 ISMEA (2012) n.d. n.d. -23,38 Unirelab (2012) n.d. n.d. -0,93 L’anno si riferisce all’esercizio di bilancio considerato, mentre la media del saldo finanziario è relativa agli ultimi tre esercizi, ovvero agli ultimi due. Ad eccezione di AGEA, gli enti strumentali appartenenti alla PA sono caratterizzati da un saldo finanziario medio positivo. Nel caso di AGEA, l’ingente disavanzo finanziario di competenza è compensato da un risultato economico positivo, conseguenza di favorevoli operazioni di riaccertamento sia di residui passivi che attivi.8 Per quanto riguarda le società esterne alle pubbliche amministrazioni, valutiamo il risultato economico di ISA S.p.A. è valutato al netto del contributo che il Ministero delle politiche agricole eroga per la copertura della rata del mutuo contratto da RIBS con l’istituto San Paolo IMI - trasferito ad ISA al momento della sua costituzione. Si noti infatti che tale contributo al netto degli interessi viene registrato come ricavo nel conto economico, con un effetto positivo sul margine netto per un importo pari a 19,5 7 Laddove l’anno si riferisce all’esercizio di bilancio considerato, mentre la media del saldo finanziario è relativa agli ultimi tre esercizi, ovvero ultimi due7 , a partire da quello considerato; le caselle vuote indicano la non disponibilità del dato. 8 Determinazione della Sezione Enti della Corte dei conti n. 32 del 2013.
  • 169. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 140 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo milioni9 . Per quanto riguarda l’ISMEA10 , il cospicuo sbilancio economico è in buona misura, per poco meno di 20 milioni, dovuto al deficit della gestione dei servizi istituzionali connessi alla compravendita di terreni per la funzione di riordino fondiario. Per la restante parte esso è dovuto al complesso delle gestioni finanziarie ed assicurative. I dati relativi alle ‘spese della produzione’ e al personale degli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole sono riassunti nel prospetto seguente, laddove come ‘spese della produzione’ sono state considerate, per gli enti pubblici non economici della PA, le uscite totali da contabilità finanziaria al netto delle partite di giro, per gli altri enti (ENR, ISA, ISMEA, Unirelab), il costo della produzione; le stime del personale sono generalmente relative al personale in servizio, sia a tempo indeterminato che determinato. (in milioni) (unità) Ente ed anno di rilevazione Spese della produzione Personale PA AGEA (2011) 192,56 280 CRA (2011) 135,84 1.279 INEA (2011) 32,40 233 ENSE (2009) 10,52 115 ENR (2012) 8,84 84 INRAN (2009) 29,39 135 Non-PA ISA (2012) 8,46 38 ISMEA (2012) 146,54 142 Unirelab (2012) 4,65 43 Circa la consistenza del personale, dalla tavola si evince chiaramente la preponderanza degli enti di ricerca e sperimentazione riuniti nell’attuale conformazione del CRA (CRA, ENSE, INRAN). Alcune note conclusive sulle funzioni di intermediazione finanziaria e assicurativa svolte da ISA, ISMEA e dalle società da quest’ultima controllate: Società gestione fondi per l’agroalimentare (SGFA S.r.l.) e Investimenti per lo sviluppo (ISI S.r.l.). Per quanto riguarda ISA, la redditività al netto del contributo ministeriale era negativa nel 2010, ed è divenuta positiva nell’esercizio 2011 e 2012. Per quanto positiva, la redditività di questo intermediario finanziario è comunque trascurabile, essendo pari nel 2012 all’1 per cento del capitale investito. D’altro canto, può essere interessante procedere ad una valutazione complessiva dei costi della produzione delle varie attività di intermediazione bancaria ed assicurativa. Considerando ISA, SGFA, ISI e la gestione separata ISMEA del Fondo di riassicurazione, si ottiene un totale di costi di produzione pari ad oltre 41 milioni, la cui ripartizione è illustrata nel prospetto. 9 La relazione al bilancio, p. 43, esprime preoccupazione per il venir meno nel 2013 del rilevante impatto positivo sul conto economico. 10 Nel caso di ISMEA, il risultato economico tiene conto dei proventi netti derivanti dalle attività di intermediazione finanziaria ed assicurativa.
  • 170. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 141 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 (in milioni) Società Costi Fondo di riassicurazione 15,097 SGFA 17,143 ISI 0,901 ISA 8,46 Totale 41,601 I costi complessivi, sostenuti per lo svolgimento di funzioni non necessariamente tipiche per l’operatore pubblico, sono dunque piuttosto elevati e con una redditività netta complessiva (gestione ISA più gestioni ISMEA) pressoché nulla. LE SOCIETÀ STRUMENTALI DELLE AMMINISTRAZIONI CENTRALI Oggetto e ragioni dell’analisi 11. L’economia italiana è caratterizzata da un numero molto significativo di società partecipate da enti pubblici11 , con una presenza pubblica nell’economia decisamente rilevante. Il modello di riferimento è eterogeneo. Talvolta, si tratta di soggetti aventi forma e sostanza privatistica, che producono beni e servizi operanti in regime di mercato, anche di valore strategico. In altri casi, pur mantenendo veste formalmente privatistica, rappresentano modelli organizzativi di funzioni pubbliche, svolgono compiti e attività nel prevalente interesse del socio pubblico e sono assoggettate, secondo il paradigma comunitario, a particolari e penetranti regole di gestione e controllo. Il settore è interessato da una congerie di disposizioni speciali, che si intrecciano con la disciplina codicistica, e che sono volte, in linea di massima, alla razionalizzazione, all’efficientamento e alla riduzione dei costi (prevedendo vincoli più stringenti per le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione). Al di là degli aspetti di stretta codificazione, può dirsi in atto un’opera di sostanziale equiparazione delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni che ha determinato gli interventi normativi più recenti relativi all’estensione anche alle società partecipate delle procedure di mobilità del personale, degli obblighi in materia di trasparenza, dei tetti alle retribuzioni, dei tetti di spesa in materia di costi operativi. Il legislatore più recente appare orientato anche ad interventi di contenimento della spesa mirati a specifiche società12 . In un’ottica di revisione generale degli assetti operanti all’interno della cornice pubblica, finalizzata soprattutto alla razionalizzazione delle strutture ed al contenimento dei costi, non può non tenersi conto del vasto settore delle società partecipate dallo Stato, anche al fine di considerarne l’eventuale sovrapponibilità o duplicazione di 11 Diverse migliaia, se si considerano anche le società partecipate da Regioni, Province e Comuni. 12 Ad esempio, si vedano gli artt.16, comma 8 e 21 del DL 66/2014.
  • 171. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 142 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo funzioni esercitate rispetto a quelle tipiche dell’Amministrazione di riferimento, di altre società o di enti pubblici. Le privatizzazioni degli anni novanta, infatti, non hanno impedito il successivo processo di estensione del settore pubblico nell’economia, anche attraverso il ripetuto ricorso alla “societarizzazione” di funzioni amministrative, realizzata tramite la dilatazione del modello c.d. in house. Tali società potrebbero essere interessate da processi di razionalizzazione delle strutture. Si tratta, infatti, di funzioni tipiche delle Amministrazioni di controllo o vigilanti esercitate dalla società, nei confronti delle quali può effettivamente porsi un problema di duplicazione quando all’interno dell’Amministrazione permangano e continuino ad operare strutture al medesimo fine. La problematica risulta ancora più articolata in considerazione del fatto che la società, incrementando i costi, fa talvolta grande ricorso a collaborazioni esterne e incarichi di consulenza, non essendo assoggettata a limiti quantitativi, oppure si avvale di risorse umane minime, con un costo inferiore a quello della governance, o, al contrario, presenta un costo del personale che assorbe quasi per intero il costo della produzione. Un’esigenza di razionalizzazione può porsi anche con riguardo alle società che operano tutte nel medesimo settore, come avviene, ad esempio, nella valorizzazione e dismissione immobiliare, nel sostegno finanziario all’agricoltura o alle cooperative sociali. L’interdipendenza funzionale con il Ministero di riferimento è sempre molto marcata, e, talvolta, si è estrinsecata anche attraverso la comunanza della governance tra società ed ente di riferimento, rendendo di fatto nulla qualsiasi ipotetica separazione tra indirizzo e gestione. Indicati i principali valori economici dell’intero perimetro delle società statali, in questo capitolo ci si sofferma sulle caratteristiche delle sole società strumentali. LE SOCIETÀ PARTECIPATE DALLO STATO: RICOGNIZIONE E VALORI ECONOMICI COMPLESSIVI Le società partecipate dallo Stato considerate nella presente ricognizione sono quelle iscritte, come posta patrimoniale, nel Conto del Patrimonio. L’esercizio di riferimento è il 2012, l’ultimo del quale sono al momento disponibili bilanci societari approvati. Al 31 dicembre 2012 le società iscritte nel Conto del Patrimonio sono 4613 . Di queste, quattro sono inserite nel Conto consolidato delle Pubbliche amministrazioni (Arte Cultura Spettacolo Arcus S.p.A, Anas S.p.A, Coni servizi S.p.A. e Italia Lavoro S.p.A.), ricorrendo le caratteristiche richieste a tal fine dal SEC95, e quattro sono quotate nei mercati regolamentati (Ente nazionale idrocarburi Eni S.p.A., Finmeccanica S.p.A., STMicroelectronics S.p.A. e Enel S.p.A.). La ricognizione comprende anche quattro società cedute alla fine dell’esercizio 2012 (SACE S.p.A., SIMEST S.p.A. e Fintecna S.p.A. a Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., Ferrovie della Calabria S.r.l. alla Regione Calabria), per cui il bilancio 2012 è ancora riconducibile al socio pubblico, e quattro società in liquidazione (Isveimer, Lamfor, Cinecittà Luce e Buonitalia14 ). La situazione appare modificata nel 2013 anche per l’istituzione di due nuove società (Unirelab – ex Unire- e Inv.im.it. S.g.r.). L’impegno pubblico complessivo verso le suddette società, in termini di pagamento a 13 L’analisi non comprende Alitalia S.p.A. in amministrazione straordinaria ed il Centro Tipologico Nazionale, Società consortile non iscritta nel Conto del Patrimonio, di cui l’art.7 del DL 95/2012 ha disposto la messa in liquidazione. 14 Di Buonitalia spa, in liquidazione dal 2011, il d.m. 28 febbraio 2013 ha disposto il trasferimento di funzioni e risorse all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE).
  • 172. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 143 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 qualsiasi titolo erogato dai Ministeri, ammonta negli anni 2011-2012-2013, rispettivamente, a 30,55 miliardi, 26,11 miliardi e 25,93 miliardi. Al netto dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, dei redditi da lavoro dipendente e Irap, degli interessi e del rimborso sul debito pubblico e delle poste correttive e compensative, la spesa finale media del triennio è di 8,31 miliardi. Al netto delle società quotate, il patrimonio netto complessivo è di 72 miliardi, il valore della produzione è di 43 miliardi; il costo della produzione è di 40 miliardi. Sempre al netto delle quotate, le società hanno realizzato un utile di 4,3 miliardi ed una perdita complessiva di 302 milioni. Hanno un costo di personale di 8,2 miliardi, un’incidenza complessiva sul costo della produzione del 20,51 per cento ed un numero di addetti di 178.902 unità. Il costo complessivo dell’organo di amministrazione delle società ammonta a 21,6 milioni, di cui 3,5 attribuibili alla parte variabile riconosciuta al management. Le società partecipate dallo Stato, a loro volta, partecipano ad altre 526 società di secondo livello, con diverse quote di partecipazione: di queste, 60 sono partecipate al 100 per cento mentre per 425 la partecipazione è inferiore al 50 per cento. L’elenco di cui all’Allegato 2 fornisce il quadro di tutte le società iscritte nel Conto del Patrimonio 2012, evidenziando il Ministero socio, la quota di partecipazione, il Ministero vigilante, la norma istitutiva e, in sintesi, l’oggetto sociale, che è stato classificato per settore di intervento15 . Il peso finanziario e la dimensione economica del “mondo delle strumentali” 12. Il perimetro maggiormente sensibile a processi di razionalizzazione delle strutture è senz’altro quello relativo all’attività societaria svolta in posizione di strumentalità rispetto al Ministero di riferimento, che si manifesta quando alla società sono affidate funzioni istituzionali, espressione della missione tipica dell’amministrazione. All’interno della cornice societaria pubblica, come sopra descritta, le seguenti società possono, in termini generali, ritenersi strumentali: Invitalia , Consap, Coni Servizi, Consip, E.U.R. S.p.A., G.S.E., I.P.Z.S., Italia lavoro, Sicot, Sogei, Sogin, Arcus, Mefop, R.A.M., Sogesid, So.Se, Istituto luce-Cinecittà srl, Studiare sviluppo, C.F.I., So.Fi.Coop., I.S.A., Ales, Difesa Servizi. In Allegato 3 sono riportate le principali informazioni contabili per singola società. Le suddette società strumentali, a loro volta partecipano ad altre 286 società di secondo livello: di queste, 39 sono totalmente partecipate, 69 hanno una partecipazione superiore al 50 per cento e 178 hanno una partecipazione inferiore al 50 per cento. 15 Il settore di intervento è stato individuato in coerenza con la classificazione COFOG: 1Servizi generali delle PA: sei società partecipate dal MEF (Consip, I.P.Z.S., SICOT, SOGEI, SO.SE., Studiare Sviluppo). 2 Giustizia difesa e ordine pubblico: Difesa Servizi, partecipata dal Ministero della Difesa. 3 Affari economici commerciali e del lavoro: tredici società partecipate dal MEF (Invitalia, Cassa Depositi e Prestiti, Eur, Expo 2015, Fintecna, Italia Lavoro, Poste Italiane, Sace, STM, Finmeccanica, Fondo Italiano Investimento S.g.r., Isveimer, Lamfor) e tre partecipate dal Mise (So.fi. Coop, Simest, CFI). 4 Agricoltura: tre società partecipate dal MIPAFF (ISA, Agenzia di Pollenzo, Buonitalia). 5 Trasporti: quattro società partecipate dal MEF ( ANAS, Ferrovie dello Stato, RAM e ENAV) e tre dal Ministero Infrastrutture e trasporti (Ferrovie della Calabria, Ferrovie sud-est, Ferrovie Appulo-Lucane). 6 Combustibile ed energia: quattro società partecipate dal MEF (Enel, ENI; GSE, Sogin). 7 Ambiente e territorio: una società partecipata dal MEF (Sogesid). 9 Attività ricreativa: due società partecipate dal MEF (Coni Servizi e RAI). 10 Attività culturali: tre società partecipate dal MEF (Istituto Luce-Cinecittà Srl, Arcus, Cinecittà Luce) e una dal MIBACT (ALES). 12 Protezione sociale: due società partecipate dal MEF (Consap, Mefop).
  • 173. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 144 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Pur in presenza di eccezioni, il carattere saliente della strumentalità/funzionalità è rappresentato dalla dipendenza societaria dalla finanza pubblica. Le società strumentali, come sopra individuate, negli anni 2011, 2012 e 2013, hanno “pesato” sul bilancio dei Ministeri, in termini di pagamenti a qualsiasi titolo erogati, rispettivamente per 785,9 milioni, 844,61 milioni e 574,91 milioni (tavola 7). Si tratta di finanziamento dell’attività svolta in ragione di atti contrattuali o convenzionali, ovvero di apporto di capitale sociale, in caso di costituzione di nuove società (nel triennio di riferimento sono state costituite Difesa Servizi, Unirelab e Invimit s.g.r.). In termini generali, questo non esaurisce il peso finanziario riconducibile alle società strumentali, la cui attività conosce anche canali diversi di sostegno. Come evidenziato nel successivo paragrafo, le società che operano nel settore energetico, ad esempio, gravano su “oneri generali di sistema”, cioè su una quota delle bollette energetiche posta a carico della collettività. In ragione della loro strumentalità ad ampio spettro, Invitalia S.p.A., Consip S.p.A. e I.P.Z.S. S.p.A. ricevono pagamenti da diversi Ministeri, le altre ricevono pagamenti, in via di massima, soltanto dal Ministero vigilante. TAVOLA 7 LE SOCIETÀ STRUMENTALI: PAGAMENTI DAL BILANCIO DELLO STATO (in migliaia) Settore di intervento Numero società 2011 2012 2013 Servizi generali delle PA 6 477.820 626.715 460.470 Attività culturali 3 9.138 39.151 20.046 Protezione sociale 1 15.000 10.000 11.941 Giustizia difesa e ordine pubblico 1 1.000 30 95 Affari economici commerciali e del lavoro 4 159.295 80.827 66.592 Agricolutura 1 8.080 9.404 3.223 Trasporti 1 2.402 1.668 820 Combustibile ed energia 1 60.556 66.068 - Ambiente e territorio 1 52.605 10.749 11.724 Attività ricreativa 1 5 - - Totale complessivo 20 785.900 844.613 574.911 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS. Come risulta dalla tavola 8, le società strumentali valgono in termini di patrimonio netto 2,56 miliardi, con un valore della produzione di 16,4 ed un costo della produzione di 16,2 miliardi. Il dato complessivo è particolarmente inciso dal valore e dai costi della produzione di GSE, ampiamente superiori al miliardo. L’utile complessivo ammonta a 160,38 milioni che, rispetto al 2011, cresce del 2,2 per cento, mentre le perdite ammontano a 1,1 milioni, interamente attribuibili alla perdita di So.Fi.Coop. Il decremento nel settore Attività culturali e Combustibile ed energia è attribuibile rispettivamente al minore utile di Arcus e Sogin.
  • 174. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 145 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 8 LE SOCIETÀ STRUMENTALI: INDICATORI DI BILANCIO (in migliaia) Settore di intervento Numero società Patrimonio netto Valore produzione Costo produzione Utile Utile 2011 Perdita Perdita 2011 Servizi generali delle PA 6 843.781 985.891 868.099 105.584 99.918 Attività culturali 3 18.226 35.246 33.401 1.626 2.030 1 Protezione sociale 2 133.241 26.147 28.106 3.123 2.592 Giustizia difesa e ordine pubblico 1 1.334 5.120 4.669 303 30 Affari economici commerciali e del lavoro 5 938.178 153.697 139.983 7.270 9.554 1.101 4.184 Agricoltura 1 336.464 32.059 8.428 15.243 15.024 Trasporti 1 2.334 1.921 1.749 105 49 Combustibile ed energia 2 185.382 15.005.978 14.997.253 23.429 24.666 Ambiente e territorio 1 57.313 23.183 23.175 610 181 Attività ricreativa 1 46.046 135.533 141.307 3.092 2.813 Totale complessivo 23 2.562.298 16.404.776 16.246.171 160.386 156.856 1.101 4.185 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS. Il costo del personale ammonta a 513,97 milioni con un complessivo numero di addetti di 9.606 unità, di cui 335 dirigenti. La spesa per retribuzione annua, calcolata come salario al netto degli oneri contributivi, ammonta a 421,56 milioni. Dalla seguente classificazione, che evidenzia la ripartizione degli addetti per settore di intervento, emerge l’elevato numero di addetti di GSE (579) e SOGIN (824), rilevati nel settore combustibile ed energia, di Coni Servizi (677) nel settore attività ricreativa, di IPZS (1786) e di SOGEI (1784) rilevati nel settore servizi generali. TAVOLA 9 LE SOCIETÀ STRUMENTALI: CONSISTENZA E COSTO DEL PERSONALE (in migliaia) Settore di intervento Numero società Totale Addetti medi Totale personale al 31 dicembre di cui Dirigente Retribuzione annua Costo del personale Servizi generali delle PA 6 4.070 4.318 139 207.465 285.753 Attività culturali 3 553 581 5 13.123 18.574 Protezione sociale 2 184 226 9 10.686 14.934 Giustizia difesa e ordine pubblico 1 17 17 - 135 159 Affari economici commerciali e del lavoro 5 1.419 2.199 100 75.785 39.716 Agricoltura 1 40 39 5 3.208 5.569 Trasporti 1 16 16 1 554 366 Combustibile ed energia 2 1.314 1.403 30 72.972 94.828 Ambiente e territorio 1 125 130 13 5.274 8.720 Attività ricreativa 1 814 677 33 32.367 45.356 Totale complessivo 23 8.551 9.606 335 421.569 513.976 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS.
  • 175. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 146 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo L’incidenza complessiva del costo del personale sul costo della produzione è del 3,16 per cento, ma il dato è particolarmente influenzato dal basso valore riscontrabile in GSE, che ha un costo della produzione molto elevato (14,8 miliardi a fronte di 34,3 milioni di costo del personale e 579 unità), e in Difesa Servizi, che al contrario, con un organico di sole due unità a tempo determinato, ha un costo del personale irrisorio rispetto al costo della produzione (159.000 euro a fronte di un costo della produzione di 4,7 milioni). Negli altri settori, infatti, l’incidenza supera mediamente il 30 per cento. Il rapporto superiore al 65 per cento si riscontra nel settore dell’agricoltura, con ISA che presenta un valore del 66 per cento per 39 addetti. Anche il settore delle attività culturali e della protezione sociale presenta un rapporto elevato, per l’elevato valore riscontrabile in Ales (81,6 per cento con 574 unità), in Consap (53,24 per cento per 211 unità) e in Mefop (51,80 per cento per 15 unità). Nel settore dei servizi generali, Sicot presenta un rapporto dell’81,6 per cento con un numero di addetti di 15 unità e So.Se ha un’incidenza del 58,70 per cento con 178 unità. I compensi dell’organo di amministrazione attengono a componenti fisse (previste all’atto della nomina o dall’assemblea per i componenti del consiglio d’amministrazione, ex comma 1 dell’art. 2389 c.c.) ed a componenti variabili (previste per gli amministratori investiti di particolari cariche, ex comma 3 dell’art. 2389 c.c.) correlate al raggiungimento di obiettivi annuali e/o di lungo periodo (long term incentive). Ove sussista un rapporto di dipendenza, la remunerazione assume carattere retributivo e si compone, sempre, di una parte fissa e una variabile, correlata alla performance. Il costo dell’organo di amministrazione delle società partecipate da amministrazioni pubbliche è uno degli elementi che la legge assoggetta ad obbligo di trasparenza, tramite pubblicazione sul sito e aggiornamento annuale (art. 22 del d.lgs. 33/2013). Poiché soltanto il sito del MEF dà conto del compenso dell’organo di amministrazione distinto per le singole voci che lo compongono (specificazione non espressamente richiesta dalla norma), nei confronti delle società partecipate dal MEF è stato possibile rilevare che la componente variabile (indicata entro un range min/max), ove prevista per l’Amministratore delegato e per il Presidente, è stata corrisposta nel 2012 sempre integralmente. Appare necessario, al riguardo, che la parte variabile dei compensi erogati al management sia correlata al raggiungimento di specifici risultati, certi e misurabili in quanto la performance realizzata (ove condizioni l’erogazione di remunerazione variabile) può non essere un elemento esaustivo. Infatti, ad esempio, una società in perdita può essere costretta da vincoli economici di servizio, così come una società in utile può vivere in regime di monopolio o essere fortemente sussidiata. Il costo complessivo dell’organo di amministrazione delle società strumentali ammonta a 9,22 milioni (di cui 1,56 milioni attribuibili a parte variabile delle società detenute dal MEF). L’incidenza sul costo della produzione complessivamente è poco significativa, ma rilevante in alcuni specifici casi. Le seguenti società si collocano in un range che va dal 4 al 18 per cento: Invitalia, Mefop, Ram, So.Fi.Coop., Isa, Difesa servizi.
  • 176. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 147 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 TAVOLA 10 LE SOCIETÀ STRUMENTALI: LA GOVERNANCE (in migliaia) Settore di intervento Numero società Costo del personale Costo della Governance di cui parte variabile Costo del personale/Costo della produzione Costo della governance/Costo della produzione Servizi generali delle PA 6 285.753 2.652 642 32,92 0,31 Attività culturali 3 18.574 474 55,61 1,42 Protezione sociale 2 14.934 818 110 53,13 2,91 Giustizia difesa e ordine pubblico 1 159 260 3,41 5,57 Affari economici commerciali e del lavoro 5 39.716 2.245 404 28,37 1,60 Agricoltura 1 5.569 339 66,08 4,02 Trasporti 1 366 319 60 20,95 18,22 Combustibile ed energia 2 94.828 1.119 191 0,63 0,01 Ambiente e territorio 1 8.720 412 69 37,63 1,78 Attività ricreativa 1 45.356 583 120 32,10 0,41 Totale complessivo 23 513.976 9.220 1.596 3,16 0,06 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS. Il totale dei crediti delle società strumentali ammonta a 5,38 milioni a fronte di debiti di 5,87 milioni. Il dato complessivo è fortemente inciso dai valori di GSE, che ha crediti superiori a 3,4 miliardi e debiti di poco inferiori. La voce dei crediti più significativa è verso clienti per componente A3 (1,09 miliardi) e per Cassa conguaglio settore elettrico (1,58 miliardi). La componente dei debiti più significativa è verso fornitori (2,95 miliardi), attribuibile principalmente ad erogazione contributi su impianti fotovoltaici. Le seguenti società presentano una massa di crediti maggiore di quella dei debiti: Consip, GSE, Sose, Istituto Luce-Cinecittà, CFI, SO.FI.Coop., ISA. Delle altre società, i cui debiti superano i crediti, quella che ha il divario più grande è Studiare Sviluppo, con 51 milioni di debito e 1,5 milioni di credito. In altri casi il valore dei debiti arriva a triplicare quello dei crediti, come in Invitalia, Coni Servizi, EUR S.p.A., Sogin, RAM. Come dalla tavola seguente, ai debiti qui rilevati, è stato possibile rapportare la quota di debito verso fornitori, pari a 3,38 miliardi, con un’incidenza complessiva del 57,7 per cento sul totale dei debiti. TAVOLA 11 LE SOCIETÀ STRUMENTALI: DEBITI E CREDITI (in migliaia) Settore di intervento Numero società Debiti di cui verso fornitori Crediti Servizi generali delle PA 6 1.127.079 248.012 988.275 Attività culturali 3 227.971 4.285 12.528 Protezione sociale 2 20.812 1.400 9.135 Giustizia difesa e ordine pubblico 1 6.022 3.169 Affari economici commerciali e del lavoro 5 552.526 80.910 373.617 Agricoltura 1 - 373.202 Trasporti 1 1.903 75 580 Combustibile ed energia 2 3.687.610 3.009.628 3.542.291 Ambiente e territorio 1 71.940 6.483 27.929 Attività ricreativa 1 174.394 36.995 57.881 Totale complessivo 23 5.870.257 3.387.788 5.388.608 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS.
  • 177. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 148 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Alcune osservazioni sul ruolo e caratteristiche delle società strumentali 13. Nell’area dei servizi di interesse generale, le società operano in molteplici ambiti: assicurativo, militare, culturale, energetico, tecnologico, finanziario, sviluppo territoriale, postale, infrastrutturale, trasportistico, previdenziale, ecc.. Alcune società operano nei settori riconducibili ad attività connotate dai caratteri del servizio pubblico (poste, telecomunicazioni, trasporti, energia). Le società oggetto della presente analisi svolgono le proprie funzioni in posizione strumentale rispetto all’amministrazione azionista o vigilante e la conformazione che assume prevalentemente l’attività è quella di commessa di consulenza nei settori di riferimento, pur se svolta in contesti differenti e con caratteristiche peculiari. La nota comune è quella di operare, normalmente, in forza di affidamenti diretti (tramite convenzioni, concessioni, contratti, ecc.) da parte dell’azionista o di differenti pubbliche amministrazioni. Alcune società, infatti, ricevono commesse tramite affidamenti diretti, anche da parte di amministrazioni diverse dall’azionista e dal Ministero vigilante o da quello che esercita l’indirizzo e coordinamento, e ciò in ragione della strumentalità nei confronti di più amministrazioni dell’attività svolta. Si verifica questo nel campo, ad esempio, della promozione dello sviluppo (Invitalia S.p.A.) e nel settore dell’acquisto di beni e servizi (Consip S.p.A.)16 . Altre società operano, invece, senza un atto di conferimento di natura contrattuale, bensì in ragione di una previsione normativa attributiva di specifici compiti e finalità. Ai sensi di quanto previsto dalla legge 49/1985, nell’ambito del sostegno alle cooperative di produzione e lavoro e alle cooperative sociali, infatti, sono state costituite le società CFI, soc. cooperativa, e la So.Fi.Coop, cooperativa, società controllate dal MISE, assoggettate al sistema contabile delle banche e degli enti finanziari previsto dal d.lgs. 87/1992. Si tratta di società che svolgono attività tra loro similari che potrebbero essere oggetto di analisi, in un’ottica di razionalizzazione, anche considerando che i complessivi interventi di finanziamento operati da CFI sono stati tre nel 2010, tredici nel 2011 e sei nei primi mesi del 2012, mentre quelli di So.Fi.Coop. sono stati nove da gennaio 2011 ad aprile 201217 . In alcuni casi, il rapporto strumentale si realizza nei confronti di un soggetto non solo diverso dal socio ma anche estraneo all’area Ministeri, come avviene con riguardo alla Coni Servizi S.p.A., che esercita attività di gestione dell’ente Coni, in conformità con le deliberazioni e gli indirizzi dello stesso. La coincidenza dei titolari delle cariche di presidente e segretario generale dell’ente CONI, rispettivamente, con quelle di presidente e amministratore delegato della società, invero protratta dal 2002 fino ad epoca recentissima (2013), ha da sempre evidenziato una stretta interdipendenza dell’attività tra la società e l’ente CONI, che ha negato di fatto qualsiasi separazione di compiti tra i due soggetti18 (la distinzione tra indirizzo esercitato dall’ente CONI e 16 Si tratta di un modello organizzativo consolidato nel tempo, che pure potrebbe essere messo in discussione alla luce di recenti pronunce sfavorevoli all’affidamento diretto in casi che potrebbero apparire simili. Infatti, con la sentenza 8 maggio 2014 C-15/13 la Corte di Giustizia ha ritenuto che non possa ammettersi affidamento diretto di servizio tra un’amministrazione aggiudicatrice e società aggiudicataria in house di un’altra amministrazione aggiudicatrice, quando non ci sia alcuna relazione di controllo tra le due, cioè quando l’amministrazione aggiudicatrice non detiene quote del capitale sociale né ha propri rappresentanti all’interno degli organi direttivi societari. 17 Relazione 2011 al Ministero della società 18 Determinazione 113 /2013 della Corte dei conti – Sezione controllo enti.
  • 178. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 149 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 gestione esercitata dalla società ha costituito la ragione della creazione della società stessa), facendo dubitare della reale necessità dello scorporo societario dall’ente. All’interdipendenza funzionale si affianca la derivazione finanziaria della società rispetto all’ente, attestata anche dall’inserimento di CONI Servizi nel Conto consolidato delle pubbliche amministrazioni. Tale profilo è condiviso con Arcus S.p.A. e Italia lavoro S.p.A. (oltre che con Anas S.p.A.19 ), tutte società per cui ricorrono le caratteristiche richieste dal SEC’95 per la configurazione di unità istituzionali e che trovano nella finanza pubblica la principale, se non unica, fonte di sostegno. Non sempre le società svolgono l’attività per cui sono state costituite utilizzando risorse umane interne. Ad esempio, la R.A.M. S.p.A., società detenuta dal MEF ma in house del MIT, costituita per la promozione e il sostegno all'attuazione del sistema integrato di servizi di trasporto denominato “Programma Autostrade del Mare” previsto nel Piano generale trasporti, ha un organico di quattro dipendenti, composto da un dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e tre a tempo determinato, cui però si aggiungono 12 collaboratori esterni con contratto di lavoro a progetto. Nel 2012 il costo delle collaborazioni esterne, comprensivo degli oneri sociali, è stato di 369.256 euro, mentre quello per retribuzione del personale, sempre comprensivo degli oneri sociali, è stato di 347.558 euro20 . La Società si avvale delle professionalità richieste, di volta in volta, dalle specifiche esigenze funzionali e dagli obiettivi dettati dalle direttive ministeriali, senza assumere costi fissi. Va, peraltro, rilevato che i pagamenti ricevuti, oltre che a titolo di contributi alla società, attengono prevalentemente alla gestione operativa degli incentivi per la formazione professionale nel settore dell’autotrasporto ed all’espletamento dell’attività di istruttoria per la gestione operativa dell’incentivo “Ferrobonus”, destinato alle imprese utenti di servizi di trasporto ferroviario che abbiano commissionato servizi di trasporto combinato e/o trasbordato con treni completi sul territorio nazionale. Per lo svolgimento di tale attività opera anche una specifica Direzione generale presso il Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del MIT. La coesistenza delle due strutture potrebbe, quindi, essere riconsiderata, in un’ottica di razionalizzazione. La scelta operativa di avvalersi in misura relativamente importante di risorse esterne è stata adottata anche da Difesa Servizi S.p.A., società detenuta e in house del Ministero della Difesa, strumentale al Ministero stesso, che ha per oggetto la gestione economica di beni e servizi derivanti dalle attività istituzionali del Dicastero, che non siano direttamente correlate con le attività operative delle Forze armate21 . La società opera con un organico composto da due dipendenti a tempo determinato e da personale distaccato dalle Forze Armate, con un costo complessivo per salari e stipendi nel 2012 di circa 135.000 euro ed un costo per prestazioni professionali di 105.000 euro. Al riguardo, andrebbe forse riconsiderata la necessarietà di una struttura societaria che svolge un’attività cui sono dedicate risorse umane in misura minima, il cui costo complessivo è inferiore al costo della governance (260.000 euro). 19 In forza di quanto previsto dall’art. 25 del DL 69/2013, nella riorganizzazione dell’Anas spa, avvenuta in forza dell’art. 36 del DL 98/2011, è stata esclusa la sua qualificazione di organismo in house del MEF e del MIT, come originariamente disposto. Se questo prelude ad una apertura della società al mercato (Determinazione 21/2014 Sez. controllo enti), è verosimile che il suo inserimento all’interno del Conto consolidato delle PPAA sia in futuro da riconsiderare. 20 Nota integrativa al bilancio 2012. 21 Come risulta dalla Nota integrativa al bilancio 2012, pag.13, nel 2012 l’attività ha riguardato lo sviluppo del servizio di meteorologia, promozione dei marchi, installazione pannelli fotovoltaici su caserme e terreni, pubblicistica, servizio di tesoreria delle strutture sanitarie Celio e IML.
  • 179. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 150 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Un’altra società che, per lo svolgimento dell’oggetto sociale, utilizza in misura significativa personale a tempo determinato e incarichi di prestazione professionale è la Società per la gestione impianti idrici- Sogesid S.p.A., società detenuta dal MEF e in house del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La società svolge attività tecnico-strumentali alle esigenze, finalità e competenze del Ministero stesso, con uno spettro di azione che abbraccia le principali missioni istituzionali di esso. In mancanza di un ruolo tecnico interno al Ministero, una rilevante quota di personale, sia dipendente sia con contratto a termine della società Sogesid, svolge funzioni di diretto supporto tecnico all’attività del Ministero dell’ambiente, in base ad apposite convenzioni, e presta di fatto la sua opera presso gli uffici del Ministero stesso, con costi formalmente sostenuti dalla società ma addebitati ad esso22 . La società, inoltre, fa ampio ricorso ad incarichi di prestazione professionale. In un’ottica di razionalizzazione delle strutture, opportuna sarebbe una considerazione attenta delle attività e delle risorse umane rispettivamente utilizzate dalla società e dal Ministero, anche tenuto conto che la società sopporta un costo per prestazioni professionali di 11,2 milioni, che si aggiunge al costo del personale di 8,7 milioni23. E ciò, come rilevato già dalla Corte24 , anche per evitare che l’attuazione delle convenzioni tra la società e il Ministero dell’ambiente possa costituire il mezzo per eludere i vincoli all’assunzione di personale e costituisca l’occasione per procedere al conferimento di incarichi per prestazioni di servizi. In altre società, all’opposto, la dotazione di risorse umane proprie assume un rilievo decisamente significativo, anche avuto riguardo al totale dei costi della produzione. Questo è tipico nel settore dei trasporti ferroviari, mentre, al contrario, non è ovvio che si riscontri, ad esempio, nel settore della gestione e valorizzazione dei beni culturali, dove Ales S.p.A., società detenuta e in house del MIBACT, presenta un rapporto tra costo del personale e totale dei costi dell’82 per cento. Il motivo, invero, sembrerebbe da ricercarsi nella ragione che ha determinato la costituzione della Società nel 2008, cioè la scelta di dare occupazione a lavoratori socialmente utili di alcune società dismesse partecipate nelle Regioni Lazio e Campania. L’oggetto sociale, infatti, era inizialmente limitato a servizi nel settore dei beni culturali prioritariamente diretti alla manutenzione e pulizia, e poi è stato integrato con l’attività di supporto alle funzioni del Ministero. La logica assistenzialistica è stata la ragione della costituzione anche di altre società derivanti da imprese private in difficoltà. Italia Lavoro S.p.A. è stata istituita nel 1997 come scorporo di compiti in materia di politiche attive del lavoro già svolti dalla GEPI S.p.A., poi Itainvest S.p.A., confluita in Sviluppo Italia, ora Invitalia. Pur essendo società che hanno attivato processi di ristrutturazione (Agenzia nazionale per 22 Nota integrativa al bilancio 2012 pag.67. 23 Nota integrativa al bilancio 2012 pag. 66. 24 Determinazione 11/2013 del 26 febbraio 2013 della Corte dei conti - Sezione del controllo sugli enti - sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della SOGESID S.p.A. per l’esercizio 2011: “…occorre evitare che le convenzioni di cui trattasi finiscano per costituire, in proiezione futura, un anomalo fattore di aggravamento dei costi del personale della Sogesid dovuto ad attuali carenze di risorse umane del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare e del Territorio. Tale rischio può assumere concretezza e attualità qualora venga confermata la giurisprudenza del Giudice del lavoro che recentemente, nell’ambito di vertenze instaurate da persone assunte dalla SOGESID S.p.a. con contratto a tempo determinato, ha affermato l’illegittimità delle clausole di apposizione del termine che facevano riferimento alla durata della convenzione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sotto altro profilo occorre, altresì , evitare che l’attuazione di simili convenzioni tra il Ministero della tutela del territorio e del mare finisca per costituire il mezzo per eludere i vincoli all’assunzione di personale e le limitazioni e le condizioni per il conferimento di incarichi per prestazioni di servizi…”
  • 180. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 151 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. - Invitalia) e razionalizzazione, anche attraverso dismissioni societarie (Italia Lavoro S.p.A.), è comunque necessario escludere che sia l’originaria logica assistenzialistica a condizionarne lo sviluppo e a rimanere la ragione societaria prevalente. La remunerazione dell’attività svolta dalle società è prevalentemente prevista negli atti esecutivi degli atti convenzionali, e posta carico delle Amministrazioni affidanti. Talvolta, però, il corrispettivo non costituisce onere delle amministrazioni, bensì grava sulla collettività per importi anche decisamente ingenti. Le società che operano, infatti, nel settore energetico trovano copertura dei costi sostenuti per l’espletamento della loro attività in componenti tariffarie che rappresentano “oneri generali di sistema”, che di fatto si risolvono in un prelievo fiscale generalizzato, commisurato anche ai costi ed alla spesa sostenuta dalla società che, quindi, trova sempre copertura. E’ quanto avviene per la G.S.E. S.p.A., società di proprietà del MEF e vigilata dal MISE, che esercita parte delle proprie attività in forza di affidamenti diretti da pubbliche amministrazioni nel campo della consulenza, ricerca e assistenza tecnica nel settore dell’efficienza energetica. Alla società, costituita per l'esercizio delle funzioni di natura pubblicistica del settore elettrico e, in particolare, delle attività di carattere regolamentare, di verifica e certificazione relativa al settore dell'energia elettrica, nonché di quelle in materia di incentivazione della produzione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, è riconosciuta una peculiare modalità di remunerazione del servizio reso, in quanto i costi maturati per effetto della politica di erogazione di incentivi sono coperti attraverso il gettito derivante dalla componente tariffaria A3, applicata a tutti i clienti finali. La misura della componente A3 viene stabilita trimestralmente dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas (AEEG) con propria delibera, sulla base delle proiezioni economico finanziarie del GSE ed ha l’obiettivo di garantire la sostenibilità degli incentivi, assicurando un equilibrio economico finanziario per il GSE, e la copertura dei costi di funzionamento sopportati dal Gestore. Per l’esercizio 2010 l’ammontare è stato di 4,24 miliardi e nel 2011 di 7,4 miliardi25 . Il medesimo sistema è adottato per la copertura dei costi sostenuti da SO.G.I.N. per le attività della commessa nucleare (realizzazione e gestione del Parco Tecnologico e del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi)26 , derivanti da una parte della tariffa elettrica, la componente A2, riclassificata nel bilancio SO.G.I.N. come “acconti nucleari”27. La componente A2 viene aggiornata ogni tre mesi dall’AEEG, insieme alle altre componenti tariffarie a copertura di oneri generali del sistema elettrico. Quale corrispettivo per le attività svolte da SO.G.I.N. nel 2011, sono stati riconosciuti alla Società acconti nucleari per 232,45 milioni28 . La componente tariffaria remunera 25 Determinazione 44/2013 della Corte dei conti – Sezione controllo enti. 26 A seguito del referendum del 12-13 giugno 2011, SO.G.I.N. ha perduto le competenze relative alla realizzazione di impianti nucleari, ma ha mantenuto quelle di smantellamento degli impianti nucleari esistenti e la realizzazione del Parco Tecnologico-Deposito Nazionale 27 L’art. 24, comma 5, del DL 1/2012 prevede espressamente che le disponibilità correlate a detta componente tariffaria sono impiegate per il finanziamento della realizzazione e gestione del Parco Tecnologico comprendente il Deposito Nazionale e le strutture tecnologiche di supporto, limitatamente alle attività funzionali allo smantellamento delle centrali elettronucleari e degli impianti nucleari dismessi, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare ed alle attività connesse e conseguenti, mentre per le altre attività sono impiegate a titolo di acconto e recuperate attraverso le entrate derivanti dal corrispettivo per l'utilizzo delle strutture del Parco Tecnologico e del Deposito Nazionale, secondo modalità stabilite dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, a riduzione della tariffa elettrica a carico degli utenti. 28 Determinazione 21/2013 della Corte dei conti – Sezione controllo enti.
  • 181. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 152 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo un’attività specifica della società e, a titolo di acconto, le attività correlate: risulta esclusa l’attività svolta in forza di accordi con Stati esteri che per SO.G.I.N. è stata fonte di ulteriori introiti29 . Spesso le società, in parallelo allo svolgimento delle funzioni core, si occupano di gestione, valorizzazione, dismissione di patrimonio immobiliare (come, ad esempio, Difesa Servizi S.p.A.) che, in alcuni casi, assume carattere rilevante, anche sotto il profilo delle dimensioni (come nel caso di Consap S.p.A.30 ). Peraltro, la società E.u.r. S.p.A. ha quale specifico oggetto sociale proprio la gestione, valorizzazione e alienazione di beni immobili, che si realizza all’interno di una significativa situazione debitoria che ha comportato interventi normativi importanti31 . Un’opera di razionalizzazione dovrebbe tenere conto, tra l’altro, del fatto che a marzo 2013 è stata costituita dal MEF la società “Investimenti Immobiliari Italiani Società di gestione del risparmio” (INVIMIT S.g.r.) con il triplice mandato di valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico, realizzare investimenti diretti e indiretti ad ampliare le economie di scala, curare l’eventuale cessione di beni tenendo conto delle condizioni di mercato32. Diversi interventi normativi hanno recentemente, a vario titolo, riservato attenzione al perimetro delle società strumentali direttamente partecipate dallo Stato. Con riguardo, ad esempio, alla società Sicot S.r.l., che esercita attività di consulenza e monitoraggio dell’andamento gestionale delle società partecipate dal MEF e fornisce assistenza nelle fasi dei processi di privatizzazione e dismissione di quote del patrimonio dello Stato. Tenuto conto dell’esistenza di un’autonoma Direzione Generale nell’ambito del Dipartimento del Tesoro che cura, tra gli altri, i medesimi ambiti oggetto dell’attività della società, è stato auspicato che la stessa sviluppasse ed apportasse contributi conoscitivi autonomi tali da giustificarne l’esistenza33 anche considerando gli alti costi operativi che vedono un rapporto tra costo del personale e costo della produzione dell’82 per cento. In assenza di ciò, è intervenuto il legislatore (art.1, comma 330 della legge 147/2013) che ha previsto nel 2014 la fusione per incorporazione di Sicot S.r.l. in Consip S.p.A.. La società ISA S.p.A, iscritta all’elenco generale e all'elenco speciale degli intermediari finanziari, di cui al d.lgs. n. 385/ 1993 (testo unico bancario), è quasi totalmente partecipata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) con l'obiettivo di promuovere e sostenere progetti di sviluppo agricolo, al cui fine può erogare finanziamenti, gestire misure agevolative, emettere strumenti finanziari e obbligazioni convertibili. In un’opera di razionalizzazione del sistema dei servizi creditizi e finanziari a sostegno delle imprese agricole e agroalimentari e di riordino delle società detenute dal MIPAAF, che ha già visto la messa in liquidazione di Buonitalia S.p.A., le funzioni e le risorse di ISA dovrebbero confluire presso ISMEA, 29 In forza dell’Accordo stipulato con la Russia per lo smantellamento dei sommergibili nucleari ex lege 160/2005, la SOGIN ha ricevuto dal MISE 126 milioni nel biennio 2011-2012. 30 Determinazione 35/2014 della Corte dei conti – Sezione controllo enti 31 L’art.1, comma 332 della legge di stabilità 2014 ha dato la possibilità ad EUR S.p.A. di accedere ad anticipazione di liquidità per 100 milioni di cui al Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, previsto dal DL 35/2013, previa presentazione di un piano di pagamenti di debiti certi, liquidi ed esigibili 32 La società è operativa da ottobre 2012, con un capitalo sociale di 8 milioni. La sua attività è organizzata su due canali operativi. Uno attraverso la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare cui trasferire immobili di proprietà dello Stato e diritti reali (c.d. fondo diretto) e immobili di proprietà del Ministero della Difesa da valorizzare (c.d. fondo della difesa). Dall’altra, attraverso la raccolta di fondi immobiliari costituiti da enti pubblici, società partecipate e privati interessati a partecipare alla riqualificazione del patrimonio pubblico. 33 Determinazione 51/2013 della Corte dei conti - Sezione controllo enti.
  • 182. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 153 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 con conseguente messa in liquidazione della società34. Per il momento, il legislatore è intervenuto sulla società solo finanziariamente, prevedendo35 significativi ritorni finanziari al socio MIPAFF, in forma di distribuzione di riserve: 47,2 milioni nel 2012, 25,4 milioni nel 2013, 28,8 nel 2014, 7,8 nel 2015. Nel settore della cultura, con specifico riferimento ad ARCUS S.p.A., un recente intervento normativo (art. 39 del DL 69/2013), nell’abrogare la precedente norma liquidatoria, ne ha, di fatto, previsto un rilancio, disponendo una nuova procedura di approvazione dell’atto di indirizzo annuale dell’attività della società, il cui schema dovrà essere trasmesso al Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. 34 Disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014 in materia di interventi di razionalizzazione e di riordino di enti in materia di agricoltura. 35 Art.16, comma 8 del DL 66/2014.
  • 190. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 157 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Appendice 1: L’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo Le società partecipate dallo Stato producono servizi di interesse generale36 e sono prevalentemente partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze (MEF)37 , che esercita i diritti dell’azionista, ovvero tutti i poteri riservati all’Assemblea ordinaria e straordinaria, ai sensi dell’art. 2363 e ss. c.c.: approva il bilancio; nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto al quale è demandato il controllo contabile; determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto; delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci; delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti; approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari. Il principio di autonomia gestionale delle società dello Stato subisce ulteriori limitazioni quando si è in presenza di società cd. in house, ossia società che, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale38 : a) sono interamente (o prevalentemente) partecipate da uno o più soci pubblici39 ; b) svolgono la loro attività prevalente a favore del socio proprietario, c) sono oggetto, da parte di esso, del c.d. controllo analogo, ossia del controllo che l’Amministrazione proprietaria esercita normalmente sui propri uffici. Il carattere di “relazione interna” e, quindi, di stretta interdipendenza tra società e socio se, da un lato, consente che la modalità di affidamento del servizio non sia la gara ma si possa procedere con affidamento diretto, dall’altro obbliga la società a rimanere fuori dal mercato costringendola ad operare prevalentemente con l’Amministrazione proprietaria, in modo da non lucrare del vantaggio competitivo che può derivare dallo speciale rapporto che lega la società al socio. Le società partecipate dal MEF che, secondo quanto espresso o desumibile dallo Statuto, rispondono al modello tipico di in house sono le seguenti: Soluzioni per il sistema economico S.p.A. (SOSE), Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A. (Consap), Consip S.p.A., Sistemi di Consulenza per il Tesoro (Sicot), Società generale di informatica S.p.A. (Sogei), Studiare sviluppo s.r.l., Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato40 (IPZS). In generale, ed in linea con la normativa e giurisprudenza sul tema, il MEF esercita il c.d. “controllo analogo” nei confronti delle stesse, attraverso l’esercizio di poteri direttivi e di controllo direttamente incidenti sulle modalità attuative dell’oggetto sociale e in relazione alle specifiche attività per le quali la società in house è strumentale. Le attività da svolgere in favore del MEF sono affidate alla società mediante la stipula di apposite convenzioni, da parte dei Dipartimenti deputati all’esercizio del controllo analogo. Altre società sono partecipate interamente ed in house di amministrazioni diverse dal MEF (Arte, lavoro e servizi –Ales- S.p.A., Difesa Servizi S.p.A.). Sia la materia dell’affidamento diretto a società in house che il sistema di acquisizione diretta di beni e servizi strumentali sono stati assoggettati a specifiche limitazioni, finalizzate all’apertura al mercato, decorrenti dal 1° gennaio 2014, destinati ad avere effetti importanti sulla gestione delle società41 . 36 I servizi di interesse generale (SIG), così come quelli di interesse economico (SIEG) sono previsti dal TFUE che però non ne definisce il concetto. Nella sua disciplina di qualità, la Commissione spiega che i SIEG sono attività economiche i cui risultati contribuiscono all'interesse pubblico generale che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento statale (o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di qualità, sicurezza, accessibilità economica, parità di trattamento o accesso universale). Al fornitore incombe un obbligo di servizio pubblico (OSP) sulla base di un incarico e di un criterio di interesse generale che assicura che il servizio sia fornito a condizioni che gli consentano di assolvere i propri compiti. Il concetto può essere applicato a diverse situazioni e condizioni, che variano secondo gli Stati membri, e il diritto dell'UE non crea alcun obbligo di designare formalmente un compito o un servizio di interesse economico generale, ma ne rimette la decisione agli Stati membri. 37 A decorrere dalla legge finanziaria 2008, in caso di costituzione di società che producono servizi di interesse generale e di assunzione di partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di concerto con i Ministeri competenti per materia (art. 3, comma 27-bis, legge 244/2007). 38 Prima, fra tutte, la nota sentenza della Corte di Giustizia “Teckal” del 18 novembre 1999 n. C/107/98. 39 Sul punto della partecipazione plurima e del controllo congiunto la Corte di Giustizia ha tracciato le linee definitorie con la sentenza C-324-07 del 2008 nella vicenda Coditel Brabant SA. 40 Lo Statuto di IPZS non fornisce elementi per qualificare il rapporto con il MEF come in house. Al riguardo, la Corte dei conti – Sezione controllo enti - ha più volte rilevato la necessità di una modifica statutaria in tal senso, che giustifichi le forme di affidamento diretto e l’esonero dalle procedure di evidenza pubblica della Società. 41 Si tratta dell’art. 4, commi 7 e 8 del DL 95/2012 che prevedono, rispettivamente, che, salvo eccezioni, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti
  • 191. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 158 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Va, inoltre, tenuto presente che il modello relazionale di società in house delineato dal diritto comunitario, che vede il controllo analogo esercitato dal socio o dai soci detentori, non si attaglia perfettamente a tutte le società partecipate dal MEF. Infatti, tra le società interamente partecipate MEF ci sono società qualificate come in house di altre Amministrazioni (Istituto Luce-Cinecittà s.r.l. del Mibact, Rete Autostrade Mediterranee –RAM- S.p.A. del MIT e Sogesid del Ministero dell’Ambiente,) per le quali opera una separazione tra il possesso della partecipazione del socio azionista (MEF), e il potere di indirizzo e vigilanza (che non equivale al controllo analogo42 ), esercitato dal Ministero competente per materia. Anche a prescindere dalla qualificazione “in house”, alcune società detenute dal MEF sono, comunque, vigilate da altri ministeri o enti pubblici: Arcus S.p.A. (Ministero dei beni e attività culturali e turismo- MIBACT), Coni Servizi S.p.A.(CONI), GSE S.p.A. (Mistero sviluppo economico-MISE), Invitalia S.p.A. (MISE), Italia Lavoro S.p.A. (Ministero Lavoro). In verità, l’attività di vigilanza è esercitata dal Ministero settorialmente competente a diversi livelli ed assume diverse qualificazioni negli Statuti societari, integrandosi spesso con i poteri di indirizzo e coordinamento e con l’attività concertata tra diverse Amministrazioni43 . aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell'articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo, e che, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house. Sono fatti salvi gli affidamenti in essere fino alla scadenza naturale e comunque fino al 31 dicembre 2014. 42 Per verificare se il controllo che l’Amministrazione proprietaria esercita sulla società si configuri come analogo a quello esercitato su una propria struttura è necessario “tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da questo esame deve risultare che la società aggiudicataria è soggetta a un controllo che consente all’amministrazione aggiudicatrice di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società” (Sentenza SEA Corte di Giustizia 10 settembre 2009) Deve trattarsi di controllo effettivo, strutturale e funzionale esercitato anche attraverso propri rappresentanti all’interno degli organi societari. 43 Ad esempio, il MIBACT esercita su Arcus i diritti dell'azionista ed i poteri di indirizzo di concerto con il MIT; su GSE i diritti dell’azionista sono esercitati d’intesa tra il MEF e il MISE, che esercita attività di vigilanza e di indirizzo, definendo gli indirizzi strategici e operativi del Gestore, il quale esercita la propria attività anche secondo le disposizioni dell'Autorità per l'energia elettrica e gas; su Invitalia il Mise esercita attività di vigilanza e poteri di indirizzo definendo gli obiettivi della società; su CFI e Soficoop il Mise esercita un tipo di vigilanza lasciando ampi margini di autonomia alle società.
