Tra il dire e il fare: una piccola modifica annunciata da Google potrebbe avere un grande impatto ambientale
Numerosi sondaggi ci dicono che gran parte dei cittadini e dei consumatori si dichiara propensa a cambiare i propri comportamenti e ad adottare pratiche più sostenibili e che questa tendenza cresce di anno in anno. È sicuramente una buona notizia perché affinché avvenga un cambiamento duraturo nel tempo è importante che ci sia una buona aderenza valoriale. Ma, ahimè, sappiamo che il gap tra intenzione e azione è spesso molto ampio. Magari fosse così facile adattare i propri comportamenti ai buoni propositi! Se fosse semplice agire coerentemente con i propri valori e priorità saremmo tutti in forma, avremmo uno stile di vita sano, risparmieremmo il giusto, ecc. ecc.
Come ci ricorda IPSOS nel sondaggio internazionale: "Giornata della Terra 2021: qual è il piano per la lotta al cambiamento climatico?" “La propensione reale dei consumatori nel modificare i propri comportamenti verso condotte più sostenibili non è cambiata significativamente negli ultimi sei anni e i consumatori si aspettano che le aziende facciano da guida”. In sostanza i consumatori “scaricano” sulle aziende la responsabilità di aiutarli a colmare il loro divario tra il dire e il fare. In sostanza chiedono un aiuto, cercano degli alleati che li indirizzino verso comportamenti più sostenibili.
E, per fortuna, molte aziende stanno cogliendo questo appello, stanno capendo il ruolo che possono rivestire nel supportare l’adozione di buone pratiche da parte dei consumatori e stanno mettendo in atto diverse iniziative.
Una di queste, bellissima per la sua semplicità e per l’enorme impatto che potenzialmente può avere, è stata da poco annunciata da Google e riguarda Google Maps.
In uno dei prossimi aggiornamenti verrà introdotta una modifica nel modo in cui verranno suggeriti i percorsi. Attualmente il suggerimento dato mostra il percorso più rapido per raggiungere il punto desiderato. In futuro Google Maps, perlomeno su dispositivi mobili, baserà i suggerimenti sul consumo di carburante, cercando di fornire all'utente la soluzione con l’impronta CO2 minore (che non sempre coincide con quella più "veloce"). https://www.phonearena.com/news/google-maps-to-base-directions-on-fuel-consumption_id131630
Perché questa iniziativa può avere un significativo impatto ambientale? Perché sfrutta una tecnica nota in architettura delle scelte come “Opzione di Default”.
Secondo l’opzione di default, ampiamente studiata in Economia Comportamentale, le persone tendono all’inerzia, cioè a lasciare invariata una condizione iniziale, anche quando cambiarla costerebbe molto poco e anche quando la posta in gioco è davvero rilevante.
Esempio chiaro per illustrare come agisca l’opzione di default è uno studio realizzato nel 2004 (E.J. Johnson & D.G. Goldstein) che riguarda la donazione di organi. Gli studiosi hanno messo a confronto la percentuale di donatori di organi in diversi paesi europei e hanno notato significative differenze, non giustificate dalla cultura di appartenenza o dalle propensioni personali. Un’indagine ha infatti mostrato che la propensione dichiarata alla donazione degli organi è pressoché equivalente nei paesi oggetto di indagine. La differenza è invece dovuta alla diversa modalità con cui i cittadini danno il proprio consenso ad essere donatori. In tutti i paesi in cui il cittadino per default non è donatore e deve volontariamente esprimere il proprio consenso alla donazione, le percentuali di donatori sono molto basse (nessun paese raggiunge il 30%), mentre nei paesi in cui il cittadino è automaticamente incluso nel programma e se vuole uscirne deve farne richiesta, la percentuale è sempre sopra il 90%. La libertà è garantita in entrambe le situazioni, ma il risultato, di fatto, dipende da quale sia l'opzione di default che, difficilmente, viene cambiata. In questo caso è evidente come l’inerzia, l'impegno richiesto per cambiare l’opzione di default e la tendenza a evitare scelte impegnative e pensieri spiacevoli, siano i fattori comportamentali maggiormente in gioco. Ed è evidente come la scelta compiuta da ciascun governo su quale sia l’opzione di default (donatori o non donatori) abbia un impatto enorme sulla vita o la morte di numerose persone.
Tornando al caso di Google, cambiare l’opzione di default dei percorsi agisce sull’inerzia delle persone e, allo stesso tempo, dovrebbe stimolare un’attivazione valoriale: se decidi di cambiare l’opzione di default sai che hai volutamente scelto di inquinare di più.
Non sono in grado di stimare quanto sia la differenza tra percorsi più veloci e percorsi meno inquinanti, quindi non so stimare quanto possa essere il reale impatto. Ma se pensiamo che, secondo quanto comunicato dalla stessa Google, sono oltre 1 miliardo le persone che su base mensile nel mondo cercano sulle mappe indirizzi, locali di tendenza, musei, ospedali, scuole e luoghi di lavoro, se solo l’1% di tutti i percorsi effettuati fosse più sostenibile di quanto lo sia attualmente, penso che l’impatto sul nostro ambiente sarebbe considerevole.
In casi come questi, così come in quello della donazione di organi, c’è sempre qualcuno che ha la responsabilità di definire quale sia l’opzione di default. Volente o nolente c’è sempre qualcuno che disegna un contesto decisionale che ha impatti sulle scelte degli individui. È importante quindi che queste scelte non vengano prese alla leggera e che chi decide quale opzione di default impostare lo faccia tenendo ben presente le conseguenze di queste scelte. Per questo esistono gli architetti delle scelte, per supportare nella comprensione delle conseguenze legate al disegno dei contesti decisionali.
In conclusione mi auguro che Google aggiorni Maps in tempi brevi e che in questo caso il gap tra intenzione e azione sia annullato. Non abbiamo tanto tempo da perdere...