L’Agenzia emana la circolare in materia di split payment
In data 9 febbraio (ossia, a pochi giorni dalla scadenza del versamento dell’IVA e dopo quasi un
mese e mezzo dall’entrata in vigore della normativa), l’Agenzia delle Entrate ha emanato la sua
prima circolare del 2015, fornendo chiarimenti relativi allo split payment.
Come noto, dal 1° gennaio 2015, è in vigore il nuovo meccanismo denominato split payment
(scissione del pagamento), in base al quale, i fornitori che emettono fattura nei riguardi degli enti
pubblici, devono provvedere a scindere l’importo dell’IVA, che non verrà pagata dal cliente, ma
direttamente versata da quest’ultimo all’Erario.
La circolare 1E/2015 fornisce al riguardo i seguenti “iniziali chiarimenti”.
Il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di
servizi effettuate, nel territorio dello Stato, nei confronti di pubbliche amministrazioni. In
particolare, la disciplina riguarda tutti gli acquisti effettuati dalle pubbliche amministrazioni
individuate dalla norma, sia quelli effettuati in ambito non commerciale ossia nella veste
istituzionale, che quelli effettuati nell’esercizio di attività d’impresa.
La scissione dei pagamenti riguarda le operazioni documentate mediante fattura emessa dai
fornitori. Devono, pertanto, ritenersi escluse dal predetto meccanismo le operazioni (es: piccole
spese dell’ente pubblico) certificate dal fornitore mediante il rilascio della ricevuta fiscale, o dello
scontrino fiscale, ovvero non fiscale per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica
dei corrispettivi, ovvero altre modalità semplificate di certificazione specificatamente previste.
Il meccanismo della scissione dei pagamenti, nelle more del rilascio della misura di deroga da
parte del Consiglio dell’Unione europea, trova comunque applicazione per le operazioni per le
quali l’imposta sul valore aggiunto è esigibile a partire dal 1° gennaio 2015 (fatture datate 2015).
Ciò significa che si applica alle operazioni in relazione alle quali il corrispettivo sia stato pagato
dopo il 1° gennaio 2015 e sempre che le stesse non siano state già fatturate anteriormente alla
predetta data. Il meccanismo della scissione dei pagamenti non è, invece, applicabile alle
operazioni per le quali è stata emessa fattura entro il 31 dicembre 2014.
L’Agenzia precisa che, trattandosi di una norma speciale avente carattere agevolativo e natura
derogatoria rispetto ai principi ordinari dell’IVA, non è possibile effettuare interpretazioni
estensive della stessa.
Le amministrazioni pubbliche individuate dalla norma in commento come destinatarie della
disciplina della scissione dei pagamenti, in presenza degli altri requisiti ivi previsti, sono:
- Stato e altri soggetti qualificabili come organi dello Stato, ancorché dotati di autonoma
personalità giuridica, ivi compresi, ad esempio, le istituzioni scolastiche e le istituzioni per
l’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM);
- enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane) e consorzi tra essi
costituiti, Comunità montane, Comunità isolane e Unioni di Comuni;
- Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (C.C.I.A.A.);
- Istituti universitari;
- Aziende sanitarie locali;
- Enti ospedalieri, a eccezione degli enti ecclesiastici che esercitano assistenza ospedaliera;
- Enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico (I.R.C.C.S.);
- Enti pubblici di assistenza e beneficenza, ossia, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e
Beneficenza (IPAB) e Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP);
- Enti pubblici di previdenza (INPS, Fondi pubblici di previdenza).
Sono, viceversa, esclusi dallo split payment gli enti previdenziali privati o privatizzati (essendo la
natura pubblica un requisito imprescindibile per l’applicazione della norma in commento), come
pure le aziende speciali (ivi incluse quelle delle CCIAA) e della generalità degli enti pubblici
economici, che operano con un’organizzazione imprenditoriale di tipo privatistico nel campo della
produzione e dello scambio di beni e servizi, ancorché nell’interesse della collettività.
Devono, inoltre, ritenersi esclusi dalla platea dei destinatari del meccanismo della scissione dei
pagamenti: gli Ordini professionali, gli Enti e istituti di ricerca, le Agenzie fiscali, le Autorità
amministrative indipendenti (quale, a esempio, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni –
AGCOM), le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), gli Automobil Club
provinciali, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN),
l’Agenzia per L’Italia Digitale (AgID), l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL), l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO).