  • 192. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 159 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Appendice 2: Elenco delle società con evidenza del Ministero socio, della quota di partecipazione, del Ministero vigilante, della norma istitutiva e dell’oggetto sociale. Società Quota Norme/Provvedimenti istitutivi Ministero vigilante Oggetto sociale Settori di intervento Ministero dell'Economia e delle finanze Alitalia in a.s. 91,33 Costituita tra l’I.R.I. e la British European Airways Corporation, in esecuzione della convenzione firmata l’8 giugno 1946 tra il Ministro per l’Aeronautica del Governo italiano e l’ente di gestione dei servizi aerei britannici. Con D.P.C.M. del 29 agosto 2008, la società Alitalia Linee aeree italiane S.p.A. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi del DL 347/2003, convertito nella L. 39/2004, modificato e integrato dal D.L. 134/2008, convertito nella L.166/2008 5. Trasporti CINECITTA’ LUCE S.p.A. (disposta la liquidazione) 100 L.202/93 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 aprile 1993, n. 118 Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo Promozione del cinema italiano 10. Attività culturali Arte, cultura e spettacolo S.p.A. (ARCUS ) 100 Legge 16/10/2003 n. 291 Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo Promozione e sostegno progetti culturali 10. Attività culturali Ministero dell'Economia e delle finanze Azienda nazionale autonoma delle strade S.p.A.(ANAS) 100 Art. 7, l. 178 del 2002 ha previsto la trasformazione in spa. La convenzione della concessione è del 18 dicembre 2002 Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Gestione e manutenzione della rete stradale e autostradale nazionale e vigilanza dell'esecuzione dei lavori di costruzione degli interventi affidati in concessione a terzi e controllare la gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato affidato in concessione. 5. Trasporti Soluzioni per il sistema economico S.p.A. (SOSE) 88,8 Atto costitutivo il 15 settembre 1999, ai sensi dell'art.10, comma 12 L.8 maggio 1998 tra l'ex Ministero delle Finanze e la Banca d'Italia Ministero dell'Economia e delle finanze Elaborazione in concessione degli studi di settore, nonché ogni altra attività di studio e ricerca in materia tributaria; predisposizione delle metodologie e la elaborazione dei dati per la definizione dei fabbisogni e dei costi standard delle funzioni e dei servizi resi, nei settori diversi dalla sanità, dalle regioni e dagli enti locali 1. Servizi generali delle P.A. CASSA DEPOSITI E PRESTITI S.p.A. 80,1 D.L. 30/09/2003 n.269 Ministero dell'Economia e delle finanze Concessione di finanziamenti, destinati a operazioni di interesse pubblico “promosse” da Stato, regioni, enti locali, enti pubblici e organismi di diritto pubblico, operazioni effettuate a favore delle PMI per finalità di sostegno dell’economia. 3. Affari economici commerciali e del lavoro Comitato Olimpico Nazionale Italiano S.p.A. (CONI SERVIZI) 100 art. 8, c. 1 Legge 08/08/2002 n. 178 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 8 luglio 2002, n. 138 Prestazioni e servizi strumentali al perseguimento dei compiti istituzionali del CONI, in base a contratto di servizio. 9. Attività ricreativa Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A.(CONSAP) 100 Atto di scissione INA stipulato il 24.9.1993 Ministero dell'Economia e delle finanze Esercizio in regime di concessione di esercizi assicurativi pubblici. La Società ha altresì per oggetto le attività affidatele da amministrazioni dello Stato ai sensi dell’art. 19, comma 5, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102. 12. Protezione sociale
  • 193. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 160 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Concessionaria Servizi Informativi Pubblici S.p.A.(CONSIP ) 100 Decreto Ministro del tesoro,bilancio e programmazione economica 22/12/1997 Ministero dell'Economia e delle finanze Attività di consulenza, assistenza e supporto in favore delle Pubbliche Amministrazioni, nel settore della compravendita di beni, dell’acquisizione di servizi, anche ai fini della scelta del contraente; l’esercizio di attività informatiche e delle attività ad esse strumentali, in favore delle Amministrazioni dello Stato 1. Servizi generali delle P.A. Ente Nazionale per l'Assistenza al Volo S.p.A. (ENAV) 100 L.665/1996 Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Esercizio dei servizi di assistenza al volo, dei sistemi e delle attività di sviluppo, produzione, erogazione, vendita ed esportazione dei servizi della navigazione aerea in Italia e all'estero. 5. Trasporti Ente nazionale idrocarburi S.p.A. (ENI) 4,34 L. 359/1992 Conversione con modificazione, del D.L. 333/1992 Ricerca, produzione e commercializzazione di petrolio e gas naturale 6. Combustibile ed energia STMicroelectronics Holding N.V. 50 Data di costituzione 1987 Attività in settori ad alta tecnologia 3. Affari economici commerciali e del lavoro FINMECCANICA S.p.A. 30,2 costituita dall'IRI il 18/3/1948 Attività in settori ad alta tecnologia 3. Affari economici commerciali e del lavoro Ente Nazionale per l'energia Elettrica S.p.A.(ENEL) 31,24 L. 1643/62 (trasf. SpA DL 333/92) produzione e distribuzione energia elettrica 6. Combustibile ed energia Esposizione universale di Roma S.p.A.(EUR) 90 D. Lgs. n. 304/99 Gestione e valorizzazione immobiliare 3. Affari economici commerciali e del lavoro EXPO 2015 S.p.A. 40 Atto notarile il 1 dicembre 2008, in seguito all'attuazione del DPCM 22 ottobre 2008 Realizzazione, organizzazione, gestione dell'evento "Expo Milano 2015" 3. Affari economici commerciali e del lavoro FERROVIE DELLO STATO S.p.A. 100 Atto costitutivo 15.12.2000/Delib. Ass. 13.7.2001 Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Realizzazione e gestione di reti di infrastruttura nonché svolgimento dell'attività di trasporto, principalmente attraverso società controllate 5. Trasporti Gestore servizi energetici S.p.A (GSE) 100 Art. 3 Dlgs. 79/1999; Art.1 del D.P.C.M. 11 maggio 2004 Ministero dello Sviluppo economico Funzioni di natura pubblicistica del settore elettrico e in particolare svolgimento delle attività di verifica e certificazione relativa al settore dell'energia elettrica, di cui art.3, commi 12 e 13 e dell'art.11, comma 3 del Dlgs. 79/1999,di mercato interno dell'energia, di garanzia della fornitura di energia. 6. Combustibile ed energia Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (INVITALIA). 100 D.lgs.9 gennaio 1999 n.1, come modificato dall'art.1 comma 459 e 464 L.296/2006 Ministero dello Sviluppo economico Accrescere la competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno, e sostenere i settori strategici per lo sviluppo. 3. Affari economici commerciali e del lavoro
  • 194. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 161 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Ministero dell'Economia e delle finanze Istituto poligrafico zecca dello Stato S.p.A. (IPZS) 100 L.559/1966; Dlgs. 116/1999; Del.CIPE n.59/2002 Ministero dell'Economia e delle finanze Produzione e fornitura di carta, carta filigranata, carte valori, carte rappresentative di certificazioni di identità, ricettari, bollini farmaceutici, documenti elettronici, materiale elettorale, conio delle monete, fabbricazione di timbri e marchi per enti pubblici e privati. 1. Servizi generali delle P.A. ISTITUTO LUCE- CINECITTA’ S.r.L. 100 Art.14, comma 6 del DL 98/2011 Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo Promozione del cinema italiano 10. Attività culturali ITALIA LAVORO S.p.A. 100 Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 maggio 1997; Decreto Interministeriale Lavoro - Tesoro 21 maggio 1998; Decreto Legislativo 9 gennaio 1999, n. 1 Ministero del Lavoro e delle politiche sociali Politiche del lavoro 3. Affari economici commerciali e del lavoro POSTE ITALIANE S.p.A. 100 Del. CIPE n.244/1997 adottata ai sensi dell'art.18 D.L.333/1992 convertito in L. 359/1992, del D.L. 487/1993 convertito in L. 71/1994-L'Ente Poste iatliane è stato trasformato in società per azioni con effetto dalla data della prima assemblea della società che si è svolta il 28 febbraio 1998. Servizi di posta e banco posta;servizi di pacchi, corriere espresso e in generale servizi di logistica; servizi di riscossione e pagamento, di raccolta del risparmio postale tra il pubblico in nome e per conto Cassa depositi e prestiti. 3. Affari economici commerciali e del lavoro Rete autostrade mediterranee S.p.A. (RAM) 100 Art. 28, comma 1-ter, della legge 31/ 2008 Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Promozione ed attuazione del Programma nazionale "Autostrade del Mare" 5. Trasporti Sistemi di consulenza per il Tesoro S.r.L. (SICOT) 100 Art. 63, comma 6, della legge n. 388/2000 Ministero dell'Economia e delle finanze Attività di consulenza per la gestione delle partecipazioni azionarie detenute dalla Pubblica Amministrazione e per l’attuazione dei processi di privatizzazione relativi a tali partecipazioni, di attività di monitoraggio dell’andamento dei mercati finanziari e borsistici, italiani ed esteri 1. Servizi generali delle P.A. Società Generale d'Informatica S.p.A. (SOGEI) 100 Atto di costituzione 28/05/1976 Ministero dell'Economia e delle finanze La prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze ed alle agenzie fiscali 1. Servizi generali delle P.A. Società per la gestione degli impianti idrici S.p.A. (SOGESID) 100 D.lgs. 3 aprile 1993 n.96 art.10 Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare Attivita' strumentali alle esigenze, finalita', competenze ed alle attribuzioni istituzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 7. Ambiente e territorio Società gestione impianti nucleari S.p.A.(SOGIN) 100 Art.13, comma 2 lett e) del D.lgs. 16 marzo 1999 n.79 Ministero dello Sviluppo economico Attività relative allo smaltimento delle centrali elettronucleari dismesse, allo smantellamento degli impianti di produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare, attività relative alla chiusura del ciclo del combustibile e delle attività connesse e conseguenti. 6. Combustibile ed energia
  • 195. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 162 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo STUDIARE SVILUPPO S.r.L. 100 Atto costitutivo 2003 Ministero dell'Economia e delle finanze Attività di assistenza alle Amministrazioni centrali dello Stato 1. Servizi generali delle P.A. FONDO ITALIANO INVESTIMENTO SGR S.p.A. 12,5 Legge 23-12-2009 n. 191 art. 2 Gestione collettiva del risparmio 3. Affari economici commerciali e del lavoro Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale S.p.A. (ISVEIMER) in liquidazione dal 1996 33,18 R.D.L. 883 del 30 giugno 1938 Raccolta di risparmio e l'esercizio del credito a medio e lungo termine.Nei limiti della normativa vigente, può espletare tutte le operazioni ed i servizi bancari e finanziari consentiti, nonché ogni altra operazione strumentale, connessa o comunque funzionale al conseguimento dello scopo sociale. 3. Affari economici commerciali e del lavoro Radiotelevisione italiana S.p.A. (RAI) 99,5 R.D. 1067/1923 Servizio pubblico generale radiotelevisivo ai sensi degli articoli 2, comma1, lettera H), 17 e 20 della L.112/2004 e successive modificazioni 9. Attività ricreativa Ministero dell'Economia e delle finanze Sviluppo del Mercato dei Fondi Pensione S.p.A. (MEFOP) 53,26 Atto di costituzione 8 marzo 1999 Attività di formazione, studio, assistenza e promozione, in materie attinenti alla previdenza complementare di cui al d.lgs. 21 aprile 1993 n.124 e successive modificazioni ed a settori affini, incluse le altre forme di previdenza 12. Protezione sociale LAMFOR S.r.L.in liquidazione 100 Atto di costituzione 17 ottobre 1975 Realizzazione in proprio o per conto terzi di iniziative di forestazione anche a scopi produttivi con particolare riguardo ai territori delle Regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Marche, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, anche attraverso l'acquisione, in proprietà o in fitto di terreni da rimboschire o di boschi già esistenti. 3. Affari economici commerciali e del lavoro FINTECNA S.p.A. (ceduta nel 2012 a Cassa DD PP) 100 Atto di costituzione 07/09/1990 Assunzione, gestione e dismissione di partecipazioni in società o Enti in genere, ivi compresi quelli in stato di liquidazione, operanti in Italia ed all'Estero nei settori industriale, immobiliare e dei servizi. L'acquisto e l'alienazione di beni immobili di qualunque genere o destinazione, lo svolgimento di operazioni e negozi giuridici di qualunque natura riguardanti gli stessi. 3. Affari economici commerciali e del lavoro Sevizi assicurativi del Commercio Estero S.p.A. (SACE) (ceduta nel 2012 a Cassa DD PP) 100 D.L.269/2003 convertito dalla L.326/2003(derivante dalla trasformazione in S.p.A. dell'ente pubblico economico Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero) L'assicurazione e la garanzia dei rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società a questi collegate o da questi controllate, anche estere, nella loro attività con l'estero e di internazionalizzazione dell'economia italiana. Acquisire partecipazioni in società italiane ed estere direttamente strumentali all'esercizio dell'attività assicurativa o per consentire un più efficace recupero degli indennizzi erogati, concordando con la società italiana per le imprese all'estero (Simest s.p.a.) l'esercizio coordinato di tale attività. 3. Affari economici commerciali e del lavoro
  • 196. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 163 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Ministero dello Sviluppo economico Cooperazione finanza impresa Soc.coop.per Azioni (CFI) 98,41 Art. 17 legge 27 febbraio 1985, n. 49, come modificato dall’art. 12 della legge 5 marzo 2001, n. 57 D.M.4 aprile 2001 Ministero dello Sviluppo economico Promuovere e favorire la costituzione e lo sviluppo ed il consolidamento delle imprese costituite nella forma di società cooperativa, ivi compresa quella di piccola società cooperativa e di cooperativa sociale, di produzione e lavoro e di altri enti cooperativi. 3. Affari economici commerciali e del lavoro Società finanza cooperazione Soc.coop.(So.Fi.Coop. ) 99,58 Art. 17 legge 27 febbraio 1985, n. 49, come modificato dall’art. 12 della legge 5 marzo 2001, n. 57 D.M.4 aprile 2001 Ministero dello Sviluppo economico Promuove e favorisce la costituzione e lo sviluppo ed il consolidamento delle imprese costituite nella forma di società cooperativa, ivi comprese quelle con un numero di soci inferiore a nove, con particolare riferimento a quelle di produzione e lavoro ed alle cooperative sociali. 3. Affari economici commerciali e del lavoro Società italiana per le imprese all'estero S.p.A. (SIMEST) (ceduta nel 2012 a Cassa DDPP) 76 Legge 24 aprile 1990, n. 100 Partecipazione ad imprese e società all’estero promosse o partecipate da imprese italiane, ovvero da imprese aventi stabili organizzazioni in uno Stato dell’Unione Europea, controllate da imprese italiane, nonché la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di specifiche iniziative di investimento e/o di collaborazione commerciale ed industriale all’estero da parte di imprese italiane, con preferenza per quelle di piccole e medie dimensioni anche in forma cooperativa, comprese quelle commerciali, artigiane e turistiche. 3. Affari economici commerciali e del lavoro Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali Agenzia di Pollenzo S.p.A. 3,9 Atto di costituzione 27/07/1998 Acquisto, vendita e la permuta di terreni, di fabbricati civili, industriali ed agricoli, di aree urbane a scopo di edificazione e di diritti immobiliari in genere; acquisizione di parte del compendio immobiliare dell'ex tenuta reale di Pollenzo ivi realizzando la sua ristrutturazione finalizzata sia all'insediamento di attività alberghiere ed enogastronomiche, sia all'attivazione di un'istituzione culturale ed alta vocazione didattico-educativa 4. Agricoltura Buonitalia S.p.A. in liquidazione (disposta la soppressione dall'art. 18-bis D.L. 95/2012) 70 Funzioni attribuite con D.lgs.99/2004 art.17; risorse attribuite con D.L.35/2005 art.10 Strumento operativo del Mipaaf per l'attuazione delle politiche promozionali di competenza nazionale, ha per oggetto la promozione e la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari italiani 4. Agricoltura Istituto sviluppo agroalimentare S.p.A. (ISA) 100 Art.10-ter D.L. 14/03/2005 n. 35 convertito con L. 80/2005 ”Disposizioni urgenti nell’ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” con cui si disciplinano le attività e il funzionamento di ISA Assumere partecipazioni in società che operino nel settore agricolo, agro- industriale e agro-alimentare anche quotate nei mercati regolamentati;erogare finanziamenti alle partecipate;effettuare, per conto proprio o di terzi, ricerche, studi, indagini di mercato e ogni altra operazione conoscitiva relativa al settore agroalimentare;gestire, per conto del MIPAAF, misure agevolative e interventi di ogni natura relativi al settore agroalimentare. 4. Agricoltura
  • 197. AMMINISTRAZIONI CENTRALI, ENTI STRUMENTALI E SOCIETÀ 164 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo Arte Lavoro e Servizi S.p.A. (ALES) 100 Art. 1, commi 1 lett. a) 2 e 3 del D.Lg.vo 1 dicembre 1997, n. 468 e dell'art. 20, commi 3 e 4, della L. 24 giugno 1997, n. 196. Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo Attività volte alla gestione e valorizzazione dei beni culturali in ambito nazionale e internazionale;la gestione di musei, aree archeologiche e monumentali, biblioteche, archivi; servizi di manutenzione edifici, manutenzione e riparazioni impianti; servizi di censimento e servizi di supporto all'organizzazione delle attività di formazione del personale interno al Ministero per i beni e le attività culturali. 10. Attività culturali Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Ferrovie del sud est e servizi automobilistici S.r.l. 100 Atto di costituzione 6/4/2000 L'esercizio dei servizi di trasporto di persone e/o di cose con qualsiasi modalità ed in particolare, a mezzo ferrovie, autolinee, tranvie,funivie ed altri veicoli. 5. Trasporti Ferrovie appulo- lucane S.r.l. 100 Atto di costituzione 11/04/2000 L’esercizio dei servizi di trasporto di persone e/o di cose con qualsiasi modalita' ed, in particolare, a mezzo ferrovie, autolinee, tranvie, funivie ed altri veicoli. 5. Trasporti Ferrovie della Calabria S.r.l. ceduta alla Regione Calabria nel 2012 100 Atto di costituzione 10/04/2000 L’esercizio dei servizi di trasporto di persone e/o di cose con qualsiasi modalita' ed, in particolare, a mezzo ferrovie, autolinee, tranvie, funivie ed altri veicoli. 5. Trasporti Ministero della Difesa Difesa Servizi S.p.A. 100 Legge 23 dicembre 2009, n. 191 Ministero della Difesa Gestione economica, in qualità di concessionario o mandatario, di beni, anche immateriali, e servizi derivanti dalle attività istituzionali del Dicastero che non siano direttamente correlate alle attività operative delle Forze armate. 2. Giustizia Difesa e ordine pubblico
  • 198. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 165 Sezioni riunite in sede di controllo 2014 Appendice 3 - Informazioni contabili delle società strumentali (migliaia) SOCIETA' Patrimonio netto Utile Utile 2011 Perdita Perdita 2011 Valore produzione Costo produzione Costodel personale Costodel personale/Costo dellaproduzione Personale al31 dicembre 2012 Costodella Governance Costodella governance/Costo dellaproduzione Debiti dicuiverso fornitori Crediti Ales6.208,17462,5098,5523.313,4721.948,6817.914,3481,62574124,000,566.764,511.423,726.045,41 Arcus(inseritanelconto consolidatoP.A.)11.771,05930,731.931,321.746,481.597,68659,7441,29724,301,52216.932,9230,56157,35 CFIcooperazionefinanza imprese(Bilancioredattosecondoi principiindicatinelD.lgs87/1992, perentifinanziari)98.607,6827,7147,026.527,086.499,37920,7414,1714256,163,94291,08109,0565.873,70 Coniservizi(inseritaconto consolidatoP.A.)46.045,793.091,572.812,89135.532,88141.306,5845.356,0732,10677582,800,41174.394,2236.994,6157.881,38 Consap130.020,962.833,772.434,5123.715,5826.045,4513.866,5953,24211723,002,7820.236,491.327,328.707,67 Consip27.775,182.314,77890,83202.532,22197.532,9443.074,5321,81586732,500,37117.554,8673.166,43142.594,99 DifesaServiziS.p.A.(Bilancio abbreviato)1.333,54303,2730,275.119,974.669,11159,083,4117260,005,576.021,933.169,10 EurS.p.A.714.255,316.700,359.429,7957.685,9645.630,679.130,2920,01126437,910,96262.430,0552.452,3081.686,72 GSE141.453,5019.229,6118.960,4114.784.989,1414.779.640,5734.298,580,23579356,880,003.444.582,632.956.020,473.462.830,33 Invitalia10.353,09384,643.617,3424.430,8121.562,735.681,1826,358171.173,515,4463.993,6114.832,0219.585,63 IPZS654.212,6273.498,9372.370,37376.915,05304.608,97102.781,4533,741.786814,000,27746.329,4459.243,31632.319,30 ISAspa(Bilancioredattosecondoi principicontabiliinternazionali) D.Lgs38/2005c'èMARGINEDI INTERMEDIAZIONE336.463,5015.243,4315.023,9232.059,468.427,755.569,0066,0839339,114,02-373.202,12 Istitutoluce-Cinecittàsrl247,04232,830,7910.186,379.854,94---326,003,314.273,512.831,146.324,82 Italialavoro(inseritaconto consolidatoP.A.)85.810,63157,0976,9364.238,9364.375,3123.549,5736,581.238295,000,46225.627,4113.430,12182.750,78 Mefop3.220,30289,33157,472.431,292.060,941.067,5951,801594,754,60575,9272,20427,72 RAM2.334,20105,2849,361.920,631.748,51366,3220,9516318,5018,221.903,2774,92580,07 Sicot(Bilancioabbreviato)3.528,02241,70124,882.031,951.731,881.413,9181,641570,004,04376,8143,72689,96 So.Fi.Coop.(Bilancioredatto secondoiprincipiindicatinelD.lgs 87/1992,perentifinanziariNonc'è costoevaloreproduzione)29.150,961.100,68567,03814,471.915,15433,8622,65481,924,28183,4886,0823.720,58 Sogei152.840,0829.291,7126.461,61376.050,18337.021,83128.569,6438,151.784509,000,15205.124,91110.773,65201.648,10 Sogesid57.312,90609,98180,6323.183,3523.174,818.720,4737,63130411,721,7871.939,736.482,7327.928,71 Sogin43.928,184.199,775.705,16220.988,63217.612,8960.529,1327,82824762,000,35243.027,4153.607,9179.460,98 Sosespa4.588,47231,1760,6516.104,0815.212,948.930,5558,70138211,831,395.883,521.487,159.503,27 Studiaresviluppo837,006,179,2112.257,8511.990,92983,288,209314,772,6351.809,253.298,171.518,96 Totalecomplessivo2.562.298,15160.386,31156.855,761.100,684.185,1616.404.775,8116.246.170,61513.975,903,169.6069.219,660,065.870.256,953.387.787,565.388.607,63 Fonte:elaborazioneCortedeicontisudatidibilancidellesocietà-anno2012
  • 200. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 167 UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO ANDAMENTO DELL’OCCUPAZIONE NEL SETTORE PUBBLICO E DELLA SPESA PER REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE 1. Il consuntivo relativo all’esercizio 2013, recentemente diffuso dall’Istat, conferma il trend in diminuzione della spesa per redditi da lavoro dipendente che, nel 2013, si attesta su un valore di circa 164 miliardi con una diminuzione cumulata di 4,6 punti percentuali nell’ultimo triennio pari a quasi 8 miliardi in valori assoluti. Le previsioni di medio lungo periodo mettono in luce la tendenziale stabilità dell’aggregato, ritornato sotto controllo a partire dalle misure contenute nel decreto- legge n. 112 del 2008. In particolare hanno prodotto risultati in termini finanziari di gran lunga superiori alle stesse previsioni1 gli interventi avviati a partire dal decreto-legge n. 78 del 2010 con il quale è stato disposto il blocco della dinamica retributiva compresi i trattamenti accessori, per un periodo iniziale di un triennio, successivamente prorogato, e sono stati inaspriti i vincoli al tasso di ricambio del personale. Nella Relazione 2013 sul costo del lavoro pubblico la Corte sottolineava come, per quanto attiene al pubblico impiego, in termini di impatto finanziario e di numerosità degli addetti, l’Italia evidenziava valori sostanzialmente in linea con quelli rilevati negli altri paesi dell’Unione europea con alcuni rapporti particolarmente virtuosi, quali quello tra la spesa di personale ed il prodotto interno lordo, previsto al di sotto del 10 per cento nell’esercizio 2016. I dati contenuti nel conto annuale predisposto ai sensi dell’articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001 dalla Ragioneria generale dello Stato, aggiornati al 31 dicembre 2012, confermano l’andamento sopradescritto. L’occupazione nel settore pubblico (circa 3.240.000 addetti al termine del 2012) mostra una diminuzione di circa l’1,4 per cento rispetto all’esercizio precedente. Nel periodo 2007-2012 il calo complessivo è stato di quasi 6 punti percentuali2 . Una prima stima relativa all’andamento dell’occupazione nel 2013 effettuata attraverso l’esame dei cedolini di stipendio emessi dal Ministero dell’economia e del monitoraggio di un campione rappresentativo di amministrazioni non statali, conferma il trend sia pure con una diminuzione minore a quella registrata nel 2012 (0,4 per cento diversamente distribuito tra i comparti e le specifiche categorie di personale). La riduzione dei dipendenti è destinata ad assumere carattere strutturale, relativamente alle amministrazioni statali, per effetto dei robusti tagli alle dotazioni organiche di diritto. I reiterati interventi in materia (per alcune amministrazioni ben 4), avviati a partire dal decreto-legge n. 112 del 2008, hanno comportato una riduzione di circa il 35 per cento delle posizioni del personale non dirigente, del 36 per cento degli uffici dirigenziali di prima fascia e del 45 per cento di quelli di seconda. 1 Con riferimento al 2012 l’ISTAT evidenzia una diminuzione della spesa per redditi pari a 1,9 punti percentuali, 3 volte superiore alle previsioni contenute nel documento di economia e finanza di aprile 2011 che ipotizzava un calo dello 0,6 per cento. 2 Al netto dei nuovi enti censiti dal conto annuale nel periodo di riferimento.
  • 201. UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 168 In esito all’applicazione delle disposizioni contenute, da ultimo, nel decreto-legge n. 95 del 2012, in numerose realtà l’organico di diritto è venuto a coincidere con il personale in servizio, rendendo definitivo, nel medio lungo periodo, il dimensionamento delle risorse umane al servizio delle amministrazioni in modo tale da evitare effetti espansivi connessi con la cessazione del regime vincolistico delle nuove assunzioni3 . 2. Il quadro previsionale a legislazione vigente, contenuto nel Documento di economia e finanza per il 2014, tiene conto delle disposizioni contenute nella legge di stabilità per il 2014 già oggetto di commento da parte della Corte nell’ambito dell’audizione sul relativo disegno di legge. Si tratta, in primo luogo, della proroga di un anno, cioè fino a tutto il 2014, delle misure recate dal decreto-legge n.78 del 2010, in parte disposta dalla stessa legge di stabilità (articolo 1 commi 452 e seguenti) in parte contenuta in un coevo regolamento governativo emanato ai sensi di quanto previsto del decreto-legge n. 98 del 2011. In aggiunta a quanto sopra viene prevista la cristallizzazione della indennità di vacanza contrattuale al valore in godimento al termine del 2013 (con eventuale corresponsione di una nuova indennità solo relativamente al triennio 2018-2020). I vincoli al turnover di personale ed i limiti alle facoltà assunzionali vengono estesi e riparametrati fino al 2018, ben oltre, quindi, la già intervenuta proroga dell’originario periodo di vigenza disposta con un regolamento governativo emesso in attuazione dell’articolo 16, comma 1, del decreto-legge 98 del 2011. Solo a partire da tale esercizio sarà, dunque, possibile per le amministrazioni interessate assumere dipendenti in misura pari (in termini di spesa complessiva da sostenere) al valore economico delle cessazioni intervenute nel precedente anno. In coerenza con il quadro normativo le previsioni tendenziali a legislazione vigente del DEF 2014 stimano per l’anno in corso, ancora interessato dall’applicazione di tutte le citate misure di contenimento, una ulteriore riduzione della spesa per redditi dello 0,7 per cento. Il trend viene stimato stabile nel successivo biennio in quanto gli ipotizzati fattori di crescita, derivanti dalla possibilità di una ripresa delle progressioni di carriera e dal ripristino di alcuni automatismi stipendiali, dovrebbero essere ampiamente compensati dal perdurare, sia pur con percentuali progressivamente inferiori, dei vincoli assunzionali. La previsione per il 2015, inoltre, non considera più la corresponsione della indennità di vacanza contrattuale cristallizzata, come detto, ai valori in godimento al 2013. Una lieve ripresa (+0,3 per cento) è prevista solo a partire dal 2018 in relazione al ripristino di un fisiologico turnover ed alla previsione della corresponsione della indennità di vacanza per il nuovo triennio di contrattazione. Il quadro a politiche invariate tiene conto degli effetti derivanti dal riavvio della contrattazione collettiva per il triennio 2015 -2017 e per quello successivo. La stima effettuata dal Governo basata sulla media (depurata dai picchi) degli incrementi retributivi rilevati negli ultimi anni interessati dal rinnovo dei contratti, ipotizza a regime per il triennio 2015-2017 una maggior spesa rispetto al tendenziale di 3 La revisione degli organici ha determinato circa 7.400 eccedenze di personale destinate ad essere riassorbite con le modalità previste dall’articolo 2 del citato decreto-legge n. 95 del 2012.
  • 202. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 169 6,5 miliardi (con incrementi, ulteriori rispetto alle previsioni a legislazione vigente, pari all’1,2, all’1,4 ed all’1,5 per cento per i tre esercizi.). CRITICITÀ E DEBOLEZZE NELL’ASSETTO ORDINAMENTALE E RETRIBUTIVO DEI DIPENDENTI PUBBLICI 3. Come più volte osservato dalla Corte l’andamento della spesa per redditi descritto nel precedente paragrafo è il risultato di misure severe ed eccezionali, necessariamente temporanee, e almeno per quanto attiene al blocco della complessiva dinamica retributiva, non aventi carattere strutturale. L’approccio in termini esclusivamente finanziari alla materia del pubblico impiego ha riportato, dunque, sotto controllo una voce di spesa che rappresenta il 10 per cento del prodotto interno lordo e circa un quarto della spesa corrente al netto degli interessi delle pubbliche amministrazioni, ma non ha risolto, ed anzi ha acuito, le criticità e le debolezze di sistema che, se non tempestivamente corrette, rischiano di generare un progressivo depauperamento del capitale umano al servizio delle pubbliche amministrazioni. In relazione ai vincoli assunzionali ed al prolungamento dell’età lavorativa preoccupa il progressivo aumento dell’età media dei dipendenti pubblici. Secondo una recente indagine dell’OCSE con riferimento alle amministrazioni centrali la percentuale di dipendenti con età superiore a 50 anni risulta per l’Italia pari al circa il 50 per cento, a fronte di valori decisamente inferiori nella maggior parte dei paesi industrializzati, che evidenziano in numerosi casi valori prossimi al 30 per cento. Un raffronto effettuato tra l’Italia, la Francia ed il Regno Unito, riferito al totale dei dipendenti pubblici, evidenzia come in Francia il 6 per cento degli occupati abbia meno di 25 anni ed il 22 per cento si collochi nella fascia tra i 25 ed i 34; percentuali analoghe si riscontrano per il Regno Unito (pari rispettivamente al 5 per cento ed al 20). Per l’Italia la prima percentuale risulta irrisoria mentre i lavoratori pubblici al di sotto dei 35 anni sono appena il 10 per cento del totale4 . Eventuali interventi volti a favorire il tasso di ricambio del personale pubblico attraverso la possibilità di pensionamenti anticipati ovvero la abolizione del prolungamento facoltativo del servizio, vanno valutati tenendo conto del progressivo consolidamento del sistema pensionistico contributivo che assicura un adeguato tasso di sostituzione del reddito solo in presenza di una elevata anzianità contributiva ed anagrafica. Va inoltre considerato l’effetto negativo connesso con le difficoltà di sostituire personale avente professionalità specifiche consolidate, attraverso il concreto esercizio delle funzioni. 4. Il protratto blocco della contrattazione collettiva nazionale ha impedito l’avvio del percorso verso una riforma strutturale dell’assetto retributivo dei pubblici dipendenti 4 Il dato appare ancor più preoccupante se si escludono dal calcolo gli appartenenti al comparto sicurezza-difesa il cui reclutamento avviene prevalentemente tra soggetti molto giovani (attraverso la cosiddetta ferma volontaria prolungata) e che nel tempo ha avuto deroghe ai vincoli assunzionali previsti per la generalità delle altre amministrazioni.
  • 203. UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 170 prefigurato dal d.lgs. n. 150 del 2009, intervento che postula, nel vigente sistema di riparto delle fonti, la ripresa del confronto con le organizzazioni sindacali. Sotto il profilo dell’assetto retributivo la privatizzazione del pubblico impiego e la contrattazione collettiva non sono stati in grado, neppure nei periodi caratterizzati da una sostenuta dinamica delle retribuzioni, di assicurare l’auspicato riequilibrio tra le competenze fisse e i trattamenti accessori realmente finalizzati ad incentivare la produttività delle amministrazioni ed il merito dei dipendenti. Al di là di reiterate e mai concretamente perseguite affermazioni di principio contenute in atti normativi, dichiarazioni di indirizzo ed intese sottoscritte in epoche diverse tra il Governo e le organizzazioni sindacali rappresentative5 , la leva salariale non ha mai rappresentato un effettivo strumento per favorire l’innovazione nella pubblica amministrazione. Le politiche di personale attivate a partire dalla seconda privatizzazione del pubblico impiego (cioè dai contratti collettivi per il quadriennio normativo 1998-2001) non sono mai state concretamente inserite in un più ampio contesto di revisione degli assetti organizzativi e delle procedure e finalizzate al recupero di efficienza dell’attività amministrativa. Un’analisi effettuata dall’ARAN relativamente ad alcuni comparti di contrattazione (personale amministrativo delle università e dipendenti non dirigenti del comparto Regioni ed autonomie locali) relativamente al decennio 2000-2009 (che coincide con il pieno esplicarsi delle regole di crescita salariale previste all’interno della cosiddetta seconda privatizzazione del pubblico impiego), evidenzia come i sostenuti incrementi retributivi registrati nel periodo siano stati solo in minima parte influenzati dall’incremento delle voci stipendiali legate alla verifica dei risultati conseguiti. Per il personale del Comparto Regioni ed autonomie locali, fatto 100 il valore delle retribuzioni nel 2000, al termine del periodo di riferimento il nuovo indice delle 5 Merita di essere sottolineato il “Memorandum di intesa sul lavoro pubblico e la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” sottoscritto il 18 gennaio 2007 tra il Governo e le organizzazioni sindacali dei dipendenti pubblici che avrebbe dovuto rappresentare il quadro di riferimento per la contrattazione collettiva relativa al biennio economico 2006-2007 all’interno del quale la contrattazione nazionale ed integrativa venivano viste quali strumenti per contribuire alla definizione di una nuova qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche. La realizzazione del menzionato obiettivo appare in sintesi incentrato su diverse linee d’intervento: la gestione delle pubbliche amministrazioni come “aziende di servizi”, talché questi debbono essere misurati in qualità e quantità con criteri oggettivi; la valorizzazione della dirigenza nei processi di innovazione; la diretta rispondenza della contrattazione collettiva nazionale e integrativa alla modernizzazione delle “aziende pubbliche”, con l’uso flessibile delle risorse umane; la valorizzazione delle professionalità degli operatori; la distribuzione del salario di produttività sulla base di parametri oggettivi; il ricorso alle esternalizzazioni solo per le attività non specificatamente riconducibili alle missioni istituzionali. Significativa, in particolare, è l’indicazione per cui la misurazione della quantità e qualità dei servizi deve diventare, da una parte, “la base dell’intero impianto di riorganizzazione della Pubblica amministrazione” e, per altro verso, il metodo con cui “valutare il conseguimento degli obiettivi delle azioni amministrative, fissati in termini sia di realizzazioni, sia di effetti sul benessere dei cittadini.” Nella Relazione 2009 sul costo del lavoro pubblico la Corte manifestava un giudizio sostanzialmente deludente sui risultati della predetta tornata contrattuale in quanto gli accordi sottoscritti mostravano un’attenzione decisamente modesta alle questioni della produttività del lavoro nel settore pubblico in quanto le risorse disponibili risultavano impiegate pressoché totalmente per elevare i trattamenti fissi e continuativi. Nei contratti collettivi esaminati dalla Corte mancavano vincolanti e reali impegni per l’introduzione di strumenti e tecniche di valutazione delle prestazioni individuali e della produttività del lavoro. Le stesse risorse presenti nei fondi unici di amministrazione venivano poi destinate quasi per intero dagli stessi contratti nazionali a finanziare passaggi di livello economico o all’attribuzione di posizioni organizzative di elevata professionalità, spesso da concordare nel numero e nella distribuzione con le organizzazioni sindacali, attraverso un procedimento che parte dalle disponibilità economiche e non dalle esigenze organizzative di ciascun ente. Aumentava in tal modo – osservava la Corte – la rigidità dei fondi unici, con una riduzione dell’ammontare delle risorse necessarie a supportare una politica del personale coerente con i principi posti negli accordi di gennaio 2007.
  • 204. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 171 retribuzioni (144,2) è ascrivibile per 28 punti al contributo dato dagli incrementi delle componenti stipendiali o assimilate, per 9 dalle progressioni economiche attribuite ai dipendenti e per 7 dai trattamenti accessori genericamente considerati. All’interno di questi ultimi, modesto si è rilevato il contributo dell’incremento delle componenti retributive finalizzate al miglioramento della produttività (appena 2 punti su 44). Per il personale amministrativo delle Università il contributo delle predette componenti alla complessiva dinamica retributiva è risultato, nel decennio considerato, seppur di poco, addirittura di segno negativo. In altri termini, pur in un periodo di sostenuta crescita delle retribuzioni, il valore delle risorse utilizzabili per incrementare la parte premiale è rimasto più o meno simile a quello di dieci anni prima. La tavola 1 evidenzia nei principali comparti di contrattazione relativi al personale non avente qualifica dirigenziale, il rapporto esistente al termine del 2012 tra le componenti fisse della retribuzione e le voci cosiddette accessorie e, all’interno di queste, il dato relativo al peso di istituti qualificati dagli stessi enti che inviano le informazioni alla Ragioneria generale dello Stato come connessi al recupero di produttività e al maggiore impegno dei dipendenti6 . TAVOLA 1 I COMPENSI DI PRODUTTIVITÀ ALL’INTERNO DELLA RETRIBUZIONE (1) COMPLESSIVA (2) Comparto Voci stipendiali Voci accessorie Di cui produttività Totale Acces- sorio su totale Produtti- vità su totale accessorio Ministeri 22.397 5.956 1.288 28.352 21% 22% Agenzie fiscali 23.531 11.626 3.689 35.156 33% 32% Presidenza del Consiglio dei ministri 28.146 22.094 3.459 50.239 44% 16% Enti pubblici non economici 24.895 11.655 3.384 36.550 32% 29% Scuola - Docenti(3) 27.182 3.944 - 31.118 13% 0% Scuola - Personale ATA 19.573 2.743 - 22.316 12% 0% Servizio sanitario nazionale 25.428 4.898 1.650 30.326 16% 34% Regioni e autonomie locali 23.242 5.054 1.116 28.295 18% 22% Enti di ricerca 25.428 9.616 190 35.044 27% 2% Università 23.012 3.966 487 26.977 15% 12% MEDIA 24.660 4.852 1.507 29.511 16% 31% Fonte: elaborazione su dati RGS-IGOP. (3) Esclusi i docenti di religione. (1) Esclusi arretrati, trattamento accessorio all'estero e indennità De Maria. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, escluso straordinario per il personale militare. (2) Personale non dirigente a tempo indeterminato. Sono esclusi i professionisti degli enti pubblici non economici, i ricercatori e tecnologi del comparto ricerca, le elevate professionalità del comparto università. 6 Allo stato degli atti mancano, peraltro, le informazioni necessarie a valutare se effettivamente le scarse risorse utilizzate a tal fine siano state erogate a fronte di un adeguato sistema di valutazione. Non sempre, inoltre, risulta univoca la distinzione tra produttività individuale e collettiva.
  • 205. UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 172 Si tratta di percentuali che oscillano tra il 2 ed il 30 per cento, aventi comunque un valore in termini assoluti pari a poco più di qualche migliaia di euro lordi per ogni addetto. Con riferimento al Comparto ministeri il grafico 1 dà atto del valore nei singoli enti dell’unico istituto che realmente può dirsi finalizzato ad incentivare il merito individuale dei dipendenti (il cosiddetto premio di produttività). L’importo in valori casi risulta mediamente inferiore a 1.000 euro lordi annui (circa il 4 per cento della retribuzione complessiva). Siamo dunque ben lontani dalla attuazione della norma di principio contenuta nell’articolo 40, comma 3-bis, del d.lgs. n. 150 del 2009, che affidava alle successive tornate negoziali l’ambizioso obiettivo di destinare alla retribuzione di produttività “una quota prevalente del trattamento accessorio comunque denominato”. GRAFICO 1 COMPENSI DI PRODUTTIVITÀ EROGATI NEL 2012 AL PERSONALE NON DIRIGENTE DEI MINISTERI Permangono, del resto, per tali finalità modesti spazi di manovra. La categoria trattamenti accessori raggruppa, infatti, una serie di voci retributive difficilmente comprimibili quali le indennità di amministrazione o di ente, le indennità di rischio, disagio, turnazione, lo straordinario, l’indennità di vacanza contrattuale, i compensi legati alla titolarità di posizioni organizzative di elevata responsabilità. 5. Un ulteriore fattore di criticità è rappresentato dall’esistenza di differenze retributive tra i vari comparti (e spesso, anche all’interno di questi ultimi, tra i diversi
  • 206. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 173 enti) a parità di mansioni svolte, fenomeno che la privatizzazione del pubblico impiego avrebbe dovuto superare e che, viceversa, risulta accentuato. Hanno contribuito a tale andamento la sostanziale conferma, ad opera della contrattazione collettiva, del complesso e stratificato sistema di norme speciali che attribuiscono benefici a specifiche categorie di personale e la progressiva creazione di assetti ordinamentali diversi attraverso la costituzione di un numero variabile di aree di inquadramento e all’interno di queste di posizioni economiche differenziate. Sotto il primo profilo, un tentativo di censimento delle numerose leggi speciali vigenti era stato, invero, effettuato dall’articolo 67 del decreto-legge n. 112 del 2008, limitatamente, peraltro, al personale dipendente dai Ministeri e dai principali enti di previdenza. La Corte ha più volte sottolineato la tendenza ad un addensamento del personale nei livelli economici più alti di ciascuna area, in esito a progressioni economiche cosiddette orizzontali effettuate senza adeguati criteri di selettività, in un contesto in cui è progressivamente divenuta opaca fino a scomparire la differenza tra tale forma di incremento retributivo e l’attribuzione di emolumenti legati esclusivamente alla anzianità di servizio. La norma prevedeva la sospensione per il 2009 dell’efficacia di tutte le norme che disponevano compensi ed incentivi al personale, quantificando la riduzione di spesa in 476 milioni. Nel successivo esercizio 2010 era prevista una riassegnazione pari all’80 per cento del gettito delle misure sospese, condizionato ad un effettivo utilizzo delle stesse secondo criteri di selettività e premialità. Tale ultima previsione non risulta peraltro verificabile nella sua attuazione in un contesto che consente l’utilizzo indifferenziato delle risorse presenti nei fondi unici di amministrazione attraverso cui viene finanziata la contrattazione di secondo livello. UN’AGENDA PER IL RIAVVIO DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA 6. E’ alla luce delle criticità evidenziate nel precedente paragrafo che vanno affrontate le problematiche relative al necessario riavvio della contrattazione collettiva nazionale. L’obiettivo da perseguire è quello di evitare effetti di rimbalzo connessi con l’inusitata durata del blocco dei contratti, come già avvenuto in contesti simili a quello attuale. Si tratta di garantire una fisiologica dinamica incrementale delle componenti retributive fisse compatibile con gli andamenti della finanza pubblica e con le esigenze di contenimento della spesa all’interno di una coerente programmazione finanziaria e al contempo delineare i presupposti per il finanziamento di un effettivo meccanismo premiale. Al riguardo più volte la Corte ha sottolineato gli aspetti positivi dell’accordo sulla dinamica retributiva nel pubblico impiego sottoscritto nel mese di maggio del 2009 sinora, peraltro, mai sperimentato. Al fine di superare le criticità del previgente accordo sulla dinamica dei redditi di luglio 1993 (pensato per il settore privato e successivamente esteso anche ai pubblici dipendenti), il nuovo accordo-quadro prevede la crescita delle componenti stipendiali della retribuzione, secondo un parametro prefissato da correlare alle stime
  • 207. UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 174 sull’andamento dell’inflazione nel periodo di riferimento effettuate da un organismo indipendente, sulla base della applicazione dell’indice IPCA depurato del prezzo dei prodotti energetici importati. La previsione di una unilaterale corresponsione di incrementi retributivi calcolati sulla base delle disponibilità stanziate nella legge di stabilità per il primo anno di vigenza dei contratti dovrebbe evitare il ripetersi del fenomeno dei ritardi nella sottoscrizione degli accordi (ritardo che talora per le aree dirigenziali ha superato i 4 anni)7 . 7. Il riavvio della contrattazione postula peraltro una revisione nell’assetto delle relazioni sindacali nel pubblico impiego e una necessaria manutenzione del quadro normativo sotto il profilo della necessaria ridefinizione dei comparti di contrattazione e delle competenze dei comitati di settore. Si tratta di un processo che presuppone una rideterminazione della rappresentatività sindacale, da correlare alle nuove aree di contrattazione e, per quanto attiene alla parte pubblica, un necessario raccordo con l’assetto ordinamentale, peraltro in corso di revisione, del federalismo fiscale ed amministrativo. Il nodo da sciogliere, non risolto dalla concreta prassi applicativa della privatizzazione, consiste nell’assicurare margini di flessibilità nella gestione del personale agli enti non statali, in un contesto che garantisca un effettivo presidio al rispetto di vincoli complessivi alla crescita della spesa per redditi da lavoro dipendente. All’interno di tale processo va affrontata la problematica relativa al dimensionamento delle prerogative sindacali, da correlare al minor fabbisogno di attività derivante alla concentrazione dei tavoli di negoziazione e, in ogni caso, subordinata all’adozione di criteri di reale trasparenza nell’attività di reclutamento e partecipazione degli iscritti e di verificabili modalità di rendicontazione delle spese sostenute8 . Il punto cardine del nuovo assetto retributivo dovrebbe essere per i dipendenti inquadrati nelle qualifiche non dirigenziali la creazione di un effettivo sistema incentivante e premiale con una entità di risorse adeguata, correlata a parametri macroeconomici (quali l’andamento del Pil), da distribuire tra le varie amministrazioni secondo criteri che privilegino i risultati ottenuti nella spending review. Va rivisto il meccanismo di dimensionamento e di utilizzo delle risorse da utilizzare nella contrattazione integrativa. Con riferimento ai comparti non statali le ultime relazioni della Corte dei conti sul costo del lavoro pubblico hanno evidenziato a livello globale la mancata 7 Come più volte sottolineato dalla Corte, il ritardo nella sottoscrizione dei contratti collettivi è stato alla base delle criticità di funzionamento dell’accordo di luglio 1993 sulla politica dei redditi basato su un meccanismo di anticipazione degli incrementi da parametrare al tasso di inflazione programmata e di recupero nella successiva tornata dell’eventuale differenziale con l’andamento, accertato a consuntivo, dell’inflazione reale. La contrattazione sino al biennio 2008-2009 si è conclusa, di regola, con il riconoscimento di incrementi superiori al tasso di inflazione reale e concentrati pressoché esclusivamente sulle componenti fisse della retribuzione. 8 Secondo i dati contenuti nell’apposita relazione predisposta dal Dipartimento della funzione pubblica il costo delle prerogative sindacali nel 2012, in termini di corresponsione della retribuzione ai beneficiari di permessi e aspettative a fronte della sospensione della prestazione lavorativa, ammonta a circa 110 milioni di euro che corrispondono alla mancata prestazione lavorativa di un dipendente pubblico ogni 750. Una riduzione dell’entità delle prerogative di entità pari al 15 per cento in termini di monte ore a disposizione risulta già di recente disposta dalla legge e dai conseguenti decreti attuativi: tale riduzione non ha riguardato i comparti Regioni-autonomie locali e quello del Servizio sanitario nazionale essendo la competenza in materia riservata ad interventi normativi regionali.
  • 208. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 175 effettuazione delle riduzioni delle risorse per la contrattazione integrativa previste dal decreto-legge n. 78 del 2010 e in numerosi casi una crescita ingiustificata delle disponibilità per percentuali superiori al 40 per cento della popolazione analizzata. Gli esiti delle verifiche effettuate dall’apposito nucleo alle dipendenze del Dipartimento della funzione pubblica e della Ragioneria generale dello Stato hanno messo in luce protratte irregolarità nel dimensionamento e nella gestione dei fondi, utilizzati per corrispondere agli interessati indennità e compensi non sempre in linea con le norme di fonte legislativa o le previsioni contenute nei contratti collettivi nazionali. In mancanza di un adeguato presidio, il recupero a consuntivo delle eccedenze di spesa si rivela di difficile praticabilità in quanto destinato ad incidere su un assetto retributivo ormai da tempo stabilizzato9 . I NODI IRRISOLTI DELLA DIRIGENZA PUBBLICA 8. Particolari criticità permangono nell’assetto ordinamentale della dirigenza pubblica amministrativa10 . A fronte di una sostenuta dinamica retributiva non è mai entrato a regime un idoneo sistema di valutazione della capacità manageriale, presupposto per la corresponsione della cosiddetta retribuzione di risultato. La normativa sul reclutamento e sulla attribuzione degli incarichi, inoltre, non ha garantito il contemperamento delle necessarie esigenze di flessibilità organizzativa con la garanzia di un’effettiva autonomia gestionale dei dirigenti nei confronti degli organi politici. Quanto sopra alla luce degli ampi margini discrezionalità tutt’ora esistenti per la riconferma del dirigente o l’attribuzione di un incarico di livello superiore. Sotto il profilo della flessibilità organizzativa e della rotazione degli incarichi, l’introduzione per un breve periodo di tempo del cosiddetto ruolo unico della dirigenza amministrativa non ha prodotto i benefici attesi. Il meccanismo di reclutamento prevede, infatti, l’indizione di concorsi pubblici per un numero di posti pari ad una percentuale delle cessazioni intervenute. La platea di interessati coincide, quindi, con il numero degli incarichi vacanti da conferire. Ciascun soggetto, inoltre, una volta superato il concorso, acquisisce il diritto alla corresponsione quantomeno delle competenze fisse corrispondenti alla nuova qualifica acquisita. L’unica forma di flessibilità si è di fatto concretata nell’attribuzione di non sempre utili incarichi di studio e ricerca per i soggetti temporaneamente privi della titolarità di un ufficio. Il ruolo unico, infatti, non ha rappresentato nel periodo di sperimentazione, un’albo di soggetti abilitati all’esercizio delle funzioni (come avviene per il reclutamento dei professori universitari), ma un’elenco di personale già in possesso della qualifica dirigenziale e quindi avente diritto all’erogazione delle competenze fisse spettanti, indipendentemente dal conferimento della titolarità di un ufficio. 9 L’articolo 4 del decreto-legge n. 16 del 2014 prevede un complesso meccanismo per un recupero, diluito nel tempo, di eventuali eccedenze di spesa, accompagnato dall’obbligatoria adozione di misure strutturali per evitare il ripetersi del fenomeno. 10 Con tale termine si fa riferimento alle aree dirigenziali dei comparti: ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici, Presidenza del Consiglio dei ministri, Regioni ed autonomie locali, Università ed enti di ricerca per un totale nel 2012 di 1.160 dirigenti di prima fascia e 12.112 dirigenti di seconda fascia. Problematiche particolari riguardano la dirigenza scolastica e la dirigenza medica del servizio sanitario nazionale per le quali si rinvia alle relazioni annuali sul costo del lavoro pubblico.
  • 209. UNA POLITICA PER IL PUBBLICO IMPIEGO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 176 In un’ottica di spending review un preliminare intervento avente, a regime, caratteristiche strutturali, potrebbe consistere nella doverosa rivalutazione dell’attuale collocazione a livello dirigenziale di seconda fascia di uffici di piccole dimensioni che svolgono esclusivamente attività non aventi rilevanza esterna ma solo compiti serventi rispetto a strutture di più ampie dimensioni. La titolarità di tali uffici potrebbe essere attribuita, a tempo determinato e previa idonea forma di selezione comparativa, ai funzionari appartenenti alla categoria più elevata della carriera amministrativa degli enti interessati, introducendo anche nel settore pubblico la figura professionale dei quadri, ben nota al lavoro privato, garantendo un percorso di carriera ai dipendenti più meritevoli11 . Il differenziale retributivo attualmente esistente tra la più alta categoria di funzionari e i dirigenti di seconda fascia dà un’idea di quali potrebbero essere i possibili risparmi di spesa attraverso una opportuna modulazione dell’eventuale indennità di direzione da corrispondere agli interessati12 . Conclusioni 9. Al di là delle criticità evidenziate nei paragrafi precedenti superata la fase di emergenza finanziaria, il riavvio di politiche di personale deve avvenire all’interno di una complessiva riforma dell’assetto organizzativo e delle modalità di agire del settore pubblico. L’approccio al pubblico impiego non può più limitarsi ad interventi settoriali volti ad eliminare specifiche sacche di inefficienza, a riequilibrare situazioni di evidente disuguaglianza retributiva o a favorire recuperi di produttività, comunque auspicabili. Le modalità di reclutamento, il fabbisogno di professionalità specifiche legate all’evoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informatica, le iniziative di formazione, il dimensionamento delle risorse umane sul territorio, le aspettative di carriera dei più meritevoli di carriera, i meccanismi incentivanti, debbono essere calibrati in modo coerente rispetto ad un complessivo disegno di ridefinizione dell’area di intervento propria del settore pubblico, delle priorità da perseguire, dei servizi essenziali da garantire a tutti i cittadini, delle procedure e delle modalità di agire delle amministrazioni, del riparto di competenze tra i diversi livelli di governo. 11 Un meccanismo di conferimento della titolarità di uffici dirigenziali di minore importanza, analogo a quello sopradescritto, è attualmente utilizzato sia pur in via temporanea in attesa della conclusione delle ordinarie procedure di reclutamento presso le Agenzie fiscali sulla base di quanto disposto dagli specifici regolamenti di organizzazione (v. ad es., l’art. 24 del regolamento dell’Agenzia delle entrate). Si tratta peraltro di una prassi che, ha dato luogo ad un diffuso contenzioso per quanto attiene alle procedure di selezione. In ogni caso agli interessati viene corrisposto per intero lo stipendio spettante ad un dirigente che riveste analoga posizione nella struttura. Secondo i dati contenuti nel conto annuale per il 2012 presso le Agenzie fiscali il 64 per cento dei posti dirigenziali di seconda fascia sono coperti tramite il predetto meccanismo. 12 Secondo una riaggregazione dei dati presenti nel conto annuale 2012, presso gli enti pubblici non economici la retribuzione complessiva dei dirigenti di seconda fascia è 3,5 volte quella dei funzionari della categoria più elevata; tale rapporto è pari a 1,8 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con valori intermedi nei restanti comparti di contrattazione. In valori assoluti la differenza oscilla tra i circa 43.000 euro del comparto Presidenza ed i circa 95.000 del comparto enti pubblici non economici.
  • 210. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 177 IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO 1. Anche nel 2013 le amministrazioni locali hanno ottenuto un risultato migliore delle attese. Le spese complessive al netto degli interessi presentano per il terzo anno consecutivo una contrazione in termini assoluti, risultando in riduzione anche in termini di prodotto. Nell’ultimo triennio la contrazione ha superato il punto di Pil. Invariata sempre in termini di prodotto la spesa corrente che consolida, quindi, i miglioramenti registrati negli ultimi anni. L’insieme delle misure assunte per garantire il contributo delle amministrazioni territoriali agli obiettivi di finanza pubblica ha consentito negli esercizi più recenti di ottenere un graduale rafforzamento dei risultati conseguiti. Il 2013 ha reso, tuttavia, evidente anche il limite raggiunto dalla strumentazione posta finora in essere. L’efficacia delle misure contenimento è stata affidata più a meccanismi di riduzione delle risorse che all’operare di una regola fiscale, di volta in volta modificata per rispondere a esigenze ulteriori o per rimuovere difficoltà operative. La regola si è rivelata più volte inefficace nel governare un necessario contenimento della dinamica della spesa corrente, e spesso si è tradotta in un progressivo processo di riduzione della spesa in conto capitale. Così il riferimento a condizioni iniziali legate alla spesa storica ha portato, sia nel caso della riduzione di risorse sia del meccanismo del Patto, ad accentuare taluni squilibri. Ne è derivata una distribuzione del contributo richiesto al risanamento a volte distorto, rendendo la sua applicazione ancor meno sostenibile. Tutto ciò aggravato dalle difficoltà di quegli enti che hanno rinviato l’aggiustamento richiesto dalle condizioni della finanza pubblica, anche contando su un esercizio crescente della pressione fiscale locale. Nel 2013 le difficoltà di rendere effettivo lo stimolo alla crescita della spesa in conto capitale attraverso l’allentamento del Patto, l’esplodere della questione dei debiti delle amministrazioni territoriali, anche a ragione della insussistenza di entrate, ne sono un indice certo. E ciò nel pur rassicurante quadro del rispetto, pressoché generalizzato, degli obiettivi dei Patti regionali e locali. Ripensare oggi al Patto è ad un tempo più difficile e urgente. Urgenza e difficoltà sono strettamente legate: entrambe derivano dal rilievo degli aggiustamenti che è ancora necessario operare per dar vita a regole coerenti con quello che, a partire dal 2015, sarà il nuovo assetto costituzionale che regolerà il contributo degli enti all’equilibrio di bilancio. A partire dal prossimo esercizio, infatti, secondo la legge rinforzata (legge 243/2012), che dà attuazione al precetto del pareggio di bilancio, il contributo “standard” agli equilibri da parte degli enti territoriali sarà garantito attraverso il pareggio del saldo complessivo di bilancio (entrate finali – spese finali) e del saldo di parte corrente; il ricorso ad indebitamento sarà consentito solo per finanziare spese di investimento e previsto secondo una procedura di intesa, a livello regionale, per consentire che questo sia coerente con la necessità di assicurare l’equilibrio complessivo a livello di comparto, misurato in termini di gestione di cassa finale del complesso degli enti della Regione.
  • 211. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 178 Ma è sempre attraverso il Patto di stabilità interno che sarà possibile prevedere un contributo ulteriore agli obiettivi di finanza pubblica. Una necessità che si pone in questa fase come elemento ineludibile per i prossimi anni. Se passi significativi sono stati fatti negli ultimi esercizi nella gestione della flessibilità territoriale a livello regionale (con i diversi sistemi di Patto regionalizzato), se il riferimento a tali esperienze potrà favorire il passaggio ad una “forma integrata” è anche vero che occorre sciogliere i nodi che rimangono sul fronte delle regole standard che devono garantire il funzionamento del sistema su cui applicare il vincolo fiscale. Muovere verso assetti più efficienti attraverso la riorganizzazione e/o fusione di enti o intervenire sulle modalità di gestione degli acquisti di beni e servizi in modo da eliminare le inefficienze e gli oneri impropri, rappresentano passi importanti e misure in grado di contribuire al contenimento della spesa. E’, tuttavia, anche necessario riprendere il cammino per una effettiva responsabilizzazione delle gestioni territoriali, valorizzando quanto di positivo è possibile ottenere da un processo di decentramento basato su responsabilità di entrata e di spesa. Ciò significa guardare a una nuova regola fiscale che renda possibile la gestione del nuovo vincolo costituzionale del pareggio di bilancio in una fase che, ancora per lungo tempo, richiederà un contributo aggiuntivo delle comunità territoriali. Difficile è, oggi, immaginare una riconfigurazione del Patto che non si fondi su un ridisegno complessivo del sistema di finanziamento di regioni e enti locali. Ciò significa muovere con decisione ma anche con realismo. Non si può più rimandare il completamento del sistema di finanziamento, la definizione di un sistema basato sulle capacità fiscali standard, la individuazione, come si è fatto nella sanità, di fabbisogni e costi standard e meccanismi di responsabilizzazione che offrano un riferimento chiaro per il governo della spesa e la garanzia di livelli adeguati dei servizi per i cittadini Il sistema delle autonomie è stato investito dalla crisi durante il percorso di ridisegno. Un percorso reso oggi ancora arduo dalla necessità di consentire il riavvio della crescita reperendo risorse attraverso ulteriori tagli di spesa. Un riassetto, non più rinviabile, senza il quale la costruzione di equilibri e la distribuzione di risorse e oneri non può evitare distorsioni ulteriori, non accettabili per un sistema che voglia tornare a crescere. LE AMMINISTRAZIONI LOCALI: OBIETTIVI E RISULTATI 2. Nel DEF 2013 il quadro programmatico delle amministrazioni locali prefigurava per il 2013 un disavanzo pari allo 0,6 per cento del prodotto, rispetto al saldo positivo dello 0,2 per cento del 2012. Tale andamento si fondava su alcuni elementi principali:  il mantenimento di un profilo di riduzione della spesa corrente al netto degli interessi. Era la spesa non sanitaria a registrare la flessione maggiore, oltre il 4 per cento rispetto al 2012;  un deciso incremento dei tagli di spesa relativi ai consumi intermedi sulla scia di quanto disposto con il DL 95/2012;  una forte accelerazione della spesa in conto capitale (+18,6 per cento), da ricondurre all’impulso offerto ai pagamenti dei debiti verso fornitori per spese di investimento giacenti al 31 dicembre 2012.
