I nonni raccontano... Ieri abbiamo avuto nella nostra classe la visita di un nonno che ci ha raccontano un po' della sua vita, soprattutto quando era piccolo. Dal racconto del nonno abbiamo capito che, agli inizi del 900, a Chianciano e dintorni, le famiglie abitavano in paese, ma soprattutto in campagna e i componenti della famiglia lavoravano nei campi. A capo della famiglia c'era il capoccia, la persona più anziana, c'era anche la massaia moglie del
capoccia che erano le sole persone che avevano una camera tutta per loro. I ragazzi dormivano in camera con i genitori, perciò in una camera potevano dormire anche sette o più persone, i materassi erano di foglie di granturco, d'inverno per scaldare il letto usavano il “prete”, dove mettevano lo scaldino con la brace. I ragazzi prima di andare a scuola, al mattino si alzavano presto e andavano a “badare” i maiali, poi facevano chi più, chi meno circa quattro chilometri a piedi prima di arrivare a scuola, non c' erano i pulmini e non li accompagnavano i genitori. Durante il tragitto, quando faceva freddo, raccoglievano un po di legna, per scaldarsi a scuola, dove c' era una stufa di terra cotta. Molti bambini andavano a scuola al mattino, dalle ore nove alle ore tredici, altri il pomeriggio dalle quattordici alle diciassette e in genere studiavano fino alla terza elementare. I ragazzi aiutavano i grandi fin da piccoli c'era chi andava a badare il bestiame, chi andava a raccogliere i fagioli o le spighe di grano che rimanevano nei campi dopo la mietitura. I momenti più importanti della vita agricola erano:
- la semina e la mietitura - la raccolta delle olive - la vendemmia.
La semina in autunno gli agricoltori aravano la terra con il rivoltante trainato dai buoi, poi con la seminatrice sempre trainata dai buoi, seminavano il grano che nasceva durante l'inverno. La mietitura Agli inizi dell'estate, quando il grano era maturo, veniva mietuto ed anche il periodo della mietitura era un momento di festa perché si ritrovavano più famiglie insieme. La mietitura veniva fatta con la falciatrice un attrezzo agricolo, anche questo trainato dai buoi che tagliava il
grano e lo lasciava sul campo, poi passavano dietro delle  persone che legavano il grano tagliato poi lo  ammucchiavano. Finita la mietitura dopo un po' di tempo i mucchi di grano fati nei campi venivano caricati sul carro e portati nell'aia dove facevano un grande mucchio che poi veniva trebbiato con la trebbiatrice. Il grano veniva messo nel granaio, con la paia facevano un grosso pagliaio nell'aia.  Alcuni proverbi usati dai contadini toscani riferiti alla semina e a grano: a San Martino sta meglio il grano al campo che al mulino.
Chi non semina non raccoglie. Sotto la neve pane e sotto la pioggia la fame. Dopo la trebbiatura il grano veniva portato al mulino dove veniva macinato e si otteneva la farina. I mulini erano quasi tutti ad acqua e accanto ad ogni mulino c'era una gora un vasto recipiente che serviva per raccogliere le acque le acque che facevano funzionare le macine. A Chianciano avevano diverse gore, una dove si trova lo stabilimento Sillene, un'altra dove si trova l'albergo Centrale, cioè dove oggi c'è un grande condominio e alcuni negozi Benetton.
Il pane Un tempo per la famiglia contadina, la carne era considerata un lusso e sulla tavola compariva una volta ogni tanto, l'alimento principale era il pane, nutrimento per eccellenza. Tutti gli altri cibi erano “companatico”, cioè il pane era indispensabile. “ Crescere a pane e cipolla” è un modo di dire che testimoniava le condizioni di povertà che caratterizzavano la vita delle popolazioni agricole. Il pane veniva fatto in casa una volta alla settimana. Poiché le famiglie erano numerose
occorreva cuocere dai venti ai venticinque pani alla volta, del peso di due chili ciascuno. La sera si metteva il lievito a rinvenire in una pentola con acqua calda, perché gli otto giorni trascorsi in un angolo della madia lo avevano indurito. Al lievito si univa la farina impastando bene il tutto, poi si lasciava lievitare. La mattina dopo le donne si alzavano presto, verso le cinque, mettevano a scaldare l'acqua per impastare il pane. Lavoravano l'impasto con le mani e continuavano finché non si era assodato.