L’Agenzia precisa che, in ogni caso, al fine di una più puntuale individuazione dei soggetti pubblici
destinatari della disciplina della scissione dei pagamenti, si potrà fare riferimento all’Indice delle
Pubbliche Amministrazioni (c.d. IPA), consultabile alla pagina:
http://indicepa.gov.it/documentale/ricerca.php
Sembrerebbero, dunque, potersi eliminare dubbi al riguardo; senonché, purtroppo, l’Agenzia si
affretta a chiarire che:
1. restano esclusi, in ogni caso, gli enti privati anche se risultano eventualmente inquadrati
nelle predette categorie (quali?);
2. considerato che il richiamo alle anzidette categorie IPA non può ritenersi esaustivo, si
evidenzia che laddove, in relazione a taluni enti, dovessero permanere dei dubbi
sull’applicabilità del meccanismo della scissione dei pagamenti, l’operatore interessato
potrà inoltrare specifica istanza di interpello all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 11
della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante le “disposizioni in materia di Statuto dei diritti
del contribuente”.
Questa è un’inaccettabile e biasimevole soluzione di comodo.
Innanzitutto, occorre rimarcare come una circolare interpretativa dovrebbe essere emanata per
fornire chiarimenti, non certo per invitare a richiedere gli stessi con eventuale ulteriore istanza
d’interpello: i contribuenti ringraziano l’Agenzia ma, almeno fino a là, ci arrivavano anche da soli,
posto che trattasi di una norma di legge generale, in vigore da circa 15 anni.
In secondo luogo, è veramente ridicolo che neppure la pubblica amministrazione sia in grado di
fare un elenco degli enti pubblici esistenti, indicandone denominazione ed effettive funzioni. E poi
si parla di spending review: ma come, non sanno neanche chi sono e vogliono limitarne le spese?
Infine, essendo ben noti i tempi necessari per predisporre un’istanza d’interpello e riceverne una
risposta ufficiale, non si capisce come detta strada potrebbe essere praticata dalle imprese, le
quali, già attualmente, sono in genere costrette ad attendere mesi prima di ricevere il pagamento
delle loro fatture; figurarsi se dovessero anche, con la “scusa” dell’interpello, raddoppiare tali
termini.
Sinceramente, non si capisce quanta altra liquidità si voglia sostanzialmente togliere alle imprese.
Non era già sufficiente averle private dell’IVA? Ora, anche ulteriori eventuali ritardi nel ricevere i
pagamenti. Certo che lo Stato sta davvero facendo di tutto per rovinarla, l’economia; altro che
aiutare la ripresa.
Fortunatamente, L’Agenzia conclude precisando che, in considerazione dell’incertezza in materia e
per il fatto che la normativa ha esplicato comunque la sua efficacia già in relazione alle fatture
emesse a partire dal 1° gennaio (e la circolare sta intervenendo il 9 febbraio – N.d.R.), nonché in
ossequio ai principi dello Statuto del contribuente (sic!), possono essere fatti salvi i
comportamenti finora adottati dai contribuenti, ai quali, pertanto, non dovranno essere applicate
sanzioni per le violazioni – relative alle modalità di versamento dell’IVA afferente alle operazioni in
discorso – eventualmente commesse anteriormente all’emanazione del presente documento di
prassi.
Ne deriva che ove le pubbliche amministrazioni, dopo il 1° gennaio 2015, abbiano corrisposto al
fornitore l’IVA a esse addebitata in relazione a operazioni fatturate a partire dalla medesima data
e, a sua volta, il fornitore abbia computato in sede di liquidazione, secondo le modalità ordinarie,
l’imposta incassata dalle pubbliche amministrazioni, non occorrerà effettuare alcuna variazione.
Attenzione però che, diversamente, ove il fornitore abbia erroneamente emesso fattura con
l’annotazione “scissione dei pagamenti”, lo stesso dovrà correggere il proprio operato ed
esercitare la rivalsa nei modi ordinari. In tal caso le pubbliche amministrazioni dovranno
corrispondere al fornitore anche l’IVA relativa all’operazione ricevuta.
La cosa è quanto meno bizzarra: non ci sono sanzioni se una fattura, che doveva essere soggetta
allo split payment, è stata emessa in maniera ordinaria (nel periodo: 01.01.2015 – 09.02.2015); nel
caso contrario, però (fattura non soggetta a split payment, ma emessa con tale meccanismo), il
fornitore dovrà provvedere a correggere tale documento.
E, se non lo fa, in quali sanzioni incorre?