  • 212. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 179 TAVOLA 1 LE AMMINISTRAZIONI LOCALI – PREVISIONI E RISULTATI A CONFRONTO (DEF 2013 E DEF 2014)SPESE(*)20102011201220132011201220132010201120122013201120122013 Spesecorrentialnetto interessi(*)210.033206.050202.582199.116204.316200.759199.30013,513,112,912,812,912,812,8 dicui Redditidalavoro dipendente72.61370.87469.20468.79370.66568.54967.2554,74,54,44,44,54,44,3 Consumiintermedi107.903108.133107.281105.643107.892107.200106.2037,06,96,96,86,86,86,8 Trasferimentiadaltri21.26020.02019.20517.91118.73219.07719.8681,41,31,21,11,21,21,3 Spesecorrenti213.868210.243206.735202.664208.576204.871203.33713,813,313,213,013,213,113,0 dicuiinteressipassivi3.8354.1934.1533.5484.2604.1124.0370,20,30,30,20,30,30,3 Speseincontocapitale (*)31.70730.50927.98033.18730.23028.87027.5222,01,91,82,11,91,81,8 dicui Investimentifissi23.86222.51921.06218.97922.48122.15020.8781,51,41,31,21,41,41,3 Trasferimentiadaltri7.7457.9216.74214.0317.7286.4976.5990,50,50,40,90,50,40,4 Spesecomplessiveal nettointeressi(*)241.740236.559230.562232.303234.546229.629226.82215,615,014,714,914,814,714,5 Spesecomplessive(*)245.575240.752234.715235.851238.806233.741230.85915,815,315,015,115,114,914,8 ENTRATE20102011201220132011201220132010201120122013201120122013 Entratecorrenti(*)228.688225.825225.573214.153224.273223.730218.07014,714,314,413,714,214,314,0 dicui Impostedirette31.26032.48136.61635.81032.17035.20935.0022,02,12,32,32,02,22,2 Imposteindirette64.75468.08171.83275.01467.02571.39869.6194,24,34,64,84,24,64,5 Contributisociali1.4111.4081.4001.4251.4091.3931.3800,10,10,10,10,10,10,1 TrasferimentinettidaPA101.80693.04183.91669.81893.27084.87981.2756,65,95,44,55,95,45,2 Entrateinconto capitale(*)9.31511.73211.86612.11111.09910.97812.3220,60,70,80,80,70,70,8 dicui Impostec/capitale35434504154530,00,00,00,00,00,00,0 TrasferimentinettidaPA (*)7.0038.9329.0667.6048.2928.1138.9130,50,60,60,50,50,50,6 Entratecomplessive(*)238.003237.557237.439226.264235.372234.708230.39215,315,015,214,514,915,014,8 Saldocorrente14.82015.58218.83811.48915.69718.85914.7331,01,01,20,71,01,20,9 Indebitamento-7.572-3.1952.724-9.587-3.434967-467-0,5-0,20,2-0,6-0,20,10,0 Saldoprimario-3.7379986.877-6.0398265.0793.570-0,20,10,4-0,40,10,30,2 PIL1.551.8861.578.4971.565.9161.558.2771.579.9461.566.9121.560.024 (*)NB.LespeseeleentratesonoalnettodeitrasferimentiversoaltreAP Fonte:elaborazioneCortedeicontisudatiIstateMEF Def2013Def2014Def2013Def2014 inmilioniin%Pil inmilioniin%Pil Def2013Def2014Def2013Def2014
  • 213. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 180 Un quadro che incorporava, in altri termini, gli effetti delle misure assunte con il DL 35/2013 che aveva disposto maggiori spese in conto capitale per le amministrazioni locali a fronte di debiti certi ed esigibili per circa 7 miliardi. Dal lato delle entrate, il mantenimento di un profilo crescente delle entrate tributarie (+2,2 per cento) si accompagnava ad una netta riduzione dei trasferimenti (in flessione di oltre il 16 per cento) sia per la sostituzione di parte di questi con entrate proprie, sia per il maturare dei tagli di risorse previsti dalle manovre di aggiustamento che (pur rimanendo l’importo complessivo della manovra pressocchè immutato rispetto al 2012, anche per l’operare della flessibilizzazione del Patto disposta con il DL 35), crescevano di importo in maniera significativa: oltre 6 miliardi (ricomprendendovi anche le riduzioni previste per la sanità). A consuntivo il quadro che emerge è molto diverso:  l’esercizio si è chiuso in sostanziale pareggio;  la spesa corrente al netto degli interessi si è mantenuta sui livelli del 2012: il 12,8 per cento del prodotto. Si è confermata la tendenza riflessiva del biennio 2011-2012 anche se per solo lo 0,7 per cento;  la spesa corrente non sanitaria si è ridotta dell’1,2 per cento, ottenendo una contrazione inferiore a quanto previsto (soprattutto considerando che con la Nota di aggiornamento la contrazione attesa era prevista del 4,9 per cento);  i redditi dal lavoro flettono più del previsto. Nonostante l’aggiornamento in ulteriore flessione del dato del 2012, la riduzione è del 1,9 per cento contro lo 0,6 previsto;  la spesa per consumi intermedi continua a calare (-0,9 per cento). Una flessione che si accentua guardando alla spesa al netto di quella degli enti sanitari locali. Per la prima volta, la spesa degli enti non sanitari si contrae di oltre il 2 per cento, pur non raggiungendo l’obiettivo previsto ;  sono i trasferimenti a soggetti non PA ed in particolare i contributi alla produzione a registrare un risultato inatteso: nel complesso la voce, prevista in riduzione del 6,7 per cento, cresce invece di oltre il 4 per cento. Un aumento concentrato tra le regioni che presentano l’aumento più significativo (oltre il 12 per cento rispetto al 2012);  la spesa in conto capitale ha registrato invece un calo inatteso: -4,7 per cento in termini nominali. Anche il risultato sul fronte delle entrate si discosta da quanto previsto subendo una contrazione molto più contenuta. Il permanere della crisi ha inciso sul gettito dei tributi posti a copertura delle spese garantite dal riferimento a livelli essenziali comportando un riadeguamento delle somme riconosciute a compensazione. Un andamento rafforzato, in parte, anche da un probabile effetto compensativo per la riduzione dei trasferimenti registrata nel 2012 (rispetto al 2011) superiore alle attese, e in parte “nascosto” dall’utilizzo della capacità fiscale locale anche oltre le previsioni di inizio anno. Tali andamenti confermano la tendenza riflessiva nella spesa delle amministrazioni locali (per la terza volta dalla metà degli anni novanta si presenta un calo della spesa complessiva in termini nominali dell’1,2 per cento). I risultati ottenuti pongono, tuttavia, più di un interrogativo sull’efficacia sia delle misure destinate al contenimento della spesa, sia di quelle volte ad accelerare i pagamenti in conto capitale fornendo, per questa via un impulso aggiuntivo alla crescita.
  • 214. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 181 TAVOLA 2 IL CONTO CONSOLIDATO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI (ANNI 2013-2018) SPESE(*)201320142015201620172018201320142015201620172018201320142015201620172018 Spesecorrenti(netto interessi)(*)199.300199.464199.400201.558204.369208.959-0,70,10,01,11,42,212,812,612,312,011,811,7 dicui Redditidalavorodipendente67.25567.05466.49966.46566.42366.626-1,9-0,3-0,8-0,1-0,10,34,34,24,14,03,83,7 Consumiintermedi106.203107.500108.182110.400113.041116.612-0,91,20,62,12,43,26,86,86,76,66,56,5 Trasferimentiadaltri19.86819.03018.94718.99319.31520.2414,1-4,2-0,40,21,74,81,31,21,21,11,11,1 Spesecorrenti(*)203.337202.821202.657204.717207.491212.078-0,7-0,3-0,11,01,42,213,012,812,512,212,011,9 dicuiinteressipassivi4.0373.3573.2573.1593.1223.119-1,8-16,8-3,0-3,0-1,2-0,10,30,20,20,20,20,2 Spesec/capitale(*)27.52225.06924.20825.22025.31325.925-4,7-8,9-3,44,20,42,41,81,61,51,51,51,4 dicui Investimentifissi20.87818.67417.76818.13918.61019.209-5,7-10,6-4,92,12,63,21,31,21,11,11,11,1 Spesecomplessive(netto interessi)(*)226.822224.533223.608226.778229.682234.884-1,2-1,0-0,41,41,32,314,514,113,713,513,313,1 Spesecomplessive(*)230.859227.890226.865229.937232.804238.003-1,2-1,3-0,41,41,22,214,814,413,913,713,413,3 ENTRATE(*)201320142015201620172018201320142015201620172018201320142015201620172018 Entratecorrenti(*)218.070217.274216.226218.840222.843228.094-2,5-0,4-0,51,21,82,414,013,713,313,112,912,8 dicui Impostedirette35.00235.06335.33235.68536.05736.439-0,60,20,81,01,01,12,22,22,22,12,12,0 Imposteindirette69.61970.82970.69471.85372.61474.016-2,51,7-0,21,61,11,94,54,54,34,34,24,1 Contributisociali1.3801.3901.4051.4241.4411.461-0,90,71,11,41,21,40,10,10,10,10,10,1 TrasferimentinettidaPA(*)81.27579.29177.35678.31280.73583.746-4,2-2,4-2,41,23,13,75,25,04,84,74,74,7 Entrateincontocapitale(*)12.32210.49010.46210.7469.5429.31012,2-14,9-0,32,7-11,2-2,40,80,70,60,60,60,5 dicui TrasferimentinettidaPA(*)8.9137.2386.9196.3506.1936.1879,9-18,8-4,4-8,2-2,5-0,10,60,50,40,40,40,3 Entratecomplessive(*)230.392227.764226.688229.586232.385237.404-1,8-1,1-0,51,31,22,214,814,413,913,713,413,3 Saldocorrente14.73314.45313.56914.12315.35216.0160,90,90,80,80,90,9 Indebitamento-467-126-177-351-419-5990,00,00,00,00,00,0 Saldoprimario3.5703.2313.0802.8082.7032.5200,20,20,20,20,20,1 (*)NB.LespeseeleentratesonoalnettodeitrasferimentiversoaltreAP Fonte:elaborazioneCortedeicontisudatiIstateMEF in%delPil inmilionivariazione%in%delPil inmilionivariazione%
  • 215. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 182 Il quadro tendenziale non offre le condizioni per un allentamento degli obiettivi a cui è chiamato il mondo delle autonomie. Senza ancora considerare le misure che dovranno essere assunte per garantire il carattere strutturale degli interventi di riduzione delle entrate disposte con il DL 66/2014, che è previsto passino attraverso un ulteriore taglio della spesa, nel prossimo triennio la spesa al netto degli interessi delle amministrazioni territoriali presenta una riduzione di poco meno di un punto in termini di prodotto, per oltre la metà attesa da redditi e consumi intermedi. Va considerato, tuttavia, che la spesa corrente al netto della sanità dovrebbe ridursi di 7 decimi di punto in rapporto al prodotto, con una flessione in termini nominale di oltre il 5 per cento. Un risultato che, seppur diluito nel triennio, già indica la difficoltà dell’aggiustamento richiesto, a prescindere dello sforzo ulteriore che potrebbe essere necessario. Un quadro, è bene rammentarlo, in cui la spesa in conto capitale è prevista in ulteriore riduzione attestandosi all’1,5 per cento del Pil, rispetto al già modesto 1,8 per cento del 2013. L’INCIDENZA DELLE MANOVRE FINANZIARIE La dimensione complessiva delle misure assunte nell’ambito delle manovre di contenimento del deficit della PA è di sicuro rilievo. Rispetto al dato tendenziale contenuto nel Dpef 2009-2013, presentato nel giugno 2008, con la correzione prevista per il 2013 si è disposta una riduzione cumulata della spesa degli enti territoriali (al netto di quella disposta per il settore sanitario) per quasi 26,4 miliardi. Si tratta delle correzioni nette, intese come saldo tra gli inasprimenti del Patto di stabilità (11 miliardi) e tagli delle risorse trasferite o destinate a Regioni, Comuni e Province (oltre 15 miliardi) e i ripetuti alleggerimenti disposti in corso d’anno per alleviare la stringenza degli obiettivi o per stimolare la crescita degli investimenti. Tali misure sono state accompagnate da vincoli o tetti di spesa che hanno inciso quali elementi posti a rafforzamento di quelle principali. La ricostruzione contenuta nella tavola considera gli effetti delle misure adottate fino a maggio 2014, comprensive quindi di quelle previste con il DL 66/2014 in corso di conversione, assunte al valore attribuito nella relazione tecnica al provvedimento presentato alle Camere.
  • 216. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 183 IL CONTRIBUTO DEGLI ENTI TERRITORIALI ALLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA (anni 2012-2016 – valori in milioni) 2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 2.440 2.440 2.440 2.440 2.440 2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Taglio risorse 4.500 4.500 4.500 4.500 4.500 2011 DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL 138/2011 Obiettivo PSI 1.600 1.600 1.600 1.600 1.600 2011 DL 98/2011, art. 21 Reintegro risorse -400 -400 -400 -400 -400 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 1 (Riduzione manovra a valere sulla cd. "Robin tax") Reintegro risorse -760 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 2 (Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -95 2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 2 Taglio risorse 700 1.000 1.000 1.050 1.050 2012 L. 228/2012, art. 1, co. 117-118 Obiettivo PSI 1.000 1.000 1.000 1.000 2013 D.L 35/2013, art. 1, co. 8 Alleggerimento obiettivo PSI -1.400 2013 D.L 35/2013, art. 2 Alleggerimento obiettivo PSI -800 2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI 700 700 700 Obiettivo PSI (spending review) 241 241 taglio risorse 560 7.985 7.940 11.400 11.131 11.131 4.040 5.100 5.660 5.150 5.150 3.945 2.840 5.740 5.981 5.981 2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 1.620 1.620 1.620 1.620 1.620 2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Obiettivo PSI 1.000 1.000 1.000 1.000 1.000 2011 DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL 138/2011 Obiettivo PSI 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 2 (Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -20 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 1 (Riduzione manovra a valere sulla cd. "Robin tax") Reintegro risorse -370 2011 D.L. 201/2011, art. 28, co. 3 Accantonamento risorse 920 920 920 920 920 2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 2 Taglio risorse 600 1.200 1.500 1.575 1.575 2012 L. 228/2012, art. 1, co. 117-118 Obiettivo PSI 500 500 500 500 2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI 300 300 300 2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI (spending review) 103 103 2013 L 147/2013 stabilità taglio risorse (accantonamento) 240 2014 DL 66/2014, artt. 8, 46 Obiettivo PSI (spending review acquisto beni/servizi) 200 300 300 2014 DL 66/2014, art. 46 Taglio risorse (accantonamento) 200 300 300 5.750 7.240 8.480 8.618 8.618 1.150 2.120 2.860 2.795 2.795 5.220 6.320 7.160 6.995 6.995 2014 DL 66/2014, artt. 8, 46 Obiettivo PSI (spending review acquisto beni/servizi) 500 750 750 13.735 15.180 20.380 20.499 20.499 Inasprimento obiettivo PSI REGIONI A STATUTO SPECIALEE RELATIVI ENTI LOCALI (esclusi enti locali di Sicilia e Totale manovre Territori a Statuto Speciale di cui: Riduzione netta di risorse Inasprimento obiettivo PSI REGIONI A STATUTO ORDINARIO Totale manovre Regioni a Statuto Ordinario di cui: Riduzione netta di risorse 2014 20152012 2013 2016 RSO+RSS+PPAA (contributo al momento indifferenziato) Totale Regioni e province autonome
  • 217. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 184 Segue IL CONTRIBUTO DEGLI ENTI TERRITORIALI ALLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA 2012 2013 2014 2015 2016 2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 4.160 4.160 4.160 4.160 4.160 2009 L. 109/2009 art. 2 160 2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Taglio risorse 2.500 2.500 2.500 2.500 2.500 2011 DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL 138/2011 Obiettivo PSI 1.700 2.000 2.000 2.000 2.000 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 1 (Riduzione manovra a valere sulla cd. "Robin tax") Reintegro risorse -520 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 2 (Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -65 2011 D.L. 201/2011, art. 28, co. 7 Taglio risorse 1.450 1.450 1.450 1.450 1.450 2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 6 Taglio risorse 500 2.000 2.000 2.000 2.000 2012 L. 228/2012, art. 1, co. 119 Taglio risorse 100 250 500 600 600 2012 L. 228/2012, art. 1, co. 119 Reintegro risorse -465 -443 2013 D.L 35/2013, art. 1, co. 8 Alleggerimento obiettivo PSI -3.852 2013 D.L. 120/2013, art. 2, co. 5 Obiettivo PSI (sospensione meccanismo "virtuosità" 445 2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI (spending review) 275 275 2013 L 147/2013 stabilità Alleggerimento obiettivo PSI (comuni e province) spesa K -1000 2013 L 147/2013 stabilità Alleggerimento obiettivo PSI (comuni e province) per debiti pregressi -500 2014 DL 66/2014, artt. 8, 47 Taglio risorse (spending review acquisto beni/servizi) 360 540 540 2014 DL 66/2014, artt. 8, 47 Taglio risorse (spending review incarichi studio/autovetture) 15,6 23,4 23,4 9.985 8.488 11.043 13.548 13.548 4.190 5.735 6.383 7.113 7.113 5.795 2.753 4.660 6.435 6.435 2008 D.L. 112/2008, art. 77 Obiettivo PSI 980 980 980 980 980 2010 D.L. 78/2010, art. 14, co. 1 Taglio risorse 500 500 500 500 500 2011 DL 98/2011, art. 20, co. 5, e DL 138/2011 Obiettivo PSI 700 800 800 800 800 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 1 (Riduzione manovra a valere sulla cd. "Robin tax") Reintegro risorse -150 2011 L. 183/2011, art. 30, co. 2 (Premialità per enti virtuosi) Alleggerimento obiettivo PSI -20 2011 D.L. 201/2011, art. 28, co. 8 Taglio risorse 415 415 415 415 415 2012 D.L. 95/2012, art. 16, co. 7 Taglio risorse 500 1.000 1.000 1.000 1.000 2012 L. 228/2012, art. 1, co. 121 Taglio risorse 200 200 250 250 2013 D.L 35/2013, art. 1, co. 8 Alleggerimento obiettivo PSI -1.148 2013 L 147/2013 stabilità Obiettivo PSI (spending review) 69 69 2.925 2.747 3.895 4.014 4.014 1265 2115 2115 2165 2165 1.660 632 1.780 1.849 1.849 2014 DL 66/2014, artt. 8, 47 Taglio risorse (spending review acquisto beni/servizi) 340 510 510 2014 DL 66/2014, artt. 8, 47 Taglio risorse (spending review incarichi studio/autovetture) 4,5 6,7 2014 DL 66/2014, artt. 19 Taglio risorse (riduzione costi apparati) 100 60 69 444,5 576,7 579 15.382 18.139 18.141 Totale manovre Province e Città metropolitane COMUNI (RSO + Sicilia e Sardegna) Totale manovre Comuni di cui: Riduzione netta di risorse Inasprimento obiettivo PSI PROVINCE (RSO + Sicilia e Sardegna) TOTALE MANOVRE ENTI LOCALI PER IL TRIENNIO 2014-2016 Totale manovre Province di cui: Riduzione netta di risorse Inasprimento obiettivo PSI PROVINCE E CITTA' METROPOLITANE (contributo al momento indifferenziato) Fonte elaborazioni Corte dei Conti su dati relazioni tecniche ai provvedimenti legislativi
  • 218. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 185 I MECCANISMI DI CONTROLLO DELLA SPESA 3. Nel 2013 i meccanismi di funzionamento del Patto di stabilità interno di regioni e enti locali hanno registrato delle modifiche. Per le amministrazioni locali, la legge di stabilità 2013 non ha previsto cambiamenti negli obiettivi, ma ha operato attraverso la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio, del fondo perequativo e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni delle regioni Sicilia e Sardegna, per l’importo di 2.250 milioni di euro per l’anno 2013, cui si aggiunge una riduzione di 1.200 milioni per il taglio delle risorse per le province; sono state poi modificate anche le basi di riferimento per il calcolo dell’obiettivo e la platea assoggettata con l’inclusione dei comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti. Per le regioni, le modifiche principali hanno riguardato le modalità di calcolo degli obiettivi, con la sostituzione del vincolo di cassa con quello calcolato in base alla competenza eurocompatibile. Le norme previste inserite nella legge di stabilità hanno poi subito modifiche in corso d’anno soprattutto in connessione alla definizione degli interventi per il pagamento dei debiti della PA. Il risultati del patto delle Regioni nel 2013 4. Rispetto ai precedenti esercizi, il Patto nel 2013 presenta caratteristiche comuni alla maggioranza delle regioni, pur conservando per quelle a statuto speciale meccanismi di determinazione degli obiettivi stabiliti in base ad una intesa di dette regioni con il Ministero dell’economia. IL PATTO DELLE REGIONI NEL 2013. La legge di stabilità 2013 ha modificato le regole del patto per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, inserendo una nuova modalità di calcolo delle spese finali sottoposte al vincolo (la c.d. competenza euro-compatibile). Per le regioni a statuto ordinario, la legge prevede un tetto massimo alle spese finali per il prossimo quadriennio. L'obiettivo è determinato a partire dai dati di rendiconto al 2011 e considerando i risparmi richiesti alle regioni dal 2012 al 2016 (si tratta di 2.000 milioni nel 2013 e nel 2014, e 2.050 milioni nel biennio successivo). La nuova disciplina introduce, al posto della cassa, una diversa modalità di calcolo dell'insieme da considerare: si tratta degli impegni di parte corrente al netto di alcune voci (i trasferimenti, le spese per imposte e tasse e gli oneri straordinari della gestione corrente), cui si aggiungono i pagamenti per trasferimenti correnti, per imposte e tasse e per gli oneri straordinari della gestione corrente, nonché, i pagamenti in conto capitale escluse le spese per concessione di crediti, per l'acquisto di titoli, di partecipazioni azionarie e per conferimenti. Il complesso delle spese finali in termini di competenza finanziaria di ciascuna regione non può essere superiore, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, all'obiettivo fissato in termini di competenza eurocompatibile. E’ demandato alla Conferenza Stato-Regioni il compito di provvedere in ciascun esercizio (entro il gennaio di ciascun anno, contestualmente alla ripartizione tra le regioni del complesso dei tagli disposti dall'articolo 16, comma 2, del DL 95/2012) alla individuazione di un limite specifico per ciascun ente. Nella ripartizione le regioni potranno tener conto di criteri di virtuosità, stabiliti in base a quanto previsto dall'articolo 20 del DL 98/2011. In
  • 219. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 186 mancanza di accordo, la ripartizione sarà effettuata in base all'incidenza percentuale della spesa di ciascuna regione, calcolata sulla base dei rendiconti 2011 nonché sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni attraverso il monitoraggio del patto di stabilità interno del 2011. Per il 2013 è stato raggiunto l'accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni il 24 gennaio 2013. Il decreto che ne recepisce i contenuti definisce la distribuzione dell’obiettivo tra le regioni sia per quanto riguarda il patto (complessivi 20.090 milioni), sia per l'ammontare dei tagli disposti dall'art. 16, comma 2, del DL 95/2012 (1.000 milioni). Con la legge di stabilità si sono abrogate alcune disposizioni introdotte dalla legge del 2012 che, tra le altre, miravano a differenziare gli obiettivi in base alla virtuosità dell'ente e introducevano una certificazione aggiuntiva rispetto a quelle previste dalle regole per il monitoraggio degli adempimenti La modifica dei criteri di calcolo dell’obiettivo ha portato anche a variare le spese da escludere. Riconfermate le spese per la sanità, per la concessione di crediti, per interventi cofinanziati dall’Unione europea e a una quota di quelli nazionali relativamente a finanziamenti comunitari e per altre spese di minor rilievo (le spese relative ai beni trasferiti alle regioni e a fondi immobiliari in attuazione del federalismo demaniale, quelle per i Censimenti, per lo stato di emergenza e quelle assunte a fronte del gettito recuperato con l’attività di contrasto all’evasione), sono state inizialmente escluse quelle relative ai pagamenti effettuati a favore di enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente, a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali, poi reintrodotti con il DL 35/2013. Nuove modalità di esclusioni hanno assunto, invece, le spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario, previste per un massimo di 1.600 milioni. Nel caso delle regioni a statuto speciale (e tra queste Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna), gli obiettivi di risparmio, da concordare con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono, come per le regioni a statuto ordinario, espressi in termini di competenza euro-compatibile e competenza finanziaria calcolati sottraendo alle spese finali 2011 gli importi indicati per il 2013 nella tabella inserita nel comma 10 dell'articolo 32 della legge di stabilità 2012, per complessivi 2.500 milioni di euro e il contributo previsto dal DL 201/2011 quale 'riserva all'erario' del maggior gettito derivante dall'aumento dell'addizionale IRPEF, disposta dal decreto, per complessivi 920 milioni di euro. Analogamente a quanto stabilito per le regioni a statuto ordinario, il complesso delle spese finali in termini di competenza finanziaria di ciascun ente non può essere superiore, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, all'obiettivo di competenza euro-compatibile determinato per il corrispondente esercizio come sopra illustrato. Per la regione Trentino Alto Adige e le province di Trento e di Bolzano, infine, gli obiettivi di risparmio sono calcolati in riferimento al saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, anziché sul complesso delle spese in termini di competenza euro- compatibile. Fatta eccezione per le province autonome di Trento e Bolzano e per la Regione Trentino Alto Adige, tutte le regioni hanno avuto a riferimento un obiettivo espresso in termini di competenza eurocompatibile e in termini di competenza finanziaria. Solo le regioni a statuto ordinario che hanno aderito alla sperimentazione hanno ottenuto nel corso dell’esercizio (articolo 9 del DL 102/2013) di non sottostare sin dal 2013 al doppio obiettivo ma solo a quello in termini di contabilità eurocompatibile (la previsione riguarda tutte le regioni dal 2014). Il riferimento ad un unico modello di valutazione consente di guardare all’operare del Patto sulla base di modalità di calcolo simili, ancorchè permangano rilevanti differenze riguardo all’estensione delle voci considerate e dei soggetti regionali interessati.
  • 220. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 187 Va subito osservato che, come negli ultimi esercizi, anche nel 2013 tutte le regioni hanno rispettato il Patto. Sia le regioni a statuto ordinario che quelle ad ordinamento speciale, conseguendo gli obiettivi posti sia in termini di competenza eurocompatibile che finanziaria (ove rilevante) o, come nel caso del Trentino, rispetto ai saldi obiettivo. Il Patto nelle regioni a statuto ordinario. Le regioni a statuto ordinario hanno rispettato l’obiettivo in termini di competenza eurocompatibile con un margine, nel complesso, limitato: la differenza tra obiettivo programmatico e spesa finale comprensiva dell’importo attribuito agli enti locali rappresenta il 2,6 per cento dell’obiettivo complessivo. Il margine si presenta particolarmente contenuto nelle regioni meridionali (solo lo 0,9 per cento) con un valore medio del 2,6 per cento a fronte di punte di oltre il 10 per cento nel caso di una regione del nord (l’Emilia). L’operare del doppio vincolo (di competenza eurocompatibile e finanziaria) sembra in questo caso aver impedito di sfruttare al meglio i margini offerti. TAVOLA 3 I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO (COMPETENZA EURO COMPATIBILE) Zona Regioni IMPEGNI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI IN C/CAP NETTI EUROCOMP. SPESE FINALI OBIETTIVO PROGRAMM. ANNUALE SPESE FINALI 2013 OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMIN. RISULTATO SPESE FINALI - OBIETTIVO RIDETERMINATO A B C D=A+B+C E F G=E-F H=D-G PIEMONTE 503,2 666,1 604,1 1.773,4 1.992,0 205,1 1.786,9 -13,5 LOMBARDIA 1.087,6 1.348,2 460,4 2.896,1 3.198,1 250,0 2.948,1 -52,0 VENETO 449,0 499,2 500,5 1.448,8 1.589,9 80,0 1.509,9 -61,1 LIGURIA 157,0 296,6 179,5 633,1 736,5 100,3 636,3 -3,2 EMILIA ROMAGNA 366,2 638,0 293,2 1.297,4 1.584,7 120,9 1.463,8 -166,4 totale Nord 2.563,0 3.448,1 2.037,7 8.048,7 9.101,3 756,3 8.345,0 -296,3 TOSCANA 402,3 695,9 235,5 1.333,8 1.494,4 97,2 1.397,2 -63,4 MARCHE 238,7 228,7 84,6 552,0 658,2 67,5 590,7 -38,7 UMBRIA 218,3 136,2 117,9 472,4 558,7 56,6 502,1 -29,6 LAZIO 1.186,4 290,1 367,7 1.844,3 2.031,2 153,2 1.878,0 -33,7 totale Centro 2.045,8 1.351,0 805,7 4.202,5 4.742,4 374,5 4.367,9 -165,4 ABRUZZO 238,8 218,1 181,9 638,8 687,8 40,0 647,8 -9,0 MOLISE 110,0 39,9 113,6 263,5 264,4 0,0 264,4 -0,9 CAMPANIA 1.461,8 223,5 548,7 2.233,9 2.378,3 134,6 2.243,7 -9,8 PUGLIA 466,5 403,2 467,2 1.336,9 1.340,7 0,0 1.340,7 -3,8 BASILICATA 91,8 195,9 233,0 520,7 544,2 23,5 520,7 -0,1 CALABRIA 271,3 308,9 365,5 945,7 1.038,8 58,8 980,1 -34,4 totale Sud 2.640,1 1.389,5 1.909,9 5.939,5 6.254,3 256,9 5.997,4 -57,9 Totale complessivo 7.248,9 6.188,6 4.753,3 18.190,7 20.098,0 1.387,7 18.710,3 -519,6 valori assoluti in milioni Nord Centro Sud Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
  • 221. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 188 SEGUE TAVOLA 3 Zona Regioni IMPEGNI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI IN C/CAP NETTI EUROCOMP. SPESE FINALI OBIETTIVO PROGRAMM. ANNUALE SPESE FINALI 2013 OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMIN. RISULTATO SPESE FINALI - OBIETTIVO RIDETERMINATO A B C D=A+B+C E F G=E-F H=D-G PIEMONTE 115,0 152,3 138,1 405,4 455,4 46,9 408,5 -3,1 LOMBARDIA 111,0 137,6 47,0 295,7 326,5 25,5 301,0 -5,3 VENETO 92,0 102,3 102,5 296,8 325,7 16,4 309,3 -12,5 LIGURIA 100,3 189,5 114,7 404,5 470,6 64,1 406,5 -2,0 EMILIA ROMAGNA 83,6 145,7 67,0 296,4 362,0 27,6 334,4 -38,0 totale Nord 102,5 138,0 81,5 322,0 364,2 30,3 333,9 -11,9 TOSCANA 109,0 188,4 63,8 361,2 404,7 26,3 378,3 -17,2 MARCHE 154,5 148,0 54,7 357,2 426,0 43,7 382,3 -25,1 UMBRIA 246,3 153,7 133,0 533,1 630,4 63,9 566,5 -33,4 LAZIO 213,5 52,2 66,2 331,9 365,5 27,6 337,9 -6,1 totale Centro 175,1 115,7 69,0 359,8 406,0 32,1 373,9 -14,2 ABRUZZO 182,0 166,2 138,6 486,7 524,0 30,5 493,6 -6,8 MOLISE 351,0 127,4 362,6 841,0 844,0 0,0 844,0 -2,9 CAMPANIA 253,4 38,7 95,1 387,2 412,2 23,3 388,9 -1,7 PUGLIA 115,2 99,5 115,3 330,0 331,0 0,0 331,0 -0,9 BASILICATA 159,3 340,0 404,3 903,6 944,6 40,8 903,8 -0,1 CALABRIA 138,5 157,7 186,7 482,9 530,5 30,0 500,5 -17,6 totale Sud 188,8 99,4 136,6 424,8 447,3 18,4 429,0 -4,1 Totale complessivo 143,1 122,2 93,8 359,1 396,8 27,4 369,4 -10,3 Nord Centro Sud Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014 TAVOLA 3.1 COMPOSIZIONE DELL’OBIETTIVO PROGRAMMATICO ANNUALE DELLE SPESE FINALI Zona Regioni IMPEGNI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI IN C/CAP NETTI EUROCOMP. SPESE FINALI OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI RISULTATO SPESE FINALI - OBIETTIVO RIDETERMINATO A/E B/E C/E D/E F/E -H/E PIEMONTE 25,3 33,4 30,3 89,0 10,3 0,7 LOMBARDIA 34,0 42,2 14,4 90,6 7,8 1,6 VENETO 28,2 31,4 31,5 91,1 5,0 3,8 LIGURIA 21,3 40,3 24,4 86,0 13,6 0,4 EMILIA ROMAGNA 23,1 40,3 18,5 81,9 7,6 10,5 totale Nord 28,2 37,9 22,4 88,4 8,3 3,3 TOSCANA 26,9 46,6 15,8 89,3 6,5 4,2 MARCHE 36,3 34,7 12,9 83,9 10,3 5,9 UMBRIA 39,1 24,4 21,1 84,6 10,1 5,3 LAZIO 58,4 14,3 18,1 90,8 7,5 1,7 totale Centro 43,1 28,5 17,0 88,6 7,9 3,5 ABRUZZO 34,7 31,7 26,4 92,9 5,8 1,3 MOLISE 41,6 15,1 43,0 99,7 - 0,3 CAMPANIA 61,5 9,4 23,1 93,9 5,7 0,4 PUGLIA 34,8 30,1 34,8 99,7 - 0,3 BASILICATA 16,9 36,0 42,8 95,7 4,3 0,0 CALABRIA 26,1 29,7 35,2 91,0 5,7 3,3 totale Sud 42,2 22,2 30,5 95,0 4,1 0,9 Totale complessivo 36,1 30,8 23,7 90,5 6,9 2,6 Sud Nord Centro Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014 Il dato di maggior rilievo continua ad essere il buon funzionamento della misura che consente di destinare spazi finanziari a rendere più flessibili gli obiettivi degli enti appartenenti al territorio regionale. In termini di cassa aumenta di oltre 4 volte l’ammontare dello spazio finanziario ceduto dalle regioni alle amministrazioni locali del territorio, raggiungendo circa 1.400 milioni. Sembrano fugati i timori che si rendesse
  • 222. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 189 più difficile il ricorso a tale meccanismo in considerazione che dal 2013 non era più possibile cedere spazi finanziari in c/impegni. Ciò, per i limitati margini finora disponibili dal lato dei pagamenti specie nelle aree centro meridionali. La quota dell’obiettivo attribuito agli enti locali è, in media, pari al 6,9 per cento tra le regioni a statuto ordinario: l’aumento riguarda tutte le aree, anche se rimane su livelli circa doppi nel centro-nord rispetto alle regioni del mezzogiorno. Anche l’obiettivo in termini di competenza finanziaria è raggiunto con margini inferiori a quelli che le stesse regioni soggette al vincolo avevano ottenuto nel 2012. Il riferimento all’obiettivo calcolato in termini di competenza eurocompatibile è alla base della rilevante contrazione dell’importo previsto per il 2013 (in media in riduzione del 24 per cento). La flessione degli impegni al netto della sanità (-3,9 per cento), l’aumento delle somme escluse e la forte contrazione delle spese in conto capitale nette (-44 per cento) consentono di mantenere l’obiettivo attribuito agli enti sui livelli definiti in termini di cassa. Solo in alcuni casi, come l’Emilia e il Piemonte, il limitato margine espresso in termini di competenza ha probabilmente inciso anche sulla utilizzabilità del maggior margine in termini di saldo eurocompatibile. TAVOLA 4 I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO (COMPETENZA FINANZIARIA) Regione Spese Correnti al netto spese per la sanità SPESE CORRENTI NETTE Spese in conto capitale al netto spese per la sanità SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE SPESE FINALI QUOTA OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMINATO DIFFERENZA SPESE FINALI E OBIETTIVO RIDETERM. PIEMONTE 1.729,0 1.436,2 527,6 347,7 1.783,9 205,1 1.786,9 -3,0 VENETO 1.332,2 1.058,6 476,0 328,6 1.387,2 80,0 1.509,9 -122,7 LIGURIA 587,8 480,7 234,6 135,3 616,0 100,3 636,3 -20,3 EMILIA ROMAGNA 1.365,6 1.126,5 433,0 334,5 1.461,1 120,9 1.463,8 -2,8 totale Nord 5.014,6 4.102,0 1.671,1 1.146,2 5.248,2 506,3 5.396,9 -148,7 TOSCANA 1.338,2 1.094,4 550,4 302,3 1.396,7 97,2 1.397,2 -0,5 MARCHE 512,7 460,2 247,0 111,3 571,6 67,5 590,7 -19,1 UMBRIA 408,3 343,4 174,8 121,3 464,7 56,6 502,1 -37,4 totale Centro 2.259,1 1.898,0 972,2 534,9 2.432,9 221,3 2.489,9 -57,0 ABRUZZO 519,1 460,3 276,3 187,2 647,5 40,0 647,8 -0,3 MOLISE 162,4 151,1 122,0 97,6 248,6 0,0 264,4 -15,8 PUGLIA 1.270,2 917,2 1.210,7 382,9 1.300,1 0,0 1.340,7 -40,6 CALABRIA 819,9 606,4 669,1 317,9 924,3 58,8 980,1 -55,8 totale Sud 2.771,6 2.135,0 2.278,0 985,6 3.120,6 98,7 3.233,0 -112,5 TOTALE 10.045,2 8.135,0 4.921,3 2.666,7 10.801,7 826,4 11.119,8 -318,1 valori assoluti in milioni Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
  • 223. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 190 SEGUE TAVOLA 4 Regione Spese Correnti al netto spese per la sanità SPESE CORRENTI NETTE Spese in conto capitale al netto spese per la sanità SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE SPESE FINALI QUOTA OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMINATO DIFFERENZA SPESE FINALI E OBIETTIVO RIDETERM. PIEMONTE 1,8 -3,0 -15,6 -34,3 -4,7 310,3 -28,7 -99,5 VENETO 13,2 4,1 -7,5 9,6 5,9 -5,9 -21,4 -79,9 LIGURIA -5,2 -6,1 -34,2 -47,4 -18,5 14,0 -18,4 -15,0 EMILIA ROMAGNA 6,7 -0,6 -31,2 -40,1 -13,7 21,9 -15,1 -91,2 totale Nord 5,0 -1,0 -21,4 -30,3 -6,8 57,1 -22,1 -88,6 TOSCANA -1,6 -0,7 -57,4 -72,3 -17,1 163,5 -18,0 -97,5 MARCHE -9,4 -13,6 -59,9 -50,2 -20,6 -6,8 -21,3 -36,1 UMBRIA 1,1 -2,5 18,3 20,5 2,6 66,8 -30,6 -86,2 totale Centro -3,0 -4,4 -52,7 -62,2 -14,9 54,4 -21,6 -82,2 ABRUZZO -2,5 -7,8 -11,6 -21,3 -9,6 100,0 -34,2 -99,9 MOLISE -1,3 -8,2 -38,9 -41,8 -21,1 -100,0 -22,4 -38,7 PUGLIA -24,1 -31,8 -11,6 -40,6 -34,6 -100,0 -26,3 -123,9 CALABRIA -16,3 -21,3 -4,4 -39,8 -28,8 40,2 -25,8 138,9 totale Sud -17,3 -23,2 -11,7 -37,5 -27,7 -19,0 -27,6 -24,2 TOTALE -3,9 -8,7 -27,2 -42,5 -15,6 40,7 -23,7 -82,0 variazione percentuale 2013/2012 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014 Alcune osservazioni sono possibili in merito, soprattutto, all’operare del nuovo vincolo introdotto in sostituzione della cassa, proprio perché ad esso, a partire dal 2014, si dovrà guardare in via esclusiva per tutte le regioni. Le modalità di costruzione dell’obiettivo consentono una valutazione del meccansimo guardando a tre differenti angoli visuali. Un primo sguardo complessivo è alla dinamica dei principali aggregati. Le diverse modalità di definizione delle grandezze del Patto limitano il confronto tra i risultati del 2013 e quelli degli esercizi precedenti. Esso è possibile solo per due grandezze complessive: gli impegni correnti e i pagamenti in conto capitale (naturalmente, come si vedrà, il confronto può essere condotto anche riguardo a numerose delle voci non soggette al vincolo, confermate nella definizione del 2013 del Patto). Gli impegni registrano nel complesso delle regioni a statuto ordinario una flessione anche se marginale (-0,5 per cento), interrompendo l’andamento in crescita degli ultimi esercizi. Un dato complessivo frutto della flessione della spesa nel centro e nel sud e della crescita del complesso delle regioni del nord: tale variazione risente, tuttavia, dell’aumento della spesa in una regione (il Piemonte) che presenta una variazione particolarmente significativa da ricondurre alla regolazione di ritardi nei trasferimenti alle aziende sanitarie. Di maggior rilievo, la crescita dei pagamenti per investimenti, un dato che sembra rafforzare una tendenza all’aumento già evidenziata lo scorso esercizio estendendone il rilievo anche alle regioni del nord. Si tratta, tuttavia, di un risultato legato ad un fenomeno particolare, gli investimenti in sanità. Come si vedrà nel seguito (si veda al riguardo il capitolo successivo), il dato risente soprattutto della regolazione degli ammortamenti non sterilizzati, che ha portato in molte realtà regionali a ricorrere ad anticipazioni per il reintegro delle disponibilità di cassa delle aziende sanitarie. I trasferimenti operati nel 2013 vanno, quindi, a reintegrare le risorse di parte corrente delle aziende sanitarie utilizzate nel decennio scorso per finanziare spese di investimento. Tale iniezione di liquidità ha consentito di ridurre posizione debitorie delle aziende. Si tratta, quindi, di trasferimenti di parte capitale, ma a cui non
  • 224. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 191 corrisponde un effettivo investimento. Al netto di tali importi, la crescita dei pagamenti in conto capitale si annulla, registrando una variazione di poco inferiore al 1 per cento. Una ulteriore valutazione può essere condotta guardando a come il tetto di spesa si distribuisce tra le diverse componenti. Gli impegni netti costituiscono infatti un buon indicatore della rigidità della spesa (rappresentando il peso degli oneri per spese di personale, di funzionamento e degli oneri finanziari); i pagamenti correnti netti danno conto, invece, del rilievo soprattutto dei trasferimenti correnti alle amministrazioni locali, quelli regolati in esercizio (e non sulla base dei residui passivi); i pagamenti netti in conto capitale, ciò che residua per le attività di intervento in campo economico, al di la dei progetti finanziati da fonti europei o per l’operare del cofinanziamento nazionale. Si conferma il maggior peso degli impegni correnti nelle regioni del centro sud, indice di una maggior rigidità della spesa in queste aree con punte che raggiungono il 60 per cento in Campania. Si tratta di un dato, quello del 2013, che ancora non sconta l’aumento degli oneri finanziari connesso con il rilevante accesso alle anticipazioni di cassa, con oneri a carico regionale, per il pagamento dei debiti della PA sottoscritti in molte delle regioni centro-meridionali. Nelle regioni del nord quasi il 40 per cento dell’obiettivo è destinato, invece, a pagamenti correnti netti, proprio per il rilievo assunto dalla regolazione tempestiva dei debiti verso le amministrazioni locali. Resta superiore al 30 per cento il peso dei pagamenti in conto capitale nelle regioni del sud. TAVOLA 5 ALCUNE VOCI RILEVANTI AI FINI DEL PATTO DI STABILITA' (in milioni) 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var PIEMONTE 11.399,7 10.010,1 13,9 1.066,2 600,8 77,5 66 98,1 -32,9 1.000,4 502,7 99,0 56 0,0 431,5 370,9 16,3 LOMBARDIA 21.451,5 21.067,3 1,8 1.060,4 1.239,5 -14,5 181 249,5 -27,3 878,9 990,0 -11,2 203 228,3 -11,0 0,0 49,7 -100,0 VENETO 10.001,0 9.923,8 0,8 1.509,5 908,3 66,2 849 86,3 884,0 660,7 822,0 -19,6 89 156,2 -43,3 65,7 58,0 13,2 LIGURIA 3.809,8 3.841,4 -0,8 412,2 308,3 33,7 107 18,1 489,4 305,4 290,2 5,2 - 0,0 24,0 0,0 EMILIA ROMAGNA 9.992,6 10.239,6 -2,4 1.271,2 514,8 147,0 879 0,0 391,9 514,8 -23,9 75 53,9 39,3 0,0 61,5 -100,0 Totale Nord 56.654,5 55.082,2 2,9 5.319,5 3.571,7 48,9 2.082 452,0 360,7 3.237,2 3.119,7 3,8 423 438,4 -3,4 521,1 540,1 -3,5 TOSCANA 8.189,2 8.567,9 -4,4 1.034,0 853,9 21,1 605 387,8 55,9 429,5 466,2 -7,9 121 98,1 23,4 0,0 22,8 -100,0 MARCHE 3.349,5 3.348,2 0,0 253,1 574,5 -56,0 38 32,7 16,2 215,0 541,8 -60,3 51 14,6 252,1 13,1 38,3 -65,8 UMBRIA 2.101,6 2.148,2 -2,2 194,4 224,2 -13,3 17 0,0 177,2 224,2 -21,0 24 17,4 35,9 0,0 16,7 -100,0 LAZIO 14.800,7 15.721,7 -5,9 1.095,0 773,5 41,6 313 92,2 239,7 781,7 681,3 14,7 291 178,9 62,6 852,3 716,9 18,9 Totale Centro 28.441,1 29.786,0 -4,5 2.576,5 2.426,2 6,2 973 512,7 89,8 1.603,4 1.913,4 -16,2 487 308,9 57,6 865,4 794,7 8,9 ABRUZZO 3.255,6 2.856,0 14,0 288,0 317,9 -9,4 16 8,4 91,2 272,0 309,5 -12,1 - 0,0 0,0 0,0 MOLISE 821,8 937,5 -12,3 210,3 142,3 47,8 41 7,2 471,1 169,0 135,0 25,2 - 0,0 5,9 0,0 CAMPANIA 12.410,5 13.374,4 -7,2 2.697,9 1.578,6 70,9 1.285 277,7 362,7 1.413,0 1.300,9 8,6 68 134,0 -49,1 78,5 130,1 -39,7 PUGLIA 8.883,8 8.737,1 1,7 1.312,8 1.423,8 -7,8 61 341,4 -82,2 1.252,0 1.082,4 15,7 75 63,8 17,7 64,0 108,3 -40,9 BASILICATA 1.403,2 1.349,2 4,0 382,9 419,5 -8,7 46 46,5 -0,3 336,6 373,0 -9,8 4 1,7 123,5 28,9 17,1 69,1 CALABRIA 4.225,5 4.553,7 -7,2 673,3 623,8 7,9 21 2,1 918,5 652,0 621,7 4,9 18 3,8 388,2 75,5 61,3 23,3 Totale Sud 31.000,5 31.807,9 -2,5 5.565,3 4.505,9 23,5 1.471 683,3 115,2 4.094,6 3.822,6 7,1 166 203,3 -18,6 252,8 316,7 -20,2 116.096,1 116.676,1 -0,5 13.461,3 10.503,8 28,2 4.526 1.648,0 174,6 8.935,2 8.855,8 0,9 1.076 950,6 13,2 1.639,3 1.651,5 -0,7 Nord Centro Sud TOTALE Impegni correnti Pagamenti in c/capitale Pagamenti per sanità in c/capitale Pagamenti in c/capitale al netto della sanità Spesa degli incassi da lotta ad evasione Il pagamento dei residui agli enti locali Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
  • 225. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 192 Vi è, infine, un ulteriore angolo visuale, che consente di evidenziare in qualche misura il diverso peso in termini pro capite di tali aggregati e quindi di misurare le diversità con cui si distribuisce l’onere dell’aggiustamento tra regioni e aree territoriali. L’osservazione in termini pro capite dell’obiettivo programmatico annuale in termini di spese finali mette in rilievo differenze territoriali non marginali. Rispetto ad un importo medio di 400 euro pro capite, esse crescono a circa 450 euro nell’area meridionale per ridursi a poco più di 360 in media nelle regioni del nord. Si tratta di differenze che, guardando alla dimensione media regionale, attraversano anche le diverse aree: sono le regioni di dimensioni minori a presentare i valori più elevati (poco meno di 950 euro pro capite in Basilicata, 840 in Molise, 630 in Umbria). Tali differenze trovano riscontro negli impegni correnti netti, che risultano su livelli di oltre il 75 per cento superiori nelle aree centrali e meridionali (ad eccezione di Toscana e Puglia). Il Patto nelle regioni a statuto speciale. Diversamente dalle regioni a statuto ordinario, quelle ad ordinamento speciale determinano la misura del concorso agli obiettivi del Patto previa intesa tra ciascun ente ed il Ministero dell'economia e delle finanze. Le due Province autonome e la regione Trentino Alto Adige determinano, poi, gli obiettivi di risparmio in termini di miglioramento del saldo programmatico di competenza mista. Una valutazione dell’operare del Patto sui conti di queste regioni è poi condizionato dal fatto che Friuli, Valle d’Aosta e le province di Trento e Bolzano provvedono con risorse del proprio bilancio alla finanza degli enti locali del rispettivo territorio e ne definiscono anche la disciplina del Patto di stabilità. Inoltre nella regione Friuli, come si diceva, il livello complessivo delle spese finali (al netto delle concessioni di crediti) relative al Patto di stabilità interno è riferito all’intero "sistema integrato regionale" (ricomprende, quindi, anche gli enti locali, gli enti e organismi strumentali, le aziende sanitarie e gli altri enti e organismi il cui funzionamento è affidato alla Regione). Nonostante il comune riferimento alla competenza eurocompatibile, una valutazione complessiva di tali enti, quindi, perde in parte di significato. TAVOLA 6 I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE (COMPETENZA EURO COMPATIBILE) Zona Regioni IMPEGNI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI IN C/CAP NETTI EUROCOMP. SPESE FINALI OBIETTIVO PROGRAMM. ANNUALE SPESE FINALI 2013 OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMIN. RISULTATO SPESE FINALI - OBIETTIVO RIDETERMINATO A B C D=A+B+C E F G=E-F H=D-G FRIULI VENEZIA GIULIA 403,4 3.969,6 605,1 4.978,1 5.098,5 115,0 4.983,5 -5,4 VALLE D'AOSTA 407,5 250,7 229,3 887,4 912,2 0,0 912,2 -24,8 totale Nord 810,9 4.220,2 834,4 5.865,5 6.010,7 115,0 5.895,7 -30,1 SARDEGNA 723,1 1.061,3 608,4 2.392,8 2.513,1 95,4 2.417,8 -25,0 SICILIA 3.427,8 1.447,9 768,2 5.643,9 6.201,7 245,6 5.956,1 -312,2 totale Sud 4.150,8 2.509,2 1.376,7 8.036,6 8.714,8 340,9 8.373,9 -337,3 TOTALE 4.961,8 6.729,4 2.211,0 13.902,2 14.725,5 455,9 14.269,6 -367,4 Nord Sud valori assoluti in milioni
  • 226. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 193 SEGUE TAVOLA 6 Zona Regioni IMPEGNI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI CORRENTI NETTI EUROCOMP. PAGAMENTI IN C/CAP NETTI EUROCOMP. SPESE FINALI OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI RISULTATO SPESE FINALI - OBIETTIVO RIDETERMINATO A/E B/E C/E D/E F/E H/E FRIULI VENEZIA GIULIA 7,9 77,9 11,9 97,6 2,3 0,1 VALLE D'AOSTA 44,7 27,5 25,1 97,3 0,0 2,7 totale Nord 13,5 70,2 13,9 97,6 1,9 0,5 SARDEGNA 28,8 42,2 24,2 95,2 3,8 1,0 SICILIA 55,3 23,3 12,4 91,0 4,0 5,0 totale Sud 47,6 28,8 15,8 92,2 3,9 3,9 TOTALE 33,7 45,7 15,0 94,4 3,1 2,5 Nord Sud composizione percentuale obiettivo programmatico spese finali Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014 TAVOLA 7 I RISULTATI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE (COMPETENZA FINANZIARIA) Zona Regione Spese Correnti al netto spese per la sanità SPESE CORRENTI NETTE Spese in conto capitale al netto spese per la sanità SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE SPESE FINALI QUOTA OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERM. DIFFERENZA SPESE FINALI E OBIETTIVO RIDETERM. FRIULI V.G. 4.458,6 4.358,6 627,3 621,1 4.979,7 115,0 4.983,5 -3,7 VALLE D'AOSTA 877,6 666,3 216,0 181,2 847,4 0,0 912,2 -64,8 totale Nord 5.336,2 5.024,9 843,2 802,2 5.827,1 115,0 5.895,7 -68,5 SARDEGNA 2.418,1 1.868,9 658,3 548,7 2.417,6 95,4 2.417,8 -0,2 SICILIA 5.491,0 5.147,8 1.699,3 804,8 5.952,5 245,6 5.956,1 -3,6 totale Sud 7.909,1 7.016,7 2.357,6 1.353,5 8.370,1 340,9 8.373,9 -3,8 TOTALE 13.245,3 12.041,6 3.200,9 2.155,7 14.197,3 455,9 14.269,6 -72,3 Zona Regione Spese Correnti al netto spese per la sanità SPESE CORRENTI NETTE Spese in conto capitale al netto spese per la sanità SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE SPESE FINALI QUOTA OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERM. DIFFERENZA SPESE FINALI E OBIETTIVO RIDETERM. FRIULI V.G. -3,3 -4,1 -34,8 -26,4 -7,6 20,0 -8,0 -88,3 VALLE D'AOSTA 8,7 35,3 -16,5 10,3 29,1 - 35,0 237,4 totale Nord -1,5 -0,2 -30,9 -20,4 -3,6 20,0 -3,3 34,0 SARDEGNA -8,1 -26,1 -1,1 -9,9 -22,9 2,3 -22,9 569,0 SICILIA -2,3 18,7 -39,1 -46,8 1,8 100,0 -6,2 -99,3 totale Sud -4,2 2,2 -31,7 -36,2 -6,9 265,7 -11,7 -99,2 TOTALE -3,1 1,2 -31,5 -31,1 -5,5 141,1 -8,4 -86,9 Sud valori assoluti in milioni variazione percentuale 2013/2012 Nord Sud Nord Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014 Tutte le quattro regioni a statuto speciale hanno rispettato i limiti del Patto espresso in termini di competenza euro-compatibile con margini alquanto ridotti. Solo la regione Sicilia presenta un significativo scostamento rispetto ai valori obiettivo di competenza euro-compatibile (pari a circa 312 milioni di euro), ma il fenomeno appare collegato alle difficoltà incontrate dall’ente nel raggiungimento dell’obiettivo in termini di competenza finanziaria. Va sottolineato che, come nel caso delle regioni ordinarie, anche quelle a statuto speciale vedono ridursi sia gli impegni correnti al netto della sanità confermando la flessione già evidenziata lo scorso anno, sia, e soprattutto, i pagamenti complessivi per
  • 227. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 194 spese in conto capitale. Una variazione quest’ultima che in media è dell’11 per cento ma che non interessa tutte le amministrazioni: la Sardegna, infatti, aumenta i pagamenti di oltre il 30 per cento. La diversità nelle caratteristiche delle regioni e nelle modalità seguite nella definizione degli obiettivi su cui basare il contributo al Patto, incide sullo stesso significato da attribuire alla diversa composizione assunta dalla spesa. Caratteristiche che emergono, tuttavia, ove si guardi la distribuzione che ha assunto il tetto previsto per ciascuna regione anche in rapporto a quanto registrato dalle RSO. Così, mentre le due realtà insulari registrano una forte consistenza delle risorse assorbite per strutture di gestione (personale, consumi intermedi e oneri), in Friuli è il ruolo di coordinamento di soggetti e enti del territorio a far attribuire ai pagamenti correnti netti il ruolo prevalente. In forte crescita rispetto al 2012 gli spazi finanziari ceduti alle amministrazioni locali. Si tratta, tuttavia, di una variazione riconducibile alle sole regioni meridionali (che fino allo scorso anno non avevano contribuito ad ampliare i margini di manovra delle loro amministrazioni locali. La variazione è di oltre 340 milioni, mentre in Friuli l’importo a ciò destinato si riduce del 3,3 per cento. Infine, sono oltre 650 milioni i residui passivi a fronte di residui attivi degli enti locali che le regioni a statuto speciale hanno potuto portare in riduzione dell’obiettivo recuperando pertanto margini di manovra per la spesa in conto capitale. Anche su questo terreno, oltre che quello degli spazi di manovra degli enti locali, la regione Valle d’Aosta non ha importi allocati (proprio per le caratteristiche istituzionali). Come nel caso delle regioni a statuto ordinario, anche quelle ad autonomia speciale hanno sofferto la stringenza del vincolo in termini finanziari, con una riduzione che in media è stata dell’8,4 per cento rispetto al 2012 e superiore al 22 per cento in Sardegna. Nel complesso, la riduzione di oltre il 31 per cento della spesa in conto capitale ha consentito di rendere compatibile una forte crescita delle spese correnti nette (dovuta al forte ridimensionamento delle voci non considerate nell’accordo) con un deciso incremento dell’obiettivo ceduto agli enti locali. TAVOLA 8 ALCUNE VOCI RILEVANTI AI FINI DEL PATTO DI STABILITA' (in milioni) 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var 2013 2012 var V. D'AOSTA 1.157,3 1.099,6 5,2 243,5 298,1 -18,3 5 19,4 -75,1 238,7 278,7 -14,4 0,0 0,0 FRIULI V.G. 4.458,6 4.611,4 -3,3 615,0 925,3 -33,5 - 0,0 615,0 925,3 -33,5 32,0 0,0 totale Nord 5.615,8 5.711,0 -1,7 858,5 1.223,4 -29,8 5 19 -75,1 853,7 1.204,0 -29,1 32,0 0,0 SICILIA 16.425,6 15.446,6 6,3 1.912,0 2.195,4 -12,9 97 105,5 -8,0 1.815,0 2.089,9 -13,2 251,4 17,7 1.318,6 SARDEGNA 5.782,0 6.078,4 -4,9 878,4 670,6 31,0 43 35,2 23,1 835,1 635,5 31,4 370,8 237,3 56,3 totale Sud 22.207,6 21.524,9 3,2 2.790,4 2.866,1 -2,6 140 141 -0,3 2.650,1 2.725,4 -2,8 622,2 255,0 144,0 TOTALE 27.823,4 27.235,9 2,2 3.648,9 4.089,5 -10,8 145 160,1 -9,3 3.503,7 3.929,4 -10,8 654,3 255,0 156,6 Il pagamento dei residui agli enti locali Nord Sud Impegni correnti Pagamenti in c/capitale Pagamenti per sanità in c/capitale Pagamenti in c/capitale al netto della sanità Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
  • 228. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 195 Il Patto nella Regione Trentino Alto Adige e nelle Province di Trento e Bolzano. Entro i limiti concordati anche il Patto, calcolato in termini di competenza mista, relativo alle province di Trento e Bolzano e alla regione Trentino Alto Adige. Nel caso di entrambe le province, il saldo ottenuto nel 2013 si pone al di sopra di quello concordato anche se con margini limitati. Il risultato richiesto è nel complesso ancora un disavanzo pari a 116 milioni, in forte flessione rispetto all’importo del 2012 (443 milioni). Si riducono in particolare, considerevolmente i margini della Provincia di Bolzano che aveva un obiettivo solo di poco negativo. Il buon andamento delle entrate correnti (tributarie ed extra tributarie) che ha più che compensato la riduzione dei contributi e dei trasferimenti e quello delle entrate in conto capitale, hanno consentito di rendere possibile il conseguimento dell’obiettivo con una crescita degli investimenti netti. Marginali sono risultate le variazioni della spesa corrente. TAVOLA 9 I RISULTATI DEL PATTO PER LA REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE E RELATIVE PROVINCE AUTONOME (in milioni) 2012 2013 var 12/13 2012 2013 var 12/13 2012 2013 var 12/13 TOTALE TITOLO 1 - TRIBUTI PROPRI E DEVOLUZIONI 393,2 352,6 -10,3 4.156,8 4.224,3 1,6 4.002,1 4.160,7 4,0 TOTALE TITOLO 2 - CONTRIBUTI E TRASFERIMENTI 16,1 15,9 -1,2 57,5 54,2 -5,7 462,6 427,7 -7,6 TOTALE TITOLO 3- ENTRATE EXTRATRIBUTARIE 0,0 0,0 75,2 109,4 45,5 124,4 147,2 18,3 Totale entrate correnti 409,3 368,4 -10,0 4.289,5 4.387,9 2,3 4.589,1 4.735,6 3,2 GETTITI ARRETRATI 47,5 0,0 -100,0 668,6 640,6 -4,2 447,1 409,1 -8,5 TOTALE ENTRATE CORRENTI NETTE 361,8 368,4 1,8 3.620,9 3.747,4 3,5 4.142,1 4.326,5 4,5 TOTALE TITOLO 4- ENTRATE DERIVANTI DA ALIENAZIONI DI BENI E DA TRASFERIMENTI IN C/CAPITALE E DA RISCOSSIONI DI CREDITI 0,0 0,0 127,9 231,7 81,1 38,4 88,1 129,4 a detrarre: Entrate derivanti dalla riscossione di crediti 0,0 0,0 9,6 66,9 597,5 0,8 23,2 2.941,0 a detrarre: Entrate derivanti da alienazione di beni e diritti patrimoniali, affrancazioni 0,0 0,0 2,1 2,3 8,8 8,1 23,4 188,8 TOTALE ENTRATE IN CONTO CAPITALE NETTE 0,0 0,0 116,2 162,5 39,8 29,6 41,5 40,5 TOTALE ENTRATE FINALI NETTE 361,8 368,4 1,8 3.737,2 3.909,9 4,6 4.171,7 4.368,0 4,7 Spese correnti per la sanità 0,0 0,0 1.151,8 1.124,4 -2,4 1.094,2 1.094,9 0,1 Altre spese correnti 224,8 222,2 -1,2 1.667,1 1.711,5 2,7 2.240,0 2.222,5 -0,8 TOTALE TITOLO 1 - SPESE CORRENTI 224,8 222,2 -1,2 2.818,8 2.835,9 0,6 3.334,2 3.317,5 -0,5 Spese in conto capitale per la sanità 0,0 0,0 30,6 21,7 -29,1 43,2 61,1 41,4 Altre spese in conto capitale 108,1 376,4 248,2 1.085,6 1.139,3 4,9 982,4 1.019,0 3,7 TOTALE TITOLO 2 - SPESE IN CONTO CAPITALE 108,1 376,4 248,2 1.116,3 1.161,0 4,0 1.025,6 1.080,1 5,3 a detrarre: Spese derivanti dalla concessione di crediti 0,0 262,9 15,0 47,0 213,3 15,0 24,9 66,1 a detrarre: Partecipazioni azionarie e conferimenti 0,0 0,0 16,9 2,6 -84,4 7,4 47,7 545,2 a detrarre: Spese non considerate in sede di accordo 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 TOTALE SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE 108,1 113,6 5,0 1.085,7 1.111,4 2,4 1.003,2 1.007,5 0,4 Maggiori spese corr. per leggi di settore e funzioni trasferite (Accordo Milano) 0,0 0,0 36,0 36,0 0,0 0,0 0,0 Maggiori spese c/cap. per leggi di settore e funzioni trasferite (Accordo Milano) 0,0 0,0 8,1 38,3 370,8 0,0 0,0 TOTALE SPESE FINALI NETTE 332,9 335,7 0,9 3.948,6 4.021,6 1,8 4.337,4 4.324,9 -0,3 SALDO FINANZIARIO in termini di competenza mista 28,9 32,7 1,0 -211,5 -111,7 2,8 -165,8 43,1 5,0 OBIETTIVO PROGRAMMATICO CONCORDATO IN TERMINI DI COMPETENZA MISTA 24,1 27,9 15,7 -229,2 -124,9 -45,5 -238,2 -19,4 -91,8 QUOTA OBIETTIVO ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI (art.1, c. 139, L.n. 220/2010) 0,0 0,0 5,4 0,0 -100,0 10,9 22,5 107,0 OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMINATO 24,1 27,9 15,7 -223,8 -124,9 -44,2 -227,3 3,0 -101,3 DIFFERENZA TRA SALDO FIN. E OBIETTIVO 4,8 4,8 1,0 13,6 13,1 -3,6 61,5 40,1 -34,9 TRENTINO-ALTO ADIGE prov. aut. TRENTO prov. aut. BOLZANO Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF dell’8 maggio 2014
  • 229. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 196 In conclusione, nel 2013 gli spazi di manovra per la gestione regionale si sono fatti ancora più limitati. Gli obiettivi sempre più stringenti per il Patto si sono riflessi, come nel passato, in una riduzione dei pagamenti in conto capitale, resa meno problematica solo da una sempre più netta flessione degli impegni per spese di investimento che si conferma anche nell’esercizio appena concluso. Alle differenze che residuano nelle spese per il personale, per l’acquisto di beni e servizi nell’utilizzo di beni di terzi, oltre che nelle spese per gli organi istituzionali, si potrà guardare per il recupero di margini ulteriori. A questo potranno mirare più stringenti vincoli del Patto, pur nella consapevolezza che si tratta di spazi limitati. I dati relativi alla gestione 2013 sembrano ancora una volta confermare la tendenza, pur tra differenze ancora significative, ad una contrazione del ruolo di spesa diretta delle regioni (al netto di quella destinata alla sanità). Esse sembrano veder evolvere il proprio ruolo nel raccordo e nel coordinamento degli interventi delle amministrazioni locali e di quelli infrastrutturali di matrice comunitaria. L’azzeramento delle risorse per le funzioni trasferite, prima ancora che queste si traducessero in entrate proprie degli enti regionali, e il ritardo nella definizione di livelli essenziali di assistenza in importanti segmenti costituzionalmente tutelati (assistenza e trasporti) hanno contribuito a rendere la funzione obiettivo di questi enti meno chiara. Nel 2013, l’esplosione del problema dei ritardi di pagamenti ha inciso in misura significativa su parte delle amministrazioni a cui si sono intestati i ritardi di pagamento verso enti locali ed enti sanitari. L’iniezione di liquidità ha consentito di rispondere ad esigenze del mondo delle imprese e ha impedito di compromettere un percorso di risanamento in sanità. Ma tale processo ha lasciato un onere non indifferente trasferendo sul futuro il finanziamento di squilibri anche del recente passato, e di cui devono essere ancora attentamente valutate le origini onde evitare che si riproducano. Inoltre non marginale, anche perché territorialmente concentrato, è l’aumento che produrrà in termini di oneri per interessi (poco meno di un miliardo). Senza una attenta revisione e selezione delle funzioni da conservare a garanzia dei LEA e per gli interventi a sostegno della crescita, ulteriori inasprimenti rischiano di tradursi o in ulteriori e in certa misura “casuali” differenze nella garanzie offerte a cittadini e alle imprese o, peggio, in squilibri nascosti destinati a generare costi futuri. Il risultati del patto degli enti locali nel 2013 5. I risultati della gestione del Patto 2013 evidenziano per i comuni il pieno raggiungimento dell’obiettivo programmatico fissato in 2,9 miliardi di risparmio, dei quali circa il 58,5 per cento a carico degli enti del nord, il 7,1 per cento del centro ed il restante 34,4 per cento al sud e isole. Il risparmio richiesto in termini pro capite ammonta a livello nazionale a 56 euro, ma essendo l’obiettivo funzione della spesa corrente assoluta, il contributo pro capite è progressivo in base alla popolazione e va dai 36 euro per i piccoli comuni fino ai 103 per le città metropolitane. Meno scontata la distribuzione territoriale dell’importo pro capite che vede i comuni con l’obiettivo pro capite più elevato (91 euro) in Molise, pur essendo rappresentativi solo dello 0,5 per cento della popolazione, e in Sardegna (72 euro pro capite su una popolazione che è il 2,9 per cento su base nazionale).