Quando l'impasto era ben lavorato, da esso staccavano una dopo l'altra le forme di pane che pesavano su un'asse di legno ricoperto da un telo. Poggiata la prima forma facevano una piega al telo per dividerla dalla successiva e via fino a riempire completamente l'asse. A questo punto con un lembo del telo lasciato a ciondoloni si coprivano tutte le forme di pane, d' inverno si copriva il tutto con  una coperta di lana per far lievitare meglio il pane. Le donne andavano a scaldare il pane nel forno, annesso ad ogni casa colonica. Chi scaldava il forno, bruciato l'ultimo fastello di legno,
mandava la brace tutto su un lato del forno quindi spazzava  bene il forno, infine poneva una manciatina di farina per vedere se il forno era ben caldo. Quando il forno era pronto portavano il pane già lievitato nella stanza del forno. Poi con una mestola da farina rovesciavano la forma del pane sulla pala per infornarla. Un'ora era sufficiente per cuocere completamente il pane, al termine della cottura si estraevano i pani dal forno con la stessa pala usata per infornarli e con la spazzola di saggina, si potevano levare i pezzetti di carbone rimasti attaccati. Cuocendo il pane si sfruttava il calore del forno per cuocere anche la schiacciata e qualche volta i semi di zucca, le mele e i fichi da seccare.
 
La raccolta delle olive Sempre in autunno si raccoglievano le olive. I lavoratori salivano sulle scale tenendo la cestella legata in vita dove mettevano le olive che coglievano, quando la cestella era piena andavano a vuotarla in un recipiente. Finita la raccolta le olive venivano portate al frantoio dove si faceva l' olio. I frantoi di un tempo erano diversi da quelli di oggi: il meccanismo era lo stesso di adesso ma la
macina veniva fatta girare o da l' acqua o dagli animali.
 
La vendemmia Alla fine dell'estate e con l'inizio dell'autunno e gli agricoltori  vendemmiavano dell'uva era come una festa perché si ritrovarono donne, ragazzi, uomini anche di più abitazioni. Durante la vendemmia si cantava. Svegliatevi dal sonno, ubriaconi!  Svegliatevi dal sonno, ‘briaconi,  che giunta l’è per noi la gran cuccagna.  S’ha da mangià de’ polli e de’ piccioni,  e ber del vin che vien dalla campagna.  E la Menica con il cembalo la frullana la sonerà.  E la Menica con il cembalo la frullana la sonerà.  Addio Carola, Carola addio!  Sarà de’ nostri anche Beppin del Noce  E detto gli ho che porti l’organino.  Giusto n’ha compro uno a sette voce  Lo fa cantà che sembra un calderino.
Gli è un tremoto, gli è un accidente tutti i versi li sa fa’.  Gli è un tremoto, gli è un accidente tutti i versi li sa fa’.  Addio Carola, Carola addio!  Avevo anche invitato il so’ Priore  Perché anche lui venisse al ritrovato,  ma gli ha mandato a di’ pel servitore  che gli è nel letto tutto ammalazzato.  Gli è in cucina con la sua serva a ‘iutargli a risciaquà.  Gli è in cucina con la sua serva a ‘iutargli a risciaquà.  Addio Carola, Carola addio!
Anche la vendemmia veniva fatta in modo diverso da oggi, i bigonci venivano portati alla cantina con il carro trainato da buoi.
Numerosi sono i proverbi sulla vite e sul vino:  Chi lo beve, non lo mangia. Il vecchio pianta la vigna e il giovane la vendemmia. Chi nel marzo
non pota la sua vigna, perde la vendemmia. Se piove per....,l' uva bianca se ne va; se piove mattina e sera, se ne va la bianca e la nera. Nella botte piccola ci sta il vin buono. A san Martino ogni mostra il vino. L' acqua fa male e il vino fa cantare. Il vino ai vecchi e il latte ai bambini.
 
 
Il tempo passa e tutto cambia...  oggi noi il grano lo mietiamo con la mietitrebbia il grano lo macinano in mulini moderni e il pane viene fatto dai fornai. Le olive vengono raccolte con apposite macchinette ed anche l'uva...

