Zenit #10: No, finire di lavorare alle 18 non significa aver fatto part-time

Zenit #10: No, finire di lavorare alle 18 non significa aver fatto part-time

“Non confondere l’avere una carriera con l’avere una vita.” Hilary Clinton

Ore 18: chiudi il pc, saluti, e ti alzi dalla scrivania.

Ti senti osservato. Poi arriva il commento, tra il serio e il simpatico: “Ah, oggi part-time?”

Uscire in orario (da uffici fisici e virtuali) non è solo raro, è quasi imbarazzante. Ti costringe a giustificarti, a risposte quali: “ho iniziato prima”, “ho una visita”, “recupero dopo”…

Eppure non c’è nulla da spiegare: hai semplicemente finito. Ma la normalità, nel lavoro di oggi, sembra non essere più normale. Abbiamo finito per considerare normale:

  • Il lavorare sempre più tardi
  • L’essere costantemente reperibili
  • Lo stress quotidiano come condizione fisiologica

Tutto questo, però, non è salutare, non è equilibrato, non è sostenibile e, soprattutto, non è necessario.


La cultura tossica del “più tardi stacchi, più vali”

In tante realtà aziendali si è diffusa una cultura tanto invisibile quanto pervasiva, che lega valore e prestazione alla quantità di ore lavorate, non alla qualità di ciò che si produce, né tantomeno alla salute mentale di chi lavora.

Il lavoro oggi è spesso raccontato come sacrificio: se non sei stanco, allora non ti sei impegnato abbastanza. Come se la soddisfazione personale e professionale dovesse per forza passare per l’esaurimento.

Ma è una trappola. L’overworking non è solo dannoso sul piano personale - è controproducente anche per le aziende.

Secondo il report State of the Global Workplace - Gallup 2023, condotto su oltre 15.000 lavoratori in Europa:

  • Il 44% dei dipendenti in ambienti ad alta performance prova senso di colpa nel fermarsi anche solo per una pausa
  • Il 77% si sente esausto almeno una volta alla settimana
  • I livelli di burnout dichiarati sono i più alti mai registrati dal 2019

Il sovraccarico non genera risultati migliori: genera più errori, meno creatività, più assenteismo. E soprattutto, svuota le persone: emotivamente, mentalmente, fisicamente.

Il paradosso è che chi lavora oltre misura viene spesso percepito come più motivato o più “dedicato”, anche quando l’impatto effettivo del suo lavoro non è superiore a quello di chi riesce a preservare i propri spazi. Così si rafforza una cultura che premia la presenza, non la qualità; l’orario, non l’efficacia.

Ed è così che l’idea che uscire in orario significhi “non aver dato abbastanza” diventa fin troppo accettata. E pericolosamente normale.


Work-Life Surfing: un equilibrio che segue il tuo ritmo

Uscire da questa logica richiede un cambio radicale di prospettiva. Non basta più parlare di work-life balance come se fosse una bilancia da tenere perfettamente in pari, giorno dopo giorno. Vita e lavoro non sono nemici da tenere separati, ma dimensioni che coesistono, si influenzano a vicenda, e soprattutto, non restano mai ferme.

Per questo, in SkillFactor, adottiamo un approccio diverso: il Work-Life Surfing. È un modello ideato da 🌷Cristina Di Loreto , nostra Senior Trainer, pensato per aiutare le persone a costruire un equilibrio più fluido, più consapevole, più rispettoso delle proprie fasi di vita e dei propri bisogni reali.

Il concetto è semplice ma potente: non puoi controllare ogni onda, ma puoi imparare a riconoscerla e a cavalcarla.

SURFING è un acronimo, e dietro ogni lettera si nasconde un’azione concreta, un micro-comportamento, un cambio di sguardo. Non sono solo “buoni propositi”, ma pratiche che – se coltivate nel tempo – ti aiutano a costruire un rapporto diverso con il lavoro e con te stesso.

  • S – Seleziona le priorità
  • U – Usa tutte le tue risorse
  • R – Rito di transizione
  • F – Focalizzati al 100%. No al multitasking
  • I – Inizia dal piccolo per ogni cambiamento
  • N – Neutralizza il senso di colpa
  • G – Goditi ogni successo

Il work-life surfing non ti invita a fare meno, ma a fare meglio, con più presenza e meno spreco di energia.

Ti guida a proteggere i tuoi spazi, a disinnescare automatismi tossici, e a tornare al centro della tua giornata.


E tu, che rapporto hai con il tempo del lavoro? Hai mai sentito di doverti giustificare per aver staccato in orario? Hai mai pensato che più ore = più valore?

Scrivilo nei commenti. Raccontacelo. Condividiamo esperienze, riflessioni, scelte.

Perché per cambiare davvero la cultura del lavoro, dobbiamo iniziare proprio da chi la abita ogni giorno.

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