Zenit #7 – Il diritto alla disconnessione

Zenit #7 – Il diritto alla disconnessione

“Quasi tutto tornerà a funzionare se lo scolleghi per qualche minuto, incluso te stesso.” Anne Lamott

Staccare davvero la spina nell’era dell’iperconnessione può sembrare impossibile.

Siamo immersi in una realtà in cui le e-mail arrivano in ogni momento, le chat di lavoro non chiudono mai, e lo smartphone è diventato un’estensione di noi stessi. La linea di confine tra “tempo di lavoro” e “tempo libero” si fa sempre più labile, e con essa rischiamo di trascurare il nostro benessere.

L’iperconnessione ha un impatto pesante sul fisico, sulla mente e sulle performance. La continua esposizione agli stimoli lavorativi impedisce al cervello di “riavviarsi” e porta a un calo della concentrazione e dell’efficienza. I ritmi serrati senza pause alimentano livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) costantemente elevati, facendo crescere il rischio di stress cronico, insonnia e disturbi fisici come tensioni muscolari e problemi cardiovascolari. Paradossalmente, rispondere sempre a e-mail e messaggi non rende più produttivi, anzi: senza pause certe riduciamo creatività e capacità decisionale, con calo della motivazione e della soddisfazione personale.


La situazione italiana

Secondo il report 2024 dell’Osservatorio Nazionale sullo Stress Lavoro-Correlato e INAIL, quasi 1 lavoratore su 2 in Italia si sente in forte disagio psicologico, con carichi eccessivi indicati come principale causa. Il burnout riguarda il 16% dei lavoratori, mentre il 43% riporta stanchezza fisica e mentale costante. Questi dati sottolineano come la difficoltà a disconnettersi possa compromettere salute e performance. Eurofound conferma che chi lavora in aziende senza regole chiare su pause e orari lamenta più spesso mal di testa, ansia e stress rispetto a chi gode di politiche di disconnessione. In sintesi, l’assenza di pause mette a rischio sia il benessere personale che la produttività collettiva.


La cultura aziendale fa la differenza

Dove si riconosce il valore del “non-lavoro”, le persone performano meglio e vivono meno stress. Al contrario, la cultura del “sempre reperibile” espone i dipendenti a pressione continua, minando motivazione e salute.

Per le risorse umane la sfida è doppia: promuovere flessibilità e smart working, evitando che diventino sinonimo di disponibilità h24. Senza regole chiare, cresce il rischio di disuguaglianze e di richieste fuori orario, soprattutto dove la reperibilità è vista come segno di impegno.

Le aziende che sperimentano fasce protette e formazione su come disconnettersi, registrano risultati migliori: più soddisfazione, meno turnover e un vero equilibrio tra vita e lavoro.


Non sempre staccare è facile

Molti professionisti sperimentano una vera e propria sindrome dell’incapacità di staccare la spina, in cui il lavoro rimane un pensiero fisso continuo. Questa condizione porta a sentirsi in ansia se rimangono compiti in sospeso, a provare senso di colpa se ci si prende una pausa, e a temere di non essere mai abbastanza produttivi. In breve: lavorare diventa un imperativo interiore. Di conseguenza, ci si sente obbligati a controllare la posta anche di notte o nei weekend, alimentando ansia, insonnia e rischi di burnout a lungo termin. Anche le aspettative sociali contribuiscono: viviamo in una cultura che spesso glorifica l’essere sempre occupati e “performanti”, e così confrontarsi con colleghi molto indaffarati può accentuare il senso di inadeguatezza.


Come disconnettersi davvero: 6 strategie da provare

Per uscire dalla modalità “always on” servono strategie concrete. Ecco alcuni spunti da sperimentare fin da subito:

  • Definire confini digitali chiari: stabilisci un orario oltre il quale non rispondi più alle e-mail di lavoro e attiva la modalità “non disturbare” su smartphone e chat professionali. Ad esempio, spegni notifiche a partire dalle 19:00. Informa colleghi e collaboratori degli orari in cui sei effettivamente reperibile, così da ridurre ansia e solleciti inutili.
  • Routine di transizione (micro-rituali): crea gesti simbolici che segnino la fine della giornata lavorativa. Può bastare scegliere una playlist rilassante, abbassare la luce della postazione, fare una breve passeggiata o anche cambiarsi d’abito dopo il lavoro. Questi semplici “cambi di registro” aiutano la mente a passare dalla modalità professionale a quella personale, evitando di restare intrappolati mentalmente nel work mode.
  • Risposte automatiche empatiche: quando sei in vacanza o fuori ufficio, imposta un reply automatico che chiarisca i tuoi tempi di disconnessione. Ad esempio: “Grazie per la tua email. Sono fuori ufficio fino al [data] e risponderò al mio rientro. Per urgenze, [nome collega] è al corrente e può aiutarti.” Un messaggio ben calibrato educa colleghi e clienti ai tuoi orari senza chiudere porte.
  • Pianificare pause rigenerative: anche durante la giornata lavorativa, ricordati di fare micro-pause. Alzati ogni tanto, cammina o bevi un bicchiere d’acqua. Brevi interruzioni di 5–10 minuti ogni ora aiutano a ricaricare l’attenzione. Se lavori al computer, prova la regola del 20-20-20 per gli occhi (ogni 20 minuti guarda qualcosa a 20 piedi di distanza per 20 secondi) per ridurre affaticamento.
  • Igiene digitale: periodicamente esercita il “detox digitale”: dedica qualche ora (o meglio un giorno intero) a staccare completamente da schermi e social. Spegni dispositivi, leggi un libro, esci nella natura o dedicali a un hobby. Imparare a non controllare compulsivamente il telefono, specie appena svegli o prima di dormire, aiuta a ridurre il senso di dipendenza.
  • Mindfulness e rilassamento: integra pratiche di rilassamento nella tua routine (un’app di meditazione, esercizi di respirazione profonda, yoga). Coltivare consapevolezza del proprio respiro e delle proprie emozioni aiuta a gestire l’ansia da sempre connessi e a ritrovare equilibrio.

Questi strumenti non solo proteggono la tua salute mentale, ma aumentano anche la lucidità e la performance. Dopotutto, come ricorda l’esperto Alex Pang nel suo libro Rest, prendersi pause rigenerative è essenziale perché “si ottengono più risultati lavorando meno” (sia in intensità sia in quantità).


A te la parola: come vivi il tuo diritto alla disconnessione? Hai già adottato qualche strategia per staccare davvero la spina, o incontri ancora difficoltà? Scrivilo nei commenti: confrontare esperienze e idee ci aiuta a costruire insieme ambienti di lavoro più sani e umani.

Simona Pellegri

Consulente strategico specializzato in nanotecnologie | CEO e co-founder di INVENIO SRL azienda specializzata nella creazione di nanomateriali e membrane funzionali in nanofibra ecosostenibili per il settore industriale

2 mesi

Essere attenti nell'ascolto dei segnali/messaggi che il nostro corpo ci invia già ci da l'indicazione di cosa abbiamo bisogno

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