  • 230. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 197 TAVOLA 10 GLI OBIETTIVI DEI COMUNI PER REGIONE, AREA E FASCIA DEMOGRAFICA regione popolazione obiettivo (in migliaia) obiettivo pro capite composizione % PIEMONTE 4.058.706 205.437 51 7,0 LOMBARDIA 9.592.938 590.515 62 20,0 LIGURIA 1.512.312 101.521 67 3,4 VENETO 4.856.357 288.508 59 9,8 EMILIA ROMAGNA 4.348.380 273.796 63 9,3 TOSCANA 3.666.254 267.131 73 9,1 UMBRIA 880.856 29.681 34 1,0 MARCHE 1.518.510 85.458 56 2,9 LAZIO 2.748.077 95.102 35 3,2 ABRUZZO 1.241.053 42.652 34 1,4 MOLISE 268.265 24.389 91 0,8 CAMPANIA 5.335.457 294.063 55 10,0 PUGLIA 3.999.679 212.219 53 7,2 BASILICATA 529.720 21.215 40 0,7 CALABRIA 1.790.669 83.926 47 2,8 SICILIA 4.684.622 225.606 48 7,6 SARDEGNA 1.534.075 109.926 72 3,7 Totale complessivo 52.565.930 2.951.146 56 100,0 Nord 24.368.693 1.459.779 60 58,5 Centro 8.813.697 477.372 54 7,1 Sud e isole 19.383.540 1.013.995 52 34,4 fascia demografica <5000 8.146.499 291.094 36 9,9 >= 5000 <10.000 7.827.792 310.091 40 10,5 >=10.000 <20.000 9.100.892 423.719 47 14,4 >=20.000 <60.000 12.839.071 706.847 55 24,0 >=60.000 <250.000 8.457.888 579.836 69 19,6 >=250.000 6.193.788 639.558 103 21,7 Totale complessivo 52.565.930 2.951.146 56 100,0 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014). LE REGOLE DEL PATTO DEGLI ENTI LOCALI NEL 2013 In attesa dell’entrata in vigore di un nuovo modello di Patto di stabilità, fondato sui saldi, sulla virtuosità e sulla riferibilità a regole e criteri europei gli obiettivi del Patto non subiscono modifiche sostanziali nel 2013: la legge di stabilità n. 228/2012 ha infatti apportato alla regola fiscale solo alcuni interventi di manutenzione tesi a rendere più sostenibili gli obiettivi, soprattutto per gli enti più virtuosi. Le modifiche rispetto alla disciplina definita dagli artt. 30, 31 e 32 della L. 183/2011, riguardano in particolare l’aggiornamento della base di calcolo con lo scorrimento al triennio 2007-2009. Lo slittamento in avanti di un anno reca con sé un’implicita valutazione di virtuosità per quelle amministrazioni che già dal 2009 hanno avviato una revisione ed un ridimensionamento della spesa corrente che, nella misura in cui determini un abbassamento della media rispetto al triennio precedente, consente di rivedere al ribasso anche l’obiettivo di saldo per il Patto. Sono state diminuite le percentuali di correzione da applicare alla spesa corrente, passate dal 19,7 al 18,8 per le province, dal 15,4 al 14,8 per i comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti e dal 15,4 al 12 per cento per i comuni tra 1000 e 5000 abitanti che per il primo anno vengono assoggettati alle regole del Patto . Era inoltre previsto un affinamento della categoria della “virtuosità” finalizzata alla differenziazione degli obiettivi di saldo: per il 2013 i parametri di riferimento avrebbero dovuto essere il rispetto del Patto,
  • 231. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 198 l’autonomia finanziaria, l’equilibrio corrente ed il rapporto tra riscossioni ed accertamenti delle entrate correnti (gli altri indicatori introdotti dall’art. 20 del DL n. 98/2011 vengono rinviati al 2014), ma a correttivo delle variabili considerate veniva introdotto il valore delle rendite catastali ed il numero di occupati: indici del contesto socieconomico rilevanti nel processo di individuazione degli enti virtuosi che avrebbero beneficiato dell’obiettivo strutturale del patto, vale a dire il saldo pari a 0. Confermato il taglio delle entrate come strumento ad adiuvandum del Patto di stabilità che si traduce in un corrispondente risparmio di spesa: per il 2013 2.250 milioni di riduzione del fondo di solidarietà comunale e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni di Sicilia e Sardegna, e 1200 milioni di riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti alle province. Oltre alle modifiche di carattere metodologico, un’importante novità del Patto 2013 concerne l’estensione del suo perimetro: per il primo anno i vincoli si estendono ai piccoli comuni (con popolazione compresa tra 1000 e 5000 abitanti), alle aziende speciali e le istituzioni, ad eccezione di quelle che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e delle farmacie , agli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso . Le urgenze di finanza pubblica impongono in corso d’anno due misure incidenti sul Patto in maniera significativa: con il DL 35/2013 al fine di consentire l’accelerazione dei pagamenti dei debiti pregressi, gli enti locali vengono autorizzati ad effettuare maggiore spesa in conto capitale oltre i limiti del Patto per un ammontare complessivo di 5 miliardi; mentre in prossimità della chiusura dell’esercizio con il DL 120/2013 viene sospesa l’applicazione del meccanismo della virtuosità ed introdotte delle nuove aliquote di correzione della spesa: 12,81 per cento per i comuni fino a 5000 abitanti, 15,61 per cento per i comuni superiori e 19,61 per le province Gli enti realizzano un saldo finanziario di 4,2 miliardi, generando quindi un surplus pari a 1,3 miliardi. Un risparmio che rimane inutilizzato e che per il 42 per cento è prodotto da sole quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Lazio e Campania). Lo spazio finanziario in eccesso degli enti adempienti ha più che compensato la differenza negativa esposta dai soggetti non adempienti (-98,5 milioni), molto contenuta in tutti gli ambiti territoriali, fatta eccezione per una regione i cui enti presentano uno scostamento dall’obiettivo che in aggregato rappresenta il 58 per cento di quello riferito al totale degli inadempienti. Il fenomeno dell’inadempienza presenta un profilo molto contenuto non solo in termini finanziari, ma anche come numerosità dei soggetti: i casi si riducono rispetto allo scorso anno (il 2,2 per cento contro il 3,6 del 2012) e se è piuttosto netta la caratterizzazione territoriale che vede il 52 per cento di inadempienti collocati nell’area meridionale del Paese, ancora più evidente quella dimensionale con l’86 per cento del mancato rispetto da imputarsi a comuni fino a 10.000 abitanti. Analogamente le province conseguono l’obiettivo aggregato pari a 759,6 milioni, anche se, per il secondo anno consecutivo, sono in aumento i casi di inadempienza (il 10,7 per cento contro l’8,9 dello scorso anno) nonostante quasi la totalità degli enti abbia ottenuto una consistente rimodulazione dell’obiettivo attraverso l’intervento regionale. E’ anche da considerare che nel conseguimento dell’obiettivo di saldo le province avevano a disposizione 1,7 miliardi in meno di entrate rilevanti per via dei tagli disposti per l’anno dal DL 201/2011 e dalla L. 228/2012 al fondo sperimentale di riequilibrio ed ai trasferimenti erariali dovuti. Nonostante la maggiore stringenza dell’obiettivo e le minori risorse a disposizione, complessivamente, comunque, le province producono un surplus di risparmio di oltre 114 milioni.
  • 232. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 199 TAVOLA 11 I RISULTATI DI COMUNI E PROVINCE PER REGIONE, AREA E CLASSE DEMOGRAFICA (in migliaia) regione obiettivo saldo finanziario differenza inadempienti obiettivo saldo finanziario differenza inadempienti PIEMONTE 205.437 316.693 111.256 10 91.743 97.413 5.670 4 LOMBARDIA 590.515 738.895 148.380 18 180.172 189.920 9.748 0 LIGURIA 101.521 178.300 76.778 2 17.525 5.578 -11.947 2 VENETO 288.508 325.264 36.755 8 73.345 86.454 13.109 0 EMILIA ROMAGNA 273.796 346.024 72.227 8 64.094 73.539 9.445 0 TOSCANA 267.131 366.072 98.941 1 94.471 103.923 9.452 0 UMBRIA 29.681 52.472 22.790 0 13.173 14.475 1.302 0 MARCHE 85.458 111.924 26.466 6 36.682 32.315 -4.367 1 LAZIO 95.102 204.292 109.190 2 80.939 89.845 8.906 0 ABRUZZO 42.652 84.917 42.265 3 1.700 15.579 13.879 1 MOLISE 24.389 31.352 6.963 6 -1.619 -1.206 413 0 CAMPANIA 294.063 474.924 180.861 18 46.170 59.059 12.889 0 PUGLIA 212.219 278.486 66.267 9 57.691 59.371 1.680 0 BASILICATA 21.215 59.614 38.399 1 9.350 10.859 1.509 0 CALABRIA 83.926 177.305 93.379 12 12.857 59.293 46.436 1 SICILIA 225.606 322.395 96.789 12 -35.789 -46.258 -10.469 2 SARDEGNA 109.926 183.039 73.114 5 17.097 24.060 6.963 0 Totale complessivo 2.951.146 4.251.966 1.300.821 121 759.600 874.219 114.619 11 Nord 1.459.779 1.905.175 445.396 46 426.879 452.904 26.025 6 Centro 477.372 734.760 257.387 9 225.265 240.558 15.293 1 Sud e isole 1.013.995 1.612.032 598.037 66 107.456 180.757 73.301 4 fascia demografica obiettivo saldo finanziario differenza inadempienti <5000 291.094 796.311 505.216 81 >= 5000 <10.000 310.091 484.067 173.976 23 >=10.000 <20.000 423.719 590.569 166.850 9 >=20.000 <60.000 706.847 950.877 244.030 5 >=60.000 <250.000 579.836 754.195 174.359 2 >=250.000 639.558 675.948 36.390 1 Totale complessivo 2.951.146 4.251.966 1.300.821 121 comuni province Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio Mef (aprile 2014) I risultati conseguiti evidenziano il paradosso del Patto che a fronte di obiettivi sempre più onerosi consente di produrre risparmi ben oltre il contributo richiesto. La manovra di finanza pubblica assegnata ai comuni per il 2013 ammontava infatti a 12,3 miliardi (al netto dei maggiori spazi finanziari attribuiti con il DL 35/2013), di cui 6,6 miliardi derivanti dall’inasprimento del Patto e 5,7 di taglio delle risorse. Nonostante quindi la maggiore onerosità degli obiettivi conseguenti all’entità del contributo, i comuni hanno prodotto un significativo eccesso di risparmio concentrato prevalentemente nei piccoli centri (il 38,8 per cento del totale) e molto marginale invece nelle città metropolitane (2,7 per cento).
  • 233. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 200 TAVOLA 12 I RISULTATI DEL PATTO DI COMUNI E PROVINCE comuni province saldo di parte corrente entrate correnti totali 53.585 8.064 spese correnti totali 49.100 7.240 saldo 4.484 824 a detrarre: 0 0 saldo voci stato di emergenza e grandi eventi -1 2 saldo voci progetti cofinanziati UE -2 0 saldo voci terremoto 2012 0 1 saldo voci residuali 414 0 saldo fondo pluriennale 25 56 saldo corrente netto 4.098 877 saldo di parte capitale entrate in c/capitale 7.673 1.507 spese c/capitale 10.319 2.585 saldo -2.646 -1.078 a detrarre: 0 0 saldo riscossione/concessione crediti 28 67 saldo voci stato di emergenza e grandi eventi 323 -7 saldo voci progetti cofinanziati UE 11 6 saldo voci terremto 2012 7 7 saldo voci residuali -28 0 saldo netto c/capitale -2.987 -1.151 saldo netto totale 1.111 -274 pagamenti ex dl 35/2013 3.141 1.148 saldo al netto dei maggiori pagamenti ex dl 35/2013 4.252 874 saldo obiettivo 2.951 760 differenza 1.301 115 (in milioni) Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014) 6. Nel tentativo di individuare le motivazioni che potrebbero essere alla base di questo effetto anomalo si pone l’attenzione su alcuni aspetti. Il surplus finanziario prodotto e nello stesso tempo la concentrazione dei casi di inadempienza nelle piccole amministrazioni è il segno della forte criticità che l’abbassamento della soglia di popolazione (1000 abitanti) dei soggetti sottoposti ai vincoli del Patto ha determinato nel 2013. Per queste amministrazioni le specifiche misure di agevolazione (applicazione di una percentuale di correzione ridotta e riserva di una quota specifica del Patto regionale verticale incentivato) non sono risultate sufficienti per il superamento delle difficoltà dovute presumibilmente a una pluralità di cause: da una non efficiente programmazione, alle diverse modalità di gestione dei servizi, alla presenza di diseconomie di scala, ovvero alla peculiarità di aree “deboli” cui appartengono molte delle realtà comunali di piccole dimensioni. Da più parti infatti la definizione di “piccolo comune” viene attribuita non esclusivamente in base al criterio demografico, bensì anche per l’appartenenza dell’ente ad aree territorialmente in difficoltà, caratterizzate da ritardo economico, particolare disagio insediativo, inadeguatezza dei servizi sociali essenziali o difficoltà di collegamento con i grandi centri urbani. Al fine di consentire il parziale superamento di tali limiti il legislatore è più volte intervenuto a favorire forme di associazionismo comunale e addirittura
  • 234. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 201 fusioni. La diffusione delle gestioni associate di funzioni attraverso le convenzioni o le unioni di comuni potrebbe non essere del tutto indifferente rispetto al risultato del Patto di questa fascia di comuni; in particolare tra il 2009 ed il 2013 si assiste ad un aumento delle unioni del 16,7 per cento e poiché la maggior parte dei comuni associati appartiene alle classi dimensionali più basse, è verosimile che una parte della spesa sostenuta da tali enti nel triennio di riferimento per il calcolo dell’obiettivo (2007-2009) possa essere, invece, fuori dal perimetro nel 2013, perché sostenuta dall’unione di appartenenza, e quindi contribuire a determinare un eccesso di risparmio. Le peculiarità e le criticità di questa fascia di enti richiederebbero probabilmente delle soluzioni differenziate e meccanismi di coordinamento più mirati che non l’applicazione della regola standard del Patto, valida in egual misura per la grande area metropolitana. 7. Un secondo elemento da considerare nella lettura degli spazi finanziari inutilizzati è senza dubbio riconducibile agli effetti del DL 35/2013. TAVOLA 13 I PAGAMENTI DI COMUNI E PROVINCE A VALERE SUGLI SPAZI FINANZIARI CONCESSI DAL DL 35/2013 (in migliaia) regione obiettivo al netto dei Patti regionali pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 incidenza (b)/(a) obiettivo al netto dei Patti regionali pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 incidenza (d)/(c ) (a) (b) (c ) (d) PIEMONTE 352.662 235.262 66,7 145.662 95.434 65,5 LOMBARDIA 784.795 520.112 66,3 240.240 386.915 161,1 LIGURIA 171.575 78.593 45,8 47.601 10.076 21,2 VENETO 351.558 287.468 81,8 95.295 43.616 45,8 EMILIA ROMAGNA 398.201 295.872 74,3 110.024 56.282 51,2 TOSCANA 338.217 343.332 101,5 120.230 91.296 75,9 UMBRIA 73.241 59.959 81,9 26.214 9.484 36,2 MARCHE 133.406 68.251 51,2 56.222 48.311 85,9 LAZIO 209.858 196.712 93,7 117.576 89.372 76,0 ABRUZZO 96.508 69.581 72,1 17.674 22.435 126,9 MOLISE 24.389 21.413 87,8 -1.619 2.130 n.c. CAMPANIA 383.958 355.027 92,5 79.821 113.646 142,4 PUGLIA 213.043 160.586 75,4 56.867 57.988 102,0 BASILICATA 37.499 46.107 123,0 15.228 26.858 176,4 CALABRIA 125.609 123.145 98,0 24.406 38.169 156,4 SICILIA 387.411 219.306 56,6 36.474 34.184 93,7 SARDEGNA 179.563 60.381 33,6 40.939 21.997 53,7 Totale complessivo 4.261.495 3.141.107 73,7 1.228.853 1.148.193 93,4 fascia demografica obiettivo pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 incidenza (b)/(a) (a) (b) <5000 792.067 331.299 41,8 >= 5000 <10.000 489.838 403.207 82,3 >=10.000 <20.000 585.197 459.000 78,4 >=20.000 <60.000 943.298 677.491 71,8 >=60.000 <250.000 730.487 634.537 86,9 >=250.000 720.609 635.573 88,2 Totale complessivo 4.261.495 3.141.107 73,7 comuni province Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio Mef (aprile 2014)
  • 235. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 202 Le misure per lo smaltimento dei debiti pregressi di comuni e province avrebbero dovuto produrre ricadute positive sull’economia dal momento che i pagamenti in conto capitale autorizzati dal DL 35/13 erano previsti come aggiuntivi rispetto ad una spesa in conto capitale che nel 2012, per i comuni soggetti alle regole del Patto, si attestava a circa 10 miliardi. Già i primi monitoraggi dei pagamenti registrati nella banca dati Siope nel corso dell’anno, avevano evidenziato una realtà piuttosto distante dalle previsioni di ripresa degli investimenti negli enti locali. I dati del Patto confermano che l’effetto prodotto è rimasto di fatto limitato ad una agevolazione rispetto agli stringenti saldi programmatici (un allentamento molto consistente che nella sostanza ha annullato la manovra che il comparto avrebbe dovuto adottare per assicurare il contributo richiesto) ma non ha favorito una maggiore spesa rispetto a quella consentita dai limiti del Patto. TAVOLA 13.1 I PAGAMENTI A VALERE SUGLI SPAZI AUTORIZZATI DAL DL 35/2013 E LA SPESA IN CONTO CAPITALE (in migliaia) regione spesa K rilevante per il Patto al lordo dei pagamenti ex DL 35/13 pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 spesa K rilevante per il Patto al netto dei pagamenti ex DL 35/13 surplus finanziario rispetto all'obiettivo incidenza b/a incidenza d/b spesa K rilevante per il Patto al lordo dei pagamenti ex DL 35/13 pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 spesa K rilevante per il Patto al netto dei pagamenti ex DL 35/13 surplus finanziario inutilizzato incidenza f/e incidenza h/f a b c d e f g h PIEMONTE 590.466 235.262 355.204 111.256 39,8 47,3 148.765 95.434 53.331 5.670 64,2 5,9 LOMBARDIA 1.594.677 520.112 1.074.565 148.380 32,6 28,5 614.579 386.915 227.664 9.748 63,0 2,5 LIGURIA 268.751 78.593 190.158 76.778 29,2 97,7 33.625 10.076 23.549 -11.947 30,0 n.c VENETO 809.135 287.468 521.667 36.755 35,5 12,8 123.996 43.616 80.380 13.109 35,2 30,1 EMILIA ROMAGNA 737.339 295.872 441.467 72.227 40,1 24,4 206.197 56.282 149.915 9.445 27,3 16,8 TOSCANA 745.116 343.332 401.784 98.941 46,1 28,8 176.293 91.296 84.997 9.452 51,8 10,4 UMBRIA 146.187 59.959 86.228 22.790 41,0 38,0 18.891 9.484 9.407 1.302 50,2 13,7 MARCHE 184.875 68.251 116.624 26.466 36,9 38,8 67.586 48.311 19.275 -4.367 71,5 n.c. LAZIO 466.597 196.712 269.885 109.190 42,2 55,5 397.722 89.372 308.350 8.906 22,5 10,0 ABRUZZO 171.082 69.581 101.501 42.265 40,7 60,7 62.654 22.435 40.219 13.879 35,8 61,9 MOLISE 43.952 21.413 22.539 6.963 48,7 32,5 11.742 2.130 9.612 413 18,1 19,4 CAMPANIA 777.665 355.027 422.638 180.861 45,7 50,9 172.206 113.646 58.560 12.889 66,0 11,3 PUGLIA 396.097 160.586 235.511 66.267 40,5 41,3 80.328 57.988 22.340 1.680 72,2 2,9 BASILICATA 119.457 46.107 73.350 38.399 38,6 83,3 47.077 26.858 20.219 1.509 57,1 5,6 CALABRIA 288.385 123.145 165.240 93.379 42,7 75,8 112.698 38.169 74.529 46.436 33,9 121,7 SICILIA 475.413 219.306 256.107 96.789 46,1 44,1 109.223 34.184 75.039 -10.469 31,3 n.c. SARDEGNA 351.254 60.381 290.873 73.114 17,2 121,1 63.708 21.997 41.711 6.963 34,5 31,7 Totale complessivo 8.166.448 3.141.107 5.025.341 1.300.821 38,5 41,4 2.447.290 1.148.193 1.299.097 114.619 46,9 10,0 fascia demografica spesa K rilevante per il Patto al lordo dei pagamenti ex DL 35/13 pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 spesa K rilevante per il Patto al netto dei pagamenti ex DL 35/13 surplus finanziario rispetto all'obiettivo incidenza b/a incidenza d/b a b c d <5000 1.500.137 331.299 1.168.838 505.216 22,1 152,5 >= 5000 <10.000 1.075.639 403.207 672.432 173.976 37,5 43,1 >=10.000 <20.000 1.137.361 459.000 678.361 166.849 40,4 36,4 >=20.000 <60.000 1.557.378 677.491 879.887 244.030 43,5 36,0 >=60.000 <250.000 1.350.606 634.537 716.069 174.359 47,0 27,5 >=250.000 1.545.327 635.573 909.754 36.390 41,1 5,7 Totale complessivo 8.166.448 3.141.107 5.025.341 1.300.820 38,5 41,4 comuni province Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014) Complessivamente, infatti, i pagamenti consentiti fuori dal Patto hanno avuto un’incidenza sull’obiettivo (depurato delle compensazioni regionali) del 74 per cento per i comuni e del 93 per cento per le province. In alcuni ambiti regionali la sterilizzazione di tali spese consentiva di assicurare il contributo richiesto senza attuare manovre di bilancio (così in particolare per le province di Lombardia, Abruzzo,
  • 236. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 203 Campania, Puglia, Basilicata e Calabria). Sotto il profilo dimensionale, invece, sono i grandi comuni ad essere maggiormente agevolati dalla misura straordinaria che consente loro di conseguire già il 90 per cento dell’obiettivo. Non altrettanto efficace la misura se letta come incentivo ad una maggiore spesa per investimenti. Guardando i dati aggregati, infatti, lo sblocco dei debiti pesa in maniera considerevole sul totale della spesa in conto capitale rilevante ai fini del patto: il 38,5 per cento sulla spesa dei comuni ed il 47 per cento su quella delle province, con punte oltre il 60 per cento. Inoltre la quota di pagamenti rimasta soggetta ai vincoli non arriva a coprire tutta l’area consentita dal Patto ed il surplus finanziario inutilizzato rappresenta, per i comuni, circa il 40 per cento degli spazi messi a disposizione con il DL 35/2013. Fenomeno con sfaccettature diverse in base alla dimensione degli enti. I comuni fino a 5000 abitanti realizzano un livello di spesa in conto capitale che, anche senza la depurazione della quota relativa ai maggiori spazi autorizzati, permarrebbe pienamente compatibile con l’obiettivo di saldo; mentre le grandi città (destinatarie degli spazi maggiori autorizzati dal decreto: in media 103 euro pro capite contro i 41 dei piccoli comuni) sembrano utilizzare a pieno tutte le potenzialità insite nel meccanismo, esponendo margini di surplus molto ridotti. Tuttavia, anche per questa classe di enti, l’atteso effetto aggiuntivo della spesa per investimenti resta condizionato dalla più o meno marcata espansione degli impegni correnti, ovvero dalla capacità di realizzare le entrate accertate. Un approfondimento proprio sulle grandi città con riferimento ai dati rilevati nell’ultimo triennio mostra un aumento considerevole del saldo di competenza prodotto da accertamenti correnti 2013 in crescita del 18,2 per cento rispetto al 2011, a fronte di un incremento dell’11,6 per cento degli impegni correnti. La crescita sostenuta della spesa, anche se più lenta rispetto all’entrata, risulta di non facile lettura in un quadro di obiettivi resi progressivamente più onerosi e rafforzati da misure tese alla revisione della spesa corrente e certamente va ad erodere spazi finanziari che avrebbero potuto essere utilizzati per ampliare l’area dei pagamenti in conto capitale. 8. La dispersione dei risparmi acquisiti può infine essere rappresentativa del costo dell’incertezza. L’esercizio 2013, infatti, risulta caratterizzato da un anomalo differimento al 30 novembre del termine per l’approvazione del bilancio di previsione inquadrato in un contesto di ripetuti provvedimenti legislativi d’urgenza che hanno determinato incertezze sulle risorse disponibili e inciso sulla stessa programmazione (problematica che sembra si stia riproponendo anche per il 2014 con il rinvio dell’approvazione del bilancio di previsione nonché del consuntivo). La proroga del termine per l’approvazione del bilancio di previsione è stata accompagnata anche da ritardi nella determinazione delle aliquote dei tributi locali e delle tariffe dei servizi pubblici. L’incertezza del quadro normativo e i conseguenti ritardi nella determinazione delle risorse da assegnare, hanno reso la quantificazione degli stanziamenti di bilancio oggetto di stime basate su insufficienti e precari elementi informativi. In presenza inoltre di una manovra di riduzione del fondo di solidarietà comunale che si è aggiunta all’incertezza sull’entità delle entrate proprie di natura tributaria (IMU e Tares) e dovendo gestire in esercizio provvisorio per 11 mesi dell’anno, era fondamentale un atteggiamento prudenziale degli amministratori al fine di garantire l’equilibrio di bilancio con un ammontare di risorse presumibilmente inferiore a quello del 2012, atteggiamento da una parte virtuoso, ma che potrebbe essere andato a discapito della
  • 237. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 204 piena utilizzazione del potenziale spazio finanziario consentito dalle regole nazionali e territoriali del Patto. Nel quadro generale di incertezza ha pesato anche l’ultima revisione delle aliquote da applicare per il calcolo dell’obiettivo avvenuta con il DL n. 120/2013: sospesa l’applicazione del meccanismo di virtuosità, in base al quale gli enti appartenenti alla classe dei più meritevoli avrebbero beneficiato di un saldo programmatico pari a 0, è stata introdotta un’aliquota intermedia tra quella ordinaria e quella massima prevista per i non virtuosi (12,81 per cento per i comuni fino a 5000 abitanti, 15,61 per cento per i comuni superiori e 19,61 per cento per le province) che ha determinato un aggravio della manovra complessiva di circa 420 milioni. Tuttavia, in considerazione del fatto che l’intervento è stato disposto in una fase gestionale molto avanzata, la misura che di per sé avrebbe potuto generare una lieve attenuazione del saldo individuale nei casi in cui – nel rispetto delle indicazioni fornite dalla Ragioneria Generale dello Stato con la Circolare n. 5/2013 - gli enti avessero già calcolato il proprio obiettivo con le percentuali massime previste per i non virtuosi, di fatto non ha consentito il pieno sfruttamento del maggiore spazio finanziario emerso (seppure molto limitato). 9. Tutto ciò è accaduto nonostante che il legislatore, come noto, abbia approntato diversi strumenti finalizzati all’ottimizzazione del meccanismo del Patto e ad evitare la produzione di risparmi in eccesso che rimangono poi inutilizzati; ci si riferisce ai c.d. Patti di solidarietà (il Patto nazionale orizzontale, il Patto regionale verticale incentivato ed ordinario, il Patto regionale orizzontale). Nel 2013, sospesa l’applicazione del Patto nazionale orizzontale, sono state operative solo le forme territoriali. Su questo terreno si fanno più evidenti le differenze tra regioni che hanno avviato già da alcuni anni intese interisituzionali per delineare, con strumenti normativi sempre più affinati, regole di Patto adattabili alle peculiarità del territorio e regioni che, invece, scontano un approccio più estemporaneo con gli istituti previsti dal legislatore nazionale. Nelle regioni del centro-nord le modifiche alla normativa nazionale sono sistematizzate in un Patto di stabilità territoriale articolato poi nelle diverse forme verticali e orizzontali, ma strutturato tenendo conto di parametri di virtuosità, differenti gradi di rigidità/flessibilità dei bilanci, efficienza degli interventi correnti e di sviluppo, sistemi di premi/sanzioni, forme di incentivazione alla adeguatezza del livello di governo. Nella maggior parte dei casi il Patto di stabilità territoriale è finalizzato alla flessibilizzazione degli investimenti, per garantire al sistema delle autonomie locali la possibilità di sfruttare con tempestività le potenzialità inespresse dal sistema economico locale e per fronteggiare la situazione economica attraverso un rilancio della produttività. Alla regione spetta il ruolo di governo complessivo del sistema ed è il soggetto responsabile del corretto funzionamento del Patto e del rispetto degli obblighi di finanza pubblica anticipando quel ruolo che ad esse assegna la legge rinforzata sugli equilibri di bilancio. In considerazione di tale responsabilità in quasi tutte le regioni il Patto territoriale è assistito da misure premianti o sanzionatorie previste in aggiunta a quelle nazionali, soprattutto al fine di ottimizzare l’uso dell’eventuale surplus finanziario all’interno del territorio regionale. Alcune regioni del nord, nel 2013, sono anche andate oltre la dimensione regionale del Patto avviando delle sinergie interregionali per incrementare la dotazione da mettere a
  • 238. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 205 disposizione delle autonomie locali e recuperare spazi di marginalità finanziaria attivando intese tra ambiti territoriali in cui si riscontrano analogie di sistema e di standard economico-sociali, nonché di qualità e livello di prestazione dei servizi. Una sorta di sperimentazione delle modalità attuative che saranno alla base degli accordi interregionali per lo scambio di spazi finanziari e risorse di cui al comma 517 dell’art. 1 della L. 147/2013 nonché del Patto integrato rinviato al 2015 dal comma 505, art. 1, della stessa legge di stabilità. Le regioni più attive sul fronte dei patti territoriali non hanno mancato di sfruttare anche meccanismi di agevolazione previsti dal legislatore nazionale con riferimento ai pagamenti a valere sui cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari; attraverso la modalità del Patto verticale infatti hanno ceduto agli enti locali gli spazi finanziari generati dalla esclusione dal patto regionale delle spese effettuate a valere sui fondi strutturali (L. 183/2011, art. 32, c. 4), misura plafonata per il 2013 a 1,8 miliardi. I maggiori spazi ricevuti da comuni e province sono stati vincolati quindi a pagamenti sui fondi Fsr, Fse e Feasr. La ristrettezza delle risorse ha imposto alle regioni di governare i meccanismi di ripartizione degli spazi sulla base di criteri e parametri che individuano delle priorità, alcune specifiche dei territori (realizzazione di interventi antisismici, ripristino di opere a seguito di alluvioni ed altre situazioni emergenziali), altre ricorrenti, come gli interventi di edilizia scolastica, ovvero la necessità di ricondurre a livelli fisiologici l’ammontare dei residui per spese di investimento e, più in generale, sostenere situazioni finanziarie e di bilancio tendenti ad una maggiore solidità strutturale con riferimento al debito. La ripartizione degli spazi è condizionata anche dalla finalità, sottintesa in molte delle delibere di regolamentazione del Patto regionalizzato ed esplicitata chiaramente da alcune regioni, che è quella di agevolare gli enti locali in difficoltà con il rispetto degli obiettivi nazionali (è il caso della Sicilia che attraverso le quote del Patto incentivato ha azzerato il contributo richiesto ai piccoli comuni e ridotto del 30 per cento quello dei comuni superiori). TAVOLA 14 GLI SPAZI FINANZIARI DERIVANTI DALLA FLESSIBILIZZAZIONE REGIONALE (in migliaia) spazi ceduti spazi acquisiti spazi ceduti spazi acquisiti PIEMONTE -70.866 -77.154 1.865 -1.070 -27.017 -26.184 -718 LOMBARDIA -34.073 -158.824 24.219 -25.602 -8.273 -53.160 1.365 LIGURIA -42.178 -27.816 2.360 -2.420 -20.836 -9.300 310 -250 VENETO -5.000 -60.000 7.411 -5.461 0 -20.000 -1.950 EMILIA ROMAGNA -38.644 -74.462 65.043 -76.342 -32.593 -24.911 13.534 -1.960 TOSCANA -4.170 -66.916 1.164 -1.164 -3.358 -22.402 1.000 -1.000 UMBRIA -24.164 -19.396 0 -6.576 -6.465 MARCHE -19.835 -28.113 0 -10.165 -9.375 LAZIO 0 -107.453 10.955 -18.258 0 -38.288 14.000 -12.349 ABRUZZO -25.275 -26.084 3.062 -5.559 -9.724 -8.747 3.189 -692 MOLISE 0 0 0 0 0 CAMPANIA 0 -89.895 0 0 -33.651 PUGLIA 0 0 1.236 -2.060 0 0 824 BASILICATA 0 -16.284 0 0 -5.878 CALABRIA 0 -41.683 0 0 -11.549 SICILIA 0 -161.204 14.524 -15.126 -14.500 -57.763 17.700 -17.700 SARDEGNA 0 -69.637 0 0 -23.842 Totale complessivo -264.205 -1.024.921 131.839 -153.062 -133.042 -351.515 51.922 -36.619 regione Patto regionale orizzontale Patto regionale orizzontale comuni province Patto regionale verticale Patto regionale verticale incentivato Patto regionale verticale Patto regionale verticale incentivato Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014).
  • 239. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 206 Al di là della più o meno complessa ed articolata disciplina dei patti regionalizzati, nonché dello sforzo mostrato da alcune amministrazioni nell’affinare gli strumenti normativi per rendere il Patto sempre più a misura delle realtà territoriali, l’adesione alle forme di compensazione regionale è sempre più diffusa e nel 2013 raggiunge l’84 per cento degli enti locali (4623 comuni e 94 province). L’entità degli spazi finanziari movimentati dai Patti di solidarietà regionali è pressocchè invariata rispetto all’anno precedente, ma le diverse forme di compensazione hanno avuto un peso diverso: l’aumento dello spazio concesso attraverso il Patto incentivato (previsto anche per le province) ha comportato una riduzione di circa la metà dei maggiori pagamenti autorizzati con il Patto verticale ordinario; mentre lo scambio tra comuni appartenenti alla stessa regione ha consentito un peggioramento degli obiettivi individuali per complessivi 190 milioni circa (a fronte di corrispondenti miglioramenti da parte degli enti cedenti), anche se l’entità effettiva per il 2013 di tale misura non è facilmente quantificabile in quanto comprensiva dei recuperi delle quote scambiate nel biennio precedente. E’ peraltro significativo che in due nuove regioni sia stata attivata anche questa forma di compensazione precedentemente non utilizzata (Toscana e Sicilia). TAVOLA 15 L’ADESIONE DEI COMUNI AI PATTI DI SOLIDARIETA’ REGIONALI (in migliaia) regione n. comuni che hanno ottenuto spazi dai patti regionali n. % saldo finanziario obiettivo differenza totale spazi da patti regionali peso del surplus positivo sugli spazi finanziari ottenuti con i patti territoriali PIEMONTE 573 10 1,7 308.979 200.292 108.687 149.090 72,9 LOMBARDIA 992 11 1,1 650.329 528.026 122.303 218.499 56,0 LIGURIA 130 0 0,0 173.186 95.921 77.265 72.414 106,7 VENETO 499 8 1,6 300.820 272.486 28.334 70.461 40,2 EMILIA ROMAGNA 289 7 2,4 314.104 249.986 64.118 189.448 33,8 TOSCANA 237 0 0,0 333.111 241.931 91.180 72.250 126,2 UMBRIA 80 0 0,0 51.391 28.990 22.401 43.560 51,4 MARCHE 192 5 2,6 109.812 85.158 24.654 47.948 51,4 LAZIO 266 2 0,8 201.749 93.900 107.849 125.711 85,8 ABRUZZO 172 3 1,7 72.596 32.372 40.224 56.918 70,7 CAMPANIA 319 12 3,8 341.154 210.000 131.153 89.895 145,9 PUGLIA 2 0 0,0 19.611 9.694 9.917 2.060 481,4 BASILICATA 94 1 1,1 59.614 21.215 38.399 16.284 235,8 CALABRIA 200 7 3,5 98.586 38.800 59.786 41.683 143,4 SICILIA 329 12 3,6 322.395 225.606 96.789 176.330 54,9 SARDEGNA 251 5 2,0 183.039 109.926 73.114 69.637 105,0 Totale complessivo 4.625 83 1,8 3.540.473 2.444.302 1.096.171 1.442.188 76,0 di cui inadempienti Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014)
  • 240. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 207 SEGUE TAVOLA 15 n. comuni che non hanno ottenuto spazi dai patti regionali n. enti inadem pienti % saldo finanziario obiettivo differenza PIEMONTE 21 0 0,0 7.714 5.145 2.569 LOMBARDIA 212 7 3,3 88.566 62.489 26.077 LIGURIA 5 2 40,0 5.113 5.600 -487 VENETO 42 0 0,0 24.444 16.023 8.421 EMILIA ROMAGNA 35 1 2,9 31.920 23.811 8.109 TOSCANA 29 1 3,4 32.961 25.200 7.761 UMBRIA 2 0 0,0 1.081 691 390 MARCHE 2 1 50,0 2.113 301 1.812 LAZIO 2 0 0,0 2.543 1.201 1.342 ABRUZZO 15 0 0,0 12.322 10.280 2.041 MOLISE 65 6 9,2 31.352 24.389 6.963 CAMPANIA 117 6 5,1 133.771 84.063 49.708 PUGLIA 242 9 3,7 258.875 202.524 56.350 CALABRIA 102 5 4,9 78.720 45.126 33.593 Totale complessivo 891 38 4,3 711.493 506.844 204.650 di cui inadempienti Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014) In particolare per i comuni è evidente l’efficacia dei meccanismi sotto il profilo del rispetto degli obiettivi visto che tra gli enti che hanno acquisito spazi regionali si verifica una percentuale di inadempienza più contenuta: 1,8 per cento contro il 4,3 per cento registrato nei comuni che non hanno aderito ai patti territoriali. Più complesso valutare l’efficacia delle misure sotto il profilo della ottimizzazione dei risultati rispetto agli obiettivi dati e della ripresa degli investimenti locali. Infatti complessivamente comuni e province dichiarano di aver ricevuto maggiori spazi dalle regioni (quote di patto verticale ordinario e incentivato e acquisizione di quote con il patto orizzontale) per 1,9 miliardi ed il saldo finanziario da essi realizzato è di 1,1 miliardo superiore a quanto richiesto, surplus inutilizzato che rappresenta quindi il 56,7 per cento dello spazio finanziario che le forme di compensazione regionale hanno messo a disposizione delle autonomie locali ed in diverse regioni l’eccesso di risparmio prodotto dai comuni va ben oltre le quote di maggiore spesa autorizzata. Il fenomeno è diffuso anche se è da notare che proprio in quei territori in cui le forme di compensazione a livello territoriale sono caratterizzate da architetture normative più raffinate e complesse si ottengono le migliori performance risultato/obiettivo. Ad indebolire l’effetto degli interventi regionali del Patto può aver contribuito proprio un problema di coordinamento tra le misure di rimodulazione governate a livello centrale e quelle territoriali da attivare e rendere operative per gli enti con tempistiche molto ravvicinate che non hanno consentito di evitare, probabilmente, alcuni casi di sovrapposizione: nel complesso gli interventi hanno trasferito ai comuni una massa potenziale di spesa in conto capitale di circa 4,4 miliardi che ha rappresentato oltre il 54 per cento della spesa per investimenti rilevante ai fini del Patto, con punte, in alcune regioni, che arrivano anche al 70/80 per cento. Il peso degli spazi di spesa esterni ai comuni è più rilevante nei piccoli centri, i quali hanno beneficiato di quote di riserva
  • 241. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 208 nelle compensazioni regionali, mentre scende al di sotto del 50 per cento l’incidenza della quota di spesa esterna al perimetro comunale nelle grandi città. TAVOLA 16 LA SPESA IN CONTO CAPITALE ESCLUSA DAI VINCOLI DEL PATTO (in migliaia) regione pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 quote patto regionale spesa K rilevante per il Patto al lordo delle quote DL 35/2013 massa di spesa imputabile a spazi finanziari esterni peso sul totale della spesa K rilevante pagamenti effettuati a valere sugli spazi concessi dal DL 35/13 quote patto regionale spesa K rilevante per il Patto al lordo delle quote DL 35/2013 massa di spesa imputabile a spazi finanziari esterni peso sul totale della spesa K rilevante PIEMONTE 235.262 148.020 590.466 383.282 64,9 95.434 53.919 148.765 149.353 100,4 LOMBARDIA 520.112 192.897 1.594.677 713.009 44,7 386.915 60.068 614.579 446.983 72,7 LIGURIA 78.593 69.994 268.751 148.587 55,3 10.076 30.076 33.625 40.152 119,4 VENETO 287.468 65.000 809.135 352.468 43,6 43.616 21.950 123.996 65.566 52,9 EMILIA ROMAGNA 295.872 113.106 737.339 408.978 55,5 56.282 45.930 206.197 102.212 49,6 TOSCANA 343.332 71.086 745.116 414.418 55,6 91.296 25.760 176.293 117.056 66,4 UMBRIA 59.959 43.560 146.187 103.519 70,8 9.484 13.041 18.891 22.525 119,2 MARCHE 68.251 47.948 184.875 116.199 62,9 48.311 19.540 67.586 67.851 100,4 LAZIO 196.712 107.453 466.597 304.165 65,2 89.372 36.637 397.722 126.009 31,7 ABRUZZO 69.581 51.359 171.082 120.940 70,7 22.435 15.974 62.654 38.409 61,3 MOLISE 21.413 0 43.952 21.413 48,7 2.130 0 11.742 2.130 18,1 CAMPANIA 355.027 89.895 777.665 444.922 57,2 113.646 33.651 172.206 147.297 85,5 PUGLIA 160.586 0 396.097 160.586 40,5 57.988 824 80.328 58.812 73,2 BASILICATA 46.107 16.284 119.457 62.391 52,2 26.858 5.878 47.077 32.736 69,5 CALABRIA 123.145 41.683 288.385 164.828 57,2 38.169 11.549 112.698 49.718 44,1 SICILIA 219.306 161.204 475.413 380.510 80,0 34.184 72.263 109.223 106.447 97,5 SARDEGNA 60.381 69.637 351.254 130.018 37,0 21.997 23.842 63.708 45.839 72,0 Totale complessivo 3.141.107 1.289.126 8.166.448 4.430.233 54,2 1.148.193 469.253 2.447.290 1.617.446 66,1 fascia demografica fino a 5000 331.299 518.886 1.500.137 850.185 56,7 tra 5000 e 10.000 403.207 177.271 1.075.639 580.478 54,0 tra 10.000 e 20.000 459.000 152.472 1.137.361 611.472 53,8 tra 20.000 e 60.000 677.491 217.647 1.557.378 895.138 57,5 tra 60.000 e 250.000 634.537 140.863 1.350.606 775.400 57,4 > 250.000 635.573 81.987 1.545.327 717.560 46,4 Totale complessivo 3.141.107 1.289.126 8.166.448 4.430.233 54,2 comuni province Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF (aprile 2014) 10. I dati offrono quindi un’importante informazione, vale a dire che oltre la metà della spesa in conto capitale pagata dalle amministrazioni comunali è imputabile a maggiori spazi ottenuti al di fuori dei vincoli del Patto. Se da una parte ciò sembra confermare che questo strumento di coordinamento finisce per agire come freno alla spesa produttiva degli enti locali, dall’altra gli ampi margini residuali per ulteriori pagamenti rimasti inutilizzati evidenzia che le possibili cause di un andamento decrescente degli investimenti, così protratto nel tempo e così difficile da invertire nonostante i tentativi messi in atto, sono da ricercare anche al di fuori del funzionamento della regola fiscale. Ad esempio nelle crescenti difficoltà finanziarie delle amministrazioni locali, di cui sono un chiaro segnale le numerose procedure di riequilibrio ai sensi dell’art. 243-bis del TUEL. Gli avanzi prodotti in questi anni in termini di Patto, infatti, sono esclusivamente generati dalla gestione di competenza e la lenta e solo parziale realizzazione degli accertamenti non ha consentito, in molti casi, di far sì che quei saldi positivi si traducessero in liquidità da utilizzare per il pagamento della spesa in conto capitale. Non meno rilevante la questione relativa alla programmazione degli investimenti, un’area esclusa dalla regola del Patto in quanto non influente ai fini dell’indebitamento,
  • 242. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 209 ma che costituisce il presupposto dell’andamento dei pagamenti futuri. Al riguardo sono stati presi in considerazione gli impegni di spesa in conto capitale dei comuni nel periodo che va dal 2009 al 2012: gli enti osservati registrano una flessione degli impegni del 34 per cento, passando da 14,7 miliardi a 9,7. La flessione più forte va imputata agli enti del centro (-48 per cento) seguiti da quelli del nord est e nord ovest (- 32,5 e -36 per cento); la decrescita è poi fortemente legata al profilo dimensionale: il calo del 23 per cento registrato dai comuni al di sotto dei 1000 abitanti aumenta progressivamente fino ad arrivare ad un -47 per cento nelle grandi città. L’abbattimento degli impegni per nuovi investimenti non ha risparmiato dunque neppure i maggiori centri urbani, ora divenute città metropolitane e che per volumi di bilancio e forti economie di scala avrebbero dovuto rappresentare poli di riferimento di una costante programmazione di investimenti. Le aree di intervento che registrano il calo più consistente sono quelle relative all’istruzione, beni culturali e polizia locale; forte, ma più contenuta, anche la flessione nelle funzioni di viabilità, trasporti e gestione del territorio e dell’ambiente, funzioni, queste ultime, che assorbono circa il 50 per cento degli impegni complessivi di parte capitale. TAVOLA 17 GLI IMPEGNI E I PAGAMENTI IN C/CAPITALE DEI COMUNI - ANNI 2009-2012 fascia n. enti 2009 2010 2011 2012 2009 2010 2011 2012 impegni pagamenti <1000 1.633 886.640 809.643 718.243 685.677 786.415 728.978 696.531 614.801 -22,7 -21,8 >=1000 <5000 3.308 3.557.425 3.708.180 3.112.617 2.576.960 3.387.637 2.867.757 2.948.897 3.062.503 -27,6 -9,6 >=5000 <10000 1.083 1.925.704 1.755.364 1.385.615 1.238.644 1.894.912 1.476.979 1.467.797 1.291.183 -35,7 -31,9 >=10000 <20000 659 1.856.026 1.853.751 1.498.071 1.194.593 1.920.375 1.531.638 1.444.599 1.232.902 -35,6 -35,8 >=20000 <60000 383 2.563.579 2.432.370 1.917.340 1.712.871 2.662.220 2.162.065 1.909.560 1.725.305 -33,2 -35,2 >=60000 <250000 86 2.074.635 1.890.464 1.430.930 1.331.348 2.116.449 1.619.388 1.452.027 1.501.472 -35,8 -29,1 >=250000 11 1.849.387 2.323.949 1.839.315 985.521 2.157.206 1.927.562 2.085.035 1.909.879 -46,7 -11,5 Totale complessivo 7.163 14.713.394 14.773.720 11.902.130 9.725.614 14.925.214 12.314.366 12.004.445 11.338.045 -33,9 -24,0 area Centro 874 2.441.729 2.252.177 1.423.849 1.276.727 2.300.253 2.004.972 1.705.279 1.517.530 -47,7 -34,0 Isole 660 1.348.996 1.299.604 1.155.912 1.055.884 1.466.725 1.232.272 1.057.068 942.988 -21,7 -35,7 Nord Est 1.388 3.450.795 3.291.463 2.686.107 2.329.250 3.643.865 3.070.307 2.921.692 2.939.984 -32,5 -19,3 Nord Ovest 2.775 3.852.932 4.107.184 3.638.832 2.470.287 4.101.104 3.478.892 3.950.104 3.571.953 -35,9 -12,9 Sud 1.466 3.618.942 3.823.292 2.997.429 2.593.466 3.413.268 2.527.923 2.370.301 2.365.590 -28,3 -30,7 Totale complessivo 7.163 14.713.394 14.773.720 11.902.130 9.725.614 14.925.214 12.314.366 12.004.445 11.338.045 -33,9 -24,0 fascia n. enti 2009 2010 2011 2012 2009 2010 2011 2012 impegni pagamenti <1000 1.633 1.190 1.044 958 989 1.034 1.005 961 846 -16,9 -18,2 >=1000 <5000 3.308 482 506 425 356 456 388 393 414 -26,1 -9,2 >=5000 <10000 1.083 256 231 183 166 252 195 192 172 -35,2 -31,5 >=10000 <20000 659 204 204 162 134 212 167 157 137 -34,1 -35,5 >=20000 <60000 383 200 191 146 138 209 167 148 137 -31,1 -34,6 >=60000 <250000 86 224 216 159 158 232 181 159 163 -29,5 -30,0 >=250000 11 260 306 229 133 322 282 259 255 -49,1 -20,7 Totale complessivo 7.163 565 539 467 437 518 465 454 432 -22,7 -16,6 area Centro 874 558 450 302 359 445 402 393 342 -35,7 -23,3 Isole 660 576 582 569 478 550 484 457 471 -16,9 -14,4 Nord Est 1.388 664 591 510 520 622 597 542 552 -21,6 -11,3 Nord Ovest 2.775 488 476 451 394 467 442 457 423 -19,2 -9,3 Sud 1.466 618 641 509 467 548 412 401 374 -24,4 -31,8 Totale complessivo 7.163 565 539 467 437 518 465 454 432 -22,7 -16,6 valori assoluti in migliaia valori pro capite var% 2012_2009 var% 2012_2009 impegni di competenza pagamenti totali impegni di competenza pagamenti totali Fonte: elaborazioni Corte dei conti sui dati dei rendiconti
  • 243. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 210 Nello stesso arco di tempo considerato la flessione dei pagamenti per la stessa tipologia di spesa risulta più contenuta (-24 per cento) in quasi tutte le aree (ad eccezione del nord ovest e delle isole) e soprattutto nelle grandi città, essendo elevati i pagamenti dei residui per opere giunte a conclusione. Ciò induce a ritenere che in prospettiva, quindi, anche i pagamenti saranno interessati da una caduta ancora più marcata visto che, esaurito l’effetto dei provvedimenti straordinari per l’accelerazione del pagamento dei debiti pregressi ed in assenza di una sostituzione delle precedenti situazioni debitorie estinte con nuove obbligazioni assunte, sarà molto probabile che nel breve-medio periodo la spesa in conto capitale si attesterà su un profilo decisamente più basso di quello attuale. Sarà pertanto importante, in assenza di misure di sostegno in grado di far ripartire la programmazione e che comunque, anche laddove adottate, produrrebbero effetti non immediati, ripensare alla regola del Patto onde evitare che i maggiori spazi che continueranno a prodursi nell’area della spesa in conto capitale possano essere occupati da crescenti impegni correnti, assolutamente compatibili con l’obiettivo di saldo. 11. Dopo oltre un decennio di applicazione, caratterizzato da continue revisioni ed aggiustamenti, si avvertono segnali sempre più ricorrenti di una crisi del Patto, regola che sembrava aver trovato a fatica una sua sistematizzazione organica con la legge di stabilità per il 2011, con l’obiettivo strutturale e la previsione di contributi aggiuntivi annualmente definiti, con il supporto del sistema di premi/sanzioni di cui al D.lgs. 149/2011 e la differenziazione del contributo richiesto in base alla virtuosità introdotta dal DL 98/2011. Un’architettura in breve tempo indebolita da eccezioni, casistiche particolari ed urgenze finanziarie che hanno di molto ridimensionato la portata della regola fiscale. Così, oltre ai problemi di coordinamento che hanno affievolito gli effetti positivi attesi dalle misure di flessibilizzazione e adattamento del Patto (dei quali si è tentata un sommaria ricostruzione), c’è da valutare che si sta assistendo ad un progressivo svuotamento dei suoi contenuti fondamentali che costituivano corollari indispensabili della regola: primo fra tutti il meccanismo di virtuosità introdotto dal DL 98/2011 che ancorava gli obiettivi di saldo ai principi di equità e differenziazione. L’art. 2, c. 2 del DL 98/2011 ha introdotto la distinzione tra enti virtuosi e non virtuosi. La virtuosità o meno degli enti territoriali è determinata ai sensi del comma 428 della legge di stabilità per il 2013, sulla base della valutazione ponderata di un numerus clausus di parametri: convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard, rispetto del patto di stabilità interno, incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente dell'ente in relazione al numero dei dipendenti in rapporto alla popolazione residente, alle funzioni svolte anche attraverso esternalizzazioni nonché all'ampiezza del territorio (tenendo conto del suo valore all'inizio della legislatura o consiliatura e delle sue variazioni nel corso delle stesse), autonomia finanziaria, equilibrio di parte corrente, tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale per gli enti locali, rapporto tra gli introiti derivanti dall'effettiva partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale e i tributi erariali, per le regioni, effettiva partecipazione degli enti locali all'azione di contrasto all'evasione fiscale, rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e accertate, operazione di dismissione di partecipazioni societarie nel rispetto della normativa vigente. Al fine di tener conto della realtà socio-economica, i parametri di virtuosità sono corretti con i seguenti due indicatori: il valore delle rendite catastali e il numero di occupati.