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Pane Olio Vino

  • 1. I nonni raccontano... Ieri abbiamo avuto nella nostra classe la visita di un nonno che ci ha raccontano un po' della sua vita, soprattutto quando era piccolo. Dal racconto del nonno abbiamo capito che, agli inizi del 900, a Chianciano e dintorni, le famiglie abitavano in paese, ma soprattutto in campagna e i componenti della famiglia lavoravano nei campi. A capo della famiglia c'era il capoccia, la persona più anziana, c'era anche la massaia moglie del
  • 2. capoccia che erano le sole persone che avevano una camera tutta per loro. I ragazzi dormivano in camera con i genitori, perciò in una camera potevano dormire anche sette o più persone, i materassi erano di foglie di granturco, d'inverno per scaldare il letto usavano il “prete”, dove mettevano lo scaldino con la brace. I ragazzi prima di andare a scuola, al mattino si alzavano presto e andavano a “badare” i maiali, poi facevano chi più, chi meno circa quattro chilometri a piedi prima di arrivare a scuola, non c' erano i pulmini e non li accompagnavano i genitori. Durante il tragitto, quando faceva freddo, raccoglievano un po di legna, per scaldarsi a scuola, dove c' era una stufa di terra cotta. Molti bambini andavano a scuola al mattino, dalle ore nove alle ore tredici, altri il pomeriggio dalle quattordici alle diciassette e in genere studiavano fino alla terza elementare. I ragazzi aiutavano i grandi fin da piccoli c'era chi andava a badare il bestiame, chi andava a raccogliere i fagioli o le spighe di grano che rimanevano nei campi dopo la mietitura. I momenti più importanti della vita agricola erano:
  • 3. - la semina e la mietitura - la raccolta delle olive - la vendemmia.
  • 4. La semina in autunno gli agricoltori aravano la terra con il rivoltante trainato dai buoi, poi con la seminatrice sempre trainata dai buoi, seminavano il grano che nasceva durante l'inverno. La mietitura Agli inizi dell'estate, quando il grano era maturo, veniva mietuto ed anche il periodo della mietitura era un momento di festa perché si ritrovavano più famiglie insieme. La mietitura veniva fatta con la falciatrice un attrezzo agricolo, anche questo trainato dai buoi che tagliava il
  • 5. grano e lo lasciava sul campo, poi passavano dietro delle persone che legavano il grano tagliato poi lo ammucchiavano. Finita la mietitura dopo un po' di tempo i mucchi di grano fati nei campi venivano caricati sul carro e portati nell'aia dove facevano un grande mucchio che poi veniva trebbiato con la trebbiatrice. Il grano veniva messo nel granaio, con la paia facevano un grosso pagliaio nell'aia. Alcuni proverbi usati dai contadini toscani riferiti alla semina e a grano: a San Martino sta meglio il grano al campo che al mulino.
  • 6. Chi non semina non raccoglie. Sotto la neve pane e sotto la pioggia la fame. Dopo la trebbiatura il grano veniva portato al mulino dove veniva macinato e si otteneva la farina. I mulini erano quasi tutti ad acqua e accanto ad ogni mulino c'era una gora un vasto recipiente che serviva per raccogliere le acque le acque che facevano funzionare le macine. A Chianciano avevano diverse gore, una dove si trova lo stabilimento Sillene, un'altra dove si trova l'albergo Centrale, cioè dove oggi c'è un grande condominio e alcuni negozi Benetton.
  • 7. Il pane Un tempo per la famiglia contadina, la carne era considerata un lusso e sulla tavola compariva una volta ogni tanto, l'alimento principale era il pane, nutrimento per eccellenza. Tutti gli altri cibi erano “companatico”, cioè il pane era indispensabile. “ Crescere a pane e cipolla” è un modo di dire che testimoniava le condizioni di povertà che caratterizzavano la vita delle popolazioni agricole. Il pane veniva fatto in casa una volta alla settimana. Poiché le famiglie erano numerose
  • 8. occorreva cuocere dai venti ai venticinque pani alla volta, del peso di due chili ciascuno. La sera si metteva il lievito a rinvenire in una pentola con acqua calda, perché gli otto giorni trascorsi in un angolo della madia lo avevano indurito. Al lievito si univa la farina impastando bene il tutto, poi si lasciava lievitare. La mattina dopo le donne si alzavano presto, verso le cinque, mettevano a scaldare l'acqua per impastare il pane. Lavoravano l'impasto con le mani e continuavano finché non si era assodato.
