5 COSE CHE UN CEO NON DOVREBBE FARE

5 COSE CHE UN CEO NON DOVREBBE FARE

Passiamo i nostri anni più fortunati, a montare, oliare, limare.

Ma quanto ci si mette a distruggere tutto ciò che si è costruito? Un CEO ha la lista piena di tutte le cose che deve fare (qui ne trovate 5). Ma si sa, si impara più dagli errori che dai successi.

Ecco le 5 cose che un Ceo NON dovrebbe mai fare. 

Una sola goccia di sangue 

Elizabeth Holmes nasce in una famiglia di impiegati governativi a Washington. A 9 anni le chiedono: “Che cosa vuoi fare da grande? 

“Voglio essere una miliardaria” 

E si sa quando una donna si mette in testa qualcosa, può arrivare ad usare qualsiasi mezzo per ottenerla.

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A 19 anni Elizabeth lascia Stanford per fondare una piccola startup chiamata Theranos. Il suo ambizioso sogno era "salvare milioni di vite umane" rivoluzionando il mondo delle analisi del sangue. Grazie ai MiniLab, piccoli oggetti dal design appleiano, avrebbe diagnosticato con una sola goccia di sangue malattie in fase precoce.

Per fare questo, Elizabeth raccoglie 700 milioni di dollari.

Il guadagno che ne avrebbe tratto sarebbe stato di oltre 700 miliardi.


1. Non circondarti di cattivi consiglieri

Con un primo round di capitali di 7 milioni di euro, Elizabeth iniziò a costruire il suo team per la prima prototipazione dell’analizzatore di gocce di sangue. Chelsea Burkett era una delle sue migliori amiche dei tempi dell’università. Fu lei la prima a ricevere la proposta di entrare in squadra. All’epoca un’altra presenza si espandeva nella sede operativa della Theranos: Sunny Blawani. Chelsea non sapeva con certezza chi fosse, ma aveva ben chiaro 3 cose: Sunny era il dispotico e tracotante vicepresidente esecutivo della Theranos; aveva 20 anni più di Elizabeth; era il suo mentore nonché il suo compagno.

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“Guarda come si comporta con gli altri e avrai un’idea di che persona è” dissero a Chelsea appena entrata in squadra. Sunny camminava per i corridoi, sentendosi il padrone indiscusso dell’azienda, non solo della sua Lamborghini. Controllava mail e orario di entrata e di uscita di ogni dipendente. Rimanere in ufficio per meno di 11 ore al giorno, sabato e domenica inclusi, era considerato un “affronto alla fiducia che l’azienda ti ha concesso assumendoti.” Sunny ricopriva il ruolo di tagliatore di teste, 8 volte su 10 faceva sparire le teste dei suoi dipendenti appena assunti.

2. Non gestire un’azienda con il terrore e l’intimidazione

A distanza di 5 anni dalla prima pietra della Theranos e di svariati milioni spesi, il miniLab, ,era ancora in fase di sviluppo. Ma dichiarare che l’esagerata diluizione del sangue o la temperatura del Minilab potessero compromettere la veridicità dei risultati era “mettere in dubbio il capo”. Inaccettabile. Il vero problema della Theranos non era né la visione, né gli obiettivi che si poneva: era la cultura aziendale malsana in cui venivano realizzati. Chiunque sollevasse un’obiezione veniva considerato da Elizabeth e Sunny un traditore, cinico, un bastian contrario. I dipendenti che si ostinavano a mantenere atteggiamenti di questo tipo venivano screditati, marginalizzati, infine licenziati. I leccapiedi promossi.

A ciò si aggiungeva il fatto che i dipendenti erano trattati come proprietà intellettuali, ai quali poter mettere numerosi bavagli. Elizabeth aveva assunto uno degli studi legali più spietati della Silicon Valley per raggiungere questo obiettivo. Chiunque venisse licenziato aveva l’obbligo di firmare una complessa rete di NDA pensati per sterminare economicamente, sotto una coltre di spese legali e cause giudiziarie, chiunque avesse osato parlare di ciò che accadeva alla Theranos.

3. Non chiedere scusa per i tuoi errori

Il timing tra sviluppo di prodotto, di business e di cassa è cruciale in una startup. La Theranos, e non solo lei, non è mai stata in grado di parallelizzare queste attività. É come in una gara di equitazione, il cavallo di razza è lo sviluppo commerciale, il fantino è il prodotto che deve guidarlo.