  • 244. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 211 Negli anni successivi alla sua introduzione la categoria della virtuosità è stata meglio definita ed è stato ampliato il set di indicatori nel tentativo di tipizzare gli enti più meritevoli di obiettivi meno onerosi o addirittura, ove possibile, di un saldo in pareggio; la regola tuttavia è stata operativa solo per il 2012 e con il limite imposto dalla clausola di salvaguardia prevista dall’art. 31, c. 6 della legge 183/2011 per gli enti non virtuosi, per cui le amministrazioni locali individuate come virtuose sono state pari a circa il 6,29 per cento del totale. Nel corso del 2013 il meccanismo viene sospeso (art. 2, c. 5 del DL 120/2013) per garantire un contributo aggiuntivo degli enti locali alla finanza pubblica e non sarà riattivato nel 2014 perché la flessibilizzazione verrà utilizzata a favore degli enti partecipanti alla sperimentazione dei nuovi sistemi contabili. Depotenziato anche il meccanismo della premialità introdotto dall’art. 1, c. 122 della L. 220/2010 per ridurre gli obiettivi individuali in proporzione agli effetti prodotti dalle sanzioni applicate agli enti inadempienti: di scarso rilievo finanziario nel 2013 e di fatto abbandonato nel 2014 come illustrato più avanti. Non rimane indenne da incursioni normative altresì il sistema sanzionatorio che pure nell’art. 7 del d.lgs. 149/2011 aveva ottenuto un consolidamento definitivo. Nel 2013 diverse sono le misure straordinarie, in parte replicate per il 2014 con il DL 16/2014, introdotte per limitare ovvero escludere l’applicazione di alcune sanzioni (si veda il caso di Venezia e Chioggia, nonché quello degli enti che non hanno rispettato il Patto per via dei mancati introiti relativi alla privatizzazione di società partecipate, ovvero degli enti inadempienti a causa del pagamento nel 2012 di debiti pregressi). La necessità, infine, di assicurare che determinate spese non vengano frenate perché corrispondenti ad interessi delle comunità amministrate ritenuti particolarmente meritevoli di tutela (situazioni eccezionali differenti ed ulteriori rispetto a quelle rientranti nello stato di emergenza, spese a valere su fondi comunitari, investimenti infrastrutturali, sblocco situazioni debitorie, ecc.) sta generando un progressivo restringimento dell’area di intervento del Patto che sempre più si fa stringente proprio su quella parte di spesa che soffre della maggiore rigidità e che per tale suo carattere non reagisce in modo significativo all’inasprimento degli obiettivi, facendo sì che il peso delle manovre si scarichi sulla parte più discrezionale e flessibile, cioè la spesa per investimenti. Da qui l’importanza crescente delle misure di rafforzamento del Patto - tagli di risorse ed interventi di spending review - per assicurare il contributo delle autonomie locali alla finanza pubblica instradando le amministrazioni su un percorso di revisione ed efficientamento della spesa corrente che lo strumento del Patto da sé non è riuscito a indurre con successo. Il Patto per il 2014 nei comuni. Una prima ricostruzione degli obiettivi del Patto 2014 consente di condurre alcune valutazioni sulle modifiche alla disciplina introdotte con la legge di stabilità. In particolare permette di fornire primi elementi sulla coerenza dei correttivi contenuti nella l. 147/2013 con quelli che appaiono i limiti attribuiti all’operare della regola fiscale e con gli andamenti più recenti della spesa del comparto. Il legislatore ha infatti previsto per gli enti locali un allentamento della stringenza degli obiettivi attraverso due modalità: una esplicita e con effetti certi sull’intero comparto ed una implicita con eventuali ricadute solo sui saldi individuali. Entrambe le modifiche sono governate a livello centrale e ad esse si affiancano le consuete forme di
  • 245. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 212 compensazione territoriale che vanno a completare il quadro delle agevolazioni del Patto. Diverso infatti il ruolo dell’incentivo nazionale rispetto a quello regionale: al primo il compito di ripartire uniformemente i benefici ed evitare che l’appartenenza ad un determinato ambito regionale possa costituire una condizione di svantaggio; alle regioni il compito di raffinare l’assegnazione delle misure di allentamento degli obiettivi mirando in maniera selettiva agli interventi e alle politiche di investimento locale più meritevoli ed efficaci . La forma di allentamento esplicito, il cui effetto in termini di indebitamento netto è quantificato in 1500 milioni, è contenuta nelle due misure finalizzate ad arginare il fenomeno della perdurante compressione della spesa in conto capitale. Viene escluso dalle spese rilevanti ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi il pagamento di spesa in conto capitale effettuata nel I° semestre dell’anno per un importo massimo di 1 miliardo, di cui 840 milioni per i comuni. Della stessa natura l’incentivo di altri 500 milioni che tutti gli enti territoriali possono richiedere per proseguire nell’attività di smaltimento di residui passivi di parte capitale risalenti almeno al 31 dicembre 2012. Le modifiche apportate al calcolo degli obiettivi, invece, costituiscono, in un certo senso una misura di alleggerimento selettiva e premiante. Lo scorrimento della base di calcolo, infatti dovrebbe dare un riconoscimento agli enti che più hanno contenuto nel tempo la spesa corrente; inoltre la revisione dei coefficienti di correzione - per i comuni superiori a 5000 abitanti da 14,8 a 14,07 - rafforza il beneficio per i più virtuosi, determinando un significativo effetto alleggerimento degli obiettivi di saldo. La modifica dei coefficienti deve comunque assicurare l’invarianza del contributo richiesto al comparto ed infatti l’abbassamento dell’aliquota è reso possibile dalla normalizzazione del coefficiente fissato per i comuni più piccoli (che passa da 12 a 14,07 per cento) nonché proprio dalla diversa base di riferimento che permette di calcolare l’obiettivo su un volume di spesa corrente complessivamente in aumento. L’obiettivo stimato per una platea di comuni pari a 4885 enti si attesta a 3,7 miliardi, di cui 408 milioni di avanzo sono da generarsi da parte dei comuni aderenti alla sperimentazione e 3,2 miliardi dai restanti comuni (su questi ultimi ricade la compensazione di una quota della riduzione dei saldi concessa agli enti aderenti alla sperimentazione e comporta un incremento dell’obiettivo di circa l’11 per cento rispetto al calcolo standard). Per una parte marginale dei comuni non in sperimentazione (183) scatta la clausola di salvaguardia determinando un saldo obiettivo che non può essere superiore alla spesa corrente media del triennio 2007-2009 corretta della percentuale prevista dalla normativa previgente come soglia massima per gli enti non virtuosi (15,8 per cento) aumentato del 15 per cento. Lo sbarramento dell’obiettivo per i comuni rientranti in tale categoria viene compensato da tutti gli altri (con esclusione degli enti in sperimentazione, dei piccoli comuni e di quelli che non hanno subito taglio dei trasferimenti), circa 1700 comuni, che vedono maggiorato il proprio obiettivo standard dello 0,97 per cento.
  • 246. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 213 TAVOLA 18 UNA STIMA DEGLI OBIETTIVI 2014 DEI COMUNI a. comuni in sperimentazione e non (valori assoluti in migliaia) fascia n. comuni ob_2014 al netto taglio trasferimenti n. comuni ob ridotto n. comuni ob aumentato ob iniziale incr% fino a 5000 2.806 826.349 62 9.116 2.744 807.035 753.184 7,1 tra 5000 e 10.000 1.001 449.787 85 20.190 916 407.479 364.410 11,8 tra 10.000 e 20.000 619 544.331 76 33.364 543 473.644 423.092 11,9 tra 20.000 e 60.000 368 840.268 68 74.420 300 682.599 609.332 12,0 tra 60.000 e 250.000 82 681.018 21 92.729 61 484.559 429.807 12,7 >250.000 11 724.175 5 178.168 6 346.699 301.838 14,9 Totale complessivo 4.887 4.065.928 317 407.988 4.570 3.202.015 2.881.662 11,1 comuni in sperimentazione comuni non in sperimentazione b. comuni non in sperimentazione con applicazione della calusola di salvaguardia (valori assoluti in migliaia) fascia n. comuni obiettivo 2014 a LV obiettivo 2014 a normativa previgente + 15% n. comuni obiettivo 2014 al 15,07% obiettivo 2014 maggiorato n. comuni obiettivo fino a 5000 56 23.160 20.647 17 5.447 5.613 2.671 778.428 tra 5000 e 10.000 56 27.210 25.004 851 375.929 387.360 9 4.340 tra 10.000 e 20.000 44 41.251 37.976 497 429.974 443.049 2 2.419 tra 20.000 e 60.000 23 43.554 39.630 277 639.045 658.477 0 tra 60.000 e 250.000 4 27.651 25.051 56 445.807 459.363 1 11.101 >250.000 6 346.699 357.241 Totale complessivo 183 162.825 148.307 1704 2.242.901 2.311.104 2.683 796.288 comuni salvaguardati comuni penalizzati comuni non salvaguardati e non penalizzati c. obiettivi al netto degli spazi finanziari concessi per spesa in c/capitale del I semestre 2014 (valori assoluti in migliaia) fascia n. comuni ob ridotto spazio finanziario ob al netto degli spazi concessi n. comuni obiettivo 2014 a LV obiettivo 2014 a normativa previgente + 15% spazio finanziario ob al netto degli spazi concessi fino a 5000 62 9.116 1.663 7.454 56 23.160 20.647 3.605 17.042 tra 5000 e 10.000 85 20.190 3.668 16.522 56 27.210 25.004 4.426 20.577 tra 10.000 e 20.000 76 33.364 6.035 27.329 44 41.251 37.976 6.479 31.497 tra 20.000 e 60.000 68 74.420 13.504 60.915 23 43.554 39.630 7.016 32.615 tra 60.000 e 250.000 21 92.729 16.778 75.951 4 27.651 25.051 4.435 20.616 >250.000 5 178.168 31.696 146.472 0 Totale complessivo 317 407.988 73.344 334.644 183 162.825 148.307 25.960 122.347 comuni in sperimentazione comuni salvaguardati totale comuni fascia n. comuni obiettivo 2014 al 15,07% obiettivo 2014 maggiorato spazio finanziario ob al netto degli spazi concessi n. comuni ob 2014 al 15,07% della s_corr media spazio finanziario ob al netto degli spazi concessi ob al netto degli spazi concessi fino a 5000 17 5.447 5.613 993 4.619 2.671 778.428 142.084 636.344 665.459 tra 5000 e 10.000 851 375.929 387.360 68.219 319.141 9 4.340 792 3.549 359.789 tra 10.000 e 20.000 497 429.974 443.049 78.279 364.770 2 2.419 446 1.973 425.569 tra 20.000 e 60.000 277 639.045 658.477 116.460 542.018 0 0 635.548 tra 60.000 e 250.000 56 445.807 459.363 81.051 378.313 1 11.101 2.025 9.076 483.956 >250.000 6 346.699 357.241 63.230 294.011 0 440.484 Totale complessivo 1704 2.242.901 2.311.104 408.231 1.902.872 2.683 796.288 145.346 650.942 3.010.805 comuni penalizzati comuni non salvaguardati e non penalizzati Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati del monitoraggio MEF e decreti di attuazione L. 147/2013, art. 1, c. 532 e ss.
  • 247. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 214 L’obiettivo complessivo così determinato, al netto degli enti in sperimentazione, risulta in aumento rispetto al 2013 di circa il 5 per cento. Mentre è scontato l’incremento molto significativo per i comuni sotto la soglia dei 5000 abitanti, a causa della normalizzazione della aliquota di correzione applicata e del loro recente ingresso nella regola del Patto, colpisce tuttavia che la maggiore onerosità del contributo si confermi in tutte le fasce demografiche (ad eccezione dei comuni di grandi dimensioni ma per la drastica riduzione registrata da un solo ente), ed in ogni ambito territoriale con l’unica eccezione della Campania (un incremento di oltre il 10 per cento si registra nel Lazio, in Abruzzo, in Basilicata ed in Sardegna). Se la revisione delle regole del PSI per il prossimo biennio non risultano vantaggiose per il complesso dei comuni, la stima degli obiettivi individuali fa emergere che dietro a tale fenomeno si nascondono andamenti diversi. Per quanto riguarda i comuni piccoli (non aderenti alla sperimentazione) quasi tutti presentano un obiettivo 2014 più stringente rispetto al 2013 e nel 77 per cento dei casi all’incremento dell’aliquota si accompagna un ampliamento della base di calcolo (in altri termini un aumento della spesa corrente nel triennio). Sono solo 619 (il 23 per cento) gli enti penalizzati esclusivamente dall’incremento del coefficiente di correzione, avendo invece ridotto il livello di spesa. Più composito il quadro ove si guardi ai 1826 enti con più di 5000 abitanti. Sono 1030 (il 56 per cento) quelli che presentano un saldo obiettivo più oneroso del 2013. Per questi, nonostante la riduzione delle aliquote, il cambio della base di riferimento porta ad un innalzamento del contributo richiesto, direttamente conseguente a politiche espansive di spesa corrente mantenute dalle amministrazioni negli ultimi anni. Per 796 comuni invece (43,5 per cento) la revisione delle modalità di calcolo risulta premiante e per il 70 per cento di essi il vantaggio è legato giusto ad una diminuzione della media degli impegni correnti nel periodo 2009-2011 rispetto al triennio precedente. I restanti comuni che ottengono un obiettivo meno oneroso del 2013 riescono ad avvantaggiarsi delle modifiche normative pur in presenza di un andamento crescente di spesa corrente. Ad una prima analisi quindi il meccanismo previsto sembra cogliere l’obiettivo di alleggerire l’intervento richiesto per gli enti che hanno proceduto ad una revisione della spesa corrente e, d’altra parte, di non allentare la presa su quegli enti che hanno mantenuto un profilo di crescita della spesa corrente, probabilmente scaricando sulla spesa in conto capitale (ovvero sulle leva fiscale) obiettivi crescenti di patto. Ciò nonostante sarebbe semplicistico associare l’evidenziazione di saldi più vantaggiosi a comportamenti gestionali particolarmente virtuosi degli enti: non sono rari e non di poco rilievo, infatti, casi in cui obiettivi meno onerosi sono da ricondursi a drastici piani di risanamento che amministrazioni in situazioni finanziarie di elevata criticità sono state costrette ad avviare. Nell’insieme di comuni osservato il confronto tra la media degli impegni riferiti al triennio 2007-2009 e quella del triennio successivo (2009-2011) fa registrare complessivamente un aumento del 3,5 per cento, uniformemente distribuito tra le diverse classi demografiche e più differenziato invece sotto il profilo territoriale (le regioni in cui è più marcato l’aumento sono Lombardia, Lazio, Abruzzo, Puglia e Sardegna). Tuttavia se distinguiamo i comuni con obiettivi 2014 inferiori a quelli del 2013, notiamo che essi registrano una flessione della spesa media tra i due trienni del 2,3 per cento, mentre nei comuni che non rispettano tale condizione la spesa media
  • 248. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 215 aumenta nel secondo triennio di oltre il 6 per cento (incremento superiore al 10 per cento nel Lazio e superiore all’8 per cento nei comuni tra 20.000 e 60.000 abitanti). L’osservazione poi degli interventi di spesa tra i quali sono stati ripartiti gli impegni nel periodo 2009-2011 (almeno per i comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti) evidenzia che in realtà gli aumenti si concentrano esclusivamente nelle voci relative agli oneri straordinari della gestione corrente e nelle prestazioni di servizio, interventi nei quali vengono contabilizzati, tra l’altro, i ripiani delle perdite delle società appartenenti agli enti locali ed i contratti di servizio con le stesse. Mentre una chiara tendenza al contenimento della spesa è presente negli altri interventi, tra cui in particolare l’acquisto di beni di consumo (-7,9 per cento) e i trasferimenti (-13,2 per cento). In particolare nei comuni capoluogo di provincia gli oneri straordinari della gestione corrente risentono di un significativo incremento nell’ambito dei servizi relativi alle funzioni generali (soprattutto ufficio tecnico e gestione economico- finanziaria) e nei servizi relativi a viabilità, illuminazione pubblica e trasporto locale; mentre le prestazioni di servizi fanno registrare un forte incremento nei servizi anagrafici, di polizia commerciale, trasporto pubblico, ed in maniera particolarmente importante nella gestione del servizio di smaltimento rifiuti. La pressione per ridurre la stringenza dei vincoli sulle amministrazioni locali sembra avere prodotto una progressiva sterilizzazione dell’operare della regola fiscale, sostituita dalla crescente criticità riconducibile a difficoltà finanziarie e dalle incertezze normative sulla disponibilità di risorse degli enti. Infatti più che il vincolo del Patto, sull’incapacità di trasmettere attraverso allentamenti degli obiettivi impulsi significativi alla spesa in conto capitale, sembra aver inciso la condizione di fragilità finanziaria degli enti o la riduzione della stessa capacità progettuale conseguente all’incertezza sulla disponibilità di risorse anche per i continui mutamenti nel sistema di finanziamento. Ne è un esempio l’inefficacia dimostrata nel 2013 dalla misura di accelerazione dei pagamenti in conto capitale via aumento degli spazi finanziari concessi agli enti. Il rilievo delle incertezze sulla disponibilità di risorse e dei ritardi nella definizione dei bilanci di previsione, condizioni ed incertezze che sembrano ripetersi anche nel corrente esercizio, consigliano una attenta valutazione delle scelte da assumere e rafforzano l’utilità di interventi che incidano sulla rapidità e certezza degli esiti. Sono infatti le incertezze sulla disponibilità delle risorse, i tagli, le difficoltà di operare una effettiva programmazione dell’esercizio (in sintesi i vincoli finanziari) piuttosto che gli ostacoli attribuiti alla regola fiscale ad incidere sulla gestione
  • 249. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 216 LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI PATTI DI SOLIDARIETA’ REGIONALI (AGGIORNAMENTO 2013) PIEMONTE LOMBARDIA LIGURIA Riferimenti normativi DGR 8/4/2013 n. 4-5599 – attuazione Patto verticale incentivato contestuale in Piemonte, Lombardia e Veneto DGR 28/5/2013 n. 1-5830 PRV incentivato – I riparto DGR 25/6/2013 n. 13-5998 – PRVI - II riparto DGR 12/7/2013 n. 13-6065 – deroghe al PSI per gli enti beneficiari di fondi comunitari DGR 14/10/2013 n. 9-6492– PRV ordinario LR 11/2011 e LR 7/2012 (modalità applicative Patto di stabilità territoriale) DGR 24/5/2013 n. 169 attuazione PSI territoriale per il 2013; DGR 16/6/2013 n. 295 integrazione PST 2013 DGR 11/10/2013 n. 799 introduzione nel patto territoriale di un plafond sperimentale LR 24 dicembre 2010, n. 22 “Disposizione per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione Liguria – Patto di stabilità territoriale”; DGR n. 639 del 31/5/2013 (Patto regionale verticale incentivato) DGR 746 del 28/6/2013 (riparto Patto di stabilità verticale incentivato) DGR 752 del 28/6/2013 (sterilizzazione attraverso gli spazi del PRV dei pagamenti effettuati su programmi cofinanziati dai fondi strutturali POR-FERS 2007-2013) Requisiti per l’accesso alle compensazioni Regolare richiesta nei termini Pieno utilizzo degli spazi aggiuntivi ottenuti nel 2012 Disponibilità di cassa Effettiva liquidabilità delle spese Utilizzo degli spazi aggiuntivi ottenuti nel 2012 Regolare richiesta nei termini Utilizzo degli spazi aggiuntivi ottenuti nel 2012 Parametri e criteri per PATTO VERTICALE Entità dei residui passivi del titolo II al 31/12/2012 al netto degli spazi finanziari concessi con il DL 35/2013 con tetto massimo di 5 mln e minimo di 5mila euro Esigenze di maggiori pagamenti in c/capitale a valere sul FESR, FSE e FEASR Esigenze di maggiori pagamenti in c/capitale relativi all’edilizia scolastica e all’adeguamento alla normativa antisismica Vincolo di una quota del riparto per i comuni fino a 5000 ab. PROVINCE: 87,5% del plafond ripartito tra gli enti ammessi alla distribuzione in proporzione ai residui in c/capitale al 31/12/2012; il 10% assegnato alle province coinvolte dal terremoto e dall’Expo (plafond sperimentale); il 2,5% per incentivare il Patto orizzontale COMUNI: 75,5% del plafond assegnato a tutti i comuni richiedenti in proporzione all’ammontare complessivo dei residui passivi c/capitale; il 10% assegnato alle province coinvolte dal terremoto e dall’Expo (plafond sperimentale); il 12% è riservato a premiare i comuni in base al posizionamento di ciascuno di essi nella graduatoria dell’indice sintetico di virtuosità (DGR 2098/2011); il restante 2,5% va ad incentivare il patto orizzontale per i comuni che cedono spazi finanziari ed in proporzione agli stessi Gli enti sono ripartiti in 4 fasce di merito: a) enti che hanno ceduto spazio nel 2012; a1) comuni fino a 5000 ab. Non soggetti al Patto 2012; b) enti che non hanno ceduto né ricevuto spazi nel 2013; c) restanti enti Sistema regionale di penalizzazioni/ incentivi Esclusione dalle future procedure di compensazione per gli enti beneficiari di risorse aggiuntive di tipo verticale non utilizzate pienamente Esclusione dalle future procedure di compensazione per gli enti beneficiari di risorse aggiuntive di tipo verticale o/e orizzontale non utilizzate; in caso di utilizzo solo parziale, gli enti potranno ancora accedere al patto territoriale ma con delle penalizzazioni in ragione della quota non utilizzata; agli enti che hanno ceduto quote del proprio obiettivo potrà essere riconosciuta una quota premiale del plafond messo a disposizione dalla regione
  • 250. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 217 VENETO EMILIA ROMAGNA TOSCANA Riferimenti normativi LR 10/2012 (Regionalizzazione Patto di stabilità interno) DGR 620 del 3/5/2013 (Patto regionale verticale incentivato) decreto n. 71 del 30/5/2013 (riparto del plafond Patto verticale incentivato) LR 23 dicembre 2010, n. 12 “Patto di stabilità territoriale della regione Emilia Romagna”; DGR 327 del 25/3/2013 (definizione criteri e modalità applicazione PVI); DGR 432 del 15/4/2013 (attribuzione quote di PRV per compensare il peggioramento degli obiettivi degli enti che avevano acquisito quote di patto orizzontale 2012); DGR 809 del 17/6/2013 (attuazione PRV incentivato); DGR 867 del 24//6/2013 e DGR 1088 del 2/8/2013 (distribuzione spazi finanziari per comuni colpiti dal sisma); DGR 1351 del 23/9/2013 (proposta criteri per rimodulazione obiettivi 2013) DGR 1539 del 28/10/2013 (misure di compensazione orizzontale e verticale a favore delle autonomie – anno 2013) LR 68/2011 “Patto di stabilità territoriale” DGR 251 del 15/4/2013 (attuazione Patto di stabilità verticale) Requisiti per l’accesso alle compensazioni Patto verticale: rispetto del Patto 2012; effettivo utilizzo di almeno il 95% delle quote assegnate nel 2012 Rispetto del Patto 2012 con un margine positivo non superiore al 20% dell’obiettivo; presentazione di tempestiva e regolare richiesta Rispetto del Patto di stabilità nel triennio; utilizzo del plafond messo a disposizione dalla regione nell’esercizio precedente Parametri e criteri per PATTO VERTICALE Criteri di riparto: in proporzione all’ammontare di residui del titolo II della spesa. I comuni sono stati suddivisi in 3 fasce demografiche e ciascuna delle quali è assegnata una percentuale del plafond complessivo. Un quota del plafond viene riservata a sostenere le esigenze di cassa dei Comuni in difficoltà con la definizione di contenziosi giudiziari in atto Una quota del PRV è assegnata per compensare il peggioramento dell’obiettivo di enti che nel 2012 avevano ottenuto spazi con il PRO Indicatore 1: rapporto tra differenza (se positiva) dei residui tit. II spesa rispetto a residui tit. IV entrata e sommatoria di tali differenze relative a tutti gli enti locali della regione; indicatore 2: rapporto tra debito pro- capite di ciascun ente e quello relativo alla sommatoria di tutti gli enti locali della regione; indicatore 3: interventi di investimento coerenti con la programmazione regionale quota pari al 5% della disponibilità ceduta dalla regione: da assegnare con priorità a sostegno di particolari situazioni emergenziali, interventi di edilizia scolastica, enti capofila nelle associazioni comunali, debiti fuori bilancio Province: pagamenti per le opere strategiche di cui al programma regionale di investimenti sulla viabilità Comuni: in proporzione allo stock di residui passivi in c/capitale ed una parte da destinare al finanziamento di opere di ripristino da realizzarsi a seguito degli eventi alluvionali del 2012 La regione può anche considerare altri criteri come il sostegno alla fusione di comuni, agli investimenti strategici per il territorio, ed il trasferimento di funzioni Sistema regionale di penalizzazioni/ incentivi L’utilizzo del plafond concesso inferiore al 100% determina l’esclusione dalla procedura di compensazione verticale per l’anno successivo Gli enti locali beneficiari di spazi aggiuntivi che registrino a fine anno un saldo migliore di oltre il 20% dell’obiettivo programmatico, saranno esclusi dalle procedure di compensazione nell’anno successivo. La regione incentiva le cessione di spazi nel Patto orizzontale garantendo il recupero totale della quota nell’anno successivo mediante il proprio intervento verticale. Agli enti locali che cedono spazi finanziari al sistema territoriale regionale può essere riconosciuto un maggiore punteggio nei bandi regionali per la concessione di finanziamenti specifici e viene attribuita una quota maggiore di tributi regionali Applicate sanzioni per gli enti che non utilizzino almeno il 90% degli spazi ottenuti per lo smaltimento dei residui passivi, percentuale che si eleva al 100% per gli spazi ottenuti in relazione alle opere di ripristino e alle opere strategiche
  • 251. IN ATTESA DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ INTERNO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 218 UMBRIA MARCHE LAZIO Riferimenti normativi DGR n. 558 del 3/6/2013 e DGR n. 641 del 19/6/2013 (applicazione Patto verticale incentivato) DGR n. 1100 del 7/10/2013, DGR n. 1170 del 21/10/2013, DGR n. 1188 del 28/10/2013 e DGR n. 1215 del 28/10/2013 (applicazione Patto verticale ordinario) DGR 983 del 28/6/2013 (Patto regionale verticale incentivato) LR 2/2013 (legge finanziaria regionale per il 2013) DGR 158/2013 (Patto di stabilità regionalizzato per il 2013) Deliberazione del 16/5/2013, del CAL Lazio (Articolato PdS regionalizzato 2013) Requisiti per l’accesso alle compensazioni Rispetto del Patto 2012, presentazione di regolare richiesta Non aver aderito a forme di compensazione orizzontale come enti cedenti e non aver espresso la volontà a non partecipare alle forme di compensazione verticale Rispetto degli obiettivi del Patto 2012 con un differenziale positivo non superiore al limite massimo fissato per fascia demografica Parametri e criteri per PATTO VERTICALE Ponderazione della richiesta in funzione della percentuale di utilizzo degli spazi ottenuti nell’anno precedente con il Patto verticale, rapporto tra la differenza tra residui attivi e residui passivi in c/capitale e la sommatoria delle differenze positive calcolate per l’insieme degli enti che hanno richiesto spazi; il 10% del plafond può essere ripartito tra gli enti per particolari esigenze emergenziali o per il sostegno di interventi di investimenti ritenuti strategici per il territorio (in particolare il plafond discrezionale è stato attribuito ad un ente capofila e agli enti colpiti da eventi calamitosi) PROVINCE 90% in funzione dei residui passivi in c/capitale aumentati dell’avanzo vincolato per spese in c/capitale; il 10%: dell’ammontare è ripartito in funzione del reciproco dell’indebitamento pro-capite di ciascuna provincia; COMUNI 90% del plafond funzione dei residui passivi in c/capitale aumentati dell’avanzo vincolato per spese in c/capitale e diminuiti degli oneri di urbanizzazione; 10% in funzione del rapporto del reciproco del debito pro-capite di ciascun comune e la sommatoria dei reciproci del debito pro-capite di tutti i comuni ammessi alla compensazione verticale; incentivati i comuni che nel 2013 hanno deliberato la fusione ed i comuni che non hanno debito residuo dell’anno 2012 Ripartizione in misura proporzionale ai residui passivi per trasferimenti in conto capitale iscritti nel bilancio regionale Sistema regionale di penalizzazioni/ incentivi Esclusione dagli incentivi in caso di mancato rispetto Esclusione dalle compensazioni per il 2014 degli enti locali che abbiano utilizzato una quota inferiore al 50% del plafond assegnato ed assegnazione nel 2014 di una quota pari alla percentuale effettiva di utilizzo per i comuni che abbiano usufruito di una percentuale compresa tra il 50 e l’80 per cento
  • 252. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 219 ABRUZZO CALABRIA Riferimenti normativi DGR 391/2013 attuazione Patto verticale incentivato DGR 450/2013 revoca Patto verticale precedente Dgr 488/2013 nuova assegnazione spazi mediante Patto verticale incentivato DGR 785/2013 attuazione Patto verticale ordinario Deliberazione CAL n. 16/2013 patto di stabilità regionalizzato DGR n. 133 del 22/4/2013 attuazione Patto di stabilità verticale incentivato Decreto dirig. N. 856 del 26/6/2013, decreto dirig. N. 893 del 10/70/2013 ripartizione spazi del Patto verticale incentivato Requisiti per l’accesso alle compensazioni verticali/orizzo ntali Rispetto del Patto 2012 Tempestività e correttezza formale delle domande Rispetto del Patto 2012 Tempestività e correttezza formale delle domande Parametri per la ripartizione delle disponibilità offerte dalla regione (PATTO VERTICALE) Parametro aggiuntivo e di precedenza: vengono privilegiati gli ee.ll. che non hanno ottenuto spazi attraverso il Patto verticale incentivato e la ripartizione avviene in base a diversi criteri: riserva del 10% agli enti che hanno assorbito personale delle comunità montane; il 90% in base all’ammontare di residui passivi di parte capitale, a spese per rimborso prestiti, a spese per progetti cofinanziati dalla regione e dall’UE Ripartizione effettuata in proporzione alla richiesta e al proprio stock di residui passivi di parte capitale. Gli spazi vengono ceduti per favorire i pagamenti relativi ad interventi finanziati con risorse del Fondo sviluppo e coesione e dei fondi strutturali SICILIA SARDEGNA Riferimenti normativi Accordo Regione Siciliana- URPS/ANCI 29/5/2013 (attuazione Patto regionale verticale incentivato) LR n. 9 del 15/5/2013 (legge di stabilità regionale per il 2013) DGR n. 448 del 30/11/2012 (intesa per il PSI 2013) DGR 37/1 del 6/9/2012 (Patto di stabilità regionale verticale incentivato) DGR 40/31 del 11/10/2012 (Spazi aggiuntivi Patto regionale verticale) Requisiti per l’accesso alle compensazioni verticali/orizzo ntali Parametri per la ripartizione delle disponibilità offerte dalla regione (PATTO VERTICALE) PROVINCE: sulla base della media degli importi ottenuti ripartendo il plafond degli spazi finanziari disponibili sull’obiettivo di ciascun ente e sull’ammontare complessivo dei residui passivi in c/capitale al 31/12/12 COMUNI: azzeramento dell’obiettivo per i comuni fino a 5000 ab. e abbattimento del 30% dello stesso per i restanti comuni Per il Patto verticale ordinario sono stati considerati con priorità gli spazi richiesti dalle Province (escluse dal Patto incentivato) e le richieste degli enti non soddisfatte completamente dal Patto incentivato o relative al pagamento di spesa c/capitale di competenza. Sistema regionale di penalizzazioni/i ncentivi Penalizzazioni sugli obiettivi 2014 per gli enti che a consuntivo registrano una differenza positiva tra risultato e obiettivo superiore al 10% dello spazio finanziario concesso dalla regione
  • 254. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 221 LA SANITÀ: I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO 1. Anche il 2013 ha confermato i progressi, già evidenziati negli ultimi esercizi, nel contenimento dei costi per l’assistenza sanitaria. La spesa complessiva ha continuato a ridursi, pur se a ritmi inferiori allo scorso biennio. La spesa è stata di circa 2 miliardi inferiore alle attese, confermando la sua stabilizzazione in termini di prodotto al 7 per cento. Il processo di riassorbimento dei disavanzi nelle regioni in squilibrio strutturale prosegue, pur presentando quest’anno alcune incertezze. Non in tutte le Regioni i risultati economici mantengono il trend positivo degli scorsi anni, si segnalano ancora insufficienze nella qualità dei servizi resi, nella appropriatezza e nella organizzazione delle strutture che sono alla base delle difficoltà economiche esplose negli squilibri strutturali. La rete di valutazione, che consente il monitoraggio delle gestione e l’applicazione di regole contabili omogenee e confrontabili, ha continuato a svolgere un ruolo prezioso a garanzia di un aggiustamento che sia realmente strutturale. Continuano a presentarsi, tuttavia, provvedimenti regionali assunti in contrasto con le finalità e gli obiettivi dei Piani di rientro, di cui i tavoli tecnici devono richiedere il ritiro; si ripropongono casi di conflitti tra Commissario (e le sue strutture tecniche) e sub- commissari, che appaiono privi, in alcuni casi, di un potere effettivo di intervento. Inoltre, nonostante i passi avanti compiuti permangono lacune nella identificazione dei fabbisogni finanziari e nel corretto operare dei flussi da regioni e aziende sanitarie. Si sta rivelando più difficile riassorbire in maniera duratura gli squilibri e più complesso risulta l’utilizzo degli strumenti di correzione dei disavanzi. Con maggior frequenza si propone la difficoltà di conciliare le necessità proprie del settore (assistito da garanzie costituzionali, i LEA) e quelle delle altre funzioni regionali, sempre (e forse da troppo tempo) in sofferenza finanziaria. Anche sotto questo profilo, l’esercizio ha messo in evidenza, ancora una volta, l’importanza di un sistema di monitoraggio quale quello alla base della gestione della sanità. La definizione di regole contabili e l’esercizio dei conseguenti controlli hanno consentito di prevedere uno stretto sistema di garanzie a tutela dell’aggiustamento creando una “cortina di protezione” sulla destinazione dei fondi. Le misure introdotte dai provvedimenti che hanno avviato a soluzione il riassorbimento dei ritardi di pagamento della PA dovrebbero impedire il ripetersi in futuro dei fenomeni di ritardo nel fluire delle somme destinate al sistema sanitario e naturalmente, di quelli che si configurano come vere e proprie distrazioni di risorse per altre esigenze e finalità. Non privo di aspetti problematici, non solo da questo punto di vista, è il provvedimento che consente di destinare ad altre finalità gli sforzi fiscali attivati per gestire il processo di rientro degli squilibri sanitari. Una disposizione che spezza il collegamento tra un prelievo e la sua destinazione specifica, fondamento del “contratto” sottoscritto con i contribuenti al momento della sottoscrizione dei Piani di rientro. La destinazione ad altre finalità o come in alcuni casi il loro utilizzo per coprire oneri connessi alle anticipazioni necessarie per dare liquidità al sistema regionale, introduce elementi di opacità nel sistema, specie se tali importi sono dovuti a squilibri esistenti in altri settori.
  • 255. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 222 Infine, il settore sanitario si trova oggi di fronte a scelte ancora impegnative anche dal punto di vista finanziario: interessato da un lato da ulteriori pressioni per una riduzione ulteriore di risorse, dall’altro da necessità legate al progresso tecnico e all’accesso a nuovi e costosi strumenti di cura e da un altro lato ancora, da difficoltà di mantenere elevati prelievi fiscali locali. La scelta di non intaccare, almeno nel breve periodo, le risorse destinate alla sanità, ma di trovare all’interno del settore le risorse per affrontare i nuovi bisogni e le somme da destinare al finanziamento degli investimenti non riduce l’impegno che si presenta per gli esercizi a venire. A queste necessità se ne vanno aggiungendo ulteriori. Come quella di creare condizioni competitive in tema di salute con gli altri paesi UE, derivante dall’applicazione della Direttiva Europea 2011/24 UE; di garantire adeguati standard di qualità e sicurezza delle cure ai cittadini italiani ed europei e di adeguare i nuovi livelli essenziali di assistenza; di rilanciare e rafforzare l’assistenza territoriale a causa della prevalenza di patologie croniche – degenerative dovute all’invecchiamento della popolazione; di superare le criticità sempre più rilevanti ed emergenti su buona parte del territorio nazionale derivanti dall’inquinamento ambientale con inevitabili ricadute sulla salute dei cittadini e, quindi, sulla spesa sanitaria. Tutti aspetti su cui il nuovo Patto della salute sarà chiamato a dare risposte effettive. L’importanza e l’urgenza di accelerare gli interventi di riadeguamento delle strutture e di miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni rese ai cittadini richiede, poi, la revisione dei meccanismi che governano il funzionamento del settore e il potenziamento degli strumenti a disposizione delle amministrazioni territoriali per una gestione delle prestazioni. Non può essere più, tuttavia, un alibi per un allungamento senza limiti del riassorbimento degli squilibri. LA SPESA SANITARIA NEL 2013 2. Nel 2013 le uscite complessive per assistenza sanitaria, in termini di contabilità nazionale, si sono attestate a 109,3 miliardi in seppur lieve flessione rispetto al 2012. Anche quest’anno il dato a consuntivo si è mantenuto ben al di sotto del dato previsto nel DEF di aprile 2013 (111,1 miliardi) e invariato nel quadro di preconsuntivo contenuto nella Nota di aggiornamento al DEF. Per il terzo anno consecutivo la spesa presenta una riduzione in termini nominali (-0,3 per cento contro il -1,3 per cento dello scorso anno secondo gli importi rivisti anche in relazione all’esercizio 2012), mentre rimane sostanzialmente invariata in termini di prodotto. Un risultato da non sottovalutare anche considerando che, dei 7 miliardi di minori spese nel conto della PA rispetto al preconsuntivo di ottobre, circa due sono da ricondurre al settore sanitario, settore che assorbe poco più del 15 per cento della spesa al netto interessi. Un contributo importante per il mantenimento degli obiettivi di indebitamento netto delle PA entro il 3 per cento. Una flessione ottenuta inoltre in un anno di ripresa della spesa corrente primaria aumentata di 3,6 miliardi.
  • 256. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 223 Nel 2013 l’importo relativo alle prestazioni da produttori non market (assistenza ospedaliera e altri servizi sanitari offerti direttamente dagli operatori pubblici) ha continuato a ridursi (dello 0,3 per cento). La spesa per il personale dipendente è ulteriormente diminuita dell’1,2 per cento mentre i consumi intermedi rimangono sostanzialmente stabili (+0,2 per cento). Una dinamica che riflette anche nel 2013 la scelta delle regioni di ricorrere alla distribuzione diretta dei farmaci ai fini di un controllo complessivo della spesa. Su l’evoluzione degli oneri per personale incide il blocco del turnover nelle regioni in piano di rientro e le politiche di contenimento delle assunzioni per le regioni non in piano. Incidono inoltre favorevolmente gli effetti di contenimento della spesa conseguenti all’obbligo per le regioni di garantire con appositi accantonamenti la copertura integrale degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali. Ciò ha comportato una maggiore congruità nella valutazione dei relativi costi e una riduzione delle sopravvenienze passive di rilevante entità negli esercizi finanziari successivi a quello della sottoscrizione del contratto. Per quanto attiene la spesa per consumi intermedi la dinamica dell’anno dovrebbe scontare le misure di contenimento adottate negli ultimi esercizi, che comportano: - una riduzione del 10 per cento dei corrispettivi per l’acquisto di beni e servizi e dei corrispondenti volumi di acquisto per tutta la durata residua dei contratti in essere, con la possibilità per le regioni di adottare misure alternative di contenimento della spesa, nel rispetto degli obiettivi programmati e dell’equilibrio finanziario, nonché l’obbligo per le aziende sanitarie di rinegoziare i contratti (ed eventualmente recedere) qualora i prezzi unitari siano superiori del 20 per cento rispetto ai prezzi di riferimento ; - la fissazione di un tetto alla spesa per dispositivi medici, pari al 4,8 per cento del livello di finanziamento del SSN cui concorre in via ordinaria lo Stato (4,4 per cento dal 2014) ; - la rideterminazione del tetto sulla spesa farmaceutica ospedaliera dal 2,4 al 3,5 per cento, con fissazione al 50 per cento della quota di ripiano dello sfondamento del tetto a carico delle aziende farmaceutiche, mentre il restante 50 per cento del disavanzo resta a carico delle regioni nelle quali è superato il tetto di spesa, in proporzione dei rispettivi disavanzi. Per quanto riguarda la spesa dei produttori market, al risultato complessivo (una spesa sostanzialmente stazionaria rispetto all’esercizio precedente) contribuisce, in primo luogo la riduzione della farmaceutica (-3 per cento), sulla quale influiscono l’aumento della compartecipazione a carico dei cittadini(+2 per cento rispetto al 2012), sia nelle regioni in piano di rientro che nelle restanti realtà territoriali , la riduzione del prezzo medio dei farmaci (-5 per cento), il potenziamento del monitoraggio delle prescrizioni attraverso il sistema Tessera sanitaria, nonché le misure di contenimento varate negli anni precedenti. Tra queste vi é la rideterminazione del tetto della spesa farmaceutica territoriale (voce in cui confluisce la spesa farmaceutica convenzionale) dal 13,1 per cento del finanziamento cui concorre lo Stato del 2012 all’11,35 per cento dal 2013 e la modifica del meccanismo di ripiano dell’eventuale sforamento della spesa . In riduzione la spesa per l’assistenza medico-generica (-0,7 per cento) a fronte di un aumento della spesa per altre prestazioni (che comprendono la specialistica, l’ospedaliera convenzionata, la riabilitativa ed altra assistenza) (+1,4 per cento). Ciò nonostante la prevista riduzione in misura percentuale fissa (1 per cento rispetto al valore registrato a consuntivo nel 2011) degli importi e dei volumi degli acquisti da erogatori privati prevista dal DL 95/2012 e, più in generale, la migliore regolazione, anche nelle regioni in disavanzo, dell’accreditamento degli operatori privati con l’assegnazione di tetti di spesa e l’attribuzione di budget, e la tendenza a trasferire gli oneri di carattere socio-sanitario al di fuori della sanità. Per quanto riguarda la specialistica, un effetto di contenimento della spesa è anche dovuto alla reintroduzione dei ticket. Le altre componenti di spesa evidenziano, infine, una riduzione dell’1,1 per cento.
  • 257. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 224 TAVOLA 1 LA SPESA SANITARIA NEI DOCUMENTI DI FINANZA PUBBLICA (in milioni di euro) 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 Def aprile 2013 valore assoluto 110.474 112.526 111.094 109.611 109.254 111.474 113.703 116.149 118.680 Spesa primaria complessiva 727.573 721.731 716.069 714.399 716.897 726.622 735.747 743.314 752.969 Pil 1.519.695 1.551.886 1.579.946 1.566.912 1.560.024 1.587.053 1.626.750 1.676.571 1.731.027 variazione 1,45 1,86 -1,27 -1,33 -0,33 2,03 2,00 2,15 2,18 peso sulla spesa complessiva 15,18 15,59 15,51 15,34 15,24 15,34 15,45 15,63 15,76 in percentuale del Pil 7,27 7,25 7,03 7,00 7,00 7,02 6,99 6,93 6,86 Nota Def sett. 2013 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 valore assoluto 110.474 112.526 111.593 110.842 111.108 113.029 115.424 117.616 119.789 Spesa primaria complessiva 727.573 721.731 717.729 714.365 723.670 726.023 739.479 748.599 761.571 Pil 1.519.695 1.551.886 1.578.497 1.565.916 1.557.307 1.602.937 1.660.701 1.718.365 1.779.568 variazione 1,45 1,86 -0,83 -0,67 0,24 1,73 2,12 1,90 1,85 peso sulla spesa complessiva 15,18 15,59 15,55 15,52 15,35 15,57 15,61 15,71 15,73 in percentuale del Pil 7,27 7,25 7,07 7,08 7,13 7,05 6,95 6,84 6,73 Def aprile 2013 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 valore assoluto 110.474 112.526 111.593 110.842 111.108 113.029 115.424 117.616 119.789 Spesa primaria complessiva 727.573 721.731 717.729 714.365 726.674 724.753 739.218 748.336 761.115 Pil 1.519.695 1.551.886 1.578.497 1.565.916 1.573.233 1.624.012 1.677.735 1.731.311 1.785.918 variazione 1,45 1,86 -0,83 -0,67 0,24 1,73 2,12 1,90 1,85 peso sulla spesa complessiva 15,18 15,59 15,55 15,52 15,29 15,60 15,61 15,72 15,74 in percentuale del Pil 7,27 7,25 7,07 7,08 7,06 6,96 6,88 6,79 6,71 Nota Agg DEF ottobre 2012 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 valore assoluto 110.474 112.742 112.039 113.597 112.327 112.421 115.397 Spesa primaria complessiva 727.573 724.199 719.746 719.593 720.748 726.766 739.371 Pil 1.519.695 1.553.166 1.579.659 1.564.378 1.582.375 1.629.056 1.680.441 variazione 1,45 2,05 -0,62 1,39 -1,12 0,08 2,65 peso sulla spesa complessiva 15,18 15,57 15,57 15,79 15,58 15,47 15,61 in percentuale del Pil 7,27 7,26 7,09 7,26 7,10 6,90 6,87 Def aprile 2012 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 valore assoluto 110.474 112.742 112.039 114.497 114.727 115.421 118.497 Spesa primaria complessiva 727.573 724.199 720.544 724.812 725.724 735.050 748.169 Pil 1.519.695 1.553.166 1.580.220 1.588.662 1.626.858 1.672.782 1.725.526 variazione 1,45 2,05 -0,62 2,19 0,20 0,60 2,67 peso sulla spesa complessiva 15,18 15,57 15,55 15,80 15,81 15,70 15,84 in percentuale del Pil 7,27 7,26 7,09 7,21 7,05 6,90 6,87 Relazione al parlamento dicembre 2011 2009 2010 2011 2012 2013 2014 valore assoluto 110.435 113.457 114.941 117.491 119.602 121.412 Spesa primaria complessiva 727.676 723.315 721.823 721.732 727.855 743.109 Pil 1.526.790 1.556.029 1.586.361 1.612.279 1.648.533 1.693.748 variazione 1,81 2,74 1,31 2,22 1,80 1,51 peso sulla spesa complessiva 15,18 15,69 15,92 16,28 16,43 16,34 in percentuale del Pil 7,23 7,29 7,25 7,29 7,26 7,17 Def aprile 2011 2009 2010 2011 2012 2013 2014 valore assoluto 110.435 113.457 114.836 117.391 122.102 126.512 Spesa primaria complessiva 727.071 723.361 725.798 729.019 745.212 763.184 Pil 1.519.702 1.548.816 1.593.314 1.642.432 1.696.995 1.755.013 variazione 1,80 2,74 1,22 2,22 4,01 3,61 peso sulla spesa complessiva 15,19 15,68 15,82 16,10 16,38 16,58 in percentuale del Pil 7,27 7,33 7,21 7,15 7,20 7,21 Dpef luglio 2008 (LV) 2009 2010 2011 2012 2013 valore assoluto 111.592 116.007 120.656 125.156 129.916 Spesa primaria complessiva 720.224 737.231 758.095 778.388 798.985 Pil 1.637.199 1.689.202 1.742.139 1.799.075 1.858.870 variazione 0,87 3,96 4,01 3,73 3,80 peso sulla spesa complessiva 15,49 15,74 15,92 16,08 16,26 in percentuale del Pil 6,82 6,87 6,93 6,96 6,99 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Istat.
  • 258. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 225 TAVOLA 2 IL CONTO CONSOLIDATO DELLA SANITÀ 2010 2011 2012 2013 11/10 12/11 13/12 Prestazioni sociali in natura 104.711 103.135 101.590 101.269 -1,5 -1,5 -0,3 Beni e servizi prodotti da produttori market 41.316 40.206 39.230 39.246 -2,7 -2,4 0,0 - Farmaci 10.913 9.862 8.905 8.637 -9,6 -9,7 -3,0 - Assistenza medico-generica 6.984 6.724 6.714 6.669 -3,7 -0,1 -0,7 - Assistenza medico-specialistica 4.542 4.687 4.778 4.751 3,2 1,9 -0,6 - Assistenza osped. in case di cura private 9.449 9.373 9.127 9.146 -0,8 -2,6 0,2 - Assistenza protesica e balneotermale 3.940 4.093 3.970 3.979 3,9 -3,0 0,2 - Altra assistenza 5.488 5.467 5.736 6.064 -0,4 4,9 5,7 Servizi prodotti da produttori non market: 63.395 62.929 62.360 62.023 -0,7 -0,9 -0,5 - Assistenza ospedaliera 49.602 49.269 48.929 48.642 -0,7 -0,7 -0,6 - Altri servizi sanitari 13.793 13.660 13.431 13.381 -1,0 -1,7 -0,4 Contribuzioni diverse, servizi amministrativi e altre uscite 7.815 7.959 8.021 7.985 1,8 0,8 -0,4 Uscite totali 112.526 111.094 109.611 109.254 -1,3 -1,3 -0,3 servizi prodotti da produttori non market: 63.395 62.929 62.360 62.023 -0,7 -0,9 -0,5 di cui Redditi da lavoro dipendente 35.449 34.185 33.673 33.280 -3,6 -1,5 -1,2 Consumi intermedi 25.220 26.127 26.375 26.440 3,6 0,9 0,2 Ammortamenti 2.276 2.357 2.372 2.377 3,6 0,6 0,2 milioni di euro Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Istat. Un risultato di particolare rilievo che ha consentito di rivedere le previsioni della spesa sanitaria nel prossimo quinquennio (si veda il riquadro «La spesa sanitaria nel quadro di previsione del DEF 2014»). La revisione incorpora anche la variazione delle stime relative agli anni precedenti, riviste in riduzione per circa 500 milioni nel 2011 e 1,2 miliardi nel 2012. LA SPESA SANITARIA NEL QUADRO DI PREVISIONE DEL DEF 2014 Il DEF ha di recente aggiornato le previsioni per la spesa sanitaria per il periodo 2014- 2017 estendendole al 2018. Per il 2014 le previsioni sono elaborate sulla base del quadro macroeconomico e dei dati Istat concernenti il conto consolidato della Sanità 2011-2013 (i dati sono aggiornati al IV trimestre 2013 e sono operate rettifiche sul 2011 e rivisti i dati di consuntivo 2012). La spesa prevista è pari a 111.474 milioni (+2 per cento rispetto al precedente esercizio). Essa è rivista in riduzione di oltre 1,6 miliardi rispetto alle stime contenute nella Nota illustrativa della legge di stabilità 2014 e sconta l’effetto di trascinamento della revisione degli esercizi precedenti. All’interno della spesa dei produttori non market, il complesso dei redditi da lavoro dipendente è previsto in crescita del solo 0,1 per cento. Tale variazione sconta i dati sul
  • 259. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 226 costo del personale rilevati al IV trimestre del 2013 e il limite al riconoscimento di incrementi retributivi stabilito dalla legislazione vigente1 . Per i consumi intermedi, sono invece previsti aumenti del 3,8 per cento rispetto al 2013. Su tale andamento incidono in riduzione le misure di contenimento della spesa disposte con l’articolo 17 del DL 98/2011, con l’articolo 15 del DL 95/2012, e l’articolo 1, comma 131, della legge 228/2012 (Legge stabilità 2013). Produce un aumento, invece, l’incremento dell’aliquota IVA al 22 per cento. La spesa dei produttori market aumenta complessivamente del 2 per cento. All’interno di tale aggregato la farmaceutica è attesa aumentare dell’1,5 per cento a ragione delle modifiche al regime di tale spesa disposto dalle misure prima ricordate e dell’abbassamento del tetto stabilito per la farmaceutica territoriale all’11,35 per cento. La medicina di base presenta un aumento dello 0,1 per cento risentendo degli effetti dei limiti agli incrementi retributivi al personale convenzionato con il SSN. Le altre prestazioni in convenzione presentano una variazione positiva del 3,4 per cento. Tale stima sconta, da un lato, gli effetti delle misure di contenimento della spesa ed, in particolare, della riduzione del 2 per cento rispetto al valore 2011 degli importi e dei volumi degli acquisti da erogatori privati2 ; dall’altro, gli effetti della non applicabilità - a seguito della sentenza n. 187/2012 della Corte costituzionale - di quanto disposto dall’articolo 17, comma 1, lett. d, del DL 98/2011 che prevedeva , attraverso un regolamento ai sensi della legge 400/1988, l’introduzione di misure di compartecipazione alla spesa per un importo pari a 2 miliardi a decorrere dal 2014 (i ticket sono portati in riduzione del livello di spesa). Sono infine inclusi i maggiori costi (pari a 82 milioni per l’anno in corso) connessi al finanziamento a carico dello Stato delle attività dei Policlinici universitari e degli ospedali non statali3 . Le altre componenti di spesa (pari a 5 miliardi nel 2014) sono previste in aumento del 6,7 per cento. Nel periodo 2015-2018, la spesa sanitaria cresce ad un ritmo del 2,1 per cento medio annuo, inferiore alla variazione attesa del Pil nominale (+3 per cento annuo): l’incidenza della spesa sul prodotto si riduce pertanto lievemente, passando dal 7 per cento del 2014 al 6,8 per cento del 2018. Aumenta invece di 0,5 punti l’incidenza sulla spesa corrente al netto degli interessi per la quale si prevede una variazione più contenuta. Le previsioni scontano il quadro macroeconomico previsto per il periodo di riferimento, un profilo di spesa per le diverse componenti coerente con la dinamica registrata negli ultimi anni, l’efficacia delle misure di contenimento della spesa adottate4 . Sono inoltre inclusi i maggiori costi pari a 35 milioni annui relativi al finanziamento dei Policlinici universitari non statali. 1 Per il tetto al trattamento economico, v. articolo 9, comma 1, del DL 78/2010 e art. 16, comma 1, del DL 98/2011; per il tetto alla spesa del personale, v. articolo 2, commi 71-72, della legge 191/2009, articolo 17, comma 3, del DL 98/2011 e articolo 15, comma 21, del DL 95/2012. 2 Articolo 15, comma 14, del DL 95/2012. 3 Art. 1, commi 221, 377 e 378, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014). 4 DL 78/2010, DL 98/2011, DL 95/2012, legge 228/2012 (legge di stabilità 2013) e legge 147/2013 (legge di stabilità 2014) . In particolare: - la spesa per il personale dipendente e convenzionato sconta il limite al riconoscimento di incrementi retributivi fino al 31 dicembre 2014 e il riconoscimento nel 2018 dell’indennità di vacanza contrattuale per il triennio 2018-2020 (articolo 1, commi 452 e 454, della legge di stabilità 2014); - la conferma in via permanente della norma che prevede la ridefinizione automatica dei fondi per la contrattazione integrativa del personale dipendente in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio (art 1, comma 456, della legge di stabilità per il 2014); - la spesa per consumi intermedi sconta la riduzione del 10 per cento degli importi dei contratti per acquisti di beni e servizi, la rideterminazione del tetto per i dispositivi medici al 4,4 per cento e il tetto al 3,5 per cento della farmaceutica ospedaliera; - la farmaceutica convenzionata sconta le misure dello sconto a carico dei farmacisti e il rispetto del tetto sulla spesa territoriale pari all’11,35 per cento; - la spesa per prestazioni convenzionate con operatori privati sconta la riduzione del 2 per cento rispetto al valore 2011 degli importi e dei volumi acquistati e il tetto alla remunerazione delle funzioni svolte.