  • 9. Quando l'impasto era ben lavorato, da esso staccavano una dopo l'altra le forme di pane che pesavano su un'asse di legno ricoperto da un telo. Poggiata la prima forma facevano una piega al telo per dividerla dalla successiva e via fino a riempire completamente l'asse. A questo punto con un lembo del telo lasciato a ciondoloni si coprivano tutte le forme di pane, d' inverno si copriva il tutto con una coperta di lana per far lievitare meglio il pane. Le donne andavano a scaldare il pane nel forno, annesso ad ogni casa colonica. Chi scaldava il forno, bruciato l'ultimo fastello di legno,
  • 10. mandava la brace tutto su un lato del forno quindi spazzava bene il forno, infine poneva una manciatina di farina per vedere se il forno era ben caldo. Quando il forno era pronto portavano il pane già lievitato nella stanza del forno. Poi con una mestola da farina rovesciavano la forma del pane sulla pala per infornarla. Un'ora era sufficiente per cuocere completamente il pane, al termine della cottura si estraevano i pani dal forno con la stessa pala usata per infornarli e con la spazzola di saggina, si potevano levare i pezzetti di carbone rimasti attaccati. Cuocendo il pane si sfruttava il calore del forno per cuocere anche la schiacciata e qualche volta i semi di zucca, le mele e i fichi da seccare.
  • 11.  
  • 12. La raccolta delle olive Sempre in autunno si raccoglievano le olive. I lavoratori salivano sulle scale tenendo la cestella legata in vita dove mettevano le olive che coglievano, quando la cestella era piena andavano a vuotarla in un recipiente. Finita la raccolta le olive venivano portate al frantoio dove si faceva l' olio. I frantoi di un tempo erano diversi da quelli di oggi: il meccanismo era lo stesso di adesso ma la
  • 13. macina veniva fatta girare o da l' acqua o dagli animali.
  • 14.  
  • 15. La vendemmia Alla fine dell'estate e con l'inizio dell'autunno e gli agricoltori vendemmiavano dell'uva era come una festa perché si ritrovarono donne, ragazzi, uomini anche di più abitazioni. Durante la vendemmia si cantava. Svegliatevi dal sonno, ubriaconi! Svegliatevi dal sonno, ‘briaconi, che giunta l’è per noi la gran cuccagna. S’ha da mangià de’ polli e de’ piccioni, e ber del vin che vien dalla campagna. E la Menica con il cembalo la frullana la sonerà. E la Menica con il cembalo la frullana la sonerà. Addio Carola, Carola addio! Sarà de’ nostri anche Beppin del Noce E detto gli ho che porti l’organino. Giusto n’ha compro uno a sette voce Lo fa cantà che sembra un calderino.
  • 16. Gli è un tremoto, gli è un accidente tutti i versi li sa fa’. Gli è un tremoto, gli è un accidente tutti i versi li sa fa’. Addio Carola, Carola addio! Avevo anche invitato il so’ Priore Perché anche lui venisse al ritrovato, ma gli ha mandato a di’ pel servitore che gli è nel letto tutto ammalazzato. Gli è in cucina con la sua serva a ‘iutargli a risciaquà. Gli è in cucina con la sua serva a ‘iutargli a risciaquà. Addio Carola, Carola addio!
  • 17. Anche la vendemmia veniva fatta in modo diverso da oggi, i bigonci venivano portati alla cantina con il carro trainato da buoi.
  • 18. Numerosi sono i proverbi sulla vite e sul vino: Chi lo beve, non lo mangia. Il vecchio pianta la vigna e il giovane la vendemmia. Chi nel marzo
  • 19. non pota la sua vigna, perde la vendemmia. Se piove per....,l' uva bianca se ne va; se piove mattina e sera, se ne va la bianca e la nera. Nella botte piccola ci sta il vin buono. A san Martino ogni mostra il vino. L' acqua fa male e il vino fa cantare. Il vino ai vecchi e il latte ai bambini.
  • 20.  
  • 21.  
  • 22. Il tempo passa e tutto cambia... oggi noi il grano lo mietiamo con la mietitrebbia il grano lo macinano in mulini moderni e il pane viene fatto dai fornai. Le olive vengono raccolte con apposite macchinette ed anche l'uva...