Elizabeth aveva fatto scendere il fantino dal cavallo all’inizio della gara.

É così che nacque uno dei più grandi accordi tra una startup e una intera catena di supermercati: la Walgreens a cui seguì la Safeway. Secondo le più rosee previsioni: “l’industria dei laboratori aveva i giorni contati”

Nei piani c’era l'installazione di un moderno salottino per ogni supermercato in California, nei quali chiunque poteva farsi analizzare il sangue a costi assolutamente accessibili.

Il risultato?

350 milioni di dollari per 800 “cliniche in miniatura” nelle quali non arrivò mai l’analizzatore promesso da Elizabeth. La causa legale si concluse con un risarcimento dei danni del valore di 30 milioni, nonostante originariamente fossero 140. Elizabeth non chiese mai scusa.

4. Non creare una cultura dell’omertà 

L’azienda vantava un record eccezionale di turnover: circa l’80%. La maggior parte degli assunti da Sunny erano giovanissimi ricercatori usciti da Stanford e da altre prestigiose università americane. Il prototipo ideale era under 25, con poca o nulla esperienza, goffo e chiuso in se stesso ma sufficientemente idealista da credere che con le sue capacità avrebbe salvato centinaia di migliaia di vite umane”.

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Ian Gibbson fu il primo scienziato con alle spalle una ricca esperienza. Per 5 anni diresse il settore chimico della Theranos.

C’era qualcosa che non lo convinceva nella gestione di Elizabeth e Sunny: il modo in cui isolavano i gruppi in compartimenti stagni, per scoraggiare la comunicazione. Nelle altre realtà di diagnostica i team trasversali erano fortemente esortati a far circolare scoperte e progressi: il modo più naturale per evitare di far commettere gli stessi errori pagandone due volte il costo.

Un altro punto dolente faceva corrucciare la fronte dello scienziato: il rapporto molto libero che Elizabeth aveva con la verità. Ian l’aveva sentita molte volte raccontare palesi bugie, soprattutto quando parlava dei progressi della tecnologia che stava sviluppando. Dopo 5 anni di lavoro non le credeva più.

Fu per questo, per onestà intellettuale e una lucida visione di progetto, che Ian fu prima demansionato e poi licenziato. il 16 maggio, alle 7.30 del mattino, Ian Gibbson fu trovato dalla moglie, seduto su una sedia, con in corpo un cocktail di paracetamolo sufficiente per ammazzare un cavallo. Morì il 23 maggio, consumato da un clima di pura omertà.


5. “DON’T FAKE IT UNTIL YOU MAKE IT”

Non basta volere intensamente qualcosa affinché si realizzi. Non basta avere delle mission altisonanti, dei “perché” rilucenti, un ars oratoria sviluppata per far scalare una startup.

La storia di Elizabeth ci insegna a non costruire un business su 

una montagna di bugie da PR

Innegabile, vero, il vantaggio di questo modello di business: lo dimostrano i 700 milioni di dollari raccolti a cui contribuì finanche Rupert Murdok.

Ma la contropartita è che la verità, lentamente e inesorabilmente, viene a galla. É in quel momento che “l’imperatore è nudo” e nessuno potrà più credere ai suoi lussuosi abiti tempestati di diamanti ma pur sempre invisibili.

John Carreyrou, giornalista d'inchiesta del Wall Street Journal, fu il primo e vedere che l’imperatrice era nuda e che la startup, che avrebbe cambiato il destino della diagnostica, era una balla ben venduta senza alcun fondamento etico e scientifico.

Ma Elizabeth Holmes, come il suo idolo Steve Jobs, aveva l’innata dote di generare un campo di distorsione della realtà che faceva sospendere temporaneamente l’incredulità delle persone.

Per fortuna questo non bastò.

76.217 cittadini furono risarciti per le analisi del sangue con valori falsi svolte in arizona e California.

1 milione gli esami annullati.

10 pazienti che citarono l’azienda per frode e lesioni mediche.

Tutto per 1 sola goccia di sangue. 

Mariangela Cassano

Founder DEA #donnecheammiro. Comunicazione, Eventi, Formazione, Content e Community Management. Socia di ActionAid Italia e di Inclusione Donna. Menbro del Comitato Scientifico della Fondazione Ampioraggio

4 anni

Grazie Novella per queste tue riflessioni che trovo sempre fi grande interesse e utilità

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