  • 260. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 227 I RISULTATI DEL SETTORE NEI PRECONSUNTIVI DELLE AZIENDE SANITARIE 3. Il miglioramento dei conti del settore trova ulteriore conferma dal lato del risultato economico complessivo che emerge dai dati trasmessi al NSIS redatti, anche quest’anno, in base alle modifiche introdotte allo schema di classificazione del conto economico e all’entrata a regime delle disposizioni contenute nel d.lgs. 118/2011 (si veda l’appendice «I costi standard e l’armonizzazione contabile: due passaggi interconnessi»). Dal 2013 nel calcolo del risultato complessivo si tiene conto anche della mobilità internazionale. Nel 2013 il risultati di esercizio (prima delle correzioni apportate in sede di verifica riguardo a le aziende in utile, differenze e rischi) presentano un netto miglioramento rispetto al precedente esercizio: le perdite si riducono del 14,4 per cento; ciò come effetto combinato di minori costi (in flessione dell’1,2 per cento) e minori ricavi (-0,9 per cento). Sono soprattutto le regioni in Piano di rientro a registrare il miglioramento più netto (-21 per cento). Un progresso che contrassegna tutte le aree del Paese e che si fa più forte nelle regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno. Il risultato muta ove si guardi ai dati di esercizio presi in considerazione dai Tavoli. Le perdite prima delle coperture (considerando le aziende in avanzo e le correzioni e i rischi) crescono a circa 1,9 miliardi di euro, in riduzione rispetto al 2012 dell’8,7 per cento. Ma, soprattutto, il buon andamento non è riconducibile ad entrambe le tipologie di enti: le regioni in Piano di rientro registrano nel complesso una seppur lieve aumento delle perdite (+1 per cento) rispetto ai risultati del 2012; quelle non in Piano vedono ridursi il disavanzo (prima delle coperture) del 17 per cento. Diversamente a quanto rilevato nel 2012, le regioni in Piano presentano coperture eccedenti non dissimili a quelle non in Piano, con un ridimensionamento complessivo a 121 milioni. I risultati dal lato dei costi 4. I costi del personale (delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere, aziende Ospedaliere Universitarie, degli IRCCS pubblici, appartenente ai ruoli sanitario, professionale, amministrativo e tecnico, nonché al costo relativo alla corresponsione dell’indennità per il personale universitario, cd. “Indennità De Maria”) nel 2013 sono risultati pari a 35,2 miliardi di euro, in riduzione dell’1,2 per cento rispetto al 2012. Viene confermato l’andamento decrescente registrato negli ultimi anni. Un risultato su cui hanno inciso la proroga del tetto alla spesa per il personale dipendente (pari alla spesa per il personale registrata nell'anno 2004 diminuita dell’1,4%) disposta per il periodo 2010-2012, in attuazione del patto per la Salute 2010-2012 e poi prorogata al triennio 2013-2015 dal DL 98/2011 e dal DL 95/2012; il blocco dei rinnovi contrattuali, il limite alla crescita dei trattamenti economici per gli anni 2011-2013 (esteso al 2015 dal DL 95/2012), pari al trattamento spettante nell’anno 2010, introdotto dal DL 78/2010; la revisione delle dotazioni organiche, la rideterminazione automatica dei fondi per il trattamento accessorio del personale in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio (DL 78/2010) e il congelamento dell’indennità di vacanza contrattuale (articolo 17 del DL 98/2011).
  • 261. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 228 TAVOLA 3 I RISULTATI DI ESERCIZIO ANNO 2012 E 2013 (per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro) TOTALE RICAVI al netto delle co perture e degli ulterio ri tras f delle regio ni e pro v auto no me TOTALE COSTICON VOCI ECONOM. E SALDO INTRAMOENI A SALDO MOBILITA' EXTRA SALDO MOBILITA' INTERNAZIO NALE UTILE O P ERDITA DI ESERCIZIO Aziende in utile altre differenze Ulterio ri is crizio ni / ris chi valutati dal "Tavo lo " UTILE O P ERDITA DI ESERCIZIO co n ris chi prima delle co perture Regioni in piano 51.393,9 -50.848,0 -1.177,6 -78,9 -710,7 60,2 0,1 -191,6 -962,5 Regioni non in piano 59.014,4 -60.863,4 940,3 -12,1 -920,8 41,1 94,3 -25,4 -893,0 Totale 110.408,2 -111.711,4 -237,3 -91,1 -1.631,6 101,4 94,4 -217,0 -1.855,6 Rso 93.986,7 -94.632,1 10,2 -73,2 -708,5 76,7 28,4 -119,2 -876,0 Rso Nord 47.123,0 -48.102,8 903,2 -17,5 -94,0 19,8 25,2 -25,4 -114,1 Rso Centro 21.967,5 -22.408,7 -91,5 -12,2 -544,9 5,5 0,4 -93,0 -643,0 Rso Sud 24.896,2 -24.120,6 -801,6 -43,5 -69,5 51,3 2,8 -0,8 -118,9 Rss 16.421,5 -17.079,3 -247,5 -17,8 -923,1 24,7 66,0 -97,8 -979,6 Rss Nord 4.594,2 -5.156,6 -5,8 0,0 -568,2 13,6 83,6 0,0 -498,2 Rss Sud 11.827,3 -11.922,7 -241,6 -17,8 -354,9 11,1 -17,6 -97,8 -481,4 Regioni in piano 51.899,9 -51.703,1 -1.102,2 5,8 -899,6 47,9 -0,2 -5,5 -953,2 Regioni non in piano 59.495,0 -61.403,0 916,9 -14,7 -1.005,8 84,6 -5,1 15,3 -1.080,1 Totale 111.394,9 -113.106,0 -185,4 -8,9 -1.905,4 132,5 -5,3 9,8 -2.033,3 Rso 94.847,0 -95.862,5 73,2 6,6 -935,6 81,8 -0,2 -6,4 -1.024,0 Rso Nord 47.426,9 -48.480,8 895,9 1,0 -157,0 30,5 -0,1 -1,0 -188,6 Rso Centro 22.382,2 -22.959,8 -17,1 5,2 -589,5 20,9 -0,1 -5,3 -615,8 Rso Sud 25.037,9 -24.422,0 -805,5 0,5 -189,1 30,4 -0,1 -0,1 -219,6 Rss 16.547,9 -17.243,5 -258,6 -15,5 -969,8 50,7 -5,1 16,2 -1.009,3 Rss Nord 4.663,1 -5.253,4 10,0 -15,7 -596,0 25,2 -5,4 16,4 -610,2 Rss Sud 11.884,8 -11.990,1 -268,7 0,2 -373,8 25,5 0,4 -0,2 -399,2 Regioni in piano -1,0 -1,7 6,8 -21,0 25,7 1,0 Regioni non in piano -0,8 -0,9 2,6 -8,4 -51,3 -17,3 Totale -0,9 -1,2 28,0 -14,4 -23,5 -8,7 UTILE O P ERDITA DI ESERCIZIO co n ris chi prima delle co perture Ulterio ri tras ferimenti da P ro v Auto no me e Reg a Statuto Speciale Co perture co ntabilizzat e nel CE validate da Tavo lo UTILE O P ERDITA DI ESERCIZIO co n co perture co ntabilizzate nel CE e validate dal Tavo lo ulterio ri perdite / avanzi anni precedenti co perture ulterio ri ris petto a quelle co ntabilizzat e s u CE UTILE O P ERDITA DI ESERCIZIO co erente co n verbale Tavo lo Regioni in piano -962,5 0,0 1.311,9 349,4 -223,6 0,8 126,5 Regioni non in piano -893,0 919,8 91,3 118,1 -3,1 5,7 120,7 Totale -1.855,6 919,8 1.403,3 467,5 -226,7 6,4 247,2 Rso -876,0 0,0 1.294,9 419,0 -226,7 6,4 198,6 Rso Nord -114,1 0,0 141,3 27,3 0,0 5,7 32,9 Rso Centro -643,0 0,0 868,0 225,0 9,2 0,0 234,2 Rso Sud -118,9 0,0 285,5 166,7 -235,9 0,8 -68,5 Rss -979,6 919,8 108,3 48,6 0,0 0,0 48,6 Rss Nord -498,2 574,6 0,0 76,4 0,0 0,0 76,4 Rss Sud -481,4 345,2 108,3 -27,8 0,0 0,0 -27,8 Regioni in piano -953,2 0,0 1.367,0 413,8 -1.207,1 1.088,0 294,7 Regioni non in piano -1.080,1 994,1 94,4 8,4 -97,0 189,0 100,5 Totale -2.033,3 994,1 1.461,4 422,3 -1.304,1 1.277,1 395,2 Rso -1.024,0 0,0 1.453,6 429,6 -1.304,1 1.277,1 402,6 Rso Nord -188,6 0,0 224,4 35,9 -883,0 929,2 82,1 Rso Centro -615,8 0,0 808,7 192,9 -88,5 107,1 211,5 Rso Sud -219,6 0,0 420,5 200,8 -332,6 240,8 109,0 Rss -1.009,3 994,1 7,8 -7,3 0,0 0,0 -7,3 Rss Nord -610,2 601,4 0,0 -8,8 0,0 0,0 -8,8 Rss Sud -399,2 392,8 7,8 1,4 0,0 0,0 1,4 Regioni in piano 1,0 -4,0 -15,6 -57,1 Regioni non in piano -17,3 -3,3 1.302,4 20,1 Totale -8,7 -4,0 10,7 -37,4 2012 variazione 2013/2012 2013 2012 variazione 2013/2012 2013 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS.
  • 262. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 229 In riduzione risultano anche i costi relativi agli acquisti di beni e servizi, che ammontano a 35,1 miliardi (-1,5 per cento rispetto all’anno 2012). Sul risultato di tale aggregato hanno inciso le misure di contenimento introdotte con il decreto legge 98/2011, con il decreto legge 95/2012 e, da ultimo con la legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n.228). In particolare, in base al decreto-legge n. 98/2011, l’Osservatorio dei contratti pubblici ha pubblicato a partire dal luglio 2012 un elenco di prezzi di riferimento di oltre 300 beni e servizi. Tale elenco costituisce uno strumento operativo prezioso per la programmazione e la razionalizzazione della spesa. Successivamente, il decreto legge n. 95/2012 ha disposto la riduzione del 5 per cento dei corrispettivi per l’acquisto di beni e servizi (con esclusione dei farmaci ospedalieri) per l’anno 2012 e dei corrispondenti volumi d’acquisto per tutta la durata residua dei contratti, e l’obbligo per le aziende sanitarie di rinegoziare con i fornitori i contratti per l’acquisto di beni e servizi (con possibilità di recesso dagli stessi) qualora i prezzi unitari in essi previsti risultino superiori al 20 per cento rispetto ai prezzi di riferimento individuati dall’Osservatorio per i contratti pubblici . A decorrere dal 2013, il livello della predetta riduzione è stato aumentato al 10 per cento, mentre per il 2013 il tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici è stato fissato al 4,8 per cento del livello di finanziamento del SSN. IL CONTENIMENTO DELLA SPESA PER DISPOSITIVI MEDICI I dispositivi medici rappresentano una componente rilevante del flusso di innovazioni tecnologiche di cui si può avvalere il sistema sanitario. Proprio per tali caratteristiche negli ultimi anni è stata dedicata una particolare attenzione a tale componente della spesa. Ciò sia per garantire la salute pubblica sia per mantenere sotto controllo una voce di spesa che rappresenta oltre il 35 per cento degli acquisti di beni del settore, seconda solo agli acquisti di farmaci. Nella tavola che segue si pongono a confronto i dati relativi alla spesa per dispositivi medici nel 2012 e nel 2013 tratti dal modello C, che espone le voci relative ai dispositivi medici, impiantabili attivi e diagnostici in vitro I risultati del 2013 indicano una crescita della spesa del 2,7 per cento rispetto al 2012. La riduzione del finanziamento e la rimodulazione in riduzione della quota obiettivo (dal 5,2 al 4,8 per cento del finanziamento medesimo, secondo quanto disposto dal DL 95/2012 e dalla legge di stabilità per il 2013) fanno si che nel complesso la spesa ecceda l’obiettivo di poco meno del 7 per cento (nel 2012 era inferiore al limite di circa il 5 per cento) Sono solo 5 le regioni che presentano una spesa inferiore al limite previsto. Fatta eccezione per la Lombardia, si tratta di regioni del Mezzogiorno. Pur con differenze di intensità, ciò che emerge nel complesso è che le regioni in Piano di rientro superano solo marginalmente l’obiettivo. Ma sono queste che presentano la crescita più forte nell’anno (+ 6 per cento) e ad un tempo segnalano una significativa ricomposizione tra tipologie di dispositivi, con una forte flessione di quelli impiantabili a fronte di un consistente aumento di quelli per diagnostica in vitro. Nelle regioni non in Piano prevale, invece, una tendenza al contenimento della spesa, non sufficiente, tuttavia, a compensare la maggior stringenza dell’obiettivo e la riduzione della base di calcolo. Più limitata è poi la flessione nella spesa per dispositivi impiantabili. Nella categoria dei dispositivi medici sono compresi prodotti altamente differenziati: articoli semplici e di uso quotidiano e strumenti o apparecchiature il cui contenuto tecnologico è particolarmente alto. L’elevata eterogeneità dei prodotti, la rapida obsolescenza, i livelli di complessità tecnologica altamente differenziati e la variabilità degli impieghi clinici, spesso strettamente correlata anche all’abilità e all’esperienza degli utilizzatori, rendono più
  • 263. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 230 complesso individuare interventi finalizzati alla loro introduzione, diffusione e valutazione e al governo della spesa. Il riferimento a tetti di spesa deve essere accompagnato da interventi per il potenziamento dei sistemi di tracciabilità dei dispositivi, da informazioni relative ai consumi ed ai relativi valori economici, unitamente all’identificazione univoca dei prodotti. Di qui l’importanza del flusso per il monitoraggio dei dispositivi medici acquistati dal sistema nazionale previsto dal DM del 2010 al quale, a partire dal 2012, le Regioni e le provincie autonome sono tenute, per l'accesso al maggior finanziamento per il SSN, a conferire i dati L’istituzione del Repertorio dei dispositivi medici, anagrafe di riferimento unica a valenza nazionale, ed il conseguente avvio del nuovo flusso informativo riguardante il monitoraggio dei consumi consentirà di beneficiare nella gestione del sistema sanitario di informazioni di dettaglio sulle tipologie di prodotti presenti sul mercato nazionale. Di recente il Ministero della salute ha diffuso un primo Rapporto sulla spesa sostenuta dalle strutture sanitarie pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale per l’acquisto di dispositivi nel 2012. L’analisi dei dati potrà favorire l’avvio di un processo di bench marking tra le diverse realtà, e spunti di riflessione a sostegno della razionalizzazione dei costi e del recupero dei margini di efficienza. Una analisi dei dati che tenga conto anche delle caratteristiche e delle peculiarità dei prodotti, potrà fornire informazioni di grande utilità per indirizzare le scelte e le decisioni. Ci sarà quindi la possibilità di mettere in relazione i dati di costo, rilevati e contabilizzati dal modello CE, con i flussi che rilevano i dati di attività e produzione, consentendo una lettura integrata dei dati provenienti da diversi flussi informativi che analizzano il fenomeno da più punti di vista. LA SPESA PER DISPOSITIVI MEDICI NEL 2012 E NEL 2013 (in milioni) B.1.A.3) Dispositivi medici B.1.A.3.1) Dispositivi medici B.1.A.3.2) Dispositivi medici impiantabili attivi B.1.A.3.3) Dispositivi medico diagnostici in vitro (IVD) B.1.A.3) Dispositivi medici B.1.A.3.1) Dispositivi medici B.1.A.3.2) Dispositivi medici impiantabili attivi B.1.A.3.3) Dispositivi medico diagnostici in vitro (IVD) B.1.A.3) Dispositivi medici B.1.A.3.1) Dispositivi medici B.1.A.3.2) Dispositivi medici impiantabili attivi B.1.A.3.3) Dispositivi medico diagnostici in vitro (IVD) PIEMONTE 458,7 310,0 34,2 114,5 475,7 327,1 32,6 116,1 -3,6 -5,2 5,0 -1,4 VALLE D`AOSTA 13,2 8,0 1,0 4,1 14,9 9,4 1,1 4,4 -11,4 -14,7 -8,7 LOMBARDIA 764,4 540,2 70,8 153,5 770,4 525,1 90,6 154,7 -0,8 2,9 -21,9 -0,8 PROV. AUTON. BOLZANO 44,4 28,8 15,6 0,0 43,1 27,4 15,8 0,0 3,0 5,4 -1,0 PROV. AUTON. TRENTO 51,9 51,9 0,0 0,0 51,3 51,3 0,0 0,0 1,2 1,2 VENETO 507,6 360,9 42,9 103,8 508,7 362,1 41,3 105,3 -0,2 -0,3 3,8 -1,4 FRIULI VENEZIA GIULIA 168,4 119,6 10,7 38,2 172,1 121,6 11,5 38,9 -2,1 -1,7 -7,3 -2,0 LIGURIA 150,4 90,2 7,9 52,3 140,4 89,8 8,9 41,7 7,1 0,5 -11,4 25,5 EMILIA ROMAGNA 438,0 333,5 25,0 79,6 443,3 335,9 27,8 79,6 -1,2 -0,7 -10,2 TOSCANA 403,2 264,5 79,3 59,4 411,4 282,2 86,2 43,0 -2,0 -6,3 -8,1 38,2 UMBRIA 112,5 77,4 6,6 28,4 112,6 78,5 6,1 27,9 -0,1 -1,4 9,0 1,7 MARCHE 188,6 132,7 10,3 45,6 191,0 134,0 11,0 46,1 -1,3 -1,0 -5,7 -1,1 LAZIO 516,0 356,7 37,1 122,1 432,8 295,8 89,5 47,5 19,2 20,6 -58,5 157,0 ABRUZZO 167,1 105,6 8,3 53,2 130,3 113,8 4,4 12,1 28,2 -7,1 87,8 338,1 MOLISE 34,7 17,4 5,5 11,9 35,7 18,2 6,3 11,2 -2,8 -4,4 -13,0 CAMPANIA 360,1 239,6 49,6 70,9 368,3 258,3 55,9 54,1 -2,2 -7,2 -11,2 31,1 PUGLIA 392,9 202,8 62,8 127,3 347,7 194,2 70,2 83,4 13,0 4,5 -10,5 52,7 BASILICATA 48,7 25,3 15,8 7,6 46,4 24,2 15,8 6,4 4,9 4,3 -0,4 CALABRIA 120,8 75,2 23,6 22,0 120,0 68,0 36,9 15,2 0,6 10,7 -36,0 44,6 SICILIA 357,3 233,1 54,7 69,5 342,0 235,8 56,2 49,9 4,5 -1,2 -2,7 39,2 SARDEGNA 157,7 120,0 17,0 20,7 154,5 121,6 12,6 20,4 2,1 -1,2 35,3 1,5 Totale 5456,6 3693,5 578,6 1184,5 5312,7 3674,4 680,6 957,8 2,7 0,5 -15,0 23,7 2013 2012 var 2013/2012 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS Diversi gli andamenti ove si guardi alle singole componenti di spesa. Per quanto riguarda gli acquisti di beni, si registra nell’anno un incremento del 2,5 per cento. Tale crescita è influenzata dalla preponderanza, all’interno dell’aggregato, delle voci relative ai prodotti farmaceutici (in aumento del 5,8 per cento) e ai dispositivi medici (in crescita del 2,7 per cento), che rappresentano, rispettivamente il 54 per cento e il 36 per cento di tale voce (si veda il riquadro « Il contenimento della spesa per dispositivi medici ») Tali
  • 264. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 231 andamenti sono in parte compensati dal sostanziale dimezzamento negli acquisti di componenti chimici. I servizi sanitari e non sanitari (trasporti sanitari, consulenze, formazione, etc.) aumentano nel complesso di circa l’1,0 per cento rispetto all’anno 2012. Un risultato, tuttavia, frutto di una crescita dell’1,6 per cento di quelli sanitari e di una forte flessione di quelli non sanitari (-7,7 per cento). Nei servizi non sanitari appaltati (lavanderia, pulizia, mensa, riscaldamento, etc.) la flessione è del 2,4 per cento. Un andamento da tener presente anche a fronte di misure che puntano per questa tipologia di servizi a risparmi nel futuro. Il freno alla crescita è in parte riferibile all’impegno assunto da parte delle regioni di monitorare tali settori di spesa, avendo riguardo all’entità della spesa e al rispetto dei vincoli previsti dalla normativa di cui ai decreti legge n. 98/2011 e n. 95/2012. Infine si riducono nel 2013, le spese per manutenzioni e riparazioni (-0,1 per cento), per il godimento beni di terzi (-1,7 per cento), per gli accantonamenti (-26,1 per cento) e per interessi passivi e oneri finanziari (-3,4 per cento). Nel caso degli accantonamenti, si tratta in prevalenza della flessione delle postazioni prudenziali a fondo rischi, effettuate in attesa del perfezionarsi della chiusura delle scritture contabili del bilancio d’esercizio. Ne sono ricompresi anche gli accantonamenti relativi agli obiettivi di piano per le quote relative a progetti ancora in corso di definizione. Nel caso degli interessi, ciò è dovuto all’effetto positivo derivante dalla diminuzione dei tempi medi di pagamento in alcune regioni sottoposte ai piani di rientro, con conseguente riduzione degli oneri legati al pagamento degli interessi di mora. In leggera crescita sono infine le spese amministrative e generali (+0,2 per cento). Tra le prestazioni riconducibili a soggetti market l’assistenza di base presenta un costo complessivo pari a 6,6 miliardi, in diminuzione, rispetto al 2012, dello 0,6 per cento. Tale andamento è da ascriversi principalmente al blocco dei rinnovi delle convenzioni con i medici di base, in analogia a quanto previsto dalla normativa vigente per il personale dipendente, e alla previsione di un tetto alla crescita delle remunerazioni, pari al livello registrato nel 2011. In flessione anche nel 2013 la farmaceutica convenzionata. Nell’esercizio la spesa raggiunge gli 8,6 miliardi, con una diminuzione del 3,4 per cento (si era ridotta di poco meno del 10 per cento nel 2012). La consistente riduzione della spesa farmaceutica convenzionata registrata negli ultimi anni è da ricondurre all’effetto combinato di diversi fattori: la riduzione del prezzo medio dei farmaci, per effetto dell’inserimento nel prontuario di nuovi farmaci generici; l’implementazione dell’attività di monitoraggio del livello di appropriatezza delle prescrizioni terapeutiche; i risparmi originati dall’incremento dello sconto sul prezzo dei farmaci a carico di grossisti e farmacisti; la rideterminazione all’11,35 per cento del tetto relativo alla farmaceutica territoriale, al netto degli importi corrisposti dal cittadino per l'acquisto di farmaci ad un prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito dall'AIFA, con attivazione del meccanismo del pay-back già previsto dalla normativa vigente in caso di superamento del predetto tetto; la crescita della quota di compartecipazione alla spesa a carico del cittadino, in relazione alle misure di compartecipazione adottate in talune regioni sottoposte ai piani di rientro e ai ticket sui farmaci vigenti anche in regioni non sottoposte ai piani di rientro. Il potenziamento della distribuzione diretta - soprattutto nelle regioni soggette a piano di rientro - ha determinato lo spostamento di quote di mercato dal canale convenzionale verso quello della distribuzione diretta, con il
  • 265. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 232 conseguente risparmio a vantaggio delle regioni, dato dalla minore remunerazione della filiera distributiva. (si veda il riquadro «Il monitoraggio della spesa farmaceutica: il rispetto dei tetti di spesa»). Per la specialistica convenzionata (che comprende gli acquisti di prestazioni da convenzionati SUMAI, da Ospedali classificati, IRCCS privati, Policlinici privati e da altri operatori privati accreditati) i costi ammontano nel 2013 a 4,8 miliardi, in crescita dello 0,7 per cento. Il rallentamento registrato negli anni è da riferirsi essenzialmente all’effetto positivo derivante dall’adozione degli strumenti di governo della spesa da parte delle regioni, oltre che dal consolidamento degli effetti già prodotti negli anni passati del processo di deospedalizzazione, che ha comportato una maggiore fruizione in ambito ambulatoriale di alcune prestazioni ritenute inappropriate in ambito ospedaliero. Sostanzialmente stabili rispetto al 2012 gli acquisti di assistenza ospedaliera che comprendono quelli da Ospedali convenzionati, classificati, IRCCS privati, Policlinici universitari privati e Case di cura private accreditate. Essi sono pari a 8,521 miliardi. Sulla dinamica della spesa per la specialistica e l’ospedaliera hanno influito, inoltre, anche nell'anno 2013, le misure introdotte dal decreto legge n. 95/2012 che prevedeva una riduzione complessiva degli acquisti da erogatori privati (volumi e corrispettivo) in misura tale da ridurne la spesa per il 2013 dell’1 per cento rispetto al valore consuntivato nell'anno 2011. Detta misura di contenimento, peraltro, era aggiuntiva rispetto alle eventuali misure di riduzione già assunte dalle regioni o dalle province autonome. In aggregato va rilevato come la spesa del 2013 non risulti nel complesso coerente con tale previsione: le due voci di spesa rimangono nel complesso sui livelli del 2011, circa 100 milioni al di sopra del dato obiettivo. Gli acquisti di prestazioni di assistenza riabilitativa convenzionata da strutture private accreditate è pari a 1,878 miliardi di euro, con un decremento rispetto al 2012 dello 0,2 per cento, che conferma la tendenza già rilevata fra l'anno 2012 e l'anno 2011. La spesa per l’integrativa ricomprende le prestazioni che comportano l'erogazione dei prodotti destinati ad una alimentazione particolare per le persone affette da determinate malattie e dei prodotti destinati alle persone affette da patologia diabetica. Contiene altresì le prestazioni che comportano l'erogazione di protesi ed ausili monouso e tecnologici inclusi in appositi elenchi. I relativi costi ammontano, complessivamente, a 1,853 miliardi di euro, con un incremento rispetto al 2012 dell’0,1 per cento. L'aggregato “Altre prestazioni” ricomprende quelle relative alle cure termali, alla medicina dei servizi, all'assistenza psichiatrica, all'assistenza agli anziani, ai tossicodipendenti, agli alcolisti, ai disabili, alle comunità terapeutiche. Si tratta nel complesso di 7,1 miliardi, in crescita del 4,5 per cento rispetto al 2012. IL MONITORAGGIO DELLA SPESA FARMACEUTICA La lettura dei dati relativi alla spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera almeno per quello che concerne la verifica del rispetto dei tetti di spesa richiede si tenga conto delle modifiche introdotte dal DL 95/2012 che hanno inciso sulla metodologia di calcolo a partire dal 2013. Come è noto, è il DL 159/2007 (articolo 5) che ha previsto l’introduzione di un tetto alla spesa territoriale, determinato come quota del finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato. La quota, inizialmente fissata al 14 per cento, è stata progressivamente ridotta negli anni, per attestarsi al 13,1 per cento nel 2012. La spesa considerata ricomprendeva
  • 266. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 233 la spesa per farmaci erogati sulla base della disciplina convenzionale, al lordo delle quote di partecipazione alla spesa a carico degli assistiti (sia quella per tickets sia quella dovuta come quota richiesta ad integrazione del prezzo massimo di rimborso stabilito dall’AIFA), sia della distribuzione diretta di medicinali collocati in classe A ai fini della rimborsabilità (inclusa la distribuzione per conto e la distribuzione in dimissione ospedaliera). Il DL 95/2012 ha modificato la composizione della spesa farmaceutica territoriale soggetta al tetto, prevedendo l’esclusione da tale aggregato degli importi corrisposti dal cittadino per l’acquisto di farmaci ad un prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito dall’AIFA. A fronte di tale modifica, il tetto è stato rideterminato all’11,35 per cento del FSN. E’ stata inoltre aggiornata la procedura in caso di ripiano dello sfondamento del tetto di spesa, prevedendo che gli eventuali importi siano assegnati alle regioni, per il 25 per cento, in proporzione allo sforamento del tetto registrato nelle singole regioni e, per il residuale 75 per cento, in base alla quota di accesso delle singole regioni al riparto della quota indistinta delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale. Il provvedimento ha introdotto anche alcune modifiche alle misure per il governo della spesa per l’assistenza farmaceutica ospedaliera. Il DL 159/2007 aveva definito la composizione della spesa, il tetto ed il meccanismo di ripiano interamente a carico delle Regioni. La spesa farmaceutica ospedaliera, al netto della distribuzione diretta non poteva superare, a livello di ogni singola regione, il 2,4 per cento del finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato. L'eventuale sforamento di detto tetto era recuperato interamente a carico della regione attraverso misure di contenimento della spesa (farmaceutica ospedaliera o di voci equivalenti). Non erano tenute al ripiano le regioni in equilibrio economico complessivo. Rispetto a questa formulazione, il DL 95/2012 dispone che dal 2013 il limite alla spesa farmaceutica ospedaliera sia rideterminato nella misura del 3,5 per cento e il tetto sia calcolato al netto della spesa per i farmaci di classe A in distribuzione diretta e distribuzione per conto, nonché al netto della spesa per i vaccini, per i medicinali di cui alle lettere c) e c -bis ) dell’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e successive modificazioni, per le preparazioni magistrali e officinali effettuate nelle farmacie ospedaliere, per i medicinali esteri e per i plasma derivati di produzione regionale. Inoltre, la spesa è calcolata al netto di ogni pay-back versato dalle aziende farmaceutiche. Nel 2013 la spesa farmaceutica territoriale è risultata seppur di poco superiore al tetto previsto. L’11,41 per cento contro il 11,35 per cento del finanziamento del SSN. Hanno superato il limite 8 regioni: tutte quelle in Piano di rientro (ad eccezione del Piemonte) e le Marche (anche se in questo caso per importi limitati). I dati del monitoraggio offrono alcuni spunti ulteriori. La spesa territoriale complessiva (al lordo del pay back) cresce nel 2013 dello 0,7 per cento. Sono tre le regioni che presentano gli incrementi di maggior rilievo superiori al 2,8 per cento. Solo grazie al pay back, i cui importi nell’esercizio sono quasi raddoppiati rispetto allo scorso anno, si registra un seppur lieve calo della spesa (-0,4 per cento) pur senza annullare le variazioni positive di dette regioni. Oltre la dinamica dei versamenti per il pay back, sul risultato complessivo incide la sensibile crescita della spesa diretta (+6,3 per cento) mentre, dal lato del contributo che ricade sui cittadini, il calo delle entrate da compartecipazione (i tickets si riducono del 2,7 per cento rispetto al 2012) è più che compensato dall’aumento della quota di prezzo a carico del paziente per i farmaci con contributo pubblico definito dall’Aifa (+5,5 per cento). Diversamente dal pay back, tali risultati non sono frutto di andamenti omogenei nelle diverse regioni. Nel caso dei tickets, ad esempio, a fronte di aumenti in Veneto (+6 per cento) ma soprattutto in Molise (+30 per cento) e Basilicata (+26,3 per cento), si verificano cali superiori al 10 per cento in Piemonte, Umbria, Toscana e Sicilia. In queste due regioni, tuttavia, il calo delle entrate da ticket è più che compensato dalla forte crescita delle quote sul prezzo di riferimento. Nel complesso anche se per importi più modesti del passato, si conferma in crescita anche nel 2013 la compartecipazione alla spesa a carico del cittadino: in media si tratta di un incremento del 2,1 per cento, che porta il contributo richiesto all’11,1 per cento della spesa territoriale.
  • 267. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 234 E’ la farmaceutica ospedaliera che continua a presentare andamenti ben superiori al tetto previsto. Solo tre regioni si mantengono sotto il 3,5 per cento: si tratta della Valle d’Aosta, della Provincia di Trento e della Sicilia. Tutte le altre continuano a travalicare gli obiettivi attribuiti. Rispetto al valore obiettivo di 3,7 miliardi (corrispondente al 3,5 per cento del finanziamento del 2013), la spesa ha raggiunto i 4,5 miliardi pari al 4,2 per cento del FSN. Superiori dal 5 per cento la spesa in Puglia, nel Friuli e in Toscana. A prescindere dal rispetto dei tetti di spesa, va rilevato come rispetto al 2012 la spesa aumenti nel complesso di oltre il 7,4 per cento. Superiori al 10 per cento gli aumenti registrati in 5 regioni (Friuli Toscana Abruzzo, Molise e Campania). Solo Umbria e Basilicata registrano una seppur contenuta flessione della spesa LA SPESA FARMACEUTICA TERRITORIALE NEL 2013 - VERIFICA DEL TETTO DI SPESA 2013 Tetto 11,35% Netta Quota prezzo di riferimento Ticket Diretta Pay-back Territoriale Scostamento assoluto Incidenza su FSR A B C D E F G=B+D+E-F H=G-B I=G/A*100 PIEMONTE 905,6 644,9 61,0 14,2 200,3 21,4 837,9 -67,7 10,5 V. AOSTA 25,4 18,1 1,5 0,0 5,6 0,6 23,1 -2,3 10,3 LOMBARDIA 1.974,9 1.353,5 111,6 141,9 358,8 43,9 1.810,2 -164,7 10,4 BOLZANO 97,4 47,0 4,4 4,6 20,1 1,8 69,9 -27,5 8,1 TRENTO 103,2 65,8 4,3 0,0 18,8 2,1 82,6 -20,6 9,1 VENETO 982,9 598,1 59,8 67,1 220,0 21,4 863,8 -119,0 10,0 FRIULI 249,1 184,8 16,2 0,0 55,9 5,9 234,8 -14,3 10,7 LIGURIA 343,1 231,0 23,2 19,1 93,5 8,1 335,4 -7,8 11,1 E. ROMAGNA 902,0 549,5 54,9 14,5 234,5 19,8 778,8 -123,1 9,8 TOSCANA 765,0 490,7 51,3 9,8 253,3 17,0 736,9 -28,1 10,9 UMBRIA 184,5 134,3 14,3 1,8 48,4 4,2 180,3 -4,2 11,1 MARCHE 319,1 242,7 25,1 -0,2 88,6 7,7 323,4 4,3 11,5 LAZIO 1.130,4 942,8 101,3 45,2 306,1 31,5 1.262,6 132,3 12,7 ABRUZZO 271,4 223,5 21,0 9,7 52,8 7,0 278,9 7,6 11,7 MOLISE 65,0 47,9 5,2 3,8 15,6 1,5 65,8 0,8 11,5 CAMPANIA 1.128,8 881,3 97,0 82,2 324,1 28,6 1.259,0 130,2 12,7 PUGLIA 805,5 653,5 69,5 52,6 224,4 21,8 908,6 103,2 12,8 BASILICATA 117,2 81,6 8,8 5,4 32,9 2,9 117,0 -0,3 11,3 CALABRIA 395,9 329,3 34,6 13,3 111,8 10,8 443,6 47,7 12,7 SICILIA 986,1 852,7 89,1 72,5 232,6 28,0 1.129,8 143,8 13,0 SARDEGNA 325,5 290,1 24,2 0,0 118,5 10,3 398,3 72,8 13,9 ITALIA 12.077,8 8.863,0 878,4 557,7 3.016,5 296,4 12.140,7 62,9 11,4 milioni di euro SPESA FARMACEUTICA TERRITORIALE - VARIAZIONI 2013/2012 Spesa farmaceutica netta Quota prezzo di riferimento Ticket Quota prezzo + Ticket Diretta Pay-back Spesa farmaceutica territoriale Spesa farmaceutica territoriale (al lordo Pay- back) PIEMONTE -0,9 2,2 -12,3 -0,9 12,3 81,2 0,7 1,7 V. AOSTA -0,4 -1,1 -1,1 6,2 75,0 0,0 0,9 LOMBARDIA -1,3 2,7 2,9 2,8 3,0 96,3 -1,1 0,0 BOLZANO -0,7 0,0 2,4 1,2 6,7 76,4 0,3 1,4 TRENTO -1,9 -1,7 -1,7 17,8 91,2 0,6 1,7 VENETO -2,8 -1,2 6,4 2,7 6,0 82,7 -1,2 -0,1 FRIULI -2,3 -0,3 -0,3 3,5 83,6 -2,1 -1,0 LIGURIA -2,9 1,1 -3,3 -0,9 4,1 75,4 -1,9 -0,9 E. ROMAGNA -3,7 -1,2 0,6 -0,8 2,3 82,9 -2,9 -1,9 TOSCANA -2,4 13,4 -18,7 6,6 2,7 77,3 -1,1 -0,2 UMBRIA 0,1 6,3 -25,1 1,6 0,2 82,0 -0,7 0,3 MARCHE 2,4 3,7 3,0 0,6 83,6 1,0 2,0 LAZIO 0,4 2,8 4,1 3,2 -3,4 87,9 -1,2 -0,2 ABRUZZO 0,4 6,1 -2,2 3,3 -9,3 91,3 -2,2 -1,1 MOLISE -1,1 -13,4 30,0 0,8 -1,1 91,4 -1,9 -0,9 CAMPANIA 0,6 3,3 3,4 3,3 8,9 98,5 1,8 2,8 PUGLIA 0,8 6,0 -1,0 2,8 11,4 90,5 2,2 3,2 BASILICATA -0,9 5,1 26,3 12,2 4,5 77,2 0,7 1,7 CALABRIA -1,6 3,1 0,0 2,2 29,9 88,9 3,5 4,6 SICILIA -3,1 35,7 -24,7 -0,2 11,7 89,0 -1,4 -0,3 SARDEGNA -7,4 -0,9 -0,9 30,4 72,9 -0,1 1,0 ITALIA -1,4 5,5 -2,7 2,1 6,3 87,2 -0,4 0,7 variazioni % 2013/2012 Fonte: elaborazioni Corte dei Conti su dati AIFA.
  • 268. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 235 SEGUE: SPESA FARMACEUTICA TERRITORIALE - VARIAZIONI 2013/2012 Spesa farmaceutica netta Quota prezzo di riferimento Ticket Quota prezzo + Ticket Diretta Pay-back Spesa farmaceutica territoriale Spesa farmaceutica territoriale (al lordo Pay- back) PIEMONTE -5,7 1,3 -2,0 -0,7 21,9 9,6 6,0 15,6 V. AOSTA -0,1 0,0 0,0 0,0 0,3 0,2 0,0 0,2 LOMBARDIA -17,4 2,9 3,9 6,9 10,6 21,5 -21,4 0,1 BOLZANO -0,3 0,0 0,1 0,1 1,3 0,8 0,2 1,0 TRENTO -1,3 -0,1 0,0 -0,1 2,9 1,0 0,5 1,5 VENETO -17,1 -0,7 4,0 3,3 12,4 9,7 -11,1 -1,4 FRIULI -4,4 0,0 0,0 0,0 1,9 2,7 -5,3 -2,6 LIGURIA -6,8 0,2 -0,6 -0,4 3,7 3,5 -7,0 -3,5 E. ROMAGNA -21,1 -0,7 0,1 -0,6 5,4 9,0 -25,3 -16,3 TOSCANA -12,1 6,1 -2,2 3,8 6,7 7,4 -9,0 -1,6 UMBRIA 0,2 0,8 -0,6 0,3 0,1 1,9 -1,4 0,5 MARCHE 5,8 0,9 -0,2 0,7 0,5 3,5 3,5 7,0 LAZIO 4,1 2,7 1,8 4,5 -10,8 14,7 -17,0 -2,2 ABRUZZO 0,9 1,2 -0,2 1,0 -5,4 3,3 -6,8 -3,5 MOLISE -0,5 -0,8 0,9 0,1 -0,2 0,7 -1,4 -0,6 CAMPANIA 5,4 3,1 2,7 5,8 26,6 14,2 23,6 37,8 PUGLIA 5,0 3,9 -0,5 3,4 23,0 10,4 20,9 31,3 BASILICATA -0,8 0,4 1,1 1,5 1,4 1,3 0,9 2,2 CALABRIA -5,5 1,0 0,0 1,1 25,7 5,1 16,2 21,3 SICILIA -27,5 23,4 -23,8 -0,4 24,3 13,2 -16,8 -3,6 SARDEGNA -23,3 -0,2 0,0 -0,2 27,6 4,4 -0,3 4,1 ITALIA -122,5 45,6 -15,6 30,0 179,8 138,1 -50,7 87,4 variazioni assolute in milioni LA SPESA FARMACEUTICA OSPEDALIERA NEL 2013 - VERIFICA DEL TETTO DI SPESA Tetto del 3,5% Spesa Ospedaliera Scostamento assoluto Incidenza Variazione spesa ospedaliera 2013/2012 % PIEMONTE 279,3 371,5 92,3 4,7 4,6 V. AOSTA 7,8 6,8 -1,1 3,0 6,8 LOMBARDIA 609,0 669,6 60,6 3,8 7,8 BOLZANO 30,0 37,9 7,8 4,4 8,1 TRENTO 31,8 31,1 -0,7 3,4 -8,7 VENETO 303,1 340,3 37,2 3,9 4,0 FRIULI 76,8 112,7 35,9 5,1 12,7 LIGURIA 105,8 132,5 26,7 4,4 7,2 E. ROMAGNA 278,1 365,7 87,5 4,6 6,9 TOSCANA 235,9 351,3 115,4 5,2 11,7 UMBRIA 56,9 76,2 19,3 4,7 5,6 MARCHE 98,4 113,5 15,1 4,0 -4,3 LAZIO 348,6 409,8 61,2 4,1 8,8 ABRUZZO 83,7 109,3 25,7 4,6 18,7 MOLISE 20,1 22,5 2,5 3,9 12,6 CAMPANIA 348,1 366,3 18,2 3,7 16,0 PUGLIA 248,4 362,4 114,0 5,1 6,7 BASILICATA 36,2 41,3 5,2 4,0 -1,2 CALABRIA 122,1 130,6 8,5 3,7 0,9 SICILIA 304,1 299,0 -5,1 3,4 6,4 SARDEGNA 100,4 139,3 38,9 4,9 4,8 ITALIA 3.724,4 4.489,5 765,1 4,2 7,4 milioni di euro Fonte: elaborazione Corte dei Conti su dati AIFA.
  • 269. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 236 TAVOLA 4 I COSTI DEL SERVIZIO SANITARIO PER FUNZIONI DI SPESA (per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro) anno 2012-2013 ACQUISTIDIBENI MANUTENZIONIE RIPARAZIONI ASSISTENZA SANITARIADI BASE FARMACEUTICASPECIALISTICARIABILITATIVAINTEGRATIVAOSPEDALIERA ALTRE PRESTAZIONI ALTRISERVIZI SANITARI ALTRISERVIZI NONSANITARI Regioniinpiano7.002,4813,33.273,94.417,12.541,61.155,2988,74.411,32.377,81.292,087,9 Regioninonin piano8.355,31.183,93.335,04.175,32.217,8723,2864,64.113,64.723,22.061,4133,9 Totale15.357,71.997,26.608,98.592,34.759,41.878,41.853,38.524,97.101,03.353,3221,7 Rso13.080,61.664,95.552,77.158,84.028,71.570,31.478,17.577,46.292,72.986,2176,4 RsoNord6.284,2891,02.586,03.287,12.027,1544,1646,63.928,54.233,41.673,691,7 RsoCentro3.356,5367,81.281,61.711,8725,9376,8401,01.695,21.244,9816,737,3 RsoSud3.440,0406,11.685,12.159,91.275,7649,5430,51.953,7814,4495,947,5 Rss2.277,1332,31.056,21.433,6730,8308,0375,2947,5808,3367,245,3 RssNord713,5127,2260,4321,787,775,8105,2150,7298,3166,919,8 RssSud1.563,7205,1795,81.111,8643,1232,3270,0796,9510,0200,325,4 Regioniinpiano 6.826,0816,93.298,64.566,42.535,71.170,6949,54.435,12.215,21.304,291,3 Regioninonin piano 8.149,51.182,03.349,24.324,92.219,7712,2901,94.086,74.582,91.995,8148,8 Totale14.975,51.998,96.647,88.891,34.755,41.882,81.851,48.521,86.798,13.300,0240,1 Rso12.766,61.662,45.595,97.368,14.034,31.583,41.466,37.569,36.024,52.879,5186,2 RsoNord6.167,4901,92.610,23.359,72.039,9543,4679,23.926,14.139,51.601,4103,6 RsoCentro3.269,0341,11.288,71.800,5723,1373,8394,81.691,81.152,4778,642,4 RsoSud3.330,3419,31.697,02.207,91.271,4666,2392,31.951,4732,6499,540,3 Rss2.208,9336,51.051,91.523,2721,1299,4385,1952,4773,6420,553,9 RssNord707,4129,8260,2330,786,273,7111,3152,5295,8212,221,1 RssSud1.501,5206,7791,71.192,5634,9225,7273,7799,9477,8208,332,8 Regioniinpiano2,6-0,4-0,7-3,30,2-1,34,1-0,57,3-0,9-3,8 Regioninonin piano2,50,2-0,4-3,5-0,11,5-4,10,73,13,3-10,0 Totale2,6-0,1-0,6-3,40,1-0,20,10,04,51,6-7,7 2013 2012 variazione2013/2012
  • 270. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 237 SEGUE TAVOLA 4 GODIMENTODI BENIDITERZI PERS.RUOLO SANIT. +INDENNITÀDE MARIA PERSONALE RUOLO PROFESSIONALE PERSONALE RUOLOTECNICO PERSONALE RUOLO AMMINISTRATIV O TOTALESPESEDI PERSONALE SPESE AMMINISTRATIVE EGENERALI SERVIZI APPALTATI IMPOSTEETASSEONERIFINANZIARITOTALECOSTI Regioniinpiano387,712.754,952,01.485,61.215,215.507,71.012,32.237,11.212,7235,648.954,2 Regioninonin piano611,615.651,882,02.442,31.485,619.661,71.410,03.401,61.420,5125,158.517,8 Totale999,428.406,7133,93.927,92.700,835.169,42.422,35.638,72.633,2360,8107.472,0 Rso867,623.440,5112,33.263,82.230,529.047,22.052,74.918,52.233,6307,690.993,9 RsoNord507,611.586,861,51.857,41.233,314.739,01.114,42.509,01.122,4114,346.299,8 RsoCentro202,75.757,227,7696,8478,36.960,0449,71.350,9533,8140,221.652,6 RsoSud157,36.096,423,2709,6519,07.348,2488,61.058,6577,553,123.041,5 Rss131,84.966,221,6664,1470,36.122,2369,7720,2399,653,116.478,1 RssNord52,81.603,18,3299,9161,02.072,2103,2318,7146,10,55.020,6 RssSud79,03.363,113,3364,3309,44.050,0266,4401,5253,552,611.457,5 Regioniinpiano398,312.980,953,61.540,11.246,215.820,9992,92.341,21.226,0231,949.220,8 Regioninonin piano618,415.739,981,82.445,01.497,719.764,31.423,83.434,41.474,8141,758.511,1 Totale1.016,728.720,8135,43.985,12.743,935.585,22.416,75.775,62.700,8373,6107.731,9 Rso886,023.757,8114,03.314,62.272,729.459,12.050,55.063,22.246,6324,991.167,0 RsoNord506,911.666,562,11.873,91.250,214.852,71.120,92.476,21.124,2125,446.278,4 RsoCentro213,75.848,327,4701,5487,07.064,2421,21.532,1538,6148,421.774,7 RsoSud165,46.243,024,4739,1535,57.542,1508,41.055,0583,851,123.113,9 Rss130,74.963,021,4670,6471,16.126,1366,2712,3454,348,716.564,9 RssNord52,41.607,78,0298,2158,82.072,898,3322,5143,40,25.070,5 RssSud78,33.355,313,4372,4312,34.053,3267,9389,8310,848,511.494,4 Regioniinpiano-2,7-1,7-3,1-3,5-2,5-2,02,0-4,4-1,11,6-0,5 Regioninonin piano-1,1-0,60,3-0,1-0,8-0,5-1,0-1,0-3,7-11,70,0 Totale-1,7-1,1-1,1-1,4-1,6-1,20,2-2,4-2,5-3,4-0,2 variazione2013/2012 Fonte:elaborazioniCortedeicontisudatiNSISaggiornatial23aprile2014 2012 2013
  • 271. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 238 TAVOLA 4.1 I COSTI DELLA SANITÀ ANNI 2012-2013 Per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro TOTALECOSTI1 AMMORTAMENTI RIVALUTAZIONIE SVALUTAZIONI SALDOVOCI ECONOMICHE RICAVI INTRAMOENIA COMPARTECIPAZIO NEPERSONALE INTRAMOENIA SALDO INTRAMOENIA Totalecosticonvoci economicheesaldo intramoenia Regioni in piano 48.954,2 881,2 21,4 -1.042,5 349,9 298,7 51,2 50.848,0 Regioni non in piano 58.517,8 1.626,3 45,0 -830,8 708,4 551,9 156,5 60.863,4 Totale 107.472,0 2.507,5 66,4 -1.873,3 1.058,3 850,6 207,7 111.711,4 Rso 90.993,9 2.144,2 59,0 -1.630,3 964,7 769,3 195,4 94.632,1 Rso nord 46.299,8 1.233,5 38,2 -650,7 589,3 469,9 119,4 48.102,8 RsoCentro 21.652,6 555,9 10,7 -250,6 265,4 204,3 61,1 22.408,7 Rso Sud 23.041,5 354,8 10,1 -729,1 110,0 95,1 14,9 24.120,6 Rss 16.478,1 363,2 7,5 -242,9 93,6 81,2 12,4 17.079,3 Rss nord 5.020,6 139,2 1,3 -2,7 41,2 34,0 7,2 5.156,6 Rss sud 11.457,5 224,0 6,2 -240,2 52,4 47,2 5,2 11.922,7 Regioni in piano 49.220,8 903,8 72,8 -1.551,1 392,3 346,9 45,4 51.703,1 Regioni non in piano 58.511,1 1.649,0 88,5 -1.303,9 731,8 582,3 149,5 61.403,0 Totale 107.731,9 2.552,8 161,3 -2.855,0 1.124,1 929,2 194,9 113.106,0 Rso 91.167,0 2.183,3 131,2 -2.565,0 1.022,3 838,2 184,1 95.862,5 Rso nord 46.278,4 1.261,4 56,9 -999,8 620,2 504,5 115,7 48.480,8 RsoCentro 21.774,7 559,0 33,9 -648,9 278,8 222,1 56,7 22.959,8 Rso Sud 23.113,9 363,0 40,4 -916,4 123,3 111,6 11,7 24.422,0 Rss 16.564,9 369,5 30,0 -290,0 101,8 91,0 10,8 17.243,5 Rss nord 5.070,5 148,8 4,4 -36,5 41,6 34,8 6,8 5.253,4 Rss sud 11.494,4 220,7 25,6 -253,5 60,2 56,2 4,0 11.990,1 Regioni in piano -0,5 -2,5 -70,5 -32,8 -10,8 -13,9 12,8 -1,7 Regioni non in piano 0,0 -1,4 -49,1 -36,3 -3,2 -5,2 4,7 -0,9 Totale -0,2 -1,8 -58,8 -34,4 -5,9 -8,5 6,6 -1,2 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS aggiornati al 23 aprile 2014 2012 2013 variazione 2013/2012 I risultati dal lato delle entrate 5. Dal lato delle entrate, la riduzione rispetto al 2012 è dello 0,9 per cento e si estende con intensità diverse pressoché a tutte le voci. Il finanziamento (indistinto e vincolato) presenta una flessione dello 0,6 per cento. Si riducono nel complesso anche i contributi delle regioni extrafondo. Un risultato complessivo che nasconde, tuttavia, andamenti diversi tra regioni in piano di rientro e non: nelle prime i contributi si riducono di oltre il 23 per cento, mentre crescono in quelle non in piano di oltre il 9 per cento. Stesso andamento, anche se per importi più contenuti, nel caso delle compartecipazioni (che non comprendono quelli su farmaci scontati nell’importo della farmaceutica): a fronte di una flessione in media dell’1,7 per cento, sono le regioni in piano a presentare la flessione maggiore (-5,9 per cento).