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  • 2. - Istituti universitari; - Aziende sanitarie locali; - Enti ospedalieri, a eccezione degli enti ecclesiastici che esercitano assistenza ospedaliera; - Enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico (I.R.C.C.S.); - Enti pubblici di assistenza e beneficenza, ossia, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP); - Enti pubblici di previdenza (INPS, Fondi pubblici di previdenza). Sono, viceversa, esclusi dallo split payment gli enti previdenziali privati o privatizzati (essendo la natura pubblica un requisito imprescindibile per l’applicazione della norma in commento), come pure le aziende speciali (ivi incluse quelle delle CCIAA) e della generalità degli enti pubblici economici, che operano con un’organizzazione imprenditoriale di tipo privatistico nel campo della produzione e dello scambio di beni e servizi, ancorché nell’interesse della collettività. Devono, inoltre, ritenersi esclusi dalla platea dei destinatari del meccanismo della scissione dei pagamenti: gli Ordini professionali, gli Enti e istituti di ricerca, le Agenzie fiscali, le Autorità amministrative indipendenti (quale, a esempio, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – AGCOM), le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), gli Automobil Club provinciali, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), l’Agenzia per L’Italia Digitale (AgID), l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO). L’Agenzia precisa che, in ogni caso, al fine di una più puntuale individuazione dei soggetti pubblici destinatari della disciplina della scissione dei pagamenti, si potrà fare riferimento all’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (c.d. IPA), consultabile alla pagina: http://indicepa.gov.it/documentale/ricerca.php Sembrerebbero, dunque, potersi eliminare dubbi al riguardo; senonché, purtroppo, l’Agenzia si affretta a chiarire che: 1. restano esclusi, in ogni caso, gli enti privati anche se risultano eventualmente inquadrati nelle predette categorie (quali?); 2. considerato che il richiamo alle anzidette categorie IPA non può ritenersi esaustivo, si evidenzia che laddove, in relazione a taluni enti, dovessero permanere dei dubbi sull’applicabilità del meccanismo della scissione dei pagamenti, l’operatore interessato potrà inoltrare specifica istanza di interpello all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante le “disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente”. Questa è un’inaccettabile e biasimevole soluzione di comodo. Innanzitutto, occorre rimarcare come una circolare interpretativa dovrebbe essere emanata per fornire chiarimenti, non certo per invitare a richiedere gli stessi con eventuale ulteriore istanza
  • 3. d’interpello: i contribuenti ringraziano l’Agenzia ma, almeno fino a là, ci arrivavano anche da soli, posto che trattasi di una norma di legge generale, in vigore da circa 15 anni. In secondo luogo, è veramente ridicolo che neppure la pubblica amministrazione sia in grado di fare un elenco degli enti pubblici esistenti, indicandone denominazione ed effettive funzioni. E poi si parla di spending review: ma come, non sanno neanche chi sono e vogliono limitarne le spese? Infine, essendo ben noti i tempi necessari per predisporre un’istanza d’interpello e riceverne una risposta ufficiale, non si capisce come detta strada potrebbe essere praticata dalle imprese, le quali, già attualmente, sono in genere costrette ad attendere mesi prima di ricevere il pagamento delle loro fatture; figurarsi se dovessero anche, con la “scusa” dell’interpello, raddoppiare tali termini. Sinceramente, non si capisce quanta altra liquidità si voglia sostanzialmente togliere alle imprese. Non era già sufficiente averle private dell’IVA? Ora, anche ulteriori eventuali ritardi nel ricevere i pagamenti. Certo che lo Stato sta davvero facendo di tutto per rovinarla, l’economia; altro che aiutare la ripresa. Fortunatamente, L’Agenzia conclude precisando che, in considerazione dell’incertezza in materia e per il fatto che la normativa ha esplicato comunque la sua efficacia già in relazione alle fatture emesse a partire dal 1° gennaio (e la circolare sta intervenendo il 9 febbraio – N.d.R.), nonché in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente (sic!), possono essere fatti salvi i comportamenti finora adottati dai contribuenti, ai quali, pertanto, non dovranno essere applicate sanzioni per le violazioni – relative alle modalità di versamento dell’IVA afferente alle operazioni in discorso – eventualmente commesse anteriormente all’emanazione del presente documento di prassi. Ne deriva che ove le pubbliche amministrazioni, dopo il 1° gennaio 2015, abbiano corrisposto al fornitore l’IVA a esse addebitata in relazione a operazioni fatturate a partire dalla medesima data e, a sua volta, il fornitore abbia computato in sede di liquidazione, secondo le modalità ordinarie, l’imposta incassata dalle pubbliche amministrazioni, non occorrerà effettuare alcuna variazione. Attenzione però che, diversamente, ove il fornitore abbia erroneamente emesso fattura con l’annotazione “scissione dei pagamenti”, lo stesso dovrà correggere il proprio operato ed esercitare la rivalsa nei modi ordinari. In tal caso le pubbliche amministrazioni dovranno corrispondere al fornitore anche l’IVA relativa all’operazione ricevuta. La cosa è quanto meno bizzarra: non ci sono sanzioni se una fattura, che doveva essere soggetta allo split payment, è stata emessa in maniera ordinaria (nel periodo: 01.01.2015 – 09.02.2015); nel caso contrario, però (fattura non soggetta a split payment, ma emessa con tale meccanismo), il fornitore dovrà provvedere a correggere tale documento. E, se non lo fa, in quali sanzioni incorre?