  • 272. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 239 In flessione anche i ricavi per prestazioni sanitarie e non sanitarie da privati. TAVOLA 5 I RICAVI DELLA SANITÀ ANNI 2012-2013 per regioni in piano e non - per aree territoriali - valori assoluti in milioni di euro CONTRIBUTI DAREGIONE (quotaFS indistintoequota FSvincolata) CONTRIBUTI DAREGIONE (extrafondo) CONTRIBUTIIN C/ESERCIZIO DAENTI PUBBLICI CONTRIBUTIIN C/ESERCIZIO DAENTI PRIVATI RICAVI PRESTAZIONI SANITARIE PUBBLICI DELLA REGIONEE NON SOGGETTEA COMPENSAZIO NE RICAVIPER PRESTAZIONI SANITARIE PRIVATI RICAVIPER PRESTAZIONI NON SANITARIE CONCORSI RECUPERIE RIMBORSIPER ATTIVITÀ TIPICHE COMPARTECI PAZIONI ENTRATE VARIE INTERESSI ATTIVI COSTI CAPITALIZZATI TOTALERICAVI nettocoperturee Ulteriori trasferimentida Province autonomeeRSS Regioniinpiano49.413,7100,0330,416,126,8193,844,9185,2518,754,16,1504,151.393,9 Regioninoninpian55.193,9148,0564,354,491,4425,180,0363,21.002,5129,53,0958,759.013,9 Totale104.607,6248,0894,770,5118,2618,8124,9548,31.521,2183,69,11.462,8110.407,7 Rso89.072,6246,2636,167,1112,3530,1103,9475,41.356,1162,28,11.216,293.986,2 Rsonord44.118,3238,9352,653,681,3314,988,6301,0776,396,03,8697,347.122,5 RsoCentro20.760,41,0152,911,324,9131,68,3116,8378,034,31,6346,621.967,5 RsoSud24.193,96,3130,52,26,183,67,057,6201,832,02,8172,424.896,2 Rss15.534,91,9258,63,55,988,721,173,0165,121,41,0246,616.421,5 Rssnord4.093,31,9165,72,32,645,314,132,385,69,40,2141,64.594,2 Rsssud11.441,60,093,01,23,343,47,040,779,512,00,7105,011.827,3 Regioniinpiano49.711,6130,3394,325,139,4205,845,7214,2551,062,94,0515,651.899,9 Regioninoninpian55.504,3135,4645,667,0114,3454,888,9378,0997,0136,09,4964,159.494,6 Totale105.215,9265,71.039,992,1153,7660,6134,5592,21.548,0198,813,41.479,7111.394,5 Rso89.617,1264,2764,088,6136,8569,3113,0517,71.380,2174,510,51.210,694.846,6 Rsonord44.353,5223,0382,766,891,2335,795,8308,3785,999,55,6678,547.426,4 RsoCentro20.987,16,7263,717,436,8149,610,5138,5379,839,02,0351,122.382,2 RsoSud24.276,534,5117,64,48,884,16,770,8214,536,12,9181,025.037,9 Rss15.598,81,5275,93,516,891,221,574,5167,824,32,9269,116.547,9 Rssnord4.105,61,5182,32,212,347,114,432,886,99,61,6166,84.663,1 Rsssud11.493,30,093,61,34,544,27,241,780,814,71,3102,311.884,8 Regioniinpiano-0,6-23,2-16,2-35,8-31,8-5,8-1,7-13,5-5,9-14,051,2-2,2-1,0 Regioninoninpian-0,69,3-12,6-18,8-20,1-6,5-10,0-3,90,5-4,8-67,9-0,6-0,8 Totale-0,6-6,7-14,0-23,5-23,1-6,3-7,2-7,4-1,7-7,7-32,0-1,1-0,9 Fonte:elaborazioniCortedeicontisudatiNSISaggiornatial23aprile2014 2012 2013 variazione2013/2012
  • 273. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 240 I RISULTATI NELLE REGIONI IN PIANO DI RIENTRO I risultati economici 6. Come si diceva in precedenza nel 2013 le regioni in Piano di rientro registrano nel complesso dopo le verifiche del Tavolo di monitoraggio un seppur lieve aumento delle perdite (+1,6 per cento) rispetto al 2012. Si tratta di un risultato da ricondurre essenzialmente a due delle regioni (Lazio e Sicilia) per le quali in sede di verifica sono state valutate a rischio alcune scelte incluse nei dati di preconsuntivo. Dopo l’esame del Tavolo, la prima ha visto peggiorare il risultato di circa 100 milioni (a ragione dei dubbi espressi sulla cancellazione di debiti verso fornitori), la seconda di circa 90 (a motivo delle rettifiche su voci di FSR indistinto e vincolato e saldo mobilità extraregionale e internazionale). Per le altre regioni (fatta eccezione per il Molise) si conferma il trend di miglioramento. Al netto di tali aggiustamenti, l’esercizio 2013, pur mantenendosi in disavanzo, ha confermato prima delle coperture il miglioramento già evidenziato lo scorso anno. Un dato frutto di una flessione dei costi (comprensivi delle voci economiche e del saldo intramoenia) dell’1,7 per cento, in grado di compensare la flessione dei ricavi e un peggioramento del saldo mobilità. Sono gli oneri per il personale a registrare per il secondo anno una flessione di oltre il 2 per cento. Essa riguarda tutte le tipologie ed è superiore al 3 per cento sia nel personale del ruolo professionale che tecnico. In flessione anche alcune delle principali componenti di costo riferibili alla gestione diretta: servizi appaltati (-4.4 per cento), manutenzione (-.4 per cento) e spese per il godimento di beni di terzi (-2,7 per cento). Crescono invece gli acquisti di beni, le spese amministrative e generali e gli interessi passivi su cui pesano ancora nell’esercizio gli oneri per ritardato pagamento. Più incerto il quadro dal lato delle prestazioni market: si conferma la riduzione della spesa per farmaci, per l’ospedaliera e la riabilitativa. L'andamento osservato da queste ultime componenti di spesa riflette una migliore regolazione nelle regioni in Piano di rientro dei volumi di spesa per le prestazioni sanitarie acquistate da operatori privati accreditati, realizzata attraverso la definizione di tetti di spesa e l’attribuzione di budget, con il perfezionamento dei relativi contratti in tempi compatibili con la programmazione regionale. Cresce invece quella specialistica e integrativa. Sul risultato complessivo dal lato dei costi incide poi una flessione degli ammortamenti (-2,5 per cento) e un miglioramento del saldo intramoenia che rimane tuttavia, specie nelle regioni meridionali, su livelli molto bassi. Dal lato dei ricavi, la flessione riguarda tutte le voci, a partire dai contributi da regione come quota del fondo sanitario. Di particolare rilievo è tra questi la flessione degli introiti da compartecipazione, in riduzione di poco meno del 6 per cento, a fronte della seppur lieve crescita delle regioni non in piano. Si aggrava poi il risultato del saldo della mobilità comprensivo di quella internazionale.
  • 274. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 241 La corresponsione dei LEA 7. Ma quanto il rispetto dei vincoli di bilancio si è riflesso sulle modalità di corresponsione dei Lea? Quanto il riassorbimento degli squilibri si è tradotto in un miglioramento dell’appropriatezza senza incidere sul rispetto degli obiettivo di servizio? I dati del Sistema informativo sanitario consentono un primo aggiornamento della situazione sull’erogazione dei LEA nelle regioni in Piano di rientro Si tratta dei dati relativi al 2012 e di alcuni aggiornamenti relativi al primo semestre del 2013. Il monitoraggio si centra su pochi indicatori che attengono all’assistenza ospedaliera, l’emergenza urgenza, l’assistenza territoriale e la prevenzione. In miglioramento gli indicatori relativi all’assistenza ospedaliera. Stabile il dato della Campania, tutte le altre regioni presentano un miglioramento pur rimanendo significativamente al di sotto del livello obiettivo. Riguardo all’ospedalizzazione tutte le regioni in Piano registrano un decremento pur nella maggioranza dei casi rimanendo al di sopra del valore di riferimento (si tratta di Abruzzo Lazio Puglia Sicilia). Presentano rilevanti margini di miglioramento la Campania e il Molise mentre la Calabria si pone nel 2012 entro i limiti. Si tratta di andamenti che trovano conferma anche nei dati del primo semestre 2013. In Abruzzo Campania Puglia risulta in riduzione anche l’ospedalizzazione della popolazione ultrasettantacinquenne, il cui indicatore, nel 2012, è in linea con il valore di riferimento e mostra un ulteriore decremento nel primo semestre del 2013. Nel Molise il tasso di ospedalizzazione della popolazione ultra-settantacinquenne mostra, invece, un consistente decremento a partire dal 2009, collocandosi nel 2012 in linea con il parametro di riferimento. Solo nel Lazio si presenta un incremento dell’ospedalizzazione della popolazione ultra-settantacinquenne nell’anno 2012 (valore lievemente superiore al parametro di riferimento nazionale). Un indicatore di appropriatezza nell’utilizzo delle sale operatorie e dei servizi di supporto all’attività chirurgica è la degenza media pre-operatoria. Esso risulta nel 2012 al di sopra del valore medio nazionale . In tutte le regioni in Piano, fatta eccezione per la Sicilia, risulta invece in linea con il valore medio nazionale e si mantiene lievemente inferiore a due giorni nel primo semestre del 2013 in Sicilia. In Campania, pur mostrando un decremento nel tempo, si mantiene superiore ai due giorni e risulta, dunque, al di sopra del valore medio nazionale anche nel primo semestre 2013. Seppur in riduzione continuano ad avere una dotazione totale di posti letto superiore al valore di riferimento (3,7 per mille residenti secondo quanto disposto con il DL 95/2012): il Molise ha 4,5 posti letto, il Piemonte 4,2 posti per 1.000 residenti (di cui 3,14 per acuti e 1,05 per le post-acuzie), il Lazio 3,9. Il superamento del tetto previsto è dovuto, soprattutto, ad un eccesso di posti letto per le acuzie rispetto al parametro di riferimento. Inferiori o vicine alla soglia, invece, le regioni Abruzzo (3,17 e 0,5 per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie contro i 0,7 per mille previsti ) la Campania (circa 2,92 per gli acuti e 0,29 per le post-acuzie, inferiore quest’ultimo al valore di riferimento nazionale 0,7), la Calabria (2,8. mentre per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie risulta è pari a circa 0,4), la Puglia e la Sicilia (3,04, mentre per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie risulta pari a circa 0,4.
  • 275. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 242 Per quanto riguarda l’efficacia della rete dell’emergenza territoriale, l’indicatore considerato, riferito al tempo intercorrente tra la ricezione delle chiamate da parte della Centrale Operativa e l'arrivo del primo mezzo di soccorso, si presenta maggiore della soglia di adeguatezza (inferiore o pari a 18) in Abruzzo, Calabria, Molise. Risulta adeguato invece in Piemonte, nel Lazio, in Campania, in Puglia, in Sicilia Per quanto riguarda l’assistenza territoriale, il monitoraggio ha puntato l’attenzione sulla dotazione di posti letti nelle strutture residenziali per anziano non autosufficiente, che risultano inferiori al limite un po’ in tutte le regioni in Piano Rispetto all’obiettivo di 10 posti ogni 1000 anziani, l’Abruzzo è a 5,4 per mille, il Lazio al 4,3, la Puglia al 5, la Calabria al 4 con punte negative di 1,3 in Sicilia e di 0,6 nel Molise. Ciò, mentre in Piemonte l’indicatore supera i 24 posti per mille. Ancora criticità persistono nella quota di anziani assistita in ADI (inferiori al limite in Campania con il2,8 per cento, Puglia 2,2, Piemonte 2,4 Calabria 3,2; in forte crescita seppur di poco inferiore al limite in Sicilia 3,7) e nella dotazione di posti in strutture hospice (considerate insufficienti in Abruzzo Campania Calabria Sicilia ). In tutte le regioni in Piano (escluso il Piemonte) significative criticità emergono nell’erogazione di servizi afferenti all’area della prevenzione, con particolare riferimento all’area degli screening, come si evince dall’ultimo aggiornamento dell’indicatore relativo alla quota di residenti che hanno effettuato test di screening oncologici in programmi organizzati. Infine delle 8 regioni in Piano di rientro, solo due sono adempienti secondo la griglia Lea: il Piemonte, che ha da sempre avuto punteggi ben superiori al limite previsto, e il Lazio, che segna solo nel 2012 un punteggio positivo confermando il percorso in crescita degli ultimi anni. In forte miglioramento la Sicilia che raggiunge valori di poco inferiori al limite (157). Le altre regioni, pur in miglioramento, si mantengono su livelli inferiori: si tratta dell’Abruzzo (145), Puglia (140 in crescita) Molise (146), Campania (117), Calabria ( 133 ). Le criticità evidenziate in sede di monitoraggio 8. Una prima lettura dei verbali dei Tavoli di monitoraggio consente di evidenziare un tendenziale miglioramento nella gestione dei piani di rientro. Un risultato della maturazione di una modalità di lavoro comune tra livelli di governo, a cui è riconducibile un miglioramento complessivo nella gestione sanitaria. Non mancano tuttavia criticità e limiti su cui l’esame si sofferma. Temi spesso particolari emersi nel corso della valutazione dei documenti sottoposti ai Tavoli; elementi per una valutazione specifica di ciascun Piano, che esula dal compito di questo Rapporto e che troverà espressione nell’esame delle Sezioni regionali. L’obiettivo di questo paragrafo è più limitato: fornire una sintesi delle problematiche ricorrenti e comuni a più realtà territoriali, che emergono dalla lettura dei Piani. All’interno di un pressoché generale miglioramento della governance regionale, permangono ritardi diffusi nella definizione e nel perfezionamento del processo di sottoscrizione dei contratti con le strutture private (Campania, Puglia Molise) e nella definizioni o nel rinnovo di protocolli di intesa con Università statali o non statali (Lazio Campania Molise Abruzzo).
  • 276. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 243 Sono specifici elementi di rilievo per almeno la metà delle regioni in Piano le criticità e i ritardi nel completamento delle procedure di accreditamento, che dovrebbero riguardare già tutti i soggetti pubblici o privati che erogano prestazioni per il servizio sanitario nazionale (Lazio Campania Molise Abruzzo). A tali difficoltà sono poi connesse criticità riconducibili alla gestione del contenzioso insorto con i soggetti fornitori di beni e servizi. I Tavoli hanno chiesto un aggiornamento sulle iniziative che le strutture commissariale stanno intraprendendo per governare in maniera adeguata il fenomeno. Permane alto, in particolare, il livello di contenzioso espresso dalle principali strutture private accreditate a diretta gestione regionale (Molise) Interessano quasi tutte le regioni (fa eccezione il Piemonte) i problemi che attengono alla revisione della offerta assistenziale guardando all’effettivo fabbisogno e tenendo conto di quanto previsto dal DL 95/2012. Situazioni cui si affiancano in alcune aree gravi carenze negli interventi per l’assistenza territoriale, residenziale e semi residenziale per anziani e malati terminali (Campania). Non risultano informazioni complete e aggiornate circa l’attuazione del DL 95/2012 in materia di beni e servizi, né della corretta applicazione dello stesso DL con riferimento alla definizione dei limiti massimi di spesa per l’acquisto di prestazioni da privato accreditato. Ciò mentre i dati di chiusura dei conti del 2013 non sembrano fornire elementi di conforto nel rispetto delle riduzioni previste. Ancora in corso di soluzione le problematiche inerenti ai fabbisogni di personale connessi al blocco del turn-over e alla richiesta di deroga ai sensi dell’articolo 4-bis del DL 158/2012. La norma ha previsto che “nelle regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari nelle quali sia scattato per l'anno 2012 il blocco automatico del turn- over o sia comunque previsto il blocco in attuazione del piano di rientro o dei programmi operativi di prosecuzione del piano, tale blocco può essere disapplicato, nel limite del 15 per cento e in correlazione alla necessità di garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza”. Nell’esercizio della responsabilità di condurre le istruttorie è stato investito il SiVeAS. Tale organismo ha elaborato una metodologia (utilizzando i risultati di un progetto condotto nell’anno 2012 sui parametri quantitativi utili alla definizione del fabbisogno di personale ospedaliero sanitario e tecnico) per definire se le richieste di deroga effettuate dalle Regioni fossero concedibili . Tale problematica riguarda le regioni Calabria, Campania e Molise, per le quali era scattato il blocco automatico del turn-over nell’anno 2012, e la regione Puglia che aveva previsto tale blocco all’interno del proprio Piano di rientro. Esse hanno espresso agli organismi di monitoraggio (Tavolo adempimenti e Comitato LEA) la volontà di avvalersi della deroga. Nel corso dell’esercizio solo la Campania ha avviato l’iter procedurale previsto: il 10 gennaio 2014, alla regione è stata concessa l’autorizzazione a procedere alle assunzioni di personale in deroga per il percorso a carattere di urgenza (208 deroghe di varia qualifica). E’ ancora in istruttoria una ulteriore deroga per 48 risorse. Il 2013 era, poi, il primo anno in cui il monitoraggio riguardava anche la verifica del rispetto per le regioni dell’obbligo introdotto dall’articolo 3, comma 7 del DL 35/2013 di effettuare nell’esercizio il trasferimento al servizio sanitario regionale di almeno il 90 per cento delle risorse ricevute dallo Stato per finalità sanitarie. Una misura volta a evitare il ripetersi di quanto accaduto in passato in termini di ritardi di pagamenti dalle regioni alle aziende sanitarie e da queste alla rete dei fornitori. La
  • 277. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 244 maggioranza delle regioni in Piano di rientro ha rispettato la previsione normativa. Solo la Sicilia è risultata inadempiente per importi molto rilevanti, mentre per il Molise, sospendendo il giudizio, il monitoraggio ha richiesto una verifica dei capitoli di bilancio regionale che diano evidenza dell’avvenuto accertamento e impegno di tutte le somme afferenti il finanziamento della sanità per tale esercizio. I TEMI ALL’ATTENZIONE 9. L’esercizio che si è chiuso ha confermato i buoni risultati di un sistema di gestione basato sul confronto tra diversi livelli di governo Ma ha anche reso evidente il limite con cui il comparto dovrà fare i conti nell’immediato futuro: ritrovare al suo interno le risorse per rispondere alle necessità di adeguamento delle prestazioni e di garanzia della qualità delle cure. Elementi che hanno fatto finora e dovranno fare nel prossimo futuro del sistema sanitario un fattore strategico del nostro sistema, garantendo una qualità dell’offerta che pone il nostro paese, almeno in questo campo, tra i primi posti nelle classifiche mondiali. Il riassorbimento degli squilibri richiede l’elaborazione di soluzioni organizzative e scelte gestionali, che non possono essere il portato solo della proposizione di un vincolo finanziario. La sanità nella gestione regionale 10. Nell’esercizio 2013 si sono ottenuti risultati significativi nel processo di valutazione dei conti sanitari in base a regole contabili comuni. Il processo avviato con l’armonizzazione contabile ha consentito di porre in rilievo criticità sia sul fronte dell’efficacia delle misure assunte a copertura dei disavanzi sanitari, che della corretta gestione dei flussi tra regioni e aziende sanitarie. Al centro delle verifiche condotte sui bilanci delle aziende sanitarie le iscrizioni di ammortamenti non sterilizzati, la dimensione dei crediti vantati verso le regioni per spesa corrente e per ripiano disavanzi, la rilevanza dei crediti verso soggetti esterni al contesto regionale, con particolare attenzione alla loro realizzabilità. Tutto ciò per due finalità principali: dare attuazione al processo di armonizzazione contabile, condizione indispensabile per una effettiva controllabilità della spesa; far emergere, attraverso un controllo incrociato dei conti regionali e delle aziende sanitarie, le discordanze tra somme vincolate al finanziamento della sanità, somme impegnate e crediti vantati dal sistema delle aziende regionali. In tal maniera pervenendo alla quantificazione del fabbisogno di liquidità (in termini di competenza e/o di cassa) per pagare i debiti accumulati in questi anni verso il sistema dei fornitori di beni e di servizi per la sanità e in questo modo “liberare” risorse verso un mondo delle imprese sempre più stretto dalle difficoltà di accesso al credito. La dimensione, sin da subito “imponente” (14 miliardi) dei fondi da assicurare al settore sanitario manifestava la consapevolezza, da parte degli operatori e dei soggetti responsabili del processo di rientro dai disavanzi, delle difficoltà incontrate nel garantire il rispetto di vincoli di bilancio, sempre più stringenti in un sistema interessato da una
  • 278. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 245 crisi crescente (si veda il riquadro «Gli interventi del DL 35/2013 nel settore sanitario»). I risultati della verifica sono, tuttavia, andati oltre alle attese. Innanzitutto per la dimensione del fabbisogno, cresciuto subito al di sopra del 16,2 miliardi. Poi, per il sovrapporsi ai fabbisogni di “competenza”, legati alla mancata sterilizzazione degli ammortamenti (fenomeno generale anche se con “intensità” diverse), e a quelli di cassa, legati ai tempi di realizzo delle entrate, di fenomeni riconducibili ad un utilizzo di risorse sanitarie per altre finalità. Vere e proprie distrazioni di fondi verso altri bisogni regionali. Ma non solo. La forte concentrazione delle necessità di cassa nelle regioni in piano di rientro (7 miliardi sugli 8 individuati sono relativi a tre di esse), porta a ritenere che anche tali fabbisogni rappresentino l’emersione di coperture, certificate in sede di monitoraggio, ma poi utilizzate per rispondere a necessità diverse a fronte delle quali le entrate previste risultavano insussistenti. Un fenomeno che le regole poste con il DL 35/2013 e più di recente con il DL 66/2014 (con limiti minimi ai riversamenti al sistema sanitario di quanto incassato dalla regione e con obblighi di ripiano dei debiti verso la sanità o di sottoscrizione della anticipazioni) dovrebbe impedire che si ripeta, ma che ha portato alla luce la difficile coesistenza tra un sistema sorretto da tutele e uno da troppo tempo in sofferenza finanziaria. A questo riguardo dovrà essere valutata con attenzione la scelta operata in numerose realtà territoriali di consentire l’utilizzo delle risorse fiscali aggiuntive, attivate per il riequilibrio sanitario, per interventi a favore di altri fabbisogni regionali, con ciò, almeno in parte, disattendendo quella parte del Patto che era stata sottoscritta dalle amministrazioni con gli elettori: uno sforzo fiscale richiesto per il riequilibrio sanitario, Seppur comprensibile nella sostanza tale facoltà concessa con il DL 120/2013 (oltre a ridurre gli spazi per rendere effettiva la possibilità di copertura in caso di disavanzo) fa perdere al sistema trasparenza rendendo più opaco il collegamento tra sforzo fiscale aggiuntivo e processo di risanamento, che è stata la forza del sistema di rientro dagli squilibri. GLI INTERVENTI DEL DL 35/2013 E DEL DL 102/2013 SUL SETTORE SANITARIO. GLI SVILUPPI PIÙ RECENTI Con il decreto-legge 35/2013 è stata prevista la possibilità per le Regioni di accedere ad un’anticipazione di liquidità, per il pagamento dei debiti sanitari accumulati al 31 dicembre 2012, entro un tetto massimo di 14 miliardi di euro, di cui 5 miliardi da corrispondere nel 2013 e 9 nel 2014. Si tratta di spesa già sostenuta dagli enti del Servizio sanitario nazionale e scontata nei saldi; non è, pertanto, considerato alcun impatto in termini di indebitamento netto. Una prima attuazione del provvedimento è stata affidata al decreto direttoriale del 16 aprile 2013 con cui è stato effettuato, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3, del DL n. 35/2012, un primo riparto dei 5 miliardi relativi al 2013. Sulla base di quanto disposto dall’art. 3-bis del DL 69/2013, le risorse ripartite ma non richieste dalle regioni entro il 31 maggio 2013, sono state riassegnate, con decreto direttoriale del 2 luglio, alle regioni che ne hanno fatto richiesta entro il 30 giugno 2013., con accesso prioritario per le regioni sottoposte alla procedura di cui all’articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004. Il DL 102/2013 ha poi disposto l’incremento per 2.505 milioni delle risorse relative al 2013,
  • 279. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 246 riducendo di pari importo le risorse relative al 2014. La possibilità di accesso era subordinata alla presentazione di una richiesta entro il 15 settembre 2013 e alla verifica da parte dei competenti Tavoli della documentazione relativa alla copertura dell’anticipazione, all’integrazione del piano dei pagamenti dei debiti, e al pagamento degli stessi entro il 31 dicembre (articolo 13, commi 1, 6 e 7). A valere su tale importo, alla data del 31 ottobre risultavano erogati alle regioni complessivi 2.491,4 milioni, interamente pagati ai creditori entro la fine dell’esercizio. Il decreto 102 ha previsto poi (articolo 13, commi 8 e 9) un incremento per 7.218 milioni della dotazione complessiva del Fondo di cui all’articolo 1, comma 10, del DL 35/2013, al fine di far fronte ad ulteriori pagamenti da parte delle Regioni e degli enti locali di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine. Con decreto del Ministro dell’economia del 10 febbraio 2014, è stata effettuata la ripartizione dell’importo tra le tre Sezioni del Fondo, assegnando al pagamento dei debiti del comparto sanitario l’importo di 1.618,6 milioni, da ripartire tra le regioni entro il 31 marzo. L’erogazione dell’anticipazione è subordinata alle condizioni di cui al comma 5 dell’articolo 3 del DL 35/2013: disporre le necessarie coperture per garantire la restituzione allo Stato degli importi ricevuti; presentare un piano dei pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, cumulati alla data del 31 dicembre 2012 e comprensivi degli interessi, con l’elenco dei fornitori che saranno pagati e i relativi importi. Si prevede altresì la possibilità di inserire nell’elenco, nei limiti delle risorse assegnate ed in via residuale rispetto ai debiti esigibili alla data del 31/12/2012, anche i debiti comunque sorti entro il medesimo termine, intendendosi per tali debiti quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro tale data; sottoscrivere un contratto con il MEF che definisca le modalità di erogazione delle somme e di relativa restituzione, ovvero di recupero. Nella restituzione, che avviene in un periodo di 30 anni, sono compresi interessi al tasso di rendimento di mercato dei BTP a cinque anni in corso di emissione. In base ai successivi commi 6, 7 e 9 poi: all’atto dell’erogazione le regioni devono provvedere all’immediata estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento, dandone certificazione al Tavolo di verifica. Tale certificazione costituisce un adempimento ai fini dell’ordinario accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del SSN, come previsto dalla legislazione vigente (comma 6); - dal 2013 costituisce, inoltre, adempimento regionale l’erogazione da parte delle regioni ai rispettivi enti sanitari, entro la fine dell’esercizio, di almeno il 90 per cento delle somme che esse incassano dallo Stato a titolo di finanziamento del SSN (IRAP, addizionale regionale all’IRPEF e trasferimenti da bilancio statale a titolo di compartecipazione IVA e di fondo sanitario nazionale), nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie, destinano autonomamente al finanziamento del SSN (sostanzialmente riconducibili alla fiscalità aggiuntiva, al ripiano di disavanzi sanitari, a finanziamento di funzioni sanitarie ulteriori rispetto ai LEA, ad altri finanziamenti regionali comunque destinati). Ciò allo scopo di impedire in futuro ulteriori ritardi nel sistema dei pagamenti, ponendo dei vincoli stringenti sulla gestione, da parte regionale, della liquidità destinata al finanziamento del SSN, posto che l’equilibrio economico è soggetto alle verifiche trimestrali dei Tavoli (comma 7); - le somme attinte sull’anticipazione di liquidità possono essere fatte valere in termini di competenza nell’ambito del procedimento di verifica degli adempimenti previsto dall’articolo 1, comma 174, della legge 311/2004. E’ stato pertanto disposto lo slittamento, per il solo anno 2013, dei termini di cui al medesimo comma 174 . (comma 9). Sulla base delle ricognizioni dei debiti svolta dai Tavoli di verifica, è stata quindi aggiornata la situazione debitoria al 31/12/2012 delle regioni. Come evidenziato dal Decreto direttoriale del 20 febbraio 2014, è risultato un fabbisogno di liquidità per 17,1 miliardi, coperto per 899,3 milioni con risorse proprie delle regioni. Del fabbisogno residuo, pari a 16,2 miliardi, 8,1 miliardi riguarda la competenza (di tale importo, circa 7 miliardi sono rappresentati dalle spese per ammortamenti non sterilizzati e circa 1,1 miliardi da somme iscritte in competenza nei bilanci regionali e poi andate in perenzione), mentre 8,1 miliardi riguarda la cassa (cioè
  • 280. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 247 carenza di liquidità a fronte di poste di entrata iscritte in bilancio in competenza/residui attivi). In proporzione ai fabbisogni emersi dalle verifiche, il Decreto direttoriale del 20 febbraio ha proceduto ad una prima ripartizione delle risorse disponibili ex art 3 del DL 35/2013 e art 13, commi 6 e 7, del 102/2014, pari a 6.358,6 milioni. Successivamente con Decreto direttoriale del 14 marzo 2014, tenuto conto delle richieste avanzate dalle regioni, tale importo è stato riassegnato per 5.573,3 milioni, residuando 785,3 milioni. Alcune regioni e province autonome, infatti, non hanno avanzato la richiesta di accedere alle anticipazioni (Valle d’Aosta, FVG, Provincia Autonoma di Trento, Molise) o hanno presentato richieste inferiori agli importi in precedenza ripartiti (Toscana). A fronte dei 16.244,7 milioni di fabbisogno accertato e che alla data del 20 febbraio 2014 risultava non coperto con risorse proprie, sono stati assegnati alle regioni complessivi 13.064 milioni, di cui 7.491 milioni nel 2013 e 5.573,3 milioni nel 2014. Residuerebbe, pertanto, un fabbisogno di liquidità, pari a complessivi 3,2 miliardi. Le disponibilità per far fronte ai pagamenti di debiti al 31 dicembre 2012 sono pari complessivamente a 3.174 milioni: alle somme non ripartite con il DD del 14 marzo (785,3 milioni) si aggiungono le risorse di cui all’articolo 13, comma 8, del DL 102/2013 (1.618 milioni) e l’importo autorizzato dall’articolo 35 del DL 66/2014 (770 milioni). Gli articoli 34 e 35 del DL 66/2014 sono di recente intervenuti sul tema del pagamento dei debiti sanitari. In particolare l’articolo 34 ha previsto che le regioni possono accedere, nei limiti degli importi verificati in base all’articolo 3, comma 3, del DL 35/2013, alle anticipazioni di liquidità anche per finanziare piani dei pagamenti che comprendano i pagamenti dei debiti effettuati dalle regioni nel periodo dal 1° gennaio 2013 all'8 aprile 2013. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica poiché si limita a rendere disponibili risorse già stanziate da precedenti provvedimenti per il pagamento dei debiti sanitari. L’articolo 35 incrementa di 770 milioni per l’anno 2014 le disponibilità del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio sanitario nazionale al 31 dicembre 2012. A tal fine prevede che le regioni che, a seguito delle verifiche (art.3, c.3 , del DL 35/2013), presentano mancate erogazioni per competenza e/o per cassa delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali e che, tuttavia, non hanno richiesto l’accesso alle anticipazioni di liquidità, sono tenute a farlo entro 15 giorni dalla data di conversione in legge del decreto. Anche le regioni che presentano ammortamenti non sterilizzati e che non hanno richiesto l’accesso alle anticipazioni di liquidità, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto devono produrre la documentazione necessaria a dimostrare la sussistenza delle condizioni economico-finanziarie idonee a garantire, a decorrere dal 2014, il rispetto dei tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente. Qualora le regioni non provvedano alla trasmissione della documentazione ovvero il Tavolo non verifichi positivamente la richiamata condizione, le regioni sono tenute a presentare istanza di accesso alle predette anticipazioni entro 15 giorni dalla formalizzazione degli esiti del Tavolo. In entrambi i casi qualora le Regioni non provvedano sono diffidate (commi 2 e 5) dal Consiglio dei Ministri ad adottare, entro un termine definito, tutti gli atti necessari per trasferire tempestivamente agli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) gli importi dovuti o per acquisire le anticipazioni. In caso di inadempienza, accertata dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, il Consiglio dei ministri (comma 3), in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, nomina il Presidente della regione, o un altro soggetto, commissario e questi adotta tutte le misure necessarie per acquisire le anticipazioni. Tali obblighi sono estesi anche alle Regioni che, con riferimento agli enti del SSR, non hanno partecipato alle verifiche di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013. Infine, l’articolo 32 che incrementa di 6 miliardi per l’anno 2014 il "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” dispone la destinazione di 600 milioni di euro (comma 4) per anticipazioni di liquidità alle regioni in piano di rientro per un importo massimo pari a quello corrispondente al valore dei gettiti derivanti dalle maggiorazioni fiscali regionali, destinati nell’anno 2013 al finanziamento del servizio sanitario regionale
  • 281. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 248 I CREDITI DELLE AZIENDE SANITARIE VERSO LE REGIONI E GLI ACCESSI ALLE ANTICIPAZIONI (in milioni) fabbisogno liquidità verificato (DM 20/2/2014) fabbisogno coperto dalle regioni con proprie fonti di cui competenza di cui cassa Totale fabbisogno residuo (DM 20/2/2014) Risorse assegnate nel 2013 Importi erogati nel 2013 Importi rideterminati con D.D. 14/3/2014 Importi complessiv. assegnati differenza fabbisogno risorse assegnate 1 2 3=1-2 4 5 6=4+5 7=3-6 Piemonte 2.856 0 1.956 900 2.856 1.447 1.447 1.410 2.856 0 Valle d'Aosta* 19 0 0 19 19 0 0 0 0 19 Lombardia 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Bolzano* 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Trento* 123 0 0 123 123 0 0 0 0 123 Veneto 1.587 0 1.587 0 1.587 777 777 810 1.587 0 FVG* 19 0 19 0 19 0 0 0 0 19 Liguria 187 0 76 111 187 147 147 40 187 0 Emilia Romagna 1.501 555 946 0 946 806 806 140 946 0 Toscana 964 0 935 29 964 415 415 150 565 399 Umbria 70 40 29 0 29 17 17 12 29 0 Marche 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Lazio 3.198 0 396 2.801 3.198 1.498 1.498 1.700 3.198 0 Abruzzo 276 102 174 0 174 174 174 0 174 0 Molise 355 0 199 156 355 44 44 0 44 311 Campania 1.951 0 611 1.340 1.951 958 958 993 1.951 0 Puglia 653 0 653 0 653 335 335 318 653 0 Basilicata 73 73 0 0 0 0 0 0 0 0 Calabria 218 129 107 0 107 107 90 0 107 0 Sicilia 2.607 0 0 2.607 2.607 606 nc 0 606 2.001 Sardegna* 469 0 469 0 469 160 nc 0 160 309 TOTALE 17.127 899 8.158 8.087 16.245 7.491 6.708 5.573 13.065 3.180 fabbisogno liquidità residuo Risorse assegnate Le regioni Basilicata, Lombardia e Marche in occasione del monitoraggio hanno fatto presente di non avere la necessità di accedere ad anticipazioni e di essere in grado di garantire regolarità e tempestività nei pagamenti. Per le RSS le informazioni sono parziali Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati MEF. L’appropriatezza: una scelta obbligata 11. E’ evidente che un contributo di rilievo per portare a coerenza i crescenti fabbisogni, gli obiettivi di riqualificazione della spesa e il miglioramento delle prestazioni con un vincolo nelle risorse, è necessario provenga da progressi significativi anche sul fronte della appropriatezza delle prestazioni rese. Un elemento cardine di una strategia che punti a recuperare margini di manovra dal riassorbimento delle spese inappropriate è costituito dal processo di razionalizzazione delle reti ospedaliere. Mantenere strutture ospedaliere di piccole dimensioni e conseguente frammentazione e duplicazione dell'offerta ospedaliera, comporta sia problemi sul campo della sicurezza, sia limiti alla qualità dell'assistenza erogabile. La chiusura dei piccoli ospedali (al di sotto dei 60 posti letto ancora non completamente definito) e il raggiungimento dello standard di 3,7 posti letto per mille abitanti, nel corso del triennio potrebbe determinare una riduzione di oltre 7000 posti letto. Ciò consentirebbe il recupero delle risorse necessarie per potenziare l’assistenza territoriale e domiciliare, fornendo in tal modo una risposta alla domanda posta dalla forte crescita di patologie croniche – degenerative dovute all’invecchiamento della popolazione. Il provvedimento dedicato alla ridefinizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera è ancora in attesa di approvazione, dopo il rinvio dell’esame dello scorso 13 marzo 2013. Concordare le condizioni necessarie per garantire livelli di assistenza ospedaliera omogenei nell’intero territorio nazionale, in termini sia di adeguatezza delle strutture,
  • 282. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 249 sia di risorse umane impiegate in rapporto al numero di pazienti serviti e al livello di complessità della struttura, rappresenta un passo importante verso il riassorbimento di inefficienze e inappropriatezze. Ciò richiederà una classificazione delle strutture ospedaliere secondo livelli gerarchici di complessità e bacini di utenza, standard minimi e massimi di strutture per singola disciplina, mirati ad offrire una buona qualità delle prestazioni attraverso una concentrazione in un numero limitato di presidi cui affluisce un numero elevato di pazienti, previsione di standard generali di qualità per l’autorizzazione e l’accreditamento e standard specifici per l’alta specialità. La riorganizzazione della rete ospedaliera dovrebbe accompagnarsi al potenziamento di strutture di degenza post acuta e di residenzialità, ad uno sviluppo dell'assistenza territoriale che agevoli la dimissione al fine di minimizzare la degenza non necessaria, favorendo contemporaneamente il reinserimento nell'ambiente di vita e il miglioramento della qualità dell'assistenza L’individuazione di interventi sulla rete dei servizi per l'assistenza e la cura delle persone non autosufficienti, in particolare anziani e disabili, è probabilmente uno degli aspetti più urgenti che il Piano. Il ritardo nella definizione di una adeguata offerta di servizi rappresenta, in un rilevate numero di realtà territoriali, il nodo più problematico. Non si tratta solo di livelli di assistenza insoddisfacenti, ma anche di alimentare fenomeni di utilizzo inappropriato. Andranno ridefiniti, poi, interventi in grado di incidere sugli accessi non appropriati ai pronto soccorsi e alle prestazioni basate su apparecchiature, di indagine diagnostiche e ai relativi percorsi diagnostico – terapeutici. Le risorse che verranno risparmiate attraverso l’applicazione di tali misure oggetto del Patto dovranno essere reinvestite ad invarianza del finanziamento annuale previsto. Rivedere i confini: quale possibilità sono offerte dalle compartecipazioni alla spesa? 12. Il rilievo assunto dal sistema di compartecipazione alla spesa è evidente guardando ai dati tratti dai conti economici delle aziende sanitarie e dal recente quadro di sintesi dei ticket sui farmaci diffuso dall’Aifa. Nel 2013 gli introiti da compartecipazione alla spesa si sono confermati sui livelli dello scorso esercizio: si tratta di oltre 2,9 miliardi, di cui 1,4 miliardi per la farmaceutica e 1,5 per le prestazioni sanitarie, in prevalenza per la specialistica ambulatoriale (1,3 miliardi). Si è assistito, in aggregato, ad una stabilizzazione di tale voce di introito rispetto al 2012, anno in cui, va ricordato, l’aumento rispetto al 2011 era stato superiore al 9 per cento (+13,4 per cento per la specialistica e altre prestazioni e +5,2 per cento per i farmaci). La limitata variazione complessiva (+0,1 per cento) è il risultato tuttavia di una crescita del 2,1 per cento dei ticket sui farmaci e una flessione dell’1,7 per cento di quella sulle prestazioni specialistiche. Sono 7 le regioni che presentano una variazione positiva di cui 3 superiori al 3 per cento. Nonostante la forte eterogeneità dei sistemi assunti a livello regionale nei livelli e nelle caratteristiche delle compartecipazioni, che rende difficile l’evidenziazione di fenomeni comuni per aree o per tipologie di enti (in Piano o no), si possono evidenziare alcuni fenomeni in particolare:
  • 283. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 250 la forte riduzione dei ricavi riferibili a prestazioni sanitarie nelle regioni del Sud. Una flessione trainata dalle regioni a statuto ordinario dell’area (in media di poco meno del 6 per cento), che registrano invece un aumento di quanto incassato dalla farmaceutica (+3,3 per cento). La crescita dei ticket sui farmaci solo in due regioni (Calabria e Campania) consente di più che compensare il calo della specialistica; particolarmente forte l’incremento nella regione Toscana (+8 per cento), da riconnettere a recenti rimodulazione dei livelli di compartecipazione alla spesa dei farmaci e ad una crescita della componente associata alla specialistica, a fronte di sistemi che selezionano la quota per ricetta con rimodulazioni in base al reddito familiare; l’accentuazione delle differenze di carattere ormai strutturale negli importi medi pro-capite delle compartecipazioni complessive, tra le regioni del Nord e del Centro, tutte superiori ai 50 euro pro capite (ad eccezione delle Marche e della Provincia di Trento) con punte superiori ai 60 euro in Veneto e Toscana e quelle del Sud di poco superiori ai 40 euro. Un risultato ottenuto, inoltre, nel Sud con importi medi sulla farmaceutica di oltre 29 euro pro capite (21 nel Centro Nord) e 14 sulla specialistica (oltre 30 in media nelle regioni centro settentrionali). La tavola 6 riporta gli importi in termini pro capite calcolati in base alla popolazione pesata. TAVOLA 6 I TICKET IN SANITÀ NEL 2012 E NEL 2013 Totalecompartecipazioni Ticketsuifarmaci(quotadi compartecipazionesulprezzodi riferimento+ticketfissoperricetta) Compartecipazioneallaspesaper prestazionisanitarie(ticket) Ticketsulleprestazionidispecialistica ambulatoriale Ticketsulprontosoccorso Ticketsualtreprestazioni Totalecompartecipazioni Ticketsuifarmaci(quotadi compartecipazionesulprezzodi riferimento+ticketfissoperricetta) Compartecipazioneallaspesaper prestazionisanitarie(ticket) Ticketsulleprestazionidispecialistica ambulatoriale Ticketsulprontosoccorso Ticketsualtreprestazioni A+B A B=1+2+3 (1) (2) (3) A+B A B=1+2+3 (1) (2) (3) PIEMONTE 219,3 75,1 144,1 137,3 0,3 6,6 228,8 75,8 153,0 144,5 0,4 8,1 VALLE D`AOSTA 6,9 1,5 5,3 5,3 0,0 0,0 7,2 1,5 5,7 5,7 0,0 0,0 LOMBARDIA 490,2 253,5 236,7 202,4 6,9 27,4 485,4 246,6 238,7 205,7 5,7 27,3 P.A. BOLZANO 27,5 9,0 18,5 16,6 1,7 0,1 26,6 8,9 17,7 15,9 1,8 0,1 P. A. TRENTO 19,8 4,3 15,5 14,6 0,7 0,2 20,5 4,4 16,1 14,8 1,1 0,2 VENETO 319,2 126,9 192,3 135,8 8,0 48,4 319,1 123,6 195,5 138,3 8,2 49,0 FRIULI V.G. 62,5 16,2 46,2 41,4 0,5 4,3 63,8 16,3 47,5 42,6 0,5 4,4 LIGURIA 85,8 42,3 43,5 34,6 0,4 8,5 88,8 42,7 46,1 36,2 0,6 9,4 EMILIA ROMAGNA 229,2 69,4 159,7 153,2 6,6 0,0 222,5 70,0 152,5 146,0 6,5 0,0 TOSCANA 228,2 61,1 167,1 132,5 2,1 32,4 211,0 57,3 153,7 125,1 1,8 26,8 UMBRIA 46,7 16,1 30,7 25,4 0,5 4,8 47,2 15,8 31,4 25,0 0,5 5,9 MARCHE 70,7 25,0 45,8 39,4 0,2 6,1 73,5 24,2 49,2 38,2 0,2 10,8 LAZIO 281,0 146,5 134,5 107,6 0,2 26,7 287,6 142,0 145,5 105,4 0,3 39,9 ABRUZZO 71,8 30,7 41,1 38,1 0,8 2,2 70,4 29,7 40,7 38,0 0,8 1,9 MOLISE 14,2 9,0 5,2 5,1 0,0 0,0 14,9 9,0 5,9 5,9 0,0 0,0 CAMPANIA 238,0 179,2 58,7 50,8 0,2 7,7 235,0 173,4 61,6 53,2 0,3 8,2 PUGLIA 179,3 122,1 57,1 49,1 1,9 6,1 182,6 118,8 63,9 59,7 2,3 1,9 BASILICATA 26,1 14,1 12,0 12,0 0,0 0,0 26,5 12,6 13,9 13,9 0,0 0,0 CALABRIA 75,9 47,9 27,9 17,5 2,5 8,0 75,4 46,9 28,5 17,3 2,6 8,6 SICILIA 211,9 161,7 50,3 48,2 0,2 1,8 213,9 162,1 51,8 49,7 0,3 1,8 SARDEGNA 53,4 24,2 29,2 28,0 0,7 0,5 53,4 24,4 29,0 27,7 0,7 0,6 Totale 2.957,5 1.436,1 1521,4 1294,8 34,7 191,9 2.954,1 1406,1 1548,0 1308,8 34,3 204,9 2013 - (in milioni di euro) 2012 - (in milioni di euro)
  • 284. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 251 SEGUE TAVOLA 6 Totale compartecipazioni Ticketsuifarmaci (quotadi compartecipazionesul prezzodiriferimento+ ticketfissoperricetta) Compartecipazione allaspesaper prestazionisanitarie (ticket) Totale compartecipazioni Ticketsuifarmaci (quotadi compartecipazionesul prezzodiriferimento+ Compartecipazione allaspesaper prestazionisanitarie (ticket) A+B A B A+B A B PIEMONTE -4,2 -0,9 -5,8 49,1 16,8 32,3 VALLE D`AOSTA -5,0 -1,1 -6,1 54,0 12,0 41,9 LOMBARDIA 1,0 2,8 -0,9 50,6 26,2 24,4 P.A. BOLZANO 3,3 1,2 4,3 56,2 18,4 37,8 P. A. TRENTO -3,0 -1,7 -3,4 38,3 8,3 30,0 VENETO 0,0 2,7 -1,7 66,0 26,2 39,7 FRIULI V.G. -2,0 -0,3 -2,6 50,0 13,0 37,0 LIGURIA -3,4 -0,9 -5,6 51,6 25,4 26,2 EMILIA ROMAGNA 3,0 -0,8 4,7 51,8 15,7 36,1 TOSCANA 8,1 6,6 8,7 60,6 16,2 44,4 UMBRIA -1,0 1,6 -2,3 51,6 17,8 33,8 MARCHE -3,7 3,0 -7,1 45,2 15,9 29,2 LAZIO -2,3 3,2 -7,6 50,9 26,5 24,4 ABRUZZO 1,9 3,3 0,8 54,2 23,2 31,0 MOLISE -4,6 0,8 -12,8 44,6 28,4 16,2 CAMPANIA 1,2 3,3 -4,7 43,0 32,4 10,6 PUGLIA -1,8 2,8 -10,5 45,2 30,8 14,4 BASILICATA -1,2 12,2 -13,5 45,3 24,5 20,8 CALABRIA 0,7 2,2 -2,0 39,1 24,7 14,4 SICILIA -0,9 -0,2 -3,0 43,3 33,0 10,3 SARDEGNA -0,1 -0,9 0,6 32,7 14,8 17,9 Totale 0,1 2,1 -1,7 49,8 24,2 25,6 variazione % pro capite 2013 (in euro) Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati NSIS e AIFA Si tratta di differenze che riflettono la diversità che sta assumendo il sistema delle compartecipazioni alla spesa a livello di sistemi regionali5 , come è testimoniato dalla forte eterogeneità dei criteri che ha assunto la normativa: nella specialistica almeno 5 sistemi diversi di rimodulazione della quota aggiuntiva in base al reddito familiare, 2 diversi range di variazione per le rimodulazioni in base al valore della ricetta. E ciò si intreccia con criteri di reddito applicati a livello regionale che fanno riferimento ad almeno 3 diverse tipologie di fasce di reddito (4 scaglioni con quello superiore ai 100.000 euro, 4 scaglioni con il superiore a 30.000 euro, due scaglioni sopra e sotto 29.000 euro) e almeno 3 tipologie di calcolo del reddito (reddito familiare, Isee reddito lordo familiare fiscale). Per non parlare delle diverse modalità assunte nei ticket per confezione, degli importi massimi per ricetta o nei regimi dei farmaci equivalenti, o ancora nelle esenzioni per alcuni tipi di patologie o per determinati farmaci. 5 Per la specialistica, la normativa nazionale prevede una compartecipazione pari alla somma delle tariffe delle prestazioni contenute nella ricetta, fino ad un massimo di 36,15 euro e una compartecipazione di 10 euro a ricetta che può essere oggetto di adattamenti a livello regionale. Il sistema di esenzioni è basato su patologia, condizione e reddito, mentre l’ulteriore distinzione in base a fasce di reddito è previsto con normative regionali. Per la farmaceutica, invece, la normativa nazionale ha previsto un sistema di pagamento della differenza tra prezzo al pubblico e prezzo di riferimento per i medicinali generici. Le normative regionali dispongono una compartecipazione in quota fissa su confezione/ricetta in alcuni casi in base alla situazione economica, in altri prescindendo da essa. Esenzioni sono previste per patologia.
  • 285. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 252 Anche sui ticket per il pronto soccorso (codice bianco) si è fatto ricorso a differenti modalità, prevedendo in alcuni casi ticket aggiuntivi per esami diagnostici o visite specialistiche effettuati nel corso dell’accesso. C’è da chiedersi se e a quali condizioni il sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e di esenzione rappresenti, oggi, uno strumento utile per la gestione della fase che si sta aprendo. Sull’utilizzo del sistema di compartecipazione alla spesa come strumento per ottenere un uso più appropriato dei servizi sanitari sono state avanzate, da più parti, riserve. Certamente, sono le scelte del medico prescrittore a dover essere monitorate e controllate per ottenere un miglioramento nell’utilizzo delle risorse. Puntare sui medici di medicina generale per perseguire un miglioramento della appropriatezza rappresenta una scelta più efficiente rispetto all’affidarsi al paziente facendo leva sulla sua capacità di spesa. Inoltre il solo riferimento ai risultati economici non può in ogni caso consentire di valutare in che misura lo sforzo richiesto attraverso un crescente ricorso a sistemi di compartecipazione si sia tradotto (come mette in rilievo un recente lavoro dell’Agenas) in una diminuzione delle prestazioni richieste a ragione della crisi economica, o in fenomeni di razionamento dell’offerta e della domanda, o ancora in un trasferimento verso acquisti privati della popolazione non esente che avrebbe dovuto corrispondere in alcuni casi importi superiori al prezzo delle prestazioni. Una revisione del sistema non potrà non tener conto di tali elementi specie se, contando su sistemi informativi adeguati, sarà possibile avere una mappa più completa delle modalità con cui la previsione di strumenti di compartecipazione interagisce con una necessaria attività di indagine medica, soprattutto a garanzia di una efficace politica di prevenzione. Va tuttavia considerato che, in una fase come quella attuale di revisione dei confini entro cui estendere le prestazioni pubbliche, contare su di un sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e di esenzione può essere un elemento determinante. Prevedere una tariffa per alcune prestazioni, attraverso un riferimento determinante alla “condizione economica” del nucleo familiare (garantendo tuttavia l’accessibilità delle prestazioni sanitarie, evitando che la quota di partecipazione richiesta costituisca un ostacolo alla fruizione o spinga gli assistiti anche per questioni di convenienza all’acquisto di prestazioni in regime privatistico) e procedere ad una attenta revisione delle ragioni di esenzione può rappresentare una soluzione utile, evitando di sovraccaricare il sistema fiscale e collegando parte del costo della fruizione all’effettivo accesso alle prestazioni. Per limitare l’impatto di questi cambiamenti sui soggetti esenti per patologia o per invalidità, obbligati in virtù della loro condizione a usufruire con elevata frequenza alle prestazioni del SSN nelle diverse aree (farmaceutica, specialistica, day hospital, ecc.), si è suggerito di fissare un tetto massimo annuo di spesa da partecipazione, eventualmente articolato in funzione delle fasce di RE, al raggiungimento del quale le prestazioni sarebbero fornite gratuitamente. Un passo fondamentale è rappresentato dall’assunzione di un chiaro elemento di valutazione della condizione reddituale, con caratteristiche che riducano le differenze di
  • 286. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 253 trattamento a parità di condizioni di reddito La complessità nella gestione da parte del cittadino delle informazioni per valutare la situazione economica del nucleo familiare è alla base delle riserve avanzate sulla utilizzazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Pur recentemente aggiornato, esso presenta ancora elementi di criticità che ne rendono difficile l’utilizzo in ambito sanitario. L’ipotesi su cui si sta lavorando è la possibilità di utilizzare, almeno in via transitoria, un indicatore più semplice, costruito su informazioni (composizione del nucleo familiare fiscale, redditi dichiarati a fini IRPEF) già presenti presso l’Amministrazione finanziaria. Ciò consentirebbe di mettere a disposizione dei medici prescrittori, nell’ambito del Sistema Tessera Sanitaria, l’informazione relativa all’appartenenza di ogni assistito ad una classe di “reddito equivalente”, cui potrebbero essere associati benefici in termini di partecipazione alla spesa sanitaria. 13. Nell’ambito dei lavori per la predisposizione del nuovo Patto per la salute, Stato e amministrazioni regionali hanno condiviso la necessità di rivedere il sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e di esenzione, al fine di garantire il perseguimento di alcuni obiettivi generali, mantenendo l’invarianza del gettito da partecipazione al SSN non solo a livello nazionale, ma anche a livello delle singole Regioni. La revisione dell’attuale sistema dovrebbe essere volta a garantire una maggiore equità sociale ed, in particolare, una maggiore tutela delle fasce di popolazione caratterizzate da un reddito modesto in relazione alla numerosità dei componenti del nucleo familiare. Sono ancora sul terreno le ipotesi di revisione di cui si era detto nel precedente rapporto: innalzare la percentuale di prestazioni soggette a compartecipazione (stimata attualmente pari al 30 per cento); garantire le entrate regionali, ma assicurando una maggiore equità attraverso la differenziazione dei livelli di contribuzione; introdurre nuovi ticket e/o aumentare quelli esistenti su aree dell’assistenza ospedaliera più a rischio di in-appropriatezza (ad esempio il ricovero diurno e ordinario o il pronto soccorso ospedaliero), e su alcune tipologie di assistenza territoriale e farmaceutica; estendere l’applicazione ad alcuni dispositivi medici per alimentare un’entrata diretta e introdurre una misura di contenimento della domanda impropria: il caso di alcuni dispositivi protesici (ad esempio i plantari) o integrativi (come gli alimenti per celiaci, i prodotti diabetici, pannoloni e ossigeno domiciliare). Per la farmaceutica, fermo restando il sistema di pagamento sui generici (differenza tra prezzo al pubblico e prezzo di riferimento), nel corso delle attività istruttorie per il ridisegno del Piano si erano valutate soluzioni che prevedevano il ricorso a compartecipazioni crescenti al crescere della tariffa (ma con incidenza decrescente fino a un tetto massimo per ricetta) o a compartecipazioni differenziate per situazione economica; la limitazione delle esenzioni diverse da quelle in base al reddito (patologia, invalidità, ecc..), alle situazioni caratterizzate da maggiore severità e complessità o l’introduzione di un tetto annuale massimo alla compartecipazione, differenziato per situazione economica; il riferimento ad una quota di compartecipazione per singola confezione, con importi correlati al prezzo della confezione, differenziati per situazione economica e per età dell'assistito. Per la specialistica, l’abolizione della quota fissa di 10 euro a ricetta (o dell’importo come rimodulato dalle Regioni), si potrebbe accompagnare al
  • 287. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 254 mantenimento del criterio della compartecipazione calcolata in base al totale delle tariffe delle prestazioni per ricetta, ma con una revisione dei criteri di accorpamento delle prestazioni per ricetta, con rideterminazione del tetto massimo di compartecipazione e importi differenziati per situazione economica e per età dell'assistito e, nel caso di esenzione per patologia, una regressione della percentuale di partecipazione su specifiche prestazioni o tetti massimi di compartecipazione annuale differenziati per situazione economica. Ipotesi su cui il nuovo Patto si dovrà pronunciare per far sì che le compartecipazioni possano contribuire a preservare un servizio sanitario di qualità, contemperando le esigenze di bilancio con la tutela degli accessi ai servizi. Come ritornare ad investire in sanità? 14. Un altro aspetto su cui il nuovo patto della salute dovrà dare risposte è come consentire il riavvio degli investimenti in sanità. I nuovi scenari della domanda e dell'assistenza, le nuove tecnologie, gli obiettivi di appropriatezza e di efficienza tecnica ed economica delle strutture sanitarie richiedono, oltre ad una attenta ridefinizione degli assetti organizzativi, anche investimenti per la riconversione delle strutture ospedaliere dismesse, per potenziare l’offerta strutturale e tecnologica a livello territoriale e distrettuale. Il Patto per la salute 2010/2012 sottolineava “l'opportunità di ampliare lo spazio di programmabilità degli interventi previsti nel programma straordinario di investimenti di edilizia sanitaria”, destinando le risorse alle regioni che hanno esaurito le loro disponibilità attraverso la sottoscrizione di accordi. Le incertezze sulla disponibilità di risorse finanziarie hanno inciso, tuttavia, sulle mancata assunzione da parte regionale di programmi di riorganizzazione dei servizi sanitari specie nelle regioni in piano di rientro. Oltre agli interventi e relativi finanziamenti previsti dagli Accordi di Programma in attesa di sottoscrizione, va considerato che numerose sono le regioni che hanno completamente utilizzato le risorse loro attribuite ex articolo 20 legge 67/88 (Lombardia, Friuli Venezia Giulia ,Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche ed Umbria). Poche sono le regioni che hanno in corso l'elaborazione dei rispettivi Programmi di investimento nell'ambito della capienza residua loro assegnata (Lazio, Sicilia, Puglia). Solo in alcune regioni dell'obiettivo convergenza (tra cui la Puglia) è stato possibile, nell'ultimo quinquennio, utilizzare quota parte delle risorse del PO FESR 2007-2013 per sostenere gli investimenti extra ospedalieri rivolti alla riqualificazione del patrimonio immobiliare aziendale, per realizzare nuove strutture sanitarie territoriali e per acquisire nuove tecnologie per la diagnostica specialistica, e quota parte del Fondo Sviluppo e Coesione per realizzare investimenti ospedalieri. Ad un quadro di risorse finanziarie incerto, si aggiunge che le procedure di ammissione a finanziamento a valere sui fondi per gli interventi che trovano capienza teorica nelle assegnazioni già fatte con precedenti delibere CIPE, sono assai complesse e dai tempi variabili e incerti. Secondo le proposte delle regioni, le linee strategiche per la programmazione degli investimenti in sanità dovranno riguardare i nuovi progetti per le strutture ospedaliere di eccellenza (per sostenere il processo di riorganizzazione delle reti
  • 288. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 255 ospedaliere) e la riconversione delle strutture dismesse in nuove strutture dell’assistenza territoriale; la manutenzione straordinaria dei presidi per l'adeguamento alle vigenti normative in materia di antisismica e antincendio e l’incremento delle dotazioni tecnologiche per la diagnostica specialistica e le reti per la telemedicina. Un processo che dovrà essere sostenuto da innovazioni procedurali e normative per la revisione del percorso di accesso al sistema di finanziamento e delle modalità e dei tempi di adeguamento ad adempimenti di prevenzione e messa a norma Va poi considerato che sulle risorse destinate alla sottoscrizione di Accordi di programma sono stati accantonati, ai sensi della legge 9/2012, 60 milioni per “Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”(ripartite alle regioni con il Decreto Interministeriale 28 dicembre 2012) e 90 milioni in applicazione dell’articolo 6 della legge 189/2012 per l’adeguamento alla normativa antincendi. In particolare il DL 211/2011 ha previsto il definitivo superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari, fissando al 1° febbraio 2013 il termine per il completamento del processo di superamento degli stessi e ha disposto che con decreto interministeriale (DM 1 ottobre 2012) siano definiti i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi, anche con riguardo ai profili di sicurezza, relativi alle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia. Le risorse (120 milioni nel 2012 e 60 milioni nel 2013) sono ripartite tra le regioni, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa sancita dalla Conferenza permanente ed assegnate alla singola regione con decreto del Ministro della salute di approvazione di uno specifico programma di utilizzo proposto. All’erogazione delle risorse si provvede per stati di avanzamento dei lavori. A seguito di interventi legislativi (decreto- legge 16/2012, decreto-legge 78/2010, a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale 223/2012, del decreto-legge 95/2012) l’iniziale finanziamento complessivo di 180 milioni di euro è stato rideterminato in 173,8 milioni, ripartito in base alla popolazione residente al l° gennaio 2011 (50% delle risorse), al numero dei soggetti internati negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) suddivisi per Regione di residenza, al 31 dicembre 2011 50% delle risorse). Il DL 158 del 2012 ha inoltre disposto che “le risorse residue di cui al programma pluriennale di cui all’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, rese annualmente disponibili nel bilancio dello Stato” siano, di intesa con le Conferenza permanente, destinate agli interventi per l’adeguamento alla normativa antincendio”. In applicazione di tale disposizione sono state individuate per l’anno 2012 risorse pari a 90 milioni, che sono state ripartite alle Regioni con deliberazione CIPE 8 marzo 2013, n. 16. 15. Le risorse destinate agli Accordi di programma sono pari a 15,3 miliardi. Al 31 dicembre 2013 sono stati sottoscritti 67 Accordi per un importo pari a 10,2 miliardi, di cui 9,2 già ammessi a finanziamento. Nell’anno non senza difficolta è stato possibile sottoscrivere ulteriori 8 accordi per complessivi 978 milioni. Le risorse ancora da utilizzare per la sottoscrizione di nuovi Accordi sono pari a circa 5 miliardi. Nella tavola 7, le risorse destinate per la sottoscrizione di Accordi di programma sono distinte per regione. Le risorse impegnate in Accordi di programma sottoscritti riguardano circa il 67 per cento delle totale destinato. Le risorse richieste e ammesse a finanziamento sono il 90 per cento dei valori sottoscritti e riguardano 2128 interventi. Le risorse ancora disponibili per la sottoscrizione di Accordi sono per oltre l’80 per cento attribuite alle regioni in Piano di rientro.
  • 289. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 256 TAVOLA 7 IL PROGRAMMA PLURIENNALE DI INVESTIMENTI IN SANITÀ – ART.20 DELLA LEGGE 67/88 – MONITORAGGIO ACCORDI DI PROGRAMMA (in milioni) REGIONI Risorse destinate ad Accordi di programma Valore degli Accordi di programma sottoscritti al 31/12/2005 Risorse revocate sugli Accordi di programma sottoscritti al 31/12/2005 in applicazione della L. 266/2005 (65%) (finanziaria 2006) Valore degli Accordi di programma sottoscritti al 31 dicembre 2013 n. interventi accordi di cui alla colonna (d) % risorse sottoscritte su risorse destinate Risorse ammesse a finanziamento a valere sugli Accordi sottoscritti Numero interventi ammessi a finanziamento % risorse ammesse a finanziamento a valere su accordi sottoscritti Risorse residue per Accordi di programma da sottoscrivere a b c=b/a d e f=d/b g Piemonte 1.049,1 598,6 88,0 671,4 64,0 670,0 151 99,8 377,6 Valle D'Aosta 43,8 31,5 0,0 43,8 9 100,0 31,5 7 71,9 0,0 Lombardia 2.072,7 864,3 0,0 1.891,8 102 91,3 1.579,8 176 83,5 180,9 P.A. Bolzano 115,1 67,7 0,0 115,1 7 100,0 67,7 7 58,8 0,0 P.A. Trento 120,7 70,9 0,0 93,5 6 77,5 93,5 11 100,0 27,2 Veneto 1.036,3 512,5 52,6 961,4 92,8 831,1 211 86,4 74,9 Friuli V. G. 291,3 181,6 30,6 240,1 82,4 151,0 5 62,9 51,2 Liguria 493,6 286,2 0,3 424,5 201 86,0 304,6 224 71,7 69,1 E. Romagna 947,1 530,9 0,0 871,5 135 92,0 739,9 194 84,9 75,6 Toscana 877,5 504,4 0,0 803,2 58 91,5 674,0 108 83,9 74,3 Umbria 138,2 54,5 0,0 107,7 10 77,9 54,5 8 50,6 30,6 Marche 325,5 182,0 55,2 317,9 97,7 317,9 118 100,0 7,6 Lazio 1.227,2 755,8 122,6 630,4 51,4 630,4 181 100,0 596,8 Abruzzo 359,6 30,3 0,0 119,7 33,3 119,2 53 99,6 239,9 Molise 127,7 11,8 0,0 21,7 17,0 21,7 9 100,0 106,0 Campania 1.721,8 1.110,3 458,8 499,8 29,0 499,9 44 100,0 1.221,9 Puglia 1.204,5 238,9 14,9 640,2 53,2 640,2 126 100,0 564,2 Basilicata 203,7 124,8 7,4 130,2 47 63,9 130,2 55 100,0 73,5 Calabria 608,6 61,1 0,0 347,2 57,0 339,6 26 97,8 261,4 Sicilia 1.774,4 1.104,7 27,2 971,3 54,7 971,3 215 100,0 803,1 Sardegna 547,7 334,9 1,6 303,8 55,5 303,7 199 100,0 243,9 TOTALE 15.286,0 7.657,4 859,2 10.206,2 66,8 9.171,5 2128 89,9 5.079,8 Riserva Enti (I.R.C.C.S. - Policlinici Univ. - Osp. Classif. - I.Z.S. - I.S.S.) 856,4 811,4 94,7 673,8 83,0 45,0 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS Nel 2013 l’incremento delle somme sottoscritte (977,7 milioni) si è distribuito per 795 milioni tra sei regioni del Nord e per la restante parte in due regioni del Centro. Gli importi ammessi a finanziamento sono aumentati di soli 61 milioni, riferiti a due regioni, il Veneto e l’Abruzzo. Nessuna variazione nell’esercizio per gli altri strumenti dedicati agli investimenti in sanità. Non registra variazioni il programma di potenziamento delle strutture di radioterapia ex lege 448/1999 (le risorse previste sono pari 15,5 milioni a valere delle quali sono stati ammessi a finanziamento in 28 interventi per un importo a carico dello Stato di 13,7 milioni, pari all’88,2 per cento delle risorse assegnate), nè il programma libera professione intramuraria ex lege 88/2000 (826,1 milioni di cui sono stati ammessi a finanziamento 426 interventi per un importo a carico dello Stato di 755,9 milioni). Sono invece cresciuti di circa 10 milioni i progetti ammessi a finanziamento in base alle risorse riservate agli Enti (IRCCS, Policlinici universitari, IZS, Osp. Classificati, ISS). I progetti ammessi a finanziamento sono cresciuti a 673,8 milioni sugli 856,4 milioni riservati. Restano da ripartire e assegnare 25 milioni accantonati a riserva con delibera CIPE 97/2008.
  • 290. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 257 TAVOLA 8 PROGRAMMA PLURIENNALE DI INVESTIMENTI IN SANITÀ ART. 20 LEGGE N. 67/1988 - I PROGRAMMI PER RADIOTERAPIA E LIBERA PROFESSIONE AL 31 DICEMBRE 2013 QUOTE ASSEGNATE D.M. 28/12/01 Totale finanziamenti Radioterapia autorizzati Numerointerventi autorizzati % Autorizzata QUOTE ASSEGNATE D.M. 8/06/01 Totale finanziamenti Libera professione autorizzati Numerointerventi autorizzati % Autorizzata Piemonte 987,8 978,9 1 99,1 60.428,7 53.816,9 39 89,1 Valle D'Aosta 46,4 46,4 1 100,0 1.418,3 1.418,3 1 100,0 Lombardia 1.749,1 1.749,1 1 100,0 132.471,2 127.960,5 37 96,6 P.A. Bolzano 106,6 106,6 1 100,0 0,0 0,0 P.A. Trento 116,1 116,1 1 100,0 8.404,6 8.404,6 11 100,0 Veneto 909,6 909,6 1 100,0 61.974,8 61.974,8 40 100,0 F. Venezia Giulia 302,8 302,8 1 100,0 0,0 0,0 Liguria 493,9 493,9 3 100,0 39.210,4 39.210,4 24 100,0 E. Romagna 894,3 894,3 1 100,0 87.214,1 87.214,1 69 100,0 Toscana 724,4 724,4 1 100,0 76.107,2 76.107,2 27 100,0 Umbria 205,0 205,0 1 100,0 25.677,9 25.673,4 9 100,0 Marche 329,6 313,1 1 95,0 42.332,9 40.888,4 39 96,6 Lazio 1.158,6 1.158,6 2 100,0 102.661,2 102.661,1 49 100,0 Abruzzo 415,2 415,2 1 100,0 18.942,1 8.104,5 14 42,8 Molise 152,7 0,0 0,0 Campania 1.631,9 0,0 0,0 79.253,9 34.001,0 11 42,9 Puglia 1.186,6 1.186,6 2 100,0 53.948,6 52.333,6 38 97,0 Basilicata 207,5 197,2 1 95,0 27.613,9 27.613,9 7 100,0 Calabria 618,8 618,8 1 100,0 Sicilia 1.830,4 1.830,4 2 100,0 Sardegna 503,9 503,9 2 100,0 8.483,3 8.483,3 11 100,0 Totale regionale 14.571,0 12.750,8 25 87,5 Riserva Enti (I.R.C.C.S. - Policlinici Univ. a gestione diretta - Osp. Classificati - I.Z.S. - I.S.S.) 922,7 921,7 3 99,9 Totale 15.493,7 13.672,5 28 88,2 826.143,1 755.865,9 426 91,5 Integrazione finanziamenti di cui alla legge n. 488/1999 per RADIOTERAPIA (in migliaia di euro) Integrazione finanziamenti di cui alla legge n. 388/2000 per LIBERA PROFESSIONE (in migliaia di euro) Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Ministero salute Più complesso il caso del Piano straordinario di interventi per la riqualificazione dei grandi centri urbani di cui alla legge 448/1998, per il quale è previsto un finanziamento di 1,2 miliardi (al netto delle riduzioni disposte per 64 milioni con il DM4 aprile 2001). Il programma registra forti ritardi nella fase di realizzo, principalmente a causa di modifiche nelle scelte progettuali dei governi regionali (Liguria, Piemonte, Lazio) e difficoltà delle regioni nell’utilizzo di somme stanziate a livello centrale: la realizzazione del programma ha, infatti, una connotazione innovativa, in quanto non riguarda solamente gli aspetti di edilizia sanitaria, ma tutte le azioni che possono prevedere un consistente miglioramento dell’assistenza sanitaria erogata. Nell’esercizio finanziario 2013 sono state riassegnate in bilancio dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, successivamente impegnate ed erogate alle regioni risorse per un totale di 43,9 milioni. Il programma continua a registrare forti ritardi
  • 291. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 258 nella fase di realizzazione. Al 31 dicembre 2013 risultano residui passivi perenti per 395,7 milioni. TAVOLA 9 GLI INTERVENTI PER LA RIORGANIZZAZIONE E RIQUALIFICAZIONE DELL’ASSISTENZA SANITARIA NEI GRANDI CENTRI URBANI (in milioni) REGIONI Finanziamenti D.M. 5.4.2001 Impegni totali iscritti in bilancio Importo erogato al 31 dicembre 2013 % importo erogato PIEMONTE Torino 101,0 90,5 30,6 33,9 LOMBARDIA Milano 112,2 100,5 73,3 73,0 VENETO Venezia 27,0 27,1 22,1 81,5 LIGURIA Genova 86,0 86,2 44,2 51,3 E. ROMAGNA Bologna 98,5 98,6 98,6 100,0 TOSCANA Firenze 83,4 83,5 61,1 73,1 MARCHE Ancona 39,2 39,3 28,1 71,5 UMBRIA Perugia 31,0 31,1 31,1 100,0 ABRUZZO L’Aquila 17,0 15,2 15,2 100,0 LAZIO Roma 208,3 208,5 105,7 50,7 CAMPANIA Napoli 58,9 59,0 58,9 99,8 MOLISE Campobasso 22,5 22,5 22,5 100,0 BASILICATA Potenza 27,5 24,6 22,4 91,1 PUGLIA Taranto 21,7 17,1 14,4 84,4 PUGLIA Bari 44,3 27,8 12,2 43,9 CALABRIA R. Calabria 25,8 17,6 17,6 100,0 CALABRIA Catanzaro 25,8 17,6 17,6 100,0 SICILIA Palermo 96,0 96,2 38,0 39,5 SICILIA Catania 89,6 89,7 63,8 71,2 SARDEGNA Cagliari 23,7 23,8 3,2 13,4 TOTALE 1239,5 1176,4 780,7 66,4 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Ministero salute 16. Le leggi finanziarie del 2007, 2008, 2010 hanno previsto investimenti nel settore sanitario per circa 7 miliardi, considerando anche le somme residue di interventi precedenti. Tali risorse sono state ripartite tra le regioni e destinate a finanziare progetti per il potenziamento dell’assistenza residenziale e domiciliare con conseguente riorganizzazione e razionalizzazione delle reti territoriali, riduzione dei posti letto per ricovero ordinario e incremento di quello diurno; la dismissione delle strutture non adeguate e di cui non risulta economicamente conveniente investire per l’adattamento a norma; l’ammodernamento tecnologico e messa a norma delle strutture . Le risorse da destinare a interventi attraverso Accordi di programma, ma di cui deve essere individuata copertura finanziaria (e compatibilità con gli obiettivi di finanza pubblica) sono pari a circa 5,079 miliardi, cui vanno aggiunti 850 milioni non ancora ripartiti. Si tratta di risorse necessarie per accompagnare il processo di riorganizzazione delle strutture ospedaliere e di adeguamento della rete territoriale in coerenza con le misure per la appropriatezza ricordate in precedenza. Risorse che andranno individuate
  • 292. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 259 anche ricorrendo a misure di cofinanziamento per l’edilizia sanitaria, attraverso i Programmi Operativi Nazionali e con l’inserimento di tali interventi e delle relative risorse nell’ambito dei Programmi Operativi Regionali (POR) del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020. Vi è poi l’ipotesi di consentire, per il triennio 2014-2017, l’accesso ad una provvista finanziaria presso la Cassa Depositi e Prestiti, cui si dovrebbe far cenno nel nuovo Patto della salute. Tale soluzione, per garantire il rispetto dei vincoli di finanza pubblica, dovrebbe prevedere una copertura a carico delle Regioni. La sua praticabilità dovrà essere valutata in base ai margini ancora disponibili nei bilanci degli enti a fronte del forte impegno affrontato da alcune regioni con il ricorso ad anticipazioni per il pagamento dei debiti verso fornitori. Nel nuovo Patto sarà, altresì, previsto l’impegno per una revisione della normativa tecnica in materia di sicurezza, igiene e utilizzazione degli ambienti specifica per il settore, cui adeguare le strutture sanitarie esistenti.
  • 298. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 259 Appendice 1: I costi standard e l’armonizzazione contabile: due passaggi interconnessi Il riparto delle disponibilità finanziarie per il SSN nel 2013 è stato attuato secondo il d.lgs. 68/2011 attraverso l’utilizzo di un set di indicatori tali da valutare i livelli di efficienza e di appropriatezza raggiunti in ciascuna regione, con riferimento ad un aggregato di prestazioni rese all’interno di ciascuno dei tre macrolivelli dell’assistenza sanitaria. Sono stati, quindi, applicati a tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle tre regioni di riferimento (Umbria, Emilia Romagna e Veneto). L’applicazione di tale metodologia nel riparto del fabbisogno sanitario standard non ha cambiato in maniera sostanziale i risultati ottenuti con la procedura di definizione dei fabbisogni sanitari regionali vigente in passato. La popolazione pesata di ciascuna regione è rimasta l’elemento principale per la quantificazione dei fabbisogni sanitari regionali. Per rendere effettivo il percorso di applicazione dei costi standard e dei fabbisogni standard in sanità, sarà necessario operare una revisione dei criteri di pesatura della quota capitaria (attualmente basati sui consumi ospedalieri e di specialistica ambulatoriale per fascia di età della popolazione residente). Un eventuale passaggio a criteri basati anche sui consumi di altri ambiti assistenziali, nonché su indici di prevalenza delle malattie o indicatori socio-economici potrebbe produrre modifiche di maggior rilievo. Un passaggio per il quale è necessario disporre di adeguati flussi informativi (sull’assistenza domiciliare, sull’assistenza residenziale, sulla salute mentale e sulla dipendenza patologica e emergenza-urgenza) e di criteri di costruzione dei dati contabili affidabili e omogenei.Una migliore metodologia di individuazione dei costi standard è, quindi, strettamente legata al processo di certificazione dei dati contabili nonché all’implementazione in ogni regione ed in ogni azienda sanitaria di sistemi di controllo di gestione e di contabilità analitica. Solo partendo da costi certi sarà possibile individuare costi standard attendibili. La diversità dei sistemi fino a oggi in uso [economico-patrimoniale per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e finanziaria per l’Ente Regione] e i diversi principi contabili adottati dalle Regioni hanno contribuito a rendere i risultati di bilancio non del tutto omogenei e comparabili, generando nel corso degli anni non poche difficoltà nella lettura del dato contabile.Nell’attuale panorama normativo nazionale, l’attendibilità dei dati contabili e la confrontabilità dei bilanci della sanità pubblica trovano riscontro in due pilastri fondamentali: l’armonizzazione contabile e la certificabilità. Il primo trova il proprio fondamento normativo nella legge 42/2009 sul federalismo fiscale, come modificata dalla legge 196/2009 di riforma del sistema di contabilità pubblica. E in coerenza con il processo di attuazione del federalismo fiscale, che con il Patto per la Salute 2010-2012 lo Stato, le Regioni e le Province Autonome hanno condiviso la necessità di dare avvio a un percorso finalizzato alla certificazione dei bilanci delle Aziende Sanitarie e del consolidato regionale. Nel contempo si è intervenuti con il d.lgs. 118/2011 (e i conseguenti principi contabili adottati con il d.m. 17 settembre 2012 e il d.m. 1 marzo 2013) introducendo norme di coordinamento della finanza pubblica volte, tra le altre cose, a garantire l’implementazione della contabilità economico- patrimoniale per la cosiddetta Gestione Sanitaria Accentrata (GSA) regionale, il superamento delle differenze riguardanti le diverse prassi contabili aziendali delle singole Regioni, la riconciliazione tra le scritture di contabilità finanziaria del bilancio regionale con quelle di contabilità economico-patrimoniale del bilancio sanitario, una maggiore trasparenza dei flussi finanziari connessi alla gestione sanitaria attraverso l’istituzione di appositi conti di tesoreria separata e l’adozione di requisiti comuni per i Percorsi Attuativi della Certificabilità (che dovranno essere approvati dai Tavoli tecnici di verifica ex artt.9 e 12 dell’accordo Stato-Regioni del 23 marzo 2005 per le regioni in Piano di rientro e dal Tavolo tecnico ex art.12 del predetto accordo Stato-Regione). I requisiti comuni rappresentano gli obiettivi che, con riferimento a specifiche aree tematiche, le regioni devono impegnarsi a conseguire, tenendo di conseguenza conto delle peculiarità delle singole aziende. Un processo che è da mettere in relazione anche con quello già avviato in materia di costi standard. L’esito di tale processo è tuttavia subordinato – tra l’altro - all’adozione, da parte della Gestione sanitaria accentrata regionale (GSA), della contabilità economico-patrimoniale e di un sistema di riconciliazione tra i dati di quest’ultima contabilità con la contabilità finanziaria della regione, al fine di tracciare in maniera trasparente le movimentazioni e l’utilizzo delle risorse che la programmazione nazionale destina al finanziamento del SSN, di cui la GSA è parte integrante come centro di responsabilità e di rilevazione contabile di fatti che afferiscono il perimetro sanitario. Con il decreto leg.vo 118/11 si è voluto così “tracciare” tutti i flussi finanziari entranti nel perimetro sanitario attraverso la GSA che, insieme agli altri enti sanitari, concorre al consolidamento dei bilanci sanitari regionali che rilevano i costi ed i ricavi derivanti dall’erogazione dei livelli essenziali di assistenza. E’ con riferimento ai rapporti tra la GSA (inteso come centro di responsabilità e di rilevazione contabile di fatti che afferiscono il SSR) e la regione (intesa come ente territoriale nel suo complesso)
  • 299. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 260 che stanno emergendo problemi applicativi delle diverse regole contabili dettate dal Titolo I e Titolo II del d.lgs. 118/11. Problemi che vanno affrontati salvaguardando la necessità, sottostante all’impianto normativo di cui al Titolo II, di garantire trasparenza dei conti sanitari e la finalizzazione delle risorse al finanziamento dei singoli servizi sanitari regionali. In occasione dell’Intesa sulle disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 118 resa a febbraio 2014 le Regioni hanno sottolineato come l’esclusione dall’applicazione dei principi e delle norme contabili previste dal titolo I e dal titolo III degli enti sanitari di cui al titolo II (che include tra gli enti sanitari le Regioni, per la parte del bilancio regionale che riguarda la gestione sanitaria) sembrerebbe indicare che per una parte del bilancio regionale (perimetro sanità) non valga la nuova disciplina relativa all’armonizzazione dei sistemi contabili (es. schemi di bilancio, nuove classificazioni per missioni e programmi, piano dei conti finanziario per la codifica dei capitoli di bilancio ecc.). L’esclusione dell’applicazione dei principi di armonizzazione del titolo I per l’ambito sanitario gestito dalla Regione, determina una sorta di “vuoto” normativo. Infatti, fermi restando il principio di unità e di universalità del bilancio, il titolo II non contiene una completa disciplina contabile. La stessa necessità di ottenere una fedele rappresentazione delle risorse contabili impegnate a copertura dei disavanzi si scontrerebbe con la necessità che le entrate da manovra fiscale siano accertate nell’esercizio finanziario dell’anno di imposta cioè di competenza giuridica, quindi l’esercizio successivo a quello di deliberazione della manovra. L’articolo 20 del d.lgs. 118 prevede che, nell'ambito del bilancio regionale, le regioni garantiscano un'esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale. Ciò richiede affrontare numerosi questioni: come consentire lo spostamento delle risorse aggiuntive regionali tra il conto corrente ordinario ed il conto corrente sanità; come conciliare le differenze che esistono nelle modalità di impegno delle somme destinate al settore sanitario (in base alle regole di contabilità finanziaria, infatti, l’impegno viene registrato nelle scritture contabili solo al sorgere di una obbligazione giuridicamente perfezionata; in base all’articolo 20 del titolo II, le regioni sono tenute ad accertare ed impegnare nel corso dell’esercizio l’intero importo corrispondente al finanziamento sanitario corrente); come consentire l’attribuzione alla GSA delle quote di fondo non assegnate alle aziende sanitarie. Ciò non può avvenire con un atto formale di impegno a favore della GSA con effetti sul bilancio regionale poiché la GSA non è un soggetto terzo. Inoltre per le quote del FSR vincolato, non sarebbe possibile accertare somme non assistite da atti formali di assegnazione (delibere CIPE per riparto quote FSN indistinto e vincolato o almeno l’intesa Stato-Regioni). Se queste somme venissero iscritte nel bilancio GSA prima dell’accertamento nel bilancio finanziario, ciò andrebbe a discapito dell’integrale raccordo tra le poste iscritte in contabilità finanziaria e economico-patrimoniale. Inoltre, nella contabilità economico-patrimoniale regionale prevista dal titolo I non sono previsti crediti/debiti tra Regione e GSA, poiché la GSA non è un soggetto terzo rispetto alla Regione. Infine per la mobilità extraregionale il bilancio regionale e la GSA iscrivono tra i propri ricavi il valore approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province, definito dal Ministero in base a dati consuntivi di mobilità degli anni pregressi, a fronte di un debito verso le aziende del SSR; le aziende del SSR invece sostengono costi effettivi diversi (maggior o minori) rispetto all’importo dell’Intesa. I due valori sono ovviamente differenti. Risulta quindi una discrasia tra il dato effettivo e il dato da contabilizzare ai sensi dei principi contabili art.29 d.lgs. 118/2011. Infine, nel 2013 è proseguito il processo di attuazione con l’adozione, a seguito dell’intesa della Conferenza Stato-regioni, dei decreti relativi alla revisione degli schemi di bilancio e nota integrativa di cui al decreto legislativo 118/2011 e alla adozione del percorso attuativo della certificabilità. L’esame della documentazione trasmessa relativa agli esercizi fino al 2011 ai fini della valutazione straordinaria della situazione debitoria ha consentito di evidenziare il permanere di criticità e discordanze di rilievo specie se riferite a regioni ormai da oltre 7 anni in Piano di rientro. Una condizione che non può che rafforzare nella convinzione che, affinché la adozione di procedure contabili e la revisione complessiva delle norme contabili possa produrre un risultato strutturale, è necessario che alle procedure corrispondano adeguate capacità gestionali. Di qui, il rilievo della formazione professionale, nell’ambito della missione della programmazione sanitaria. Ciò nella consapevolezza della necessità di individuare e formare professionalità in grado di gestire i nuovi livelli di complessità. Ma anche nella convinzione che lo sviluppo di queste competenze costituisce uno strumento ulteriore di affiancamento alle Regioni impegnate in percorsi di riqualificazione e di riorganizzazione per il perseguimento ed il mantenimento dell’equilibrio economico e dei livelli essenziali di assistenza. Nel corso del 2013 il percorso formativo ha previsto l’avvio da parte della Direzione generale della programmazione sanitaria, in partnership con il Ministero dell’economia e finanze, l’Agenas, l’Aifa e l’Istituto Superiore di Sanità di un’attività di alta formazione rivolta ai professionisti che sono chiamati a gestire i nuovi livelli di complessità, le nuove sfide e ad interpretare e sostenere il cambiamento.
  • 300. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 261 Appendice 2: Costi e ricavi per Regione ICOSTIDELLASANITÀ(inmilioni)-anno2013 2013ACQUISTIDIBENI MANUTENZIONI ERIPARAZIONI ASSISTENZA SANITARIADI BASE FARMACEUTICASPECIALISTICARIABILITATIVAINTEGRATIVAOSPEDALIERA ALTRE PRESTAZIONI ALTRISERVIZI SANITARI ALTRISERVIZI NONSANITARI PIEMONTE1.271,5160,1473,4626,9272,7172,2140,5512,3561,4228,018,0 VALLED`AOSTA34,25,816,018,71,75,83,56,67,216,47,3 LOMBARDIA2.138,5294,9879,31.305,71.093,2242,7232,22.132,41.871,6608,234,0 P.A.BOLZANO153,224,755,545,05,55,841,422,961,226,00,5 P.A.TRENTO137,723,959,567,828,51,021,455,4173,026,00,2 VENETO1.230,7184,9549,3584,4345,532,1110,4505,5852,1421,220,3 FRIULIV.G.388,372,9129,4190,251,963,338,865,756,898,511,9 LIGURIA429,861,6162,3236,1137,590,448,5166,5176,679,77,8 EMILIAR.1.213,6189,5521,7533,9178,06,6115,0611,7771,7336,511,6 TOSCANA1.196,4146,0411,3439,3156,984,577,2290,2385,6244,914,7 UMBRIA272,929,394,0132,517,87,837,540,690,433,52,9 MARCHE480,253,3173,2240,045,173,842,8105,8125,571,41,7 LAZIO1.407,0139,1603,0900,0506,0210,7243,51.258,7643,4466,918,0 ABRUZZO376,857,0150,5222,354,872,527,6120,893,849,511,2 MOLISE85,710,448,846,645,616,18,272,826,613,41,9 CAMPANIA1.202,7155,3640,0869,7733,7290,6170,1822,2208,9238,424,8 PUGLIA1.152,5119,6516,2626,3284,9160,2113,3729,2317,6121,63,8 BASILICATA165,123,780,480,936,844,728,217,932,822,11,2 CALABRIA457,040,2249,1314,1120,065,483,0190,9134,750,94,6 SICILIA1.049,1131,6592,8811,2524,0167,6202,4704,5391,4123,35,5 SARDEGNA514,673,5203,0300,7119,164,767,692,3118,577,020,0 Totale15.357,71.997,26.608,98.592,34.759,41.878,41.853,38.524,97.101,03.353,3221,7
  • 301. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 262 SEGUE: I COSTI DELLA SANITÀ 2013 GODIMENTODI BENIDITERZI PERSONALE RUOLO SANITARIO +INDENNITÀDE MARIA PERSONALE RUOLO PROFESSIONALE PERSONALE RUOLOTECNICO PERSONALE RUOLO AMMINISTRATIVO TOTALESPESE DIPERSONALE SPESE AMMINISTRATIVE EGENERALI SERVIZI APPALTATI IMPOSTEE TASSE ONERI FINANZIARI TOTALECOSTI1 PIEMONTE109,42.210,811,1344,3271,22.837,5185,3343,9220,230,38.163,7 VALLED`AOSTA7,087,10,414,411,6113,59,49,39,40,0271,8 LOMBARDIA163,23.931,022,3666,7445,55.065,6464,4900,8385,06,717.818,5 P.A.BOLZANO8,6459,02,381,249,9592,421,535,435,70,01.135,3 P.A.TRENTO8,2318,51,662,634,7417,321,466,929,90,01.138,1 VENETO127,42.163,19,6355,3216,32.744,3195,5559,6209,543,48.716,2 FRIULIV.G.29,0738,63,9141,764,8949,051,0207,271,00,42.475,5 LIGURIA35,0887,23,0126,581,61.098,453,1205,983,92,13.075,3 EMILIAR.72,52.394,615,4364,7218,62.993,4216,1498,8223,731,98.526,1 TOSCANA72,22.053,213,9295,0163,92.526,0164,6491,5189,231,06.921,6 UMBRIA18,7520,72,154,234,0611,054,4117,745,52,01.608,5 MARCHE27,7797,82,5125,168,0993,462,7104,877,90,52.679,9 LAZIO84,12.385,69,3222,4212,42.829,7167,9636,9221,2106,810.442,8 ABRUZZO27,8641,32,175,248,9767,558,0111,858,50,62.261,2 MOLISE2,5168,80,219,310,4198,815,327,314,92,2637,1 CAMPANIA51,02.382,78,4247,4192,92.831,4173,3436,1230,517,79.096,2 PUGLIA39,61.638,56,2203,4142,31.990,4127,0333,5157,411,46.804,5 BASILICATA6,9307,41,445,422,3376,423,137,929,80,21.008,3 CALABRIA29,5957,74,8118,9102,21.183,791,8111,986,320,93.234,2 SICILIA43,72.369,49,8254,6234,92.868,7193,7235,6223,645,78.314,5 SARDEGNA35,3993,73,5109,774,51.181,372,7165,929,96,93.143,0 Totale999,428.406,7133,93.927,92.700,835.169,42.422,35.638,72.633,2360,8107.472,0
  • 302. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 263 SEGUE: I COSTI DELLA SANITÀ ICOSTIDELLASANITÀ(inmilioni)-anno2012 2012ACQUISTIDIBENI MANUTENZIONI ERIPARAZIONI ASSISTENZA SANITARIADI BASE FARMACEUTICASPECIALISTICARIABILITATIVAINTEGRATIVAOSPEDALIERA ALTRE PRESTAZIONI ALTRISERVIZI SANITARI ALTRISERVIZI NONSANITARI PIEMONTE1.275,0172,3475,0643,4288,7172,7144,6528,1583,9247,921,0 VALLED`AOSTA36,76,315,619,01,85,33,45,97,617,46,6 LOMBARDIA2.084,1287,2899,31.328,51.074,6240,1236,02.110,11.782,1556,139,9 P.A.BOLZANO148,124,254,646,05,96,040,123,660,761,50,9 P.A.TRENTO136,425,559,369,426,30,523,156,1173,727,70,2 VENETO1.200,8180,9548,4589,1362,232,3129,0493,3843,0400,421,8 FRIULIV.G.386,373,8130,7196,252,261,944,866,953,8105,513,3 LIGURIA423,462,6162,4246,9137,591,151,9164,9177,665,38,1 EMILIAR.1.184,1199,0525,0551,9176,97,2117,7629,7753,0331,712,8 TOSCANA1.169,1138,1412,2504,7164,984,378,1284,2389,6214,515,3 UMBRIA263,730,088,4135,718,57,738,442,381,331,23,4 MARCHE480,956,4172,7233,245,773,143,3103,0112,786,62,3 LAZIO1.355,2116,6615,4927,0494,0208,7235,11.262,4568,7446,321,3 ABRUZZO368,370,5151,5225,453,773,726,0120,195,252,97,6 MOLISE83,911,350,950,542,515,38,673,125,815,52,2 CAMPANIA1.177,2147,7651,4878,8750,1285,9145,0810,5175,4227,221,4 PUGLIA1.121,8125,0514,9638,0272,0183,7105,5737,7268,2130,24,3 BASILICATA152,825,080,482,334,244,028,417,333,422,00,8 CALABRIA426,239,9247,8332,8118,963,778,7192,7134,651,64,1 SICILIA1.018,3133,6591,6870,5515,8166,9205,9710,5363,4132,59,5 SARDEGNA483,273,1200,1322,0119,158,867,889,4114,475,823,3 Totale14.975,51.998,96.647,88.891,34.755,41.882,81.851,48.521,86.798,13.300,0240,1
  • 303. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 264 SEGUE: I COSTI DELLA SANITÀ 2012GODIMENTODI BENIDITERZI PERSONALE RUOLO SANITARIO+IND. DEMARIA PERSONALE RUOLO PROFESSIONALE PERSONALE RUOLOTECNICO PERSONALE RUOLO AMMINISTRATIVO TOTALESPESE DIPERSONALE SPESE AMMINISTRATIVE EGENERALI SERVIZI APPALTATI IMPOSTEE TASSE ONERI FINANZIARITOTALECOSTI1 PIEMONTE111,42.242,511,2352,8276,12.882,7179,2350,7223,428,58.328,7 VALLED`AOSTA7,586,80,414,411,5113,09,110,59,30,0275,3 LOMBARDIA157,33.946,821,8673,9451,05.093,5460,8873,1386,26,717.615,4 P.A.BOLZANO8,5458,72,382,049,9592,820,540,635,90,11.169,8 P.A.TRENTO8,2318,41,662,334,5416,818,867,629,90,01.139,8 VENETO129,12.163,69,8354,3218,82.746,5198,9552,7208,844,08.680,9 FRIULIV.G.28,1743,93,8139,463,0950,149,8203,868,30,12.485,6 LIGURIA34,9903,23,1127,383,21.116,852,1202,385,45,13.088,1 EMILIAR.74,32.410,516,2365,6221,13.013,3229,9497,4220,541,18.565,4 TOSCANA77,72.079,013,5294,4167,32.554,2164,8556,0189,032,67.029,2 UMBRIA20,1521,51,953,833,6610,952,8128,244,84,11.601,7 MARCHE28,3812,22,5122,467,91.005,063,1102,978,00,52.687,6 LAZIO87,62.435,69,5230,9218,22.894,2140,5745,0226,8111,210.456,1 ABRUZZO26,8638,31,974,150,0764,356,3108,858,32,72.261,9 MOLISE2,8172,30,220,011,0203,517,328,015,11,3647,4 CAMPANIA57,32.463,39,4263,1200,02.935,7179,2434,6237,713,29.128,5 PUGLIA40,11.674,46,4213,3146,22.040,3141,4338,2156,012,46.829,8 BASILICATA8,9311,31,445,922,0380,629,537,729,40,21.007,0 CALABRIA29,4983,55,1122,8106,41.217,884,7107,787,321,33.239,3 SICILIA42,92.371,29,9263,2238,32.882,5194,3228,2221,441,38.329,1 SARDEGNA35,4984,23,5109,274,01.170,873,6161,689,47,23.165,2 Totale1.016,728.720,8135,43.985,12.743,935.585,22.416,75.775,62.700,8373,6107.731,9 Fonte:elaborazioniCortedeicontisudatiNSISMinisterosalute
  • 304. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 265 I COSTI DELLA SANITÀ (ANNI 2012 -2013) Dati per regioni - (valori assoluti in milioni di euro) (comprensivi di ammortamenti, rivalutazione svalutazioni, saldo minus plusvalenze e gestione intramoenia) 2013 TOTALE COSTI1 AMMORTAMENTI RIVALUTAZIONI E SVALUTAZIONI SALDO VOCI ECONOMICHE RICAVI INTRAMOENIA COMP ARTECI P AZIONE P ERSONALE INTRAMOENIA SALDO INTRAMOENIA Totale costi con voci economiche e saldo intramoenia PIEMONTE 8.163,7 187,1 4,9 -9,4 103,0 87,8 15,2 8.349,9 VALLE D`AOSTA 271,8 6,5 0,0 -0,1 2,7 2,1 0,6 277,9 LOMBARDIA 17.818,5 460,6 22,2 -452,6 208,6 162,0 46,6 18.707,3 P. A. BOLZANO 1.135,3 24,7 0,2 12,7 1,8 1,4 0,5 1.147,0 P. A. TRENTO 1.138,1 35,3 0,4 -6,2 9,3 7,4 1,9 1.178,0 VENETO 8.716,2 256,4 3,3 -26,7 107,3 87,2 20,1 8.982,5 FRIULI V. G. 2.475,5 72,8 0,6 -9,1 27,3 23,1 4,2 2.553,7 LIGURIA 3.075,3 71,1 0,2 -43,4 40,4 33,1 7,3 3.182,7 EMILIA R. 8.526,1 258,4 7,5 -118,6 129,9 99,7 30,2 8.880,4 TOSCANA 6.921,6 248,3 8,4 -46,8 113,2 80,2 33,0 7.192,1 UMBRIA 1.608,5 34,7 0,7 -17,3 13,2 10,7 2,6 1.658,6 MARCHE 2.679,9 74,4 1,0 -55,2 35,7 29,2 6,4 2.803,9 LAZIO 10.442,8 198,5 0,6 -131,3 103,3 84,2 19,1 10.754,0 ABRUZZO 2.261,2 44,6 1,1 -59,2 16,2 14,8 1,4 2.364,7 MOLISE 637,1 8,0 0,1 -9,9 3,3 2,7 0,6 654,4 CAMPANIA 9.096,2 138,9 8,1 -420,5 42,8 38,4 4,3 9.659,4 PUGLIA 6.804,5 113,1 0,8 -153,3 34,4 26,4 8,0 7.063,7 BASILICATA 1.008,3 27,4 0,0 -16,9 4,7 3,7 1,0 1.051,7 CALABRIA 3.234,2 22,8 0,0 -69,2 8,7 9,2 -0,5 3.326,6 SICILIA 8.314,5 168,3 5,8 -189,7 38,3 35,3 3,0 8.675,2 SARDEGNA 3.143,0 55,7 0,4 -50,6 14,1 11,9 2,2 3.247,5 107.472,0 2.507,5 66,4 -1.873,3 1.058,3 850,6 207,7 111.711,4 2012 TOTALE COSTI1 AMMORTAMENTI RIVALUTAZIONI E SVALUTAZIONI SALDO VOCI ECONOMICHE RICAVI INTRAMOENIA COMP ARTECI P AZIONE P ERSONALE INTRAMOENIA SALDO INTRAMOENIA Totale costi con voci economiche e saldo intramoenia PIEMONTE 8.328,7 190,0 5,9 -57,7 113,8 97,2 16,6 8.565,7 VALLE D`AOSTA 275,3 9,4 0,2 -3,9 3,2 2,8 0,4 288,4 LOMBARDIA 17.615,4 456,4 23,5 -556,5 222,7 181,5 41,2 18.610,6 P. A. BOLZANO 1.169,8 24,7 2,9 17,4 1,7 1,2 0,5 1.179,5 P. A. TRENTO 1.139,8 39,0 -0,1 -19,9 9,3 7,5 1,8 1.196,7 VENETO 8.680,9 271,2 3,1 -53,5 108,3 87,2 21,1 8.987,6 FRIULI V. G. 2.485,6 75,7 1,5 -30,1 27,4 23,3 4,1 2.588,8 LIGURIA 3.088,1 79,7 1,0 -66,9 43,9 36,3 7,6 3.228,1 EMILIA R. 8.565,4 264,1 23,4 -265,1 131,4 102,3 29,2 9.088,9 TOSCANA 7.029,2 241,1 28,4 -122,8 115,5 83,6 31,9 7.389,5 UMBRIA 1.601,7 39,9 2,1 -45,1 13,0 10,1 2,9 1.685,9 MARCHE 2.687,6 69,3 1,3 -68,9 35,0 27,8 7,1 2.819,9 LAZIO 10.456,1 208,7 2,2 -412,2 115,3 100,6 14,7 11.064,5 ABRUZZO 2.261,9 45,5 1,2 -87,4 17,3 15,5 1,8 2.394,2 MOLISE 647,4 8,0 0,1 -16,6 3,0 2,5 0,5 671,5 CAMPANIA 9.128,5 134,6 10,6 -582,9 47,2 46,5 0,7 9.855,8 PUGLIA 6.829,8 105,4 28,5 -82,1 40,6 35,0 5,6 7.040,2 BASILICATA 1.007,0 27,8 0,0 -24,2 5,0 4,1 0,9 1.058,2 CALABRIA 3.239,3 41,6 0,0 -123,3 10,2 8,0 2,2 3.402,0 SICILIA 8.329,1 169,9 24,4 -189,1 45,0 41,6 3,3 8.709,1 SARDEGNA 3.165,2 50,8 1,2 -64,5 15,3 14,6 0,7 3.281,1 107.731,9 2.552,8 161,3 -2.855,0 1.124,1 929,2 194,9 113.106,0 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS.
  • 305. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 266 I RICAVI DELLA SANITÀ (per regioni - valori assoluti in milioni di euro) anno 2012 – 2013 2013 CONTRIBUTIDAREGIONE(quota FSindistintoequotaFSvincolata) CONTRIBUTIDAREGIONE(extra fondo) CONTRIBUTIINC/ESERCIZIODA ENTIPUBBLICI CONTRIBUTIINC/ESERCIZIODA ENTIPRIVATI RICAVIPERPRESTAZIONI SANITARIEPUBBLICIDELLA REGIONEEPRESTAZIONINON SOGGETTEACOMPENSAZIONE RICAVIPERPRESTAZIONI SANITARIEPRIVATI RICAVIPERPRESTAZIONINON SANITARIE CONCORSIRECUPERIERIMBORSI PERATTIVITÀTIPICHE COMPARTECIPAZIONI ENTRATEVARIE INTERESSIATTIVI COSTICAPITALIZZATI TOTALEnettocopertureeUlteriori trasferimentidaProvinceautonomee RSS PIEMONTE 7.805,1 100,0 32,4 7,0 6,7 18,7 29,9 42,0 144,1 9,4 2,0 127,1 8.324,4 VALLE D`AOSTA 218,8 1,9 0,0 0,1 0,1 1,9 0,2 1,5 5,3 0,3 0,0 6,5 236,6 LOMBARDIA 17.186,9 0,0 80,9 26,7 47,6 152,9 54,7 89,3 236,7 32,9 0,6 277,3 18.186,5 PROV.BOLZANO 839,9 0,0 0,0 0,0 0,6 14,0 0,6 13,6 18,5 2,7 0,0 24,6 914,4 PROV. TRENTO 890,6 0,0 0,0 0,0 1,2 10,7 0,3 3,2 15,5 1,5 0,0 35,7 958,9 VENETO 8.402,0 0,0 59,7 8,6 9,0 55,3 2,4 49,5 192,3 21,5 0,6 111,8 8.912,9 FRIULI V.G. 2.144,1 0,0 165,6 2,2 0,7 18,6 13,0 14,0 46,2 4,9 0,2 74,8 2.484,3 LIGURIA 2.973,1 0,2 32,5 10,3 3,7 11,7 0,5 10,5 43,5 13,4 0,1 51,0 3.150,7 E. ROMAGNA 7.751,1 138,6 147,2 0,9 14,4 76,2 1,0 109,6 159,7 18,7 0,4 130,1 8.548,0 TOSCANA 6.617,2 0,0 22,9 3,4 9,9 42,4 4,8 45,9 167,1 16,5 0,3 132,3 7.062,8 UMBRIA 1.588,1 1,0 1,3 0,7 2,0 10,4 0,0 10,4 30,7 2,7 0,1 26,3 1.673,8 MARCHE 2.747,2 0,0 0,2 0,8 0,6 18,3 0,3 8,3 45,8 6,4 0,0 48,9 2.876,7 LAZIO 9.807,9 0,0 128,4 6,4 12,3 60,5 3,1 52,1 134,5 8,6 1,1 139,2 10.354,2 ABRUZZO 2.368,2 0,0 3,4 0,6 0,8 13,2 0,6 5,4 41,1 3,8 0,2 34,9 2.472,1 MOLISE 561,0 0,0 -1,2 0,0 0,1 2,3 0,2 1,0 5,2 0,6 0,2 4,2 573,5 CAMPANIA 9.797,5 0,0 31,7 0,9 1,1 31,9 1,9 24,2 58,7 19,1 1,6 48,2 10.016,8 PUGLIA 6.984,0 0,0 78,0 0,3 1,6 25,5 2,5 9,0 56,9 4,4 0,8 50,3 7.213,3 BASILICATA 1.014,1 6,3 3,6 0,4 1,1 4,4 0,2 1,6 12,0 1,4 0,0 23,4 1.068,5 CALABRIA 3.469,2 0,0 15,0 0,1 1,5 6,4 1,6 16,3 27,9 2,7 0,0 11,3 3.552,0 SICILIA 8.620,9 0,0 42,7 0,9 2,8 35,3 5,0 35,1 50,3 5,5 0,3 88,8 8.887,6 SARDEGNA 2.820,7 0,0 50,3 0,3 0,4 8,2 1,9 5,7 29,2 6,5 0,4 16,2 2.939,8 Totale 104.607,6 248,0 894,7 70,5 118,2 618,8 124,9 548,3 1.521,2 183,6 9,1 1.462,8 110.407,7 2012 CONTRIBUTIDAREGIONE (quotaFSindistintoequotaFS vincolata) CONTRIBUTIDAREGIONE (extrafondo) CONTRIBUTIIN C/ESERCIZIODAENTI PUBBLICI CONTRIBUTIIN C/ESERCIZIODAENTI PRIVATI RICAVIPERPRESTAZIONI SANITARIEPUBBLICI DELLAREGIONEE PRESTAZIONINON SOGGETTEA COMPENSAZIONE RICAVIPERPRESTAZIONI SANITARIEPRIVATI RICAVIPERPRESTAZIONI NONSANITARIE CONCORSIRECUPERIE RIMBORSIPERATTIVITÀ TIPICHE COMPARTECIPAZIONI ENTRATEVARIE INTERESSIATTIVI COSTICAPITALIZZATI TOTALEnettocoperturee Ulterioritrasferimentida ProvinceautonomeeRSS PIEMONTE 7.884,8 100,0 57,5 10,1 7,2 20,6 32,4 53,1 153,0 9,6 0,1 122,1 8.450,6 VALLE D`AOSTA 219,2 1,5 12,8 0,1 0,9 1,8 0,3 1,3 5,7 0,4 0,0 9,4 253,4 LOMBARDIA 17.107,7 0,0 89,6 39,6 46,7 168,6 58,0 99,6 238,7 33,6 2,6 270,3 18.154,9 PROV.BOLZANO 840,8 0,0 0,0 0,0 9,7 14,3 0,6 13,9 17,7 2,5 0,1 24,7 924,6 PROV. TRENTO 893,3 0,0 0,8 0,0 1,2 10,2 0,3 3,6 16,1 1,6 0,1 40,3 967,6 VENETO 8.456,4 0,0 24,4 9,8 10,0 58,3 3,7 47,6 195,5 24,0 1,9 102,9 8.934,4 FRIULI V.G. 2.152,2 0,0 168,7 2,0 0,6 20,7 13,2 13,9 47,5 5,0 1,3 92,4 2.517,5 LIGURIA 3.022,3 0,1 37,2 5,7 3,1 12,8 0,6 10,3 46,1 14,3 0,2 60,0 3.212,8 E. ROMAGNA 7.882,2 122,9 174,0 1,6 24,3 75,5 1,1 97,8 152,5 18,0 0,9 123,2 8.673,7 TOSCANA 6.691,6 5,7 76,1 6,6 11,1 46,8 6,9 59,8 153,7 19,2 0,5 129,7 7.207,7 UMBRIA 1.609,7 1,0 1,1 0,4 2,2 11,4 0,0 11,1 31,4 2,8 0,5 31,4 1.703,1 MARCHE 2.756,8 0,0 4,7 0,5 2,7 18,7 2,2 9,4 49,2 4,5 0,3 43,1 2.892,3 LAZIO 9.929,1 0,0 181,7 9,9 20,7 72,7 1,4 58,2 145,5 12,4 0,8 146,8 10.579,2 ABRUZZO 2.387,4 0,0 20,4 0,8 0,8 13,0 0,6 5,9 40,7 3,2 0,2 31,7 2.504,7 MOLISE 569,4 0,0 -4,1 0,0 0,2 2,4 0,1 1,6 5,9 0,6 0,0 4,8 580,9 CAMPANIA 9.829,3 0,0 31,9 2,4 2,0 34,8 2,0 36,8 61,6 21,1 0,9 47,0 10.069,8 PUGLIA 6.993,6 30,3 37,0 0,4 3,2 21,1 2,6 9,3 63,9 5,6 1,7 47,2 7.215,9 BASILICATA 1.025,6 4,2 6,3 0,3 1,4 5,3 0,1 2,7 13,9 1,9 0,0 22,8 1.084,5 CALABRIA 3.471,4 0,0 26,1 0,5 1,1 7,4 1,2 14,6 28,5 3,7 0,1 27,5 3.582,1 SICILIA 8.646,8 0,0 43,8 1,0 4,0 33,8 5,2 34,8 51,8 6,6 0,4 88,5 8.916,7 SARDEGNA 2.846,5 0,0 49,8 0,3 0,5 10,4 1,9 6,9 29,0 8,0 0,9 13,8 2.968,1 Totale 105.215,9 265,7 1.039,9 92,1 153,7 660,6 134,5 592,2 1.548,0 198,8 13,4 1.479,7 111.394,5 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati NSIS.
  • 306. II. GLI STRUMENTI PER LE POLITICHE PUBBLICHE CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2014 267 I RISULTATI DI ESERCIZIO (per regioni - valori assoluti in milioni di euro) anno 2012 e 2013 2013 TOTALERICAVI alnettodelle copertureedegli ulterioritrasfdelle regionieprov autonome TOTALE COSTICON VOCI ECONOM.E SALDO INTRAMOENI A SALDO MOBILITA 'EXTRA SALDO MOBILITA' INTERNAZI ONALE UTILEO PERDITA DI ESERCIZIO Aziendein utile altre differenze Ulteriori iscrizioni/ rischi valutatidal "Tavolo" UTILEO PERDITADI ESERCIZIO conrischi primadelle coperture Ulteriori trasferimenti daProv Autonomee RegaStatuto Speciale Coperture contabilizzate nelCE validateda Tavolo UTILEO PERDITADI ESERCIZIO concoperture contabilizzate nelCEe validatedal Tavolo ulteriori perdite/ avanzianni precedenti coperture ulteriori rispettoa quelle contabilizzate suCE UTILEO PERDITADI ESERCIZIO coerentecon verbale Tavolo PIEMONTE8.324,4-8.349,9-7,5-7,8-40,71,10,00,0-41,90,050,08,10,00,08,1 VALLED`AOSTA236,6-277,9-11,90,0-53,24,04,20,0-53,057,20,04,20,00,04,2 LOMBARDIA18.187,0-18.707,3555,0-24,410,20,10,20,010,30,00,010,30,00,010,3 PROV.BOLZANO914,4-1.147,0-6,50,0-239,10,055,00,0-184,1239,90,055,80,00,055,8 PROV.TRENTO958,9-1.178,0-16,90,0-236,00,017,90,0-218,2236,00,017,90,00,017,9 VENETO8.912,9-8.982,575,819,325,517,90,00,07,60,00,07,60,00,07,6 FRIULIV.G.2.484,3-2.553,729,50,0-39,99,66,50,0-42,941,40,0-1,50,00,0-1,5 LIGURIA3.150,7-3.182,7-56,7-2,5-91,30,00,00,0-91,30,091,30,00,05,75,7 EMILIAROMAGNA8.548,0-8.880,4336,7-2,02,30,625,0-25,41,30,00,01,30,00,01,3 TOSCANA7.062,8-7.192,1131,90,32,80,10,40,03,10,00,03,1-3,10,00,0 UMBRIA1.673,8-1.658,69,40,024,60,00,00,024,60,00,024,60,00,024,6 MARCHE2.876,7-2.803,9-33,7-1,637,55,40,00,032,10,00,032,10,00,032,1 LAZIO10.354,2-10.754,0-199,1-10,9-609,90,00,0-93,0-702,90,0868,0165,112,30,0177,4 ABRUZZO2.472,1-2.364,7-69,6-1,636,235,80,00,00,30,00,00,30,00,00,3 MOLISE573,5-654,429,50,0-51,40,00,1-0,4-51,70,022,4-29,3-182,80,8-211,4 CAMPANIA10.016,8-9.659,4-310,7-27,419,312,80,0-0,46,10,0107,1113,2-53,10,060,1 PUGLIA7.213,3-7.063,7-180,1-9,1-39,60,00,00,0-39,60,046,67,00,00,07,0 BASILICATA1.068,5-1.051,7-19,1-1,1-3,42,72,70,0-3,40,00,0-3,40,00,0-3,4 CALABRIA3.552,0-3.326,6-251,7-4,3-30,60,00,00,0-30,60,0109,478,80,00,078,8 SICILIA8.887,6-8.675,2-188,5-17,86,010,5-97,8-102,30,0108,36,10,00,06,1 SARDEGNA2.939,8-3.247,5-53,10,0-360,90,6-17,60,0-379,1345,20,0-33,90,00,0-33,9 Totale110.408,2-111.711,4-237,3-91,1-1.631,6101,494,4-217,0-1.855,6919,81.403,3467,5-226,76,4247,2
  • 307. LA SANITÀ : I RISULTATI DI UN PERCORSO CONSOLIDATO Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2014 Sezioni riunite in sede di controllo 268 SEGUE: I RISULTATI DI ESERCIZIO 2012 TOTALERICAVI alnettodelle copertureedegli ulterioritrasfdelle regionieprov autonome TOTALE COSTICON VOCI ECONOM.E SALDO INTRAMOENI A SALDO MOBILITA 'EXTRA SALDO MOBILITA' INTERNAZI ONALE UTILEO PERDITA DI ESERCIZIO Aziendein utile altre differenze Ulteriori iscrizioni/ rischi valutatidal "Tavolo" UTILEO PERDITADI ESERCIZIO conrischi primadelle coperture Ulteriori trasferimenti daProv Autonomee RegaStatuto Speciale Coperture contabilizzate nelCE validateda Tavolo UTILEO PERDITADI ESERCIZIO concoperture contabilizzate nelCEe validatedal Tavolo ulteriori perdite/ avanzianni precedenti coperture ulteriori rispettoa quelle contabilizzate suCE UTILEO PERDITADI ESERCIZIO coerentecon verbale Tavolo PIEMONTE8.450,6-8.565,76,60,0-108,50,0-0,10,0-108,60,0130,021,4-883,0864,02,4 VALLED`AOSTA253,4-288,4-13,50,7-47,80,70,00,0-48,449,10,00,70,00,00,7 LOMBARDIA18.155,3-18.610,6458,20,03,00,0-0,70,02,30,00,02,30,00,02,3 PROV.BOLZANO924,6-1.179,57,4-16,3-263,80,0-3,816,4-251,3243,40,0-7,90,00,0-7,9 PROV.TRENTO967,6-1.196,7-17,40,0-246,50,11,40,0-245,2246,50,01,40,00,01,4 VENETO8.934,4-8.987,694,80,041,730,20,10,011,60,00,011,60,00,011,6 FRIULIV.G.2.517,5-2.588,833,50,0-37,924,4-3,00,0-65,362,30,0-3,00,00,0-3,0 LIGURIA3.212,8-3.228,1-31,50,0-46,80,00,60,0-46,20,046,80,60,065,265,8 EMILIAROMAGNA8.673,7-9.088,9367,81,0-46,40,20,0-1,0-47,60,047,70,00,00,00,0 TOSCANA7.207,7-7.389,5131,90,0-49,90,70,00,0-50,60,0-50,60,047,5-3,1 UMBRIA1.703,1-1.685,9-7,60,09,75,1-0,1-0,14,40,00,04,40,00,04,4 MARCHE2.892,3-2.819,9-22,50,049,96,20,00,043,70,00,043,7-88,559,514,7 LAZIO10.579,2-11.064,5-119,05,2-599,28,90,0-5,2-613,20,0808,7195,40,00,0195,4 ABRUZZO2.504,7-2.394,2-101,40,09,10,10,00,29,20,042,051,3-47,70,03,5 MOLISE580,9-671,535,80,0-54,80,00,00,0-54,80,031,3-23,5-54,70,0-78,3 CAMPANIA10.069,8-9.855,8-299,10,0-85,225,80,00,0-111,00,0233,0122,00,00,0122,0 PUGLIA7.215,9-7.040,2-171,70,24,10,30,03,80,00,03,8-221,7224,06,1 BASILICATA1.084,5-1.058,2-19,10,07,23,30,00,03,90,00,03,9-8,516,812,1 CALABRIA3.582,1-3.402,0-250,00,3-69,60,80,0-0,3-70,70,0114,243,50,00,043,5 SICILIA8.916,7-8.709,1-203,50,24,312,00,0-0,2-7,80,07,80,00,00,00,0 SARDEGNA2.968,1-3.281,1-65,20,0-378,113,60,40,0-391,3392,81,40,00,01,4 Totale111.394,9-113.106,0-185,4-8,9-1.905,4132,5-5,39,8-2.033,3994,11.461,4422,3-1.304,11.277,1395,2